Ricorso n. 83 del 26 agosto 2013 (Commissario dello Stato per la Regione Siciliana)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 26 agosto 2013 (del Commissario dello Stato per la
Regione Siciliana).
(GU n. 41 del 9.10.2013)
L'Assemblea Regionale Siciliana, nella seduta n. 70 del 12 agosto
2013, ha approvato il disegno di legge n. 51-38-bis - Norme
stralciate I stralcio dal titolo «Norme in materia di ineleggibilita'
dei deputati regionali e di incompatibilita' con la carica di
deputato regionale e di componente della Giunta regionale.»,
pervenuto a questo Commissariato dello Stato per la Regione
Siciliana, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello Statuto
speciale, il 13 agosto 2013.
Il provvedimento legislativo, che ha avuto un lungo e controverso
iter parlamentare, secondo quanto emerge dai lavori d'aula,
perseguirebbe l'intento di soddisfare le molteplici istanze di
moralizzazione della politica e della vita pubblica provenienti dalla
societa' civile, eliminando potenziali cause del condizionamento del
consenso per garantire il libero esercizio del diritto di voto
nonche' assicurare il rispetto dei principi di imparzialita', buon
andamento e trasparenza della Pubblica Amministrazione.
Il disegno di legge contiene alcune modifiche alla legge
regionale 20 marzo 1951 n. 29 in tema di ineleggibilita' e di
incompatibilita' alla carica di deputato regionale e, in conformita'
agli articoli 9 e 17-bis dello Statuto siciliano, sara' soggetto a
pubblicazione senza numero d'ordine e senza formula di promulgazione
ai sensi e per gli effetti dell'art. 1 della L.R. 23 ottobre 2001 n.
14 ai fini di una possibile sottoposizione a referendum popolare.
L'iniziativa legislativa adottata nell'esercizio della competenza
legislativa primaria prevista dall'art. 3 dello Statuto speciale,
seppure apprezzabile nell'intento, non e', ad avviso del ricorrente,
esente da censure di ordine costituzionale per le motivazioni che di
seguito si espongono.
In proposito si ritiene opportuno succintamente evidenziare
quanto acclarato da codesta eccellentissima Corte con costante e
consolidata giurisprudenza in materia di elettorato passivo e di
limitazione allo stesso.
Il precetto di cui all'art. 51 della Costituzione deve essere
inteso nel senso che l'eleggibilita' e' la regola e l'ineleggibilita'
l'eccezione.
Questo principio interpretativo, contenuto gia' nella sentenza di
codesta Corte n. 46 del 1969, e' stato infatti ulteriormente ripreso
ed approfondito orientando tutta la giurisprudenza successiva, in
quanto rappresenta il criterio che condiziona sia i presupposti
sostanziali della disciplina positiva della ineleggibilita', sotto il
profilo della tipizzazione della fattispecie e della ragionevolezza
del contenuto, che della sua interpretazione (sentenze C.C. n.
162/1985; n. 43/1987; n. 1020/1988 e n. 141/1996).
Codesta Corte ha invero ricondotto il diritto di elettorato
passivo di cui all'art. 51 della Costituzione alla sfera dei diritti
inviolabili sanciti dall'art. 2 della Carta (sentenze C.C. n.
571/1989 e n. 235/1988).
Pertanto, le restrizioni del contenuto di tale diritto
inviolabile sono ammissibili solo nei limiti indispensabili alla
tutela di altri interessi di rango costituzionale in base alle regole
della necessita' e della ragionevole proporzionalita' di tale
limitazione.
Sicche', per stabilire se l'ipotesi di ineleggibilita' o
incandidabilita' e' legittima, occorre valutare se essa sia
indispensabile per assicurare la salvaguardia di detti valori, se sia
proporzionata al fine perseguito o se, invero, essa non finisca
piuttosto per alterare i meccanismi di partecipazione dei cittadini
alla vita politica delineati dal Titolo IV parte Iª della
Costituzione, comprimendo un diritto inviolabile senza adeguata
giustificazione di rilievo costituzionale.
