Ricorso n. 80 del 7 ottobre 2009 (Provincia autonoma di Trento)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 ottobre 2009 , n. 80
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 ottobre 2009 (della Provincia autonoma di Trento).
(GU n. 45 dell'11-11-2009)
Ricorso della Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente della Giunta provinciale pro tempore Lorenzo Dellai, autorizzato con deliberazione della Giunta provinciale 25 settembre 2009, n. 2328 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale n. rep. 27192 del 29 settembre 2009 (doc. 2), rogata dal dott. Tommaso Passerella, ufficiale rogante della provincia, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova, dall'avv. Nicolo' Pedrazzoli dell'Avvocatura della Provincia di Trento e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma nello studio di questi in via Confalonieri n. 5; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge 3 agosto 2009, n. 102, recante Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1º luglio 2009, n. 78, «Provvedimenti anticrisi nonche' proroga di termini», in relazione alle seguenti disposizioni del decreto-legge convertito: art. 4 (Interventi urgenti per le reti dell'energia), commi da 1 a 4, come modificato dall'art. 1 del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103; art. 9-bis (Patto di stabilita' interno per gli enti locali), comma 5, secondo, terzo e quarto periodo; art. 13-bis (Disposizioni concernenti il rimpatrio di attivita' finanziarie e patrimoniali detenute fuori del territorio dello Stato), comma 8; art. 22 (Settore sanitario), commi 2 e 3, per violazione: dell'articolo 117, terzo, quarto e sesto comma; dell'articolo 118; dell'articolo 119 della Costituzione, in combinato disposto con l'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; dell'articolo 4, n. 7); dell'articolo 8, n. 1), n. 5), n. 6), n. 17), n. 19), n. 22), e n. 28; dell'articolo 9, n. 10); dell'articolo 14), dell'articolo 16); del Titolo VI, tra cui in particolare gli articoli 75, comma 1, lettera g), e 78; dell'articolo 104, comma primo; dell'articolo 107 dello statuto speciale, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, come modificato dalla legge 30 novembre 1989, n. 386; delle norme di attuazione statutaria,tra cui il d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, in materia di urbanistica ed opere pubbliche; il d.P.R. n. 474/1975 in materia di sanita'; il d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235, in materia di energia; il decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, in materia di rapporto tra legislazione statale e legislazione provinciale e relative funzioni amministrative, e in particolare gli articoli 2 e 4, comma 1; il decreto legislativo 16 marzo 1992, 268, in materia di finanza regionale e provinciale e in particolare gli articoli 9 e 10, commi 1, 6 e 7; nonche' le altre norme di coordinamento della finanza pubblica contenute nella legge 30 novembre 1989, n. 386; del principio di leale collaborazione; dei principi di legalita', e di ragionevolezza e di adeguatezza, nei modi e per i profili di seguito illustrati. F a t t o La presente controversia ha ad oggetto talune disposizioni della legge n. 102 del 2009, che ha convertito con modificazioni il d.l. n. 78/2009, Provvedimenti anticrisi nonche' proroga di termini. Esse, peraltro, sono attinenti a diversi settori, come di seguito illustrato. L'art. 4 concerne Interventi urgenti per le reti dell'energia e, al comma 1 (modificato dalla legge di conversione n. 102/2009 e sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera a), n. 1), d.l. 3 agosto 2009, a 103), dispone che il Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri competenti, «individua gli interventi relativi alla trasmissione ed alla distribuzione dell'energia, nonche', d'intesa con le regioni e le province autonome interessate, gli interventi relativi alla produzione dell'energia, da realizzare con capitale prevalentemente o interamente privato, per i quali ricorrono particolari ragioni di urgenza in riferimento allo sviluppo socioeconomico e che devono essere effettuati con mezzi e poteri straordinari». Per la realizzazione dei predetti interventi e con le medesime modalita' si prevede la nomina, con deliberazione del Consiglio dei ministri, di uno o piu' Commissari straordinari del Governo ai sensi dell'art. 11, legge n. 400/1988 (comma 2). Ciascun commissario «sentiti gli enti locali interessati, emana gli atti e i provvedimenti, nonche' cura tutte le attivita', di competenza delle amministrazioni pubbliche che non abbiano rispettato i termini previsti dalla legge o quelli piu' brevi, comunque non inferiori alla meta', eventualmente fissati in deroga dallo stesso commissario, occorrenti all'autorizzazione e all'effettiva realizzazione degli interventi, nel rispetto delle disposizioni comunitarie, avvalendosi ove necessario dei poteri di sostituzione e di deroga di cui all'art. 20, comma 4, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185» (comma 3, come modificato dal d.l. n. 103/2009). Con i provvedimenti di cui al comma 1 «sono altresi' individuati le strutture di cui si avvale il commissario straordinario, senza che cio' comporti nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, nonche' i poteri di controllo e di vigilanza del Ministro per la semplificazione normativa e degli altri Ministri competenti« (comma 4). Tali disposizioni attengono alla materia «energia», nella quale la Provincia di Trento ha potesta' legislativa ed amministrativa sin dal d.lgs. n. 463/1999, che ha aggiunto l'art. 01 nel d.P.R. n. 235/1977, in attuazione delle norme statutarie che attribuiscono potesta' primaria alla Provincia di Trento nelle materie dell'urbanistica», della «tutela del paesaggio», dei «lavori pubblici di interesse provinciale», della «assunzione diretta di servizi pubblici» e della «espropriazione per pubblica utilita' (art. 8, nn. 5, 6, 17, 19 e 22 dello statuto speciale). Inoltre, l'art. 14, comma 1, dello statuto prevede il parere obbligatorio della provincia per le concessioni in materia di comunicazioni e trasporti riguardanti linee che attraversano il territorio provinciale e l'art. 9 del d.P.R. n. 235 precisa che quanto disposto da tale art. 14 si applica «per quanto concerne il territorio delle province autonome a tutto cio' che riguarda «lo sviluppo della rete di trasmissione nazionale». Ancora, l'art. 01 del d.P.R. n. 235 del 1977 trasferisce alle province autonome «le funzioni in materia di energia esercitate sia direttamente dagli organi centrali e periferici dello Stato sia per il tramite di enti e istituti pubblici a carattere nazionale o sovraprovinciale, salvo quanto previsto dal comma 3» (comma 1); ed il comma 2 precisa che le finzioni relative alla materia «energia» di cui al comma 1 «concernono le attivita' di ricerca, produzione, stoccaggio, conservazione, trasporto e distribuzione