N.   84  RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 1° luglio 2010.
 
Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 1° luglio 2010 (della Regione Toscana). 
 
(GU n. 32 dell'11-8-2010)

    Ricorso della Regione Toscana,  in  persona  del  Presidente  pro
tempore, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n.  555
del 24 maggio 2010, rappresentato e difeso, per mandato in  calce  al
presente atto, dall'avv. Lucia  Bora  dell'Avvocatura  della  Regione
Toscana, elettivamente domiciliato in  Roma,  Corso  Italia  n.  102,
presso  lo  studio  dell'avv.  Giovanni  Pasquale  Mosca  contro   il
Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   pro   tempore   per   la
dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale   dell'art.   1   e
dell'art.  4  del  decreto-legge  30  aprile  2010,  n.  64   recante
«Disposizioni  urgenti  in  materia   di   spettacolo   e   attivita'
culturali». 
    Nella Gazzetta Ufficiale n. 100  del  30  aprile  2010  e'  stato
pubblicato il decreto-legge n. 64/2010,  contenente  disposizioni  in
materia di spettacolo e attivita' culturali. 
    In particolare: 
        l'art. 1 stabilisce che, entro dodici  mesi  dall'entrata  in
vigore del decreto legge, il Governo, su proposta del Ministro per  i
beni e le attivita' culturali, adotta uno o piu' regolamenti  per  la
revisione dell'attuale assetto ordinamentale  e  organizzativo  delle
fondazioni lirico-sinfoniche di cui al decreto legislativo 29  giugno
1996, n. 367, e successive modificazioni, e  di  cui  alla  legge  11
novembre 2003, n. 310, anche modificando le disposizioni  legislative
vigenti, attenendosi ai criteri ivi prescritti. E'  inoltre  previsto
che sullo schema di regolamento  e'  acquisito  il  parere,  tra  gli
altri, della Conferenza unificata di cui all'art. 8  della  legge  28
agosto 1997, n. 281, parere che deve essere espresso entro il termine
di trenta giorni dalla ricezione  del  predetto  schema,  decorso  il
quale il regolamento e' comunque emanato; 
        l'art. 4, prevede che il Ministro per i beni e  le  attivita'
culturali ridetermina, entro novanta giorni dalla data di entrata  in
vigore del decreto-legge, i criteri per l'erogazione  dei  contributi
allo  spettacolo  dal  vivo,  nonche'  le  modalita'  per   la   loro
liquidazione e anticipazione, con le modalita' di cui all'articolo 1,
comma 3, della legge 15  novembre  2005,  n.  239  e  con  effetto  a
decorrere dal 1° gennaio 2011.  I  criteri  di  assegnazione  tengono
conto dei livelli quantitativi e  della  importanza  culturale  della
produzione svolta,  della  regolarita'  gestionale  degli  organismi,
nonche' degli indici di affluenza del pubblico  e  sono  riferiti  ad
attivita'  gia'  svolte  e  rendicontate.  E'  inoltre  previsto  che
dall'anno 2010 il Ministero per i beni e le attivita' culturali  puo'
liquidare  anticipazioni  sui  contributi  ancora  da  erogare,  fino
all'ottanta per cento dell'ultimo  contributo  assegnato,  secondo  i
criteri e le modalita' previsti dai decreti ministeriali  vigenti  in
tale ambito. 
    Le  su  citate  disposizioni  contengono  norme  in  materia   di
spettacolo. 
    Secondo l'orientamento espresso dalla Corte costituzionale n. 285
del 2005, la materia dello spettacolo  e'  sicuramente  riconducibile
alla materia «promozione e organizzazione di attivita' culturali»  di
cui all'art. 117, terzo comma, Cost. che riguarda «tutte le attivita'
riconducibili alla elaborazione e diffusione della cultura, senza che
vi possa essere spazio per ritagliarne  singole  partizioni  come  lo
spettacolo» (si veda in tal senso anche Corte costituzionale sentenza
n. 255 del 2004). 
