Ricorso n. 81 del 7 ottobre 2009 (Regione Campania)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 ottobre 2009 , n. 81
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 ottobre 2009 (della Regione Campania).
(GU n. 45 dell'11-11-2009)
Ricorso della Regione Campania, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 1493 del 25 settembre 2009 (all. 1), rappresentata e difesa - come da procura a margine del presente atto - dall'avv. Vincenzo Baroni dell'Avvocatura regionale, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv. Antonio Lamberti di Napoli, con domicilio eletto in Roma presso l'Ufficio di rappresentanza della Regione Campania, via Poli n. 29; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 9, comma l-bis, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, come introdotto dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, recante conversione in legge, con modificazione, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, «Provvedimenti anticrisi, nonche' proroga di termini», per violazione: dell'articolo 117, terzo e quarto comma della Costituzione; dell'articolo 119 della Costituzione; del principio di ragionevolezza, del principio di buon andamento di cui all'art. 97, primo comma della Costituzione; del principio di uguaglianza di cui all'art. 3, primo comma, della Costituzione; del diritto di difesa garantito dall'art. 24, primo comma, della Costituzione, nei modi e per i profili di seguito illustrati. F a t t o La legge 3 agosto 2009, n. 102, recante Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, «Provvedimenti anticrisi, nonche' proroga di termini», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 179 del 4 agosto 2009 - Supplemento ordinario n. 140, ha introdotto all'art. 9 del citato decreto-legge il seguente comma l-bis: «Le somme dovute da una regione commissariati ai sensi dell'articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, nei confronti di un'amministrazione pubblica di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, sono regolate mediante intervento del tesoriere con delegazione di pagamento ai sensi degli articoli 1268 e seguenti del codice civile, che si determina automaticamente al momento del riconoscimento del debito da parte dell'amministrazione debitrice, da effettuare entro trenta giorni dall'istanza dell'amministrazione creditrice. Decorso tale termine senza contestazioni puntuali da parte della pubblica amministrazione debitrice, il debito si intende comunque riconosciuto nei termini di cui all'istanza». La Regione Campania risulta attualmente commissariata con la deliberazione del Consiglio dei ministri del 28 luglio 2009. Il commissariamento tuttavia (che la regione ha impugnato con apposito conflitto di attribuzioni davanti a codesta ecc.ma Corte costituzionale) non e' avvenuto ai sensi dell'articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, bensi' ai sensi dell'art. 4, d.l. 159/2007, convertito con modificazioni dalla legge n. 222/2007. Essa dunque ritiene di non rientrare nell'ambito di applicazione della disposizione impugnata, ma di essere ugualmente legittimata ad impugnarla - come qualunque altra regione - in quanto potenziale destinataria di detta norma. La Regione Campania ritiene infatti che la disposizione impugnata sia costituzionalmente illegittima per i seguenti motivi di D i r i t t o 1) Illegittimita' costituzionale del comma 1-bis in quanto determina la sostituzione del tesoriere all'amministrazione regionale. Come esposto in narrativa, la disposizione impugnata dispone che le somme dovute «nei confronti di un'amministrazione pubblica» da parte della regione commissariata ai sensi della legge 30 dicembre 2004, n. 311, siano «regolate mediante intervento del tesoriere con delegazione di pagamento ai sensi degli articoli 1268 e seguenti del codice civile, che si determina automaticamente al momento del riconoscimento del debito da parte dell'amministrazione debitrice». La norma produce dunque l'effetto di spostare dall'amministrazione regionale al «tesoriere» la competenza a disporre - oltre che concretamente effettuare - il pagamento delle somme di cui la regione risulti debitrice nei confronti di amministrazioni pubbliche. Ad avviso della ricorrente regione, tale disposizione risulta illegittima per violazione di tutti i parametri indicati in epigrafe. Sembra in primo luogo evidente che la circostanza che la regione sia commissariata, in relazione ad una determinata legge e ad un determinato ambito materiale, non puo' giustificare affatto che l'intera gestione dei pagamenti nei confronti delle pubbliche amministrazioni le sia sottratta: non essendovi alcun rapporto tra la circostanza che gli squilibri di bilancio in un determinato settore debbano essere rimediati con mezzi straordinari e la soppressione della autonomia regionale nella gestione di detti pagamenti. Ed anzi si direbbe, al contrario, che proprio la situazione di difficolta' di bilancio che ha provocato la nomina del commissario sembra suggerire la necessita' che anche la politica dei pagamenti segua un razionale andamento, al fine di non compromettere ulteriormente la situazione: un razionale andamento che non puo' certo essere affidato al tesoriere regionale, cioe' ad una banca. Ne risulta violata in primo luogo l'autonomia finanziaria regionale assicurata dall'art. 119, primo comma, il quale espressamente stabilisce che «i comuni, le province, le citta' metropolitane e le regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa» (enfasi aggiunta). Ne risulta poi violata la potesta' legislativa in materia di organizzazione dei propri procedimenti, garantita dall'art. 117, quarto comma, della Costituzione. Ne' certo la norma puo' essere giustificata come un principio di «coordinamento della finanza pubblica», non essendo ne' norma di principio ne' norma di coordinamento. Sia consentito anche