di qualunque forma di energia» enfasi aggiunta). Il comma 3, lettera c), riserva allo Stato «la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti convenzionali di potenza superiore a 300 MW termici nonche' le reti per il trasporto dell'energia elettrica costituenti la rete di trasmissione nazionale con tensione superiore a 150 KV, l'emanazione delle relative norme tecniche e le reti di livello nazionale di gasdotti con pressione di esercizio superiore a 40 bar e oleodotti». Anche in relazione a tali compiti, comunque, l'art. 01, comma 4, prevede il parere obbligatorio di questa provincia, ai sensi dell'art. 14, primo comma, dello statuto speciale. Come noto, poi, la legge Cost. n. 3/2001 ha attribuito alle regioni ordinarie potesta' legislativa concorrente e potere di allocare le funzioni amministrative in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» (art. 117, terzo comma, e art. 118 della Costituzione). Le norme statali sopra illustrate, dunque, sono illegittime sia perche' attribuiscono poteri amministrativi ad organi statali in materie di competenza provinciale, sia in subordine perche' - ove si ritenesse per qualunque regione giustificata la titolarita' statale di tali poteri - non e' prevista l'intesa con la provincia in relazione alla trasmissione e alla distribuzione dell'energia. Inoltre, risulta illegittima, per l'ambito di competenza provinciale, la nomina statale dei commissari di cui al comma 2, in relazione ai compiti di cui al comma 3. L'art. 9-bis del d.l. n. 78/2009 disciplina il Patto di stabilita' intento per gli enti locali. Il secondo periodo del comma 5 dispone che, «in funzione di anticipazione dell'attuazione delle misure connesse alla realizzazione di un sistema di federalismo fiscale, secondo quanto previsto dalla legge 5 maggio 2009, n. 42, e allo scopo di assicurare la tutela dei diritti e delle prestazioni sociali fondamentali su tutto il territorio nazionale, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e acquisito il parere espresso in sede di tavolo di confronto di cui all'art. 27, comma 7, della citata legge n. 42 del 2009, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono fissati i criteri per la rideterminazione, a decorrere dall'anno 2009, dell'ammontare dei proventi spettanti a regioni e province autonome, compatibilmente con gli statuti di autonomia delle regioni ad autonomia speciale e delle citate province autonome, ivi compresi quelli afferenti alla compartecipazione ai tributi erariali statali, in misura tale da garantire disponibilita' finanziarie complessivamente non inferiori a 300 milioni di euro annui e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica». Il terzo periodo del comma 5 aggiunge che «tali risorse sono assegnate ad un fondo da istituire nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze per le attivita' di carattere sociale di pertinenza regionale». Inoltre - ed e' il quarto periodo - in sede di Conferenza Stato-regioni «sono stabiliti, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al secondo periodo del presente comma, criteri e modalita' per la distribuzione delle risorse di cui al presente comma tra le singole regioni e province autonome, che il Ministro dell'economia e delle finanze provvede ad attuare con proprio decreto». Ad avviso della Provincia autonoma di Trento tali norme risultano lesive della propria autonomia finanziaria, come regolata dal Titolo VI dello statuto speciale, integrato dalla legge n. 386/1989 e dal d.lgs. n. 268/1992, e della competenza provinciale in materia di servizi sociali, sia in quanto prevedono la rideterminazione delle risorse ad essa spettanti mediante procedure difformi da quelle statutariamente previste, sia in quanto prevedono un fondo statale a destinazione vincolata, sia infine in quanto si pongono in contrasto con il principio di legalita' sostanziale e di leale collaborazione. L'art. 13-bis detta Disposizioni concernenti il rimpatrio di attivita' finanziarie e patrimoniali detenute fuori del territorio dello Stato. Il comma 1 istituisce un'imposta straordinaria sulle attivita' finanziarie e patrimoniali: a) detenute fuori del territorio dello Stato senza l'osservanza delle disposizioni del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167...; b) a condizione che le stesse siano rimpatriate in Italia da Stati non appartenenti all'Unione europea, ovvero regolarizzate o rimpatriate perche' detenute in Stati dell'Unione europea e in Stati aderenti allo Spazio economico europeo che garantiscono un effettivo scambio di informazioni fiscali in via amministrativa. Il comma 8 dispone che «le maggiori entrate derivanti dal presente articolo affluiscono ad un'apposita contabilita' speciale per essere destinate alle finalita' indicate all'art. 16, comma 3», cioe', «in conformita' alle indicazioni contenute nel Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2010-2013, all'attuazione della manovra di bilancio per gli anni 2010 e seguenti». Qualora l'art. 13-bis, comma 8, nel disporre delle «maggiori entrate», si riferisse anche a quelle riscosse nell'ambito della provincia di Trento, esso lederebbe l'autonomia finanziaria della provincia, regolata dal Titolo VI dello Statuto speciale, integrato dalla legge n. 386/1989 e dal d.lgs. n. 268/1992, per le ragioni che in seguito si esporranno. L'art. 22, d.l. n. 78/2009 si occupa del settore sanitario. Il comma 2 istituisce «un fondo con dotazione pari a 800 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010, destinato ad interventi relativi al settore sanitario, da definirsi con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano», prevedendo che con intesa da stipulare in sede di Conferenza Stato-regioni siano «definiti gli importi, in misura non inferiore a 50 milioni di euro» (a valere sulle risorse del fondo di cui allo stesso comma) «da destinare a programmi dedicati alle cure palliative, ivi comprese quelle relative alle patologie degenerative neurologiche croniche invalidanti». Il comma 3 dispone che «il fondo di cui al comma 2 e' alimentato dalle economie conseguenti alle disposizioni di cui all'art. 13, comma 1, lettera b), del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, e all'attivita' amministrativa dell'Agenzia italiana del farmaco nella determinazione del prezzo dei medicinali equivalenti di cui all'art. 7, comma 1, del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347». A tal fine «il tetto di spesa per l'assistenza farmaceutica territoriale di cui all'art. 5, comma 1, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, e' rideterminato in riduzione in valore assoluto di 800 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010 e in termini percentuali nella misura del 13,3 per cento a decorrere dal medesimo anno 2010». Conseguentemente, «il livello del finanziamento a cui concorre ordinariamente lo Stato e' ridotto di 800 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010». In sede di stipula del Patto per la salute «e' determinata la quota che le regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano riversano all'entrata del bilancio dello Stato per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale». L'art. 13, comma 1, lettera b), d.l. n. 39/2009 prevede che, «al fine di conseguire una razionalizzazione della spesa farmaceutica territoriale:... per i medicinali equivalenti di cui all'art. 7, comma 1, del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347,... con esclusione dei medicinali originariamente coperti da brevetto o che abbiano usufruito di licenze derivanti da tale brevetto, le quote di spettanza sul prezzo di vendita al pubblico al netto dell'imposta sul valore aggiunto, stabilite dal primo periodo del comma 40 dell'art. 