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N. 82 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 28 giugno 2006. |
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Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 28 giugno 2006 (della Regione Calabria)
(GU n. 35 del 30-8-2006) |
Ricorso per la Regione Calabria, in persona del l.r. pro tempore
(della Regione Calabria), presidente della giunta regionale on.le A.
Loiero, rappresentata e difesa, giusta Delibera G.R. e correlato
decreto dirigenziale di incarico, nonche' in virtu' di procura
speciale a margine del presente atto, dagli avvocati Giuseppe
Filippelli e Giuseppe Naimo dell'Avvocatura regionale, ed
elettivamente domiciliata in Roma, via Barberini, 86, presso lo
studio del prof. avv. Fabrizio Criscuolo;
Contro Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del
Presidente pro tempore.
Per la dichiarazione, previa sospensione di illegittimita'
costituzionale degli artt. 1, 5, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 16, 18,
27, 28 e 29 del d. lgs. 24 marzo 2006, n. 157, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 97 del 27 aprile 2006 - Suppl. ord. n. 102,
nella parte in cui sostituiscono, modificano e/o integrano gli
artt. 5, 135, 137, 138, 139, 140, 141, 142, 143, 144, 146, 148, 167,
181 e 182 del d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, nei limiti meglio
appresso indicati.
Si intende precisare preliminarmente la portata delle censure
mosse agli articoli sopra indicati.
Quanto all'art. 5, si censura l'introduzione del comma 3
dell'art. 135, nonche' il comma 1 nella parte in cui inserisce nuove
competenze statali.
Quanto all'art. 1, si censura la sostituzione all'art. 5, comma
6, delle parole «conferite alle regioni» con le parole «esercitate
dallo Stato e dalle regioni», ed al comma 7 delle parole «di cui ai»
con le parole: «esercitate dalle regioni ai sensi dei».
Quanto all'art. 7, si censura la parte del comma 2 del nuovo art.
137 ove dispone che le Commissioni regionali sono composte anche da
«due dirigenti preposti agli uffici regionali competenti in materia
di paesaggio. I restanti membri, in numero non superiore a quattro,
sono nominati dalla regione tra soggetti con qualificata, pluriennale
e documentata professionalita' ed esperienza nella tutela del
paesaggio, eventualmente scelti nell'ambito di terne designate,
rispettivamente, dalle universita' aventi sede nella regione, dalle
fondazioni aventi per statuto finalita' di promozione e tutela del
patrimonio culturale e dalle associazioni portatrici di interessi
diffusi individuate ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio
1986, n. 349.
Decorsi infruttuosamente sessanta giorni dalla richiesta di
designazione, la regione procede comunque alle nomine».
Quanto all'art. 8, si censura il comma 3 del nuovo art. 138 ove
dispone che «La commissione delibera entro sessanta giorni dalla
presentazione dell'atto di iniziativa. Decorso infruttuosamente il
predetto termine, la proposta e' formulata dall'organo richiedente o,
in mancanza, dagli altri soggetti titolari di organi statali o
regionali componenti della commissione, entro il successivo termine
di trenta giorni».
Quanto all'art. 9, si censura il comma 5 del nuovo art. 139 ove
riduce da 60 a 30 giorni il termine per comuni, citta' metropolitane
e le province per presentare osservazioni e documenti.
Quanto all'art. 10, si censura il comma 1 del nuovo art. 140
nella parte in cui fissa alla regione un termine perentorio di
sessanta giorni dalla data di scadenza dei termini di cui
all'articolo 139, comma 5, per l'emanazione del provvedimento.
Quanto all'art. 11, si censura il comma 1 del nuovo art. 141
nella parte in cui rimanda ai termini fissati dagli aritt. 138 e 139
(nella nuova formulazione).
Quanto all'art. 12, si censura il comma 1 del nuovo art. 142
nella parte in cui dispone che «Sono comunque di interesse
paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo Titolo».
