Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in cancelleria l'11 agosto 2011 (della Regione Veneto).

 

   

(GU n. 43 del 12.10.2011)

 

    Ricorso della Regione del Veneto, in persona del Presidente della Giunta regionale dott. Luca Zaia, autorizzato mediante  deliberazione della  Giunta  stessa  n.  1046  del  12  luglio   2011   (all.   1), rappresentata e difesa,  come  da  procura  speciale  a  margine  del

presente atto, dagli avv.ti  Bruno  Barel  di  Treviso,  Ezio  Zanon, Coordinatore dell'Avvocatura regionale, e Luigi Manzi di Roma, presso quest'ultimo domiciliata in Roma,  via  F.  Confalonieri  n.  5,  fax ...          posta           elettronica           certificata

...;

    Contro il Presidente del consiglio dei ministri, rappresentato  e difeso dall'Avvocatura generale  dello  Stato,  presso  la  quale  e' domiciliato ex lege, in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

    Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale:

        per violazione degli artt. 76, 114, 117, 118, 119, 120  della Costituzione;

        dell'art. 1 del decreto legislativo 23 maggio  2011,  n.  79, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 6 giugno 2011, n.  129,  S.O.  n. 139, e degli articoli 1, 2, 3, 8, 9, 10, 11 comma 1, 12, 13, 14,  15, 16, 18, 19, 21, 68, 69 dell'Allegato I al decreto legislativo stesso.

 

                           Fatto e diritto

 

    Il decreto legislativo 23 maggio 2011, n.  79,  pubblicato  nella

Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2011, suppl. ord. n.  139,  ha

contenuti plurimi ed eterogenei.

    Con l'articolo 1 ha approvato l'Allegato 1, contenente il «Codice

della  normativa  statale  in  tema  di  ordinamento  e  mercato  del

turismo», mentre con  l'articolo  2  ha  apportato  modificazioni  al

decreto legislativo 6 settembre 2005, n, 206,  «in  attuazione  della

direttiva 2008/1221/CE, relativa  ai  contratti  di  multiproprieta',

contratti relativi ai prodotti  per  le  vacanze  di  lungo  termine,

contratti di rivendita e di scambio».

    Del decreto legislativo n.79 del 2011 si impugna in  questa  sede

l'articolo 1, approvativo dell'Allegato 1, e quindi il  Codice  della

normativa statale in  tema  di  ordinamento  e  mercato  del  turismo

contenuto nell'Allegato 1, nel suo insieme,  ed  altresi'  di  alcune

specifiche disposizioni del Codice per ulteriori distinti profili.

    Il  ricorso  e'  proposto  a   salvaguardia   delle   prerogative

costituzionali della Regione del Veneto in materia di turismo.

    Che la materia del turismo dal 2001, con la riforma del Titolo  V

della Costituzione, rientri nella competenza residuale delle  Regioni

a statuto ordinario, ai sensi  dell'art.  117,  comma  4,  Cost.,  e'

assunto condiviso e sancito da costante giurisprudenza costituzionale

(sentenze nn. 90 e 214 del 2006, n. 94 del 2008,  nn.  13  e  76  del

2009).

    Eventuali interventi legislativi statali possono ancora  incidere

sulla materia del turismo soltanto indirettamente  o  settorialmente:

essi  infatti  devono  trovare  legittimazione  nell'esercizio  delle

competenze  statali  esclusive  nelle  cc.dd.  «materie  trasversali»

individuate dall'art. 117, comma 2, Cost., oppure - secondo  la  piu'

recente giurisprudenza costituzionale - nel  disposto  dell'art.  118

Cost.,  quando  lo   Stato,   in   applicazione   dei   principi   di

sussidiarieta',  differenziazione  e  adeguatezza,   avochi   a   se'

l'esercizio di determinate funzioni  amministrative  per  esigenze  e

interessi  unitari  e  conseguentemente  sorga   la   necessita'   di

organizzarne  e  disciplinarne  l'esercizio  con   atti   legislativi

(sentenze nn. 88 e 339 del 2007, n. 214 del 2006).

    Resta invece  precluso  allo  Stato  il  potere  di  emanare  una

«legge-quadro» -  ovvero,  un  «Codice»  -  in  materia  di  turismo,

contenente norme  di  principio  (ed  eventualmente  anche  norme  di

dettaglio  cedevoli),  come  era   accaduto   prima   della   riforma

costituzionale nel quadro del riparto di  competenze,  prima  con  la

legge statale 17 maggio 1983, n. 217 «Legge-quadro per  il  turismo»,

piu' di recente, con la legge 29 marzo 2001, n.135, di riforma  della

legislazione nazionale in materia di turismo.

    Spetta dunque  alle  Regioni,  dal  2001,  disciplinare  in  modo

organico la materia del turismo, come ha fatto la Regione del  Veneto

con la 1.r. n. 33 del 2002.

    Ciononostante, lo Stato non ha ancora provveduto  all'abrogazione

esplicita dei decreti  legislativi  nn.  300  e  303  del  1999,  che

attribuiscono   all'amministrazione   centrale   dello   Stato    (in

particolare al Ministero  delle  attivita'  produttive)  funzioni  di

rilevante portata nel settore del turismo; ne'  ha  attivato  con  le

Regioni il confronto, pur sollecitato, sulla legge-quadro statale sul

turismo 29 marzo 2001, n. 135, per ricercare una  condivisione  sulle

parti da abrogare e su quelle  da  mantenere  in  vita.  Tutto  cio',

nonostante l'ormai risalente abrogazione della legge  istitutiva  del

Ministero del turismo 31 luglio 1959, n. 617,  con  d.P.R.  5  giugno

1993, n. 175, a seguito del referendum popolare  abrogativo  svoltosi

il 18 aprile 1993.

