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N. 84 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 1° luglio 2010. |
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Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 1° luglio 2010 (della Regione Toscana).
(GU n. 32 dell'11-8-2010) |
Ricorso della Regione Toscana, in persona del Presidente pro
tempore, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 555
del 24 maggio 2010, rappresentato e difeso, per mandato in calce al
presente atto, dall'avv. Lucia Bora dell'Avvocatura della Regione
Toscana, elettivamente domiciliato in Roma, Corso Italia n. 102,
presso lo studio dell'avv. Giovanni Pasquale Mosca contro il
Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1 e
dell'art. 4 del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64 recante
«Disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attivita'
culturali».
Nella Gazzetta Ufficiale n. 100 del 30 aprile 2010 e' stato
pubblicato il decreto-legge n. 64/2010, contenente disposizioni in
materia di spettacolo e attivita' culturali.
In particolare:
l'art. 1 stabilisce che, entro dodici mesi dall'entrata in
vigore del decreto legge, il Governo, su proposta del Ministro per i
beni e le attivita' culturali, adotta uno o piu' regolamenti per la
revisione dell'attuale assetto ordinamentale e organizzativo delle
fondazioni lirico-sinfoniche di cui al decreto legislativo 29 giugno
1996, n. 367, e successive modificazioni, e di cui alla legge 11
novembre 2003, n. 310, anche modificando le disposizioni legislative
vigenti, attenendosi ai criteri ivi prescritti. E' inoltre previsto
che sullo schema di regolamento e' acquisito il parere, tra gli
altri, della Conferenza unificata di cui all'art. 8 della legge 28
agosto 1997, n. 281, parere che deve essere espresso entro il termine
di trenta giorni dalla ricezione del predetto schema, decorso il
quale il regolamento e' comunque emanato;
l'art. 4, prevede che il Ministro per i beni e le attivita'
culturali ridetermina, entro novanta giorni dalla data di entrata in
vigore del decreto-legge, i criteri per l'erogazione dei contributi
allo spettacolo dal vivo, nonche' le modalita' per la loro
liquidazione e anticipazione, con le modalita' di cui all'articolo 1,
comma 3, della legge 15 novembre 2005, n. 239 e con effetto a
decorrere dal 1° gennaio 2011. I criteri di assegnazione tengono
conto dei livelli quantitativi e della importanza culturale della
produzione svolta, della regolarita' gestionale degli organismi,
nonche' degli indici di affluenza del pubblico e sono riferiti ad
attivita' gia' svolte e rendicontate. E' inoltre previsto che
dall'anno 2010 il Ministero per i beni e le attivita' culturali puo'
liquidare anticipazioni sui contributi ancora da erogare, fino
all'ottanta per cento dell'ultimo contributo assegnato, secondo i
criteri e le modalita' previsti dai decreti ministeriali vigenti in
tale ambito.
Le su citate disposizioni contengono norme in materia di
spettacolo.
Secondo l'orientamento espresso dalla Corte costituzionale n. 285
del 2005, la materia dello spettacolo e' sicuramente riconducibile
alla materia «promozione e organizzazione di attivita' culturali» di
cui all'art. 117, terzo comma, Cost. che riguarda «tutte le attivita'
riconducibili alla elaborazione e diffusione della cultura, senza che
vi possa essere spazio per ritagliarne singole partizioni come lo
spettacolo» (si veda in tal senso anche Corte costituzionale sentenza
n. 255 del 2004).
