Ricorso n. 79 del 27 ottobre 2008 (Regione Campania)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 27 ottobre 2008 , n. 79
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 27 ottobre 2008 (della Regione Campania)
(GU n. 53 del 24-12-2008)
Ricorso della Regione Campania, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, on. Antonio Bassolino, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine del presente atto, dall'avv. prof. Vincenzo Cocozza unitamente agli avv. Vincenzo Baroni e Rosanna Panariello dell'Avvocatura regionale, insieme con i quali elettivamente domicilia in Roma, presso l'Ufficio di rappresentanza della Regione Campania alla via Poli n. 29; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 11 (rubricato «Piano casa») e 13 (rubricato «Misure per valorizzare il patrimonio residenziale pubblico») del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 recante «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria» convertito con modificazioni nella legge 6 agosto 2008, n. 133, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 195 del 21 agosto 2008 - supplemento ordinario n. 196/2008, per violazione degli artt. 2, 3, 14, 114, 117, 118 e 119 della Costituzione e del principio di leale cooperazione nonche' per irragionevolezza. F a t t o A) Sull'art. 11. La disciplina piu' recente, qui impugnata, si inquadra in un piu' ampio contesto normativo che regola il settore. A.1.) Con la legge 8 febbraio 2007, n. 9 e' stata prevista una disciplina per fronteggiare il disagio abitativo. Oltre un piano straordinario finalizzato ad identificare il fabbisogno di edilizia residenziale pubblica, sono stati fissati i principi generali per la programmazione in materia e per la predisposizione, da parte delle regioni, dei singoli programmi regionali. Cosi', l'art. 3 ha previsto «Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano predispongono, su proposta dei comuni individuati nell'art. 1, sulla base del fabbisogno di edilizia residenziale pubblica, con particolare riferimento a quello espresso dalle categorie di cui al medesimo art. 1 gia' presenti nelle graduatorie per l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e indicate dagli stessi comuni, un piano straordinario articolato in tre annualita' da inviare ai Ministeri delle infrastrutture e della solidarieta' sociale e al Ministro delle politiche per la famiglia» (comma 1). L'art. 4, soprattutto, ha previsto e regolato una concertazione istituzionale per la programmazione in materia di edilizia residenziale pubblica per la predisposizione di un programma che contenesse obiettivi e indirizzi di carattere generale per la programmazione regionale di edilizia residenziale pubblica; proposte normative in materia fiscale; misure per favorire la cooperazione fra Stato, regioni ed enti locali; nonche' la stima delle risorse finanziarie necessarie. A.2.) L'art. 21 del successivo decreto-legge 1 ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equita' sociale), convertito, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 29 novembre 2007, n. 222, ha, poi, previsto un programma straordinario di edilizia residenziale pubblica, con relativo stanziamento, per l'anno 2007, della somma di 550 milioni di euro, diretto a rendere disponibili, con vari mezzi, alloggi da destinare prioritariamente alle categorie di soggetti sottoposti a procedure di rilascio e aventi i requisiti di cui al gia' citato art. 1 della legge n. 9 del 2007. L'individuazione del fabbisogno abitativo, secondo l'art. 21 del menzionato decreto-legge n. 159 del 2007 ed in coerenza con quanto disposto dalla disposizione censurata, e' affidata alle regioni ed alle province autonome, sulla base degli esiti del «tavolo di concertazione» di cui all'art. 4 della legge n. 9 del 2007, al quale partecipano anche i rappresentanti delle regioni. Come e' stato rilevato da codesta ecc.ma Corte (sentenza 23 maggio 2008, n. 166), la complessiva disciplina «si presenta come la prima fase di un programma generale di interventi nel settore dell'edilizia residenziale pubblica, nell'ambito del quale lo Stato, da una parte, si riserva il potere di individuare le