    Ora, col decreto legislativo n. 79 del 2011, lo Stato e per  esso

il Governo ha adottato un ampio testo normativo (69 articoli), che si

autoqualifica  come  «Codice  della  normativa  statale  in  tema  di

ordinamento e mercato del turismo», il quale, accanto a  disposizioni

riconducibili  a  competenze  esclusive  statali  (disciplina   delle

professioni, ordinamento civile), ne contiene molte altre che pongono

una minuta disciplina di aspetti rilevanti della materia del turismo,

come  la  disciplina  delle  strutture  turistico-ricettive  e  delle

agenzie di viaggio. Il Codice viene  cosi'  ad  interferire  in  modo

assai incisivo con la competenza esclusiva della Regione  del  Veneto

nella materia del turismo e in particolare con  la  1.r.  n.  33  del

2002, che ha definito  in  modo  organico  ed  ormai  consolidato  la

regolamentazione di un settore che riveste importanza prioritaria per

l'economia del Veneto.

    Il decreto legislativo n. 79 del 2011,  nella  parte  in  cui  ha

introdotto il Codice statale del turismo, e' stato emanato in assenza

di corrispondente delega legislativa, o comunque in violazione  delle

delega legislativa sulla quale dichiara  di  fondarsi  (articolo  14,

commi 14, 15, 18, della legge 28 novembre 2005, n. 246, correntemente

indicata come «taglia-leggi»).  In  ogni  caso  viola  la  competenza

esclusiva regionale in materia di turismo, esorbitando dai limiti nei

quali sono consentiti  allo  Stato  dall'art.  118  Cost.  interventi

legislativi in materia di turismo.

    Le  considerazioni  che  seguono  saranno  rivolte  anzitutto  ad

illustrare la natura ed i limiti  della  delega  legislativa  cui  fa

riferimento il Governo, per dimostrare la sua estraneita'  al  potere

legislativo   concretamente   esercitato   e   conseguentemente    la

illegittimita' costituzionale dell'intero Codice  e  dell'articolo  1

del decreto legislativo n. 79 del 2009 che ha approvato l'Allegato  1

contenente il Codice stesso.

    Per la denegata ipotesi che sia ravvisabile coerenza fra  decreto

legislativo e legge di delega, si formula istanza alla Corte  perche'

sollevi  innanzi  a  se   questione   incidentale   di   legittimita'

costituzionale delle pertinenti disposizioni della legge delega.

    Si esporranno poi ulteriori  censure,  per  profili  particolari,

avverso talune specifiche disposizioni  del  Codice,  e  di  riflesso

dell'art. 1 del  decreto  legislativo  n.  79  del  2009  approvativo

dell'Allegato 1, in parte qua.

    La delega legislativa alla quale si richiama (sia  nella  rubrica

che  nelle  premesse)  il  decreto  n.  79  del  2011   relativamente

all'approvazione  del  Codice  statale  del  turismo,  e'   contenuta

nell'art. 14 «Semplificazione della legislazione» della legge n.  246

del  2005.  Si  tratta  di  una  normativa,  in  seguito  piu'  volte

novellata, che e'  complessa  nella  sua  formulazione  e  nella  sua

interpretazione, tanto per la stratificazione degli interventi quanto

per  la  difficolta'  di  dare  seguito  concreto  al  programma   di

semplificazione della legislazione.

    L'art. 14, nel testo originario,  prevedeva  che  entro  24  mesi

dalla sua entrata in vigore il Governo provvedesse all'individuazione

delle disposizioni legislative  vigenti,  trasmettendo  una  apposita

relazione finale (comma  12),  e  che  entro  i  successivi  24  mesi

venissero individuate con appositi  decreti  legislativi,  secondo  i

principi  e   criteri   appositamente   indicati,   le   disposizioni

legislative, anteriori  al    gennaio  1970,  di  cui  si  riteneva

indispensabile la permanenza in vigore (comma 14).

    Veniva precisato che «i decreti legislativi di cui  al  comma  14

provvedono altresi' alla semplificazione o al riassetto della materia

che ne e oggetto, nei rispetto dei principi e  criteri  direttivi  di

cui all'art. 20 della legge n. 59 del 1997» (comma 15) e che, decorso

il termine di 24 mesi previsto dal comma  14,  erano  da  considerare

abrogate tutte le disposizioni legislative anteriori al  1970  (comma

16:  c.d.  effetto  «ghigliottina»,  ora  disciplinato,   a   seguito

dell'abrogazione del comma 16, dai commi ter e  quater  dell'art.  4,

comma 1, legge 18 giugno 2009, n. 69).

    Infine, il comma 18 prevedeva che, entro due anni dalla  data  di

entrata in vigore dei decreti di cui al  comma  14  «e  nel  rispetto

degli stessi principi e criteri direttivi» potessero  essere  emanate

con uno  o  piu'  decreti  legislativi  «disposizioni  integrative  o

correttive».

    In sintesi,  il  procedimento  di  semplificazione  normativa  si

articolava in tre fasi: la prima, nel biennio dall'entrata in  vigore

della legge, volta alla ricognizione delle  disposizioni  legislative

statali vigenti; la seconda, nel biennio  successivo,  dedicata  alla

identificazione delle disposizioni da  mantenere  in  vigore  e  alle

attivita' di  semplificazione  o  riordino  del  materiale  normativo

raccolto;  la  terza,  eventuale,  nel  biennio  dall'emanazione  dei

decreti,  volta  all'emanazione   di   disposizioni   integrative   o

correttive (dei predetti decreti), nel rispetto degli stessi  criteri

e principi.

    Tale  disciplina  originaria  dell'art.  14  ha  subito  ripetute

modifiche nel corso del tempo, ispirate chiaramente dalla volonta' di

venire incontro alle difficolta' obiettive incontrate nell'attuazione

del programma. In particolare, e' stato integralmente  sostituito  il

comma 18 (ad opera dell'art. 13 legge n. 15 del 2009), introdotto  il

comma 18-bis (dall'art. 4, comma 1, lett. d, legge n. 69 del 2009) e,

ancora, il comma 14-bis (dall'art. 4, comma 1, lett. a), legge n.  69

del 2009).

