Ricorso n. 82 del 7 ottobre 2009 (Regione Marche)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 ottobre 2009 , n. 82
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 ottobre 2009 (della Regione Marche).
(GU n. 45 dell'11-11-2009)
Ricorso della Regione Marche, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, a cio' autorizzato con deliberazioni della Giunta regionale, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Stefano Grassi del Foro di Firenze ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in Roma, piazza Barberini n. 12, come da procura speciale per atto del notaio Stefano Sabatini di Ancona, n. rep. 49535 del 23 settembre 2009; Contro lo Stato, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale in parte qua della legge 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonche' in materia di energia), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 31 luglio 2009, n. 176, supplemento ordinario, art. 25, in particolare, comma 2, lettere a), f), g), h); nonche' art. 26, comma 1, per violazione degli articoli 3, 117, terzo e stesto comma, 118 e 120, secondo comma, della Costituzione, nonche' del principio di «leale collaborazione». 1. - L'art. 25 della legge n. 99 del 2009 dispone una delega legislativa al Governo finalizzata ad una riforma complessiva della normativa attualmente vigente in materia di produzione di energia da fonte nucleare. Il comma 1 prevede, infatti, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della delega, l'emanazione di «uno o piu' decreti legislativi di riassetto normativo recanti la disciplina della localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonche' dei sistemi per il deposito definitivo dei materiali e rifiuti radioattivi e per la definizione delle misure compensative da corrispondere e da realizzare in favore delle popolazioni interessate». L'oggetto della delega e' direttamente riconducibile (e comunque destinato ad incidere fortemente) in ambiti di competenza legislativa concorrente di cui all'art. 117, terzo comma, Cost., quali «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» e «governo del territorio». Tale incidenza e' ancor piu' evidente, se si considera l'ulteriore estensione degli oggetti affidati al legislatore delegato, ad opera dell'ultimo periodo dello stesso comma 1, secondo il quale «con i medesimi decreti sono altresi' stabiliti le procedure autorizzative e i requisiti soggettivi per lo svolgimento delle attivita' di costruzione, di esercizio e di disattivazione degli impianti di cui al primo periodo». La delega assume senza dubbio la finalita' di riformare e non semplicemente di riordinare l'ordinamento esistente: ad essa, pertanto, non puo' che essere riconosciuta natura «innovativa». A dimostrazione della inconfutabilita' di una simile interpretazione della portata della delega debbono essere considerati almeno due elementi: da un lato, l'attribuzione esplicita al Governo del compito di procedere al «riassetto normativo», espressione pacificamente intesa, a tutti i livelli, come riferita ad interventi di «modifica sostanziale» delle discipline vigenti in un determinato settore; dall'altro lato, l'indicazione, quali vincoli di contenuto imposti al legislatore delegato, di principi e criteri direttivi - quelli di cui all'art. 20 della legge n. 59 del 1997 e quelli, ancor piu' specifici, individuati nel successivo comma 2 - particolarmente atti ad orientare una vera e propria opera di riforma delle normative esistenti e non una semplice loro ricognizione e semplificazione formale. Quanto al procedimento di attuazione della delega, l'art. 25, sempre al comma 1, prevede il potere di proposta del Ministro dello sviluppo economico, il concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il semplice parere della Conferenza unificata di cui all'art. 8 del d.lgs. n. 281 del 1997, nonche' il consueto parere delle Commissioni parlamentari competenti. Il comma 2 dell'art. 25 e' espressamente dedicato alla individuazione dei principi e criteri direttivi specifici della delega. Tra questi, vengono in considerazione, ai fini della lesione delle attribuzioni legislative e amministrative spettanti alle regioni, soprattutto quelli contemplati nelle lettere a), f), g) e h); in particolare: nella lettera a) viene imposto al Governo di prevedere una nuova funzione amministrativa statale