N. 81 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 agosto 2004.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 7 agosto 2004 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 38 del 29-9-2004)

Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri, difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale ha il proprio
domicilio in via dei Portoghesi n. 12, Roma nei confronti della
Regione Umbria, in persona del suo presidente per la dichiarazione
della illegittimita' costituzionale della legge regionale 26 maggio
2004, n. 8, «Ulteriori modificazioni ed interazioni della legge
regionale 28 febbraio 1994, n. 6 - Disciplina della raccolta,
coltivazione, conservazione e commercio dei tartufi (B.U.R. n. 24 del
9 giugno 2004), negli articoli 2 e 4.
Dalla legge che si impugna non e' desumibile su quale materia la
regione sia voluta intervenire. L'indicazione non puo' essere
considerata irrilevante poiche' attraverso la materia la regione
indica non soltanto gli interessi perseguiti, ma anche la base
costituzionale della potesta' legislativa esercitata.
In mancanza, diventa onere del ricorrente individuarla con
conseguenze sul contraddittorio. A causa dei limiti che, secondo
codesta Corte, ineriscono ai motivi che possono sostenere il ricorso,
finisce con l'incidere sulla sua ammissibilita' il fatto che il
Consiglio dei ministri debba investigare sulla volonta' legislativa
della regione.
Non essendo stata individuata la materia sulla quale intende
intervenire, la legge dovra' gia' per questo essere dichiarata
costituzionalmente illegittima.
Art. 2.
Vi sono individuati gli ambiti in cui la raccolta e' libera.
Questa liberta' puo' essere intesa almeno in due sensi, per il
diverso orientamento soggettivo che puo' assumere.
Considerandola nei rapporti con la pubblica amministrazione,
esclude la necessita' di atti di autorizzazione o equivalenti; nei
confronti del privato, proprietario del fondo, non consente a
quest'ultimo di fare opposizione all'accesso a chi intende
raccogliere tartufi.
La verifica della legittimita' costituzionale della legge va
fatta, pertanto, da tutti e due i punti di vista, con una
precisazione preliminare: se la legge regionale ha inteso riconoscere
entrambe queste liberta', la legge potra' essere dichiarata
costituzionalmente legittima solo se per entrambe la regione ha
potesta' legislativa.
Se questa potesta' manca anche per una sola di esse, la legge
dovra' essere dichiarata costituzionalmente illegittima.
La conclusione potrebbe essere diversa se codesta Corte ritenesse
che dalla legge possa derivare una sola liberta' ed in una materia
sulla quale la regione ha potesta' legislativa.
Codesta Corte, nel pronunciarsi sulla legge 16 dicembre 1985,
n. 752, ha avuto occasione di individuare la materia nella quale
rientra la disciplina sulla raccolta dei tartufi ( sent.
n. 328/1990).
«La legge quadro n. 752 del 1985.... persegue la finalita' di
salvaguardare un patrimonio ambientale di grande valore, specie a
favore di quella parte della popolazione che nella ricerca e raccolta
dei tartufi trova un motivo di distensione ed anche di integrazione
del proprio reddito».
Al «patrimonio ambientale» e «all'assetto ambientale» nella
stessa sentenza si trova piu' di un richiamo.
La materia e', dunque, quella della tutela dall'ambiente ed
insieme dell'ecosisterna, secondo quanto ha confermato codesta Corte
rilevando come «la raccolta indisciplinata produca l'estinzione delle
tartufaie e danni irreparabili al patrimonio ambientale».
La norma impugnata, intervenendo sulla liberta' della raccolta
dei tartufi, ha, pertanto, sconfinato in una materia di legislazione
esclusiva statale.
Nel caso in esame la trasversalita' della materia, piu' volte
ribadita da codesta Corte, non dovrebbe avere rilievo.
La raccolta dei tartufi non rientra nell'elenco portato dal terzo
comma dell'art. 117 Cost.
Il fatto che, per svolgere le difese sotto questo profilo, sia
necessario andare ad individuare una materia con la quale sia
rilevabile una qualche affinita', sta a confermare la
inammissibilita' del ricorso, anche a non tenere conto che la materia
disciplinata e' elemento integrante della volonta' normativa della