Codesta Corte ha costantemente affermato che le cause di
ineleggibilita' in quanto costituiscono eccezione al generale e
fondamentale principio del libero accesso in condizione di
eguaglianza di tutti i cittadini alle cariche elettive devono essere
tipizzate dalla legge con determinatezza e precisione sufficienti ad
evitare situazioni di incertezza, frequenti contestazioni e soluzioni
giurisprudenziali contraddittorie che potrebbero incrinare gravemente
le pari capacita' elettorali passive dei cittadini (ex plurimis
sentenze C.C. n. 46/1969; n 166/1962; n. 129/1975 e n. 364/1996).
Siffatta regola, volta ad evitare clausole di ineleggibilita' in
bianco o dai confini alquanto indeterminati ed ambigui, e' stata
sostanzialmente tradotta da codesta Corte nei due criteri operativi
della determinatezza della fattispecie che da luogo alle cause di
ineleggibilita' e della specificita' del linguaggio impiegato nella
formulazione della restrizione all'elettorato passivo.
Codesta Corte, con costante giurisprudenza, ha infatti affermato
in piu' occasioni che non puo' giustificare ragionevolmente la
ineleggibilita' una causa dai confini generici ed elastici tale da
far ricomprendere in sede interpretativa le situazioni piu' diverse.
La norma deve avere i caratteri dell'astrattezza e della
generalita', che costituiscono la garanzia dell'uguaglianza e
dell'imparzialita' ma, sulla base della norma astratta, in attuazione
ed entro i limiti della stessa, vi devono essere nell'ordinamento
norme concrete per regolamentare i singoli casi (sentenza C.C. n.
364/1996).
Inoltre, per evitare problemi di genericita', polivalenza e
mancanza di tipicizzazione della decisione, che potrebbero indurre a
perplessita' circa il suo significato, con conseguenti errori di
interpretazione, i termini usati dal legislatore devono esprimere
concetti precisi e di contenuto delimitato per evitare erronee
applicazioni e valutazioni discrezionali da parte di qualsivoglia
organo o autorita' (sentenza C.C. n. 295/1994).
Un ulteriore parametro di giudizio per valutare la conformita'
alla Costituzione del sistema di ineleggibilita' ed incandidabilita'
disciplinato dal legislatore e' rappresentato dai principi di
eguaglianza e ragionevolezza ex articoli 3 e 97 Cost.
L'osservanza del precetto fondamentale di eguaglianza non esclude
che il legislatore possa disciplinare con norme diverse situazioni
che egli considera differenziate, purche' la diversita' di
trattamento, oltre ad obbedire a criteri di razionalita', riguardi
categorie e non singoli cittadini, per non creare ne' privilegi ne'
ingiuste sperequazioni (sentenza C.C. n. 42/1971).
Le ipotesi di ineleggibilita' disciplinate per legge rispondono a
due diverse e non sovrapponibili esigenze: quelle che rischiano di
condizionare la liberta' di manifestazione del voto da parte degli
elettori e quelle che rischiano di produrre conflitti di interessi
nell'esercizio delle cariche elettive.
Sul punto codesta Corte, tutelando la presenza di queste due
diverse finalita' della disciplina in materia di ineleggibilita', ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale per violazione del
principio di uguaglianza di quelle norme che, accomunando in
un'uniformita' di disciplina le varie ipotesi rispondenti ai diversi
obiettivi di tutela delle elezioni, tendono ad ignorare la distinta
«ratio» ispiratrice delle medesime (sent. n. 58/1972).
Alla luce dei sovraesposti principi emergenti dalla
giurisprudenza costituzionale, talune norme, ad avviso del
ricorrente, suscitano perplessita' per violazione degli artt. 3 e 51
Cost., tali da ritenere necessario l'intervento di codesta Corte
riguardo la valutazione della conformita' delle stesse alla Carta
costituzionale.
La lettera c) del comma 1 dell'art. 1 del disegno di legge in
questione, integrando la lettera e) del comma 1 dell'art. 10 della
L.R. 29/1951, prevede l'ineleggibilita' alla carica di deputato
regionale per chi abbia un ruolo di rappresentante legale, dirigente
o funzionario delle societa' ed enti di diritto privato ai quali la
Regione partecipa.