In particolare, la Corte ha affermato che, trattandosi di materia
di competenza legislativa ripartita fra Stato e regione, «di norma la
legislazione statale dovrebbe limitarsi a definire i soli principi
fondamentali della materia, mentre le funzioni amministrative
dovrebbero essere attribuite normalmente ai livelli di governo
sub-statali in base ai principi di sussidiarieta', differenziazione
ed adeguatezza indicati nell'art. 118 Cost. La disciplina in esame
(rectius d.lgs. n. 28/2004), invece, appare essenzialmente
caratterizzata, sul piano legislativo, da una normativa completa ed
autoapplicativa, senza distinzione fra principi e dettagli, e, sul
piano amministrativo, da un modello di gestione accentuatamente
statalistico ed essenzialmente fondato su poteri ministeriali, con
una presenza del tutto marginale di rappresentanti delle autonomie
territoriali. Tutto cio' parrebbe contrastante non solo con l'art.
117, terzo comma, Cost. ma anche con il primo comma dell'art. 118
Cost., dal momento che, ove si fosse voluto intervenire in questa
particolare materia mediante una «chiamata in sussidiarieta'» delle
funzioni amministrative da parte dello Stato, cio' avrebbe richiesto,
ormai per consolidata giurisprudenza di questa Corte, quanto meno
«una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto
risalto le attivita' concertative e di coordinamento orizzontale,
ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio
di lealta'» (sentenza n. 303 del 2003; ma analogamente cfr. anche
sentenze n. 242 del 2005, n. 255 e n. 6 del 2004)». Ed ancora, la
Corte con la pronuncia in esame chiarisce che sebbene si possa
ipotizzare, nell'ambito di cui si tratta, «un intervento dello Stato
che si svolga, anzitutto, mediante la posizione di norme giuridiche
che siano in grado di guidare - attraverso la determinazione di
idonei principi fondamentali - la successiva normazione regionale
soddisfacendo quelle esigenze unitarie cui si e' fatto riferimento (e
a questo riguardo assume specifico rilievo la collocazione della
materia de qua tra quelle a competenza ripartita), ma anche, la' dove
necessario, mediante la avocazione in sussidiarieta' sia di funzioni
amministrative che non possano essere adeguatamente svolte ai livelli
inferiori, sia della relativa potesta' normativa per l'organizzazione
e la disciplina di tali funzioni»; tuttavia «Dal punto di vista del
recupero in termini di strumenti concertativi del ruolo delle
regioni, e' anzitutto indispensabile ricondurre ai moduli della
concertazione necessaria e paritaria fra organi statali e Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province
autonome di Trento e Bolzano (di seguito: Conferenza Stato-Regioni),
tutti quei numerosi poteri di tipo normativo o programmatorio che
caratterizzano il nuovo sistema di sostegno ed agevolazione delle
attivita' cinematografiche, ma che nel decreto legislativo sono
invece riservati solo ad organi statali. [...] In tutti questi casi
appare ineludibile che questi atti vengano adottati di intesa con la
Conferenza Stato-Regioni, in modo da permettere alle regioni (in
materie che sarebbero di loro competenza) di recuperare quantomeno un
potere di codecisione nelle fasi delle specificazioni normative o
programmatorie. Pertanto, deve essere dichiarata l'illegittimita'
costituzionale delle disposizioni ora richiamate, nella parte in cui
non prevedono che gli atti indicati siano adottati previa intesa con
la Conferenza Stato-Regioni».
Le norme impugnate non risultano conformi all'orientamento
espresso dalla Corte costituzionale con la pronuncia su citata e sono
lesive delle competenze regionali per i seguenti motivi di
D i r i t t o
1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, decreto-legge n.
64/2010 per violazione dell'art. 117, terzo e sesto comma e 118 Cost.
nonche' per violazione del principio di leale collaborazione.
L'art. 1, riguarda la disciplina in materia di riordino del
settore lirico sinfonico. In particolare, come visto, la norma
prevede l'emanazione di uno o piu' regolamenti ministeriali per la
revisione dell'assetto ordinamentale e organizzativo delle fondazioni
lirico sinfoniche di cui al d.lgs. n. 367/1996 e alla legge n.
