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N. 80 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 23 giugno 2006. |
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Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 23 giugno 2006 (del presidente della giunta della
Regione Basilicata)
(GU n. 34 del 23-8-2006) |
Ricorso del Presidente della giunta della Regione Basilicata,
dott. Vito De Filippo, rappresentato e difeso, giusta procura a
margine del presente atto, dagli avv.ti Fernanda Cariati e Mirella
Viggiani, domiciliato in Roma presso l'Ufficio di rappresentanza
della Regione Basilicata alla via Nizza, 56 nei confronti del
sig. Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione di
illegittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 127 Costituzione del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante «Norme in materia
ambientale», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - n. 88 del 14
aprile 2006, SO. - o nella sua interezza e con riferimento ai
seguenti articoli:
63 e 64, concernenti le nuove Autorita' di bacino; 101, comma
7, concernente gli scarichi derivanti dalle imprese agricole; 154,
concernente la tariffa del servizio idrico integrato; 155,
concernente la tariffa del servizio fognatura e depurazione; 181,
concernente il c.d. recupero dei rifiuti; 183, comma 1, concernente
la definizione dei rifiuti, in quanto emanati in violazione degli
artt. 76, 117, 118 della Costituzione e del principio di leale
collaborazione per le motivazioni di seguito individuate.
Fatto
Con il decreto legislativo n. 156/2006 recante «Norme in materia
ambientale» il Governo ha attuato la delega legislativa di cui era
conferitario giusta legge n. 308 del 15 dicembre 2004.
Tale potere legislativo poteva essere attuato dal legislatore
delegato con l'emanazione di uno o piu' decreti tendenti al riordino,
coordinamento ed integrazione delle disposizioni legislative nei
settori e materie indicati, anche mediante la redazione di testi
unici.
Il provvedimento legislativo contenente la delega consta di un
solo articolo, composto da 54 commi, divisi in due parti: i commi da
1 a 19 che esplicitano i principi cui deve ispirarsi il Governo
nell'esercizio del potere delegato, ed i successivi commi da 20 a 54
che contengono una serie di misure specifiche di diretta applicazione
che riguardano i vari settori di competenza del Ministero
dell'ambiente.
Proceduralmente la legge di delega aveva previsto all'art. 1,
comma 4 che i decreti legislativi venissero adottati sentito il
parere dell Conferenza unificata ex art. 8, d.lgs. n. 81/1997, mentre
il successivo comma 8 richiedeva che i decreti legislativi venissero
emanati nel «rispetto dei principi e delle norme comunitarie e delle
competenze per materie delle amministrazioni statali, nonche' delle
attribuzioni delle regioni e degli enti locali, come definite ai
sensi dell'art. 117 della Costituzione, della legge 15 marzo 1997,
n. 59 e del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, fatte salve le
norme statutarie e le relative norme di attuazione delle regioni a
statuto speciale e delle province di Trento e Bolzano, e del
principio di sussidarieta'.».
La previsione del comma 4 dell'art. 1 della legge di delega il
quale prevedeva l'emanazione dei decreti legislativi da parte del
Governo previo espressione del parere della Conferenza unificata non
e' stato osservato, in quanto quest'ultima non e' stata posta in
condizioni di potersi esprimere compiutamente sui documenti di
contenuto normativo e tecnici che costituivano il testo approntato
dal Governo quale schema di decreto legislativo di attuazione della
delega ex legge 308/2004.
Un primo schema del decreto veniva approvato a seguito dei pareri
resi dalle Commissioni parlamentari nella seduta del Consiglio dei
ministri del 18 novembre 2005.
Nel corso della seduta del successivo 24 novembre 2005 della
Conferenza unificata i rappresentanti delle regioni e degli enti
locali, lamentando di non avere alcuna conoscenza dello schema loro
sottoposto chiedevano di essere informati sullo stato di attuazione
della delega legislativa. A tale richiesta il Ministro La Loggia
evidenziava che la corposita' della relazione suggeriva di evitare
un'illustrazione orale e che il deposito della stessa avrebbe
consentito di visionarla in modo da garantire la predisposizione in
tempo utile delle eventuali osservazioni.
