N. 82 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 21 novembre 2003.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 21 novembre 2003 (della Regione Toscana)
(GU n. 51 del 24-12-2003)

Ricorso della Regione Toscana, in persona del presidente pro
tempore, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 1001
del 6 ottobre 2003, rappresentato e difeso, per mandato in calce al
presente atto, dagli avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni e presso
lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via del
Viminale n. 43;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 32, commi
1, 3, 5, 6, 9, 10; da 14 a 20; 24; da 25 a 40 del decreto-legge
30 settembre 2003, n. 269, per violazione degli articoli 3, 97, 117,
118, 119 della Costituzione.
Nel supplemento n. 157 alla Gazzetta Ufficiale del 2 ottobre
2003, n. 229, e' stato pubblicato il decreto-legge 30 settembre 2003,
n. 269, recante «Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per
la correzione dell'andamento dei conti pubblici».
L'art. 32 del decreto e' intitolato «Misure per la
riqualificazione urbanistica, ambientale e paesaggistica, per
l'incentivazione dell'attivita' di repressione dell'abusivismo
edilizio, nonche' per la definizione degli illeciti edilizi e delle
occupazioni di aree demaniali».
Per quanto qui interessa, il quinto comma di tale articolo 32
individua Ministero delle infrastrutture e dei trasporti quale
dicastero di riferimento, d'intesa con la regione interessata, per il
supporto ai comuni ai fini dell'applicazione della normativa in
questione; il sesto comma affida allo stesso Ministro il compito di
individuare con proprio decreto gli interventi di riqualificazione
urbanistica attivati dalle regioni da ammettere ai finanziamenti; i
commi 9 e 10 stanziano fondi per un programma nazionale di interventi
di riqualificazione di aree degradate e di messa in sicurezza del
territorio dal dissesto idrogeologico, prevedendo che con decreto
ministeriale, sentita la Conferenza unificata, sono individuate le
aree comprese nei suddetti programmi, per le quali sempre il
Ministro, d'intesa con i soggetti pubblici interessati, predispone
gli interventi da attuare.
I commi da 14 a 20 ed il comma 24 dello stesso articolo
disciplinano la sanatoria degli abusi realizzati su aree di
proprieta' dello Stato o facenti parte del demanio statale: si
prevede che il condono sia ammissibile ove lo Stato esprima la
disponibilita' a cedere a titolo oneroso la proprieta' dell'area
ovvero a riconoscere il diritto a mantenere l'opera sul suolo
appartenente al demanio o al patrimonio indisponibile; tale
disponibilita' e' espressa dall'Agenzia del demanio territorialmente
competente, previo parere delle autorita' preposte alla tutela del
vincolo, nel solo caso di aree soggette a vincolo ambientale e
paesaggistico; e' altresi' previsto che ai fini del miglioramento,
della tutela e della valorizzazione delle aree demaniali l'Agenzia
del demanio predisponga un programma di interventi volti alla
riqualificazione delle aree demaniali, che poi viene approvato con
decreto ministeriale.
Infine i commi primo e terzo, nonche' i commi da 25 a 40 operano
una riapertura, per gli interventi edilizi realizzati abusivamente
sino a tutto il 31 marzo 2003, del condono edilizio introdotto come
misura eccezionale con la legge n. 47/1985, come modificata dalla
legge n. 724/1994, stabilendo che le condizioni, i limiti e le
modalita' del condono sono stabilite dal presente articolo e dalle
normative regionali. Alla legge regionale si consente di definire il
procedimento amministrativo relativo al rilascio del titolo in
sanatoria e di aumentare l'oblazione sino ad un massimo del 10%
(comma 33); si consente altresi' di determinare la possibilita', le
condizioni e le modalita' per l'ammissibilita' a sanatoria di alcune
tipologie di abuso e precisamente di quelle minori, mentre e'
preclusa tale facolta' per gli abusi piu' rilevanti (comma 26).
L'adempimento da parte dell'interessato del pagamento e delle denunce
previste, unitamente al decorso di 24 mesi dal 30 settembre 2004,
determina il formarsi del titolo in sanatoria.