    Secondo il nuovo testo del  comma  18,  possono  essere  emanate,

entro due anni dall'entrata in vigore dei decreti legislativi di  cui

al comma 14, «disposizioni integrative, di  riassetto  o  correttive,

esclusivamente nel rispetto dei principi o criteri direttivi  di  cui

al comma 15 e previo parere della Commissione di cui  al  comma  19».

Per il nuovo comma 18-bis, strettamente connesso al precedente  comma

18, entro un anno dall'entrata in vigore dei decreti  legislativi  di

riassetto possono essere emanate, con uno o piu' decreti legislativi,

«disposizioni  integrative  o   correttive   dei   medesimi   decreti

legislativi». Al nuovo comma 14-bis si precisa poi che «Nelle materie

appartenenti alla legislazione regionale, le  disposizioni  normative

statali, che restano in vigore ai sensi  dell'articolo  1,  comma  2,

della legge 5 giugno 2003,  n.  131,  continuano  ad  applicarsi,  in

ciascuna regione, fino alla data di entrata in vigore delle  relative

disposizioni regionali».

    Cosi' ricostruito brevemente il quadro normativo di  riferimento,

occorre  individuare  l'esatta  portata  del  comma  18   nel   testo

novellato, in quanto esso e'  stato  assunto  a  base  giuridica  dal

decreto legislativo n. 79 del 2011.

    La disposizione ha dato adito ad  un  dubbio  interpretativo:  se

possa  ritenersi  consentito  l'esercizio  dei  poteri  di  riassetto

normativo in via  autonoma,  rispetto  all'esercizio  del  potere  di

individuazione delle disposizioni anteriori al 1970 «salvate»,  e  se

siffatto potere possa eventualmente essere esercitato  per  la  prima

volta nel biennio successivo all'emanazione dei  decreti  legislativi

di identificazione della disciplina destinata a permanere in vigore.

    In effetti, una lettura  coordinata  delle  diverse  disposizioni

richiamate da' motivo di ritenere che il  legislatore  abbia  inteso,

dapprima,  conseguire  -  mediante   i   decreti   «salva-leggi»   di

individuazione e riordino delle disposizioni legislative anteriori al

1970 mantenute in vigore - un  primo  assestamento  della  disciplina

statale  sopravvissuta,  ordinata  per  settori   o   materie;   poi,

permettere  un  ulteriore  intervento  integrativo,  correttivo,   di

riassetto definitivo; con la conseguenza che i decreti  previsti  dal

comma 18 non potrebbero che completare  un'opera  di  riassetto  gia'

iniziata coi precedenti decreti, mentre sarebbe precluso  l'esercizio

dei poteri di riassetto normativo, in  via  autonoma,  per  la  prima

volta nel biennio successivo all'emanazione  di  decreti  legislativi

«salva-leggi»  che  si  siano  limitati   all'identificazione   della

disciplina anteriore al 1970 mantenuta in vigore.

    Diverso e' l'orientamento interpretativo espresso  dal  Consiglio

di Stato (Adunanza a Sezioni riunite Prima e Normativa del 13 gennaio

2010 - parere n. 802/2010 del 2 marzo 2010), che ha  invece  ritenuto

sostanzialmente prorogata la possibilita' di esercizio  della  delega

per il (solo) riassetto, fino al termine indicato nel nuovo comma 18.

    Il Consiglio di Stato, tuttavia, in tanto ha ritenuto che  questo

parere non trovi ostacolo con riferimento ai principi che  presiedono

alla delega legislativa, in quanto si  ritenga  che  l'oggetto  della

delega resti immutato:  esso  e'  e  deve  rimanere  quello  previsto

dall'art. 14, comma 15, cioe' il riassetto della materia oggetto  dei

decreti legislativi di cui al comma  14:  «Si  evidenzia,  in  questa

prospettiva, il legame che unisce la fase di riassetto, da  compiersi

ai sensi del nuovo comma 18, con la fase, in  precedenza  svolta,  di

identificazione della disciplina da mantenere in vigore.  L'opera  di

riassetto puo', infatti, essere realizzata per  la  prima  volta  nel

biennio di cui all'art. 14, comma 18, ma e' comunque  sequenzialmente

collegata  con  l'attivita'  svolta   nelle   fasi   precedenti.   Le

disposizioni contenute  nel  decreto  che  indica  le  norme  statali

destinate a rimanere in vigore costituiscono, pertanto, non  il  solo

ambito materiale, ma il punto di partenza dal quale prendere le mosse

per la complessiva opera  di  riassetto.  La  disciplina  legislativa

anteriore al 1° gennaio 1970, mantenuta in vita, e'  stata  sottratta

all'effetto abrogativo in vista della opera di riassetto; opera  che,

articolata  per  ambiti  materiali  o   settori   omogenei,   secondo

l'esperienza maturata con riferimento all'art. 20 della legge  n.  59

del  1997,  suppone  un  intervento  sulla  disciplina  statale  gia'

sottratta  all'effetto  abrogativo,  ma  esige  un  intervento  sulla

disciplina successiva, che, ricadente nello stesso ambito materiale o

nello stesso settore omogeneo  della  disciplina  mantenuta  m  vita,

deve, appunto, essere oggetto di  riordino.  E',  dunque,  a  partire

dalle disposizioni legislative statali identificate con il decreto di

cui all'art. 14, comma 14, della legge n.  246  del  2005,  che  puo'

prendere le mosse l'opera di riassetto normativo di cui  al'art.  14,

comma 18, con la determinazione delle materie e dei settori  omogenei

cui fanno riferimento le norme salvate, e con la considerazione delle

disposizioni legislative  successive  che,  con  riferimento  a  tali

ambiti materiali, devono costituire oggetto di riordino».

