Ricorso n. 82 dell'11 agosto 2011 (Regione Veneto)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria l'11 agosto 2011 (della Regione Veneto).
(GU n. 43 del 12.10.2011)
Ricorso della Regione del Veneto, in persona del Presidente della Giunta regionale dott. Luca Zaia, autorizzato mediante deliberazione della Giunta stessa n. 1046 del 12 luglio 2011 (all. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale a margine del
presente atto, dagli avv.ti Bruno Barel di Treviso, Ezio Zanon, Coordinatore dell'Avvocatura regionale, e Luigi Manzi di Roma, presso quest'ultimo domiciliata in Roma, via F. Confalonieri n. 5, fax ... posta elettronica certificata
...;
Contro il Presidente del consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato ex lege, in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale:
per violazione degli artt. 76, 114, 117, 118, 119, 120 della Costituzione;
dell'art. 1 del decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 6 giugno 2011, n. 129, S.O. n. 139, e degli articoli 1, 2, 3, 8, 9, 10, 11 comma 1, 12, 13, 14, 15, 16, 18, 19, 21, 68, 69 dell'Allegato I al decreto legislativo stesso.
Fatto e diritto
Il decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2011, suppl. ord. n. 139, ha
contenuti plurimi ed eterogenei.
Con l'articolo 1 ha approvato l'Allegato 1, contenente il «Codice
della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del
turismo», mentre con l'articolo 2 ha apportato modificazioni al
decreto legislativo 6 settembre 2005, n, 206, «in attuazione della
direttiva 2008/1221/CE, relativa ai contratti di multiproprieta',
contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine,
contratti di rivendita e di scambio».
Del decreto legislativo n.79 del 2011 si impugna in questa sede
l'articolo 1, approvativo dell'Allegato 1, e quindi il Codice della
normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo
contenuto nell'Allegato 1, nel suo insieme, ed altresi' di alcune
specifiche disposizioni del Codice per ulteriori distinti profili.
Il ricorso e' proposto a salvaguardia delle prerogative
costituzionali della Regione del Veneto in materia di turismo.
Che la materia del turismo dal 2001, con la riforma del Titolo V
della Costituzione, rientri nella competenza residuale delle Regioni
a statuto ordinario, ai sensi dell'art. 117, comma 4, Cost., e'
assunto condiviso e sancito da costante giurisprudenza costituzionale
(sentenze nn. 90 e 214 del 2006, n. 94 del 2008, nn. 13 e 76 del
2009).
Eventuali interventi legislativi statali possono ancora incidere
sulla materia del turismo soltanto indirettamente o settorialmente:
essi infatti devono trovare legittimazione nell'esercizio delle
competenze statali esclusive nelle cc.dd. «materie trasversali»
individuate dall'art. 117, comma 2, Cost., oppure - secondo la piu'
recente giurisprudenza costituzionale - nel disposto dell'art. 118
Cost., quando lo Stato, in applicazione dei principi di
sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza, avochi a se'
l'esercizio di determinate funzioni amministrative per esigenze e
interessi unitari e conseguentemente sorga la necessita' di
organizzarne e disciplinarne l'esercizio con atti legislativi
(sentenze nn. 88 e 339 del 2007, n. 214 del 2006).
Resta invece precluso allo Stato il potere di emanare una
«legge-quadro» - ovvero, un «Codice» - in materia di turismo,
contenente norme di principio (ed eventualmente anche norme di
dettaglio cedevoli), come era accaduto prima della riforma
costituzionale nel quadro del riparto di competenze, prima con la
legge statale 17 maggio 1983, n. 217 «Legge-quadro per il turismo»,
piu' di recente, con la legge 29 marzo 2001, n.135, di riforma della
legislazione nazionale in materia di turismo.
Spetta dunque alle Regioni, dal 2001, disciplinare in modo
organico la materia del turismo, come ha fatto la Regione del Veneto
con la 1.r. n. 33 del 2002.
Ciononostante, lo Stato non ha ancora provveduto all'abrogazione
esplicita dei decreti legislativi nn. 300 e 303 del 1999, che
attribuiscono all'amministrazione centrale dello Stato (in
particolare al Ministero delle attivita' produttive) funzioni di
rilevante portata nel settore del turismo; ne' ha attivato con le
Regioni il confronto, pur sollecitato, sulla legge-quadro statale sul
turismo 29 marzo 2001, n. 135, per ricercare una condivisione sulle
parti da abrogare e su quelle da mantenere in vita. Tutto cio',
nonostante l'ormai risalente abrogazione della legge istitutiva del
Ministero del turismo 31 luglio 1959, n. 617, con d.P.R. 5 giugno
1993, n. 175, a seguito del referendum popolare abrogativo svoltosi
il 18 aprile 1993.
Ora, col decreto legislativo n. 79 del 2011, lo Stato e per esso
il Governo ha adottato un ampio testo normativo (69 articoli), che si
autoqualifica come «Codice della normativa statale in tema di
ordinamento e mercato del turismo», il quale, accanto a disposizioni
riconducibili a competenze esclusive statali (disciplina delle
professioni, ordinamento civile), ne contiene molte altre che pongono
una minuta disciplina di aspetti rilevanti della materia del turismo,
come la disciplina delle strutture turistico-ricettive e delle
agenzie di viaggio. Il Codice viene cosi' ad interferire in modo
assai incisivo con la competenza esclusiva della Regione del Veneto
nella materia del turismo e in particolare con la 1.r. n. 33 del
2002, che ha definito in modo organico ed ormai consolidato la
regolamentazione di un settore che riveste importanza prioritaria per
l'economia del Veneto.
