Ricorso n. 8 del 27 febbraio 2007 (Regione Toscana)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 27 febbraio 2007 , n. 8
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 27 febbraio 2007 (della Regione Toscana)
(GU n. 10 del 7-3-2007)
Ricorso per la regione Toscana in persona del suo Presidente pro tempore, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 126 del 19 febbraio 2007, rappresentato e difeso, per mandato in calce al presente atto, degli avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni e presso lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via del Viminale n. 43; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 581, 583 e 585, della legge 27 dicembre 2006 n. 296, (legge finanziaria 2007). Nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - S.O. n. 299 del 27 dicembre 2006 e' stata pubblicata la legge n. 296/2006, recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007). I commi 581, 583 e 585 dell'art. 1 della legge finanziaria 2007 prevedono l'istituzione dell'Agenzia per la formazione con la finalita' di riformare il sistema di formazione dei dirigenti e dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni. In particolare, in base al disposto del citato comma 581, detta Agenzia e' competente in materia di raccolta, elaborazione e sviluppo delle metodologie formative; ricerca, sviluppo, sperimentazione e trasferimento delle innovazioni di processo e di prodotto delle pubbliche amministrazioni; accreditamento delle strutture di formazione; cooperazione europea ed internazionale in materia di formazione e innovazione amministrativa; supporto, consulenza e assistenza alle amministrazioni pubbliche nell'analisi dei fabbisogni formativi, nello sviluppo e trasferimento di modelli innovativi, nella definizione dei programmi formativi. Il successivo comma 583 dello stesso art. 1 in esame, stabilisce espressamente che le pubbliche amministrazioni per la formazione e l'aggiornamento professionale dei propri dipendenti devono procedere, tramite gara, alla scelta dell'istituzioni formative, pubbliche o private, dotate di competenza ed esperienza adeguate, tra le sole strutture accreditate da detta Agenzia, e a tal fine inserite in un apposito elenco nazionale tenuto da detta Agenzia per la formazione. Ed ancora, il comma 585 del medesimo articolo stabilisce che l'istituzione ed il funzionamento dell'Agenzia - definita quale "struttura di governo e coordinamento unitario del sistema della formazione pubblica" - siano disciplinati con uno o piu' regolamenti interministeriali, senza alcun coinvolgimento delle regioni. In altri termini, viene centralizzata la funzione di accreditamento degli organismi formativi, pubblici e privati. E' pertanto evidente che le suddette norme, nel caso in cui si riferiscano anche alle regioni, sono incostituzionali per i seguenti motivi di D i r i t t o Violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione. Come sopra rilevato, la Regione Toscana contesta la disciplina contenuta nella legge finanziaria 2007, in base alla quale e' imposto a tutte le amministrazioni pubbliche, e quindi anche alle regioni ed agli enti strumentali ed altri enti locali, di scegliere con procedure selettive, i soggetti da utilizzare per le iniziative di formazione e di aggiornamento dei propri dipendenti, esclusivamente tra quei soggetti che risulteranno essere accreditati attraverso l'iscrizione in uno specifico elenco nazionale tenuto dalla istituenda Agenzia per la formazione e dalla stessa certificati. Detta disciplina, nella parte in cui accentra in capo alla Agenzia nazionale per la formazione, le funzioni di accreditamento e di certificazione delle strutture formative, anche nei confronti delle regioni e degli altri enti locali, e' incostituzionale per contrasto con gli artt. 117 e 118 Cost., sotto un duplice profilo, intervenendo, da una parte, in materia di formazione professionale e, dall'altra, in materia di organizzazione interna della regione e degli enti dipendenti, entrambe materie di competenza esclusiva delle regioni ai sensi dell'art. 117, comma 4, della Costituzione. A) Come rilevato, si prevede un unico soggetto, a livello centrale, competente all'accreditamento delle strutture di formazione dei pubblici dipendenti, la cui "idoneita" e' valutata secondo criteri stabiliti, sempre a livello centrale, attraverso i citati regolamenti interministeriali di