Va premesso che la Regione Toscana si e' da tempo dotata di un
sistema legislativo organico, volto a disciplinare le conseguenze
degli abusi edilizi e ad arginare i medesimi, per garantire
nell'ambito regionale un ordinato e corretto sviluppo urbanistico ed
edilizio. In particolare, prima con la legge regionale 24 agosto
1977, n. 60, poi con la successiva legge regionale 30 giugno 1984,
n. 41, sono state dettate norme per l'attuazione nel territorio
regionale della legge n. 10/1977 sull'edificabilita' dei suoli;
quindi con la piu' recente legge regionale 14 ottobre 1999, n. 52,
sono state dettate norme sulle concessioni, le autorizzazioni e le
denunce di inizio attivita'. Tale legge (gia' modificata con la legge
regionale n. 13/2002 a seguito dell'entrata in vigore del nuovo
titolo V della Costituzione) e' stata di recente modificata ed
integrata con la legge regionale 5 agosto 2003, n. 43, per adeguare
il sistema normativo edilizio regionale ai principi contenuti nel
testo unico sull'edilizia di cui al decreto del Presidente della
Repubblica n. 380/2001; tale legge regionale n. 43/2003 ha
ridisciplinato complessivamente anche l'aspetto del sanzionamento
amministrativo.
Pertanto vige una compiuta normativa edilizia che disciplina le
conseguenze degli illeciti; in particolare si consente la
regolarizzazione di violazioni formali (come l'integrazione degli
elaborati con conseguente regolarizzazione della denuncia di inizio
attivita': art. 34-ter della legge regionale n. 43/2003) ed anche di
illeciti formali sostanzialmente non rilevanti, in quanto gli
interventi, seppure realizzati senza titolo o in difformita' dal
medesimo, sono comunque conformi alla disciplina urbanistica ed
edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell'opera che al
momento della presentazione della domanda. Viceversa non e'
consentita alcuna sanatoria per gli illeciti sostanziali, ovverosia
compiuti in difformita' dalla disciplina urbanistica ed edilizia
(art. 37 come sostituito dalla recente legge regionale n. 43/2003).
In base alla soprarichiamata normativa e' stato, negli anni,
realizzato a cura degli enti locali toscani un efficace sistema di
controlli che ha permesso un ordinato sviluppo edilizio.
Pertanto appare incontestabile che in Toscana le impugnate
disposizioni non trovano applicazione, posto che il secondo comma
dell'art. 32 stabilisce che la normativa e' disposta nelle more della
disciplina regionale ai principi contenuti nel testo unico di cui al
decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001: poiche' tale
adeguamento e' gia' stato disposto dalla ricorrente regione con la
citata legge regionale n. 43/2003, il presente ricorso dovra' essere
dichiarato inammissibile per carenza di interesse, non applicandosi
la normativa dell'art. 32 in ambito regionale toscano.
Ma se tale tesi non dovesse essere accolta, le disposizioni
impugnate andrebbero dichiarate costituzionalmente illegittime e
lesive delle prerogative costituzionali delle regioni, per violazione
degli artt. 3, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione, per i seguenti
motivi di

D i r i t t o

A) Illegittimita' costituzionale dell'art. 32, commi 5, 6, 9 e
10, per violazione degli articoli 117, 118 e 119 Cost.
A.1) Il quinto comma affida al Ministro delle infrastrutture e
dei trasporti un ruolo di coordinamento per l'applicazione della
normativa sul condono che non trova alcuna giustificazione in base ai
parametri costituzionali di cui all'art. 118 Cost. e che non viene
giustificato in nome di esigenze unitarie e cio' in una materia - il
governo del territorio - attribuita alla competenza regionale.