Il decreto legislativo n. 79 del 2011, nella parte in cui ha
introdotto il Codice statale del turismo, e' stato emanato in assenza
di corrispondente delega legislativa, o comunque in violazione delle
delega legislativa sulla quale dichiara di fondarsi (articolo 14,
commi 14, 15, 18, della legge 28 novembre 2005, n. 246, correntemente
indicata come «taglia-leggi»). In ogni caso viola la competenza
esclusiva regionale in materia di turismo, esorbitando dai limiti nei
quali sono consentiti allo Stato dall'art. 118 Cost. interventi
legislativi in materia di turismo.
Le considerazioni che seguono saranno rivolte anzitutto ad
illustrare la natura ed i limiti della delega legislativa cui fa
riferimento il Governo, per dimostrare la sua estraneita' al potere
legislativo concretamente esercitato e conseguentemente la
illegittimita' costituzionale dell'intero Codice e dell'articolo 1
del decreto legislativo n. 79 del 2009 che ha approvato l'Allegato 1
contenente il Codice stesso.
Per la denegata ipotesi che sia ravvisabile coerenza fra decreto
legislativo e legge di delega, si formula istanza alla Corte perche'
sollevi innanzi a se questione incidentale di legittimita'
costituzionale delle pertinenti disposizioni della legge delega.
Si esporranno poi ulteriori censure, per profili particolari,
avverso talune specifiche disposizioni del Codice, e di riflesso
dell'art. 1 del decreto legislativo n. 79 del 2009 approvativo
dell'Allegato 1, in parte qua.
La delega legislativa alla quale si richiama (sia nella rubrica
che nelle premesse) il decreto n. 79 del 2011 relativamente
all'approvazione del Codice statale del turismo, e' contenuta
nell'art. 14 «Semplificazione della legislazione» della legge n. 246
del 2005. Si tratta di una normativa, in seguito piu' volte
novellata, che e' complessa nella sua formulazione e nella sua
interpretazione, tanto per la stratificazione degli interventi quanto
per la difficolta' di dare seguito concreto al programma di
semplificazione della legislazione.
L'art. 14, nel testo originario, prevedeva che entro 24 mesi
dalla sua entrata in vigore il Governo provvedesse all'individuazione
delle disposizioni legislative vigenti, trasmettendo una apposita
relazione finale (comma 12), e che entro i successivi 24 mesi
venissero individuate con appositi decreti legislativi, secondo i
principi e criteri appositamente indicati, le disposizioni
legislative, anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si riteneva
indispensabile la permanenza in vigore (comma 14).
Veniva precisato che «i decreti legislativi di cui al comma 14
provvedono altresi' alla semplificazione o al riassetto della materia
che ne e oggetto, nei rispetto dei principi e criteri direttivi di
cui all'art. 20 della legge n. 59 del 1997» (comma 15) e che, decorso
il termine di 24 mesi previsto dal comma 14, erano da considerare
abrogate tutte le disposizioni legislative anteriori al 1970 (comma
16: c.d. effetto «ghigliottina», ora disciplinato, a seguito
dell'abrogazione del comma 16, dai commi ter e quater dell'art. 4,
comma 1, legge 18 giugno 2009, n. 69).
Infine, il comma 18 prevedeva che, entro due anni dalla data di
entrata in vigore dei decreti di cui al comma 14 «e nel rispetto
degli stessi principi e criteri direttivi» potessero essere emanate
con uno o piu' decreti legislativi «disposizioni integrative o
correttive».
In sintesi, il procedimento di semplificazione normativa si
articolava in tre fasi: la prima, nel biennio dall'entrata in vigore
della legge, volta alla ricognizione delle disposizioni legislative
statali vigenti; la seconda, nel biennio successivo, dedicata alla
identificazione delle disposizioni da mantenere in vigore e alle
attivita' di semplificazione o riordino del materiale normativo
raccolto; la terza, eventuale, nel biennio dall'emanazione dei
decreti, volta all'emanazione di disposizioni integrative o
correttive (dei predetti decreti), nel rispetto degli stessi criteri
e principi.
Tale disciplina originaria dell'art. 14 ha subito ripetute
modifiche nel corso del tempo, ispirate chiaramente dalla volonta' di
venire incontro alle difficolta' obiettive incontrate nell'attuazione
del programma. In particolare, e' stato integralmente sostituito il
comma 18 (ad opera dell'art. 13 legge n. 15 del 2009), introdotto il
comma 18-bis (dall'art. 4, comma 1, lett. d, legge n. 69 del 2009) e,
ancora, il comma 14-bis (dall'art. 4, comma 1, lett. a), legge n. 69
del 2009).
Secondo il nuovo testo del comma 18, possono essere emanate,
entro due anni dall'entrata in vigore dei decreti legislativi di cui
al comma 14, «disposizioni integrative, di riassetto o correttive,
esclusivamente nel rispetto dei principi o criteri direttivi di cui
al comma 15 e previo parere della Commissione di cui al comma 19».