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sono cosi' rideterminate: per le aziende farmaceutiche 58,65 per cento, per i grossisti 6,65 per cento e per i farmacisti 26,7 per cento». Il comma 3 dell'art. 13 destina ad altri scopi «le complessive economie derivanti per l'anno 2009 dalle disposizioni di cui al comma 1», per cui e' da ritenere che le «economie conseguenti alle disposizioni di cui all'art. 13, comma 1, lettera b)», di cui parla l'art. 22, comma 3, d.l. n. 78/2009, siano quelle relative agli anni successivi al 2009. Dunque, l'art. 22 istituisce un fondo settoriale a destinazione vincolata (ma generica, perche' si parla solo di «interventi relativi al settore sanitario, da definirsi con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza» Stato-regioni) in materia di competenza provinciale (tutela della salute), prevedendo che questo fondo sia alimentato con le «economie conseguenti alle disposizioni di cui all'art. 13, comma 1, lettera b), del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39,.. e all'attivita' amministrativa dell'Agenzia italiana del farmaco nella determinazione del prezzo dei medicinali equivalenti». Poiche' di tali economie dovrebbe beneficiare anche la Provincia di Trento, l'ultimo periodo dell'art. 22, comma 3, prevede che, «in sede di stipula del Patto per la salute e' determinata la quota che le regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano riversano all'entrata del bilancio dello Stato per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale». Tali norme, pero', ledono l'autonomia della provincia nella materia della tutela della salute e l'autonomia finanziaria della provincia stessa, oltre a violare il principio di leale collaborazione. Dunque, tutte le norme sopra illustrate si pongono in contrasto con le prerogative costituzionali della Provincia di Trento per le seguenti ragioni di D i r i t t o 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, commi da 1 a 4. Come esposto in narrativa, l'art. 4, commi da 1 a 4, attribuisce ad organi statali il potere di individuare e realizzare determinati interventi relativi alla trasmissione ed alla distribuzione dell'energia, senza prevedere alcun coinvolgimento delle regioni interessate ne' nel momento dell'individuazione degli interventi (comma 1) ne' nel momento della nomina dei commissari (comma 2) ne' in quello della realizzazione degli interventi (commi 2 e 3). In particolare, l'art. 4 comma 1 (modificato dalla legge di conversione n. 102/2009 e sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera a), n. 1), d.l. 3 agosto 2009, n. 103), dispone che il Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri competenti, «individua gli interventi relativi alla trasmissione ed alla distribuzione dell'energia, nonche', d'intesa con le regioni e le province autonome interessate, gli interventi relativi alla produzione dell'energia, da realizzare con capitale prevalentemente o interamente privato, per i quali ricorrono particolari ragioni di urgenza in riferimento allo sviluppo socio-economico e che devono essere effettuati con mezzi e poteri straordinari». Le disposizioni impugnate, e in particolare il comma 1, si riferiscono genericamente ad «interventi relativi alla trasmissione ed alla distribuzione dell'energia» e di «interventi relativi alla produzione dell'energia», senza distinguere in base alla portata dell'impianto o della rete, e senza menzionare affatto la Provincia autonoma di Trento. Se ne dovrebbe dedurre - secondo il principio dell'interpretazione costituzionalmente conforme - che per quanto riguarda il territorio provinciale gli interventi statali si riferiscono solo a quanto eccettuato dalla competenza provinciale ai sensi dell'art. 01, comma 3, d.P.R. n. 235/1977, e sempre con la salvezza di quanto disposto per ogni tipo di intervento dall'art. 14 dello statuto e dall'art. 9 dello stesso d.P.R. n. 235 del 1977. Se cosi' non fosse, tuttavia, cioe' se i commi da 1 a 3 dovessero intendersi come riferiti - anche per la Provincia di Trento - a tutti gli impianti e a tutte le reti, essi sarebbero illegittimi per violazione dell'art. 8, commi 5, 6, 17, 19 e 22 dello statuto speciale, sopra gia' menzionati, e dell'art. 16 dello statuto, che attribuisce alle province competenza amministrativa nelle stesse materie in cui hanno potesta' legislativa. Inoltre, l'art. 4, commi da 1 a 3, violerebbe specificamente l'art. 01, d.P.R. n. 235/1977, che prevede la competenza statale solo per certi impianti e reti, come visto, e l'art. 4, comma 1, del decreto legislativo n. 266 del 1992, il quale esclude che la legge possa attribuire agli organi statali - nelle materie di competenza propria delle province autonome - funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative, diverse da quelle spettanti allo Stato secondo, appunto, lo statuto speciale e le relative norme di attuazione. Ne' la competenza statale potrebbe giustificarsi sulla base del riferimento alle «particolari ragioni di urgenza in riferimento allo sviluppo socio-economico» e del fatto che gli interventi «devono essere effettuati con mezzi e poteri straordinari« (art. 4, comma 1). Tali circostanze non basterebbero a giustificare una competenza statale esclusa dalle norme di attuazione appena citate e, inoltre, e' da osservare che, poiche' gli interventi devono essere realizzati «con capitale prevalentemente o interamente privato», la stessa legge smentisce la particolare urgenza dell'intervento, perche' la disponibilita' del capitale privato e' per definizione non garantita; se l'intervento fosse davvero urgente, la legge avrebbe direttamente stanziato una somma. Ne', per quanto riguarda le attivita' che spettano agli enti locali, vi e' ragione alcuna per la quale esse non possano essere assicurate, eventualmente anche in via sostitutiva, dalla stessa Provincia autonoma di Trento, titolare delle competenze nella materia. Anche nel caso in cui si riferiscano - per il territorio provinciale - ad opere diverse da quelle trasferite alla provincia ai sensi dell'art. 01, d.P.R. n. 235/1977 (ed ovviamente a maggiore ragione ove si riferiscano anche ad