|
N. 81 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 1° luglio 2010. |
|
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 1° luglio 2010 (della Regione Emilia-Romagna).
(GU n. 30 del 28-7-2010) |
Ricorso della Regione Emilia-Romagna, in persona del Presidente
della Giunta Regionale, legale rappresentante pro tempore, sig. Vasco
Errani, rappresentata e difesa per mandato speciale a margine dal
prof. avv. Franco Mastragostino e dall'avv. Luigi Manzi, ed
elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo in Roma,
via Confalonieri, n. 5, giusta deliberazione G.R. progr. n. 566 del
24 maggio 2010, di autorizzazione alla promozione del giudizio.
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, per la
declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 4 (Fondo per
interventi a sostegno della domanda in particolari settori) commi 6,
7, 8, del d.l. 25 marzo 2010 n. 40, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 71 del 26 marzo 2010, avente ad oggetto: «Disposizioni
tributarie e finanziarie urgenti in materia di contrasto alle frodi
fiscali internazionali e nazionali operate, tra l'altro, nella forma
dei cosi' detti "caroselli" e "cartiere", di potenziamento e
razionalizzazione della riscossione tributaria anche in adeguamento
alla normativa comunitaria di destinazione dei gettiti recuperati al
finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della domanda in
particolari settori», nella parte in cui le disposizioni impugnate
dispongono la revoca del finanziamento statale previsto per l'opera
«Sistema di trasporto rapido di massa a guida vincolata (metro') per
la citta' di Parma», disponendo la riassegnazione delle somme e
rimettendo ad una transazione la tacitazione di ogni pretesa del
soggetto affidatario, mediante indennizzo.
F a t t o
Nel contesto di disposizioni dalle finalita' piu' varie, di
natura finanziaria e tributaria, ritenute urgenti, nel d.l. citato in
premessa sono inserite ad un certo punto dell'art. 4 (che riguarda
l'istituzione di un Fondo per il sostegno della domanda finalizzata
ad obiettivi di efficienza energetica, ecocompatibilita', e di
miglioramento della sicurezza del lavoro e, di seguito, interventi a
sostegno della domanda in settori in crisi), tre disposizioni,
articolate nei commi 6, 7, 8, che riguardano: a) la revoca del
finanziamento statale gia' concesso e deliberato dal CIPE, per la
realizzazione del metro' del Comune di Parma; b) la disposizione del
riutilizzo, per diverse finalita', delle disponibilita' derivanti
dalla liberazione delle predette risorse, e cio' al netto degli
importi che saranno necessari a far fronte agli obblighi giuridici
sorti a seguito della gia' avvenuta individuazione del soggetto
attuatore (societa' Metro Parma S.p.a., costituita dal Comune di
Parma) e del Contraente Generale, cosi' come saranno determinati, a
titolo di indennizzo, a tacitazione di ogni pretesa e diritto, in
sede di transazione fra quest'ultimo e il soggetto attuatore, per
l'affidamento sorto e risolto ope legis con la disposizione citata
(comma 7); c) la disposizione secondo cui (comma 8) con decreto del
Ministero dell'economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro
competente, la quota di finanziamento statale residua, puo' essere
devoluta integralmente, su richiesta dell'ente pubblico di
riferimento del beneficiario originario, ad altri investimenti
pubblici e qualora sia devoluta a tale ente pubblico una quota parte,
la parte residua e' utilizzata per le finalita' del comma 6, vale a
dire e' trasferita al «Fondo per le infrastrutture portuali» per la
prima volta istituito con il predetto comma, per essere utilizzata
«come spesa ripartita in favore delle Autorita' Portuali».
In buona sostanza, con disposizione unilaterale del Governo viene
disposta la revoca di un finanziamento statale (che, vedremo, gia'
deliberato dal CIPE nel 2005), suscettibile di azzerare la
realizzazione di un'opera che appartiene al novero degli interventi
strategici, concordati fra Stato e Regione Emilia-Romagna,
nell'ambito della speciale procedura prevista per la realizzazione
del programma degli interventi facenti parte della legge obiettivo n.
443/2001. E cio' in un quadro di decisioni intercorse unicamente fra
il Comune di Parma e alcune Autorita' centrali, completamente al di
fuori degli accordi quadro che sono stati stipulati fino dal 2003 fra
Stato e Regione, in totale spregio e violazione delle competenze che
spettano alla Regione in materia, la quale risulta non solo
pretermessa in ordine alla diversa valutazione che e' emersa e che
porta all'annullamento di un'opera assolutamente strategica per il
territorio regionale, ma anche pregiudicata in ordine allo storno di
risorse, la cui destinazione non puo' essere unilateralmente decisa
dall'ente locale di riferimento, ovvero dalle sole Autorita'
ministeriali, pena la grave violazione della legge, del procedimento
speciale da essa previsto e fino ad un certo punto seguito e dei
principi di leale collaborazione e congiunta attuazione di un
programma definito dalla legge di preminente interesse congiuntamente
statale e regionale. Con riflessi dell'intera operazione suscettibili
di rilevare sul piano del danno erariale.
