N. 79 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 agosto 2004.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 5 agosto 2004 (della Regione Friuli-Venezia Giulia)
(GU n. 38 del 29-9-2004)

Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del
Presidente della Giunta regionale pro tempore Riccardo Illy,
autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 1562 del 18
giugno 2004 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da mandato a
margine del presente atto, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di
Padova, con domicilio eletto in Roma presso l'Ufficio di
rappresentanza della regione, piazza Colonna, 355,

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la
dichiarazione di illegittimita' costituzione dell'art. 6 del
decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, «Disposizioni urgenti per
garantire la funzionalita' di taluni settori della pubblica
amministrazione», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 124 del 28
maggio 2004, per violazione:
della legge costituzionale n. 1 del 1963 e delle relative
norme di attuazione;
degli artt. 117 e 118 della Costituzione, in relazione
all'art. 10 legge costituzionale n. 3 del 2001;
del principio di leale collaborazione tra lo Stato e le
regioni.

F a t t o

In base a quanto stabilito dall'art. 70, ultimo comma, dello
statuto («con legge della Repubblica, entro un anno dall'entrata in
vigore del presente statuto, saranno emanate norme per l'istituzione
dell'ente del porto di Trieste e per il relativo ordinamento»),
l'art. 1 della legge n. 589/1967 costituiva l'Ente autonomo del porto
di Trieste quale ente pubblico economico sottoposto alla vigilanza
del Ministero della marina mercantile.
La legge n. 84/1994, nel riformare l'ordinamento dei porti,
all'art. 6 previde nel porto di Trieste (come in altri porti)
l'Autorita' portuale, ente pubblico autonomo. Nella stessa legge
l'art. 8, comma 1, disciplina la nomina del Presidente dell'Autorita'
portuale, stabilendo che «il presidente e' nominato, previa intesa
con la regione interessata con decreto del Ministro dei trasporti e
della navigazione, nell'ambito di una terna di esperti di massima e
comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei
trasporti e portuale designati rispettivamente dalla provincia, dai
comuni e dalle camere di commercio, industria, artigianato e
agricoltura, la cui competenza territoriale coincide, in tutto o in
parte, con la circoscrizione di cui all'art. 6, comma 7».
La disposizione precisa che la terna deve essere «comunicata al
Ministro dei trasporti e della navigazione tre mesi prima della
scadenza del mandato», che «il Ministro, con atto motivato, puo'
chiedere di comunicare entro trenta giorni dalla richiesta una
seconda terna di candidati nell'ambito della quale effettuare la
nomina», e che, «qualora non pervenga nei termini alcuna
designazione, il Ministro nomina il presidente, previa intesa con la
regione interessata, comunque tra personalita' che risultano esperte
e di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori
dell'economia dei trasporti e portuale».
Dunque, gia' l'art. 8, comma 1, legge n. 84/1994 assegnava alla
Regione un ruolo di codeterminazione nella nomina del presidente,
attraverso la necessaria intesa. A provincia, comuni e camere di
commercio era pure assegnato un ruolo importante attraverso la
designazione di una prima ed eventualmente di una seconda terna di
candidati: fermo restando che, ove nessuna terna fosse pervenuta, la
determinazione spettava comunque all'intesa tra lo Stato e la
Regione.
Nella materia e' poi intervenuta la riforma del Titolo V della
parte seconda della Costituzione, operata dalla legge, cost. n. 3 del
2001. Infatti, il nuovo testo dell'art. 117, terzo comma, attribuisce
alle regioni ordinarie competenza concorrente sui «porti». Come noto,
le disposizioni del nuovo Titolo V sono applicabili anche alle
regioni speciali la' dove prevedano forme di autonomia piu' ampie
rispetto agli statuti speciali (art. 10, legge cost. n. 3 del 2001).
Nonostante l'espansione costituzionale della competenza delle
regioni, e tra queste della Regione Friuli-Venezia Giulia, la
disposizione qui impugnata - l'art. 6 del decreto-legge 28 maggio
2004, n. 136 (Disposizioni urgenti per garantire la funzionalita' di
taluni settori della pubblica amministrazione), intitolato
Modificazioni alla legge 28 gennaio 1994, n. 84 - in realta'
restringe e sminuisce il ruolo della regione, rendendo l'intesa con
essa meramente facoltativa. Essa infatti dispone, aggiungendo il
comma 1-bis all'art. 8, comma 1, della legge 28 gennaio 1994, n. 84,
che «esperite le procedure di cui al comma 1, qualora entro trenta
giorni non si raggiunga l'intesa con la regione interessata, il
Ministro puo' chiedere al Presidente del Consiglio dei ministri di
sottoporre la questione al Consiglio dei ministri, che provvede con
deliberazione motivata».