esse) - e fermo restando il diritto statutario della provincia di esprimere il proprio parere su ogni tipo di opere anche statali relative al settore dell'energia ex art. 14, comma 1 statuto - le norme impugnate risultano ad avviso della ricorrente provincia comunque illegittime. Si tratta infatti della attribuzione di compiti amministrativi ad organi statali in materia di competenza concorrente, di regola non ammissibile. Ove tuttavia dovesse ritenersi che l'assegnazione delle competenze ad organi statali, in deroga al normale riparto delle competenze legislative stabilite dall'art. 117, terzo comma, si giustifichi in quanto si tratta di interventi «per i quali ricorrono particolari ragioni di urgenza in riferimento allo sviluppo socio-economico e che devono essere effettuati con mezzi e poteri straordinari», l'alterazione dell'ordinario assetto delle competenze dovrebbe pero' trovare la compensazione dell'intesa con le regioni o province autonome interessate: intesa che nel caso e' prevista solo per l'individuazione degli interventi relativi alla produzione dell'energia, e non per quelli relativi alla trasmissione e distribuzione dell'energia. Sembra del tutto evidente che di tale differenziazione non vi e' ne' vi puo' essere ragione alcuna, al punto che puo' supporsi che si tratti di una svista nella redazione legislativa tanto e' evidente che le regioni e le province autonome sono interessate alla realizzazione di interventi «relativi alla trasmissione ed alla distribuzione dell'energia» non meno che a quelli relativi alla «produzione». In aggiunta alla considerazione della competenza costituzionale nella specifica materia, va anche osservato che la trasmissione dell'energia avviene principalmente con gli elettrodotti, cioe' con i tralicci ad alta tensione a forte impatto ambientale e paesaggistico. Tuttavia, tale svista - se di svista si tratta - non puo' essere corretta in sede interpretativa, dal momento che il testo e' chiaro nel prevedere l'intesa in un caso e non nell'altro. Di qui l'illegittimita' costituzionale del comma 1, in quanto non prevede tale intesa in relazione alla trasmissione e distribuzione dell'energia. Il comma 2 prevede che per la realizzazione dei predetti interventi e con le medesime modalita' si prevede la nomina, con deliberazione del Consiglio dei ministri, di uno o piu' Commissari straordinari del Governo ai sensi dell'art. 11, legge n. 400/1988 (comma 2). Anche in questo caso, ribadito che per le competenze statuarie e derivanti dalle norme di attuazione non potrebbe la realizzazione delle opere essere affidata ad un commissario statale, ove invece in relazione alla competenza concorrente di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione si ritenesse legittima (in forza del principio di sussidiarieta' di cui all'art. 118, primo comma) la nomina di commissari statali, dovrebbe ugualmente valere il principio dell'intesa, che invece e' previsto, attraverso il rinvio al comma 1, per le sole opere di produzione dell'energia. Di qui in ogni caso l'illegittimita' costituzionale del comma 2 per non aver previsto l'intesa anche sulla nomina di commissari statali in relazione alle opere di trasmissione e distribuzione dell'energia, per le stesse ragioni sopra esposte. I compiti dei commissari sono definiti dal comma 3, il quale (nella versione modificata dal decreto-legge n. 103/2009) stabilisce che ciascun commissario, «sentiti gli enti locali interessati, emana gli atti e i provvedimenti, nonche' cura tutte le attivita', di competenza delle amministrazioni pubbliche che non abbiano rispettato i termini previsti dalla legge o quelli piu' brevi, comunque non inferiori alla meta', eventualmente fissati in deroga dallo stesso commissario, occorrenti all'autorizzazione e all'effettiva realizzazione degli interventi, nel rispetto delle disposizioni comunitarie, avvalendosi ove necessario dei poteri di sostituzione e di deroga di cui all'art. 20, comma 4, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185» (comma 3, come modificato dal d.l. n. 103/2009). Anche in questo caso la norma risulta illegittima in quanto non prevede che i provvedimenti relativi alla autorizzazione e realizzazione degli interventi vengano assunti d'intesa con la provincia autonoma. Non si comprende perche' il comma 3 preveda il coinvolgimento degli enti locali e non quello delle regioni, titolari costituzionali dei poteri legislativi e di allocazione delle funzioni amministrative nelle materie dell'energia e del governo del territorio ed evidentemente interessate dalla realizzazione di interventi che non hanno certo ambito infracomunale. In relazione a tutti e tre i cottimi sopra considerati deve essere ulteriormente argomentato che gia' da tempo codesta Corte costituzionale ha sancito la necessita' dell'intesa con la regione interessata per la localizzazione e realizzazione di opere «gestite» da organi centrali in virtu' del principio di sussidiarieta'. Cio' e' accaduto sin dalla sentenza fondante n. 303 del 2003, nella quale espressamente si afferma che «per giudicare se una legge statale che occupi questo spazio sia invasiva delle attribuzioni regionali o non costituisca invece applicazione dei principi di sussidiarieta' e adeguatezza diviene elemento valutativo essenziale la previsione di un'intesa fra lo Stato e le regioni interessate, alla quale sia subordinata l'operativita' della disciplina» (punto 4.1 in diritto): ed e' esattamente questo valore che nella stessa sentenza viene attribuito all'intesa regionale rispetto al Programma delle opere strategiche approvato dal CIPE in base alla legge n. 443 del 2001. Questo principio e' stato ribadito proprio in relazione alla materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia elettrica» dalla sentenza n. 6 del 2004, nella quale la legittimita' costituzionale della normativa statale impugnata e' stata affermata proprio in ragione della circostanza che «l'autorizzazione ministeriale per il singolo impianto "e' rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano le amministrazioni statali e locali interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalita' di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, d'intesa con la regione interessata"» (punto 7 in diritto). Ed in questa occasione la Corte ha sottolineato che si deve trattare di «un'intesa "forte", nel senso che il suo mancato raggiungimento costituisce ostacolo insuperabile alla conclusione del procedimento - come, del resto, ha riconosciuto anche l'Avvocatura dello Stato - a causa del particolarissimo impatto che una struttura produttiva di questo tipo ha su tutta una serie di funzioni regionali relative al governo del territorio, alla tutela della salute, alla valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, al turismo, etc.». Anche la sentenza n. 62/2005, che riguarda la questione dello stoccaggio dei rifiuti nucleari, ribadisce che, quando gli interventi