    Nel medesimo parere il Consiglio di Stato  ha  altresi'  rilevato

che i criteri in base ai quali  deve  essere  effettuata  l'opera  di

riassetto prevista dal comma 18 sono quelli enunciati dal  comma  15,

ossia i criteri indicati dall'art. 20 legge n. 59 del 1997, cosicche'

l'opera di riassetto si traduce  nella  «semplificazione  e  riordino

della normativa»  (Ad.  Gen.  25  ottobre  2004,  n.  2/04),  implica

l'esercizio di poteri innovativi dell'ordinamento al fine di comporre

in testo normativo unitario le molteplici disposizioni vigenti  nella

materia,  modificandole   nella   misura   strettamente   necessaria,

adeguandole   alla   disciplina   internazionale    e    comunitaria,

organizzandole in un quadro nuovo (Corte cost., sentenza n.  170  del

2007; Cons. Stato, Sez. Normativa, 21 maggio 2007, n. 2024/07).

    In sintesi, anche a voler ritenere - col Consiglio di Stato - che

il potere delegato di provvedere al riassetto possa essere esercitato

per la prima volta (non gia' con i decreti «salva-leggi» previsti dal

comma 14 bensi' solo) con i successivi decreti previsti dal novellato

comma 18, resta indubbio che l'oggetto della delega non muta e  resta

definito  dai  ridetti  decreti   «salva-leggi»,   fatte   salve   le

innovazioni strettamente necessarie per semplificare  e  ordinare  le

disposizioni  originarie  e  se  del  caso  coordinarle   con   norme

sopravvenute (e percio' anch'esse gia' in vigore) e conformarle  agli

obblighi internazionali e comunitari.

    L'individuazione di questo limite al potere legislativo delegato,

nel contesto di un'interpretazione estensiva del comma 18, e' d'altra

parte  indispensabile  per  rendere  la  complessiva  lettura   della

disposizione costituzionalmente conforme, in quanto solo quel  limite

consente di escludere che il novellato comma 18 finisca con  l'essere

una delega «in bianco» al Governo. Esso consente  altresi'  di  porre

rimedio alla divergenza dei decreti «salva-leggi» limitati alla  mera

individuazione delle disposizioni «salvate», con i principi e criteri

direttivi stabiliti da quella stessa disposizione (spec.  alle  lett.

d), e), f) del comma  14)  che  richiedevano  anche  un'attivita'  di

organizzazione in modo  coerente  per  settori  omogenei  o  materia.

Soltanto un'interpretazione che faccia  salva  la  continuita'  e  la

correlazione fra comma 18 e commi 14 e 15 consente di giustificare la

tesi secondo la quale il legislatore avrebbe concesso al Governo  una

proroga temporale della deroga originaria, ossia un periodo di  tempo

piu' adeguato per completare l'opera cosi' come delineata  dal  comma

14.

    In  ogni  caso,  poi,  il  riordino  della  legislazione  statale

«salvata» avrebbe consentito, nelle materie di competenza  regionale,

un intervento  normativo  statale  «cedevole»,  cosi'  come  ribadito

dall'art. 14, comma 14-bis.

    Dopo avere ricostruito il significato e  la  portata  del  quadro

normativo preso a riferimento, non resta che verificare ora  se  alla

delega cosi'  correttamente  intesa  si  sia  conformato  il  decreto

legislativo n. 79  del  2009  relativamente  al  Codice  statale  del

turismo.

    La delega disposta dai commi 14 e 15 e' scaduta  il  16  dicembre

2009. Entro tale data e' stato emanato, per quanto rileva  in  questa

sede, solo il decreto legislativo n. 179 del 2009, in vigore  dal  15

dicembre 2009. E' costituito da un unico articolo con  due  allegati,

consistenti  in  due  elenchi  cronologici  di  atti  legislativi  da

mantenere  in  vigore:  precisamente,  2.375  atti   legislativi   da

sottrarre  alla  c.d.  «ghigliottina   taglia-leggi»   e   861   atti

legislativi da sottrarre all'abrogazione  disposta  dall'art.  2  del

decreto-legge n. 200 del 2008 (convertito in legge con legge n. 9 del

2009). Il decreto legislativo n. 179 del 2009 si e' dunque limitato a

individuare  -  elencare  -  gli  atti  legislativi  «salvati»  dalla

«ghigliottina»,  senza  peraltro  provvedere  contestualmente  -   in

conformita' ai principi e criteri  direttivi  fissati  dal  comma  14

dell'art. 14 - alla semplificazione e al riordino delle  disposizioni

per materia o settori omogenei.

    Nel biennio successivo, previsto dal nuovo testo del comma 18, e'

stato emanato dal Governo il decreto legislativo n. 79 del 2011 ed e'

stato approvato il nuovo Codice  statale  del  turismo.  Il  Governo,

lungi dall'incentrare il Codice sul  riordino  e  la  semplificazione

delle disposizioni anteriori al 1970 «salvate» dalla  «ghigliottina»,

ha  effettuato  un  intervento  legislativo  radicalmente  innovativo

rispetto al passato, di portata generale, tutt'altro che connotato da

«cedevolezza» pur in presenza di una materia di competenza regionale,

strutturato in 69 articoli che, fin  dall'intitolazione  prescelta  -

«Codice» del turismo - configurano sostanzialmente  una  nuova  legge

statale,  estesa  a  larga  parte  della  materia  del  turismo,  con

disposizioni sia di principio che di dettaglio che vanno ad  occupare

ampi spazi di regolazione gia' presidiati  dalla  legislazione  della

Regione Veneto specificamente emanata  per  la  materia  del  turismo

(1.r. n. 33 del 2002).

    D'altra parte, ove ci si fosse attenuti alla delega, ben poco  ci

sarebbe stato da individuare e riordinare, nella legislazione statale

del turismo anteriore al 1970, poiche' tale operazione era gia' stata

compiuta dalla legge statale 17 maggio 1983, n. 217 «Legge-quadro per

il turismo»,  che  aveva  riordinato  organicamente  la  materia.  In

particolare, erano stai abrogati il r.d.l. 18 gennaio 1937,  n.  975,

sulla classificazione degli alberghi e delle pensioni,  il  r.d.l.  6

giugno 1939, n. 1111, sulla disciplina degli affittacamere, il r.d.l.