    In particolare, la Corte ha affermato che, trattandosi di materia
di competenza legislativa ripartita fra Stato e regione, «di norma la
legislazione statale dovrebbe limitarsi a definire  i  soli  principi
fondamentali  della  materia,  mentre  le   funzioni   amministrative
dovrebbero  essere  attribuite  normalmente  ai  livelli  di  governo
sub-statali in base ai principi di  sussidiarieta',  differenziazione
ed adeguatezza indicati nell'art. 118 Cost. La  disciplina  in  esame
(rectius  d.lgs.   n.   28/2004),   invece,   appare   essenzialmente
caratterizzata, sul piano legislativo, da una normativa  completa  ed
autoapplicativa, senza distinzione fra principi e  dettagli,  e,  sul
piano amministrativo,  da  un  modello  di  gestione  accentuatamente
statalistico ed essenzialmente fondato su  poteri  ministeriali,  con
una presenza del tutto marginale di  rappresentanti  delle  autonomie
territoriali. Tutto cio' parrebbe contrastante non  solo  con  l'art.
117, terzo comma, Cost. ma anche con il  primo  comma  dell'art.  118
Cost., dal momento che, ove si fosse  voluto  intervenire  in  questa
particolare materia mediante una «chiamata in  sussidiarieta'»  delle
funzioni amministrative da parte dello Stato, cio' avrebbe richiesto,
ormai per consolidata giurisprudenza di  questa  Corte,  quanto  meno
«una disciplina che prefiguri un  iter  in  cui  assumano  il  dovuto
risalto le attivita' concertative  e  di  coordinamento  orizzontale,
ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al  principio
di lealta'» (sentenza n. 303 del 2003;  ma  analogamente  cfr.  anche
sentenze n. 242 del 2005, n. 255 e n. 6 del  2004)».  Ed  ancora,  la
Corte con la pronuncia  in  esame  chiarisce  che  sebbene  si  possa
ipotizzare, nell'ambito di cui si tratta, «un intervento dello  Stato
che si svolga, anzitutto, mediante la posizione di  norme  giuridiche
che siano in grado di  guidare  -  attraverso  la  determinazione  di
idonei principi fondamentali -  la  successiva  normazione  regionale
soddisfacendo quelle esigenze unitarie cui si e' fatto riferimento (e
a questo riguardo assume  specifico  rilievo  la  collocazione  della
materia de qua tra quelle a competenza ripartita), ma anche, la' dove
necessario, mediante la avocazione in sussidiarieta' sia di  funzioni
amministrative che non possano essere adeguatamente svolte ai livelli
inferiori, sia della relativa potesta' normativa per l'organizzazione
e la disciplina di tali funzioni»; tuttavia «Dal punto di  vista  del
recupero  in  termini  di  strumenti  concertativi  del  ruolo  delle
regioni, e'  anzitutto  indispensabile  ricondurre  ai  moduli  della
concertazione necessaria e paritaria fra organi statali e  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  Province
autonome di Trento e Bolzano (di seguito: Conferenza  Stato-Regioni),
tutti quei numerosi poteri di tipo  normativo  o  programmatorio  che
caratterizzano il nuovo sistema di  sostegno  ed  agevolazione  delle
attivita' cinematografiche,  ma  che  nel  decreto  legislativo  sono
invece riservati solo ad organi statali. [...] In tutti  questi  casi
appare ineludibile che questi atti vengano adottati di intesa con  la
Conferenza Stato-Regioni, in modo  da  permettere  alle  regioni  (in
materie che sarebbero di loro competenza) di recuperare quantomeno un
potere di codecisione nelle fasi  delle  specificazioni  normative  o
programmatorie. Pertanto,  deve  essere  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale delle disposizioni ora richiamate, nella parte in  cui
non prevedono che gli atti indicati siano adottati previa intesa  con
la Conferenza Stato-Regioni». 