necessari realizzati dallo Stato in vista di interessi unitari di tutela ambientale «concernono l'uso del territorio, e in particolare la realizzazione di opere e di insediamenti atti a condizionare in modo rilevante lo stato e lo sviluppo di singole aree, l'intreccio, da un lato, con la competenza regionale concorrente in materia di governo del territorio, oltre che con altre competenze regionali, dall'altro lato con gli interessi delle popolazioni insediate nei rispettivi territori, impone che siano adottate modalita' di attuazione degli interventi medesimi che coinvolgano, attraverso opportune forme di collaborazione, le regioni sul cui territorio gli interventi sono destinati a realizzarsi (cfr. sentenza n. 303 del 2003)» (punto 16 diritto). Di seguito la sentenza rileva che nel caso era stato prevista sulla individuazione del sito l'intesa con la Conferenza unificata, e valuta come corretta questa previsione. Essa tuttavia prosegue osservando che «quando pero', una volta individuato il sito, si debba provvedere alla sua "validazione", alla specifica localizzazione e alla realizzazione dell'impianto, l'interesse territoriale da prendere in considerazione e a cui deve essere offerta, sul piano costituzionale, adeguata tutela, e' quello della regione nel cui territorio l'opera e' destinata ad essere ubicata», e che «non basterebbe piu', a questo livello, il semplice coinvolgimento della Conferenza unificata, il cui intervento non puo' sostituire quello, costituzionalmente necessario, della singola regione interessata» (punto 17 in Diritto). Il principio della necessaria intesa con la regione interessata viene ulteriormente ribadito - in un giudizio promosso da questa provincia - con la sentenza n. 383 del 2005, in relazione alla individuazione delle infrastrutture e degli insediamenti strategici, ove pure si afferma la necessita' «che anche tale individuazione sia effettuata d'intesa con le regioni e le province autonome interessate» (punto 25 in Diritto). Si puo' infine segnalare che la stessa Commissione parlamentare per le questioni regionali, nel parere del 29 luglio 2009, ha chiesto che «si ripristini il testo originario del decreto-legge che prevedeva l'intesa con le regioni e le province autonome interessate non solo per l'individuazione degli interventi relativi alla produzione dell'energia, ma anche per l'individuazione degli interventi relativi alla trasmissione e alla distribuzione dell'energia da realizzare con capitale privato, per i quali ricorrano particolari ragioni di urgenza in riferimento allo sviluppo socio-economico». Ne risulta confermata l'illegittimita' delle norme censurate, in subordine ai motivi fondati sullo statuto e sulle norme di attuazione, per violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., e del principio di leale collaborazione, nella parte in cui non prevedono un'intesa «forte» della provincia sia per l'atto di individuazione degli interventi relativi alla trasmissione ed alla distribuzione dell'energia sia per l'atto di nomina dei commissari sia per gli atti adottati dai commissari. Infine, il sistema provinciale di realizzazione degli interventi relativi alla distribuzione dell'energia, fondato sugli articoli 1-ter e 2 del d.P.R. n. 235 del 1909 e sul Piano provinciale di distribuzione approvato con delibera n. 882 dell'11 aprile 2003 assicura in modo adeguato il necessario coinvolgimento degli enti locali del territorio, non assicurato invece negli stessi termini dalle disposizioni qui impugnate. 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 99-bis, comma 5, secondo, terzo e quarto periodo. Come esposto in narrativa, le norme impugnate prevedono un potere sostanzialmente regolamentare del Presidente del Consiglio dei ministri al fine di fissare «i criteri per la rideterminazione, a decorrere dall'anno 2009, dell'ammontare dei proventi spettanti a regioni e province autonome, compatibilmente con gli statuti di autonomia delle regioni ad autonomia speciale e delle citate province autonome, ivi compresi quelli afferenti alla compartecipazione ai tributi erariali statali». Lo scopo e' quello di «garantire disponibilita' finanziarie complessivamente non inferiori a 300 milioni di euro annui», destinate «ad un fondo da istituire nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze per le attivita' di carattere sociale di pertinenza regionale»; si prevede poi che il Ministro dell'economia e delle finanze provvede ad attuare con proprio decreto i criteri stabiliti dalla Conferenza Stato-Regioni per la distribuzione delle risorse in questione. Per giustificare tale potere regolamentare l'art. 9-bis, comma 5, invoca lo «scopo di assicurare la tutela dei diritti e delle prestazioni sociali fondamentali su tutto il territorio nazionale», cioe' una competenza statale esclusiva ai sensi dell'art. 117, secondo comma, della Costituzione. In realta', tuttavia, e' evidente che l'art. 9-bis, comma 5, non definisce alcun livello essenziale delle prestazioni sociali ma si limita a prevedere un fondo «per le attivita' di carattere sociale di pertinenza regionale», e che dunque la norma non puo' ricondursi alla competenza statale di cui all'art. 1l7, secondo comma, lettera m) ma incide sulle materie della finanza regionale e dei servizi sociali. L'art. 9-bis, comma 5, contiene, come visto, una clausola di salvaguardia delle autonomie speciali, ma si tratta di una clausola di difficile applicazione, perche' la disposizione presuppone che, comunque, anche le province autonome debbano essere coinvolte dalla rideterminazione, a decorrere dall'anno 2009, dell'ammontare dei proventi spettanti a regioni e province autonome», come conferma anche l'ultimo periodo del comma 5, che prevede «la distribuzione delle risorse di cui al presente comma tra le singole regioni e province autonome». Ora, il comma 5 richiede che la rideterminazione avvenga «compatibilmente con gli statuti di autonomia»: ma il punto e' che nessuna rideterminazione dei proventi spettanti alla Provincia di Trento puo' essere compiuta legittimamente con d.P.C.m., cioe' con un atto sostanzialmente regolamentare. Infatti, come noto le entrate delle province autonome sono regolate dagli artt. 69 ss. dello Statuto speciale, integrato dalla legge n. 386/1989 e dal d.lgs. n. 268/1992, e tutte tali fonti non sono modificabili o derogabili dalla legge ordinaria e tanto meno da un atto sostanzialmente regolamentare. Modifiche ed integrazioni di tale disciplina possono avvenire solo con fonte primaria e con il consenso delle province autonome, come risulta dall'art. 104 dello statuto e dall'art. 107, che disciplina il procedimento di attuazione statutaria. In particolare, i proventi «afferenti alla compartecipazione ai tributi erariali statali», specificamente menzionati dal comma 5 sono regolati dagli artt. 75 e 78 dello statuto speciale e dagli artt. 5, 6, 7, 9, 10 e 11 del d.lgs. n. 268/1992. Dunque, l'art. 9-bis, comma 