consistente nella «possibilita' di dichiarare i siti [in questione] aree di interesse strategico nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e protezione»; nella lettera f) si obbliga il legislatore delegato a disciplinare le «modalita' di esercizio del potere sostitutivo del Governo in caso di mancato raggiungimento delle necessarie intese con i diversi enti locali coinvolti, secondo quanto previsto dall'art. 120 della Costituzione»; nella lettera g) viene imposta - quale contenuto obbligatorio dei decreti legislativi attuativi della delega - la previsione di una «autorizzazione unica», con la «previa intesa della Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni», per «la costruzione e l'esercizio di impianti per la produzione di energia elettrica nucleare e di impianti per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi o per lo smantellamento di impianti nucleari a fine vita e tutte le opere connesse», in quanto «considerati attivita' di preminente interesse statale»; nella lettera h), infine, si precisa che l'autorizzazione unica dovra' essere rilasciata all'esito di un procedimento unico, in relazione al quale e' espressamente contemplata la garanzia della mera «partecipazione» delle amministrazioni interessate. L'art. 26, comma 1, della legge indicata in epigrafe, con norma di immediata applicazione, si pone a completamento del disegno riformatore di cui all'articolo precedente, stabilendo che «con delibera del CIPE, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e previo parere della Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le Commissioni parlamentari competenti, sono definite le tipologie degli impianti per la produzione di energia elettrica nucleare che possono essere realizzati nel territorio nazionale. La Conferenza unificata si esprime entro sessanta giorni dalla richiesta, trascorsi i quali il parere si intende acquisito». La norma, che attribuisce al livello statale una potesta' normativa secondaria o, al piu', una potesta' di amministrazione generale, e' direttamente riconducibile alla materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», incidendo indirettamente anche sul «governo del territorio», materie entrambe contemplate tra quelle di potesta' legislativa concorrente di cui all'art. 117, terzo comma, Cost. 2. - La Regione Marche ha espresso la volonta' di impugnare davanti a questa Corte le citate disposizioni della legge n. 99 del 2009, perche' costituzionalmente illegittime e lesive dell'autonomia che la Costituzione riconosce e garantisce alla stessa Regione ricorrente, per i seguenti motivi di D i r i t t o Illegittimita' costituzionale dell'art. 25, comma 2, lettera a), della legge indicata, per violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., nonche' del principio di leale collaborazione cosi' come elaborato nella giurisprudenza della Corte costituzionale. 3. - Come si e' gia' fatto cenno, tra i principi e criteri direttivi della delega legislativa, il comma 2 dell'art. 25, alla lettera a), individua la «previsione della possibilita' di dichiarare i siti aree di interesse strategico nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e di protezione». Tali siti, come e' del tutto naturale, non possono che essere quelli concernenti la localizzazione degli impianti individuati nel comma 1 del medesimo articolo, ossia degli «impianti di produzione di energia elettrica nucleare» e degli «impianti di fabbricazione del combustibile nucleare». E' dunque evidente che la disposizione impugnata, considerato il necessario riferimento ai tipi di impianti appena menzionati, prevede l'attribuzione in capo ad organi dello Stato di una funzione amministrativa nella materia di potesta' legislativa concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» di cui all'art. 117, terzo comma, Cost. e che la suddetta funzione amministrativa, consistendo nella dichiarazione dei siti quali «aree di interesse strategico nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e di protezione», finisce con il determinare in concreto la vera e propria localizzazione degli impianti in questione, con grave impatto anche sulle competenze regionali in materia di «governo del territorio». Si tratta del ben noto fenomeno che questa Corte ha da tempo indicato come «chiamata in sussidiarieta'» da parte dello Stato di funzioni amministrative