    Le  norme  impugnate  non  risultano  conformi   all'orientamento
espresso dalla Corte costituzionale con la pronuncia su citata e sono
lesive delle competenze regionali per i seguenti motivi di 
 
                            D i r i t t o 
 
    1) Illegittimita' costituzionale dell'art.  1,  decreto-legge  n.
64/2010 per violazione dell'art. 117, terzo e sesto comma e 118 Cost.
nonche' per violazione del principio di leale collaborazione. 
    L'art. 1, riguarda la  disciplina  in  materia  di  riordino  del
settore lirico  sinfonico.  In  particolare,  come  visto,  la  norma
prevede l'emanazione di uno o piu' regolamenti  ministeriali  per  la
revisione dell'assetto ordinamentale e organizzativo delle fondazioni
lirico sinfoniche di cui al  d.lgs.  n.  367/1996  e  alla  legge  n.
310/2003. Si tratta di quegli enti di prioritario interesse nazionale
operanti nel settore musicale per i quali, in  base  alle  su  citate
normative, e' stata  prevista  la  trasformazione  in  fondazioni  di
diritto privato. L'art. 1 del decreto-legge in esame  prevede  che  i
suddetti regolamenti siano adottati, solo,  previa  acquisizione  del
parere della Conferenza unificata. 
    Inoltre, ai sensi  della  disposizione  in  esame  i  regolamenti
dovranno seguire i criteri ivi stabiliti e cioe': 
        «a) razionalizzazione dell'organizzazione e del funzionamento
sulla  base  dei   principi   di   efficienza,   corretta   gestione,
economicita'  ed  imprenditorialita',  anche  al  fine  di   favorire
l'intervento di soggetti pubblici e privati nelle fondazioni; 
        b)  individuazione  degli   indirizzi   ai   quali   dovranno
informarsi le  decisioni  attribuite  alla  autonomia  statutaria  di
ciascuna fondazione, con particolare  riferimento  alla  composizione
degli organi, alla gestione e al  controllo  dell'attivita',  nonche'
alla   partecipazione   di   privati   finanziatori   nel    rispetto
dell'autonomia e  delle  finalita'  culturali  della  fondazione;  lo
statuto di ciascuna  fondazione  e  le  relative  modificazioni  sono
approvati dal Ministro per  i  beni  e  le  attivita'  culturali,  di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze; 
        c) previsione di forme adeguate di vigilanza  sulla  gestione
economico-finanziaria della fondazione; 
        d)  incentivazione  del  miglioramento  dei  risultati  della
gestione attraverso la rideterminazione dei criteri  di  ripartizione
del contributo statale; 
        e)  disciplina  organica  del   sistema   di   contrattazione
collettiva; 
        f) eventuale previsione di forme organizzative  speciali  per
le fondazioni lirico-sinfoniche in relazione alla loro  peculiarita',
alla loro assoluta rilevanza internazionale,  alle  loro  eccezionali
capacita'  produttive,  per  rilevanti  ricavi  propri   o   per   il
significativo e continuativo apporto finanziario di soggetti privati,
con attribuzione al Ministro per i beni e le attivita' culturali,  di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, del potere di
approvazione dello statuto e delle relative modifiche. Lo statuto  di
ciascuna delle  predette  fondazioni  prevede,  tra  l'altro,  che  i
componenti  del  consiglio  di  amministrazione  siano,  di   regola,
nominati  in  proporzione  al  finanziamento  alla  gestione  e   che
l'erogazione del contributo statale avvenga sulla base  di  programmi
di  attivita'  triennali  in  ragione  di  una   percentuale   minima
prestabilita a valere sul Fondo unico dello spettacolo  di  cui  alla
legge 30 aprile 1985, n. 163, con verifica successiva  dei  programmi
da parte del Ministero per  i  beni  e  le  attivita'  culturali.  Il
Ministero dell'economia e delle finanze e' sentito per le materie  di
sua specifica competenza». 