Sui presupposti di fatto, illustrativi degli accordi
Stato-Regione e delle procedure seguite per l'individuazione
dell'opera di cui e' questione e del consequenziale interesse della
Regione Emilia-Romagna alla presente impugnazione per illegittimita'
costituzionale in via principale.
E' bene ripercorrere gli antecedenti fattuali della vicenda.
La cd. legge obiettivo, n. 443/2001, delegava il Governo, «nel
rispetto delle attribuzioni costituzionali delle Regioni» (art.1) ad
«individuare le infrastrutture pubbliche e private e gli insediamenti
produttivi e strategici e di preminente interesse nazionale da
realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese»,
disponendo che l'individuazione di dette infrastrutture sia operata a
mezzo di un «Programma predisposto dal Ministero delle
Infrastrutture, di intesa con i Ministri competenti e le regioni
interessate, e poi inserito nel documento di Programmazione Economica
e Finanziaria, con l'indicazione degli stanziamenti necessari per la
loro realizzazione», prevedendosi la sua approvazione da parte del
CIPE entro il 31 dicembre 2001. Effettivamente l'approvazione del
Programma e' avvenuta, previo fattivo coinvolgimento della Regione
Emilia-Romagna e con l'accoglimento delle proposte infrastrutturali
previste per il proprio territorio, con deliberazione CIPE del 21
dicembre 2001 n. 121.
Ai sensi della legge n. 166/2002 (art.13, comma 3) gli interventi
inseriti nel Programma, con le indicazioni delle risorse disponibili
da reperire, dovevano essere compresi in una Intesa Generale Quadro,
avente validita' pluriennale, stipulata tra il Governo ed ogni
singola regione, al fine del congiunto coordinamento e realizzazione
delle opere.
In data 19 dicembre 2003 e' stata, quindi, sottoscritta l'Intesa
Generale Quadro fra Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e il
Presidente della Regione Emilia Romagna, nella quale le
infrastrutture interessanti il territorio emiliano-romagnolo,
comprese nel programma approvato dal CIPE il 21 dicembre 2001, sono
state definite di «preminente interesse strategico», sia di carattere
nazionale, che regionale. In detto contesto sono state integrate le
previsioni contenute nella delibera CIPE del 21 dicembre 2001 ed
inserito, fra gli altri, il progetto del trasporto rapido di massa
per la citta' di Parma, infrastruttura di interesse regionale per la
quale concorre l'interesse nazionale.
Da sottolineare che l'Intesa Generale Quadro e' stata formulata e
sottoscritta nella consapevolezza dei contenuti della sentenza di
codesta ecc.ma Corte n. 303 del 25 settembre 2003, intervenuta
proprio sulla legge obiettivo n. 443/2001, la quale chiariva che a
salvaguardia delle competenze regionali, costituzionalmente
garantite, era necessaria l'intesa con la singola regione
interessata, affermando, altresi', l'inefficacia nei confronti delle
regioni con le quali non fosse stata raggiunta l'intesa, del
Programma contenuto nella delibera CIPE n. 121 del 21 dicembre 2001.
Con successiva Intesa Generale Quadro (Atto aggiuntivo) del 17
dicembre 2007, sottoscritta fra Ministero delle Infrastrutture e
Trasporti e Regione Emilia-Romagna, nella ricognizione effettuata di
concerto fra Ministero e Regione nell'ottobre 2006 circa le
infrastrutture prioritarie per l'Emilia-Romagna, emergeva il quadro
delle priorita', approvato dal CIPE il 17 novembre 2006 e recepito
nel DPEF 2008/2012 All. G (cfr. il testo dell'Intesa 2007, pag. 5),
nell'ambito del quale veniva individuato, quale progetto strategico
di preminente interesse, fra gli altri, il «Trasporto rapido di massa
per la citta' di Parma: autostrada stazione FS- Campus universitario
(linea A) e completamento Barbieri (asta di manovra) Campus
Universitario - costo 306,8 Me. (Intesa 2007, pag.7).
Indi, con successiva Intesa Generale Quadro (Atto aggiuntivo) del
1º agosto 2008, per la parte che qui interessa, e' stata riconfermata
la rilevanza strategica delle infrastrutture gia' previste
nell'Intesa Generale Quadro sottoscritta il 19 dicembre 2003, e il
quadro delle priorita' circa le infrastrutture prioritarie per
l'Emilia-Romagna, fra le quali il Trasporto rapido (metropolitana) di
Parma, (cfr. pag.6 Intesa 2008, Reti metropolitane, punto 3), nonche'
confermata la rilevanza delle ulteriori infrastrutture individuate
con l'Atto aggiuntivo all'Intesa Quadro sottoscritta il 17 dicembre
2007.
Nell'ambito del Codice degli Appalti pubblici, di cui al d.lgs.
n. 163/2006, nella parte II, titolo II, Capo IV e' stata dettata la
speciale disciplina relativa alla progettazione, alla approvazione
dei progetti, alle procedure di aggiudicazione e realizzazione delle
infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale,
individuate a mezzo del programma di cui all'art. 1 della
legge-obiettivo n. 443/2001 e, in base all'art. 161 del medesimo
d.lgs. n. 163/2006, e' stato stabilito che per le opere per le quali
l'interesse regionale e' concorrente con il preminente interesse
nazionale, le Regioni interessate partecipano, con le modalita'
indicate nelle stesse Intese, alle attivita' di progettazione,
affidamento dei lavori, monitoraggio.