310/2003. Si tratta di quegli enti di prioritario interesse nazionale
operanti nel settore musicale per i quali, in base alle su citate
normative, e' stata prevista la trasformazione in fondazioni di
diritto privato. L'art. 1 del decreto-legge in esame prevede che i
suddetti regolamenti siano adottati, solo, previa acquisizione del
parere della Conferenza unificata.
Inoltre, ai sensi della disposizione in esame i regolamenti
dovranno seguire i criteri ivi stabiliti e cioe':
«a) razionalizzazione dell'organizzazione e del funzionamento
sulla base dei principi di efficienza, corretta gestione,
economicita' ed imprenditorialita', anche al fine di favorire
l'intervento di soggetti pubblici e privati nelle fondazioni;
b) individuazione degli indirizzi ai quali dovranno
informarsi le decisioni attribuite alla autonomia statutaria di
ciascuna fondazione, con particolare riferimento alla composizione
degli organi, alla gestione e al controllo dell'attivita', nonche'
alla partecipazione di privati finanziatori nel rispetto
dell'autonomia e delle finalita' culturali della fondazione; lo
statuto di ciascuna fondazione e le relative modificazioni sono
approvati dal Ministro per i beni e le attivita' culturali, di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
c) previsione di forme adeguate di vigilanza sulla gestione
economico-finanziaria della fondazione;
d) incentivazione del miglioramento dei risultati della
gestione attraverso la rideterminazione dei criteri di ripartizione
del contributo statale;
e) disciplina organica del sistema di contrattazione
collettiva;
f) eventuale previsione di forme organizzative speciali per
le fondazioni lirico-sinfoniche in relazione alla loro peculiarita',
alla loro assoluta rilevanza internazionale, alle loro eccezionali
capacita' produttive, per rilevanti ricavi propri o per il
significativo e continuativo apporto finanziario di soggetti privati,
con attribuzione al Ministro per i beni e le attivita' culturali, di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, del potere di
approvazione dello statuto e delle relative modifiche. Lo statuto di
ciascuna delle predette fondazioni prevede, tra l'altro, che i
componenti del consiglio di amministrazione siano, di regola,
nominati in proporzione al finanziamento alla gestione e che
l'erogazione del contributo statale avvenga sulla base di programmi
di attivita' triennali in ragione di una percentuale minima
prestabilita a valere sul Fondo unico dello spettacolo di cui alla
legge 30 aprile 1985, n. 163, con verifica successiva dei programmi
da parte del Ministero per i beni e le attivita' culturali. Il
Ministero dell'economia e delle finanze e' sentito per le materie di
sua specifica competenza».
E' evidente come la materia disciplinata dalla disposizione in
esame incida prevalentemente sulla materia dello spettacolo, la quale
secondo la richiamata pronuncia della Corte costituzionale n.
285/2005 va ricondotta alla materia promozione e organizzazione di
attivita' culturali, oggetto di potesta' legislativa concorrente
delle regioni ex art. 117, terzo comma, Cost.
Per contro, si evidenzia che a seguito del d.lgs. n. 367/1996 gli
enti lirico sinfonici non possono sicuramente essere piu' qualificati
come enti nazionali avendo assunto la veste giuridica formale delle
fondazioni di diritto privato e pertanto non rientrano nella
disciplina relativa all'«ordinamento e organizzazione amministrativa
dello Stato e degli enti pubblici nazionali» di competenza esclusiva
statale ai sensi dell'art. 117, comma 2, lett. g).
Neppure puo' venire in rilievo, ai fini in esame, la competenza
esclusiva statale in materia di ordinamento civile.
Infatti, come ha chiarito la giurisprudenza, le fondazioni
liriche, seppur trasformate in fondazioni di diritto privato, devono
ricondursi a pieno titolo fra gli organismi di diritto pubblico: «sul
piano teleologico va rilevato che le fondazioni liriche sono
organismi di diritto pubblico, sottoposti al controllo della Corte
dei conti, finanziati in massima parte con risorse pubbliche e quindi
assoggettate ad una normativa speciale di gran lunga piu' penetrante
di quella stabilita in via generale dell'art. 25 del codice civile.