    E' evidente come la materia disciplinata  dalla  disposizione  in
esame incida prevalentemente sulla materia dello spettacolo, la quale
secondo  la  richiamata  pronuncia  della  Corte  costituzionale   n.
285/2005 va ricondotta alla materia promozione  e  organizzazione  di
attivita' culturali,  oggetto  di  potesta'  legislativa  concorrente
delle regioni ex art. 117, terzo comma, Cost. 
    Per contro, si evidenzia che a seguito del d.lgs. n. 367/1996 gli
enti lirico sinfonici non possono sicuramente essere piu' qualificati
come enti nazionali avendo assunto la veste giuridica  formale  delle
fondazioni  di  diritto  privato  e  pertanto  non  rientrano   nella
disciplina relativa all'«ordinamento e organizzazione  amministrativa
dello Stato e degli enti pubblici nazionali» di competenza  esclusiva
statale ai sensi dell'art. 117, comma 2, lett. g). 
    Neppure puo' venire in rilievo, ai fini in esame,  la  competenza
esclusiva statale in materia di ordinamento civile. 
    Infatti,  come  ha  chiarito  la  giurisprudenza,  le  fondazioni
liriche, seppur trasformate in fondazioni di diritto privato,  devono
ricondursi a pieno titolo fra gli organismi di diritto pubblico: «sul
piano  teleologico  va  rilevato  che  le  fondazioni  liriche   sono
organismi di diritto pubblico, sottoposti al  controllo  della  Corte
dei conti, finanziati in massima parte con risorse pubbliche e quindi
assoggettate ad una normativa speciale di gran lunga piu'  penetrante
di quella stabilita in via generale dell'art. 25 del codice civile. 
    I fondatori necessari dei teatri, del resto, sono  lo  Stato,  le
regioni ed i comuni e i presidenti degli stessi sono i sindaci  delle
citta' ospitanti, tenuti a rimettere anche al Ministero dell'economia
e delle finanze le risultanze  del  proprio  operato»  (cfr.  T.A.R.,
Liguria, sez. II, 18 febbraio 2009, n. 230, nello stesso senso T.A.R.
Sicilia, sez. II, 16 maggio 2002, n. 1281). 
    Inoltre, in merito alla natura e  alla  collocazione  sistematica
della Fondazione Teatro Lirico di  Cagliari  e'  stato  ulteriormente
rilavato che «La stessa e' stata costituita a seguito dell'entrata in
vigore del decreto legislativo n. 367/1996, in virtu' del quale tutti
gli "enti di prioritario interesse nazionale che operano nel  settore
musicale" sono stati trasformati in  fondazioni  di  diritto  privato
(art. 1), a decorrere dal 23 maggio 1998. 
    Il disegno  del  legislatore  e'  stato  quello  di  operare  una
peculiare privatizzazione  del  settore,  avente,  peraltro,  portata
organizzativa piuttosto che sostanziale: l'intervento  ha  riguardato
essenzialmente la veste formale degli  enti  in  precedenza  deputati
alla  cura  degli  interessi  propri  della  musica,  trasformati  in
fondazioni, ma non e' giunto sino al punto di sottrarre loro tutte le
preesistenti funzioni di carattere pubblicistico.  [...]  Cosi'  come
gli specifici  interessi  affidati  alle  sue  cure,  hanno  indubbie
ricadute di carattere pubblicistico [...] La riforma non ha,  quindi,
inteso operare una piena deregulation del settore  (intendendosi  con
essa la radicale trasformazione  d'interessi  pubblici  in  interessi
lasciati all'autonomia del mercato), bensi' modificare i preesistenti
moduli operativi, seppur sostituendo  ai  soggetti  gestori  di  tipo
tradizionale (enti pubblici in senso stretto) fondazioni  di  diritto
privato. Tale scelta, del resto, e' espressione  della  tendenza,  da
tempo emersa nella prassi legislativa, ad una spiccata  eterogeneita'
dei moduli organizzativi e di azione della pubblica  amministrazione,
che in dottrina e giurisprudenza ha persino dato vita ad una nuova ed
aperta nozione di "ente pubblico", capace di comprendere anche figure
soggettive formalmente privatistiche. [...]  infatti,  la  fondazione
gestisce interessi pubblici o, comunque, di pubblica rilevanza, se ad
essa partecipano necessariamente tanche mediante rilevanti contributi
di carattere finanziario) enti pubblici (tra  i  quali  la  regione)»
(cfr. T.A.R. Cagliari, sez. II, 23 maggio 2008, n. 1051). 