categorie particolarmente disagiate, da considerare con priorita' su tutto il territorio nazionale, dall'altra parte, detta i principi fondamentali che dovranno presiedere all'elaborazione dei piani specifici, di competenza delle regioni. A queste ultime spetta sia l'individuazione del fabbisogno abitativo, sia l'articolazione degli interventi e delle realizzazioni conseguenti». A.3.) Ed infatti, sulla base di quanto sopra, le regioni, ciascuna in considerazione delle peculiarita' del territorio, hanno presentato l'elenco degli interventi e, con decreto 18 dicembre 2007, il Ministero per le infrastrutture, di concerto con il Ministro della solidarieta' sociale, ha approvato gli interventi medesimi ammettendoli al finanziamento. Per cio' che concerne la regione Campania, gli interventi sono stati modulati secondo la domanda abitativa di ciascun territorio con la previsione di piani di locazione, di acquisto, di ristrutturazione o di nuova costruzione secondo le esigenze ed anche le possibilita' del territorio medesimo. Il decreto ministeriale ha, poi, disciplinato l'erogazione del finanziamento, che sarebbe avvenuto con attribuzione diretta a ciascun comune o ex IACP ovvero C.DD.PP. secondo le seguenti modalita': a) acquisto immobili: erogazione del 50% del finanziamento alla presentazione della documentazione attestante l'avvenuto impegno giuridico all'acquisto e del restante 50% alla data di stipula del rogito notarile; b) interventi di recupero e di nuova costruzione: 30% del finanziamento alla presentazione della documentazione attestante l'inizio dei lavori; 50% alla presentazione della documentazione attestante l'avanzamento dei lavori pari al 60% dei lavori; 20% ad avvenuta approvazione degli atti di collaudo e del rilascio del certificato di agibilita'; c) locazione alloggi: in rate annuali anticipate pari all'importo del canone di locazione determinato ai sensi dell'art. 2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, previa presentazione e verifica del relativo contratto di locazione, fermo restando l'importo indicato nell'«Allegato 2», che costituisce limite massimo del contributo statale. A.4.) Sulla base del programma concordato, le amministrazioni interessate hanno assunto impegni per la progettazione, per l'acquisto e, in alcuni casi, per l'avvio delle procedure di appalto per giungere quanto prima alla realizzazione degli alloggi utilizzando i 550 milioni di euro stanziati dalla normativa richiamata. A.5.) Il legislatore nazionale, con il nuovo intervento legislativo, oggetto della presente impugnativa, e', pero', intervenuto su tale quadro, incidendo sulle scelte programmatiche della regione ed invadendo la competenza regionale. L'art. 11 decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni nella legge 6 agosto 2008, n. 133, modificando la presenza statale, ha accentrato nel Governo nazionale le decisioni attinenti ad interventi in una materia (edilizia residenziale pubblica, solidarieta' sociale, governo del territorio) di competenza regionale, vanificando, peraltro, anche le decisioni programmatiche gia' adottate e, in parte avviate. B) Sull'art. 13. Con riferimento, poi, all'art. 13, d.-l. n. 112/2008, il legislatore ripropone norme legislative, che codesta ecc.ma Corte ha gia' sanzionato con la dichiarazione di illegittimita' costituzionale, in quanto lesive delle competenze esclusive regionali in materia di gestione del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica di proprieta' degli Istituti autonomi per le case popolari e di utilizzo dei fondi che riguardano materie di competenza esclusiva delle regioni. C) Le disposizioni impugnate sono afflitte da una serie di vizi di legittimita' che conducono alla proposizione del presente ricorso per i seguenti M o t i v i 1) Violazione degli artt. 114, 117, 118 e 119 della Costituzione e del principio di leale cooperazione. Violazione art. 3 della Costituzione. Irragionevolezza. Violazione degli articoli 2 e 14 della Costituzione. Sull'art. 11. L'art. 11, d.l. n. 112/2008, qui impugnato, lede le attribuzioni legislative e amministrative regionali in materia di assistenza e politiche sociali e