in materie nelle quali al legislatore statale sarebbe ordinariamente precluso, in forza del solo art. 117 Cost., dettare una disciplina dettagliata ed esaustiva. Ma, in questi casi, la necessita' di allocare una funzione amministrativa al livello degli organi statali, in forza dell'art. 118 Cost., puo' costituire il legittimo fondamento di una simile disciplina legislativa, purche' siano rigorosamente rispettate alcune condizioni che la giurisprudenza di questa Corte ha individuato con estrema chiarezza. Proprio nella materia dell'energia, tali chiarimenti risultano da ultimo precisati, in via generale, nella sent. n. 383 del 2005, con la quale sono stati definiti - facendo applicazione proprio dello statuto costituzionale della «chiamata in sussidiarieta'» - i giudizi di legittimita' costituzionale concernenti i piu' rilevanti interventi sulla legislazione nel settore energetico degli ultimi anni. In questa sentenza (par. 15 del Considerato in diritto), questa Corte muove dalla considerazione secondo la quale «non sembrano esservi problemi al fine di giustificare in linea generale disposizioni legislative come quelle in esame dal punto di vista della ragionevolezza della chiamata in sussidiarieta', in capo ad organi dello Stato, di funzioni amministrative relative ai problemi energetici di livello nazionale, al fine di assicurare il loro indispensabile esercizio unitario, resta invece da verificare analiticamente se sussistano le altre condizioni che la giurisprudenza di questa Corte ha individuato come necessarie perche' possa essere costituzionalmente ammissibile un meccanismo istituzionale del genere, che oggettivamente incide in modo significativo sull'ambito dei poteri regionali». La sentenza prosegue ricordando quanto gia' chiarito nella sentenza n. 6 del 2004, ossia la necessita' «che la legislazione "detti una disciplina logicamente pertinente, dunque idonea alla regolazione delle suddette funzioni, e che risulti limitata a quanto strettamente indispensabile a tal fine"; inoltre, "essa deve risultare adottata a seguito di procedure che assicurino la partecipazione dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti di leale collaborazione o, comunque, deve prevedere adeguati meccanismi di cooperazione per l'esercizio concreto delle funzioni amministrative allocate agli organi centrali". Infatti, nella perdurante assenza di ogni innovazione nei procedimenti legislativi statali diretta ad assicurare il necessario coinvolgimento delle regioni, la legislazione statale che preveda e disciplini il conferimento delle funzioni amministrative a livello centrale nelle materie affidate alla potesta' legislativa regionale "puo' aspirare a superare il vaglio di legittimita' costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita' concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealta'" (sentenza n. 303 del 2003)». In concreta applicazione di tali principi, la stessa sent. n. 383 del 2005 (par. 25 del Considerato in diritto) ha significativamente dichiarato l'illegittimita' costituzionale, tra le altre, della norma contenuta nella legge n. 239 del 2004 che - in termini del tutto analoghi a quelli della norma che qui si censura - prevedeva la competenza dello Stato in tema di «individuazione delle infrastrutture e degli insediamenti strategici, ai sensi della legge 21 dicembre 2001, n. 443, e del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, al fine di garantire la sicurezza strategica, ivi inclusa quella degli approvvigionamenti energetici e del relativo utilizzo, il contenimento dei costi dell'approvvigionamento energetico del Paese, lo sviluppo delle tecnologie innovative per la generazione di energia elettrica e l'adeguamento della strategia nazionale o quella comunitaria per le infrastrutture energetiche». Secondo quanto ha rilevato allora questa Corte, infatti, il generico richiamo alla disciplina contenuta nella legge n. 443 del 2001 e nel d.lgs. n. 190 del 2002 «non consente di ritenere che la previsione in questione salvaguardi l'indispensabile ruolo spettante alle autonomie regionali nell'individuazione delle infrastrutture e degli insediamenti strategici necessari per garantire il soddisfacimento delle esigenze del settore energetico e, in particolare, che assicuri che anche tale individuazione sia effettuata d'intesa con le regioni e le province