La disposizione legislativa qui impugnata, pur avendo carattere
generale ed astratto - e riferendosi percio' in generale ai porti, e
non specificamente a quello di Trieste - si inserisce pero' in modo
specifico nel quadro della vicenda che da oltre un anno impedisce -
la Regione ricorrente ritiene senza sua responsabilita' - la nomina
del Presidente dell'Autorita' portuale di Trieste: e di questa
vicenda converra' qui rammentare i tratti essenziali.
Essendo prossimo a scadenza (13 ottobre 2003) il mandato del
Presidente dell'Autorita' portuale del porto di Trieste, il Ministro
delle infrastrutture e dei trasporti con nota del 22 aprile 2003
richiedeva alla Provincia di Trieste, alla Camera di commercio di
Trieste ed ai comuni di Trieste e di Muggia (cioe' agli enti previsti
dall'art. 8 della legge n. 84/1994) la designazione della terna di
esperti di rispettiva competenza.
Gli enti in questione, tuttavia, anziche' indicare una terna,
entro la quale Ministero e Regione potessero fare la propria scelta,
hanno indicato - con nota congiunta dell'8 maggio 2003 sottoscritta
da tutti i legali rappresentanti degli stessi - quale candidato unico
la dott.ssa Marina Monassi. E' evidente la plateale violazione della
legge, ed in pratica l'abnorme pretesa di tali enti di scegliere essi
in modo vincolante e definitivo il Presidente dell'Autorita'
portuale.
E' evidente anche la lesione, da parte di tali enti, delle
competenze della Regione, e dello stesso Ministero, il cui ambito di
scelta sarebbe venuto a ridursi ad un solo nome.
Tuttavia, il Ministro, anziche' rilevare la lesione e fare quanto
necessario ad eliminarla, inopinatamente con nota del 4 luglio 2003,
indirizzata alla Regione, riteneva «di poter concordare con la
volonta' espressa dagli enti locali» e segnalava il suo «orientamento
sul nominativo della dott.ssa Monassi», restando «in attesa di
conoscere le valutazioni della Regione per l'acquisizione della
prescritta intesa e la prosecuzione del procedimento di nomina» (doc.
2).
La Regione, con nota dell'8 luglio 2003 (doc. 3), dopo aver
ricordato l'importanza della procedura delineata dall'art. 9 della
legge n. 84/1994 e aver richiamato il curriculum della dott.ssa
Monassi, comunicava di non poter «esprimere l'intesa sulla proposta
della dott.ssa Monassi quale Presidente dell'Autorita' portuale di
Trieste». Con la medesima nota, anche alla luce delle considerazioni
rappresentate dal Presidente della Regione al Ministro nel corso di
un incontro precedente, veniva richiesto il rinnovo della procedura
di nomina.
A questo punto, con nota del 18 luglio 2003 (doc. 4), il
Ministro, rilevato il mancato raggiungimento dell'intesa con la
Regione, chiedeva agli enti «di voler nuovamente procedere alla
designazione del candidato entro trenta giorni dal ricevimento» della
nota stessa. Il Ministro richiamava l'art. 8 legge n. 84/1994 ma non
precisava la necessita' di proporre una tema, ed utilizzava anche la
curiosa (rispetto alle previsioni di legge) espressione (il
«candidato») sopra evidenziata in corsivo.