Per il nuovo comma 18-bis, strettamente connesso al precedente comma
18, entro un anno dall'entrata in vigore dei decreti legislativi di
riassetto possono essere emanate, con uno o piu' decreti legislativi,
«disposizioni integrative o correttive dei medesimi decreti
legislativi». Al nuovo comma 14-bis si precisa poi che «Nelle materie
appartenenti alla legislazione regionale, le disposizioni normative
statali, che restano in vigore ai sensi dell'articolo 1, comma 2,
della legge 5 giugno 2003, n. 131, continuano ad applicarsi, in
ciascuna regione, fino alla data di entrata in vigore delle relative
disposizioni regionali».
Cosi' ricostruito brevemente il quadro normativo di riferimento,
occorre individuare l'esatta portata del comma 18 nel testo
novellato, in quanto esso e' stato assunto a base giuridica dal
decreto legislativo n. 79 del 2011.
La disposizione ha dato adito ad un dubbio interpretativo: se
possa ritenersi consentito l'esercizio dei poteri di riassetto
normativo in via autonoma, rispetto all'esercizio del potere di
individuazione delle disposizioni anteriori al 1970 «salvate», e se
siffatto potere possa eventualmente essere esercitato per la prima
volta nel biennio successivo all'emanazione dei decreti legislativi
di identificazione della disciplina destinata a permanere in vigore.
In effetti, una lettura coordinata delle diverse disposizioni
richiamate da' motivo di ritenere che il legislatore abbia inteso,
dapprima, conseguire - mediante i decreti «salva-leggi» di
individuazione e riordino delle disposizioni legislative anteriori al
1970 mantenute in vigore - un primo assestamento della disciplina
statale sopravvissuta, ordinata per settori o materie; poi,
permettere un ulteriore intervento integrativo, correttivo, di
riassetto definitivo; con la conseguenza che i decreti previsti dal
comma 18 non potrebbero che completare un'opera di riassetto gia'
iniziata coi precedenti decreti, mentre sarebbe precluso l'esercizio
dei poteri di riassetto normativo, in via autonoma, per la prima
volta nel biennio successivo all'emanazione di decreti legislativi
«salva-leggi» che si siano limitati all'identificazione della
disciplina anteriore al 1970 mantenuta in vigore.
Diverso e' l'orientamento interpretativo espresso dal Consiglio
di Stato (Adunanza a Sezioni riunite Prima e Normativa del 13 gennaio
2010 - parere n. 802/2010 del 2 marzo 2010), che ha invece ritenuto
sostanzialmente prorogata la possibilita' di esercizio della delega
per il (solo) riassetto, fino al termine indicato nel nuovo comma 18.
Il Consiglio di Stato, tuttavia, in tanto ha ritenuto che questo
parere non trovi ostacolo con riferimento ai principi che presiedono
alla delega legislativa, in quanto si ritenga che l'oggetto della
delega resti immutato: esso e' e deve rimanere quello previsto
dall'art. 14, comma 15, cioe' il riassetto della materia oggetto dei
decreti legislativi di cui al comma 14: «Si evidenzia, in questa
prospettiva, il legame che unisce la fase di riassetto, da compiersi
ai sensi del nuovo comma 18, con la fase, in precedenza svolta, di
identificazione della disciplina da mantenere in vigore. L'opera di
riassetto puo', infatti, essere realizzata per la prima volta nel
biennio di cui all'art. 14, comma 18, ma e' comunque sequenzialmente
collegata con l'attivita' svolta nelle fasi precedenti. Le
disposizioni contenute nel decreto che indica le norme statali
destinate a rimanere in vigore costituiscono, pertanto, non il solo
ambito materiale, ma il punto di partenza dal quale prendere le mosse
per la complessiva opera di riassetto. La disciplina legislativa
anteriore al 1° gennaio 1970, mantenuta in vita, e' stata sottratta
all'effetto abrogativo in vista della opera di riassetto; opera che,
articolata per ambiti materiali o settori omogenei, secondo
l'esperienza maturata con riferimento all'art. 20 della legge n. 59
del 1997, suppone un intervento sulla disciplina statale gia'
sottratta all'effetto abrogativo, ma esige un intervento sulla
disciplina successiva, che, ricadente nello stesso ambito materiale o
nello stesso settore omogeneo della disciplina mantenuta m vita,
deve, appunto, essere oggetto di riordino. E', dunque, a partire
dalle disposizioni legislative statali identificate con il decreto di
cui all'art. 14, comma 14, della legge n. 246 del 2005, che puo'
prendere le mosse l'opera di riassetto normativo di cui al'art. 14,
comma 18, con la determinazione delle materie e dei settori omogenei
cui fanno riferimento le norme salvate, e con la considerazione delle
disposizioni legislative successive che, con riferimento a tali
ambiti materiali, devono costituire oggetto di riordino».
Nel medesimo parere il Consiglio di Stato ha altresi' rilevato
che i criteri in base ai quali deve essere effettuata l'opera di
riassetto prevista dal comma 18 sono quelli enunciati dal comma 15,
ossia i criteri indicati dall'art. 20 legge n. 59 del 1997, cosicche'
l'opera di riassetto si traduce nella «semplificazione e riordino
della normativa» (Ad. Gen. 25 ottobre 2004, n. 2/04), implica
l'esercizio di poteri innovativi dell'ordinamento al fine di comporre
in testo normativo unitario le molteplici disposizioni vigenti nella
materia, modificandole nella misura strettamente necessaria,
adeguandole alla disciplina internazionale e comunitaria,
organizzandole in un quadro nuovo (Corte cost., sentenza n. 170 del
2007; Cons. Stato, Sez. Normativa, 21 maggio 2007, n. 2024/07).