autonome interessate, cosi' come espressamente dispone il citato comma 1 dell'art. 1 della legge n. 443 del 2001 gia' scrutinato da questa Corte nella sentenza n. 303 del 2003. La predisposizione di un programma di grandi infrastrutture per le finalita' indicate dalla disposizione impugnata implica necessariamente una forte compressione delle competenze regionali non soltanto nel settore energetico ma anche nella materia del governo del territorio, di talche', come gia' sottolineato nel par. 15, e' condizione imprescindibile per la legittimita' costituzionale dell'attrazione in sussidiarieta' a livello statale di tale funzione amministrativa, la previsione di un'intesa in senso forte con le regioni nel cui territorio l'opera dovra' essere realizzata». Pertanto, alla luce della giurisprudenza costituzionale appena richiamata, la norma contenuta nell'art. 25, comma 2, lettera a), della legge n. 99 del 2009, nella parte in cui impone al legislatore delegato di prevedere, in materie di legislazione concorrente, una nuova funzione amministrativa allocata in capo ad organi dello Stato, consistente nella possibilita' di dichiarare «aree di interesse strategico nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e protezione» i siti concernenti la localizzazione sul territorio di impianti di produzione di energia elettrica nucleare e di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, si pone in contrasto con gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., nonche' con il principio di leale collaborazione, dal momento che non prevede, al contempo, che la suddetta funzione amministrativa sia esercitata attraverso un meccanismo di codecisione paritaria, ossia mediante l'intesa forte, con le Regioni territorialmente interessate. La norma impugnata, peraltro, risulta costituzionalmente illegittima anche per la parte in cui i siti da dichiarare aree di interesse strategico nazionale siano, in ipotesi, quelli riconducibili ad altri ambiti oggettivi della delega legislativa in questione e, in particolare, ai «sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi», nonche' ai «sistemi per il deposito definitivo dei materiali e rifiuti radioattivi» cui fa riferimento il comma 1 dell'art. 25. In relazione a tali tipologie di siti, infatti, si potrebbe ritenere che l'ambito di potesta' legislativa che fornisce il titolo di intervento al legislatore statale sia costituito dalla materia di legislazione esclusiva «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. Tuttavia, anche in tali ipotesi, la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto necessaria la previsione di idonee forme di partecipazione al procedimento delle regioni interessate. Proprio in un caso del tutto analogo a quello che qui si prospetta, la sent. n. 62 del 2005 (par. 15 del Considerato in diritto) ha rilevato che «la localizzazione e la realizzazione di un unico impianto destinato a consentire lo smaltimento dei rifiuti radioattivi potenzialmente piu' pericolosi, esistenti o prodotti sul territorio nazionale, costituiscono certamente compiti il cui esercizio unitario puo' richiedere l'attribuzione della competenza ad organi statali», dal momento che «l'attribuzione delle funzioni amministrative il cui esercizio sia necessario per realizzare interventi di rilievo nazionale puo' essere disposta, in questo ambito, dalla legge statale, nell'esercizio della competenza legislativa esclusiva di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, e in base ai criteri generali dettati dall'art. 118, primo comma, della Costituzione, vale a dire ai principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza». Nel passaggio immediatamente successivo della stessa sentenza, pero', questa Corte ha precisato che «tuttavia, quando gli interventi individuati come necessari e realizzati dallo Stato, in vista di interessi unitari di tutela ambientale, concernono l'uso del territorio, e in particolare la realizzazione di opere e di insediamenti atti a condizionare in modo rilevante lo stato e lo sviluppo di singole aree, l'intreccio, da un lato, con la competenza regionale concorrente in materia di governo del territorio, oltre che con altre competenze regionali, dall'altro lato con gli interessi delle popolazioni insediate nei rispettivi territori, impone che siano adottate modalita' di attuazione degli interventi