La Provincia, i Comuni di Trieste e Muggia e la Camera di
commercio, con note tutte eguali del 30 luglio 2003 (doc. 5),
nuovamente incuranti del dettato legislativo, ma pronti a cogliere il
nascosto suggerimento del Ministro, non solo riproponevano un solo
nominativo, ma addirittura incredibilmente riproponevano lo stesso e
solo nominativo della dott.ssa Monassi, senza neppure menzionare il
disaccordo della Regione e sottolineando la propria «unita'
d'intenti»: come se questa potesse sostituire il rispetto delle leggi
e delle competenze costituzionali. Avuta notizia di cio', il
Presidente della Regione con nota del 7 agosto 2003 (doc. 6) ribadiva
la necessita' che il presidente fosse nominato nell'ambito di una
tema di esperti, chiedendo al Ministro «di espletare gli adempimenti
prescritti verificando, se ne sussistono i presupposti,
l'inadempienza degli enti tenuti alle indicazioni della terna», al
fine di «attivare... entro il termine di scadenza dell'attuale
presidente, la procedura di nomina prevista dall'ultimo periodo del
comma 1, dell'art. 8 della citata legge n. 84/1994».
A questa nota del Presidente della Regione rispondeva il Capo di
gabinetto del Ministro in data 12 settembre 2003 (doc. 7). In tale
nota, si prospettava una teoria, ad avviso della Regione davvero
singolare - secondo la quale l'art. 8 legge n. 84/1994 non richiede
una «tema» di candidati per dare al Ministro e alla Regione la
possibilita' di scegliere fra persone diverse ma solo perche' gli
enti proponenti appartengono a tre «tipi» diversi, per cui, se gli
enti concordano su un unico nome, sarebbe legittima la proposta di
quest'ultimo. Il Capo di Gabinetto, dunque, affermava la legittimita'
del procedimento fin li' seguito, precisava di voler evitare «il
ricorso alle forme procedurali garantiste» (sic) e concludeva
rappresentando «l'inalterato intento di questa Amministrazione di
pervenire quanto prima al raggiungimento di un accordo» con la
Regione: nel senso, evidentemente, di costringere la Regione a
consentire sull'unico candidato prospettato.
Ed infatti il 17 settembre 2003 (doc. 8), il Ministro riproponeva
alla Regione il nominativo della dott.ssa Monassi, sul quale gia'
nella prima tornata la Regione aveva espresso valutazione
motivatamente negativa.
Tale valutazione veniva reiterata con nota del 19 settembre 2003
(doc. 9). Con tale nota si ribadiva l'illegittimita' di una nomina
effettuata sulla base della designazione di un solo candidato (alla
luce della lettera e della ratio dell'art. 8, legge n. 84/1994) e si
sottolineava «la inequivocabile mancanza del possesso dei requisiti
di legge da parte della dott.ssa Monassi», dato che (oltre ad «altre
valutazioni desumibili dal curriculum») «la candidata risulta
laureata in biologia e quindi e' sprovvista, de iure, della
preparazione universitaria essenziale per rispondere al requisito
della «massima e comprovata qualificazione professionale nei settori
dell'economia dei trasporti e portuali».
La Regione, peraltro, confermava «l'intendimento... di
contribuire a scegliere il nuovo presidente dell'Autorita' portuale
entro i termini di scadenza previsti dalla legge, esercitando appieno
le competenze e i poteri ad essa riservati anche nel merito, sia
nell'ambito della procedura ordinaria prevista nella prima parte
dell'art. 8, primo comma, sia nella procedura alternativa prevista
seconda parte della medesima norma», e assicurava «la
disponibilita'.. a concorrere, con la propria intesa, anche ad altre
procedure che eventualmente il Ministero ritenesse necessario
adottare per far fronte ad eventuali situazioni di necessita' e
urgenza.
A tale nota della Regione, di data 19 settembre, non seguiva
alcuna risposta da parte ministeriale: nonostante la ricordata
solenne affermazione con cui si chiudeva la nota del 12 settembre
2003 circa «l'inalterato intento» dello Stato «di pervenire quanto
prima al raggiungimento di un accordo» con la Regione. Invece, il 10
ottobre il Ministro, senza alcuna consultazione con la Regione,
procedeva alla nomina di un Commissario dell'Autorita' portuale di
Trieste. La nomina del Commissario decorreva dal 14 ottobre 2003,
giorno successivo alla scadenza del mandato del presidente in carica,
senza neppure consentire la ordinaria prorogatio dello stesso per la
durata prevista dal d.l. n. 293/1994, conv. in legge n. 444/1994.
L'atto di nomina veniva impugnato dalla Regione Friuli-Venezia Giulia
avanti al Tribunale amministrativo regionale del Friuli-Venezia
Giulia.