    In base ai suddetti rilievi  appare  che  la  disciplina  dettata
dalla  norma  non  possa  rientrare  nella  materia  dell'ordinamento
civile, perche' le fondazioni  in  esame  sono,  oggi,  organismi  di
diritto pubblico  -  nel  cui  organo  gestionale  e'  assicurata  la
presenza anche delle Regioni - che operano in  una  materia  affidata
alla potesta' legislativa concorrente. 
    Come gia' rilevato, l'art. 117, comma terzo, Cost., contempla  la
materia della «promozione ed organizzazione di attivita'  culturali»:
in tale ambito  dunque  le  regioni  hanno  potesta'  legislativa  da
esercitare nell'ambito dei principi dettati dallo Stato. 
    Si richiama a riguardo la pronuncia della Corte costituzionale n.
255/2004, la quale in merito ha affermato che le attivita'  culturali
di cui al terzo comma dell'art.  117  della  Costituzione  riguardano
tutte le attivita' riconducibili alla elaborazione e diffusione della
cultura  e  che  «questo  riparto  di  materie  accresce   molto   le
responsabilita'  delle  regioni,  dato  che  incide  non  solo  sugli
importanti e  differenziati  settori  produttivi  riconducibili  alla
cosiddetta industria culturale, ma anche  su  antiche  e  consolidate
istituzioni culturali pubbliche o private operanti nel settore (come,
ad esempio e limitandosi al solo settore dello spettacolo,  gli  enti
lirici o i teatri stabili); con la conseguenza, inoltre, di un  forte
impatto sugli stessi strumenti di  elaborazione  e  diffusione  della
cultura (cui la Costituzione, non a caso  all'interno  dei  "principi
fondamentali", dedica un significativo riferimento all'art. 9)». 
    Ebbene, l'art. 1 del decreto-legge in esame risulta in  contrasto
con le  suddette  affermazioni,  perche'  non  si  limita  a  dettare
principi al legislatore regionale, ma  stabilisce  che  la  normativa
verra' rivista con un regolamento governativo, in relazione al  quale
si stabiliscono precisamente i criteri direttivi. 
    Il   legislatore   statale   interviene   quindi,    del    tutto
illegittimamente, con una normativa puntuale, di dettaglio, esaustiva
che non lascia spazio al legislatore regionale,  cio'  in  violazione
dell'art. 117, terzo comma , Cost. 
    Inoltre  e'  violato  anche  l'art.  117,  sesto   comma,   della
Costituzione, ai sensi del quale il regolamento  statale  e'  ammesso
esclusivamente nelle materie in cui lo Stato ha potesta'  legislativa
esclusiva: nel caso in esame, come sopra rilevato, viene in questione
la materia «promozione e organizzazione di attivita'  culturali»  che
e' affidata  alla  potesta'  concorrente  regionale.  Dunque  non  e'
ammissibile il ricorso alla fonte regolamentare statale. 