In sintesi, anche a voler ritenere - col Consiglio di Stato - che
il potere delegato di provvedere al riassetto possa essere esercitato
per la prima volta (non gia' con i decreti «salva-leggi» previsti dal
comma 14 bensi' solo) con i successivi decreti previsti dal novellato
comma 18, resta indubbio che l'oggetto della delega non muta e resta
definito dai ridetti decreti «salva-leggi», fatte salve le
innovazioni strettamente necessarie per semplificare e ordinare le
disposizioni originarie e se del caso coordinarle con norme
sopravvenute (e percio' anch'esse gia' in vigore) e conformarle agli
obblighi internazionali e comunitari.
L'individuazione di questo limite al potere legislativo delegato,
nel contesto di un'interpretazione estensiva del comma 18, e' d'altra
parte indispensabile per rendere la complessiva lettura della
disposizione costituzionalmente conforme, in quanto solo quel limite
consente di escludere che il novellato comma 18 finisca con l'essere
una delega «in bianco» al Governo. Esso consente altresi' di porre
rimedio alla divergenza dei decreti «salva-leggi» limitati alla mera
individuazione delle disposizioni «salvate», con i principi e criteri
direttivi stabiliti da quella stessa disposizione (spec. alle lett.
d), e), f) del comma 14) che richiedevano anche un'attivita' di
organizzazione in modo coerente per settori omogenei o materia.
Soltanto un'interpretazione che faccia salva la continuita' e la
correlazione fra comma 18 e commi 14 e 15 consente di giustificare la
tesi secondo la quale il legislatore avrebbe concesso al Governo una
proroga temporale della deroga originaria, ossia un periodo di tempo
piu' adeguato per completare l'opera cosi' come delineata dal comma
14.
In ogni caso, poi, il riordino della legislazione statale
«salvata» avrebbe consentito, nelle materie di competenza regionale,
un intervento normativo statale «cedevole», cosi' come ribadito
dall'art. 14, comma 14-bis.
Dopo avere ricostruito il significato e la portata del quadro
normativo preso a riferimento, non resta che verificare ora se alla
delega cosi' correttamente intesa si sia conformato il decreto
legislativo n. 79 del 2009 relativamente al Codice statale del
turismo.
La delega disposta dai commi 14 e 15 e' scaduta il 16 dicembre
2009. Entro tale data e' stato emanato, per quanto rileva in questa
sede, solo il decreto legislativo n. 179 del 2009, in vigore dal 15
dicembre 2009. E' costituito da un unico articolo con due allegati,
consistenti in due elenchi cronologici di atti legislativi da
mantenere in vigore: precisamente, 2.375 atti legislativi da
sottrarre alla c.d. «ghigliottina taglia-leggi» e 861 atti
legislativi da sottrarre all'abrogazione disposta dall'art. 2 del
decreto-legge n. 200 del 2008 (convertito in legge con legge n. 9 del
2009). Il decreto legislativo n. 179 del 2009 si e' dunque limitato a
individuare - elencare - gli atti legislativi «salvati» dalla
«ghigliottina», senza peraltro provvedere contestualmente - in
conformita' ai principi e criteri direttivi fissati dal comma 14
dell'art. 14 - alla semplificazione e al riordino delle disposizioni
per materia o settori omogenei.
Nel biennio successivo, previsto dal nuovo testo del comma 18, e'
stato emanato dal Governo il decreto legislativo n. 79 del 2011 ed e'
stato approvato il nuovo Codice statale del turismo. Il Governo,
lungi dall'incentrare il Codice sul riordino e la semplificazione
delle disposizioni anteriori al 1970 «salvate» dalla «ghigliottina»,
ha effettuato un intervento legislativo radicalmente innovativo
rispetto al passato, di portata generale, tutt'altro che connotato da
«cedevolezza» pur in presenza di una materia di competenza regionale,
strutturato in 69 articoli che, fin dall'intitolazione prescelta -
«Codice» del turismo - configurano sostanzialmente una nuova legge
statale, estesa a larga parte della materia del turismo, con
disposizioni sia di principio che di dettaglio che vanno ad occupare
ampi spazi di regolazione gia' presidiati dalla legislazione della
Regione Veneto specificamente emanata per la materia del turismo
(1.r. n. 33 del 2002).
D'altra parte, ove ci si fosse attenuti alla delega, ben poco ci
sarebbe stato da individuare e riordinare, nella legislazione statale
del turismo anteriore al 1970, poiche' tale operazione era gia' stata
compiuta dalla legge statale 17 maggio 1983, n. 217 «Legge-quadro per
il turismo», che aveva riordinato organicamente la materia. In
particolare, erano stai abrogati il r.d.l. 18 gennaio 1937, n. 975,
sulla classificazione degli alberghi e delle pensioni, il r.d.l. 6
giugno 1939, n. 1111, sulla disciplina degli affittacamere, il r.d.l.