I fondatori necessari dei teatri, del resto, sono lo Stato, le
regioni ed i comuni e i presidenti degli stessi sono i sindaci delle
citta' ospitanti, tenuti a rimettere anche al Ministero dell'economia
e delle finanze le risultanze del proprio operato» (cfr. T.A.R.,
Liguria, sez. II, 18 febbraio 2009, n. 230, nello stesso senso T.A.R.
Sicilia, sez. II, 16 maggio 2002, n. 1281).
Inoltre, in merito alla natura e alla collocazione sistematica
della Fondazione Teatro Lirico di Cagliari e' stato ulteriormente
rilavato che «La stessa e' stata costituita a seguito dell'entrata in
vigore del decreto legislativo n. 367/1996, in virtu' del quale tutti
gli "enti di prioritario interesse nazionale che operano nel settore
musicale" sono stati trasformati in fondazioni di diritto privato
(art. 1), a decorrere dal 23 maggio 1998.
Il disegno del legislatore e' stato quello di operare una
peculiare privatizzazione del settore, avente, peraltro, portata
organizzativa piuttosto che sostanziale: l'intervento ha riguardato
essenzialmente la veste formale degli enti in precedenza deputati
alla cura degli interessi propri della musica, trasformati in
fondazioni, ma non e' giunto sino al punto di sottrarre loro tutte le
preesistenti funzioni di carattere pubblicistico. [...] Cosi' come
gli specifici interessi affidati alle sue cure, hanno indubbie
ricadute di carattere pubblicistico [...] La riforma non ha, quindi,
inteso operare una piena deregulation del settore (intendendosi con
essa la radicale trasformazione d'interessi pubblici in interessi
lasciati all'autonomia del mercato), bensi' modificare i preesistenti
moduli operativi, seppur sostituendo ai soggetti gestori di tipo
tradizionale (enti pubblici in senso stretto) fondazioni di diritto
privato. Tale scelta, del resto, e' espressione della tendenza, da
tempo emersa nella prassi legislativa, ad una spiccata eterogeneita'
dei moduli organizzativi e di azione della pubblica amministrazione,
che in dottrina e giurisprudenza ha persino dato vita ad una nuova ed
aperta nozione di "ente pubblico", capace di comprendere anche figure
soggettive formalmente privatistiche. [...] infatti, la fondazione
gestisce interessi pubblici o, comunque, di pubblica rilevanza, se ad
essa partecipano necessariamente tanche mediante rilevanti contributi
di carattere finanziario) enti pubblici (tra i quali la regione)»
(cfr. T.A.R. Cagliari, sez. II, 23 maggio 2008, n. 1051).
In base ai suddetti rilievi appare che la disciplina dettata
dalla norma non possa rientrare nella materia dell'ordinamento
civile, perche' le fondazioni in esame sono, oggi, organismi di
diritto pubblico - nel cui organo gestionale e' assicurata la
presenza anche delle Regioni - che operano in una materia affidata
alla potesta' legislativa concorrente.
Come gia' rilevato, l'art. 117, comma terzo, Cost., contempla la
materia della «promozione ed organizzazione di attivita' culturali»:
in tale ambito dunque le regioni hanno potesta' legislativa da
esercitare nell'ambito dei principi dettati dallo Stato.
Si richiama a riguardo la pronuncia della Corte costituzionale n.
255/2004, la quale in merito ha affermato che le attivita' culturali
di cui al terzo comma dell'art. 117 della Costituzione riguardano
tutte le attivita' riconducibili alla elaborazione e diffusione della
cultura e che «questo riparto di materie accresce molto le
responsabilita' delle regioni, dato che incide non solo sugli
importanti e differenziati settori produttivi riconducibili alla
cosiddetta industria culturale, ma anche su antiche e consolidate
istituzioni culturali pubbliche o private operanti nel settore (come,
ad esempio e limitandosi al solo settore dello spettacolo, gli enti
lirici o i teatri stabili); con la conseguenza, inoltre, di un forte
impatto sugli stessi strumenti di elaborazione e diffusione della
cultura (cui la Costituzione, non a caso all'interno dei "principi
fondamentali", dedica un significativo riferimento all'art. 9)».