    In ogni caso, la norma viola l'art. 118  Cost.  ed  il  principio
della leale cooperazione tra Stato e regione, poiche' prevede che  il
regolamento  sia  adottato  solo  previo  parere  con  la  Conferenza
unificata; non solo, e' anche previsto che detto parere possa  essere
superato ove non intervenga entro trenta giorni dal ricevimento dello
schema di regolamento. 
    Secondo quanto evidenziato dalla Corte costituzionale nella  gia'
citata sentenza n. 285/2005, l'interferenza della normativa in  esame
con le competenze regionali in materia di promozione e organizzazione
di attivita' culturali a potesta'  legislativa  concorrente,  di  cui
all'art. 117, terzo comma, Cost., avrebbe invece imposto l'intesa con
la Conferenza medesima, ossia, per usare le parole  della  Corte,  il
modulo «della concertazione necessaria e paritaria fra organi statali
e Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e  le
province  autonome  di  Trento  e  Bolzano  (di  seguito:  Conferenza
Stato-Regioni)», in luogo del parere da rilasciare, oltre  tutto,  in
un termine palesemente insufficiente. 
    La norma e' pertanto illegittima per contrasto  con  l'art.  117,
terzo e sesto comma e con l'art. 118 Cost.,  nonche'  per  violazione
del principio della leale collaborazione tra Stato e regioni. 
    2) Illegittimita' costituzionale  dell'art.  4  decreto-legge  n.
64/2010 per violazione degli articoli 117, terzo  comma,  118  e  120
Cost., anche sotto il profilo della lesione del  principio  di  leale
collaborazione. 
    L'art. 4 del decreto-legge n. 64/2010 prevede che il Ministro per
i  beni  e  le  attivita'  culturali  ridetermini   i   criteri   per
l'erogazione e la liquidazione dei  contributi  allo  spettacolo  dal
vivo. A tal fine la norma richiama le procedure previste dall'art. 1,
comma 3,  legge  n.  239/2005:  per  quanto  qui  rileva,  la  citata
disposizione stabilisce che  i  decreti  ministeriali  concernenti  i
criteri e le modalita' di erogazione dei  contributi  alle  attivita'
dello  spettacolo  dal  vivo  sono  si'  adottati  d'intesa  con   la
Conferenza  unificata,  tuttavia  laddove  l'intesa  non  sia   stata
raggiunta (entro sessanta giorni dalla data della  loro  trasmissione
alla Conferenza unificata da parte del Ministro), i decreti  potranno
comunque essere adottati. 
    E' evidente che pur a fronte della previsione  dell'intesa,  tale
intesa  non  puo'  essere  considerata  effettiva  in  quanto  infine
superabile qualora non  si  sia  giunti  alla  codecisione  entro  il
termine di sessanta  giorni;  cio'  senza  peraltro  distinguere  tra
inerzia della Conferenza unificata ovvero dissenso espresso. 
    Cio' non appare conforme al dettato costituzionale. 
    In relazione alla fattispecie in esame trova infatti applicazione
il principio, piu' volte affermato dalla  Corte  costituzionale,  per
cui quando lo  Stato  decide  di  allocare  al  livello  centrale  la
titolarita' di funzioni, dettando quindi anche la relativa disciplina
legislativa  incidente  in   ambiti   rientranti   nella   competenza
regionale, deve essere prevista l'intesa con la Conferenza  unificata
e/o  con  le  regioni,  a  salvaguardia   delle   loro   attribuzioni
costituzionalmente previste (si vedano in tal senso  le  sentenze  n.
303/2003; n. 6/2004; n. 383/2005). 