Sul piano operativo, la Regione Emilia-Romagna ha quindi
partecipato anche a tutte le fasi inerenti alle attivita' di
progettazione e monitoraggio sulla tipologia del progetto da
realizzare. In particolare, la regione ha espresso la propria
valutazione sul progetto preliminare del «sistema di trasporto rapido
di massa a guida vincolata per la citta' di Parma» con deliberazione
G. R. progr. n. 2069/2004, pronunciandosi favorevolmente, con
prescrizioni, anche sulla localizzazione dell'opera, limitatamente
alle linee A e C.
Nel contempo, proseguivano le fasi del finanziamento. Con
delibera del 27 maggio 2005 n. 64, il CIPE assegnava
programmaticamente all'intervento in questione un finanziamento, in
termini di volume di investimento, di 172.112.022,00 e, a valere
sulle risorse destinate all'attuazione del 1° Programma delle opere
strategiche.
Con delibera 2 dicembre 2005 n. 158, il CIPE prendeva atto ed
approvava la modifica del soggetto aggiudicatore, individuato nella
Societa' «Metro Parma S.p.a.», la cui costituzione e' stata promossa
dal Consiglio Comunale di Parma con oggetto sociale esclusivamente
rivolto alla progettazione e realizzazione dell'opera.
Veniva poi sviluppato un primo progetto definitivo, sul quale la
Regione Emilia-Romagna esprimeva il proprio parere, che veniva
trasmesso al Ministero delle infrastrutture e trasporti con note del
gennaio e del marzo 2006. Tale progetto definitivo veniva approvato,
con prescrizioni, con delibera CIPE n. 92 del 29 marzo 2006, ai sensi
dell'art. 4 del d.lgs. n. 190/2002; questo progetto e' quello che e'
stato posto a base della gara per individuare il contraente generale.
In seguito al recepimento di alcune esigenze emerse in seno
all'esperimento della gara stessa, veniva redatto, da Metro Parma
S.p.a., un nuovo progetto definitivo dell'intera infrastruttura,
interamente in variante e, quindi, concepito ex novo; tale nuovo
progetto e' stato trasmesso alla regione ai sensi dell'art. 166,
comma 3 del d.lgs. n. 163/2006 ed acquisito il 22 dicembre 2008. Sono
iniziate a questo punto le prime dissonanze nel comportamento dei
soggetti che a livello centrale sono coinvolti nel procedimento di
approvazione di tale opera.
Il Ministero delle infrastrutture e trasporti convocava la
conferenza di servizi, ex art. 166 del d.lgs. n. 163/2006
(finalizzata all'approvazione del progetto definitivo, in vista della
successiva approvazione dell'opera da parte del CIPE, che sostituisce
ogni altra autorizzazione e consente la realizzazione del progetto
approvato), che si apriva in data 20 febbraio 2009 e si concludeva il
13 aprile 2009, senza che la regione potesse esprimere il proprio
parere, anche per carenza della documentazione fornita; la regione,
invero, poteva esprimersi su tale nuovo progetto prima della seduta
programmata dal CIPE per il 31 luglio 2009, attraverso la nota PG.
2009/173574 del 30 luglio 2009 inviata al capo Dipartimento per la
programmazione economica e al Capo struttura tecnica del Ministero
infrastrutture e trasporti.
In sede di valutazione del progetto definitivo, la Regione
apprendeva che il nuovo progetto comportava una maggiorazione del
costo complessivo di 38.693.457,00 € rispetto a quello approvato nel
2006, differenza che sarebbe stata coperta, secondo il piano
economico finanziario, tenendo conto della disponibilita' di risorse
aggiuntive a fondo perduto dello Stato, che sono richieste a valere
sui fondi della legge obiettivo.
A questo punto e' da ritenere che sia intervenuta una trattativa,
di cui, peraltro, la regione non e' piu' stata messa a conoscenza e
rispetto alla quale essa ha potuto ricostruire la successione degli
eventi solo di recente, recuperandone il quadro complessivo
attraverso la scarna documentazione che e' stato possibile acquisire,
ma in assenza degli atti e dei provvedimenti - deliberazioni,
determine, pareri, note - che, e' da presumere, siano stati assunti
fra Comune di Parma, Ministero infrastrutture, Ministero
dell'economia e delle finanze, CIPE medesimo, sulla questione della
rinuncia alla realizzazione del progetto. Atti e provvedimenti
rispetto ai quali la Regione Emilia-Romagna ha recentemente inoltrato
alle Amministrazioni sopra citate formale istanza di accesso agli
atti, ai sensi degli artt. 22 e 23 della legge n. 241/1990, e sui
quali verra' valutata ogni opportuna azione a tutela degli interessi
pretermessi e di cui la regione e' garante.