dell'abitazione, edilizia residenziale pubblica, lavori pubblici di interesse regionale e locale e gestione del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica, ex artt. 117, commi terzo e quarto, e 118 della Costituzione. In via preliminare non si puo' che ricordare quanto codesta ecc.ma Corte ha gia' chiarito in ordine al riparto di competenza nell'ambito materiale disciplinato dalla normativa impugnata. La sentenza n. 94 del 21 marzo 2007, nel valutare il contenuto della legge n. 266/2005 (art. 1, commi 597 e ss.) ha evidenziato che la materia de qua si sviluppa su tre livelli normativi: a) «Il primo riguarda la determinazione dell'offerta minima di alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti. In tale determinazione - che, qualora esercitata, rientra nella competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Costituzione - si inserisce la fissazione di principi che valgano a garantire l'uniformita' dei criteri di assegnazione su tutto il territorio nazionale, secondo quanto prescritto dalla sentenza n. 486 del 1995». b) «Il secondo livello normativo riguarda la programmazione degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica, che ricade nella materia "governo del territorio", ai sensi del terzo comma dell'art. 117 della Costituzione, come precisato di recente da questa Corte con la sentenza n. 451 del 2006». c) «Il terzo livello normativo, rientrante nel quarto comma dell'art. 117 della Costituzione, riguarda la gestione del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica di proprieta' degli Istituti autonomi per le case popolari o degli altri enti che a questi sono stati sostituiti ad opera della legislazione regionale». Richiamando tale precedente, la gia' citata sentenza n. 166/2008, con riferimento alla legge n. 9/2007, ha ulteriormente chiarito «Alla luce degli indirizzi giurisprudenziali prima richiamati, si puo' stabilire che gli spazi normativi coperti dalla potesta' legislativa dello Stato sono da una parte la determinazione di quei livelli minimali di fabbisogno abitativo che siano strettamente inerenti al nucleo irrinunciabile della dignita' della persona umana e dall'altra parte la fissazione di principi generali, entro i quali le regioni possono esercitare validamente la loro competenza a programmare e realizzare in concreto insediamenti di edilizia residenziale pubblica o mediante la costruzione di nuovi alloggi o mediante il recupero e il risanamento di immobili esistenti». Vi e', dunque, un chiaro insegnamento. La normativa allora impugnata (e dalla quale quella di cui e' causa notevolmente si discosta per le limitazioni che comporta alla competenza regionale) intanto non veniva dichiarata illegittima, in quanto «rispetta i suddetti confini di intervento della legislazione statale. Infatti essa si limita a richiedere alle regioni la predisposizione, in base alle proposte dei comuni interessati, di un piano straordinario, articolato in tre annualita', destinato a soddisfare il fabbisogno di edilizia residenziale pubblica, con particolare riferimento a quello espresso dalle categorie che sono state prima menzionate. Da una parte emerge lo scopo di provvedere al bisogno minimo abitativo di precise categorie di soggetti che si trovano in condizioni disagiate, dall'altra si predispone una procedura a carattere generale perche' le regioni possano esercitare la propria competenza legislativa concorrente in materia di insediamenti di edilizia residenziale pubblica. Lo Stato, per mezzo della norma impugnata, si limita a richiedere un intervento organico, rapido e preferenziale, con riferimento a particolari categorie di soggetti, che si trovano in condizioni oggettivamente deteriori rispetto alla generalita' dei cittadini e che possono vantare pertanto un diritto fondamentale, da garantirsi in modo uniforme su tutto il territorio nazionale» (cfr. Corte costituzionale n. 166/08 cit.). In definitiva, lo Stato non puo' oltrepassare un limite che e' dato dalla esigenza unitaria di determinare l'offerta minima di alloggi, anche con la individuazione delle categorie particolarmente disagiate e dalla possibilita' di dettare principi generali. Non