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N. 83 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 8 giugno 2010. |
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Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria l'8 giugno 2010 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
(GU n. 31 del 4-8-2010) |
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato (CF 80224030587),
presso i cui uffici legalmente domiciliato in Roma, via dei
Portoghesi n. 12, contro la Regione Molise (CF 00169140708), in
persona del suo Presidente pro tempore, per la declaratoria della
illegittimita' costituzionale, dell'art. 22 commi 2, 3, 4, 5, 6, 7, e
9 della legge della Regione Molise n. 10 del 23 marzo 2010,
pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Molise del 1°
aprile 2010, n. 10, come da delibera del Consiglio dei ministri in
data 20 maggio 2010.
F a t t o
In data 1° aprile 2010 e' stata pubblicata, sul n. 10 del
Bollettino ufficiale della Regione Molise, la legge regionale n. 10
del 23 marzo 2010, con la quale sono state poste «Norme in materia di
organizzazione dell'amministrazione regionale e del personale con
qualifica dirigenziale».
Con tale complesso di disposizioni la Regione ha inteso
disciplinare «l'assetto organizzativo dell'amministrazione regionale
nonche' l'esercizio delle funzioni dirigenziali», perseguendo fini di
accrescimento dell'efficienza economicita', speditezza e incisivita'
dell'azione amministrativa e di razionalizzazione della spesa
pubblica.
Tuttavia, come meglio si andra' a precisare in prosieguo, talune
delle richiamate disposizioni eccedono dalle competenze regionali,
violano precise previsioni costituzionali e sono illegittimamente
invasive delle competenze dello Stato; devono pertanto essere
impugnate con il presente atto affinche' ne sia dichiarata la
illegittimita' costituzionale, con conseguente annullamento, sulla
base delle seguenti considerazioni in punto di
D i r i t t o
1. - L'art. 22 della legge regionale Molise n.10/2010, nel porre
disposizioni in materia di «trattamento economico dei responsabili
dei Servizi di Gabinetto e dei direttori di servizio incaricati di
specifiche funzioni», testualmente dispone: «1. I trattamenti
economici del responsabile del Servizio di Gabinetto del Presidente
della Giunta regionale e affari istituzionali e del responsabile del
Servizio di Gabinetto del Presidente del Consiglio regionale e affari
istituzionali sono rispettivamente determinati dalla Giunta regionale
e dall'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale, su indicazione
dei rispettivi Presidenti, e sono correlati alle funzioni assegnate.
Essi sono cosi' costituiti:
a) trattamento tabellare previsto dai vigenti contratti
collettivi nazionali di lavoro per il personale con qualifica
dirigenziale del comparto Regioni-Autonomie locali;
b) retribuzione di posizione non superiore alla misura
massima prevista dai medesimi contratti collettivi per tale elemento
retributivo, incrementata del 60 per cento;
c) retribuzione di risultato nella misura annualmente
determinata, secondo i sistemi di valutazione, per i direttori di
servizio.
2. Il valore della retribuzione di posizione del Servizio
Protezione civile di cui all'allegata tabella A e' pari alla misura
massima prevista dai contratti collettivi per tale elemento
retributivo, incrementata del 30 per cento.
3. Il valore della retribuzione di posizione del Servizio
Avvocatura regionale, Affari legislativi e giuridici e Rapporti
istituzionali di cui all'allegata tabella A e' pari alla misura
massima prevista dai contratti collettivi per tale elemento
retributivo, incrementata del 25 per cento.
4. Il valore della retribuzione di posizione del Servizio
Partecipazioni regionali di cui all'allegata tabella A e' pari alla
misura massima prevista dai contratti collettivi per tale elemento
retributivo, incrementata del 25 per cento.
5. La retribuzione di posizione spettante al direttore di
servizio incaricato della funzione di segretario della Giunta
regionale e' incrementata del valore corrispondente al 40 per cento
della misura massima prevista dai contratti collettivi per tale
elemento retributivo.