medesimi che coinvolgano, attraverso opportune forme di collaborazione, le regioni sul cui territorio gli interventi sono destinati a realizzarsi (cfr. sentenza n. 303 del 2003)». Anche per questa parte, dunque, la norma impugnata viola le attribuzioni costituzionali che gli arti. 117, terzo comma, e 118 Cost., riconoscono alle regioni, nonche' il principio di leale collaborazione, laddove non prevede che la funzione amministrativa allocata in capo ad organi dello Stato debba essere esercitata mediante adeguate forme di partecipazione al procedimento delle autonomie regionali. Illegittimita' costituzionale dell'art. 25, comma 2, lettera f), della legge indicata, per violazione degli artt. 3, 117, terzo comma, 118 e 120, secondo comma, Cost., nonche' del principio di leale collaborazione cosi' come elaborato nella giurisprudenza della Corte costituzionale. 4. - La disposizione censurata, ancora tra i principi e criteri direttivi della delega, contempla la «determinazione delle modalita' di esercizio del potere sostitutivo del Governo in caso di mancato raggiungimento delle necessarie intese con i diversi enti locali coinvolti, secondo quanto previsto dall'art. 120 della Costituzione». Tale previsione, nella parte in cui determina il sostanziale svuotamento di significato delle intese in senso forte con la regione interessata necessarie a garantire la legittimita' costituzionale delle fattispecie di «chiamata in sussidiarieta'» di funzioni amministrative presso organi statali nelle materie di competenza legislativa concorrente che vengono in rilievo nel caso di specie (cfr. le gia' richiamate «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» e «governo del territorio»), si pone, innanzitutto, in palese contrasto con gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost.,. nonche' con il principio di leale collaborazione. Questa Corte, invero, nella sent. n. 383 del 2005 (par. 30 del Considerato in diritto), ha gia' avuto modo di dichiarare l'illegittimita' costituzionale, proprio per tali ragioni, di una norma legislativa statale sostanzialmente identica a quella qui censurata. In quel caso, infatti, e' stato definitivamente chiarito che «il secondo comma dell'art. 120 Cost. non puo' essere applicato ad ipotesi, come quella prevista dalla disciplina impugnata, nelle quali l'ordinamento costituzionale impone il conseguimento di una necessaria intesa fra organi statali e organi regionali per l'esercizio concreto di una funzione amministrativa attratta in sussidiarieta' al livello statale in materie di competenza legislativa regionale e nella perdurante assenza di adeguati strumenti di coinvolgimento delle regioni nell'ambito dei procedimenti legislativi dello Stato. Nell'attuale situazione, infatti, come questa Corte ha piu' volte ribadito a partire dalla sentenza n. 303 del 2003 (cfr., da ultimo, le sentenze n. 242 e n. 285 del 2005), tali intese costituiscono condizione minima e imprescindibile per la legittimita' costituzionale della disciplina legislativa statale che effettui la "chiamata in sussidiarieta'" di una funzione amministrativa in materie affidate alla legislazione regionale, con la conseguenza che deve trattarsi di vere e proprie intese "in senso forte", ossia di atti a struttura necessariamente bilaterale, come tali non superabili con decisione unilaterale di una delle parti. In questi casi, pertanto, deve escludersi che, ai fini del perfezionamento dell'intesa, la volonta' della regione . interessata possa essere sostituita da una determinazione dello Stato, il quale diverrebbe in tal modo l'unico attore di una fattispecie che, viceversa, non puo' strutturalmente ridursi all'esercizio di un potere unilaterale. L'esigenza che il conseguimento di queste intese sia non solo ricercato in termini effettivamente ispirati alla reciproca leale collaborazione, ma anche agevolato per evitare situazioni di stallo, potra' certamente ispirare l'opportuna individuazione, sul piano legislativo, di procedure parzialmente innovative volte a favorire l'adozione dell'atto finale nei casi in cui siano insorte difficolta' a conseguire l'intesa, ma tali procedure non potranno in ogni caso prescindere dalla permanente garanzia della posizione paritaria delle parti coinvolte. E nei casi limite di mancato raggiungimento dell'intesa, potrebbe essere utilizzato, in ipotesi, lo strumento del