Successivamente in data 29 novembre 2005 solo il testo del
decreto legislativo veniva trasmesso alle regioni mentre gli allegati
tecnici, a causa della loro voluminosita', venivano posti a
disposizione il 7 dicembre con pubblicazione telematica.
L'esame del decreto legislativo ai fini della resa del parere
veniva inserito nell'ordine del giorno della seduta della Conferenza
unificata del 15 dicembre 2005.
Occorre evidenziare che inutilmente il giorno 12 dicembre 2005,
in sede di riunione tecnica, era stata avanzata una richiesta dal
presidente della Conferenza delle regioni di sospensione del termine
per la resa del parere, giustificata dalla mole della documentazione
e dalla complessita' della materia in ragione dell'esiguo lasso di
tempo disponibile.
Il Governo con riscontro del successivo 13 dicembre, per il
tramite del Ministro dell'ambiente, aveva dichiarato di essere
irremovibile nel non concedere proroghe al termine fissato dalla
legge per l'esame delle commissioni competenti, considerati sia i
termini previsti dalla legge di delega sia il periodo di tempo che
residuava utilmente per l'attivita' che poteva essere svolta.
Nella prevista seduta della Conferenza unificata del 15 dicembre
veniva nuovamente avanzata la richiesta del rinvio dell'esame;
tuttavia la stessa veniva respinta con fermezza, con motivazioni in
parte infondate, come il ricorso all'asserzione che la materia
ambientale era di competenza esclusiva dello Stato, oppure
sull'asserita maturazione del termine entro cui esercitare delega, ed
altre pretestuose ed inconferenti, quali l'avvicinarsi della tenuta
delle successive elezioni politiche.
Inutilmente il Ministro La Loggia, che presiedeva la riunione,
tentava di proporre di procrastinare la resa del parere alla
successiva riunione della Conferenza fissata per il 20 gennaio 2006,
perche' gli si opponeva il diniego irremovibile del Viceministro il
che lo costringeva a una presa d'atto del mancato parere; tuttavia il
Ministro La Loggia osservava che il Viceministro avrebbe continuato
ad eseguire le opportune valutazioni ed anche il confronto con le
regioni e le autonome locali; infine, si riservava comunque, di
riscrivere tale argomento all'o.d.g. della Conferenza successiva
laddove fosse stata verificata l'indispensabilita' della
manifestazione del parere.
Pur in assenza di tale parere il Consiglio dei ministri il
19 gennaio 2006 approvava definitivamente il testo del decreto
legislativo.
Nella seduta della Conferenza unificata del 26 gennaio 2006 le
regioni si esprimevano negativamente sul testo del decreto con un
parere che evidenziava i profili di manifesta incostituzionalita'
dello schema di decreto rimasto inalterato nella sostanza rispetto
alla versione approvata con tempestivita' dal Consiglio dei ministri
il 19 gennaio 2006.
Successivamente il 10 febbraio il Consiglio dei ministri, dopo
aver preso atto del parere negativo della Conferenza «riapprovava» in
via definitiva lo schema, senza apportare alcuna modificazione al
testo rappresentando che l'esistenza di tempi ristretti costituiva
una circostanza impeditiva ad un eventuale emendamento del testo.
In data 15 marzo 2006 il Presidente della Repubblica sospendeva
l'emanazione del decreto e chiedeva al Governo alcuni lumi inerenti
sia il merito del provvedimento sia il procedimento seguito.
In data 29 marzo 2006 il Governo, a seguito dei riferiti
chiarimenti provenienti dal Presidente della Repubblica, riapprovava
per l'ennesima volta lo schema di decreto a cui aveva apportato
alcune modifiche.
Orbene tale ultimo «definitivo» testo di decreto era con ogni
evidenza diverso da quello oggetto di esame da parte della Conferenza
unificata, cosicche' questa ultima, come pure le Commissioni
parlamentari, si erano espresse su un testo che non era quello
approvato il 3 aprile in via definitiva dal legislatore delegato e
pubblicato il 14 aprile 2006.