    Il su richiamato principio e' stato ulteriormente ribadito  anche
con specifico riferimento alla materia dello spettacolo. A  riguardo,
con la gia' citata sentenza n. 285/2005, la Corte  costituzionale  ha
sottolineato la necessita' che l'intervento del legislatore nazionale
in materia di attivita' a sostegno degli spettacoli  (come  nel  caso
della  norma  in  esame),  in  quanto  riconducibile   alla   materia
«promozione e organizzazione di attivita'  culturali»  affidata  alla
legislazione concorrente di Stato e regioni deve svolgersi secondo  i
moduli della concertazione necessaria e paritaria fra organi  statali
e regioni; proprio  con  specifico  riferimento  ai  poteri  di  tipo
normativo o programmatorio che caratterizzano  il  nuovo  sistema  di
sostegno ed agevolazione delle attivita' in materia di spettacolo, la
Corte ha affermato che: «In tutti questi casi appare ineludibile  che
questi atti vengano adottati d'intesa con la conferenza Stato regioni
in modo da permettere alle regioni in materie che sarebbero  di  loro
competenza di recuperare quantomeno un potere  di  codecisione  nelle
fasi delle specificazioni normativo programmatorie». 
    E' evidente che prevedere, come fa la  norma  in  esame,  che  il
Ministro adotti  comunque  il  decreto,  anche  in  caso  di  mancato
raggiungimento dell'intesa con la  Conferenza  unificata  equivale  a
prevedere il potere sostitutivo dello Stato, a fronte  della  mancata
intesa, e cio'  e'  evidentemente  incostituzionale,  per  violazione
degli artt. 117, 118 e  120  Cost.,  anche  sotto  il  profilo  della
lesione  del  principio   di   leale   collaborazione,   cosi'   come
interpretati dalla Corte costituzionale in  primo  luogo  nella  gia'
citata  sentenza  n.  303/2003:  l'intesa,  infatti,  e'  la   tipica
manifestazione del  consenso  regionale  ad  un  atto  e  costituisce
pertanto l'esercizio di un potere di autonomia che, per  natura,  non
e' sostituibile. 
    Per  questo  la  norma  appare   particolarmente   lesiva   delle
attribuzioni regionali perche',  di  fatto,  vanifica  la  previsione
dell'intesa,  rimettendo  allo  Stato  la  possibilita'  di  decidere
unilateralmente. La Corte costituzionale ha avuto modo  di  precisare
che l'intesa e' da considerarsi di natura forte, «nel  senso  che  il
suo mancato raggiungimento  costituisce  ostacolo  insuperabile  alla
conclusione del procedimento» (cfr. sentenza n. 6/2004). 
    La  norma  in  esame,  con   la   previsione   che   il   mancato
raggiungimento  dell'intesa   consente   l'attivazione   del   potere
sostitutivo e, dunque, la unilaterale conclusione del procedimento da
parte dello Stato,  si  pone  in  netto  contrasto  con  il  suddetto
orientamento espresso dalla Corte costituzionale, violando gli  artt.
117 e 118 Cost. perche' le  competenze  regionali  non  possono  piu'
trovare  espressione  in  quel  punto  di  equilibrio   rappresentato
dall'intesa forte. 
    Inoltre, come visto, l'attivazione di tale potere sostitutivo  e'
ammessa indifferentemente sia a fronte dell'inerzia, sia a fronte del
ben diverso caso in cui l'intesa non sia raggiunta perche'  e'  stato
espresso 1'articolato dissenso. 
    In tal caso l'applicazione del principio di leale  collaborazione
impone di trovare una diversa  soluzione  su  cui  sia  raggiungibile
l'intesa e non certo di  prevedere  la  sostituzione  delle  regioni.
Diversamente l'intesa viene declassata in un parere  non  vincolante;
ma questo non  e'  compatibile  con  l'assetto  costituzionale  delle
competenze e con il principio di leale collaborazione, come  chiarito
dalla  giurisprudenza  costituzionale  (sentenze   nn.   303/2003   e
285/2005). 
    Nel caso in esame il legislatore statale non ha previsto  criteri
direttivi  volti  ad  assicurare  la  disciplina   del   procedimento
dell'intesa si da garantirne il carattere «forte», necessario per  il
rispetto delle competenze costituzionali di tutti gli enti di governo
coinvolti. 