Il comma 2, inoltre, introduce un comma 1-bis al medesimo art. 10
della L.R. 29/1951 che estende l'ineleggibilita' a rappresentanti,
amministratori, dirigenti o funzionari di enti non territoriali,
anche senza scopo di lucro, di societa' o imprese private che godano
di contributi da parte della Regione, nonche' a dirigenti o
funzionari dipendenti della Regione.
Il medesimo comma introduce, altresi', un'ulteriore specifica
causa di ineleggibilita' ed incompatibilita', limitata al settore
della formazione professionale, riguardante soci, legali
rappresentanti, amministratori, dirigenti, funzionari e consulenti di
societa' od enti che fruiscono di fmanziamenti o contributi a
qualsiasi titolo per lo svolgimento di attivita' formative o che
siano titolari di appalti per forniture e servizi per lo svolgimento
di attivita' formative per conto della Regione.
In proposito si rileva che il vigente art. 10 della piu' volte
menzionata L.R. n. 29/51, alle lettere a), b), e) e f) del 1° comma
gia' prevede l'ineleggibilita' alla carica di deputato regionale per
i soggetti che in proprio o in qualita' di titolari di cariche
(rappresentanti, amministratori o dirigenti) in enti pubblici o
privati, anche societari, siano titolari di contratti di opere o di
somministrazioni, concessioni e autorizzazioni amministrative o che
godano di contributi, concorsi, sussidi o garanzie da parte della
Regione o dello Stato, o ancora, abbiano cariche all'interno di enti
sottoposti a tutela o vigilanza della Regione o in societa' da questa
partecipate.
Gli articoli 10-ter e 10-quater, inoltre, gia' prevedono
l'incompatibilita' tra le cariche di deputato e cariche di qualsiasi
specie in enti pubblici e privati dipendenti dalla Regione o soggetti
a tutela o vigilanza ovvero in enti che gestiscono servizi per conto
della Regione o ai quali la Regione contribuisce in via ordinaria.
Siffatte cause di ineleggibilita' e di incompatibilita'
corrispondono a quanto previsto nel resto del territorio nazionale
dalla legge 154/1981 agli articoli 2 e 3.
Orbene, le nuove cause di ineleggibilita' ed incompatibilita'
prima riportate sarebbero riconducibili all'ambito
dell'ineleggibilita' in atto vigente, ma se ne discostano per la
specificita' del settore e per l'ampliamento del numero dei
destinatari e proprio su questi due aspetti danno adito alla
prospettata violazione degli articoli 3 e 51 Cost., innanzitutto per
l'inserimento fra i soggetti destinatari dei funzionari degli enti di
diritto privato. L'estrema genericita' della dizione «funzionari» non
risponde al principio di tassativita' prescritto per le cause di
ineleggibilita'. Essa infatti e' estremamente generica, non
circoscritta e polivalente e potrebbe dar luogo verosimilmente a
perplessita' circa il suo significato, con conseguenti errori di
applicazione.
La norma, infatti, di contenuto generale ed astratto, indica una
categoria astratta di soggetti, oltremodo vasta, in assenza di
disposizioni concrete che possano regolamentare i singoli casi di
attuazione entro ben precisi limiti. Oltretutto, non apparirebbe
sufficientemente giustificata la ratio ispiratrice della norma,
ovverossia la possibilita' che funzionari preposti a qualsiasi ramo
dell'ente o della societa' e indipendentemente dalla sfera di azione
di quest'ultima, possano operare una «captatio benevolentiae» o un
«metus potestatis» ovverossia influenzare la libera espressione del
voto.
Non e' parimenti facilmente ravvisabile il potenziale conflitto
di interesse tra la carica di deputato e semplice funzionario di enti
o societa' partecipate dalla Regione, non avendo il funzionario, a
differenza del legale rappresentante e del dirigente, alcuna
capacita' di determinare ed esprimere la volonta' ed orientare
l'attivita' dell'ente presso il quale presta servizio nella
generalita' dei casi.