La Regione Basilicata con il presente ricorso contesta la
legittimita' costituzionale dell'intero decreto legislativo e delle
disposizioni individuate nell' epigrafe per le seguenti motivazioni.
Diritto
Illegittimita' costituzionale dell'intero decreto legislativo per
violazione della legge di delega, dell'art. 76 della Costituzione e
del principio di leale collaborazione.
Il decreto nel suo complesso si pone in contrasto con quanto
previsto dalla legge di delega e quindi in violazione dell'art. 76
Cost. e del principio di leale collaborazione.
Il Governo, da quanto esposto nella cronologia dei fatti, non ha
consentito alla Conferenza unificata di partecipare al procedimento
di formazione del decreto legislativo, violando in tal modo il
contenuto dell'art. 1, comma 4 della legge di delega n. 308/2004.
Il procedimento seguito dal legislatore delegato nell'approvare
ed emanare il decreto e' stato posto in essere in violazione del
principio di leale collaborazione in quanto il Governo non ha
consentito alla Conferenza unificata di rendere il parere prescritto
dal legislatore conferente.
Non e' inutile evidenziare che il Governo nell'esercizio del
potere legislativo di cui risultava conferitario non ha individuato
le condizioni temporali minime per consentire alla Conferenza
unificata di esprimersi compiutamente sullo schema di decreto che
riteneva di adottare, motivando pretestuosamente il diniego alla
richiesta di proroga del termine di esame della documentazione,
espressa in sede di Conferenza unificata, con la rappresentazione
della scadenza del termine per l'esercizio della delega, la cui
maturazione, invece, sarebbe avvenuta oltre sei mesi piu' tardi.
D'altronde lo stesso Governo definitivamente adottava un decreto
legislativo dopo averlo ulteriormente modificato su richiesta del
Capo dello Stato, senza rinnovare, anche in questo caso
ingiustificamente, l'invio del testo alla Conferenza uniificata per
consentire a quest'ultima l'espressione del parere richiesto dal
legislatore delegante.
In sostanza il testo defmitivo cosi' come deliberato dal Governo
e' stato emanato nell'esercizio dell'esercizio di un potere
decisionale autonomo di cui il Governo era privo.
Il procedimento nel quale si e' articolato l'esercizio della
funzione legislativa si e' svolto senza consentire alla Conferenza
unificata di partecipare e la stessa ha avuto modo di esprimere il
proprio parere, e nessun confronto e' stato nstaurato dal Governo
sulle posizioni espresse dalla medesima.
In difetto di una norma ad hoc, similarmente a quanto previsto ex
art. 2, comma 3, d.lgs. n. 281/1997 il quale prevede in termine entro
in cui la Conferenza Stato-Regioni viene sentita in ordine a schemi
di d.d.l. e di decreto legislativo o di regolamento del Governo in
materie di competenza delle Regioni o delle Province autonome di
Trento e Bolzano, alla Conferenza unificata doveva essere assegnato
congruamente un termine per l'esame dello schema di decreto non
inferiore a quello previsto per la Conferenza Stato-Regioni, ed in
ogni caso le osservazioni formulate dalla Conferenza unificata
dovevano essere oggetto di un confronto con l'esecutivo, in modo da
dare esecuzione compiutamente ad una procedura partecipata del potere
delegato.
Quanto teste' denunciato e' avvenuto in violazione del principio
di leale collaborazione tra Stato e regioni per cui la mancata
acquisizione delle determinazioni della Conferenza unificata di cui
all'art. 8, d.lgs. n. 281/1997 costituisce un vizio del procedimento
che in casi analoghi e' stato sanzionato dalla Corte adita con la
dichiarazione di incostituzionalita' delle norme emanate a seguito
del procedimento stesso.