23 novembre 1936, n. 2523 di disciplina delle agenzie  di  viaggio  e

turismo, il r.d.l. 18 giugno 1937, n. 448 di disciplina delle  guide,

corrieri ed interpreti. In particolare, relativamente alla disciplina

delle  strutture  ricettive,  delle  agenzie  di  viaggio   e   delle

professioni turistiche,  che  costituisce  la  parte  principale  del

Codice, neppure esistevano disposizioni legislative statali anteriori

al 1970 «salvate» e percio' suscettibili di essere riordinate.

    D'altra  parte,  che  il  Governo  abbia  inteso  effettuare   un

intervento legislativo innovativo e di portata  generale,  stabile  e

non «cedevole», attribuendo alla delega disposta dall'art.  14  legge

n. 206 del 2005 una portata innovativa amplissima e  in  nessun  modo

correlata  con  le  disposizioni  legislative   anteriori   al   1970

«salvate», e' reso palese dal tenore degli artt. 1 e 2 del Codice.

    L'art. 1  definisce  l'ambito  di  applicazione  del  Codice  nei

termini seguenti: «Il presente codice  reca,  nei  limiti  consentiti

dalla  competenza  statale,  norme  necessarie  all'esercizio   delle

funzioni amministrative in materia  di  turismo  ed  altre  norme  in

materia riportabili  alle  competenze  dello  Stato,  provvedendo  al

riordino, al  coordinamento  e  all'integrazione  delle  disposizioni

legislative   statali   vigenti,   nel   rispetto    dell'ordinamento

dell'Unione europea e delle attribuzioni delle regioni e  degli  enti

locali». L'art. 2, recante «Principi sulla produzione del diritto  in

materia turistica», fonda l'intervento legislativo statale in materia

di turismo sulla sussistenza delle «seguenti  esigenze  di  carattere

unitario: a) valorizzazione, sviluppo  e  competitivita',  a  livello

interno ed internazionale, del settore turistico  quale  fondamentale

risorsa del Paese; b) riordino e unitarieta'  dell'offerta  turistica

italiana».

    Il Governo ha dunque ritenuto, a prescindere dal  riordino  delle

disposizioni anteriori al 1970  «salvate»  dalla  «ghigliottina»,  di

effettuare un intervento legislativo innovativo e di portata generale

nella  materia  del  turismo,  di   avocare   allo   Stato   funzioni

amministrative  propriamente  regionali  e  locali  sulla   base   di

generiche esigenze di carattere  unitario  e  corrispondentemente  di

disciplinare legislativamente l'organizzazione e l'esercizio di dette

funzioni, in deroga alla  competenza  residuale  regionale  stabilita

dall'art.  117,  comma  4,  Cost.  e  in  contrasto  con  la  vigente

legislazione regionale sul turismo.

    Ritiene pertanto la Regione del Veneto che il decreto legislativo

n.79 del 2011, e segnatamente il  Codice  statale  del  turismo,  sia

stato emanato - quale che sia l'interpretazione dell'art.  14,  comma

18, legge n. 256 del 2005 ritenuta  corretta  -  al  di  fuori  della

portata e dei limiti propri della delega legislativa,  e  percio'  in

violazione  dell'art.  76  Cost.,  con  lesione   delle   prerogative

regionali in materia di turismo riconosciute dall'art. 117, comma  4,

Cost. e del principio di leale  collaborazione  posto  dall'art.  120

Cost.

    Resta da aggiungere, per l'eventualita',  qui  denegata,  che  la

delega legislativa stabilita dall'art. 14 legge n. 256 del 2005 possa

essere interpretata nel senso che comprenda anche i poteri  di  fatto

esercitati dal Governo col decreto n. 79 del  2011  relativamente  al

Codice  statale  del  turismo,  che  cio'  comporterebbe  allora   la

illegittimita'   costituzionale    derivata    del    decreto,    per

illegittimita' delle norme statali  che  hanno  disposto  la  delega,

segnatamente dell'art. 14, comma 18 in relazione ai commi  14  e  15,

legge n. 206 del 2005. In questa ipotesi, si ritiene - e  si  formula

istanza in tal senso - che  l'ecc.ma  Corte  costituzionale  dovrebbe

sollevare innanzi  a  se'  questione  incidentale  di  illegittimita'

costituzionale delle norme di delega, per violazione degli artt.  76,

117, comma 4, 118 e 120 Cost.

    Si sarebbe infatti in presenza di una delega legislativa priva di

delimitazione di oggetto,  principi  e  criteri  direttivi,  e,  allo

stesso  tempo,  di  un  intervento  legislativo  statale  in  materia

riservata  alla  competenza  esclusiva  delle  Regioni,  affidato  al

legislatore delegato e al di fuori dei  presupposti  di  applicazione

dell'art. 118 Cost.

    I principi di sussidiarieta' e adeguatezza, in base ai  quali  e'

possibile l'attrazione della funzione normativa dal livello regionale

a quello statale, in tanto giustificano una deroga al normale riparto

delle competenze fra  Stato  e  Regioni  stabilito  in  via  generale

dall'art. 117 Cost. in quanto «la valutazione dell'interesse pubblico

sottostante all'assunzione di  funzioni  regionali,  da  parte  dello

Stato, sia proporzionata, assistita da ragionevolezza alla stregua di

uno  scrutinio  stretto  di  costituzionalita'  e  sia  previsto   un

coinvolgimento delle Regioni interessate» (sentenze n. 206 del  2009,

n. 339 del 2007, nn. 383, 285, 270, 242 del 2005, n. 6 del  2004,  n.

303 del  2003).  Inoltre,  ove  si  sia  in  presenza  di  competenza

regionale  esclusiva,  «al  fine  di  assicurare  l'emersione   degli

interessi intestati dalla Costituzione  all'autonomia  regionale,  la

legge  statale  deve  garantire  la  riespansione   delle   capacita'

decisionali della Regione interessata, per  mezzo  di  una  paritaria

codeterminazione  dell'atto,  non  superabile  per   mezzo   di   una

iniziativa unilaterale di una delle parti» (sentenze n. 383 del 2005,

n. 278 del 2010, n. 303 del 2003). Occorrerebbe dunque  un'intesa  di

natura inequivocabilmente «forte» (sentenza n. 6 del 2004) che  porti

ad una volonta' comune per raccordare la  materia  del  turismo  agli

obiettivi dello sviluppo economico.