Analoga difficolta' interpretativa e conseguenti possibili
valutazioni discrezionali, in contrasto con il principio di
tassativita' prescritto per le cause limitative dell'elettorato
passivo, potrebbero derivare dall'anodina locuzione «enti di diritto
privato» cui la Regione partecipa. Infatti, mentre sono chiare ed
inequivocabili le modalita' con le quali la Regione partecipa alle
societa' attraverso il conferimento di quote di capitale sociale, non
altrettanto puo' dirsi per gli enti di diritto privato nei quali
l'apporto della Regione potrebbe comportare diverse forme di
partecipazione. L'intervento regionale potrebbe infatti estrinsecarsi
con il finanziamento continuativo o saltuario o con l'apporto di
personale retribuito a carico del bilancio regionale o ancora con la
nomina o partecipazione agli organi rappresentativi, di gestione o di
controllo.
La compressione del diritto fondamentale all'elettorato passivo
sarebbe quindi sottoposta al vaglio discrezionale di organi o
autorita' senza che sia al contempo rinvenibile in forma palese,
anche in questo caso, la ratio ispiratrice ovverossia il potenziale
conflitto di interesse o il turbamento del libero consenso popolare
e, conseguentemente, la ragionevole proporzionalita' della
limitazione introdotta.
Inoltre, le cennate cause di ineleggibilita' teste' introdotte si
discostano dalla normativa vigente nel resto del territorio nazionale
che limita le cause di ineleggibilita' o di incompatibilita' al fatto
di ricoprire esclusivamente cariche direttive in enti pubblici o
privati partecipati o controllati dalla Regione e, nel caso di
societa', alla titolarita' di cariche direttive e non anche alla
semplice qualita' di socio. Per quanto attiene poi al rapporto di
lavoro con i predetti enti e societa' viene in rilievo soltanto
quello con poteri di rappresentanza o di organizzazione e
coordinamento del personale (art. 2 n. 11 e art. 3 nn.rr. 1 e 2 L. n.
154/1981).
Orbene, l'introduzione di una disciplina regionale differenziata
in materia di elettorato passivo rispetto a quella vigente nel
restante territorio nazionale, quale quella ora approvata, e'
soggetta a limiti e condizioni oltremodo cogenti.
Codesta Corte, invero, con giurisprudenza costante ha acclarato
che «l'esercizio del potere legislativo da parte delle regioni in
ambiti, pur ad esse affidati in via primaria, che concernano la
ineleggibilita' e la incompatibilita' alle cariche elettive, incontra
necessariamente il limite del rispetto del principio di uguaglianza
specificamente sancito in materia dall'art. 51 Cost.» e, benche' la
potesta' legislativa della Regione siciliana in tema di elezione
dell'Assemblea regionale sia riconducibile direttamente all'art. 3
dello Statuto e sia piu' ampia rispetto a quella relativa alla
elezione degli enti locali, anch'essa, tuttavia, incontra un limite
nell'esigenza di garantire che sia rispettato il diritto di
elettorato passivo in condizioni di sostanziale uguaglianza su tutto
il territorio nazionale.
Invero, nell'esercizio di siffatta competenza legislativa si
possono diversificare le cause di ineleggibilita' ed
incompatibilita', ma e' necessario che cio' avvenga sulla base di
«condizioni peculiari locali» che devono essere congruamente e
ragionevolmente apprezzate dal legislatore siciliano (sent. C.C. n.
143/2010).
Il legislatore siciliano dovrebbe dimostrare che le introdotte
difformita' di trattamento rispetto alla legislazione nazionale,
corrispondano a peculiari condizioni locali non esistenti nel
rimanente territorio nazionale e che giustifichino una disciplina
difforme da quella vigente nel resto del Paese in materia di diritti
fondamentali del cittadino.