cui al comma 585 dell'art. 1 in esame, ai fini dell'inserimento delle stesse strutture nell'apposito elenco nazionale tenuto dalla stessa Agenzia per la formazione; inoltre, si vincolano anche le regioni ad avvalersi per la formazione dei propri dipendenti delle sole strutture di formazione accreditate da detta Agenzia nazionale: tutto cio' rappresenta un'inammissibile lesione delle competenze regionali costituzionalmente garantite, in primo luogo, in materia di formazione professionale. E' ormai chiarito, secondo il consolidato insegnamento della Corte costituzionale, che la materia della formazione professionale "appartiene, nell'assetto definito dal nuovo art. 117 della Costituzione, alla competenza residuale delle regioni, in quanto non e' inclusa nell'elenco delle materie attribuite dal secondo comma alla legislazione dello Stato ed e' nel contempo espressamente esclusa dall'ambito della potesta' concorrente in materia di istruzione, sancita dal successivo terzo comma" (Corte cost., sent. n. 51/2005). Con la sentenza della Corte costituzionale n. 50/2005 e' stato ulteriormente precisato che "La competenza esclusiva delle regioni in materia di istruzione e formazione professionale riguarda la istruzione e la formazione professionale pubbliche che possono essere impartite sia negli istituti scolastici a cio' destinati, sia mediante strutture proprie che le singole regioni possano approntare in relazione alle peculiarita' delle realta' locali, sia in organismi privati con i quali vengano stipulati accordi", restando esclusa la sola "disciplina della istruzione e della formazione professionale che i privati datori di lavoro somministrano in ambito aziendale ai loro dipendenti" la quale "rientra invece nel sinallagma contrattuale e quindi nelle competenze dello Stato in materia di ordinamento civile". In particolare alla luce dei su richiamati principi, la Corte costituzionale, con la pronuncia in esame, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale della disciplina statale in materia di tirocini estivi di orientamento, in quanto detta disciplina "dettata senza alcun collegamento con rapporti di lavoro, e non preordinata in via immediata ad eventuali assunzioni, attiene alla formazione professionale di competenza esclusiva delle regioni". Nello stesso senso, la Corte costituzionale, con la successiva sentenza n. 406/2006, ha riconosciuto la legittimita' delle norme regionali toscane riguardanti i compiti della regione relativi alla valorizzazione e alla certificazione dei profili formativi dei contratti di apprendistato e all'individuazione dei criteri e requisiti di riferimento per la capacita' formativa delle imprese, proprio in ragione del fatto che dette norme si riferiscono alla formazione esterna; in particolare, per quanto qui interessa, la Corte ha rilevato che "l'individuazione delle capacita' formative delle imprese, che il censurato art. 2, lettera d), riconosce essere obiettivo qualificante la formazione nell'apprendistato, non puo' che riferirsi alle imprese che svolgono attivita' formativa esterna". Infine, in un caso del tutto analogo a quello di specie - poiche' riguardanti norme statali (regolamentari), riferite anche alle regioni, aventi ad oggetto i requisiti essenziali che le societa' scientifiche devono possedere per svolgere le attivita' formative e di collaborazione con le istituzioni pubbliche competenti in materia di sanita', ed altresi' la previsione di poteri amministrativi di verifica dei predetti requisiti, di riconoscimento delle associazioni scientifiche e di revoca del medesimo al Ministro della salute - la Corte costituzionale (sentenza n. 328/2006) ha rilevato, tra l'altro, la lesione delle competenze costituzionali proprie delle regioni, in materia di formazione professionale, ordinamento degli uffici e, nel caso di specie, dell'organizzazione sanitaria (in quanto si trattava di strutture formative "al servizio" delle istituzioni pubbliche in materia di sanita), tutte materie di competenza esclusiva regionale. In particolare, nella citata pronuncia la Corte costituzionale ha affermato che "L'oggetto del decreto impugnato e' costituito dalla definizione dei requisiti per il riconoscimento delle societa' scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie che intendano svolgere attivita' di collaborazione con le istruzioni sanitarie ed attivita' di aggiornamento professionale e, quindi, non