Tornando alla ricostruzione dei fatti, preme sottolineare che il
Ministero infrastrutture e trasporti - Struttura Tecnica di Missione,
con nota informativa per il CIPE del 17 dicembre 2009, avente ad
oggetto: «Metropolitana di Parma - CIPE del 31 luglio 2009»,
evidenziava che «nella seduta CIPE del 31 luglio 2009 e' stata
sottoposta all'attenzione del Comitato l'approvazione, ai sensi
dell'art. 169 del d.lgs. n. 163/2006, secondo le modalita' dell'art.
166 del citato decreto, del progetto definitivo della Metropolitana
di Parma, comprensivo delle "varianti del sistema di trasporto rapido
di massa per la citta' di Parma: linee A e C" e l'assegnazione al
predetto intervento di un finanziamento di 34,70 milioni di euro, a
valere sul 15 dei fondi da destinare alle infrastrutture per le
regioni del centro-nord di cui all'art. 6-quinquies della legge n.
133/2009». Di seguito si dava, tuttavia, atto che «in tale seduta, e'
stato fatto esplicito riferimento all'art. 9-bis del decreto-legge n.
78/2009 che consente ai soggetti beneficiari dei mutui concessi dalla
Cassa DD. PP., interamente o parzialmente non erogati, di rinunciarvi
per destinare altrimenti le relative risorse». Tale riferimento,
oscuro, si chiariva successivamente, una volta venuta la regione in
possesso del documento che era stato predisposto per la seduta del
CIPE del 30 luglio 2009.
Avuto riguardo all'«Appunto generale per la seduta del CIPE del
31 luglio 2009», predisposto dal Dipartimento per la programmazione e
il coordinamento della politica economica - DIPE, datato 30 luglio
2009, seduta deputata alla «approvazione del progetto definitivo,
comprensivo delle Varianti del sistema di trasporto rapido di massa
per la Citta' di Parma: linee A e C e l'assegnazione al predetto
intervento di un finanziamento di 34,70 milioni di €», si evinceva,
infatti, la seguente situazione: dopo una sintetica descrizione degli
«Aspetti programmatici» e degli «Aspetti attuativi» e' evidenziato
«l'Aspetto finanziario», dal quale si desume che il costo dell'opera
e' pari a 341.497.023,00 €, la cui copertura e' cosi' articolata:
172.112.022,00 € assegnati con delibera CIPE n. 64/2005;
96.836.642,00 € assegnati dal Comune di Parma con delibera di
C.C. n. 1259/2004;
37.838.288,00 assegnati dal Comune di Parma con delibera G.C.
n. 1220/78 del 4 ottobre 2006;
la richiesta di finanziamento e' pari a 34.710.071,00 €.
Senonche', del tutto sorprendentemente, nel paragrafo finale
dell'appunto, avente ad oggetto «Esito della riunione preparatoria»
si da' atto che il Comune di Parma, soggetto beneficiario (del mutuo
concesso dalla Cassa DD.PP) «ha comunicato al Ministero dell'economia
e delle finanze l'intenzione di avvalersi della norma di cui al sopra
citato art. 9-bis del d.l. n. 78/2009» e che «alla luce di quanto
sopra il Ministero dell'economia e delle finanze ritiene che non si
debba procedere all'assegnazione di nuove risorse» e si aggiunge
infine che «in considerazione degli elementi emersi in seduta, in
particolare del fatto che la norma richiamata debba ancora essere
convertita in legge, si e' convenuto di sottoporre comunque
l'argomento all'approvazione del Comitato con i rilievi formulati dal
Ministero dell'economia e delle finanze».
In buona sostanza, e' emerso che il Comune di Parma ha
unilateralmente effettuato la rinuncia al finanziamento statale (non
si sa sulla base di quale atto deliberativo). E cio' con una
decisione che ha stravolto un impegno gia' programmato, approvato e
finanziato, rientrante fra gli obiettivi comuni del programma delle
infrastrutture e dei progetti strategici di preminente interesse
nazionale e concorrente interesse regionale, approvato dal CIPE il 21
dicembre 2001, individuato nell'ambito della Intesa Generale Quadro
sottoscritta tra il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e la
Regione Emilia-Romagna del 2003, confermata nel 2007 e nel 2008,
progetto rispetto al quale sussiste il coinvolgimento primario e
diretto della regione, quale partner dell'intesa a cio' preordinata.
Chiaramente nell'ambito di tali specifiche Intese, il Comune
interessato dall'intervento non avrebbe potuto (e non puo')
esercitare alcuna indipendente e del tutto autonoma azione, avulsa da
una congiunta, reciproca, condivisa valutazione con la regione in
ordine a tutte le vicende che abbiano ad oggetto i progetti e le
infrastrutture, parte del programma di realizzazione comune
Stato/regione; per di piu' la decisione del Comune di Parma di
rinunciare ad una quota del finanziamento, con innegabili riflessi
sulla prosecuzione della attuazione dell'opera, e' avvenuta ed e'
stata effettuata sulla base di una malintesa applicazione dell'art.
9-bis del d.l. n. 78/2009 ed e' stata attivata ad attuata al di fuori
dei percorsi procedimentali definiti nell'Intesa Quadro Generale del
2003 e successivi Atti integrativi, sulla base di atti, pareri,
eventuali altre determinazioni CIPE o del Ministero infrastrutture,
che sono completamente ignoti alla Regione Emilia-Romagna e sui quali
essa intende doverosamente far luce.