puo', invece, che spettare alla regione l'individuazione del fabbisogno abitativo, l'articolazione degli interventi, le realizzazioni conseguenti. a) Come ricordato in fatto, l'intervento oggi introdotto con la norma impugnata si caratterizza per un mancato rispetto dei confini cosi' delineati per l'intervento statale con l'invasione delle competenze regionali. Vi e', in primo luogo, un aspetto di carattere generale. A differenza del precedente intervento, la normativa si pone come regola ordinaria e stabile di definizione dei rapporti Stato-regione nella materia. La necessita' di un compiuto rispetto dei confini di competenza si avverte ancora di piu' rispetto a misure, quali il d.l. 18 dicembre 2007 che si proponevano come soluzione temporanea e straordinaria rispetto a esigenze immediate. Si osserva, infatti, che l'art. 11 prevede un «piano nazionale di edilizia abitativa» che ha ad oggetto la costruzione di nuove abitazioni e il recupero del patrimonio edilizio. A tal fine vengono individuati strumenti per conseguire un assetto stabile. Ebbene la piu' recente previsione propone di certo un accentramento a livello statale. Vi e' una cosi' puntuale previsione di un Piano nazionale di edilizia abitativa che viene sottratto qualunque spazio ai piani regionali. Come si diceva, questo dato segna le distanze rispetto a scelte gia' compiute, in particolare nell'art. 4, legge n. 9/2007, ma anche rispetto a una tipologia di intervento eccezionale, quale quella del legislatore del 2007, intervenuto per il finanziamento di un «programma straordinario di edilizia residenziale pubblica», laddove la eccezionalita' dell'intervento che poteva di piu' giustificare, anche in una materia come quella appena indicata, un intervento significativo dello Stato, non sottraeva scelte a livello regionale. Il meccanismo posto in essere dalla legge n. 9/2007 e dal d.l. n. 159/2007, infatti, affidava interamente alle regioni la localizzazione degli interventi, il tipo di interventi e la scelta dei soggetti attuatori. Rispetto a tale scelta, interamente regionale, il Ministero era chiamato alla sua approvazione ai fini dell'ammissione al finanziamento. b) La previsione nel comma 1 dell'art. 1, di una approvazione del Piano nazionale di edilizia abitativa di intesa con la Conferenza unificata, nonostante la partecipazione nella redazione del Piano attraverso una sede di confronto Stato-regione, propone un modello che non salvaguarda la responsabilita' diretta delle decisioni della singola regione sul proprio territorio in ragione delle esigenze abitative specifiche del territorio medesimo. La previsione di una intesa non consente di superare il qui dedotto vizio di legittimita' per invasione della competenza regionale. E cio' anche considerando che l'art. 3 del d.lgs. n. 281/1997 prevede che «quando un'intesa espressamente prevista dalla legge non e' raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza Stato-regioni in cui l'oggetto e' posto all'ordine del giorno, il Consiglio dei Ministri provvede con deliberazione motivata». In tal modo, quindi, la qui contestata scelta legislativa, pur con la previsione di intesa con Conferenza unificata, espropria la competenza regionale, giacche', in caso di disaccordo con i rappresentanti regionali in ordine alle politiche di edilizia residenziale (si ripete di competenza esclusiva regionale), lo Stato puo' assumere autonomamente le decisioni in merito. L'illegittimita' e' ancora piu' evidente per il comma 4 in ordine alla approvazione di programmi integrati di promozione edilizia residenziale e di riqualificazione urbana con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa delibera del CIPE, di intesa con la conferenza unificata, laddove il legislatore, questa volta espressamente, prevede che «decorsi novanta giorni senza che sia stata raggiunta la predetta intesa, gli accordi di programma possono essere comunque approvati». Le illegittimita' appena dedotte nei confronti dei commi 1 e 4 dell'art. 11, in quanto accentrano nello Stato la decisione ed espropriano la competenza regionale, valgono anche per il comma 2, 6, 8 e 9, diretta conseguenza e attuazione delle norme