    Nel  caso  di  specie,  nessuno  di  questi  criteri   e'   stato

rispettato. L'art. 2, comma 2, del Codice rende anzi palese che si e'

inteso operare un'avocazione allo Stato  di  competenza  legislativa,

prima e piuttosto che amministrativa, cosi'  invertendo  la  corretta

prospettiva delineata dall'art. 118 Cost., e per di piu'  che  si  e'

inteso farlo in termini assolutamente generici e di portata generale.

Le prospettate esigenze di carattere unitario sono  espresse  infatti

in termini assolutamente vaghi,  con  riferimento  a  valorizzazione,

sviluppo e competitivita' del  settore  turistico,  anche  a  livello

interno oltre che internazionale, e all'offerta turistica italiana in

genere. In effetti, i contenuti del Codice si estendono ad una minuta

disciplina  di   strutture   ricettive   ed   agenzie   di   viaggio,

appropriandosi cosi' dei principali contenuti  propri  della  materia

del turismo, fin qui disciplinati dalla legislazione regionale.

    Tanto meno puo' dirsi rispettato il principio  di  coinvolgimento

delle Regioni interessate, in  un  quadro  di  leale  collaborazione,

mediante un'effettiva intesa che  raccolga  il  comune  consenso.  Il

decreto legislativo n. 79 del 2011 e' stato emanato senza  che  fosse

stata raggiunta alcuna intesa con le Regioni in  sede  di  Conferenza

unificata;  anzi,  in  quella  sede  erano  gia'   stati   ampiamente

manifestati motivati dubbi di legittimita' costituzionale del decreto

legislativo  preannunciato  (all.  2  -  verbale   della   Conferenza

unificata del 18 novembre 2010).

    Conferma   le   conclusioni   raggiunte   anche   la    specifica

giurisprudenza  costituzionale  formatasi  in  materia  del   turismo

(sentenze n. 214 del 2006, n, 88 del 2007, n. 76 del 2009),  ove  per

un verso  si  prendono  in  considerazione  disposizioni  legislative

statali relative a misure specifiche e puntuali, per altro  verso  si

contempera l'incisivita' delle misure con la  ritenuta  essenzialita'

dello  strumento  dell'intesa   fra   le   Parti   nella   Conferenza

Stato-Regioni,  per  dare   concretezza   al   principio   di   leale

collaborazione  ed  evitare  cosi'  un'abnorme   compressione   della

competenza legislativa residuale delle Regioni in  spregio  dell'art.

117, comma 4, Cost.

    Passiamo  ora  ad  illustrare   alcuni   ulteriori   profili   di

illegittimita' costituzionale relativi ad specifiche disposizioni del

Codice, ferme restando le  censure  fin  qui  esposte  che  investono

l'intero Codice  in  tutte  le  sue  disposizioni.  Le  censure  sono

riferite per brevita' a singole  disposizioni  del  Codice,  ma  deve

intendersi che esse sono estese al contempo all'art.  1  del  decreto

legislativo n. 79 del 2011 approvativo dell'Allegato 1  e  quindi  di

ciascuna delle disposizioni contenute nel Codice.

Sugli artt. 1 e 2 del Codice.

    Gli articoli 1 e 2 del Codice manifestano la volonta' del Governo

di adottare una legislazione innovativa ed  organica  in  materia  di

turismo, senza la previsione di una necessaria intesa con le Regioni,

che pure sono titolari  di  competenza  legislativa  esclusiva  nella

medesima materia. Violano pertanto gli artt. 117, comma 4, 118 e  120

Cost.

    In  particolare,  l'art.  2,  comma   2,   del   Codice   dispone

un'avocazione di competenza  legislativa  a  favore  dello  Stato  di

portata generale, stante  la  generalita'  e  indeterminatezza  delle

esigenze unitarie ivi indicate, in violazione degli artt. 117,  comma

4, 118, comma 1, e 120 Cost..  La  genericita'  di  formulazione  del

comma 2 («a) valorizzazione, sviluppo  e  competitivita',  a  livello

interno ed internazionale del settore  turistico...  b)  riordino  ed

unitarieta' dell'offerta turistica  italiana...»)  lascia  spazio  ad

interventi legislativi ed amministrativi  estesi  all'intera  materia

del turismo.

    Dal  canto  suo,  l'art.  2,   comma   3,   del   Codice   tratta

dell'attribuzione delle  funzioni  amministrative  «esercitate  dallo

Stato di cui ai commi 1 e 2». Il dettato letterale e'  manifestamente

equivoco, dato che i commi 1  e  2  non  si  riferiscono  a  funzioni

amministrative bensi' a competenze legislative. Ove il comma 3 sia da

interpretare nel senso che includa tutte le  funzioni  amministrative

genericamente   riconducibili    all'esercizio    delle    competenze

legislative indicate ai commi precedenti,  e  segnatamente  a  quelle

ricondotte dal comma 2 a vaghe esigenze  di  carattere  unitario,  la

disposizione presenta ulteriori specifici profili  di  illegittimita'

costituzionale. Si  determina  infatti  una  amplissima  compressione

anche sul versante  amministrativo  della  competenza  delle  Regioni

nella materia del turismo, senza che sussistano le condizioni  minime

per l'avocazione  allo  Stato  sulla  base  dell'art.  118  Cost.  in

violazione altresi'  del  principio  di  leale  collaborazione  Manca

infatti  una  prioritaria   rigorosa   indicazione   delle   funzioni

amministrative   che   necessiterebbero    di    essere    esercitate

unitariamente  a  livello  statale,  in  relazione  alle   quali   si

giustificherebbe  poi  una   disciplina   legislativa   statale.   Al

contrario, viene cosi'  a  determinarsi  una  indebita  avocazione  -

legislativa e di riflesso amministrativa  -  di  carattere  generale,

tale da svuotare la competenza legislativa esclusiva delle Regioni in

materia di turismo.