A.2) Il comma sesto e' incostituzionale in quanto attribuisce al
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti l'individuazione degli
interventi da ammettere a finanziamento tra quelli di
riqualificazione urbanistica attivati dalle regioni: in tal modo la
norma contrasta con gli artt. 117 e 118 Cost. perche' - in una
materia affidata alla disciplina regionale, qual e' il governo del
territorio - si dispone che il Ministro decida gli interventi
regionali da ammettere a finanziamento solo avendo sentito la
Conferenza unificata e senza, invece, prevedere almeno l'intesa con
la regione interessata, secondo i principi enunciati nella sentenza
della Corte costituzionale n. 303/2003.
La disposizione del sesto comma contrasta altresi' con l'art. 119
Cost. che non ammette finanziamenti vincolati alla realizzazione di
interventi scelti dal Ministro, ma imporrebbe di finanziare le
regioni chiamate poi a decidere, nell'esercizio della loro autonomia
politica ed amministrativa, le modalita' di utilizzo delle proprie
entrate.
A.3) Altresi' incostituzionali sono i commi nono e decimo
dell'articolo in esame, in base ai quali il Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti individua gli ambiti di rilevanza e
interesse nazionale oggetto di riqualificazione urbanistica,
ambientale e culturale, nonche' le aree comprese nel programma di
interventi di messa in sicurezza del territorio nazionale dal
dissesto idrogeologico: anche in tal caso, infatti si dispone che il
Ministro debba solo acquisire il parere della Conferenza unificata,
invece di prevedere l'intesa con le regioni interessate, intesa che
sarebbe invece imprescindibile in virtu' dell'interferenza della
suddetta individuazione effettuata dal Ministro con le attribuzioni
regionali in materia di governo del territorio.
B) Illegittimita' costituzionale dell'art. 32, commi 1, 3, da 25
a 40.
B.1) Violazione degli articoli 117 e 118 Cost.
La disciplina contenuta nelle impugnate disposizioni riapre i
termini del condono edilizio (sarebbe dunque il terzo condono
edilizio, dopo il primo del 1985 ed il secondo del 1994) per sanare
gli abusi compiuti sino al 31 marzo 2003. Alle regioni si consente
(commi 26 e 33) di determinare la possibilita', le condizioni e le
modalita' del condono solo per gli abusi minori (restauro,
risanamento conservativo e manutenzione straordinaria realizzate in
assenza o difformita' del titolo edilizio), mentre si preclude la
stessa possibilita' (lasciando alla potesta' legislativa regionale
solo l'aumento dell'oblazione e la disciplina del procedimento di
condono, peraltro del tutto inutile, visto che il medesimo e' gia'
dettagliatamente normato dall'allegato 1) per gli abusi piu'
rilevanti e piu' incidenti sul territorio (nuove costruzioni e
ristrutturazione edilizia realizzate in assenza o in difformita' del
titolo abilitativo e non conformi alle norme urbanistiche e alle
prescrizioni degli strumenti urbanistici). Tali previsioni vanno
esattamente nel senso opposto rispetto a quanto stabilito dalla
citata legge regionale n. 43/2003: la Regione Toscana infatti ha
previsto la sanatoria degli abusi minori, mentre l'ha drasticamente
esclusa per gli illeciti piu' gravi e che in modo sostanziale
alterano l'ordinato assetto del territorio.
Ora la Regione ricorrente dovrebbe invece, in base all'art. 32,
subire gli abusi piu' rilevanti e lasciarli condonare, mentre
potrebbe disciplinare con la propria legge, ex art. 32, comma 26,
lettera b), la possibilita' di escludere il condono per gli abusi
minori!
Cio' dimostra come il legislatore statale abbia creato una
situazione paradossale, del tutto irrazionale, che incide
pesantemente sulle attribuzioni costituzionali delle regioni e che,
soprattutto, vanifica la legislazione che le regioni hanno emanato in
virtu' di dette attribuzioni.
La sanatoria degli illeciti edilizi incide sul governo del
territorio, materia soggetta alla potesta' legislativa concorrente ex
art. 117, terzo comma, Cost. Pertanto in tale materia allo Stato
compete unicamente dettare i principi fondamentali: come specificato
dalla Corte costituzionale, la nuova formulazione dell'art. 117
Cost., rispetto alla previgente, esprime l'intento di una piu' netta
distinzione fra la competenza regionale a legiferare e la competenza
statale, limitata alla sola determinazione dei principi fondamentali
(sentenza n. 282/2002).