Ebbene, l'art. 1 del decreto-legge in esame risulta in contrasto
con le suddette affermazioni, perche' non si limita a dettare
principi al legislatore regionale, ma stabilisce che la normativa
verra' rivista con un regolamento governativo, in relazione al quale
si stabiliscono precisamente i criteri direttivi.
Il legislatore statale interviene quindi, del tutto
illegittimamente, con una normativa puntuale, di dettaglio, esaustiva
che non lascia spazio al legislatore regionale, cio' in violazione
dell'art. 117, terzo comma , Cost.
Inoltre e' violato anche l'art. 117, sesto comma, della
Costituzione, ai sensi del quale il regolamento statale e' ammesso
esclusivamente nelle materie in cui lo Stato ha potesta' legislativa
esclusiva: nel caso in esame, come sopra rilevato, viene in questione
la materia «promozione e organizzazione di attivita' culturali» che
e' affidata alla potesta' concorrente regionale. Dunque non e'
ammissibile il ricorso alla fonte regolamentare statale.
In ogni caso, la norma viola l'art. 118 Cost. ed il principio
della leale cooperazione tra Stato e regione, poiche' prevede che il
regolamento sia adottato solo previo parere con la Conferenza
unificata; non solo, e' anche previsto che detto parere possa essere
superato ove non intervenga entro trenta giorni dal ricevimento dello
schema di regolamento.
Secondo quanto evidenziato dalla Corte costituzionale nella gia'
citata sentenza n. 285/2005, l'interferenza della normativa in esame
con le competenze regionali in materia di promozione e organizzazione
di attivita' culturali a potesta' legislativa concorrente, di cui
all'art. 117, terzo comma, Cost., avrebbe invece imposto l'intesa con
la Conferenza medesima, ossia, per usare le parole della Corte, il
modulo «della concertazione necessaria e paritaria fra organi statali
e Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e Bolzano (di seguito: Conferenza
Stato-Regioni)», in luogo del parere da rilasciare, oltre tutto, in
un termine palesemente insufficiente.
La norma e' pertanto illegittima per contrasto con l'art. 117,
terzo e sesto comma e con l'art. 118 Cost., nonche' per violazione
del principio della leale collaborazione tra Stato e regioni.
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 4 decreto-legge n.
64/2010 per violazione degli articoli 117, terzo comma, 118 e 120
Cost., anche sotto il profilo della lesione del principio di leale
collaborazione.
L'art. 4 del decreto-legge n. 64/2010 prevede che il Ministro per
i beni e le attivita' culturali ridetermini i criteri per
l'erogazione e la liquidazione dei contributi allo spettacolo dal
vivo. A tal fine la norma richiama le procedure previste dall'art. 1,
comma 3, legge n. 239/2005: per quanto qui rileva, la citata
disposizione stabilisce che i decreti ministeriali concernenti i
criteri e le modalita' di erogazione dei contributi alle attivita'
dello spettacolo dal vivo sono si' adottati d'intesa con la
Conferenza unificata, tuttavia laddove l'intesa non sia stata
raggiunta (entro sessanta giorni dalla data della loro trasmissione
alla Conferenza unificata da parte del Ministro), i decreti potranno
comunque essere adottati.
E' evidente che pur a fronte della previsione dell'intesa, tale
intesa non puo' essere considerata effettiva in quanto infine
superabile qualora non si sia giunti alla codecisione entro il
termine di sessanta giorni; cio' senza peraltro distinguere tra
inerzia della Conferenza unificata ovvero dissenso espresso.