Ulteriore passo e' stata, infine, l'emanazione del d.l. cd.
«incentivi» del 25 marzo 2010, n. 40, che, nel disporre, all'art. 4,
comma 7 la revoca del finanziamento statale dell'opera «Sistema di
trasporto rapido di massa a guida vincolata per la citta' di Parma» e
nel disciplinarne gli effetti nei confronti di tutti i rapporti
convenzionali stipulati dal soggetto aggiudicatore con il contraente
generale, prevedendo un indennizzo a favore del secondo, mediante
apposita transazione (comma 7), nonche' prevedendo il riutilizzo, per
diverse finalita', delle disponibilita' derivanti dalla risoluzione
della convenzione finalizzata alla realizzazione dell'opera (comma
8), non contribuisce certo a chiarire gli aspetti procedimentali in
relazione ai quali sono sorti gli interrogativi sopra evidenziati, ma
anzi rappresenta la conclusione di una procedura del tutto inusitata,
che presenta numerosi profili di illegittimita' costituzionale.
D i r i t t o
Le disposizioni sopra citate, commi 6, 7, e 8 dell'art. 4 sono
suscettibili di concretare plurime violazioni sul piano
costituzionale. Esse sono illegittime per violazione dell'art. 70 (la
funzione legislativa appartiene alle Camere), 77 (carenza dei
presupposti per poter essere oggetto di un d.l.), 117, terzo e quarto
comma, (competenza regionale concorrente e residuale), 118
(sussidiarieta'), 97 Cost. (buon andamento azione amministrativa e
razionalita' della spesa).
1) Violazione degli artt. 70 e 77 Cost.
E' ben noto alla ricorrente che la giurisprudenza di questa Corte
e' ferma nel ritenere inammissibili le questioni di legittimita'
sollevate per contravvenzione di norme costituzionali non attinenti
alle attribuzioni delle regioni, qualora tali infrazioni non
riverberino a loro volta sulle attribuzioni regionali: le regioni
sono legittimate a denunciare la violazione di norme costituzionali,
non relative al riparto di competenze con lo Stato, solo quando tale
violazione comporti un'incisione diretta o indiretta delle competenze
attribuite dalla Costituzione alle Regioni stesse (sentenze nn. 4 e
287 del 2004, n. 274 del 2003 e n. 373 del 1997). Spesso percio' non
si e' consentito alle Regioni di opporsi ad atti dello Stato assunti
in deviazione talvolta macroscopica dalle regole costituzionali e
dalle norme dei regolamenti parlamentari. Nel presente caso, pero',
sembrano emergere con chiarezza le strette connessioni e
l'interdipendenza causale che sussiste tra infrazione delle norme
costituzionali e violazione delle attribuzioni regionali, con
specifico riferimento alle attribuzioni della regione ricorrente.
Va, innanzitutto, evidenziato come l'abuso dello strumento della
decretazione di urgenza possa acquisire rilievo rispetto agli
interessi della regione.
Come una giustamente rinomata sentenza di questa ecc.ma Corte ha
avuto modo di affermare, in relazione alla emanazione di decreti
legge manifestamente privi dei presupposti richiesti dalla norma
costituzionale di cui all'art. 77 Cost., il rispetto del riparto
delle attribuzioni tra i «poteri dello Stato» assume rilievo non
soltanto per gli organi che di questi poteri sono titolari, ma anche
per l'intera collettivita', poiche' «la suddetta disciplina e' anche
funzionale alla tutela dei diritti e caratterizza la configurazione
del sistema costituzionale nel suo complesso» (sent. n. 171/2007).
Infatti, in uno Stato costituzionale di diritto il principio della
separazione dei poteri costituisce la somma garanzia delle liberta' e
dei diritti costituzionali.
Se cio' vale per la comunita' nel suo complesso, dal punto di
vista particolare della regione, il rispetto della centralita' del
procedimento parlamentare nell'esercizio della funzione legislativa
e' di fondamentale rilievo, perche' e' solo attraverso il dibattito
pubblico, che costituisce la principale e insostituibile
caratteristica che conferisce valore alla procedura nelle Assemblee
parlamentari, che gli interessi pubblici possono essere rappresentati
e tenuti nel debito conto nell'assunzione delle decisioni collettive.
Gli interessi che trovano eco nel dibattito parlamentare non possono
non essere anche quelli territoriali di cui le regioni sono «enti
esponenziali» (cosi' gia' Corte cost. sent. nn. 892/1988, 72 e
251/1993). Del resto, che la rappresentanza parlamentare sia di
particolare significato per le Regioni e' ben dimostrato dallo stesso
art. 57 Cost., che prescrivendo che il Senato sia eletto su base
regionale, sta proprio ad indicare come la rappresentanza degli
interessi territoriali trovi luogo e strumento necessari nel processo
legislativo. Percio', che la norma che incide nelle sue attribuzioni
sia formata attraverso il regolare procedimento parlamentare o sia
emanata attraverso la decretazione d'urgenza, non e' affatto
indifferente per la regione interessata.