e' riconduciblie in termini esclusivi ad un'unica materia, incidendo contestualmente su piu' settori. In particolare, con riferimento all'aggiornamento professionale, esso contiene profili inerenti alla "formazione professionale": l'aggiornamento professionale dei medici e degli esponenti delle professioni sanitarie attiene, infatti, alla formazione sul lavoro, successiva e quindi estranea alla formazione universitaria, in quanto finalizzata all'esercizio della professione medica e, piu' in generale, sanitaria (sentenze n. 406 del 2001, n. 354 del 1994 e n. 316 del 1993). Siffatta materia, tuttavia, neppure e' idonea ad assorbire l'intera disciplina di cui al decreto impugnato. L'atto, in specie nella parte in cui definisce i requisiti che le predette societa' ed associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie - che chiedono il riconoscimento - devono possedere per poter svolgere attivita' di collaborazione con le istituzioni sanitarie, incide, infatti, sulla materia sanita', con profili che attengono, in particolare, all'organizzazione sanitaria, [...]. Nelle stesse materie, tuttavia, l'art. 117 e l'art. 118 della Costituzione, a seguito della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, delineano forme piu' ampie di autonomia [...]. La "formazione professionale" e', infatti, materia riconducibile alla competenza residuale delle regioni (quarto comma) soggetta ai limiti generali stabiliti dal primo comma dell'art. 117 della Costituzione, fra i quali non vi e', ad esempio, quello delle norme fondamentali di riforma economico-sociale (sentenza n. 274 del 2003), ne' quello dell'interesse nazionale [...]. La sanita', d'altro canto, e' ripartita fra la materia di competenza regionale concorrente della "tutela della salute" (terzo comma), la quale deve essere intesa come "assai piu' ampia rispetto alla precedente materia assistenza sanitaria e ospedaliera" (sentenze n. 181 del 2006 e n. 270 del 2005), e quella dell'organizzazione sanitaria, in cui le regioni possono adottare "una propria disciplina anche sostitutiva di quella statale" (sentenza n. 510 del 2002). [...] Alla luce delle suesposte considerazioni, deve ritenersi che il decreto impugnato, dettando norme regolamentari che si pongono all'incrocio delle suddette materie [...] vulneri le rispettive sfere di competenza provinciale, definite in particolare dall'art. 117, terzo, quarto e sesto comma, della Costituzione". B) La disciplina statale in esame, inoltre, intervenendo con norme vincolanti in materia di formazione dei pubblici dipendenti anche di regioni ed enti regionali dipendenti, appare ulteriormente lesiva delle competenze regionali costituzionalmente garantite con riferimento all'organizzazione dei propri uffici, ai sensi dall'art. 117, comma 4, Cost. Come evidenziato anche dalla gia' citata sentenza della Corte costituzionale n. 328/2006, le disposizioni aventi ad oggetto la disciplina di funzioni di accreditamento e certificazione delle strutture formative per l'aggiornamento professionale delle istituzioni sanitarie, intervengono, oltre che in materia di formazione professionale, anche in materia di organizzazione sanitaria; analogamente, nel caso di specie, trattandosi della formazione destinata anche ai pubblici dipendenti regionali, le disposizioni in esame vanno ad incidere nella materia della organizzazione dei propri uffici, di competenza regionale residuale. In tale materia, la competenza legislativa delle regioni e' esclusiva e deve svolgersi nel rispetto della Costituzione e dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Alla luce del rinnovato quadro costituzionale, la regione gode quindi di piena autonomia nella gestione ed organizzazione dei propri uffici e del relativo personale. A questo proposito si osserva che gia' secondo l'indirizzo giurisprudenziale della Corte costituzionale consolidatosi sotto il regime del previgente art. 117 Cost., inaugurato con la sentenza n. 10/1980, le regioni, in materia di ordinamento degli uffici e di stato giuridico dei rispettivi dipendenti, erano titolari della piu' ampia autonomia legislativa (cfr. in tal senso: sent. n. 10/1980; sent. n. 277/1983; sent. n. 278/1983; sent. n. 219/1984; sent. n. 290/1984; sent. n. 99/1986; ord. n. 10/1988; sent. n. 217/1987; sent. n. 772/1988). In particolare, codesta ecc.ma Corte costituzionale ha piu' volte sottolineato "l'autonomia, costituzionalmente