Cio' non appare conforme al dettato costituzionale.
In relazione alla fattispecie in esame trova infatti applicazione
il principio, piu' volte affermato dalla Corte costituzionale, per
cui quando lo Stato decide di allocare al livello centrale la
titolarita' di funzioni, dettando quindi anche la relativa disciplina
legislativa incidente in ambiti rientranti nella competenza
regionale, deve essere prevista l'intesa con la Conferenza unificata
e/o con le regioni, a salvaguardia delle loro attribuzioni
costituzionalmente previste (si vedano in tal senso le sentenze n.
303/2003; n. 6/2004; n. 383/2005).
Il su richiamato principio e' stato ulteriormente ribadito anche
con specifico riferimento alla materia dello spettacolo. A riguardo,
con la gia' citata sentenza n. 285/2005, la Corte costituzionale ha
sottolineato la necessita' che l'intervento del legislatore nazionale
in materia di attivita' a sostegno degli spettacoli (come nel caso
della norma in esame), in quanto riconducibile alla materia
«promozione e organizzazione di attivita' culturali» affidata alla
legislazione concorrente di Stato e regioni deve svolgersi secondo i
moduli della concertazione necessaria e paritaria fra organi statali
e regioni; proprio con specifico riferimento ai poteri di tipo
normativo o programmatorio che caratterizzano il nuovo sistema di
sostegno ed agevolazione delle attivita' in materia di spettacolo, la
Corte ha affermato che: «In tutti questi casi appare ineludibile che
questi atti vengano adottati d'intesa con la conferenza Stato regioni
in modo da permettere alle regioni in materie che sarebbero di loro
competenza di recuperare quantomeno un potere di codecisione nelle
fasi delle specificazioni normativo programmatorie».
E' evidente che prevedere, come fa la norma in esame, che il
Ministro adotti comunque il decreto, anche in caso di mancato
raggiungimento dell'intesa con la Conferenza unificata equivale a
prevedere il potere sostitutivo dello Stato, a fronte della mancata
intesa, e cio' e' evidentemente incostituzionale, per violazione
degli artt. 117, 118 e 120 Cost., anche sotto il profilo della
lesione del principio di leale collaborazione, cosi' come
interpretati dalla Corte costituzionale in primo luogo nella gia'
citata sentenza n. 303/2003: l'intesa, infatti, e' la tipica
manifestazione del consenso regionale ad un atto e costituisce
pertanto l'esercizio di un potere di autonomia che, per natura, non
e' sostituibile.
Per questo la norma appare particolarmente lesiva delle
attribuzioni regionali perche', di fatto, vanifica la previsione
dell'intesa, rimettendo allo Stato la possibilita' di decidere
unilateralmente. La Corte costituzionale ha avuto modo di precisare
che l'intesa e' da considerarsi di natura forte, «nel senso che il
suo mancato raggiungimento costituisce ostacolo insuperabile alla
conclusione del procedimento» (cfr. sentenza n. 6/2004).
La norma in esame, con la previsione che il mancato
raggiungimento dell'intesa consente l'attivazione del potere
sostitutivo e, dunque, la unilaterale conclusione del procedimento da
parte dello Stato, si pone in netto contrasto con il suddetto
orientamento espresso dalla Corte costituzionale, violando gli artt.
117 e 118 Cost. perche' le competenze regionali non possono piu'
trovare espressione in quel punto di equilibrio rappresentato
dall'intesa forte.
Inoltre, come visto, l'attivazione di tale potere sostitutivo e'
ammessa indifferentemente sia a fronte dell'inerzia, sia a fronte del
ben diverso caso in cui l'intesa non sia raggiunta perche' e' stato
espresso 1'articolato dissenso.
In tal caso l'applicazione del principio di leale collaborazione
impone di trovare una diversa soluzione su cui sia raggiungibile
l'intesa e non certo di prevedere la sostituzione delle regioni.