Quanto all'art. 13, si censura il comma 3 del nuovo art. 143
nella parte in cui dispone che «Entro i novanta giorni successivi
all'accordo il piano e' approvato con provvedimento regionale.
Decorso inutilmente tale termine, il piano e' approvato in via
sostitutiva con decreto del Ministro, sentito il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio» ed il comma 4, ove
prevede che, nel caso in cui il piano sia stato approvato a seguito
dell'accordo di cui al comma 3, nel procedimento autorizzatorio di
cui agli articoli 146 e 147, sia obbligatorio (pur se non vincolante)
il parere del soprintendente, prima non previsto.
Quanto all'art. 14, si censura la soggiunta al comma 1 dell'art.
144, che prevede «A tale fine le regioni disciplinano mediante
apposite norme di legge i procedimenti di pianificazione
paesaggistica, in particolare stabilendo che a fare data
dall'adozione o approvazione preliminare del piano, da parte della
giunta regionale o del consiglio regionale, non sono consentiti per
gli immobili e nelle aree di cui all'articolo 134 tali interventi in
contrasto con le prescrizioni di tutela per essi previste nel piano
stesso».
Quanto all'art. 16, si censura la modifica al comma 10 del
previgente art. 146 (ora diventato comma 12) nella parte in cui
dall'espresso divieto di rilascio di autorizzazione paesaggistica in
sanatoria vengono ora espressamente esclusi i «casi di cui
all'articolo 167, commi 4 e 5», nonche' il comma 8 nella parte in cui
introduce un parere vincolante del Soprintendente ed il comma 3,
nella parte in cui disciplina eccessivamente in dettaglio la facolta'
di delega delle regioni.
Quanto all'art. 18, si censura la previsione del comma 2 del
nuovo art. 148 nella parte in cui individua le Commissioni come
«competenti per ambiti sovracomunali, in modo da realizzare il
necessario coordinamento paesaggistico».
Quanto all'art. 27, si censura la previsione del comma 4
dell'art. 167 nella parte in cui consente ora l'accertamento di
compatibilita' paesaggistica per gli stessi lavori compiuti dopo il
30 settembre 2004, che sono elencati secondo lo stesso identico testo
del comma 1-ter dell'art. 181 del d. lgs. n. 42/2004, nonche' il
successivo comma 5, che consente di presentare in qualunque momento
«apposita domanda all'autorita' preposta alla gestione del vincolo ai
fini dell'accertamento delle compatibilita' paesaggistica degli
interventi medesimi», ma dispone che «qualora venga accertata la
compatibilita' paesaggistica, il trasgressore e' tenuto al pagamento
di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e
il profitto conseguito mediante la trasgressione», mentre «in caso di
rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria», e precisa
altresi' che «la domanda di accertamento della compatibilita'
paesaggistica presentata ai sensi dell'articolo 181, comma 1-quater,
si intende presentata anche ai sensi e per gli effetti di cui al
presente comma», nonche' il comma 6, nella parte in cui sottrae somme
precedentemente assegnate alle Amministrazioni competenti,
sostituendo il riferimento all'art. 1 comma 37, lett. b) n. 1 della
legge n. 308/2004.
Quanto all'art. 28, si censura la modifica nella parte in cui
all'art. 181-ter ha soppresso l'applicazione delle «sanzioni
amministrative ripristinatorie».
Quanto all'art. 29, viene censurato nella parte in cui aggiunge
all'art. 182 il comma 3-bis, secondo cui «in deroga al divieto di cui
all'articolo 146, comma 12, sono conclusi dall'autorita' competente
alla gestione del vincolo paesaggistico i procedimenti relativi alle
domande di autorizzazione paesaggistica in sanatoria presentate entro
il 30 aprile 2004 non ancora definiti alla data di entrata in vigore
del presente comma, ovvero definiti con determinazione di
improcedibilita' della domanda per il sopravvenuto divieto, senza
pronuncia nel merito della compatibilita' paesaggistica
dell'intervento. In tale ultimo caso l'autorita' competente e'
obbligata, su istanza della parte interessata, a riaprire il
procedimento ed a concluderlo con atto motivato nei termini di legge.