Cio' sembra gia' di per se' sufficiente ad ammettere l'interesse
diretto della regione a contestare l'introduzione, in un
decreto-legge, di una disposizione che la riguarda direttamente e che
e' palesemente sprovvista dei requisiti della necessita' ed urgenza.
Infatti, i tre commi impugnati dell'art. 4 costituiscono un corpo
estraneo in un decreto-legge la cui necessita' e urgenza e' motivata
dalla contingenza della crisi economica, ma rispetto alla quale ne'
la risoluzione di una convenzione per la realizzazione di un'opera
pubblica, ne' il reinvestimento delle somme che ne residuano, assume
alcuna rilevanza. Infatti, le disposizioni impugnate rappresentano
un'isola a se' stante, che non comunica con il resto del
provvedimento; lo stesso fondo che essa istituisce, e che verra'
finanziato con importi residuati dalla cancellazione dell'opera
programmata, non entra affatto a sostenere gli altri interventi
previsti per i settori in crisi. Inoltre, la norma non e' affatto
destinata a produrre effetti immediati, perche', come evidenzia la
stessa relazione governativa al decreto-legge, solo a conclusione
dell'intero procedimento amministrativo, della transazione con
l'affidatario contraente generale e delle decisioni autonomamente
assunte dalla Amministrazione comunale, si potra' conoscere
l'ammontare degli importi reinvestibili. Per cui, in sintesi, la
norma impugnata nulla c'entra con il titolo del decreto-legge, ne'
con il suo oggetto, ne' con le motivazioni addotte per giustificarne
la straordinarieta', la necessita' e l'urgenza.
Nel caso di specie poi, il generale interesse delle regioni al
rispetto delle attribuzioni parlamentari e la delimitazione rigorosa
della decretazione di urgenza assume una colorazione del tutto
peculiare.
Appare evidente, infatti, che il Governo e' ricorso
all'espediente di inserire le disposizioni contestate nel corpo di un
decreto-legge, per rivestire della forza di legge una decisione che
non ha alcuna natura normativa, ma costituisce un semplice
provvedimento amministrativo: e cio' al solo scopo di aggirare le
procedure di leale collaborazione a cui avrebbe dovuto altrimenti
attenersi. La giurisprudenza di questa ecc.ma Corte ha costantemente
affermato, infatti, che per il legislatore ordinario non possono
sussistere obblighi di leale collaborazione, salvo che non sia
possibile farli risalire a un vincolo costituzionale. Puo' essere
contestabile che cio' valga anche per gli atti provenienti dal
Governo e, in particolare, per i decreti-legge, ma la questione non
e' qui rilevante; non c'e' dubbio, invece, che se il Governo e, in
particolare, il CIPE avesse adottato una delibera con gli stessi
contenuti della norma impugnata, essa sarebbe stata dichiarata
illegittima in sede di conflitto di attribuzione per violazione dei
principi di leale collaborazione, come poi piu' diffusamente si
motivera' (vedi, infatti, la sent. n. 233/2004, sull'analoga
fattispecie della metropolitana di Bologna). Si tratta, percio', di
un caso plateale di «truffa delle forme giuridiche» ossia dell'uso di
forme legislative (peraltro, in violazione dei requisiti
costituzionali della decretazione di urgenza) per aggirare i vincoli
procedimentali che, come si illustrera', discendono proprio dalla
giurisprudenza di questa Corte, facendo cosi' venir meno le garanzie
costituzionali che la Corte riconosce alle regioni in sede di
chiamata in sussidiarieta'.
2) Violazione dell'art. 117, terzo e quarto comma e dell'art. 118
Cost.
Nella sentenza n. 303/2003, la Corte impernia il suo ragionamento
(costantemente riaffermato nelle decisioni successive: cfr. per es.
sentt. nn. 233/2004, 214 e 440/2006, 256 e 401/2007, ecc.)
sull'assunto che non sia configurabile una materia autonoma «lavori
pubblici» essendo percio' infondata la pretesa delle regioni di
vedersela assegnata in via residuale. I lavori pubblici - dice la
Corte - costituiscono «ambiti di legislazione che non integrano una
vera e propria materia, ma si qualificano a seconda dell'oggetto al
quale afferiscono e pertanto possono essere ascritti di volta in
volta a potesta' legislative esclusive dello Stato ovvero a potesta'
legislative concorrenti» (ancora sent. 303/2003). Se dunque e'
altrove da ricercare la materia a cui far riferimento, e' del tutto
evidente che nella presente questione, che riguarda la Metropolitana
di Parma, la materia individuabile con il «criterio della prevalenza»
non puo' che essere quella dei «trasporti locali», materia di
competenza legislativa regionale gia' con la Costituzione del 1948 e
poi puntualmente confermata. Quindi, in materia di sicura competenza
residuale delle regioni la legge statale non puo' intervenire e non
possono neppure essere previsti fondi autonomi di finanziamento, ne'
finanziamenti vincolati.