Nel frattempo, anche in relazione alle difficolta' incontrate
nello svolgimento della procedura prevista dalla legge n. 84 del
1994, la Regione veniva elaborando una propria legge che, approvata,
diveniva la legge regionale 24 maggio 2004, n. 17 (pubblicata nel
suppl. straordinario al BUR n. 8 del 26 maggio 2004, ed entrata in
vigore il giorno della pubblicazione), il cui art. 9 dispone ora
(ovviamente in relazione al solo porto di Trieste) quanto segue:
«1. - Ai fini della nomina del presidente dell'Autorita'
portuale di Trieste, la Provincia di Trieste, il Comune di Trieste,
il comune di Muggia e la Camera di commercio, industria, artigianato
e agricoltura di Trieste individuano tre nominativi di esperti di
massima e comprovata qualificazione professionale nei settori
dell'economia, dei trasporti e portuale. Tali nominativi sono
comunicati, tre mesi prima della scadenza del mandato del Presidente
dell'Autorita' portuale di Trieste, al presidente della regione il
quale, con atto motivato, puo' chiedere ai succitati Enti di
comunicare entro trenta giorni dalla richiesta, la canditatura di
ulteriori tre soggetti al fine di effettuare la nomina. Ricevute le
proposte, il presidente della regione promuove, in attuazione del
principio di leale cooperazione, le procedure per l'intesa con il
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
2. - Qualora nei termini di cui al comma 1 non pervenga
alcuna designazione, il presidente della regione, previa intesa con
il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nomina comunque il
presidente dell'Autorita' portuale di Trieste tra personalita' che
risultano esperte e di massima e comprovata qualificazione
professionale nei settori dell'economia, dei trasporti e portuali.
3. - La revoca del mandato del presidente dell'Autorita'
portuale di Trieste, lo scioglimento del comitato portuale e le
eventuali nomine commissariali sono disposte con decreto del
presidente della regione d'intesa con il Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti, nel rispetto delle previsioni di cui
all'art. 7 della legge 28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della
legislazione in materia portuale).
4. - In fase di prima applicazione, la comunicazione dei
nominativi di cui al comma 1 avviene entro trenta giorni dall'entrata
in vigore della presente legge». In pratica, in attuazione dei
principi costituzionali di cui all'art. 117 e 118 della Costituzione,
come innovata dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, e
nell'esercizio della propria potesta' legislativa concorrente in
materia di porti (spettante ex art. 117, comma 3, in collegamento con
l'art. 10 legge cost. n. 3/2001), la Regione Friuli-Venezia Giulia
invertiva i ruoli assegnati dalla legge n. 84/1994 al presidente
della regione ed al Ministro, conferendo al primo la responsabilita'
del procedimento ed il compito finale della nomina, al secondo quello
di dare l'intesa a ulteriore garanzia degli interessi generali del
sistema portuale.
Risulta alla Regione - dalla nota del Dipartimento affari
regionali 9 giugno 2004, prot. n. 4877/04, che con determinazione del
3 giugno 2004 il Consiglio dei ministri ha deciso l'impugnazione
della legge regionale in questione davanti a codesta ecc.ma Corte
costituzionale.
A soli due giorni di distanza dalla pubblicazione della legge
regionale, il Governo, su proposta concertata (per questa parte) con
il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, adottava il
decreto-legge qui impugnato, n. 136 del 28 maggio 2004, il cui art. 6
inseriva il comma 1-bis nell'art. 8, legge n. 84/1994, statuendo che,
«esperite le procedure di cui al comma 1, qualora entro trenta giorni
non si raggiunga l'intesa con la regione interessata entro i brevi
termini in esso definiti, il Ministro puo' chiedere al Presidente del
Consiglio dei ministri di sottopone la questione al Consiglio dei
ministri, che provvede con deliberazione motivata».
E' da notare che, il 27 maggio 2004, la Conferenza dei Presidenti
delle Regioni, essendo venuta a conoscenza delle intenzioni del
Governo, aveva inviato una nota al Ministro delle infrastrutture ed
al Ministro per gli affari regionali (doc. 10), nella quale si
giudicava illegittima la norma qui impugnata e si chiedeva un
incontro urgente per «individuare un percorso condiviso che consenta
di superare le "divergenze" registrate».