    Con specifico riferimento alla rilevata violazione dell'art.  120
Cost. si evidenzia  ulteriormente  che  la  Corte  costituzionale  ha
evidenziato che «il secondo comma dell'art. 120 Cost. non puo' essere
applicato  ad  ipotesi,  come  quella   prevista   dalla   disciplina
impugnata,  nelle  quali  l'ordinamento  costituzionale   impone   il
conseguimento di una necessaria intesa fra organi  statali  e  organi
regionali per l'esercizio concreto  di  una  funzione  amministrativa
attratta  in  sussidiarieta'  al  livello  statale  in   materie   di
competenza  legislativa  regionale  e  nella  perdurante  assenza  di
adeguati strumenti di coinvolgimento delle  regioni  nell'ambito  dei
procedimenti  legislativi  dello  Stato.   Nell'attuale   situazione,
infatti, come questa Corte ha piu' volte  ribadito  a  partire  dalla
sentenza n. 303 del 2003 (cfr., da ultimo, le sentenze n.  242  e  n.
285  del  2005),  tali  intese  costituiscono  condizione  minima   e
imprescindibile per la legittimita' costituzionale  della  disciplina
legislativa statale che effettui la "chiamata in  sussidiarieta'"  di
una funzione amministrativa in  materie  affidate  alla  legislazione
regionale, con la conseguenza che deve trattarsi di  vere  e  proprie
intese "in senso forte", ossia di atti  a  struttura  necessariamente
bilaterale, come tali non superabili con decisione unilaterale di una
delle parti. In questi casi, pertanto, deve escludersi che,  ai  fini
del  perfezionamento   dell'intesa,   la   volonta'   della   regione
interessata possa  essere  sostituita  da  una  determinazione  dello
Stato, il  quale  diverrebbe  in  tal  modo  l'unico  attore  di  una
fattispecie  che,  viceversa,  non   puo'   strutturalmente   ridursi
all'esercizio  di  un   potere   unilaterale.   L'esigenza   che   il
conseguimento di queste intese sia  non  solo  ricercato  in  termini
effettivamente ispirati alla reciproca leale collaborazione, ma anche
agevolato  per  evitare  situazioni  di  stallo,  potra'   certamente
ispirare  l'opportuna  individuazione,  sul  piano  legislativo,   di
procedure  parzialmente  innovative  volte  a   favorire   l'adozione
dell'atto  finale  nei  casi  in  cui  siano  insorte  difficolta'  a
conseguire l'intesa, ma tali procedure  non  potranno  in  ogni  caso
prescindere dalla permanente garanzia della posizione paritaria delle
parti  coinvolte.  E  nei  casi  limite  di  mancato   raggiungimento
dell'intesa, potrebbe essere utilizzato, in ipotesi, lo strumento del
ricorso a questa Corte in sede di conflitto di attribuzione fra Stato
e regioni.». 
    E' evidente che la norma contenuta nell'art. 4 in  esame  non  e'
rispondente ai  principi  suddetti  e  viola  percio'  le  competenze
regionali e l'art. 120 Cost. 
    Per i suddetti motivi la  disposizione  di  cui  all'art.  4  del
decreto-legge n. 64/2010 e' illegittima per contrasto con  gli  artt.
117, terzo comma, 118 e all'art. 120 Cost., anche per la lesione  del
principio della leale collaborazione. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Si confida che la Corte costituzionale dichiari  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1 e dell'art. 4 del decreto-legge, 30 aprile
2010, n. 64 recante «Disposizioni urgenti in materia di spettacolo  e
attivita' culturali», per violazione  degli  artt.  117,  118  e  120
Cost., anche sotto il profilo della violazione  del  principio  della
leale cooperazione. 
        Firenze-Roma, addi' 28 giugno 2010 
 
                          L'Avvocato: Bora 
 

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