5, secondo periodo, e' illegittimo per violazione delle norme - sopra citate - che configurano l'autonomia finanziaria della Provincia di Trento e degli artt. 104 e 107 dello statuto, che prevedono fonti primarie e «condivise» per la modifica e l'integrazione della disciplina statutaria. L'art. 104, comma primo, in particolare richiede necessariamente un preventivo accordo tra il Governo e la regione o le province autonome affinche' sia consentito introdurre con legge ordinaria modificazioni al predetto Titolo VI dello statuto speciale. Dunque, neppure una legge ordinaria (non concordata con la provincia) potrebbe fissare «i criteri per la rideterminazione, a decorrere dall'anno 2009, dell'ammontare dei proventi spettanti a regioni e province autonome», e tanto meno puo' farlo un atto sostanzialmente regolamentare: di qui anche la violazione dell'art. 117, sesto comma, che limita i regolamenti statali alle materie di competenza esclusiva dello Stato. In virtu' del principio consensuale che domina la materia dei rapporti finanziari Stato-regioni speciali (su cio' v. il motivo 4), il secondo periodo del comma 5 dovrebbe prevedere l'accordo con le province autonome per quanto attiene alla compatibilita' del d.P.C.m. con l'autonomia finanziaria delle province stesse. Non e' certo sufficiente, per soddisfare il principio di leale collaborazione, la previsione del parere della Conferenza Stato-regioni e del parere espresso in sede di tavolo di confronto di cui all'art. 27, comma 7, legge n. 42 del 2009. Converra' ricordare, per una migliore comprensione, che secondo tale ultima disposizione, «al fine di assicurare il rispetto delle norme fondamentali della presente legge e dei principi che da essa derivano, nel rispetto delle peculiarita' di ciascuna regione a statuto speciale e di ciascuna provincia autonoma, e' istituito presso la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione del principio di leale collaborazione, un tavolo di confronto tra il Governo e ciascuna regione a statuto speciale e ciascuna provincia autonoma, costituito dai Ministri per i rapporti con le regioni, per le riforme per il federalismo, per la semplificazione normativa, dell'economia e delle finanze e per le politiche europee nonche' dai Presidenti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome». A parte la circostanza che si tratta qui di pareri e non di un'intesa, essi non potrebbero in ogni caso supplire al difetto dell'accordo con la Provincia autonoma di Trento, nei termini sopra illustrati. Di qui comunque l'illegittimita' della disposizione impugnata. Inoltre, il secondo periodo del comma 5 viola il principio di legalita' sostanziale, dato che l'unico criterio contenuto nella disposizione legislativa e' di tipo quantitativo: il d.P.C.m. deve «garantire disponibilita' finanziarie complessivamente non inferiori a 300 milioni di euro annui e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica». La violazione del principio di legalita' sostanziale nella previsione di un atto governativo limitativo dell'autonomia della provincia si traduce in lesione delle prerogative costituzionali di questa, come piu' volte ha riconosciuto codesta Corte. Cosi', la sent. n. 425/2004 ha dato atto che in forza del principio di legalita' sostanziale «l'esercizio di un potere politico-amministrativo incidente sull'autonomia regionale (nonche' sull'autonomia locale) puo' essere ammesso solo sulla base di previsioni legislative che predeterminino in via generale il contenuto delle statuizioni dell'esecutivo, delimitandone la discrezionalita' (cfr. sentenze n. 150 del 1982, n. 384 del 1992, n. 301 del 2003)». La legittimazione delle regioni a far valere la violazione del principio di legalita' sostanziale risulta anche dalle sentt. 425/1999 («tale principio... costituisce un aspetto della loro [delle regioni] stessa posizione che queste ultime sono abilitate a difendere nel giudizio costituzionale») e 355/1992. Il terzo ed il quarto periodo dell'art. 9-bis, comma 5, dispongono, rispettivamente che le risorse cosi' generate siano «assegnate ad un fondo da istituire nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze per le attivita' di carattere sociale di pertinenza regionale», e che in sede di Conferenza Stato-regioni «sono stabiliti, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al secondo periodo del presente comma, criteri e modalita' per la distribuzione delle risorse di cui al presente comma tra le singole regioni e province autonome, che il Ministro dell'economia e delle finanze provvede ad attuare con proprio decreto». Ad avviso della ricorrente provincia autonoma, tali disposizioni sono anch'esse illegittime in quanto prevedono un fondo settoriale in una materia che rientra nella competenza piena della provincia, ai sensi dell'art. 117, quarto comma, e dell'art. 101 Cost. 3/2001 (v., ad es., la recente sent. 209/2009, riguardante proprio la Provincia di Trento), con l'anomalia dell'istituzione del fondo «nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze», anziche' presso il Ministero competente. Ne' questo fondo si puo' giustificare in virtu' del principio di sussidiarieta', dato che nessuna esigenza unitaria risulta dalla legge che, anzi, parla espressamente di «attivita' di carattere sociale di pertinenza regionale». L'illegittimita' non viene meno per il fatto che «criteri e modalita' per la distribuzione delle risorse di cui al presente comma tra le singole regioni e province autonome» sono fissati dalla Conferenza Stato-regioni: comunque, ne risulta un condizionamento per l'autonomia provinciale nella materia dei servizi sociali. Dunque, il terzo ed il quarto periodo sono illegittimi per violazione dell'autonomia finanziaria della provincia, quale risulta dalle norme sopra citate (dato che una quota dei proventi generali della provincia viene destinata dallo Stato al settore dei servizi sociali) e dell'autonomia legislativa della provincia nella materia dei servizi sociali (dato che le scelte della provincia in questa materia sono destinate ad essere condizionate dalla delibera della Conferenza). Infine, si puo' osservare che risulta paradossale - e quasi irridente - cercare di giustificare l'istituzione di un fondo statale settoriale in materia regionale con l'intento di anticipare l'«attuazione delle misure connesse alla realizzazione di un sistema di federalismo fiscale»: non a caso, la Commissione parlamentare per le questioni regionali, nel parere del 29 luglio 2009, ha sottolineato «l'opportunita' di verificare la effettiva coerenza della disposizione di cui al comma 5 - relativa alla costituzione di un fondo per le attivita' di carattere sociale di pertinenza regionale alimentato dai risparmi conseguenti la rideterminazione dell'ammontare dei proventi spettanti a regioni e province autonome, compresi quelli derivanti dalle compartecipazioni ai tributi erariali - con i principi dettati dalla legge n. 42/2009 e con il disegno generale avviato dalla legge stessa basato sull'autonomia di entrata e di spesa di ciascun ente, nonche' sulla copertura delle spese per il finanziamento delle funzioni considerate essenziali attraverso il gettito di entrate tributarie secondo aliquote fissate al livello minimo sufficiente ad assicurare il pieno finanziamento del fabbisogno in una singola regione». 