Diversamente l'intesa viene declassata in un parere non vincolante;
ma questo non e' compatibile con l'assetto costituzionale delle
competenze e con il principio di leale collaborazione, come chiarito
dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze nn. 303/2003 e
285/2005).
Nel caso in esame il legislatore statale non ha previsto criteri
direttivi volti ad assicurare la disciplina del procedimento
dell'intesa si da garantirne il carattere «forte», necessario per il
rispetto delle competenze costituzionali di tutti gli enti di governo
coinvolti.
Con specifico riferimento alla rilevata violazione dell'art. 120
Cost. si evidenzia ulteriormente che la Corte costituzionale ha
evidenziato che «il secondo comma dell'art. 120 Cost. non puo' essere
applicato ad ipotesi, come quella prevista dalla disciplina
impugnata, nelle quali l'ordinamento costituzionale impone il
conseguimento di una necessaria intesa fra organi statali e organi
regionali per l'esercizio concreto di una funzione amministrativa
attratta in sussidiarieta' al livello statale in materie di
competenza legislativa regionale e nella perdurante assenza di
adeguati strumenti di coinvolgimento delle regioni nell'ambito dei
procedimenti legislativi dello Stato. Nell'attuale situazione,
infatti, come questa Corte ha piu' volte ribadito a partire dalla
sentenza n. 303 del 2003 (cfr., da ultimo, le sentenze n. 242 e n.
285 del 2005), tali intese costituiscono condizione minima e
imprescindibile per la legittimita' costituzionale della disciplina
legislativa statale che effettui la "chiamata in sussidiarieta'" di
una funzione amministrativa in materie affidate alla legislazione
regionale, con la conseguenza che deve trattarsi di vere e proprie
intese "in senso forte", ossia di atti a struttura necessariamente
bilaterale, come tali non superabili con decisione unilaterale di una
delle parti. In questi casi, pertanto, deve escludersi che, ai fini
del perfezionamento dell'intesa, la volonta' della regione
interessata possa essere sostituita da una determinazione dello
Stato, il quale diverrebbe in tal modo l'unico attore di una
fattispecie che, viceversa, non puo' strutturalmente ridursi
all'esercizio di un potere unilaterale. L'esigenza che il
conseguimento di queste intese sia non solo ricercato in termini
effettivamente ispirati alla reciproca leale collaborazione, ma anche
agevolato per evitare situazioni di stallo, potra' certamente
ispirare l'opportuna individuazione, sul piano legislativo, di
procedure parzialmente innovative volte a favorire l'adozione
dell'atto finale nei casi in cui siano insorte difficolta' a
conseguire l'intesa, ma tali procedure non potranno in ogni caso
prescindere dalla permanente garanzia della posizione paritaria delle
parti coinvolte. E nei casi limite di mancato raggiungimento
dell'intesa, potrebbe essere utilizzato, in ipotesi, lo strumento del
ricorso a questa Corte in sede di conflitto di attribuzione fra Stato
e regioni.».
E' evidente che la norma contenuta nell'art. 4 in esame non e'
rispondente ai principi suddetti e viola percio' le competenze
regionali e l'art. 120 Cost.
Per i suddetti motivi la disposizione di cui all'art. 4 del
decreto-legge n. 64/2010 e' illegittima per contrasto con gli artt.
117, terzo comma, 118 e all'art. 120 Cost., anche per la lesione del
principio della leale collaborazione.
P. Q. M.
Si confida che la Corte costituzionale dichiari l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1 e dell'art. 4 del decreto-legge, 30 aprile
2010, n. 64 recante «Disposizioni urgenti in materia di spettacolo e
attivita' culturali», per violazione degli artt. 117, 118 e 120
Cost., anche sotto il profilo della violazione del principio della
leale cooperazione.
Firenze-Roma, addi' 28 giugno 2010
L'Avvocato: Bora
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