E' utile rilevare che tale circostanza, che ha una possibilita'
concreta di verificarsi, attesi i precedenti della giurisprudenza
costituzionale, ha indotto l'avvocato dello Stato Franco Lettera ad
evidenziare in data 15 maggio 2006 in una comunicazione apparsa sul
sito www.org.183/89 l'opportunita' di sospendere con efficacia
immediata il decreto legislativo in parola, se non addirittura
procedere alla sua abrogazione.
In merito alla violazione del principio di leale collaborazione
la Corte costituzionale ha osservato che «quando si ha a che fare con
competenze necessariamente ed inestricabilmente connesse il principio
di leale collaborazione - che proprio in materia di protezione dei
beni ambientali e di assetto del territorio trova il suo campo
privilegiato di applicazione - richiede la messa in opera di
procedimenti nei quali tutte le istanze costituzionalmente rilevanti
possano trovare rappresentazione» (sent. n. 422/2002).
Occorre rilevare che sulle modalita' di esercizio del principio
di leale collaborazione le indicazioni della Corte costituzionale si
sono fatte sempre piu' articolate, in modo da individuare
concretamente i requisiti minimi che ne garantiscono l'adempimento.
Cosicche' se e' pur vero che l'osservanza del principio di leale
collaborazione puo' essere organizzato in modi diversi (sent.
308/2003), la liberta' di organizzarne forme e modalita' non deve
tradursi in una mera ritualita'. Il sistema delle Conferenze
Stato-regioni ed autonomie locali e' stato individuato quale sede
qualificata per l'elaborazione di regole destinate ad integrare il
parametro della leale collaborazione dove «si sviluppa il confronto
tra i due grandi sistemi ordinamentali della Repubblica in esito al
quale si individuano soluzioni concordate di questioni controverse»
(sent. 31/2006).
Occorre anche rilevare che sebbene inizialmente la previsione del
parere da parte della Conferenza unificata sullo schema di decreto
era stato ritenuto una sufficiente garanzia procedimentale, atta ad
ostacolare l'eventuale assunzione, da parte del decreto, di contenuti
lesivi della autonomia garantita agli enti territoriali (sent.
376/2003), quella posizione e' stata oggetto di revisione tanto che
«la previsione del mero parere da parte della Conferenza unificata
non costituisce piu' una misura adeguata a garantire il rispetto del
principio di collaborazione» (sent 31/2005), e che invece
l'adempimento di quest'ultimo richiede una misura piu' concreta di
confronto rappresentata dalla previa intesa con la Conferenza
unificata (sent. 31/2005).
Allora, il non aver consentito da parte del legislatore delegato
alla Conferenza unificata di esprimersi compiutamente sullo schema di
decreto, non concedendo termini congrui per l'esame di quest'ultimo,
rappresenta una manifesta violazione del principio di leale
collaborazione anche nella forma minima partecipativa della resa di
parere.
Non e' inutile rilevare che il Governo nell'esercizio del potere
legislativo avrebbe dovuto conseguire la previa intesa con Conferenza
unificata, atteso che la stessa e' stata individuata dalla
giurisprudenza costituzionale quale modalita' minima di realizzazione
del principio della leale collaborazione tra Stato e regioni e
autonomie locali.
Tale violazione della legge di delega e quindi dell'art. 76
Cost., e del principio di leale collaborazione costituiscono una
lesione evidente e diretta delle competenze e prerogative
costituzionalmente attribuite alle regioni che concretamente
definiscono una ipotesa di illegittimita' costituzionale che
legittima la regione nella proposizione del ricorso.
Illegittimita' costituzionale degli artt. 63 e 64 - Violazione
della legge di delega - Violazione delle attribuzioni regionali -
Violazione della legge di delega).
L'art. 63, comma 3, prevede: «Le autorita' di bacino previste
dalla legge 18 maggio 1989, n. 183 sono soppresse a far data dal 30
aprile 2006 e le relative funzioni sono esercitate dalle Autorita' di
bacino distrettuale di cui alla parte terza del presente decreto».
Con tale norma il legislatore delegato opera uno stravolgimento
non consentito delle funzioni originariamente individuate dalla legge
n. 83/1989 ed assegnate alle regioni.