garantita, che caratterizza la legislazione regionale in ordine a quella componente dell'ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla regione, rappresentata dallo stato giuridico e dal trattamento economico del corrispondente personale. Senza di che si renderebbe impossibile un'autonoma ed organica disciplina dello stato giuridico dei dipendenti regionali, che verrebbe ridotta "ad una composita e poliedrica legislazione di risulta, inevitabilmente modellata sui vari stati giuridici delle varie amministrazioni e istituzioni di provenienza del personale trasferito"; il che finirebbe per comportare notevole pregiudizio all'autonomo assetto ed al funzionamento degli uffici regionali" (Corte costituzionale sent. n. 278/1983 che ripercorre, nei passi qui riprodotti, alcune importanti sequenze della precedente sentenza n. 10/1980 gia' citata). Ed ancora, di recente, la Corte costituzionale ha ribadito "l'ampia autonomia gia' riconosciuta alle regioni in materia di organizzazione degli uffici e di stato giuridico dei dipendenti sotto il regime del previgente art. 117 della costituzione" (Corte costituzionale. ord. n. 515/2002). In conclusione, la Corte ha avuto piu' volte modo di chiarire che la competenza riconosciuta dall'art. 117 Cost. alle regioni a statuto ordinario in materia di ordinamento dei propri uffici "e' data alle regioni medesime proprio al fine di organizzare gli uffici regionali secondo le peculiarita' dell'amministrazione di cui sono parte (...)", (cfr. Corte costituzionale, sent. n. 772/1988). Tale orientamento e' tanto piu' valido oggi, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, che ha ridefinito in termini di forte autonomia il ruolo delle regioni all'interno dell'ordinamento ed ha riconosciuto la piu' piena potesta' legislativa delle regioni in materia di ordinamento degli uffici e del personale, materia in cui rientra evidentemente anche la disciplina dell'aggiornamento professionale dei propri dipendenti. Ed infatti, fin dalle prime pronunce, successive alla riforma del Titolo V, la Corte costituzionale ha chiarito che la materia dell'ordinamento e dell'organizzazione amministrativa delle regioni spetta alla potesta' legislativa esclusiva regionale prevista dall'art. 117, comma 4, della Costituzione (cfr. in tal senso, le sentenze della Corte costituzionale n. 274/2003; n. 3/2004; n. 4/2004 e n. 17/2004). In particolare, cio' e' affermato espressamente dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 274/2003 e nella pronuncia n. 17/2004, ove e' rilevato che "nell'assetto delle competenze costituzionali configurato dal nuovo titolo V, parte II, della Costituzione, l'auto finanziamento delle funzioni attribuite a regioni ed enti locali non costituisce altro che un corollario della potesta' legislativa regionale esclusiva in materia di ordinamento e organizzazione amministrativa..."". Ed ancora, l'ecc.ma Corte costituzionale, con riferimento all'art. 19, comma 14, della legge n. 448/2001 (c.d. legge finanziaria 2002), ha avuto modo di precisare che tale articolo, nella parte in cui prevede che le amministrazioni pubbliche promuovono iniziative di alta formazione del personale e finanziano borse di studio per l'iscrizione dei dipendenti ai corsi di laurea triennali, costituisce si una norma permissiva nei confronti delle richiamate pubbliche amministrazioni, tuttavia, sottolinea la Corte, "cio' non e' ancora sufficiente per escludere la lesione delle prerogative regionali, in quanto pure una norma permissiva presuppone una rivendicazione di competenza statale, per cui se la norma dovesse trovare applicazione anche nei confronti delle amministrazioni non statali si porrebbe il problema della esorbitanza di essa dall'ambito della disciplina "dell'ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali", riservata in via esclusiva alla legislazione statale". Continua pertanto la sentenza che "occorre sottolineare che l'art. 19 della legge finanziaria per il 2002, che riguarda le assunzioni di personale, si apre al comma 1, con un espresso riferimento alle "amministrazioni dello Stato" e si svolge in modo da far ritenere che il generico richiamo alle amministrazioni pubbliche, contenuto nel comma 14, non possa essere letto altro che come sinonimo di statali (...)" (sentenza della Corte costituzionale n. 3/2004, e nello stesso senso anche la sentenza n. 17/2004). Ed ancora, codesta ecc.ma Corte