In effetti, ll decreto-legge rende meramente facoltativa l'intesa
con la Regione, in quanto, se non si raggiunge l'intesa nei trenta
giorni, il Consiglio dei ministri puo' procedere ugualmente alla
norma: cosi' disponendo, l'art. 6 risulta costituzionalmente
illegittimo e lesivo delle competenze costituzionali della Regione
Friuli-Venezia Giulia per le seguenti ragioni di

D i r i t t o

Premessa. La situazione giuridica dopo la l.r. 24 maggio 2004,
n. 17 e il decreto-legge 23 maggio 2004, n. 136.
Come detto in narrativa, la Regione Friuli-Venezia Giulia ha
esercitato la potesta' legislativa che la Costituzione le attribuisce
in materia di porti nel quadro dei principi fondamentali stabiliti
dalla legge statale, mantenendo nell'essenziale i principi stabiliti
dall'art. 8 della legge n. 84 del 1994 - la terna ed eventualmente la
seconda terna proposta dagli enti locali, la successiva intesa tra
Regione e Stato per l'individuazione del Presidente - ma assumendo su
di se' (la Regione ritiene in applicazione del principio di
sussidiarieta' di cui all'art. 118 Cost.) la responsabilita' della
procedura ed il compito della nomina, attuativa dell'intesa raggiunta
con il Ministero.
Pur rispettandone - si ritiene - i principi fondamentali, la
Regione ha dunque dato alla nomina del Presidente del porto di
Trieste una disciplina autonoma e speciale, che ha determinato (salva
ovviamente la verifica della sua - legittimita', costituzionale da
parte di codesta ecc.ma Corte costituzionale, dinanzi alla quale,
come ricordato, il Governo ha gia' deliberato l'impugnazione) la
cessazione dell'applicazione, sul punto, della legge n. 84 del 1994.
Il decreto-legge n. 136, qui impugnato, interviene a precisare un
elemento della procedura prevista dalla legge n. 84 del 1994 - una
procedura che attualmente non trova applicazione nella Regione. Di
qui l'interrogativo se si debba intendere che la disciplina prevista
dal citato decreto-legge per l'ipotesi della mancata intesa sia
destinata ad applicarsi anche con riferimento al porto di Trieste.
Tuttavia, anche qualora la risposta da darsi al quesito fosse
negativa (il comma 1-bis espressamente si riferisce alle «procedure
di cui al comma 1», ovvero a quelle della stessa legge n. 84), la
ricorrente Regione ritiene di avere comunque interesse al presente
ricorso: e' evidente infatti che l'eventuale accoglimento della
questione di legittimita' costituzionale della legge regionale gia'
prospettata dal Governo tornerebbe in ogni modo a rendere applicabile
anche al porto di Trieste la disciplina generale, e dunque la
disposizione qui impugnata.
1) Violazione dell'art. 117, comma 3, e dell'art. 118 Cost., in
collegamento con l'art. 10, legge cost. n. 3/2001, in relazione
all'eventuale ripristino anche nella Regione Friuli-Venezia Giulia
della competenza ministeriale alla nomina.
La giurisprudenza costituzionale ha chiarito che, nelle materie
regionali, la legge statale puo' assegnare allo Stato (e regolare)
solo funzioni amministrative che debbano essere esercitate
unitariamente, nel rispetto dei principi di proporzionalita' e
ragionevolezza, e che tale attribuzione di funzioni dovrebbe essere
frutto di un accordo con le regioni. In mancanza di procedure di
concertazione in sede legislativa, «l'esigenza di esercizio unitario
che consente di attrarre, insieme alla funzione amministrativa, anche
quella legislativa, puo' aspirare a superare il vaglio di
legittimita' costituzionale solo in presenza di una disciplina che
prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita'
concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che
devono essere condotte in base al principio di lealta» (sent.
n. 303/2003, punto 2.2 del Diritto, v. anche la sent. n. 6/2004,
punto 7 del Diritto).
Con l'art. 6, d.l. n. 136/2004, lo Stato - oltre a «declassare»
l'intesa prevista dall'art. 8, comma 1, legge n. 84/1994,
trasformandola da forte a debole - ha anche ribadito la competenza
ministeriale.