3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 13-bis, comma 8. Il comma 1 dell'art. 13-bis istituisce, a certe condizioni, un'imposta straordinaria sulle attivita' finanziarie e patrimoniali detenute fuori del territorio dello Stato. Il comma 8 dispone che «le maggiori entrate derivanti dal presente articolo affluiscono ad un'apposita contabilita' speciale per essere destinate» all'attuazione della manovra di bilancio per gli anni 2010 e seguenti. L'art. 13-bis non menziona specificamente le province autonome, per cui non e' chiaro se realmente tale disposizione intenda sottrarre alla provincia le entrate tributarie derivanti dall'applicazione dell'art. 13-bis e relative a soggetti residenti (o aventi sede) nel territorio provinciale. In tale situazione di non chiarezza dovrebbe, infatti, prevalere l'interpretazione che fa salva l'autonomia finanziaria della provincia come definita dallo statuto. La presente impugnazione e' dunque prospettata per l'ipotesi che la disposizione del comma 8 vada intesa nel senso di riservare al bilancio statale anche la quota delle entrate di competenza della provincia. In questo caso, infatti, essa lederebbe l'autonomia finanziaria della provincia, regolata dal Titolo VI dello statuto speciale, integrato dalla legge n. 386/1989 e dal d.lgs. n. 268/1992. In particolare, il comma 8 violerebbe l'art. 75, comma 1, lettera g) dello statuto, secondo cui spettano alle province «i nove decimi di tutte le altre entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate», e gli artt. 9 e 10, commi 6 e 7, d.lgs. n. 268/1992, in quanto esso riserverebbe allo Stato la quota di spettanza della provincia in assenza dei presupposti indicati da tali disposizioni. L'art. 9, in particolare, stabilisce che «il gettito derivante da maggiorazioni di aliquote o dall'istituzione di nuovi tributi» e' riservato allo Stato da un lato «se destinato per legge, per finalita' diverse da quelle di cui al comma 6 dell'art. 10 e al comma 1, lettera b), dell'art. 10-bis, alla copertura, ai sensi dell'art. 81 della Costituzione, di nuove specifiche spese di carattere non continuativo che non rientrano nelle materie di competenza della regione o delle province, ivi comprese quelle relative a calamita' naturali», dall'altro «purche' risulti temporalmente delimitato, nonche' contabilizzato distintamente nel bilancio statale e quindi quantificabile». Ora, pare chiaro che la destinazione delle nuove entrate tributarie (stabilita dall'art. 16, comma 3, richiamato dall'art. 13-bis, comma 8), «in conformita' alle indicazioni contenute nel Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2010-2013, all'attuazione della manovra di bilancio per gli anni 2010 e seguenti», non concreta alcuno dei presupposti di cui all'art. 9, d.lgs. n. 268/1992, non essendo previsti ne' le «spese specifiche», ne' il «carattere non continuativo» ne' l'estraneita' alle materie regionali. Di qui l'illegittimita' della norma in questione. 4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 22, commi 2 e 3. Va premesso che l'art. 34, comma 3, legge n. 724/1994 ha stabilito, quale concorso delle province autonome al riequilibrio della finanza pubblica nazionale, che «la regione Valle d'Aosta e le Province autonome di Trento e Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio sanitario nazionale nei rispettivi territori, senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato utilizzando prioritariamente le entrate derivanti dai contributi sanitari ad esse attribuiti dall'art. 11, comma 9, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni, e, ad integrazione, le risorse dei propri bilanci». Quindi, in Provincia di Trento il servizio sanitario e' finanziato - essenzialmente - con le risorse generali che alla provincia spettano in virtu' delle norme che ne configurano l'autonomia finanziaria, cioe' in virtu' degli artt. 69 ss. dello statuto speciale, della legge n. 386/1989 e del d.lgs. n. 268/1992. Come noto, alle norme del Titolo VI dello statuto speciale non puo' derogare una legge ordinaria (se non col consenso delle province: art. 104 st.), cosi' come una legge non puo' derogare alle norme del d.lgs. n. 268/1992, dato che le norme di attuazione hanno competenza separata e riservata e forza prevalente rispetto alle leggi, in base a consolidata giurisprudenza costituzionale. Dunque, le risorse che affluiscono al bilancio provinciale in base alle norme statutarie e di attuazione non possono essere «distratte» da una legge ordinaria e destinate ad uno scopo da questa definito. Questo e' invece esattamente l'effetto prodotto dall'art. 22, comma 3. Le «economie conseguenti alle disposizioni di cui all'art. 13, comma 1, lettera b), del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, e all'attivita' amministrativa dell'Agenzia italiana del farmaco nella determinazione del prezzo dei medicinali equivalenti» non sono economie che si producono in relazione a risorse statali, che lo Stato ha erogato alla Provincia di Trento per il finanziamento del servizio sanitario, ma sono economie che si producono in relazione a risorse proprie della provincia, che la provincia, «senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato» (cosi' l'art. 34 sopra citato) ha destinato al servizio sanitario. Ne' varrebbe replicare che tali economie si producono in forza della legge statale. La non fondatezza di tale argomento si rivela solo che si pensi che l'azione dello Stato, che questa volta viene a determinare un risparmio, altre volte viene invece a determinare un maggior costo, ad esempio in caso di espansione dei livelli essenziali delle prestazioni: ed a tale maggior costo la provincia deve far fronte con le proprie risorse, senza poter contare su alcuna contribuzione da parte dello Stato. Allo stesso modo, dunque, la provincia nulla ha da dare ove la decisione dello Stato produca un risparmio. E' evidente, dunque, che la provincia deve far fronte con i propri mezzi al costo del servizio sanitario, e che la circostanza che tale costo possa essere influenzato in piu' o (come in questo caso) in meno da decisioni statali non incide affatto sulla esclusiva titolarita' provinciale delle somme che affluiscono al proprio bilancio in attuazione dello statuto e delle norme di attuazione. Il comma 3, dunque, la' dove prevede che «in sede di stipula del Patto per la salute e' determinata la quota che le regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano riversano all'entrata del bilancio dello Stato per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale», viola