costituzionale, con la sentenza n. 380/2004, ha a tal proposito affermato che "La regolamentazione dell'accesso ai pubblici impieghi mediante concorso e' riferibile all'ambito della competenza esclusiva statale, sancita dall'art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., solo per quanto riguarda i concorsi indetti dalle amministrazioni statali e dagli enti pubblici nazionali. Non altrettanto puo' dirsi per l'accesso agli impieghi presso le regioni e gli altri enti regionali, cui appunto si riferisce la censura proposta dalla ricorrente. Se, come la Corte ha gia' affermato (sentenza n. 370 del 2003), una disciplina normativa non puo' essere ricondotta all'ambito della legislazione residuale delle regioni, ai sensi del quarto comma dell'art. 117, sol perche' non sia immediatamente riferibile ad una delle materie elencate nei commi secondo e terzo, tuttavia, nella specie, e' di immediata percezione proprio l'impossibilita' di collocare la disciplina in esame nei cataloghi delle competenze legislative statali esclusive o concorrenti, come evocate dalla difesa del Presidente del Consiglio dei ministri. Da tale impossibilita' discende la fondatezza della tesi della ricorrente, secondo cui la regolamentazione delle modalita' di accesso al lavoro pubblico regionale -- in quanto riconducibile alla materia innominata dell'organizzazione amministrativa delle regioni e degli enti pubblici regionali -- e' preclusa allo Stato (a maggior ragione attraverso disposizioni di dettaglio), e spetta alla competenze residuale delle regioni (v. sentenza n. 2 del 2004), ovviamente nel rispetto dei limiti costituzionali (v. sentenza n. 274 del 2003)". Le impugnate disposizioni violano totalmente la suddetta autonomia legislativa regionale, perche' vincolano la formazione del personale regionale e degli enti dipendenti all'utilizzo delle strutture formative accreditate dall'Agenzia nazionale per la formazione, secondo criteri determinati esclusivamente a livello centrale, cosi' interferendo sull'organizzazione amministrativa regionale e degli enti ed aziende regionali. Anche sotto tale profilo si evidenzia, pertanto, l'illegittimita' costituzionale dei commi 581, 583 e 585 dell'art. 1 della legge finanziaria 2007, per contrasto con l'art. 117, comma 4, Cost. C) Infine, le norme in esame, attribuendo poteri amministrativi di accreditamento e di certificazione all'Agenzia nazionale per la formazione - disciplinata con regolamento interministeriale e definita dalla legge stessa quale organo di governo e coordinamento unitario del sistema della formazione pubblica -- contrastano anche con l'art. 118 Cost. Infatti, nel caso di specie, analogamente al caso esaminato dalla Corte costituzionale con la gia' citata sentenza n. 328/2006, ""l'attrazione in sussidiarieta'" della funzione, non e' in alcun modo dimostrata [dal]la necessita' dell'esercizio unitario della medesima e non e' stato rispettato il principio della leale collaborazione, essendo stato adottato l'atto impugnato senza il necessario coinvolgimento delle autonomie regionali e provinciali (ex plurimis, sentenze n. 270 e n. 242 del 2005)". In ogni caso le disposizioni in esame sarebbero incostituzionali per violazione dell'art. 118 Cost. sotto altro profilo, anche perche', pur vincolando anche le regioni e gli altri enti locali, non prevedono alcun idoneo coinvolgimento delle regioni (intesa), nel procedimento di accreditamento delle istituzioni formative, ne' per la determinazione dei requisiti di idoneita' delle stesse istituzioni per l'inserimento nell'albo, coinvolgimento che sarebbe invece imprescindibile a fronte dell'interferenza della disciplina in ambiti materiali di competenza regionale, secondo quanto affermato nella sentenza n. 303/2003. Per tutti i motivi suddetti le impugnate disposizioni appaiono incostituzionali anche perche' vanificano il sistema di formazione professionale per i dipendenti e gli enti regionali che in questi anni le regioni hanno sviluppato nell'esercizio delle proprie competenze.
P. Q. M. Si chiede che la Corte costituzionale dichiari l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 581, 583 e 585 della legge 27 dicembre 2006 n. 296, per i motivi indicati nel presente ricorso. Si deposita la delibera della Giunta regionale Toscana di autorizzazione a stare in giudizio n. 126/2007. Firenze-Roma, addi' 23 febbraio 2007 Avv. Lucia Bora - Avv. Fabio Lorenzoni