ricorso a questa Corte in sede di conflitto di attribuzione fra Stato e Regioni». La norma impugnata, in ogni caso, contraddice direttamente anche il disposto dell'art. 120, secondo comma, Cost., dal momento che contempla una ipotesi di potere sostitutivo straordinario del Governo del tutto al di fuori dei presupposti costituzionali ivi espressamente individuati, per i quali e' sempre necessario il previo verificarsi di un inadempimento dell'ente sostituito rispetto ad una attivita' imposta ad esso come obbligatoria; e tale non puo' certo ritenersi, per definizione, l'intesa che una regione sia chiamata a raggiungere per l'esercizio di una funzione amministrativa posta in capo ad organi dello Stato. Anche in forza di tale ultimo rilievo, e' infine manifesta, altresi', la irragionevolezza intrinseca della norma in questione, e dunque la violazione dell'art. 3 cost. sotto tale profilo, dal momento che il legislatore statale pretende di configurare la possibilita' per il Governo di «sostituirsi» ad un atto di intesa con se' medesimo, atto che invece, per sua natura, non puo' che essere il frutto del libero incontro tra l'indirizzo politico statale e l'autonomia politica della regione. Illegittimita' costituzionale dell'art. 25, comma 2, lettera g), della legge indicata, per violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., nonche' del principio di leale collaborazione cosi' come elaborato nella giurisprudenza della Corte costituzionale. 5. - Come ulteriore principio e criterio direttivo della delega, la norma censurata stabilisce che «la costruzione e l'esercizio di impianti per la produzione di energia elettrica nucleare e di impianti per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi o per lo smantellamento di impianti nucleari a fine vita e tutte le opere connesse siano considerati attivita' di preminente interesse statale e, come tali, soggette ad autorizzazione unica rilasciata» dal «Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti», «previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni». Tale norma, nella parte in cui si limita ad imporre l'intesa con la Conferenza unificata e non, invece, l'intesa con ciascuna delle regioni interessate, la quale e' sempre stata ritenuta necessaria dalla Corte costituzionale per le ipotesi di «chiamata in sussidiarieta'» di funzioni amministrative presso organi statali che incidano sugli interessi territorialmente riferibili a specifiche regioni in materie di competenza legislativa concorrente (quali, nel caso di specie, la «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» e il «governo del territorio»), si pone in contrasto con i parametri costituzionali indicati, dal momento che e' del tutto evidente che l'autorizzazione unica attiene alla costruzione e alla messa in esercizio di singoli impianti territorialmente localizzati, cosi' da incidere non gia' sugli interessi pertinenti all'intero sistema degli enti territoriali, bensi' su quelli specificamente tutelati da singole regioni. Cio' impone, sempre secondo quanto costantemente affermato dalla giurisprudenza costituzionale, la previsione dell'intesa con le Regioni direttamente interessate, in posizione di codecisione paritaria, non risultando sufficiente il coinvolgimento dell'organo espressivo della posizione dell'intero sistema delle autonomie territoriali. In questo senso, si puo' richiamare quanto espressamente chiarito da questa Corte nella gia' menzionata sent. n. 62 del 2005 (par. 17 del Considerato in diritto), laddove si afferma a chiare lettere che allorquando, «una volta individuato il sito, si debba provvedere alla sua "validazione", alla specifica localizzazione e alla realizzazione dell'impianto, l'interesse territoriale da prendere in considerazione e a cui deve essere offerta, sul piano costituzionale, adeguata tutela, e' quello della Regione nel cui territorio l'opera e' destinata ad essere ubicata. Non basterebbe piu', a questo livello, il semplice coinvolgimento della Conferenza unificata, il cui intervento non puo' sostituire quello, costituzionalmente necessario, della singola regione interessata (cfr. sentenze n. 338 del 1994, n. 242 del 1997, n. 303 del 2003 e n. 6 del 2004)». Nello stesso senso e in applicazione concreta di tali principi si e' espressa, inoltre, la sent. n. 383 del 2005, la quale, nel dichiarare l'illegittimita' costituzionale