23 novembre 1936, n. 2523 di disciplina delle agenzie di viaggio e
turismo, il r.d.l. 18 giugno 1937, n. 448 di disciplina delle guide,
corrieri ed interpreti. In particolare, relativamente alla disciplina
delle strutture ricettive, delle agenzie di viaggio e delle
professioni turistiche, che costituisce la parte principale del
Codice, neppure esistevano disposizioni legislative statali anteriori
al 1970 «salvate» e percio' suscettibili di essere riordinate.
D'altra parte, che il Governo abbia inteso effettuare un
intervento legislativo innovativo e di portata generale, stabile e
non «cedevole», attribuendo alla delega disposta dall'art. 14 legge
n. 206 del 2005 una portata innovativa amplissima e in nessun modo
correlata con le disposizioni legislative anteriori al 1970
«salvate», e' reso palese dal tenore degli artt. 1 e 2 del Codice.
L'art. 1 definisce l'ambito di applicazione del Codice nei
termini seguenti: «Il presente codice reca, nei limiti consentiti
dalla competenza statale, norme necessarie all'esercizio delle
funzioni amministrative in materia di turismo ed altre norme in
materia riportabili alle competenze dello Stato, provvedendo al
riordino, al coordinamento e all'integrazione delle disposizioni
legislative statali vigenti, nel rispetto dell'ordinamento
dell'Unione europea e delle attribuzioni delle regioni e degli enti
locali». L'art. 2, recante «Principi sulla produzione del diritto in
materia turistica», fonda l'intervento legislativo statale in materia
di turismo sulla sussistenza delle «seguenti esigenze di carattere
unitario: a) valorizzazione, sviluppo e competitivita', a livello
interno ed internazionale, del settore turistico quale fondamentale
risorsa del Paese; b) riordino e unitarieta' dell'offerta turistica
italiana».
Il Governo ha dunque ritenuto, a prescindere dal riordino delle
disposizioni anteriori al 1970 «salvate» dalla «ghigliottina», di
effettuare un intervento legislativo innovativo e di portata generale
nella materia del turismo, di avocare allo Stato funzioni
amministrative propriamente regionali e locali sulla base di
generiche esigenze di carattere unitario e corrispondentemente di
disciplinare legislativamente l'organizzazione e l'esercizio di dette
funzioni, in deroga alla competenza residuale regionale stabilita
dall'art. 117, comma 4, Cost. e in contrasto con la vigente
legislazione regionale sul turismo.
Ritiene pertanto la Regione del Veneto che il decreto legislativo
n.79 del 2011, e segnatamente il Codice statale del turismo, sia
stato emanato - quale che sia l'interpretazione dell'art. 14, comma
18, legge n. 256 del 2005 ritenuta corretta - al di fuori della
portata e dei limiti propri della delega legislativa, e percio' in
violazione dell'art. 76 Cost., con lesione delle prerogative
regionali in materia di turismo riconosciute dall'art. 117, comma 4,
Cost. e del principio di leale collaborazione posto dall'art. 120
Cost.
Resta da aggiungere, per l'eventualita', qui denegata, che la
delega legislativa stabilita dall'art. 14 legge n. 256 del 2005 possa
essere interpretata nel senso che comprenda anche i poteri di fatto
esercitati dal Governo col decreto n. 79 del 2011 relativamente al
Codice statale del turismo, che cio' comporterebbe allora la
illegittimita' costituzionale derivata del decreto, per
illegittimita' delle norme statali che hanno disposto la delega,
segnatamente dell'art. 14, comma 18 in relazione ai commi 14 e 15,
legge n. 206 del 2005. In questa ipotesi, si ritiene - e si formula
istanza in tal senso - che l'ecc.ma Corte costituzionale dovrebbe
sollevare innanzi a se' questione incidentale di illegittimita'
costituzionale delle norme di delega, per violazione degli artt. 76,
117, comma 4, 118 e 120 Cost.
Si sarebbe infatti in presenza di una delega legislativa priva di
delimitazione di oggetto, principi e criteri direttivi, e, allo
stesso tempo, di un intervento legislativo statale in materia
riservata alla competenza esclusiva delle Regioni, affidato al
legislatore delegato e al di fuori dei presupposti di applicazione
dell'art. 118 Cost.
I principi di sussidiarieta' e adeguatezza, in base ai quali e'
possibile l'attrazione della funzione normativa dal livello regionale
a quello statale, in tanto giustificano una deroga al normale riparto
delle competenze fra Stato e Regioni stabilito in via generale
dall'art. 117 Cost. in quanto «la valutazione dell'interesse pubblico
sottostante all'assunzione di funzioni regionali, da parte dello
Stato, sia proporzionata, assistita da ragionevolezza alla stregua di
uno scrutinio stretto di costituzionalita' e sia previsto un
coinvolgimento delle Regioni interessate» (sentenze n. 206 del 2009,
n. 339 del 2007, nn. 383, 285, 270, 242 del 2005, n. 6 del 2004, n.
303 del 2003). Inoltre, ove si sia in presenza di competenza
regionale esclusiva, «al fine di assicurare l'emersione degli
interessi intestati dalla Costituzione all'autonomia regionale, la
legge statale deve garantire la riespansione delle capacita'
decisionali della Regione interessata, per mezzo di una paritaria
codeterminazione dell'atto, non superabile per mezzo di una
iniziativa unilaterale di una delle parti» (sentenze n. 383 del 2005,
n. 278 del 2010, n. 303 del 2003). Occorrerebbe dunque un'intesa di
natura inequivocabilmente «forte» (sentenza n. 6 del 2004) che porti
ad una volonta' comune per raccordare la materia del turismo agli
obiettivi dello sviluppo economico.