Da cio' consegue che la disciplina sostanziale e procedimentale
deve essere determinata dal legislatore regionale, nel rispetto dei
principi regolatori determinati dallo Stato, per tali intendendosi,
secondo quanto spiegato dalla Corte costituzionale, «i nuclei
essenziali del contenuto normativo che quelle disposizioni esprimono
per i principi enunciati e da esse desumibili» (sentenze n. 482/1985
e n. 192/1987). Cio' non avviene nel caso in esame, in cui il
legislatore nazionale detta una disciplina procedimentale minuziosa,
dettagliata, autoapplicativa, direttamente operativa nei confronti
dei privati interessati (la' dove, invece, i principi fondamentali
della materia dovrebbero essere rivolti al legislatore regionale che
poi dovrebbe articolare la normativa applicabile ai terzi
interessati), con la conseguenza che si privano del tutto le regioni
del loro potere - costituzionalmente previsto - di disciplinare
organicamente la materia.
Ma, soprattutto, la sanabilita' delle opere edilizie abusive non
costituisce un principio fondamentale della materia.
Questo si ricava agevolmente dall'esame delle pronunce della
Corte costituzionale in tema di condono edilizio.
La Corte costituzionale, nella sentenza n. 369/1988, ha rilevato
che il «potere di clemenza» va esercitato nel rispetto dei vincoli
costituzionali; pertanto, il condono puo' giustificarsi unicamente
come misura eccezionale necessaria per chiudere decenni di abusivismo
di massa, contestualmente all'emanazione della nuova normativa
urbanistica di cui alla legge n. 47/1985. In particolare la Corte
costituzionale ha rilevato la necessita' di tenere distinto nella
legge n. 47 «cio' che attiene al futuro, nel quale il legislatore nel
riordinare la materia non ammette in alcun modo sanatorie per le
opere contrastanti con gli strumenti urbanistici, da cio' che
riguarda il passato»; dunque il condono, irripetibile e
straordinario, e' giustificato solo in quanto punto di partenza di
una nuova legalita'.
Invece, afferma la Corte nella sentenza n. 416/1995, «ben diversa
sarebbe la situazione in caso di altra reiterazione di una norma del
genere, soprattutto con ulteriore e persistente spostamento dei
termini temporali di riferimento del commesso abusivismo edilizio.
Conseguentemente differenti sarebbero i risultati della valutazione
sul piano della ragionevolezza, venendo meno il carattere contingente
e del tutto eccezionale della norma (con le peculiari caratteristiche
della singolarita' ed ulteriore irripetibilita) in relazione ai
valori in gioco, non solo sotto il profilo della esigenza di
repressione dei comportamenti che il legislatore considera illegali e
di cui mantiene la sanzionabilita' in via amministrativa e penale, ma
soprattutto sotto il profilo della tutela del territorio e del
correlato ambiente in cui vive l'uomo. La gestione del territorio
sulla base di una necessaria programmazione sarebbe certamente
compromessa sul piano della ragionevolezza da una ciclica o
ricorrente possibilita' di condono sanatoria con conseguente
convinzione di impunita', tanto piu' che l'abusivismo edilizio
comporta effetti permanenti (qualora non segua la demolizione o la
rimessa in pristino), di modo che il semplice pagamento di oblazione
non restaura mai l'ordine giuridico violato».
Dall'esame della giurisprudenza costituzionale si evince che la
Corte ha ribadito sempre il carattere eccezionale del condono.