Sull'articolo 3, comma 1, del Codice.

    L'art. 3, comma 1, del Codice prevede che  «lo  Stato  assicur(i)

che le persone con disabilita'  motorie,  sensoriali  e  intellettive

passano  fruire  dell'offerta  turistica  in  modo  completo   e   in

autonomia, ricevendo servizi al medesimo livello  di  qualita'  degli

altri fruitori senza aggravi del prezzo».

    Si avocano cosi' allo Stato,  con  una  disposizione  di  portata

generale, tutte le funzioni amministrative  volte  ad  assicurare  ai

disabili la piena ed autonoma fruizione dei servizi turistici.  Manca

per contro sia l'individuazione di funzioni specifiche, come pure  un

giudizio rigoroso  di  adeguatezza-sussidiarieta'  volto  a  motivare

circa le ragioni per le quali le Regioni  sarebbero  inadeguate  allo

svolgimento  di  quelle  stesse  funzioni  amministrative.  Si  viola

pertanto il disposto dell'art. 118, comma 1, Cost.

Sugli articoli 8, 9, 10, 12, 13, 14, 15, 16 del Codice.

    Il Codice al Titolo III, sotto la rubrica «Mercato del  turismo»,

disciplina  in  modo  generale  e  dettagliato  tutte  le   strutture

turistico-ricettive.  Precisamente,  nel   Capo   I   dedicato   alle

«Strutture ricettive  e  altre  forme  di  ricettivita'»  provvede  a

classificarle in modo analitico (artt. 8-9) riservando allo Stato  la

«classificazione standard qualitativi»  fino  all'istituzione  di  un

rating assimilabile alle  stelle  (art.  10  par.  3);  analogamente,

riserva il  Capo  II  alla  classificazione  delle  «Altre  strutture

ricettive», rispettivamente  extralberghiere  (art.  12),  all'aperto

(art. 13), di mero supporto (art. 14); infine, inserisce nel Capo III

«Disposizioni  comuni  per   le   strutture   turistico   ricettive»,

riservando allo Stato la fissazione di standard minimi nazionali  dei

servizi e delle dotazioni  per  la  classificazione  delle  strutture

ricettive (art. 15), disponendo la semplificazione degli  adempimenti

amministrativi (art. 16) e l'applicazione della  speciale  disciplina

dello sportello unico (art. 16).

    Per questa parte, il Codice interviene a disciplinare la  materia

gia' regolata nella Regione del Veneto dalla 1.r. 4 novembre 2002, n.

33 «Testo unico delle leggi regionali in materia  di  turismo»  negli

articoli da 22 a 43.

    Questa minuta disciplina  statale  non  trova  legittimazione  in

nessuna  delle  competenze   legislative   esclusive   dello   Stato,

riguardando la materia del turismo che e' riservata  alla  competenza

residuale regionale. Ne'  essa  appare  giustificabile  alla  stregua

della   possibile   avocazione   di   funzioni   amministrative    in

sussidiarieta', ai sensi dell'art. 118 Cost.  Infatti,  relativamente

alle   funzioni   amministrative   menzionate    nel    Codice,    di

classificazione delle strutture turistico ricettive (art.  13,  comma

8), di rilascio della licenza di esercizio (art. 8,  comma  2)  e  di

ricevimento e controllo della SCIA (art. 16), non e' prevista  alcuna

avocazione ad autorita' amministrative statali, di talche' viene meno

ogni  giustificazione  per  un  intervento  legislativo  statale   di

organizzazione e  disciplina  del  loro  esercizio  in  funzione  del

principio di legalita'. Traspare invece la volonta'  del  legislatore

statale di avocare a se' la mera competenza legislativa, mediante  la

quale disciplinare in sostituzione delle Regioni la parte  principale

della materia del turismo.

    Tutto cio' configura dunque violazione degli artt. 117, comma  4,

118 e 120 Cost.

    Inoltre, in quanto la definizione di attivita' ricettiva e' volta

a specificare quali attivita' accessorie sono comprese nella  licenza

di esercizio (quali la  fornitura  di  generi  di  varia  natura,  la

somministrazione di alimenti e bevande), si profila una lesione delle

competenze regionali oltre che in materia di turismo anche in materia

di commercio, sempre in violazione dell'art. 117, comma 4, Cost.

Sull'articolo 11, comma 1, del Codice.

    L'art. 11 del Codice, relativo  alla  «Pubblicita'  dei  prezzi»,

dispone al  comma  1  che  i  prezzi  dei  servizi  sono  liberamente

determinati dai singoli operatori turistici, «fatto  salvo  l'obbligo

di comunicare i prezzi praticati secondo  quanto  disciplinato  dalle

regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano».

    In questo modo il legislatore  statale  impone  alle  Regioni  di

disciplinare l'obbligo dei singoli operatori turistici di  comunicare

i prezzi liberamente praticati,  sul  presupposto  implicito  che  le

Regioni dispongano del potere di emanare disposizioni  legislative  o

regolamentari in materia di prezzi delle strutture ricettive.

    Per  contro,  cio'  contrasta  con  il  riparto   di   competenze

legislative stabilito  dall'art.  117  Cost.,  ove  si  riserva  alla

competenza legislativa esclusiva dello Stato la  materia  dei  prezzi

delle strutture ricettive, come  e'  stato  riconosciuto  da  codesta

Corte con le sentenze n. 188 e n. 370 del 1992, sull'assunto  che  il

tema esulasse dalla materia del turismo  e  rientrasse  in  una  piu'

generale competenza statale attinente al «complesso  delle  strutture

commerciali».

    Atteso che l'art. 11, comma 1, del Codice  non  solo  postula  ma

addirittura impone alle regioni un intervento normativo sul tema,  vi

si ravvisa la violazione dell'art. 117, commi 2 e 4, Cost.

Sugli articoli 18, 19 e 21 del Codice.