Ora, come visto, la Regione Friuli-Venezia Giulia, con la propria
specifica legislazione, e precisamente con la l.r. n. 17/2004, ha
attribuito al Presidente della Regione il compito della nomina del
Presidente dell'Autorita' portuale di Trieste: e cio' in applicazione
dell'art. 118 Cost., che attribuisce all'ente titolare della
competenza legislativa il potere di allocazione delle funzioni
amministrative. Naturalmente, la legge regionale ha conservato il
potere di codeterminazione del Ministro delle infrastrutture, in
considerazione del principio fondamentale espresso dalla legge n. 84
del 1994, tenendo percio' ferma la necessaria intesa preventiva.
Risulta ad avviso della Regione evidente che la nomina del
Presidente dell'Autorita' portuale non e' una funzione che possa
richiedere un necessario esercizio centrale per essere svolta in modo
adeguato. Al contrario, il principio di sussidiarieta' e di
proporzionalita' sono senz'altro soddisfatti da una nomina regionale
alla quale lo Stato dia il suo consenso; ed anzi, il principio di
adeguatezza, pure stabilito dall'art. 118 Cost., rende evidentemente
preferibile che le valutazioni di base partano dalla realta' locale,
del resto secondo un criterio gia' insito nella stessa legge n. 84
per la formulazione delle «terne» di partenza: criterio che non v'e'
ragione di non far valere anche per la competenza regionale.
Si badi che la titolarita' statale o regionale del potere di
nomina involge anche la complessiva responsabilita' del procedimento
di nomina: nel caso dell'Autorita' portuale di Trieste, il blocco
della procedura e' dipeso dal fatto che il Ministro ha, in prima
battuta, accettato un'unica designazione dagli enti locali e, in
seguito, non ha sollecitato la designazione della terna.
Dunque, qualora si ritenga che l'art. 6, d.l. n. 136/2004,
ripristini il potere ministeriale di nomina, abrogando l'art. 9, l.r.
n. 17/2004, esso risulta illegittimo (in relazione alla Regione
Friuli-Venezia Giulia) per violazione dell'art. 118, commi 1 e 2,
Cost., alla luce delle sentt. n. 303/2003 e n. 6/2004 di codesta
Corte.
2) Violazione dell'art. 117, comma 3, e dell'art. 118 Cost., in
collegamento con l'art. 10, legge cost. n. 3/2001, e del principio di
leale collaborazione, in relazione alla possibilita' di procedere a
nomina senza intesa della Regione.
E' pacifico che la norma impugnata rientra in una materia in cui
la Regione Friuli-Venezia Giulia ha potesta' legislativa, salva la
determinazione del principi fondamentali da parte dello Stato.
Non puo' essere dubbio che, entro il proprio ambito di
applicazione, l'art. 6 rende facoltativa l'intesa prima obbligatoria
ai sensi dell'art. 8, comma 1, legge n. 84/1994. Si e' visto che, in
base alla giurisprudenza costituzionale, nel caso in cui lo Stato
eserciti una funzione amministrativa in materia regionale, e'
necessaria l'intesa con le regioni o la regione specificamente
interessata.
Si tratta di un'intesa forte: cio' risulta dall'insieme delle
considerazioni svolte dalla Corte costituzionale e anche dalla
sentenza n. 6 del 2004, che ha considerato legittima la norma statale
impugnata perche' prevedeva l'intesa "forte", nel senso che il suo
mancato raggiungimento costituisce ostacolo insuperabile alla
conclusione del procedimento» (punto 7 del Diritto). Ma la stessa
sent. n. 303/2003 ha ritenuto che la mancanza dell'intesa per la
individuazione e la localizzazione delle «grandi opere» da inserire
nel programma comporta l'inefficacia del programma nella regione
interessata. E tali concetti sono stati puntualmente confermati dalla
recentissima, sentenza n. 233 del 2004, con riferimento alla
decisione di realizzazione e alla approvazione del progetto
preliminare della Metropolitana di Bologna, per la quale codesta
ecc.ma Corte ha confermato la necessita' dell'intesa regionale.
Comunque, se anche potesse essere concepibile che, in casi
particolari, il coinvolgimento della regione nell'esercizio
«unitario» delle funzioni amministrative assuma forme meno intense
rispetto a quelle dell'intesa «forte» il caso della nomina dei
presidenti delle Autorita' portuali non potrebbe costituire uno di
quei casi particolari.