di osservare che l'automatismo che la norma impugnata produce nei pagamenti priva la regione della possibilita' di controllare i flussi in uscita, esponendola tra l'altro al rischio di superare i limiti imposti dalle norme che disciplinano il «Patto di stabilita'» interno, e con cio' persino al rischio delle sanzioni previste per il mancato rispetto dei tetti di spesa. Infine, la disposizione appare illegittima anche in quanto discrimina alcuni creditori rispetto ad altri, e cio' facendo determina per la regione l'impossibilita' di soddisfare tempestivamente tali altri creditori secondo un razionale ordine, che possa tra l'altro prevenire l'insorgere di responsabilita'. Per le ragioni appena esposte, poi, risultano anche violati il principio di ragionevolezza ed il principio di buon andamento di cui all'art. 97, primo comma, della Costituzione, data l'assenza di ragioni giustificatrici della norma, e l'evidenza del suo carattere controproducente. Tali violazioni si riflettono in ulteriori lesioni delle competenze regionali sopra indicate, dato che l'autonomia finanziaria e l'autonomia organizzativa della regione vengono compresse senza che la compressione abbia ragionevoli giustificazioni di efficienza amministrativa. 2) Illegittimita' costituzionale del comma 1-bis in quanto dispone che il riconoscimento del debito sia da effettuare entro trenta giorni. Illegittima e' anche la disposizione secondo la quale il riconoscimento del debito e' «da effettuare entro trenta giorni dall'istanza dell'amministrazione creditrice». Non si tratta, evidentemente, di una disposizione di principio, dal momento che la regola vale soltanto per le regione commissariate, e soltanto nei rapporti tra amministrazioni. La disposizione inoltre comprime in modo irragionevole e discriminatorio l'autonomia organizzativa della regione. Se pure non si considerasse lesa l'autonomia organizzativa, risulterebbe lesa la generale autonomia di cui essa gode almeno al pari di tutti gli altri soggetti dell'ordinamento, e che gode anch'essa di tutela costituzionale. 3) Illegittimita' costituzionale del comma 1-bis in quanto prevede per il riconoscimento del debito un meccanismo di silenzio-assenso. Al secondo periodo il comma l-bis dell'art. 9 qui impugnato stabilisce che, decorso il termine di trenta giorni «senza contestazioni puntuali da parte della pubblica amministrazione debitrice, il debito si intende comunque riconosciuto nei termini di cui all'istanza». Tale disposizione dispone, in pratica, un meccanismo di silenzio-assenso a danno della regione che non formuli contestazioni, o formuli contestazioni che non siano ritenute «puntuali», sovrapponendo una volonta' legale alla reale (non) volonta' della regione che in tali termini non si sia espressa. La disposizione viola in primo luogo il diritto della regione di disciplinare il significato delle proprie azioni e determinazioni amministrative, garantito dall'art. 117, quarto comma, Cost. Essa viola altresi' la sua autonomia privata, che non solo viene compressa senza giustificata ragione, ma viene compressa in modo discriminatorio rispetto a tutte le altre regioni, a tutte le altre amministrazioni pubbliche e in genere a tutti gli altri soggetti dell'ordinamento. Risulta dunque violato anche il fondamentale cardine del principio di uguaglianza posto dall'art. 3, primo comma, della Costituzione: ed e' evidente, ad avviso della ricorrente regione, che essa e' pienamente legittimata a far valere la violazione di tale principio, dal momento che di tale violazione essa e' la vittima diretta. Per gli effetti che la norma impugnata produce, essa viola anche l'autonomia finanziaria di spesa assicurata dall'art. 119 Cost., nei termini gia' sopra esposti. Essa viola anche l'art. 97, primo comma, Cost., in relazione al principio del buon andamento, esponendo la regione al rischio di una enorme pluralita' di richieste di pagamento da parte di enti locali o di altri enti, alle quali essa dovrebbe far fronte distraendo i propri uffici dal lavoro ordinario, per non incorrere nel riconoscimento di debito. Sovrapponendo un significato legale al significato effettivo del decorso dei trenta giorni la disposizione impugnata preclude alla regione di far valere in un momento successivo l'infondatezza della pretesa creditoria, violando anche il diritto alla difesa giurisdizionale garantito dall'art. 24, primo comma, della Costituzione. Anche la violazione di tale norma la ricorrente regione e' abilitata a far valere, dal momento che essa e' la vittima diretta di tale violazione. La disposizione impugnata e' costituzionalmente illegittima anche nella parte in cui prevede la formazione del riconoscimento di debito ove le contestazioni non siano «puntuali», in quanto cosi' facendo finisce per attribuire a chi dovrebbe applicare la norma - cioe' allo stesso tesoriere, il giudizio sulla sufficienza e sulla fondatezza delle contestazioni, nuovamente con violazione dei parametri citati sopra, ed in particolare del diritto alla difesa giurisdizionale.
P. Q. M. La Regione Campania, come sopra rappresentata e difesa chiede voglia codesta Corte costituzionale dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 1-bis, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, come introdotto dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, per violazione dell'art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, dell'art. 119 della Costituzione, del principio di ragionevolezza, del principio di buon andamento di cui all'art. 97, primo comma, della Costituzione, del principio di uguaglianza di cui all'art. 3, primo comma, della Costituzione e del diritto di difesa garantito dall'art. 24, primo comma, della Costituzione, nei modi e per i profili sopra illustrati. Padova-Napoli-Roma, addi' 30 settembre 2009 Avv. Vincenzo Baroni - Avv. prof. Giandomenico Falcon - Avv. Antonio Liberti