Si applicano le sanzioni previste dall'articolo 167, comma 5», e il
comma 3-ter, ai sensi del quale «le disposizioni del comma 3-bis si
applicano anche alle domande di sanatoria presentate nei termini ai
sensi dell'articolo 1, commi 37 e 39, della legge 15 dicembre 2004,
n. 308, ferma restando la quantificazione della sanzione pecuniaria
ivi stabilita. Il parere della soprintendenza di cui all'articolo 1,
comma 39, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, si intende
vincolante».
Cosi' precisate le censure, questa difesa intende ora evidenziare
l'interesse a ricorrere della Regione Calabria.
Che il «paesaggio» sia oggetto di molteplici profili di
attenzione (con conseguente ricaduta di cio' sull'interesse della
regione ricorrente ad un corretto esercizio dell'attivita'
legislativa in materia) si ricava, oltre che dal testo della vigente
Costituzione e dalle pronunce di codesta Corte, anche dall'art. 5,
lett. d), della Convenzione europea del paesaggio, ratificata con
legge n. 14/2006: si legge infatti in tale atto che ogni Parte si
impegna a «itegrare il paesaggio nelle politiche di pianificazione
del territorio, urbanistiche e in quelle a carattere culturale,
ambientale, agricolo, sociale ed economico, nonche' nelle altre
politiche che possono avere un'incidenza diretta o indiretta sul
paesaggio».
Cio' posto, in forza dell'art. 117, terzo comma, Cost. (che
sancisce la competenza concorrente regionale in tema di
valorizzazione dei beni ambientali) nonche' dell'art. 117, 3 e 4
comma Cost. (che prevede, in materia di edilizia ed urbanistica, la
competenza residuale delle regioni; mentre nella materia di «governo
del territorio» - intesa come «l'insieme delle norme che consentono
di identificare e graduare gli interessi in base ai quali possono
essere regolati gli usi ammissibili del territorio», v. Corte cost.,
sent. n. 196/2004 - la competenza concorrente Stato - regioni) e
dell'art. 118 (in ordine alle funzioni proprie degli enti locali in
ordine al governo delle destinazioni urbanistiche del territorio),
appare evidente che alle regioni ed agli enti locali e' oggi
riconosciuta al riguardo una competenza legislativa (e/o
amministrativa) piu' ampia, per oggetto, di quella contemplata
nell'originario testo dell'art. 117 Cost.; per contro, le norme
impugnate incidono pesantemente sulle competenze pianificatorie
regionali (ad esempio, la nuova formulazione dell'art. 142, comma 1,
concretizza il ritorno ad una illimitata vigenza del vincolo gravante
sulle categorie di beni individuati dalla legge Galasso, non piu'
condizionata dalla approvazione del piano paesistico) e sulla
possibilta' per la regione di disciplinare autonomamente i correlati
procedimenti per la parte che le compete, ponendo vincoli
eccessivamente stringenti (anche sotto il profilo temporale) ai
margini operativi dell'ente regionale, vanificando la legislazione
regionale adottata in materia (nel caso di specie, leggi regionali
nn. 19/2002 e 10/2003) e compatibile con la precedente formulazione,
nonche' sulle funzioni proprie di comuni e province, ex artt. 114 e
118 Cost.
Ancora, la modifica dell'art. 5 da parte dell'art. 1 del d. lgs.
n. 157/2006 comporta un complessivo arretramento del livello delle
funzioni pianificatorie proprie delle regioni, che la precedente
formulazione - in linea di continuita' con quanto disposto dal d.PR
n. 8/1972 - riteneva competessero esclusivamente alle regioni «sono
conferite alle regioni», mentre col nuovo testo passano ad essere
solo «esercitate» dalle regioni, peraltro in posizione di
subalternita' allo Stato; coerentemente - sempre sulla linea del
progressivo svuotamento delle linee guida del testo previgente -
l'art. 5 modifica il comma 1 dell'art. 135 prevedendo funzioni
statali precedentemente assegnate esclusivamente alle regioni.