di alcune disposizioni legislative statali contenute nel d.l. n. 239 del 2003 e nella legge n. 239 del 2004, ha puntualmente distinto le ipotesi in cui il coinvolgimento paritario delle autonomie regionali nell'esercizio delle funzioni amministrative statali attratte in sussidiarieta' debba avvenire al livello complessivo del sistema delle autonomie, attraverso l'intesa in Conferenza unificata, rispetto alle diverse ipotesi in cui esso debba avvenire con ciascuno degli enti specificamente coinvolti, attraverso l'intesa da raggiungere con le singole regioni direttamente interessate (cfr. le diverse ipotesi argomentate nei part. 25 e 27 del Considerato in diritto, rispetto a quelle argomentate nei part. 18 e 24). Illegittimita' costituzionale dell'art. 25, comma 2, lettera h), della legge indicata, per violazione degli arti. 117, terzo comma, e 118 Cost., nonche' del principio di leale collaborazione cosi' come elaborato nella giurisprudenza della Corte costituzionale. 6. - In termini del tutto analoghi e strettamente connessi alla questione precedente si pone la illegittimita' costituzionale del principio e criterio direttivo della delega contenuto nella lettera h), del comma 2, dell'art. 25, con il quale e' imposto al Governo di prevedere «che l'autorizzazione unica sia rilasciata a seguito di un procedimento unico al quale partecipano le amministrazioni interessate». Considerato che gli ambiti oggettivi di riferimento della disciplina in esame sono sempre le materie di potesta' legislativa concorrente della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» e del «governo del territorio», il riferimento della norma impugnata ad una «mera partecipazione» non altrimenti qualificata delle amministrazioni interessate, tra le quali e' senz'altro da ricomprendere anche la regione, determina un evidente contrasto con i parametri costituzionali indicati, cosi' come interpretati dalla piu' volte menzionata giurisprudenza costituzionale sulla «chiamata in sussidiarieta'» di funzioni amministrative presso organi statali in materie di competenza legislativa concorrente. La norma, pertanto, e' costituzionalmente illegittima nella parte in cui prevede, anziche' l'intesa forte con ciascuna delle regioni direttamente interessate, la semplice «partecipazione» della regione al procedimento unico di rilascio dell'autorizzazione. Illegittimita' costituzionale dell'art. 26, comma 1, della legge indicata, per violazione dell'art. 117, terzo e sesto comma, ovvero, in via subordinata, degli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., nonche' del principio di leale collaborazione cosi' come elaborato nella giurisprudenza della Corte costituzionale. 7. - La disposizione in questione stabilisce che siano «definite le tipologie degli impianti per la produzione di energia elettrica nucleare che possono essere realizzati nel territorio nazionale» mediante una «delibera del CIPE, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e previo parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le Commissioni parlamentari competenti». Il testo precisa, infine che «la Conferenza unificata si esprime entro sessanta giorni dalla richiesta, trascorsi i quali il parere si intende acquisito». Poiche' la norma risulta senza dubbio riconducibile alla materia di competenza legislativa concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» di cui all'art. 117, terzo comma, Cost., si possono dare solo due ipotesi alternative. Se si ritiene, come sembrerebbe piu' plausibile in forza del dato testuale, che la funzione affidata al CIPE abbia natura propriamente normativa, in forza del suo carattere di regolazione generale e astratta, ci troveremmo palesemente in una ipotesi di illegittima previsione di potere regolamentare in materia di legislazione concorrente, con evidente contrasto con quanto stabilisce l'art. 117, sesto comma, Cost., ai sensi del quale il potere normativo regolamentare spetta allo Stato nelle sole materie di potesta' legislativa esclusiva. Ne' in una simile ipotesi potrebbe essere legittimamente invocabile il titolo della «chiamata in sussidiarieta'» della funzione regolamentare. Come e' noto, infatti, questa Corte, fin dalla pronuncia «capostipite» in materia (sent. n. 303 del 2003), ha radicalmente escluso che in forza dell'art. 118 Cost. possano essere consentite deroghe al