richiamate. Vi e', inoltre, da eccepire una generica indicazione dei destinatari, senza alcuna precisazione dei modi nei quali il rapporto fra le categorie viene costruito e la decisione al riguardo assunta. Insomma, sia nella redazione del Piano abitativo, sia nella predisposizione di accordi di programma per la promozione di edilizia residenziale e riqualificazione urbana, il modello che ha scelto il legislatore statale e' quello che meglio garantisce al governo centrale di avocare a se' le decisioni sulla politica abitativa di spettanza regionale. c) La norma legislativa impugnata e' illegittima anche nella individuazione degli obiettivi del Piano «nazionale» di edilizia abitativa. Il comma 3 dell'art. 11, infatti, limita l'oggetto dell'intervento pianificatorio esclusivamente alla «costruzione di nuove abitazioni e alla realizzazione di misure di recupero del patrimonio abitativo esistente», in tal modo vincolando le regioni nella scelta delle tipologie di intervento piu' adatte al fabbisogno abitativo regionale e alle esigenze territoriali. Si e' ricordato che il d.l. del 2007 aveva finanziato un programma straordinario predisposto dalle regioni in base a piu' scelte di politica abitativa, consentendo l'utilizzo dei fondi anche per il sostegno alla locazione di immobili. La regione ha modulato il programma in relazione proprio alle esigenze di un territorio che si poteva prestare all'utilizzo di uno strumento di sostegno piuttosto che di un altro. Si pensi, ad esempio, proprio con riferimento alla ricorrente Regione Campania, che nella Citta' di Napoli, ad altissima densita' edilizia, la regione aveva potuto usufruire del finanziamento proprio al fine del sostegno di contratti di locazione, piuttosto che per la (pressoche' impossibile sul piano urbanistico) realizzazione di nuovi immobili. Nella nuova normativa questa possibilita' viene meno, con una illegittima lesione della competenza regionale in ordine alle politiche sociali e abitative. Questo appare ancora piu' grave se si considera, come anche meglio si vedra' in seguito e in relazione ad un ulteriore vizio della disposizione impugnata, che il successivo comma 12 fa confluire nel fondo istituito per l'intervento in oggetto, anche le risorse del precedente d.-l. n. 159/2007, vanificando anche le decisioni gia' adottate dalla regione in merito. Ne' puo' sostenersi che la circostanza che lo Stato finanzi l'intervento determini il riconoscimento di una competenza dello stesso sulla materiale attribuita alla regione. Codesta ecc.ma Corte ha gia' chiarito, con ripetute pronuncie, che lo Stato ben puo' intervenire con finanziamenti anche nelle materie della regione, ma secondo modalita' che lascino, comunque, alla regione stessa la piu' ampia liberta', nell'ambito della propria competenza, di operare le scelte politiche e amministrative ritenute piu' idonee (ex plurimis, sentenze n. 137 del 2007, 118 del 2006, n. 231 del 2005, n. 423 del 2004). In tale direzione, quindi, la illegittimita' del comma 3 che, nello specificare, limita gli obiettivi della politica abitativa e la tipologia degli interventi, ma anche il comma 4 che individua e limita ad uno solo strumento negoziale la realizzazione dei programmi di promozione edilizia residenziale e di riqualificazione urbana e il comma 5 che precisa e quindi limita le modalita' di attuazione degli accordi di programma di cui al comma 4. Con riferimento al comma 5 impugnato, poi, bisogna rilevare la illegittimita' specifica della lett. c), relativa a provvedimenti mirati alla riduzione del prelievo fiscale di pertinenza comunale o degli oneri di costruzione, in quanto piu' direttamente lesivi dell'autonomia finanziaria degli enti locali e, in generale, delle scelte territoriali riguardo gli strumenti di politica sociale e abitativa. d) Come si e' ricordato, sulla base del d.l. n. 159/2007 e del successivo decreto ministeriale che ha approvato il programma straordinario predisposto dalle singole regioni, ammettendo al finanziamento gli interventi da queste ultime individuate, gli enti territoriali hanno dato avvio alle procedure per la attuazione di quanto concordemente deciso in ordine a tali