La sentenza n. 303, occupandosi delle grandi opere
infrastrutturali, rispetto alle quali allo Stato viene riconosciuta
la competenza concorrente (prevista per le grandi infrastrutture di
comunicazione e trasporto, ai sensi dell'art. 117, terzo comma
Cost.), riconosce allo Stato medesimo la possibilita' di impiegare
uno strumento - elaborato dalla stessa sentenza n. 303, e destinato
ad una grande fortuna nella giurisprudenza costituzionale successiva
- che e' la cd. «chiamata in sussidiarieta'». Essa riguarda funzioni
amministrative, che rispondono ad esigenze unitarie e percio' non
possono essere convenientemente svolte ad un livello decentrato,
quale esso sia.
Indubbiamente un piano nazionale di infrastrutture di trasporto
corrisponde perfettamente a questa descrizione; va, pero', notato che
la sentenza n. 303, anche per esso, subordina la validita' della
«chiamata in sussidiarieta'» di funzioni amministrative a precise
regole di leale collaborazione, che vincolano l'agire del Governo sia
nella fase di programmazione generale delle opere e della loro
distribuzione sul territorio nazionale, attraverso una procedura di
intesa «forte» in Conferenza Stato-regioni, sia nella fase di
applicazione di questo programma generale nelle singole regioni,
attraverso una intesa, appunto, con ciascuna singola regione. Da un
lato, dunque, «(per) giudicare se una legge statale che occupi questo
spazio sia invasiva delle attribuzioni regionali o non costituisca,
invece, applicazione dei principi di sussidiarieta' e adeguatezza,
diviene elemento valutativo essenziale la previsione di un'intesa fra
lo Stato e le regioni interessate, alla quale sia subordinata
l'operativita' della disciplina»; dall'altro, e cioe' nei rapporti
con la singola regione in cui insistono le opere da realizzare, per
giustificare «l'attrazione allo Stato di funzioni amministrative da
regolare con legge ... e' necessario un procedimento attraverso il
quale l'istanza unitaria venga saggiata nella sua reale consistenza
e, quindi, commisurata all'esigenza di coinvolgere i soggetti
titolari delle attribuzioni attratte, salvaguardandone la posizione
costituzionale. Ben puo' darsi, infatti, che nell'articolarsi del
procedimento, al riscontro concreto delle caratteristiche oggettive
dell'opera e dell'organizzazione di persone e mezzi che essa richiede
per essere realizzata, la pretesa statale di attrarre in
sussidiarieta' le funzioni amministrative ad essa relative risulti
vanificata, perche' l'interesse sottostante, quale che ne sia la
dimensione, possa essere interamente soddisfatto dalla Regione, la
quale, nel contraddittorio, ispirato al canone di leale
collaborazione, che deve instaurarsi con lo Stato, non solo alleghi,
ma argomenti e dimostri la propria adeguatezza e la propria capacita'
di svolgere in tutto o in parte la funzione».
Cio' posto, e' implicito nello stesso principio dell'intesa che
cio' che la regione ha concordato con lo Stato non puo', in seguito,
essere sovvertito da una decisione autonoma dello Stato stesso. In
questo senso la sent. n. 233/2004, che riguardava l'analogo caso
della metropolitana di Bologna, costituisce un precedente specifico
di stretta attinenza.
Di cio' il Governo e' probabilmente consapevole, tant'e' che si
e' determinato a sovvertire una serie di decisioni assunte sul piano
amministrativo con un atto avente forza di legge, in modo da
sottrarsi all'obbligo dell'intesa. Con cio' si dimostra anche come la
scelta dello strumento legislativo sia di per se' assunta in
violazione delle competenze regionali.
Poco importa che in questo caso lo Stato agisca su richiesta o
invito della Amministrazione comunale, in quanto l'accordo tra Stato
e Comune non puo' derogare alle attribuzioni costituzionali delle
regioni, che in materia di trasporto locale hanno competenza
legislativa residuale, oltre che la conseguente responsabilita'
politico-amministrativa di programmazione generale.
Inoltre, e' da stigmatizzare anche il comportamento di una
Amministrazione comunale che, con una decisione assunta (a quanto e'
dato di sapere) senza neppure il voto del Consiglio comunale, ma
concordata con Autorita' del Governo nazionale, ha fatto venire meno
la programmazione di opere gia' programmate e progettate attraverso
gli organi nazionali, regionali e comunali competenti e le procedure
costituzionalmente necessarie.
Motivo per cui il decreto-legge in questione, nella parte
impugnata, risulta adottato in violazione sia dell'ordine
costituzionale delle attribuzioni dei poteri dello Stato, sia delle
competenze legislative della regione, sia della legalita' delle
procedure prescritte in uno Stato di diritto «per ogni decisione
delle pubbliche autorita'», e quindi in violazione complessivamente
degli artt. 70, 77, 117, terzo e quarto comma e 118 Cost.
3) Violazione dell'art. 97 Costituzione sotto il profilo della buona
amministrazione e della razionalita' della spesa pubblica.
Proprio la «deroga» dalle regole procedurali che si e' perseguita
con le disposizioni impugnate determina un ulteriore profilo di
illegittimita' costituzionale non direttamente connesso alle
attribuzioni regionali, ma sicuramente almeno indirettamente ad esse
collegato.