Da un lato, infatti, non si puo' ipotizzare che, per casi di
questo genere, l'intesa risulti impossibile. Trattandosi di una
nomina, e' evidente che, se le parti ispirano il proprio
comportamento al principio di leale cooperazione, esse dovranno
necessariamente giungere ad un accordo su una persona fra le tre (o,
eventualmente, le ulteriori tre) proposte dagli enti locali. Seppur
in riferimento ad un caso diverso (si trattava di un conflitto fra
CSM e Ministro della giustizia in relazione ad un «concerto» che il
Ministro doveva dare ad una commissione del CSM), codesta Corte ha
avuto occasione di precisare in modo analitico cosa si intenda per
leale collaborazione in occasione di un procedimento di nomina (v. la
sent. n. 379 del 1992, punto 7 del Diritto).
E' opportuno, inoltre, ricordare che lo Stato non rimane
sprovvisto di tutela in caso di intesa «forte», perche' anche la
regione deve comportarsi rispettando il principio della leale
collaborazione, per cui, di fronte ad un'inerzia regionale o ad - un
diniego di intesa incongruamente motivato, lo Stato potrebbe attivare
gli opportuni rimedi giurisdizionali davanti a codesta ecc.ma Corte.
Dall'altro lato, la previsione di meccanismi alternativi
all'intesa potrebbe giustificarsi quando alle esigenze di tutela
dell'autonomia costituzionale della regione si contrapponessero
preminenti esigenze di rango costituzionale, nel senso che il mancato
esercizio della funzione «accentrata» ex art. 118 Cost. nuoccia
gravemente ad interessi di rango costituzionale: ma non e' certo
questo il caso della mancata nomina del presidente dell'Autorita'
portuale. Da un lato, infatti, l'art. 9, comma 1, lett. b), legge
n. 84/1994, assegna la funzione di vice-presidente al comandante del
porto sede dell'autorita' portuale e l'art. 9, comma 4, stabilendo
che «per la validita' delle sedute e' richiesta la presenza della
meta' piu' uno dei componenti in prima convocazione e di un terzo dei
medesimi in seconda convocazione», consente il funzionamento del
Comitato portuale anche senza il presidente ed i membri da esso
nominati.
Dall'altro lato, qualora gia' non operasse tale disposizione, non
vi sarebbe in ogni modo alcuna necessita' operativa di provvedere
alla nomina del presidente dal momento che le necessita' immediate
potrebbero essere soddisfatte attraverso la nomina di un commissario
straordinario, nomina che codesta ecc.ma Corte ha ritenuto possibile
qualora sia effettuata in ragione dell'urgenza una volta che siano
lealmente avviate le trattative per l'intesa (sent. n. 27 del 2004)
Se non si vuole rendere apparente la «tutela compensativa»
riconosciuta dalla Corte costituzionale, attraverso l'intesa, alle
regioni in caso di alterazione della ripartizione costituzionale
delle competenze legislative, occorre limitare al massimo i casi in
cui si puo' rinunciare all'intesa: la nomina del presidente di un
ente pubblico e' un tipico caso in cui all'intesa si deve mantenere
carattere forte, per le ragioni appena viste.
Dunque, l'art. 6, d.l. n. 136/2004, lede la sfera costituzionale
di competenza regionale perche' non solo diminuisce la tutela
dell'autonomia regionale rispetto alla norma previgente (il che gia'
potrebbe considerarsi contrastante con l'art. 5 Cost.) ma opera
questa deminutio dopo che la Regione Friuli-Venezia Giulia e' stata
dotata di competenza costituzionale in materia di porti, competenza
costituzionale che, anche alla luce della giurisprudenza
costituzionale, puo' essere derogata (sotto il profilo
dell'allocazione e della regolazione delle funzioni amministrative)
solo prevedendo un'intesa «forte» con la regione (e, come detto,
rispettando i principi di ragionevolezza e proporzionalita'
nell'applicazione dell'art. 118, comma 1).
Pertanto, l'art. 6, d.l. n. 136/04, viola gli artt. 117, comma 3,
e 118, commi 1 e 2, Cost. ed il principio di leale collaborazione,
alla luce delle sentt. n. 303/2003, n. 6/2004 e n. 233/2004 della
Corte costituzionale.
3) In subordine al punto 2): violazione dell'art. 117, comma 3, e
dell'art. 118 Cost., in collegamento con l'art. 10, legge cost.
n. 3/2001, e del principio di leale collaborazione, in quanto si
prevede che il conflitto venga risolto con la semplice prevalenza di
una delle parti.