6. La retribuzione di posizione spettante al direttore di
servizio incaricato della funzione di datore di lavoro ai sensi della
vigente normativa di settore e' incrementata del valore
corrispondente al 40 per cento della misura massima prevista dai
contratti collettivi per tale elemento retributivo.
7. La retribuzione di posizione spettante al direttore di
servizio destinatario di specifico incarico di missione di cui
all'art. 20, comma 12, e' incrementata del valore corrispondente al
40 per cento della misura massima prevista dai contratti collettivi
per tale elemento retributivo.
8. Le retribuzioni incrementali previste dai commi 5, 6 e 7 non
sono cumulabili con quelle di cui all'art. 21 della presente legge.
9. Il valore delle retribuzioni di posizione delle strutture di
cui ai commi 1, 2, 3 e 4 eccedente la misura massima prevista dai
contratti collettivi per tale elemento retributivo, nonche' gli
incrementi della retribuzione di posizione previsti dai commi 5, 6 e
7 non gravano sul fondo del trattamento accessorio della dirigenza
regionale».
La dedotta violazione delle competenze statali si appalesa con
riferimento alla cd. «retribuzione di posizione». Con tale
espressione si indicano una o piu' voci retributive accessorie
distinte dalla retribuzione-base («stipendio tabellare») e riferibili
alle attivita' concretamente svolte dal dirigente, integrate da altra
voce variabile connessa ai risultati gestionali conseguiti
(«retribuzione di posizione»).
La materia retributiva, a mente della previsione degli artt. 40 e
seguenti del d.lgs. n. 165/2001, e' regolata dalla Contrattazione
Collettiva Nazionale.
2. - Nel loro complesso, dunque, i commi dal 2 al 7 prevedono
espressamente che gli importi delle retribuzioni di posizione ivi
previste per ciascun servizio siano determinati con riferimento agli
importi determinati dalla contrattazione collettiva incrementati in
varia misura. Tali incrementi (comma 9) «non gravano sul fondo del
trattamento accessorio».
Le dette disposizioni sono palesemente in contrasto con l'art.
117, comma 2, lettera l) della Costituzione (che devolve alla
competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia
dell'ordinamento civile, e quindi dei rapporti di diritto di lavoro
regolati, nel caso di specie, attraverso la contrattazione collettiva
cfr., da ultimo, il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del
personale dirigente del comparto Regioni e delle autonomie Locali
(AREA II) quadriennio normativo 2006-2009 biennio economico 2006-2007
stipulato dall'ARAN in data 22 febbraio 2010), con riferimento ai
menzionati artt. da 40 a 50 del d.lgs. n. 165/2001 - che obbligano le
pubbliche amministrazioni al rispetto della normativa contrattuale e
della procedura da seguire in sede di contrattazione -, cui le
Regioni a statuto ordinario devono attenersi quali «principi
fondamentali» tenendo conto delle peculiarita' dei rispettivi
ordinamenti, nonche' degli artt. 3 e 97 della Carta fondamentale.
3. - Codesta ecc.ma Corte ha avuto piu' volte modo di occuparsi
del riparto di competenze tra Stato e Regioni in materia di
regolamentazione dei rapporti di lavoro, per la quale si e'
ipotizzato, da un lato, l'esistenza della riserva statale con il
richiamo alla menzionata lettera l) dell'art. 117, comma 2, Cost.,
dall'altro si e' invocata l'esistenza di una competenza regionale
esclusiva scaturente dai poteri organizzativi e con riferimento allo
stato giuridico ed economico del personale della Regione.