Nel caso di specie, nessuno di questi criteri e' stato
rispettato. L'art. 2, comma 2, del Codice rende anzi palese che si e'
inteso operare un'avocazione allo Stato di competenza legislativa,
prima e piuttosto che amministrativa, cosi' invertendo la corretta
prospettiva delineata dall'art. 118 Cost., e per di piu' che si e'
inteso farlo in termini assolutamente generici e di portata generale.
Le prospettate esigenze di carattere unitario sono espresse infatti
in termini assolutamente vaghi, con riferimento a valorizzazione,
sviluppo e competitivita' del settore turistico, anche a livello
interno oltre che internazionale, e all'offerta turistica italiana in
genere. In effetti, i contenuti del Codice si estendono ad una minuta
disciplina di strutture ricettive ed agenzie di viaggio,
appropriandosi cosi' dei principali contenuti propri della materia
del turismo, fin qui disciplinati dalla legislazione regionale.
Tanto meno puo' dirsi rispettato il principio di coinvolgimento
delle Regioni interessate, in un quadro di leale collaborazione,
mediante un'effettiva intesa che raccolga il comune consenso. Il
decreto legislativo n. 79 del 2011 e' stato emanato senza che fosse
stata raggiunta alcuna intesa con le Regioni in sede di Conferenza
unificata; anzi, in quella sede erano gia' stati ampiamente
manifestati motivati dubbi di legittimita' costituzionale del decreto
legislativo preannunciato (all. 2 - verbale della Conferenza
unificata del 18 novembre 2010).
Conferma le conclusioni raggiunte anche la specifica
giurisprudenza costituzionale formatasi in materia del turismo
(sentenze n. 214 del 2006, n, 88 del 2007, n. 76 del 2009), ove per
un verso si prendono in considerazione disposizioni legislative
statali relative a misure specifiche e puntuali, per altro verso si
contempera l'incisivita' delle misure con la ritenuta essenzialita'
dello strumento dell'intesa fra le Parti nella Conferenza
Stato-Regioni, per dare concretezza al principio di leale
collaborazione ed evitare cosi' un'abnorme compressione della
competenza legislativa residuale delle Regioni in spregio dell'art.
117, comma 4, Cost.
Passiamo ora ad illustrare alcuni ulteriori profili di
illegittimita' costituzionale relativi ad specifiche disposizioni del
Codice, ferme restando le censure fin qui esposte che investono
l'intero Codice in tutte le sue disposizioni. Le censure sono
riferite per brevita' a singole disposizioni del Codice, ma deve
intendersi che esse sono estese al contempo all'art. 1 del decreto
legislativo n. 79 del 2011 approvativo dell'Allegato 1 e quindi di
ciascuna delle disposizioni contenute nel Codice.
Sugli artt. 1 e 2 del Codice.
Gli articoli 1 e 2 del Codice manifestano la volonta' del Governo
di adottare una legislazione innovativa ed organica in materia di
turismo, senza la previsione di una necessaria intesa con le Regioni,
che pure sono titolari di competenza legislativa esclusiva nella
medesima materia. Violano pertanto gli artt. 117, comma 4, 118 e 120
Cost.
In particolare, l'art. 2, comma 2, del Codice dispone
un'avocazione di competenza legislativa a favore dello Stato di
portata generale, stante la generalita' e indeterminatezza delle
esigenze unitarie ivi indicate, in violazione degli artt. 117, comma
4, 118, comma 1, e 120 Cost.. La genericita' di formulazione del
comma 2 («a) valorizzazione, sviluppo e competitivita', a livello
interno ed internazionale del settore turistico... b) riordino ed
unitarieta' dell'offerta turistica italiana...») lascia spazio ad
interventi legislativi ed amministrativi estesi all'intera materia
del turismo.
Dal canto suo, l'art. 2, comma 3, del Codice tratta
dell'attribuzione delle funzioni amministrative «esercitate dallo
Stato di cui ai commi 1 e 2». Il dettato letterale e' manifestamente
equivoco, dato che i commi 1 e 2 non si riferiscono a funzioni
amministrative bensi' a competenze legislative. Ove il comma 3 sia da
interpretare nel senso che includa tutte le funzioni amministrative
genericamente riconducibili all'esercizio delle competenze
legislative indicate ai commi precedenti, e segnatamente a quelle
ricondotte dal comma 2 a vaghe esigenze di carattere unitario, la
disposizione presenta ulteriori specifici profili di illegittimita'
costituzionale. Si determina infatti una amplissima compressione
anche sul versante amministrativo della competenza delle Regioni
nella materia del turismo, senza che sussistano le condizioni minime
per l'avocazione allo Stato sulla base dell'art. 118 Cost. in
violazione altresi' del principio di leale collaborazione Manca
infatti una prioritaria rigorosa indicazione delle funzioni
amministrative che necessiterebbero di essere esercitate
unitariamente a livello statale, in relazione alle quali si
giustificherebbe poi una disciplina legislativa statale. Al
contrario, viene cosi' a determinarsi una indebita avocazione -
legislativa e di riflesso amministrativa - di carattere generale,
tale da svuotare la competenza legislativa esclusiva delle Regioni in
materia di turismo.