interventi. Sono stati assunti, infatti, specifici impegni per la progettazione e l'acquisto degli immobili e, in alcuni casi, sono state definite le procedure di appalto per la rapida realizzazione degli alloggi. Il comma 12, in assenza di qualsiasi confronto con le regioni interessate (ne' preliminarmente ne' attraverso una previsione che a tale confronto condizionasse gli effetti della previsione), ha disposto il confluire delle risorse nel fondo per la attuazione del differente Piano di intervento, prevedendo espressamente che «gli eventuali provvedimenti adottati in attuazione delle disposizioni legislative citate al primo periodo del presente comma, incompatibili con il presente articolo, restano privi di effetti». Il comma fa salve solo le somme «gia' iscritte nei bilanci degli enti destinatari e gia' impegnate». Pertanto, gran parte degli interventi programmati vedono come enti attuatori gli ex IACP che sono stati trasformati, a seguito delle riforme regionali nel frattempo intervenute, in enti economici, cui non e' riferibile il sistema di contabilita' finanziaria pubblica che si estrinseca mediante capitoli di bilancio di previsione formulati in termini di competenza e di cassa. Circostanza che non potrebbe neanche far scattare, quindi, la condizione prevista dal comma per la deroga. Cio' avra' sicuramente riflessi, non solo sul piano della gia' dedotta lesione delle attribuzioni regionali, ma anche sotto il profilo dei danni di cui gli enti locali potrebbero essere chiamati a rispondere incolpevolmente. E sicuramente riflessi si avranno sulla realizzazione, o quanto meno, sui tempi di realizzazione di quanto gia' determinato, oltre la gia' segnalata esclusione di quegli interventi (sostegno alla locazione degli immobili) eliminati dal nuovo intervento legislativo. Tutto quanto sopra, pertanto, configura una evidente violazione dei principi di leale cooperazione, laddove un articolato programma abitativo, regolarmente concordato fra i livelli di Governo, viene travolto attraverso la sottrazione unilaterale dei finanziamenti gia' concessi dallo Stato. Ed anche una evidente violazione dell'art. 118 e 119 della Costituzione, in quanto l'illegittima previsione incide in maniera grave sulla pianificazione e sull'autonomia finanziaria della regione. Di qui anche la dedotta irragionevolezza della norma impugnata che contrasta con una scelta precedente (confermata dal legislatore statale) e, nel delineare l'ambito dell'intervento a favore di categorie socialmente deboli, contrasta con gli stessi principi ispiratori esplicitati nel comma 1). Sull'art. 13. a) Commi 1, 2 e 3. Come accennato nella esposizione in fatto, con l'art. 13, d.l. n. 112/2008, il legislatore ripropone norme legislative che codesta ecc.ma Corte ha gia' sanzionato con la dichiarazione di illegittimita' costituzionale (commi 597 e 598 dell'art. 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 dichiarati illegittimi con la sentenza n. 94 del 7-21 marzo 2007). L'art. 13 qui impugnato al comma 1, testualmente recita: «Al fine di valorizzare gli immobili residenziali costituenti il patrimonio degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, e di favorire il soddisfacimento dei fabbisogni abitativi, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ed il Ministero per i rapporti con le regioni promuovono, in sede di Conferenza unificata, di cui all'art. 8 del d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281, la conclusione di accordi con regioni ed enti locali aventi ad oggetto la semplificazione delle procedure di alienazione degli immobili di proprieta' dei predetti Istituti». Ancora, il comma 2 dell'art. 13, d.l. n. 112/1998 precede «Ai fini della conclusione degli accordi di cui al comma 1, si tiene conto dei seguenti criteri: a) determinazione del prezzo di vendita delle unita' immobiliari in proporzione al canone di locazione; b) riconoscimento del diritto di opzione all'acquisto, purche' i soggetti interessati non siano proprietari di un'altra abitazione, in favore dell'assegnatario non moroso nel pagamento del canone di locazione o degli oneri accessori unitamente al proprio coniuge, qualora risulti