Tali norme, inoltre, escludono totalmente i comuni dalla
possibilita' di gestire i vincoli urbanistici ed ambientali
all'interno del loro territorio, ed impongono sia all'ente regione
sia agli enti locali presenti nella regione ambiti territoriali
predeterminati senza alcuna logica.
Quanto poi alle norme «sanzionatorie», il sostanziale
allentamento del vincolo e la riduzione delle sanzioni, con
conseguente maggiore possibilita' di ottenere la sanatoria per
«lavori di qualsiasi natura» realizzati in zona vincolata, non solo
dal punto di vista strettamente ambientale, ma anche, in concreto,
sotto il profilo urbanistico (si veda, ad esempio, la nuova
formulazione dell'art. 146, comma 12), incide non solo sulla materia
del governo del territorio, ma anche sulla valorizzazione dei beni
ambietali, la cui fruibilita' sara' obiettivamente ridotta dalla piu'
semplice e quasi automatica concessione della sanatoria a fini
ambientali, con conseguente - in ipotesi di opere edilizie - maggior
carico urbanistico in zone protette, e conseguente maggior onere
anche finanziario per tutti gli enti regionali e sub regionali.
Si e' infatti in concreto introdotta una «condonabilita' edilizia
permanente», che prima delle modifiche apportate con il d.lgs.
n. 157/2006 non era possibile ottenere anche per abusi commessi in
zona vincolata, dal momento che il rilascio di «autorizzazioni
paesaggistiche postume» o «autorizzazioni paesaggistiche in
sanatoria» e' sempre stato escluso dalla disciplina previgente.
Conforto a quanto sopra, in punto di «arretramento» rispetto a
posizioni ormai ritenute acquisite, si puo' trarre anche dal d. lgs.
n. 112/1998 cui questa Corte (sent. n. 94/2003) ha riconosciuto di
poter far riferimento per individuare le linee guida di ripartizione
di competenze tra lo Stato e gli altri Enti: quanto ai poteri
sostitutivi, la linea tracciata dall'art. 5 del citato decreto
risulta «travolta», sia in punto di competenza sia in punto di
previsione di termini temporali; quanto alle modalita' di esercizio
delle funzioni da parte delle regioni, si evidenzia il sensibile
arretramento da «conferimento» (v., ad esempio, art. 56 d. lgs.
n. 112/1998 e, coerentemente, art. 5, comma 6, d. lgs. n. 42/2004
nella formulazione previgente) all'esercizio congiunto (art. 5, comma
6, d. lgs. n. 42/2004 per come modificato dall'art. 1 d. lgs.
n. 157/2006).
Si vedano anche gli artt. 52, 54, 57 e 73 del piu' volte
richiamato d. lgs. n. 112/1998, che illustrano perfettamente
l'inammissibile regresso in punto di competenze regionali operato
dalla norme censurate.
Infine, la sanatoria sopra indicata e la modifica all'art. 167,
comma 6, operata dall'art. 27, sottraggono risorse alla regione agli
enti locali, comportando per contro spese particolarmente ingenti e
di vario genere a carico della regione e degli enti locali, a fronte
di una compartecipazione al gettito delle operazioni di sanatoria
realmente esigua, con conseguente violazone dell'art. 119 Cost.
Delineato l'interesse a ricorrere, questa difesa intende
sottoporre a codesta ecc.ma Corte costituzionale i parametri in base
ai quali ritiene le norme sopra indicate non conformi alla
Costituzione.