regione, la cui individuazione non puo' essere che un dovere
preliminare della regione stessa.
Anche se potesse essere individuata una materia, tra quelle
elencate nel terzo comma dell'art. 117, nella quale ricondurre la
raccolta dei tartufi, la legge regionale avrebbe dovuto rispettare i
principi fondamentali fissati dalla legge statale.
I criteri per la salvaguardia delle tartufaie non possono essere
che gli stessi su tutto il territorio nazionale, essendo unico il
loro procedimento di riproduzione.
Ogni liberta', per non sconfinare nell'abuso, deve essere
contenuta nei limiti desumibili dalla legge. Il principio
fondamentale della liberta', fissato dalla legge statale, comprende,
pertanto, anche i suoi limiti. Modificando questi ultimi, la legge
regionale avrebbe comunque violato l'art. 117, terzo comma, anche se
fosse ritenuto applicabile.
Che quei limiti siano stato modificati, e in modo sostanziale, si
ricava dalla semplice comparazione dell'art. 3, primo comma, della
legge n. 572/1985.
Secondo la legge statale la raccolta e' libera nei boschi e nei
terreni non coltivati.
La legge regionale estende la liberta', tra gli altri, ai parchi,
che trovano la loro disciplina nella legge n. 394/1991 (per quanto
riguarda gli aspetti che qui interessano nell'art. 11); alle aree
naturali protette, che trovano la loro disciplina negli artt. 22 e
ss. della stessa legge; alle aziende faunisticovenatorie,
disciplinate con legge 157/1992 ( artt. 10 e ss.), alle aree
demaniali senza distinzione, comprese quelle statali o, comunque, non
regionali o sub-regionali, e cosi' via.
Lo sconfinamento della regione dalla sua sfera di legislazione
e', dunque, evidente.
Se ne ha una conferma anche attraverso la comparazione del testo
precedente dell'art. 2 della legge regionale n. 6/1994 con quello
attuale, introdotto senza tenere conto delle modifiche costituzionali
intervenute nel frattempo.
Se poi si ritenesse che la norma regionale abbia inteso
disciplinare la liberta' anche nei confronti dei proprietari dei
fondi interessati, la illegittimita' costituzionale sarebbe ancora
piu' evidente.
Nella sentenza gia' richiamata codesta Corte, sempre con
riferimento alla legge n. 752/1985, ha chiarito che «la raccolta non
e' consentita nei terreni coltivati e, anche in base alle norme
contenute nel codice civile (artt. 841 e 842), nei fondi chiusi,
specie nei modi stabiliti dalla legge sulla caccia». Investito e' il
regime di proprieta', disciplinato dal codice civile. Si e',
pertanto, nell'ambito dell'ordinamento civile, ugualmente di
legislazione esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma,
lett. l).
Art. 4.
La sua illegittimita' costituzionale non ha ragioni diverse.
Le tartufaie coltivate o controllate sono disciplinate dall'art.
3 della legge statale, con norme che costituiscono principi
fondamentali in quanto rivolte a fissare il limite alla liberta' di
raccolta.
La disciplina introdotta dall'art. 4 e' ampiamente derogatoria.
Per la «presenza diffusa», ai fini della individuazione della
«tartufaia controllata», e' stata prevista una quantita' minima di
due chilogrammi per ettaro (comma 2-bis), insieme a limiti
differenziati per l'estensione massima (commi 2-quater e
2-quinquies). In questo modo la legge ha finito con l'incidere sulla
disciplina della proprieta'.
Ai sensi dell'art. 3 della legge n. 752/1985 la proprieta' sui
tartufi prodotti nelle tartufaie coltivate o controllate non segue la
proprieta' del terreno, ma e' di «tutti coloro che le conducono».
Il regime di proprieta' sui beni mobili rientra nell'ordinamento
civile, quindi nella legislazione esclusiva dello Stato, sulla quale
la norma impugnata viene ad interferire.
Anche in questo caso la interferenza risulta ancora piu' palese
confrontando il nuovo ed il vecchio testo dell'art. 4 della legge
regionale.


P. Q. M.
Si conclude perche' gli articoli 2 e 4 della legge regionale n. 8
del 2004 siano dichiarati costituzionalmente illegittimi.
Si produce l'estratto della deliberazione del Consiglio dei
ministri del 23 luglio 2004.
Roma, addi' 29 luglio 2004.
Vice Avvocato generale dello Stato: Glauco Nori

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