Il territorio nazionale sotto l'aspetto dei bacini idrografici
viene nuovamente definito con una suddivisione in otto distretti, con
una ulteriore ripartizione in bacini nazionali, interregionali e
regionali.
Gli organi dei nuovi distretti sono individuati al comma 2
dell'art. 63 nella Conferenza istituzionale permanente, nel
Segretario generale, nella Segreteria tecnico-operativa e nella
Conferenza operativa di servizi.
Ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da
emanarsi entro trenta giorni dall'entrata in vigore del medesimo
d.lgs. n. 152/2006, su proposta del Ministro dell'ambiente e tutela
del territorio di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze e con il Ministro della funzione pubblica, sentita la
Conferenza permanente Stato-regioni, viene rinviata la definizione
dei criteri e modalita' per l'attribuzione o il trasferimento del
personale e delle risorse patrimoniali e finanziarie, nonche' la
disciplina del trasferimento delle funzioni e la regolamentazione del
periodo transitorio.
E' utile evidenziare che il legislatore delegato ex art. 1 comma
1, legge di delega n. 308/2004 aveva conferito al Governo il potere
di legiferare solo con «il riordino, il coordinamento e
l'integrazione delle disposizioni legislative ... anche mediante la
redazione di testi unici», attribuendo in tal modo l'esercizio di
funzioni di coordinamento normativo, preordinate solo alla mera
razionalizzazione della normativa vigente.
L'eventuale conferimento di una funzione legislativa di revisione
con effetto innovativo della disciplina vigente avrebbe dovuto
comportare la necessita' per il legislatore conferente di indicare
previamente i principi e criteri direttivi cui l'attivita' delegata
dell'esecutivo doveva ispirarsi in modo che fosse circoscritto
compiutamente ex ante l'esercizio del potere da parte del Governo
(sent. n. 66/2005).
Nel caso di specie, invece, all'esecutivo e' stato conferito solo
un potere di riordino della normativa vigente, il cui esercizio non
puo' legittimamente comportare uno stravolgimento delle previsioni
normative sulle quali si interviene.
D'altronde, il legislatore delegato era tenuto a non modificare
il sistema delle attribuzioni regionali, atteso che il Parlamento
chiaramente all'art. 1, comma 8 legge n. 308/2004 aveva indicato al
Governo, come criterio da seguire prioritariamente, «il rispetto
..... delle competenze materia delle amministrazioni statali, nonche'
delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali, come definite
ai sensi dell' art. 117 della Costituzione, della legge 15 marzo
1997, n. 59 e del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112».
Anzi, e' da rilevare che nell'art. 9, lett. c) della legge
n. 308/2004 vi e' un'elencazione specifica dei casi in cui il Governo
doveva riferirsi nell'esercizio del potere legislativo delegato.
Vengono individuate in modo analitico le ipotesi nelle quali il
legislatore delegato legittimamente aveva il potere di intervenire e
cioe': art. 9 «c) rimuovere i problemi di carattere organizzativo,
procedurale e finanziario che ostacolino il conseguimento della piena
operativita' degli organi amministrativi e tecnici preposti alla
tutela e al risanamento del suolo e del sottosuolo, superando la
sovrapposizione tra i diversi piani settoriali di rilievo ambientale
e coordinandoli con i piani urbanistici; valorizzare il ruolo e le
competenze svolti dagli organismi a composizione mista statale e
regionale; adeguare la disciplina sostanziale e procedurale
dell'attivita' di pianificazione, programmazione e attuazione di
interventi di risanamento idrogeologico del territorio e della messa
in sicurezza delle situazioni a rischio; prevedere meccanismi
premiali a favore dei proprietari delle zone agricole e dei boschi
che investono per prevenire fenomeni di dissesto idrogeologico, nel
rispetto delle linee direttrici del piano di bacino; adeguare la
disciplina sostanziale e procedurale della normativa e delle
iniziative finalizzate a combattere la desertificazione, anche
mediante l'individuazione di programmi utili a garantire maggiore
disponibilita' della risorsa idrica e il riuso della stessa;
semplificare il procedimento di adozione e approvazione degli
strumenti di pianificazione con la garanzia della partecipazione di
tutti i soggetti istituzionali coinvolti e la certezza dei tempi di
conclusione dell'itere procedimentale».