in regime di comunione dei beni, in caso di rinunzia da parte dell'assegnatario, in favore del coniuge in regime di separazione dei beni, o, gradatamente, del convivente more uxorio, purche' la convivenza duri da almeno cinque anni, dei figli conviventi, dei figli non conviventi; c) destinazione dei proventi delle alienazioni alla realizzazione di interventi volti ad alleviare il disagio abitativo». Ebbene, sul punto l'ecc.ma Corte, con la sentenza n. 94/2007, ha deciso analoga questione ricordando la precedente pronuncia del 1995, n. 486, alla stregua della quale in materia di alienazione degli immobili di edilizia residenziale pubblica «la cessione degli alloggi […] e' indissolubilmente connessa con l'assegnazione degli stessi», ammettendosi soltanto una disciplina-quadro statale che definisca i criteri fondamentali sulle modalita' di alienazione degli alloggi stessi, sul presupposto che questi ultimi possano essere realizzati con il contributo statale. Sulla base di quanto sopra, la Corte ha analizzato il comma 597, art. 1, legge n. 266/2005, che aveva per oggetto, al pari del comma 1 dell'art. 13 impugnato, con la previsione di accordi fra Governo ed enti territoriali finalizzati a semplificare le norme in materia di alienazione degli immobili di proprieta' IACP, ed ha rilevato che «Il fine della disposizione in esame non e' quello di dettare una disciplina generale in tema di assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, di competenza dello Stato, secondo quanto prima argomentato con riferimento alla sentenza di questa Corte n. 486 del 1995, bensi' quello di regolare le procedure amministrative e organizzative per arrivare ad una piu' rapida e conveniente cessione degli immobili. Si tratta quindi di un intervento normativo dello Stato nella gestione degli alloggi di proprieta' degli I.A.C.P. (o di altri enti o strutture sostitutivi di questi), che esplicitamente viene motivato dalla legge statale con finalita' di valorizzazione di un patrimonio immobiliare non appartenente allo Stato, ma ad enti strumentali delle regioni. Si profila, pertanto, una ingerenza nel terzo livello di normazione riguardante l'edilizia residenziale pubblica, sicuramente ricompreso nella potesta' legislativa residuale delle regioni, ai sensi del quarto comma dell'art. 117 della Costituzione» (Corte costituzionale sent. n. 94/2007 cit.). Ne consegue che alcuno spazio e' consentito all'intervento legislativo statale nell'ambito di una materia riconosciuta espressamente dalla Corte costituzionale appartenente alla sfera di competenza residuale della regione. Ancora, l'ecc.ma Corte, nell'esaminare il comma 498, art. 1, legge n. 266/2005, avente in oggetto, al pari del comma 2 dell'art. 13 qui impugnato, i criteri per la redazione dell'accordo fra Governo ed enti territoriali, ha avuto modo di rilevarne l'illegittimita'. E cio' perche' era una logica conseguenza del comma precedente gia' dichiarato costituzionalmente illegittimo, in quanto non si trattava di principi generali, volti a stabilire criteri uniformi di assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica in relazione alla soddisfazione del diritto sociale all'abitazione, bensi' di indirizzi e limiti incidenti in un campo riservato in via esclusiva alle regioni. In definitiva, se l'alienazione degli alloggi deve essere considerata indissolubilmente connessa con l'assegnazione degli stessi, e se la disciplina organica dell'assegnazione e cessione degli alloggi medesimi costituisce in linea di principio espressione della competenza spettante alla regione nella materia de qua, «la disciplina delle procedure amministrative tendenti all'alienazione […] deve essere ricondotta al potere di gestione dei propri beni e del proprio patrimonio, appartenente in via esclusiva alle regioni e ai loro enti strumentali» (sent. n. 94/2007 cit.). Peraltro, la circostanza che l'accordo viene concluso attraverso lo strumento della Conferenza unificata puo' significare che una regione potrebbe trovarsi ad essere vincolata anche contro la sua volonta'. Quest'ultima circostanza e' rilevante per cio' che concerne il vizio riferibile al comma 3 impugnato, nella parte