Giova qui in particolare rammentare quanto chiarito dalla
sentenza n. 2/2004, che ha affrontato il problema delle procedure e
modalita' della contrattazione collettiva. A fronte della pretesa
della Regione, che affermava che la materia contrattuale doveva
ritenersi riservata all'autonomia dell'ente, codesta ecc.ma Corte ha
chiarito che «la intervenuta privatizzazione e contrattualizzazione
del rapporto di lavoro dei dirigenti pubblici vincola anche le
Regioni (da ultimo, le sentenze n. 314 e n. 274 del 2003), le quali
pur sono dotate, ai sensi del quarto comma dell'art. 117 della
Costituzione, di poteri legislativi propri in tema di organizzazione
amministrativa e di ordinamento del personale», e che «la stessa
legislazione statale in materia di ordinamento della dirigenza non
esclude una, seppur ridotta, competenza normativa regionale in
materia, dal momento che anzi prevede espressamente che ''le Regioni
a statuto ordinario, nell'esercizio della propria potesta'
statutaria, legislativa e regolamentare (...) adeguano ai principi
dell'art. 4 e del presente Capo i propri ordinamenti, tenendo conto
delle relative peculiarita' (...) (art. 27, primo comma, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165», riconoscendo pertanto nello
specifico il fondamento della posizione patrocinata dalla Regione
resistente.
4. - La fattispecie oggi in esame e' tuttavia molto diversa da
quella su richiamata, nella quale la competenza della Regione era
stata affermata con riferimento ad aspetti (non fondamentali)
riferiti a procedure e modalita' di effettuazione della
contrattazione collettiva a livello locale (riservati alla sua
autonomia).
Nel caso che qui si esamina la Regione Molise non si limita a
disciplinare la procedura della contrattazione nella parte di sua
competenza, ma dispone direttamente delle retribuzioni dei dirigenti
regionali, determinandone direttamente il quantum e prevedendo
sensibili incrementi rispetto a quanto stabilito in sede di
contrattazione collettiva (sede alla quale, invece, doveva ritenersi
riservata la regolamentazione). Cosi' operando, il Legislatore
regionale si e' posto in palese contrasto con le disposizioni del
d.lgs. n.165/2001 con gli articoli da 40 a 50 e in particolare, per
quanto qui interessa, con l'art. 45; ha pertanto invaso la competenza
legislativa esclusiva dello Stato di cui all'art. 117, comma 2,
lettera l) della Costituzione.
5. - Le norme richiamate sono altresi' in contrasto con il
principio costituzionale di uguaglianza (art. 3 Cost.), nonche' con
quello di buon andamento ed imparzialita' dell'Amministrazione (art.
97 Cost.).
E invero il restante personale appartenente al comparto di
pertinenza (Regioni e autonomie locali) si troverebbe, rispetto al
personale della Regione Molise cosi' regolamentato, ad avere una
diversa qualificazione e quantificazione degli emolumenti come
definiti a mezzo della prevista contrattazione collettiva.
Distinzione, questa, immotivata, assolutamente arbitraria e priva di
giustificazione razionale; e parimenti fonte di lesione, in ultima
analisi, dei principi che regolano secondo Costituzione ogni aspetto
dell'operare della pubblica amministrazione, essendosi
irragionevolmente riconosciuto a taluni dipendenti un trattamento
economico (piu' gravoso per le casse pubbliche) in dichiarata
difformita' con quello previsto dalla competente contrattazione
collettiva ed esteso a tutti gli altri dirigenti-dipendenti pubblici
di altre Regioni.
Conclusivamente, l'art. 22 della legge n. 10 del 23 marzo 2010
della Regione Molise, nei suoi commi 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 9, viola
l'art. 117, comma 2 lett. l) della Costituzione, che riserva alla
competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e, quindi i
rapporti di diritto privato regolabili dal Codice civile (contratti
collettivi), nonche' l'art.3 e l'art.97 della Costituzione (principio
di uguaglianza; principi di imparzialita' e buon andamento
dell'amministrazione).
P. Q. M.
Si chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia
dichiarare costituzionalmente illegittimi, e conseguentemente
annullare, per i motivi sopra specificati, l'art. 22, commi 2, 3, 4,
5, 6, 7, e 9 della legge della Regione Molise n. 10 del 23 marzo
2010, pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Molise del 1°
aprile 2010, n. 10, come da delibera del Consiglio dei ministri in
data 20 maggio 2010.
Roma, addi' 28 maggio 2010
L'Avvocato dello Stato: Massimo Salvatorelli
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