Orbene, nella relazione illustrativa all'emendamento sostitutivo
al disegno di legge 51-38-bis norme stralciate I stralcio, le
peculiarita' locali sono ricondotte al connubio tra rappresentanza
politica ed amministrazione che ha prodotto un impiego improprio e
distorto delle risorse pubbliche per procurare illeciti arricchimenti
a vantaggio di una ristretta cerchia di soggetti, episodi di «mala
gestio» connessi alla presenza della politica nel settore che sono
stati oggetto di inchieste giudiziarie in corso.
Tale situazione non e' tuttavia, ad avviso del ricorrente,
esclusiva della Regione siciliana, tant'e' che il legislatore
statale, per prevenire e reprimere il fenomeno corruzione e
dell'illegalita' nella Pubblica Amministrazione, in attuazione dell'
art. 6 della convenzione della Organizzazione delle Nazioni Unite
contro la corruzione, ha approvato la legge n. 190/2012, contenente
cogenti e pressanti misure sia per prevenire che per reprimere il
fenomeno ed ha introdotto, con il decreto legislativo 31/12/2012 n.
235, nuove cause di incandidabilita' e decadenza, operanti
sull'intero territorio nazionale, per le cariche elettive di tutti i
livelli di governo.
Per di piu' con il decreto legislativo n. 39/2013, emanato in
attuazione della legge n. 190/2012, sono state introdotte nuove cause
di incompatibilita' ed inconferibilita' di incarichi presso le
Pubbliche Amministrazioni per i componenti degli organi di indirizzo
politico e per i dirigenti, che prevalgono sulle diverse disposizioni
di legge regionali, in quanto attuative degli articoli 54 e 97 della
Costituzione (art. 22 del decreto legislativo).
A fronte di un sistema normativo esaustivo di tutte le possibili
forme di intervento per prevenire e reprimere il fenomeno della
corruzione ed anche del potenziale conflitto di interessi per coloro
i quali ricoprono cariche pubbliche, non si rinvengono allo stato
degli atti a conoscenza di questo Commissariato dello Stato,
peculiarita' dell'ordinamento giuridico regionale, anche nello
specifico settore della formazione professionale disciplinata dalla
L.R. n. 24/1976, tali da giustificare una disciplina difforme in
materia di compressione dell'elettorato passivo, per quanto concerne
i lavoratori dipendenti con funzioni non dirigenziali ed i semplici
soci a prescindere dalla titolarita' di cariche direttive e/o di
rappresentanza dell'ente.
Non vi e' infatti ombra di dubbio che coloro che rivestono uffici
direttivi e/o rappresentativi dell'ente o societa' detengono una
posizione ben diversa dai semplici dipendenti «funzionari» e dai meri
soci senza cariche sociali e che soltanto nei confronti dei primi si
puo' ravvisare la possibilita' di condizionare istituzionalmente il
voto di settori significativi dell'elettorato.
L'estensione delle cause di ineleggibilita' a soggetti privi di
poteri significativi all'interno dell'ente e/o societa' e di
influenza all'esterno non rispetterebbe, ad avviso del ricorrente, il
principio di razionalita' della norma tanto sotto il profilo
dell'art. 3 quanto sotto quello previsto nell'art. 97 della
Costituzione.
P.Q.M.
Il sottoscritto Prefetto Carmelo Aronica, Commissario dello Stato
per la Regione Siciliana, ai sensi dell'art. 28 dello Statuto
Speciale, con il presente atto impugna:
l'art. 1, comma 1 lettera c);
il comma 2, punto 1-bis limitatamente all'inciso «ed ai
funzionari» e punto 1-ter limitatamente alle parole «soci» e
«funzionari»;
il comma 3 limitatamente alle parole «socio», «funzionario»,
«dipendente», del disegno di legge n. 51-38 bis - Norme stralciate I
stralcio dal titolo «Norme in materia di ineleggibilita' dei deputati
regionali e di incompatibilita' con la carica di deputato regionale e
di componente della Giunta regionale.», approvato dall'Assemblea
Regionale Siciliana il 12 agosto 2013, per violazione degli articoli
3, 51 e 97 della Costituzione.
Palermo, 16 agosto 2013
Il Commissario dello Stato
per la Regione Siciliana
Aronica