Sull'articolo 3, comma 1, del Codice.
L'art. 3, comma 1, del Codice prevede che «lo Stato assicur(i)
che le persone con disabilita' motorie, sensoriali e intellettive
passano fruire dell'offerta turistica in modo completo e in
autonomia, ricevendo servizi al medesimo livello di qualita' degli
altri fruitori senza aggravi del prezzo».
Si avocano cosi' allo Stato, con una disposizione di portata
generale, tutte le funzioni amministrative volte ad assicurare ai
disabili la piena ed autonoma fruizione dei servizi turistici. Manca
per contro sia l'individuazione di funzioni specifiche, come pure un
giudizio rigoroso di adeguatezza-sussidiarieta' volto a motivare
circa le ragioni per le quali le Regioni sarebbero inadeguate allo
svolgimento di quelle stesse funzioni amministrative. Si viola
pertanto il disposto dell'art. 118, comma 1, Cost.
Sugli articoli 8, 9, 10, 12, 13, 14, 15, 16 del Codice.
Il Codice al Titolo III, sotto la rubrica «Mercato del turismo»,
disciplina in modo generale e dettagliato tutte le strutture
turistico-ricettive. Precisamente, nel Capo I dedicato alle
«Strutture ricettive e altre forme di ricettivita'» provvede a
classificarle in modo analitico (artt. 8-9) riservando allo Stato la
«classificazione standard qualitativi» fino all'istituzione di un
rating assimilabile alle stelle (art. 10 par. 3); analogamente,
riserva il Capo II alla classificazione delle «Altre strutture
ricettive», rispettivamente extralberghiere (art. 12), all'aperto
(art. 13), di mero supporto (art. 14); infine, inserisce nel Capo III
«Disposizioni comuni per le strutture turistico ricettive»,
riservando allo Stato la fissazione di standard minimi nazionali dei
servizi e delle dotazioni per la classificazione delle strutture
ricettive (art. 15), disponendo la semplificazione degli adempimenti
amministrativi (art. 16) e l'applicazione della speciale disciplina
dello sportello unico (art. 16).
Per questa parte, il Codice interviene a disciplinare la materia
gia' regolata nella Regione del Veneto dalla 1.r. 4 novembre 2002, n.
33 «Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo» negli
articoli da 22 a 43.
Questa minuta disciplina statale non trova legittimazione in
nessuna delle competenze legislative esclusive dello Stato,
riguardando la materia del turismo che e' riservata alla competenza
residuale regionale. Ne' essa appare giustificabile alla stregua
della possibile avocazione di funzioni amministrative in
sussidiarieta', ai sensi dell'art. 118 Cost. Infatti, relativamente
alle funzioni amministrative menzionate nel Codice, di
classificazione delle strutture turistico ricettive (art. 13, comma
8), di rilascio della licenza di esercizio (art. 8, comma 2) e di
ricevimento e controllo della SCIA (art. 16), non e' prevista alcuna
avocazione ad autorita' amministrative statali, di talche' viene meno
ogni giustificazione per un intervento legislativo statale di
organizzazione e disciplina del loro esercizio in funzione del
principio di legalita'. Traspare invece la volonta' del legislatore
statale di avocare a se' la mera competenza legislativa, mediante la
quale disciplinare in sostituzione delle Regioni la parte principale
della materia del turismo.
Tutto cio' configura dunque violazione degli artt. 117, comma 4,
118 e 120 Cost.
Inoltre, in quanto la definizione di attivita' ricettiva e' volta
a specificare quali attivita' accessorie sono comprese nella licenza
di esercizio (quali la fornitura di generi di varia natura, la
somministrazione di alimenti e bevande), si profila una lesione delle
competenze regionali oltre che in materia di turismo anche in materia
di commercio, sempre in violazione dell'art. 117, comma 4, Cost.
Sull'articolo 11, comma 1, del Codice.
L'art. 11 del Codice, relativo alla «Pubblicita' dei prezzi»,
dispone al comma 1 che i prezzi dei servizi sono liberamente
determinati dai singoli operatori turistici, «fatto salvo l'obbligo
di comunicare i prezzi praticati secondo quanto disciplinato dalle
regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano».
In questo modo il legislatore statale impone alle Regioni di
disciplinare l'obbligo dei singoli operatori turistici di comunicare
i prezzi liberamente praticati, sul presupposto implicito che le
Regioni dispongano del potere di emanare disposizioni legislative o
regolamentari in materia di prezzi delle strutture ricettive.
Per contro, cio' contrasta con il riparto di competenze
legislative stabilito dall'art. 117 Cost., ove si riserva alla
competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia dei prezzi
delle strutture ricettive, come e' stato riconosciuto da codesta
Corte con le sentenze n. 188 e n. 370 del 1992, sull'assunto che il
tema esulasse dalla materia del turismo e rientrasse in una piu'
generale competenza statale attinente al «complesso delle strutture
commerciali».
Atteso che l'art. 11, comma 1, del Codice non solo postula ma
addirittura impone alle regioni un intervento normativo sul tema, vi
si ravvisa la violazione dell'art. 117, commi 2 e 4, Cost.
Sugli articoli 18, 19 e 21 del Codice.
Il Titolo IV del Codice riguarda le «Agenzie di viaggio e
turismo». Nel Capo I dedicato a «Agenzie e organizzatori di viaggi»
si opera la «Definizione» o classificazione degli operatori (art.