Un istituto che per essere valutato compatibile con la
Costituzione deve essere eccezionale e straordinario non puo'
costituire un principio fondamentale dell'ordinamento e della materia
idoneo, ex art. 117 Cost., a vincolare il legislatore regionale; anzi
il condono edilizio scardina proprio tutti i principi fondamentali
della legislazione urbanistica, che il legislatore regionale deve
rispettare, quali quello della possibilita' di costruire solo nel
rispetto della normativa edilizia; della possibilita' di ottenere la
sanataria solo in presenza di certe condizioni (ai sensi dell'art. 13
della legge n. 47/1985, come sviluppato dal legislatore regionale);
dell'obbligo di sanzionare gli abusi.
Inoltre nel caso in esame non si ravvisano assolutamente quei
caratteri di eccezionalita' dell'istituto sopra richiamati, perche'
si reitera il condono, in totale spregio ai principi enunciati dalla
Corte costituzionale nella sentenza n. 416/1995. Il condono edilizio
rende inevitabile apportare le varianti agli strumenti urbanistici e
cosi' la regione e gli enti locali sono costretti a subire, anziche'
governare, le destinazioni urbanistiche del territorio in base agli
abusi realizzati e sanati dal legislatore statale con norma non piu'
ragionevole, perche' ormai vige una diversa normativa urbanistica
certa che non ammette deroghe. Ne' puo' legittimarsi il condono in
nome di una generalizzata inefficacia delle regioni ad arginare gli
abusi con adeguati controlli: si e' infatti evidenziato come questa
inefficienza non sia affatto rinvenibile in Toscana, come, peraltro,
ormai in molte altre regioni.
Per i rilevati motivi la norma si pone in totale contrasto con le
prerogative costituzionali previste dagli artt. 117 e 118 Cost.
B.2) Ulteriore violazione degli artt. 117 e 118 Cost., anche in
rapporto agli artt. 3 e 97 della Costituzione.
La reiterazione del condono edilizio scardina il sistema della
legalita', viola il principio di uguaglianza e contrasta con il
principio di buona amministrazione.
Anche se il legislatore regionale non tollera gli abusi
sostanziali ed anche se i controlli sono svolti efficacemente, come
puo' pretendersi che le regole siano rispettate quando il legislatore
nazionale ha condonato prima gli abusi commessi entro il 1985, poi
gli abusi commessi entro il 1993 ed ora gli abusi commessi entro il
marzo 2003?
Inevitabilmente si crea un affidamento sul futuro condono - che
da eccezionale e straordinario diventa strumento ricorrente - che
favorisce il compimento di abusi edilizi. Cosi' si premiano i
cittadini che non rispettano le regole (i quali dalle norme come
quella impugnata trovano una conferma al fatto che il loro
comportamento illegale sara', prima o poi, premiato) e si penalizzano
invece i cittadini rispettosi delle norme che, da un lato, non hanno
realizzato opere abusive perche' le leggi non lo permettevano e
quindi ne sono rimasti privi e, al tempo stesso, sono costretti a
vivere nel degrado urbanistico prodotto dagli abusi realizzati da
altri e accettati dallo Stato con il condono.
Tutto cio' viola gli artt. 3 e 97 della Costituzione che la
regione ricorrente e' legittimata a far valere in relazione alle
proprie competenze sul governo del territorio che vengono gravemente
compromesse e vanificate dal condono per i motivi esposti.
C) Illegittimita' costituzionale dell'art. 32, commi da 14 a 20 e
24, per violazione degli articoli 117 e 118 Cost.
I vizi eccepiti ai precedenti punti riguardano anche i commi da
14 a 20 e 24 dell'art. 32, che ammettono la sanatoria degli abusi
sulle aree di proprieta' statale.
In particolare e' disposta l'ammissibilita' del condono ove lo
Stato sia disponibile a cedere l'area ovvero a mantenere l'opera
abusiva: tale disponibilita' alla cessione dell'area o al
mantenimento dell'opera abusiva viene espressa dall'Agenzia del
demanio territorialmente competente, con il parere dell'autorita'
preposta alla tutela del vincolo paesaggistico ed ambientale solo per
le aree vincolate.