Come e' di tutta evidenza la legge di delega non prevedeva la
soppressione e la sostituzione del sistema esistente con un altro
radicalmente diverso, perche' in tal caso avrebbe dovuto dettare i
criteri di riferimento, invece al contrario la delega veniva
conferita per consentire il mantenimento e il miglioramento
dell'espletamento delle funzioni da parte degli organismi gia'
esistenti.
Il legislatore delegato, quindi non aveva il potere di abrogare
le norme ed il sistema delineato dalla legge n. 183/1999 e di
sostituirlo con un sistema diverso, ingiustificamente di tipo
centralistico.
Le disposizioni impugnate anche per altro verso sono suscettibili
di essere censurate in termini di incostituzionalita' in quanto
lesive delle attribuzioni regionali.
Con le norme censurate si e' operato un accentramento delle
funzioni che ha espropriato le Regioni delle competenze che
naturaliter, giusta il nuovo riparto costituzionale, competono loro
nelle materie delegate, in tal modo violando la competenza
legislativa ex art. 117 Cost. ed anche il principio di
sussidiarieta'.
L'accentramento delle funzioni amministrative e' privo di
giustificazione.
Trattandosi di difesa del suolo che afferisce alla materia
concorrente al governo del territorio, lo Stato avrebbe potuto
dettare solo norme di principio, senza possibilita' di riservarsi
funzioni amministrative, se non ricorrendo la c.d. chiamata in
sussidiarieta'.
In ogni caso l'avocazione a se' di quelle funzioni non sarebbe
potuta avvenire se non nel rispetto del principio di leale
collaborazione, e quindi attraverso la consumazione di procedure di
codecisione tra Stato e regione e con il ricorso ad una previa
intesa.
Orbene, poiche' non si rinvengono motivazioni di sorta
relativamente alla sussistenza della chiamata in sussidiarieta', ne'
un'esigenza unitaria di esercizio delle funzioni amministrative, ne'
l'avvenuta partecipazione delle regioni al relativo processo
decisionale di una differente distribuzione delle funzioni
amministrative, e' di tutta evidenza che le norme che prevedono
l'istituzione delle Autorita' distrettuali in luogo delle precedenti
Autorita' di bacino sono affette da illegittimita' costituzionale.
Peraltro, le Autorita' di bacino regionale erano state istituite
con legge regionale, per la Basilicata con legge regionale n. 2/2001,
in applicazione dei principi di grande forma economico e sociale
introdotti dalle leggi n. 183/1989 e n. 36/1994.
Illegittimita' costituzionale dell'art. 101, comma 7, per
violazione dei principi e criteri della legge di delega.
«Salvo quanto previsto dall'art. 112, ai fini della disciplina
degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque
reflue domestiche le acque reflue ....
c) provenienti da imprese dedite alle attivita' di cui alle
lettere a) e b) che esercitano anche attivita' di trasformazione o di
valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di
normalita' e complementarieta' funzionale nel ciclo produttivo
aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura
prevalente dall' attivita' di coltivazione dei terreni di cui si
abbia a qualunque titolo la disponibilita' ......».
Con tale previsione si equiparano ai fini della disciplina e
delle autorizzazioni degli scarichi «reflui domestici e quelle
rinvenienti dalle imprese agricole» che in termini di inquinamento
producono un impatto ambientale diverso.
La norma in oggetto e' indeterminata, allorquando, prevede che
rientrino nella propria disciplina gli scarichi rinvenienti da
materia prima lavorata prodotta in misura prevalente dall'attivita'
di coltivazione dei terreni, rimettendo con l'indicazione del
criterio della misura prevalente ad un ingiustificato criterio di
discrezionalita' della P.A., la inclusione o meno di singole
fattispecie nel campo applicativo della norma.