    Il Titolo IV  del  Codice  riguarda  le  «Agenzie  di  viaggio  e

turismo». Nel Capo I dedicato a «Agenzie e organizzatori  di  viaggi»

si opera la «Definizione» o  classificazione  degli  operatori  (art.

18), si pone l'obbligo di assicurazione (art. 19),  si  riserva  allo

Stato la fissazione dei requisiti professionali dei direttori tecnici

(art. 20), si dispongono misure di semplificazione amministrativa col

ricorso alla SCIA (art. 21).

    Anche in questa parte (escluso l'art. 20), il Codice interviene a

disciplinare la materia gia' regolata nella Regione Veneto dalla 1.r.

4 novembre 2002, n. 33 «Testo unico delle leggi regionali in  materia

di turismo» agli articoli da 62 a 81.

    Neppure  questa  minuta  disciplina  statale  delle  agenzie   di

viaggio,  e  l'imposizione  dell'applicazione  della  SCIA  anche  ai

relativi procedimenti amministrativi, trova legittimazione in  alcuna

delle  competenze  legislative  esclusive  dello  Stato,   rientrando

interamente nella competenza residuale regionale.

    Ne'  essa  e'  giustificabile  alla  stregua  dell'avocazione  di

funzioni amministrative in sussidiarieta',  ai  sensi  dell'art.  118

Cost. Infatti, il Titolo IV, Capo I, del Codice non individua  alcuna

funzione amministrativa da avocare allo Stato, di talche' viene  meno

ogni giustificazione per un intervento legislativo statale, legittimo

solo  in  quanto  provveda  alla  disciplina  dell'organizzazione  ed

esercizio  di  funzioni  amministrative  avocate,  in  funzione   del

principio di legalita'. Traspare invece la volonta'  del  legislatore

statale di avocare a se' la mera competenza legislativa, mediante  la

quale disciplinare in sostituzione delle Regioni la parte  principale

della materia del turismo.

    Tutto cio' configura dunque violazione degli artt. 117, comma  4,

118 e 120 Cost.

Sugli articoli 68 e 69 del Codice.

    L'art. 68 del Codice, recante la rubrica «Assistenza al turista»,

prevede l'istituzione di un servizio di assistenza al turista,  anche

attraverso call center, e di uno sportello del turista, a cura (dello

Stato  e  per  esso)  del  Dipartimento  per   lo   sviluppo   e   la

competitivita' del turismo.

    Inoltre, l'art. 68 e l'art. 69 del Codice,  intitolato  «Gestione

dei reclami», istituiscono e disciplinano una procedura  di  gestione

reclami, affidata anch'essa (allo Stato e per esso)  al  Dipartimento

per lo sviluppo e la competitivita' del turismo.

    Singolare  e'  la  procedura  e  «gestione»  dei  reclami   cosi'

istituita. L'art. 93, par. 3, dispone che il  Dipartimento  comunichi

l'esito dell'attivita' istruttoria  svolta  a  seguito  del  reclamo,

senza pero' indicare  quali  tipi  di  provvedimento  possano  essere

adottati. Vi e' percio' assoluta indeterminatezza  quanto  al  potere

demandato alla  pubblica  amministrazione  e  al  contempo  si  rende

impossibile  verificare   la   sussistenza   delle   condizioni   per

l'avocazione  allo  Stato  di  funzioni  amministrative  in  via   di

sussidiarieta', ai sensi dell'art. 118 Cost. e nel rispetto dell'art.

120 Cost.

    Con  riferimento  agli  eventuali  provvedimenti  sanzionatori  a

carico dell'impresa o dell'operatore turistico, atteso che il  Codice

all'art. 69, comma 4, ne rinvia la definizione ad un regolamento,  si

configura altresi' violazione del principio di legalita'  e  comunque

del disposto dell'art. 117, comma 6, Cost., che riserva allo Stato la

potesta'  regolamentare  nelle  sole  materie   di   sua   competenza

esclusiva, tra le quali, non rientra il turismo.

    Ne' e' previsto alcun coinvolgimento delle Regioni nella gestione

dei reclami, in violazione  del  principio  di  leale  collaborazione

stabilito dall'art. 120 Cost.

    L'attribuzione di  un  ruolo  diretto  e  di  nuove  funzioni  al

Dipartimento per lo sviluppo e la competitivita' del  turismo,  ossia

ad una struttura amministrativa governativa, nonostante l'abrogazione

della legge istitutiva del Ministero del turismo 31 luglio  1959,  n.

617, ad opera del d.P.R.  5  giugno  1993,  n.  175,  a  seguito  del

referendum popolare abrogativo svoltosi il 18 aprile 1993,  rende  se

possibile ancora piu' evidente la generale finalita' del  Governo  di

riappropriarsi di competenze e funzioni nella  materia  del  turismo,

nonostante   la   scelta   contraria   compiuta    dal    legislatore

costituzionale.

 

                               P.Q.M.

 

    Chiede che l'ecc.ma Corte  costituzionale  voglia  accogliere  il

ricorso, dichiarando la illegittimita' costituzionale dell'art. 1 del

decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, approvativo  dell'Allegato

1 recante il Codice della normativa statale in terna di ordinamento e

mercato del turismo, relativamente all'intero Codice, o  quanto  meno

agli articoli 1, 2, 3, 8, 9, 10, 11 comma 1, 12, 13, 14, 15, 16,  18,

19, 21, 68, 69, per violazione degli artt. 76, 114,  117,  118,  119,

120 della Costituzione, nelle parti, nei termini e  sotto  i  profili

esposti nel presente ricorso.

    Si allega:

        1. deliberazione della Giunta regionale del  Veneto  n.  1046

del 12 luglio 2011, di autorizzazione alla proposizione del ricorso

        2. copia del  parere  sullo  schema  di  decreto  legislativo

espresso dalla Conferenza unificata Stato-Regioni-Autonomie locali il

18 novembre 2010 rep. Atti n. 123/CU.

          Treviso - Venezia - Roma, addi' 4 agosto 2011

 

             Prof. Avv. Barel - avv. Zanon - avv. Manzi

  

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