A) Violazione artt. 76 e 77 cost., art. 10 legge n. 137/2002;
violazione del principio di effettiva e leale collaborazione.
Come ricavabile dai pareri resi dalla Conferenza Unificata - in
adesione alla previsione dell'art. 10, comma 3, l. 137/2002, in sede
di approvazione del d. lgs. 157/2006, a differenza di quanto avvenuto
in sede di approvazione del d. lgs. 42/2004, il Ministero ha
sottoposto alle Regioni un articolato autonomamente definito da una
Commissione di esperti, senza alcun preliminare confronto, che aveva
invece caratterizzato l'approvazione del c.d «Codice Urbani».
Gia' solo cio' sarebbe sufficiente ad inficiare le norme
impugnate: il principio di leale collaborazione deve essere infatti
caratterizzato da effettivita', pena la riduzione dello stesso ad uno
sterile e vuoto rituale. Ma vi e' di piu': il comma 4 del citato art.
10 prevede che «Disposizioni correttive ed integrative dei decreti
legislativi di cui al comma 1 possono essere adottate, nel rispetto
degli stessi principi e criteri direttivi e con le medesime procedure
di cui al presente articolo».
Ora - per limitare, al momento, la valutazione al principio di
leale collaborazione sopra invocato - non e' revocabile in dubbio che
l'iter procedurale che ha portato all'approvazione del d. lgs.
42/2004 sia totalmente diverso dall'iter che ha condotto
all'approvazione delle norme qui censurate, con ogni piu' evidente
conseguenza sul punto.
Ma la violazione della legge delega non si esaurisce sotto
l'invocato profilo procedimentale, bensi' si sostanzia in altrettanto
gravi violazioni sostanziali.
E' infatti realmente difficile per chiunque sostenere che le
norme dettagliatamente sopra indicate si siano limitate a «correggere
ed integrare» le norme preesistenti.
Al contrario, esse si sostanziano in quanto segue: l'introduzione
«ex novo» di una dettagliata definzione del contenuto dei piani
paesistici (art. 5); il regresso dalla attribuzione esclusiva alle
regioni delle funzioni di valorizzazione del territorio al mero
esercizio congiunto (art. 5); il porre un vincolo prima inesistente
alla potesta' legislativa regionale (art. 14) e disciplinare
eccessivamente in dettaglio la facolta' di delega delle regioni (art.
16) o l'ambito territoriale di riferimento (art. 18); la modifica
della composizione delle Commissioni regionali, per le quali lo
stesso Capo dell'Ufficio Legislativo del Ministero B.A.C. riconosce
(p. 5 memoria del 25 gennaio 2006) che la competenza a disciplinare
le Commissioni «spetta alle regioni», salvo poi dettare una norma di
eccessivo dettaglio, che impedisce alla regione qualunque margine di
autonomia sul punto (art. 7); fissazione di termini perentori prima
non previsiti e/o riduzione di termini gia' fissati ad una misura
assolutamente incongrua, con istituzione di poteri sostitutivi in
capo al Ministro (artt. 8 - 11, 13); eliminazione della potesta'
pianificatoria regionale, riconosciuta dalla precedente formulazione
«Fino all'approvazione del piano paesaggistico ai sensi dell'articolo
156,.» (art. 12); la previsione di un parere obbligatorio prima non
richiesto (art. 13); l'aver introdotto, per i lavori relativi ad
abusi di tipo formale, la possibilita' del rilascio della
«autorizzazione paesaggistica postuma». Infatti, ora l'autorizzazione
paesaggistica puo' essere rilasciata «in sanatoria» successivamente
alla realizzazione, anche parziale, degli interventi: il disposto
legislativo suddetto, infatti, non e' riferito all'art. 181 del
«Codice» non attiene quindi alla «sanatoria» dei reati penali, ma
riguarda espressamente la disciplina urbanistica della «concessione
in sanatoria» per abusi formali in zona vincolata di cui sia stato
verificato tanto l'accertamento di conformita' urbanistica quanto
l'accertamento di compatibilita' paesaggistica mediante il rilascio
della autorizzazione paesaggistica postuma (art. 16); l'introduzione
di un parere vincolante, peraltro con riferimento ad altra norma
(art. 143, comma 4), che invece prevede un parere obbligatorio ma non
vincolante (sempre l'art. 16); la soppressione delle sanzioni
amministrative ripristinatorie (art. 28); l'introduzione della sopra
indicata (con formula sintetica) condonabilita' permanente (artt. 27
e 29); la sottrazione di risorse precedentemente assegnate (art. 27).