La revoca del finanziamento e, quindi, la rinuncia alla
realizzazione dell'opera, che era stata concordata fin nei dettagli
di progettazione fra gli organi statali e regionali, nonche' locali,
nel contesto delle Intese Generali Quadro ricordate in punto di
fatto, provochera' un rilevante esborso a carico dei bilanci pubblici
per indennizzare/risarcire il Contraente Generale, gia' individuato
quale soggetto affidatario dei lavori e per ripianare il bilancio del
soggetto attuatore (Societa' Metro Parma Spa, costituita dal Comune
di Parma con oggetto sociale esclusivo) dalle spese connesse con la
progettazione dell'opera. Questi esborsi costituiscono letteralmente
uno sperpero delle risorse pubbliche.
In un momento di grave difficolta' finanziaria, che si ripercuote
con tanta durezza sui trasferimenti alle regioni e agli enti locali e
si traduce talvolta in obblighi asfissianti prescritti nell'ambito
del patto di stabilita' interno, la regione non puo' non reagire di
fronte ad una spesa pubblica determinata da una decisione unilaterale
del Governo e del tutto improduttiva. Essa non puo' nemmeno essere
giustificata in termini di «contenimento» della spesa pubblica,
ovvero in termini di «riconversione» delle risorse rinunciate, che
sarebbero destinate «per diverse finalita' e con i medesimi effetti
previsti dalla legislazione vigente» (secondo quanto sostenuto nella
relazione illustrativa al d.l.), poiche' i finanziamenti revocati
sono stornati verso altre opere, comunque non ricadenti nella
regione, visto che non c'e' alcun vincolo, ne' sostanziale, ne'
procedimentale, in questo senso, e comunque sempre al netto di quella
parte cospicua di spesa, che l'erario pubblico dovra' sborsare in
conseguenza della prevista transazione relativa all'indennizzo da
riconoscere a tacitazione di diritti e pretese da parte del
Contraente generale, nei cui confronti viene sterilizzato
l'affidamento gia' disposto.
Qualora questa operazione andasse a compimento, la regione non
esclude di agire anche per grave danno erariale.
Un'ultima notazione, che puo' tradursi anche in un autonomo
motivo di ricorso, riguarda la pars construens di queste disposizioni
e, segnatamente, i commi 6 e 8, che non vincolano in alcun modo la
destinazione dei fondi residui ad opere ricadenti nel territorio
della Regione Emilia-Romagna: qui si viola uno dei principi impliciti
nelle regole affermate nella sentenza n. 303, laddove essa impone al
Governo di concordare con tutte le regioni in sede di conferenza, il
Piano degli investimenti.
Non puo' negarsi, infatti, che il consenso espresso in quella
sede dalle singole regioni sia collegato, anche se non solo, ai
benefici derivanti dagli investimenti pubblici nel loro territorio.
4) Illegittimita', sotto altro profilo, del comma 6 per violazione
dell'art. 117, terzo comma Cost.
Autonoma rilevanza ha la questione di illegittimita' del comma 6.
L'istituzione di un Fondo (nel caso, di un inedito «fondo per le
infrastrutture portuali») presso l'Autorita' Ministeriale delle
infrastrutture e dei trasporti in materia di competenza concorrente
(qual'e' la materia «porti e aeroporti civili») contravviene a quanto
la giurisprudenza di questa ecc.ma Corte ha costantemente affermato
in ordine alla implausibilita' di tale sistema, da un lato negandone
in linea di principio la legittimita', dall'altro ammettendo deroghe
qualora sia giustificato un intervento in sussidiarieta', ma alla
precisa condizione che la gestione di quel «fondo» sia sottoposta
alle regole piu' stringenti della leale collaborazione.
Nella norma impugnata, viceversa, si parla di trasferimento dei
finanziamenti recuperati (quota residua) dalla revoca del
finanziamento per la metropolitana di Parma, al fondo per le
infrastrutture portuali, che verranno assegnati direttamente a favore
delle Autorita' Portuali e che verranno ripartiti con decisione del
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il
Ministero dell'economia e delle finanze (sempre comma 6), senza alcun
coinvolgimento, in qualsiasi fase del procedimento, delle regioni e
senza che sia in alcun modo previsto, ne' d'altronde in base alla
norma possibile, che tali risorse debbano essere destinate ad
infrastrutture portuali della Regione Emilia-Romagna. E' di tutta
evidenza, quindi, la lesione dei principi sopra sottolineati e la
incoerenza ed arroganza di un sistema che interviene sempre e
comunque a livello centralistico, non curandosi minimamente del
rispetto dei rapporti istituzionali che in certe questioni dovrebbero
essere oramai consolidati e acquisiti.
P. Q. M.
La Regione Emilia-Romagna, come sopra rappresentata e difesa,
chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare
l'illegittimita' costituzionale dei commi 6, 7, 8 dell'art. 4 del
d.l. n. 40 del 25 marzo 2010, per i motivi indicati e cio' per
violazione degli artt. 70, 77, 97, 117, commi 3 e 4, 118
Costituzione.
Bologna-Roma, addi' 24 maggio 2010
Prof. Avv. Franco Mastragostino - Avv. Luigi Manzi
|