La disposizione qui impugnata prevede che, in caso di mancata
intesa, sia competente a provvedere il Consiglio dei ministri.
La ricorrente Regione desidera sottolineare che non si tratta qui
di una questione che possa coinvolgere l'indirizzo politico o le
massime scelte di governo, ma semplicemente della nomina del migliore
titolare dell'Autorita' portuale.
In situazioni di questa natura, non vi sono interessi
costituzionali preminenti che possano richiedere che in caso di
mancata intesa tra la regione e lo Stato, e nella denegata ipotesi
che si ritenga legittimo che possa provvedersi in assenza dell'intesa
- la decisione venga affidata al Governo, anziche' ad una istanza che
equilibratamente rappresenti le esigenze delle due parti.
Infatti, e' di immediata evidenza che il Consiglio dei ministri
non rappresenta certo una istanza «neutra», o realmente equidistante
tra la regione e il Ministro con il quale l'intesa avrebbe dovuto
essere raggiunta, ma rappresenta piuttosto un'istanza dello stesso
segno del Ministro stesso, che non solo partecipa alla riunione, ma
vi assume la parte del proponente della deliberazione.
Si noti che la parita' tra lo Stato e la regione nella procedura
sostitutiva dell'intesa non viene ripristinata dalla possibilita'
data alla regione di impugnare per conflitto la determinazione del
Governo: essendo evidente che altro e' una procedura amministrativa
di paritario esame nel merito della questione, altro un sindacato
successivo di legittimita' sul rispetto del principio di leale
collaborazione.
La disposizione in questione risulta dunque costituzionalmente
illegittima perche', in presenza di interessi costituzionali di pari
dignita', e di natura tale da non mettere in gioco l'indirizzo
politico del Governo, stabilisce che in caso di mancata intesa sia
chiamato semplicemente a decidere il Governo, anziche' stabilire sedi
e procedure di decisione che siano sostanzialmente neutre ed
equidistanti rispetto alle parti che non hanno raggiunto l'intesa.
4) In ulteriore subordine al punto 2): violazione dell'art. 117,
comma 3, e dell'art. 118 Cost., in collegamento con l'art. 10 legge
cost. n. 3/2001, e del principio di leale collaborazione, in quanto
si prevede che il semplice passaggio di trenta giorni consenta la
sostituzione del Governo all'intesa.
Come visto sopra, la norma impugnata consente di prescindere
dall'intesa, con delibera del Consiglio dei ministri, «esperite le
procedure di cui al comma 1, qualora entro trenta giorni non si
raggiunga l'intesa con la regione interessata».
In pratica, si puo' sottoporre la questione al Consiglio dei
ministri dopo trenta giorni dal ricevimento della terna di candidati
(o della seconda terna di candidati, richiesta dal Ministro) o dopo
trenta giorni dalla scadenza del termine per le designazioni (tre
mesi prima della scadenza del mandato del presidente per la prima
terna).
Dunque, l'art. 6 non richiede altro, al fine di consentire la
procedura sostitutiva dell'accordo con la regione, che il passaggio
dei trenta giorni. Sembra dunque evidente che esso viola le
competenze costituzionali della regione ed il principio della leale
collaborazione, perche', anche in caso di intesa «debole», lo Stato
puo' decidere unilateralmente solo dopo aver cercato l'accordo con
«reiterate trattative» (secondo l'espressione ricorrente nella
giurisprudenza costituzionale) e qualora, in sostanza, sia il mancato
atteggiamento collaborativo della Regione a bloccare il procedimento.
L'art. 6, invece, sembra dare allo Stato il potere di decidere,
unilateralmente anche in assenza dei presupposti richiesti dal
principio di leale collaborazione.
Ne risulta la violazione dell'art. 117, comma 3, e dell'art. 118
Cost., in collegamento con l'art. 10, legge cost. n. 3/2001, e del
principio di leale collaborazione.


P. Q. M.
Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale dichiarare
costituzionalmente illegittimo l'art. 6 del decreto-legge 28 maggio
2004, n. 136, «Disposizioni urgenti per garantire la funzionalita' di
taluni settori della pubblica amministrazione», nelle parti, sotto i
profili e per le ragioni illustrate nel ricorso.
Padova, addi' 22 luglio 2004
Prof. avv. Giandomenico Falcon

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