L'avere equiparato, con il ricorso ad un criterio non
oggettivamente predeterminato, scarichi domestici e quelli
rinvenienti da particolari attivita' di imprese agricole, non
previamente individuate, con criterio diverso da quanto disposto in
precedenza con l'art. 28, comma 7, lett. c), d.lgs. n. 152/1999,
autorizza in definitiva immotivamente i produttori ad osservare
livelli di trattamento meno rigorosi rispetto al passato,
consentendo, che gli stessi tengano legittimamente comportamenti
produttivi di danno all'ambiente.
Tale previsione normativa si pone in contrasto con quanto
stabilito nella legge di delega, in particolare con l'obiettivo di
garantire «il miglioramento della qualita' dell'ambiente, della
protezione della salute umana all'utilizzazione accorta e razionale
delle risorse naturali» art. 1, comma 8, lett. a) con quanto
contenuto al successivo comma 9, lett. b), legge n. 308/2004, cioe'
«di pianificare, programmare ed attuare interventi diretti a
garantire la tutela ed il risanamento dei corpi idrici e superficiali
e sottoerranei, previa ricognizione degli stessi».
Illegittimita' costituzionale degli articoli 154 e 155 per
violazione degli artt. 117 e 76 Cost. - Violazione legge di delega.
Gli articoli 154 e 155 del d.lgs. n. 152/2006 disciplinano
rispettivamente la tariffa del servizio idrico integrato e la tariffa
del servizio di fognatura e depurazione.
L'art. 154 istituisce la tariffa del servizio idrico integrato e
ne individua la natura quale corrispettivo del servizio idrico
integrato, stabilendo i criteri per la sua determinazione.
La disposizione in commento affida al Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio, su proposta dell'Autorita' di vigilanza
alle risorse idriche e rifiuti, il potere di emanare un decreto per
individuare le componenti di costo utili alla determinazione della
tariffa relativa ai servizi idrici relativamente ai vari settori di
impiego; al Ministro dell'economia e finanze di concerto con il
Ministro dell'ambiente e tutela del territorio e' stato, invece,
attribuito il compito di stabilire i criteri cui le regioni devono
attenersi nella determinazione dei canoni di concessione per l'utenza
pubblica, considerando i costi ambientali e i costi della risorse,
prevedendo le riduzioni del canone ricorrendo l'ipotesi in cui il
concessionario attui un riuso delle acque con il riempiego delle
acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello
stesso o, qualora, restituisca le acque di scarico con le medesime
caratteristiche di quelle oggetto di prelevamento.
In evidente violazione della competenza legislativa attribuita
alle regioni ex art. 117, comma 4, vengono conferiti dal legislatore
delegato i poteri normativi ai Ministri, con rapporto di
sovraordinazione rispetto agli enti regionali.
Il legislatore delegato volutamente in subiecta materia ha
ignorato il dictum della Corte costituzionale contenuto nella
sentenza n. 335/2005 relativamente alla istituzione e
regolamentazione della tariffa del servizio idrico integrato e della
gestione dei rifiuti, ha dichiarato inammissibile il ricorso
governativo avverso la norma della legge n. 7/2004 della Regione
Emilia-Romagna non avendo il ricorrente dimostrato la sussistenza
della propria competenza legislativa.
Quindi il legislatore delegato non poteva emanare le disposizioni
di cui agli artt. 154 e 155, d.lgs. n. 152/2006 non avendo lo Stato
la competenza a provvedere; d'altronde i potere di istituire nuove
imposte non si rinviene proprio nella legge 3 agosto 2004.
Le norme in esame intervengono in materia di servizi pubblici
locali che rientra nella potesta' legislativa residuale, e percio'
esclusiva, delle regioni e quindi si pongono in contrasto con il
vigente sistema costituzionale di riparto delle competenze
legislative delineato dall'art. 117 Cost.
Le norme, altresi', anche per altro verso sono incostituzionali,
in quanto si pongono in contrasto con i criteri individuati nella
legge di delega allorquando il legislatore conferente vincola
l'esecutivo al rispetto delle attribuzioni delle regioni e degli enti
locali, come definite ai sensi dell' art. 117 della Costituzione,
della legge 15 marzo 1997 n. 59, e del decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 112.