La denunciata illegittimita' deriva dal fatto che la sanatoria e'
rimessa unicamente alla volonta' ed alla decisione dello Stato
proprietario e non viene data alcuna rilevanza a quanto in merito
stabilito dal legislatore regionale cui, invece, l'art. 117 Cost.
affida la competenza a disciplinare l'ammissibilita' urbanistica
degli interventi anche sulle aree di proprieta' dello Stato.
In via subordinata l'illegittimita' sussiste comunque perche' non
si prevede che l'Agenzia del demanio acquisisca l'intesa con le
regioni che invece sono titolari di competenze in merito al governo
del territorio e che quindi, in tale loro qualita', dovrebbero quanto
meno essere coinvolte con l'intesa nella verifica urbanistica della
sanatoria riguardante anche gli abusi sulle aree statali.
Sempre nella stessa impostazione il comma 24 dell'articolo
prevede un programma di interventi di riqualificazione delle aree
demaniali, predisposto dall'Agenzia del demanio, di concerto con il
Ministro delle infrastrutture e trasporti: anche in tal caso non e'
in alcun modo prevista l'intesa con le amministrazioni regionali che,
invece, secondo i principi posti dalla Corte costituzionale nella
piu' volte citata sentenza n. 303/2003, sarebbe imprescindibile, in
considerazione dell'interferenza di detti interventi con le
attribuzioni costituzionali delle regioni relative al governo del
territorio.
Le argomentazioni sopra addotte evidenziano la sussistenza nel
caso in esame del rischio di un pregiudizio irreparabile
all'interesse pubblico che, ai sensi dell'art. 35 della legge
11 marzo 1953, n. 87, come sostituito dall'art. 9 della legge
5 giugno 2003, n. 131, consente alla Corte di sospendere l'esecuzione
dell'atto impugnato.
Infatti l'esecuzione dell'impugnata normativa imporrebbe
l'attivazione delle procedure di condono da parte dei comuni, tra
l'altro con ingenti spese per far fronte all'organizzazione
dell'attivita', neppure coperte dagli introiti del condono, posto
che, ai sensi dell'art. 32, quarantunesimo comma, la quota del 30%
delle somme da trasferire ai comuni da parte dello Stato non si
riferisce all'intero gettito delle oblazioni ma solo a quello
riscosso a titolo di conguaglio ed e' dunque eventuale, differita e
sicuramente di poco rilievo.
Ancora l'esecuzione della normativa richiederebbe l'adeguamento
degli strumenti di pianificazione territoriale regionali, provinciali
e comunali, in base agli abusi condonati, piegando cosi' le esigenze
pubbliche di corretta pianificazione territoriale alla volonta' di
alcuni che, pur avendo commesso illeciti, sono riusciti a incidere
sull'uso del territorio e ad imporre il degrado urbanistico ed
ambientale conseguente alle loro illegalita'.
Ancora l'esecuzione del provvedimento mina alla radice il ruolo
della regione quale ente di governo del territorio: perche' mai i
cittadini toscani dovrebbero «prendere sul serio» le leggi emanate
dal legislatore toscano ed il sistema di sanzioni dallo stesso
introdotte, quando poi il legislatore nazionale ha il potere di
travolgere a colpi di decreti-legge tale articolata normativa? E'
evidente quindi non solo l'indebolimento, ma addirittura la
vanificazione del ruolo essenziale della regione.
A cio' va aggiunto, quale ulteriore irreparabile danno, la
situazione di incertezza che si crea, in attesa della definizione del
presente giudizio, per i cittadini destinatari della normativa.
Tutte le suddette conseguenze non potrebbero essere ripristinate
dalla pronuncia definitiva e pertanto sussiste l'irreparabilita' del
pregiudizio.


P. Q. M.
Si confida che la Corte costituzionale, previa sospensione
cautelare, dichiari l'illegittimita' costituzionale dell'art. 32,
commi 1, 3, 5, 6, 9, 10; da 14 a 20; 24; da 25 a 40, del
decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, per violazione degli
articoli 3, 97, 117, 118, 119 della Costituzione.
Firenze - Roma, addi' 6 novembre 2003
Avv. Lucia Bora - Avv. Fabio Lorenzoni

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