Tali norme, come e' agevole rilevare, stravolgono completamente
l'impianto originale del c.d «Codice Urbani», e quindi esulano in
radice dalle possibilita' «residuali» riconosciute in misura
«minimale» dalla norma sopra indicata al Legislatore delegato.
Prova di quanto sopra dedotto si trae anche da un ulteriore
argomento difficilmente contrastabile: a fine 2004, per apportare
alcune modifiche sostanziali al d. lgs. 42/2004, il Legislatore -
ritenuta evidentemente esaurita la delega concessa al Governo - ha
sostituito e/o modificato i commi 3 e 4 dell'art. 167, nonche'
aggiunto i commi 1-bis, 1-ter e 1-quater dell'art. 181 con la legge
15 dicembre 2004, n. 308.
Ora, non solo il Legislatore delegato ha attivato impropriamente
- per apportare modifiche rivoluzionarie all'intero corpo normativo -
la potesta' «integrativa» ormai esaurita, ma ha addirittura
modificato alcune delle modifiche apportate direttamente dal
Parlamento: infatti, l'art. 27 ha riformulato i commi 3 e 6 dell'art.
167, che erano stati - con diversa numerazione - inseriti
dall'art. 1, comma 36, lett. a) e b) della legge n. 308/2004; l'art.
28 ha invece soppresso alcune significative previsioni inserite
dall'art. 1, comma 36, lett. c), legge 15 dicembre 2004, n. 308 ed
implicitamente abrogato il comma 39 della medesima legge.
Tutte le disposizioni sopra indicate hanno, con tutta evidenza,
comportato una complessiva rinconsiderazione ab imis della materia,
con un considerevole ampliamento dei compiti dello Stato rispetto
alle funzioni attribuite alle regioni dal testo previgente, regioni
che dovranno subire (unitamente agli enti locali) gli effetti - anche
sotto il profilo di un maggiore e non previsto aggravio di carico
delle proprie strutture amministrative - della indiscriminata
sanatoria sopra esposta.
Pare a chi scrive che il lamentato eccesso di delega appaia in
tutta la sua evidenza!
B) Violazione artt. 114, 117 e 118 cost.
Come gia' sopra delineato, non e' discutibile la competenza di
regioni e comuni - in seguito alla modifica delle norme
costituzionali sopra invocate - in materia di interventi di
pianificazione e controllo locale.
La normativa impugnata, pur comportando la necessita' di
apprestare appositi strumenti urbanistici e soluzioni di governo del
territorio che tengano conto delle conseguenze della disciplina
statale impugnata, riduce drasticamente i margini di autonomia delle
regioni e degli enti locali, i quali sarannoo costretti a subire,
anziche' governare, le destinazioni urbanistiche del territorio e la
ridotta valorizzabilita' dei beni ambientali, con un radicale
svuotamento del principio di sussidiarieta' da parte della disciplina
impugnata «in un ambito caratterizzato sia da funzioni indubbiamente
proprie delle regioni, che da un'area di tradizionale titolarita' di
funzioni di gestione amministrativa da parte dei Comuni» (Corte Cost.
sent. n. 196/2004, cit.).