l'autonomia finanziaria della provincia perche' prevede che una quota delle risorse affluite alla provincia in attuazione delle norme statutarie e di attuazione siano attribuite allo Stato. Il legislatore costituzionale e le norme di attuazione hanno attribuito certe risorse alla Provincia di Trento e la legge ordinaria non puo' «espropriare» una quota di tali risorse a favore dello Stato, neppure se si tratta di risorse che erano destinate al finanziamento del servizio sanitario e che la provincia «risparmia» per effetto delle economie di cui all'art. 22, comma 3. Se la provincia gode di un risparmio per effetto delle economie di cui all'art. 22, comma 3, decidera' autonomamente come impiegare quelle risorse per migliorare il servizio sanitario ma non e' costituzionalmente legittimo che una legge statale attribuisca allo Stato risorse che spettano alla provincia in virtu' di norme statutarie e di attuazione. Si noti che la lesione non viene meno per il fatto che «la quota che le regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano riversano all'entrata del bilancio dello Stato» e' determinata in sede di stipula del Patto per la salute: in primo luogo, tale norma presuppone comunque un dovere di «girare» allo Stato risorse appartenenti al bilancio provinciale; in secondo luogo, il Patto per la salute e' concluso in sede di Conferenza Stato-regioni, per cui non si puo' parlare di un intervento codecisorio della Provincia di Trento neppure nella definizione del quantum. Dunque, l'art. 22, comma 3, e' incostituzionale in quanto prevede che anche la Provincia di Trento debba riversare una quota delle proprie risorse, ad esse spettanti in virtu' di norme non derogabili da leggi statali, al bilancio dello Stato, per effetto delle economie nella spesa farmaceutica. Ne', ancora, l'art. 22, commi 2 e 3, potrebbero giustificarsi invocando la necessita' di risanare la finanza pubblica ed il potere statale di coordinamento di essa. Le norme impugnate non mirano a produrre un risparmio per il bilancio statale ma sono norme di spesa, che istituiscono un fondo a destinazione vincolata ma generica («E' istituito un fondo con dotazione pari a 800 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010, destinato ad interventi relativi al settore sanitario, da definirsi con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali»). Dunque, le norme impugnate non realizzano alcun risparmio ma si limitano a «spostare» risorse: risorse che erano destinate alle regioni (ordinarie) per la spesa farmaceutica vengono riaccentrate allo Stato e destinate ad un fondo gestito a livello ministeriale. Come si puo' vedere, le norme impugnate non sono riconducibili al coordinamento della finanza pubblica. Esse rientrano nella materia della «tutela della salute» e, dunque, risultano illegittime anche perche' incidono sull'autonomia legislativa ed amministrativa della provincia in quella materia, autonomia risultante dall'art. 117, terzo comma, Cost. (in combinato con l'art. 10, legge cost. n. 3/2001) e dal d.P.R. n. 474/1975 ed esercitata con la l.p. n. 10/1993. Infatti, le norme impugnate sottraggono alla provincia risorse che essa impiegherebbe nella materia della sanita' e le attribuiscono ad un fondo statale, conferendo al Ministro il potere di definire gli «interventi relativi al settore sanitario» (a parte i «programmi dedicati alle cure palliative, ivi comprese quelle relative alle patologie degenerative neurologiche croniche invalidanti», previsti direttamente dall'art. 22, comma 2) da finanziare con il fondo: di qui un'inevitabile sovrapposizione di scelte ministeriali a quelle costituzionalmente spettanti alla competenza legislativa ed amministrativa della provincia. Ancora, le norme impugnate sono illegittime per violazione dell'art. 2, d.lgs. n. 266/1992, perche' pretendono di essere direttamente applicabili in materia di competenza provinciale (tutela della salute), imponendo alla provincia di destinare al bilancio statale una quota delle proprie risorse destinate al servizio sanitario. Nella denegata ipotesi in cui codesta Corte ritenga che anche la provincia debba rientrare nel meccanismo istituito dall'art. 22, il primo periodo del comma 2 sarebbe comunque illegittimo nella parte in cui prevede il parere e non l'intesa della Conferenza Stato-regioni. Infatti, poiche' il fondo istituito attiene a materia di competenza regionale, il principio di leale collaborazione impone che la competenza statale sia esercitata con un coinvolgimento «forte» della Conferenza Stato-regioni, in base a consolidata giurisprudenza costituzionale. Inoltre, il comma 3 dell'art. 22 sarebbe illegittimo nella parte in cui non prevede un'intesa con la provincia per la quantificazione concreta dell'obbligazione gravante su di essa, per violazione dell'autonomia finanziaria provinciale e del principio di leale collaborazione. E' noto che tutto il regime dei rapporti finanziari fra Stato e regioni speciali e' dominato dal principio dell'accordo. Cio' risulta - a livello normativo - dallo stesso art. 104 dello statuto, dalla previsione dell'accordo per la determinazione della quota variabile, dalla competenza delle norme di attuazione a definire i rapporti finanziari Stato-regioni speciali, dalla previsione dell'accordo - nelle leggi finanziarie degli ultimi anni - per la definizione delle spese delle regioni speciali. Ma anche codesta Corte costituzionale ha piu' volte confermato quel principio. Cosi', ad es., la sent. n. 82 del 2007 ha riconosciuto che «la previsione normativa del metodo dell'accordo tra le regioni a statuto speciale e il Ministero dell'economia e delle finanze, per la determinazione delle spese correnti e in conto capitale, nonche' dei relativi pagamenti, deve considerarsi un'espressione» della «speciale autonomia in materia finanziaria di cui godono le predette regioni, in forza dei loro statuti» (punto 6 del Diritto); e nella sent. n. 353 del 2004 la Corte ha affermato che il metodo dell'accordo (sempre per la determinazione delle spese), introdotto per la prima volta dalla legge finanziaria per il 1998 e riprodotto in tutte le leggi finanziarie successivamente adottate, deve essere tendenzialmente preferito ad altri, dato che «la necessita' di un accordo tra lo Stato e gli enti ad autonomia speciale nasce dall'esigenza di rispettare l'autonomia finanziaria di questi ultimi» (v. anche la sent. 39/1984 e 98/2000).
P. Q. M. La Provincia autonoma di Trento, come sopra rappresentata e difesa chiede voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale della legge 3 agosto 2009, n. 102, recante Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1º luglio 2009, n. 78, «Provvedimenti anticrisi, nonche' proroga di termini, nelle parti, nei termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso. Trento-Padova-Roma, addi' 1º ottobre 2009 Prof. avv. Giandomenico Falcon - Avv. Nicolo' Pedarazzoli - Avv. Luigi Manzi