Illegittimita' incostituzionale degli artt. 181, commi 7-11, 183,
comma 1. Per violazione della legge di delega.
L'art. 181 al comma 7 prevede che soggetti economici interessati
o le associazioni di categoria rappresentativa dei settori economici
interessati possono «stipulare con il Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio ..... appositi accordi di programma ..... per
definire i metodi di recupero dei rifiuti destinati all'ottenimento
di materie prime secondarie, di combustibili o di prodotti». Tali
accordi «fissano le modalita' e gli adempimenti amministrativi per la
raccolta, la messa in riserva, per il trasporto dei rifiuti, per la
loro commercializzazione, anche tramite il mercato telematico, con
particolare riferimento a quello del recupero realizzato dalle Camere
di commercio, e per i controlli delle caratteristiche e i relativi
metodi di prova. Tali accordi, inoltre, fissano le caratteristiche
delle materie prime secondarie, dei combustibili o dei prodotti
ottenuti, nonche' le modalita' per assicurare in ogni caso la loro
tracciabilita' fino all'ingresso nell'impianto di effettivo impiego».
Le modalita' cui si perviene alla definizione degli accordi,
nonche' la loro approvazione e pubblicazione vengono disciplinati dai
successivi commi ricompresi dal numero 8 all'11.
Il significato dei termini presenti in tale disposizione si
rinviene nelle definizioni dettate dall'art. 183, comma 1.
E' necessario rilevare che l'esposto ricorso allo strumento della
stipulazione di accordi e contratti di programma esorbita, con tutta
evidenza, dai limiti dell'istituto, in quanto opera una sostituzione
non consentita di una fonte contrattata ad una disciplina normativa,
con l'effetto, anche questo non consentito di produrre una
alterazione delle fonti che possono regolare la materia.
Inoltre, il rappresentato modulo procedimentale sostituisce una
disciplina generale ad una di derivazione volontaristica efficace
solo nei confronti dei partecipanti o aderenti.
Orbene, tali norme costituiscono una diretta violazione delle
competenze regionali.
La disciplina dei rifiuti ha dei riflessi normativi sulla materia
dell'ambiente, della tutela del territorio, igienico-sanitaria e
sicurezza della popolazione, per cui nei fatti gli accordi in oggetto
vanno a sostituirsi in via di principio all'attivita' normativa
secondaria, inoltre il Ministro per l'ambiente finisce per
sostituirsi alle regioni, in quanto la norma prevede che i soggetti
interessati possano stipulare accordi specifici con lo stesso
Ministero per il recupero dei rifiuti, per l'ottenimento di materie
prime secondarie, di combustibili e prodotti, senza specificare
l'efficacia ultra vires di tali accordi, in particolare nei confronti
degli enti regionali.
E' utile evidenziare che tali attivita' di recupero dovrebbero
svolgersi sui territori delle regioni, senza che sia stata prevista
da parte del legislatore delegato una forma di partecipazione di
queste ultime ai processi decisionali di definizione del contenuto
degli accordi di programma, ne' alla corretta esecuzione degli
stessi.
Anche in questo caso, quindi, il legislatore delegato ha violato
la legge di delega non osservando quanto stabilito all'art. 1, comma
8 e cioe' «il rispetto ..... delle competenze per materia delle
amministrazioni statali, nonche' delle attribuzioni delle regioni e
degli enti locali, come definite ai sensi dell'art. 117 della
Costituzione, della legge 15 marzo 1997, n. 59 e del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112».
P. Q. M.
Conclude chiedendo che la Corte in accoglimento del presente
ricorso dichiari la illegittimita' costituzionale della normativa
contenuta nel decreto legislativo n. 152/2006 e degli articoli
indicati in epigrafe.
Documenti come da indice.
Potenza-Roma, addi' 10 giugno 2006
Avv. Fernanda Cariati - Avv. Mirella Viggiani
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