in cui e' previsto che nei medesimi accordi, che possono essere conclusi nei modi prima indicati, sia attribuita direttamente la facolta' agli enti locali di stipulare convenzioni con societa' per la cartolarizzazione del patrimonio immobiliare pubblico per lo svolgimento di attivita' strumentali alla vendita dei singoli beni immobili. Questa diretta attribuzione della facolta' agli enti locali potrebbe porsi in contrasto con una differente volonta' della regione che si trova, pero', ad essere vincolata dall'accordo medesimo. b) Comma 3-ter. Il comma in questione si inserisce anch'esso nel terzo livello di normazione, individuato dalla Corte costituzionale, riguardante l'edilizia residenziale pubblica, sicuramente ricompreso nella potesta' legislativa residuale delle regioni, ai sensi del quarto comma dell'art. 117 della Costituzione. La alienazione diretta di alloggi, infatti, e' assimilabile alla assegnazione degli stessi. Per cui valgano le medesime considerazioni svolte al punto precedente. c) Comma 3-bis. Il comma 3-bis istituisce un fondo speciale di garanzia per l'acquisto della prima casa da parte di determinate categorie di soggetti disagiati. La disposizione rientra fra quelle norme, spesso inserite in leggi finanziarie, che prevedono l'istituzione di fondi vincolati in materie riservate alla competenza residuale o concorrente delle regioni che piu' volte la Corte costituzionale ha dichiarato illegittime, in quanto lesive delle prerogative regionali (fra tante sent. 118/2006, 231/2005, 423/2004). Peraltro, proprio con riferimento ad un'altra norma legislativa che in maniera analoga aveva istituito un fondo di garanzia finalizzato proprio all'acquisto o alla costruzione della prima casa di abitazione (comma 336, art. 1, legge n. 266/2005), codesta ecc.ma Corte ha avuto modo di rilevare che «La valutazione non cambia se la norma, come nel caso di specie, prevede prestazioni direttamente fruibili da privati, mediante una garanzia di ultima istanza, per consentire ai meno abbienti - e specificatamente ai giovani che non sono in possesso di un contratto di lavoro a tempo indeterminato - di coprire, al di la' delle usuali garanzie ipotecarie, l'intero prezzo dell'immobile da acquistare. Difatti, la finalita' sociale della norma impugnata non vale a rendere ammissibile la costituzione di un fondo speciale, mediante "disposizioni che non trovano la loro fonte legittimatrice in alcuna delle materie di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, della Cotituzione. Pertanto, poiche' si verte in materie nelle quali non e' individuabile una specifica competenza statale, deve ritenersi sussistente la competenza della regione" (sentenza n. 118 del 2006)» (Corte costituzionale sent. 137/2007). d) Comma 3-quater. Il comma in esame istituisce presso il Ministero dell'economia e delle finanze un fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio. Prevede, in particolare, che «sono concessi contributi statali per interventi realizzati dagli enti destinatari nei rispettivi territori per il risanamento e il recupero dell'ambiente e lo sviluppo economico dei territori stessi». La specifica finalizzazione della normativa, volta allo sviluppo del territorio, inevitabilmente interferisce con materia di competenza regionale (governo del territorio, in particolare). Conseguentemente si mostra illegittima la mancata previsione di qualsiasi forma di partecipazione delle regioni nelle determinazioni da assumere in merito all'utilizzazione dei contributi. In tale direzione, non solo la violazione della specifica competenza ma anche del principio di leale cooperazione.
P. Q. M. Si conclude affinche' l'ecc.ma Corte costituzionale voglia, in accoglimento del presente ricorso, dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli articoli 11 e 13 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni nella legge 6 agosto 2008, n. 133, per violazione degli articoli 3, 114, 117, 118 e 119 della Costituzione, del principio di leale cooperazione e degli articoli 2 e 14 della Costituzione. Napoli-Roma, addi' 17 ottobre 2008 Prof. Avv. Vincenzo Cocozza - Avv. Vincenzo Baroni - Avv. Rosanna Panariello