Come gia' sopra indicato in dettaglio, la previsione (artt. 8, 11
e 13) di termini concretamente troppo brevi (rispettivamente, 30, 60
e 90 gg.) alla luce della complessita' delle valutazioni richieste
agli enti interessati.
Inoltre, i poteri sostitutivi in capo al Ministero (ad es., art.
11, in relazione alla proposta di istituzione di nuovi vincoli
paesaggistici) appaiono dettati in violazione ai principi piu' volte
indicati da codesta Corte in materia, soprattutto in relazione alla
mancata previsione di adeguate garanzie procedurali in favore
dell'ente «sostituito» in ordine alla possibilita' di interloquire
col Ministero (ord. Corte cost. n. 53/2003), fondandosi l'esercizio
del potere sostitutivo esclusivamente sul decorso dei brevissimi
termini sopra indicati, e in ordine alla tipologia di attivita' per
le quali il potere e' azionabile, non risultando rivolto - nel caso
di specie - al compimento «di atti o attivita' prive di
discrezionalita» (ex plurimis, Corte cost. sent. n. 177/1988).
Ancora, l'introduzione di un parere vincolante, peraltro con
riferimento ad altra norma (art. 143, comma 4), che invece prevede un
parere obbligatorio ma non vincolante (art. 16) comporta
l'istituzione di un sindacato di merito che priva di qualunque
autonomia regioni ed EE.LL.
Senza ripetere - per non tediare la Corte - l'elencazione delle
innovazioni introdotte, e dettagliatamente indicate alla lett. a),
esse appaiono tutte finalizzate - ciascuno secondo la concreta
modalita' individuata - a ridurre i margini di azione riconosciuti
dalla precedente formulazione principalmente alle regioni (sia sotto
il profilo normativo che sotto il profilo amministrativo, soprattutto
in materia di delega) ed anche agli enti locali, nonche' ad imporre -
a seguito delle innovazioni introdotte dagli artt. 16, 27, 28 e 29,
in relazione ai quali si rimanda a quanto gia' ampiamente esposto
supra soprattuto in punto di interesse a ricorrere - ai medesimi enti
carichi (anche finanziari, sia in termine di riduzione di
trasferimenti sia in termni di mancate entrate per ridotta
fruibilita' dei beni ambientali) in relazioni ai quali non viene
riconosciuto loro alcuna concreta incidenza.
C) Violazione art. 119 cost.
E' pacifico che l'art. 119, comma 4, Cost. affermi che le normali
entrate dei comuni devono consentire «di finanziare integralmente le
funzioni pubbliche loro attribuite».
La modifica (da «per effetto dell'articolo 1, comma 38, secondo
periodo» a «per effetto dell'articolo 1, comma 37, lettera b), n. 1),
della legge 15 dicembre 2004, n. 308») dell'art. 167 comporta una
illegittima sottrazione di risorse.
ISTANZA DI SOSPENSIONE
Il ricorso appare fondato; tale istanza, in applicazione
dell'art. 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), come
sostituito dall'art. 9 della legge 5 giugno 2003, n. 131
(Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica
alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), appare
assolutamente indispensabile, in quanto vi e' la ragionevole
possibilita' nelle more di veder conformare rapporti in base ad una
normativa la cui legittimita' e' contestata, e cio' determinerebbe
una situazione di fatto tale da rendere assai difficile e costoso
riportare lo status quo ante nel caso di esito positivo della
decisione nel merito, mentre non deriverebbe nessun pregiudizio ad
interessi costituzionalmente garantiti ove invece quest'ultima fosse
sospesa.
P. Q. M.
Si insiste perche' l'adita Corte costituzionale voglia, previo
accoglimento della richiesta di sospensione dell'efficacia delle
norme impugnate, dichiarare le stesse costituzionalmente illegittime
per le ragioni sopra espresse.
Salvis juribus.
Catanzaro-Roma, addi' 20 giugno 2006
Avv. Giuseppe Filippelli - Avv. Giuseppe Naimo
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