riparto costituzionale del potere regolamentare fissato dall'art. 117, sesto comma, Cost. Nella citata sentenza (par. 7 del Considerato in diritto) si legge infatti che «in un riparto cosi' rigidamente strutturato, alla fonte secondaria statale e' inibita in radice la possibilita' di vincolare l'esercizio della potesta' legislativa regionale o di incidere su disposizioni regionali preesistenti (sentenza 22 del 2003); e neppure i principi di sussidiarieta' e adeguatezza possono conferire ai regolamenti statali una capacita' che e' estranea al loro valore, quella cioe' di modificare gli ordinamenti regionali a livello primario. Quei principi, lo si e' gia' rilevato, non privano di contenuto precettivo l'art. 117 Cost., pur se, alle condizioni e nei casi sopra evidenziati, introducono in esso elementi di dinamicita' intesi ad attenuare la rigidita' nel riparto di funzioni legislative ivi delineato. Non puo' quindi essere loro riconosciuta l'attitudine a vanificare la collocazione sistematica delle fonti conferendo primarieta' ad atti che possiedono lo statuto giuridico di fonti secondarie e a degradare le fonti regionali a fonti subordinate ai regolamenti statali o comunque a questi condizionate. Se quindi, come gia' chiarito, alla legge statale e' consentita l'organizzazione e la disciplina delle funzioni amministrative assunte in sussidiarieta', va precisato che la legge stessa non puo' spogliarsi della funzione regolativa affidandola a fonti subordinate, neppure predeterminando i principi che orientino l'esercizio della potesta' regolamentare, circoscrivendone la discrezionalita'». Se, al contrario, si dovesse ritenere che la medesima funzione non abbia natura normativa bensi' soltanto natura amministrativa, risulterebbe riproponibile il fenomeno della «chiamata in sussidiarieta'» di funzioni amministrative in materia di legislazione concorrente, con la necessita' pero', imposta dalla gia' richiamata giurisprudenza della Corte costituzionale, di prevedere un meccanismo di codecisione paritaria, nella forma dell'intesa forte con il sistema complessivo delle autonomie territoriali (ossia in sede di Conferenza unificata). Da questo punto di vista, risulta del tutto inadeguata la previsione della norma censurata che contempla lo strumento del semplice parere della Conferenza, ulteriormente indebolito dalla esplicita previsione della possibilita' di prescinderne decorso l'esiguo termine di sessanta giorni dalla richiesta. Proprio in questo senso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale di norme analoghe, si e' gia' espressa questa Corte nella sent. n. 383 del 2005 (par. 26 del Considerato in diritto), laddove ha affermato che «non vi e' dubbio che le disposizioni impugnate ineriscano alla materia "produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia" e che la chiamata in sussidiarieta' da parte dello Stato dei poteri amministrativi di determinazione delle linee generali di sviluppo della rete di trasmissione nazionale dell'energia elettrica debba essere accompagnata dalla previsione di idonei moduli collaborativi nella forma dell'intesa in senso forte fra gli organi statali e la Conferenza unificata, rappresentativa dell'intera pluralita' degli enti regionali e locali. Analogamente si deve ritenere per i poteri statali concernenti la determinazione dei criteri generali per le nuove concessioni di distribuzione dell'energia elettrica e per il rilascio delle autorizzazioni relative alle grandi centrali di produzione, per i quali non puo' essere ritenuto sufficiente il semplice parere della Conferenza unificata previsto dalla norma impugnata». Pertanto, nell'ipotesi in cui la funzione allocata presso il CIPE dalla norma impugnata debba essere considerata come avente natura meramente amministrativa e non normativa, la illegittimita' costituzionale, risiederebbe nella previsione del semplice «parere» della Conferenza unificata, anziche' della necessaria intesa forte.
P. Q. M. Si chiede che questa ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, dichiari l'illegittimita' costituzionale della legge 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonche' in materia di energia), art. 25, in particolare, comma 2, lettere a), f), g), h), nonche' art. 26, comma 1, nei termini sopra esposti. Con ossequio. Firenze-Roma, addi' 29 settembre 2009 Avv. prof. Stefano Grassi