18), si pone l'obbligo di assicurazione (art. 19), si riserva allo
Stato la fissazione dei requisiti professionali dei direttori tecnici
(art. 20), si dispongono misure di semplificazione amministrativa col
ricorso alla SCIA (art. 21).
Anche in questa parte (escluso l'art. 20), il Codice interviene a
disciplinare la materia gia' regolata nella Regione Veneto dalla 1.r.
4 novembre 2002, n. 33 «Testo unico delle leggi regionali in materia
di turismo» agli articoli da 62 a 81.
Neppure questa minuta disciplina statale delle agenzie di
viaggio, e l'imposizione dell'applicazione della SCIA anche ai
relativi procedimenti amministrativi, trova legittimazione in alcuna
delle competenze legislative esclusive dello Stato, rientrando
interamente nella competenza residuale regionale.
Ne' essa e' giustificabile alla stregua dell'avocazione di
funzioni amministrative in sussidiarieta', ai sensi dell'art. 118
Cost. Infatti, il Titolo IV, Capo I, del Codice non individua alcuna
funzione amministrativa da avocare allo Stato, di talche' viene meno
ogni giustificazione per un intervento legislativo statale, legittimo
solo in quanto provveda alla disciplina dell'organizzazione ed
esercizio di funzioni amministrative avocate, in funzione del
principio di legalita'. Traspare invece la volonta' del legislatore
statale di avocare a se' la mera competenza legislativa, mediante la
quale disciplinare in sostituzione delle Regioni la parte principale
della materia del turismo.
Tutto cio' configura dunque violazione degli artt. 117, comma 4,
118 e 120 Cost.
Sugli articoli 68 e 69 del Codice.
L'art. 68 del Codice, recante la rubrica «Assistenza al turista»,
prevede l'istituzione di un servizio di assistenza al turista, anche
attraverso call center, e di uno sportello del turista, a cura (dello
Stato e per esso) del Dipartimento per lo sviluppo e la
competitivita' del turismo.
Inoltre, l'art. 68 e l'art. 69 del Codice, intitolato «Gestione
dei reclami», istituiscono e disciplinano una procedura di gestione
reclami, affidata anch'essa (allo Stato e per esso) al Dipartimento
per lo sviluppo e la competitivita' del turismo.
Singolare e' la procedura e «gestione» dei reclami cosi'
istituita. L'art. 93, par. 3, dispone che il Dipartimento comunichi
l'esito dell'attivita' istruttoria svolta a seguito del reclamo,
senza pero' indicare quali tipi di provvedimento possano essere
adottati. Vi e' percio' assoluta indeterminatezza quanto al potere
demandato alla pubblica amministrazione e al contempo si rende
impossibile verificare la sussistenza delle condizioni per
l'avocazione allo Stato di funzioni amministrative in via di
sussidiarieta', ai sensi dell'art. 118 Cost. e nel rispetto dell'art.
120 Cost.
Con riferimento agli eventuali provvedimenti sanzionatori a
carico dell'impresa o dell'operatore turistico, atteso che il Codice
all'art. 69, comma 4, ne rinvia la definizione ad un regolamento, si
configura altresi' violazione del principio di legalita' e comunque
del disposto dell'art. 117, comma 6, Cost., che riserva allo Stato la
potesta' regolamentare nelle sole materie di sua competenza
esclusiva, tra le quali, non rientra il turismo.
Ne' e' previsto alcun coinvolgimento delle Regioni nella gestione
dei reclami, in violazione del principio di leale collaborazione
stabilito dall'art. 120 Cost.
L'attribuzione di un ruolo diretto e di nuove funzioni al
Dipartimento per lo sviluppo e la competitivita' del turismo, ossia
ad una struttura amministrativa governativa, nonostante l'abrogazione
della legge istitutiva del Ministero del turismo 31 luglio 1959, n.
617, ad opera del d.P.R. 5 giugno 1993, n. 175, a seguito del
referendum popolare abrogativo svoltosi il 18 aprile 1993, rende se
possibile ancora piu' evidente la generale finalita' del Governo di
riappropriarsi di competenze e funzioni nella materia del turismo,
nonostante la scelta contraria compiuta dal legislatore
costituzionale.
P.Q.M.
Chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale voglia accogliere il
ricorso, dichiarando la illegittimita' costituzionale dell'art. 1 del
decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, approvativo dell'Allegato
1 recante il Codice della normativa statale in terna di ordinamento e
mercato del turismo, relativamente all'intero Codice, o quanto meno
agli articoli 1, 2, 3, 8, 9, 10, 11 comma 1, 12, 13, 14, 15, 16, 18,
19, 21, 68, 69, per violazione degli artt. 76, 114, 117, 118, 119,
120 della Costituzione, nelle parti, nei termini e sotto i profili
esposti nel presente ricorso.
Si allega:
1. deliberazione della Giunta regionale del Veneto n. 1046
del 12 luglio 2011, di autorizzazione alla proposizione del ricorso
2. copia del parere sullo schema di decreto legislativo
espresso dalla Conferenza unificata Stato-Regioni-Autonomie locali il
18 novembre 2010 rep. Atti n. 123/CU.
Treviso - Venezia - Roma, addi' 4 agosto 2011
Prof. Avv. Barel - avv. Zanon - avv. Manzi