Ricorso n. 84 del 20 agosto 2004 (Commissario dello Stato per la Regione siciliana)
N. 84 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 20 agosto 2004.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 20 agosto 2004 (del Commissario dello Stato per la
Regione siciliana)
(GU n. 39 del 6-10-2004)
L'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 5 agosto 2004 ha
approvato il disegno di legge n. 850 - 265 - 338 - 409 - 480 - 498 -
641 - 642 - 660 - 669 - 775 - 775 - 779 dal titolo «Norme per
l'elezione del presidente della regione siciliana a suffragio
universale e diretto. Nuove norme per l'elezione dell'Assemblea
regionale siciliana. Disposizioni concernenti l'elezione dei consigli
comunali e provinciali» pervenuto a questo Commissariato dello Stato,
ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello Statuto Speciale, il 9
agosto 2004.
Il provvedimento legislativo teste' approvato contiene una nuova
disciplina del sistema elettorale regionale facendo ricorso alla
modifica e/o sostituzione degli articoli della l.r. 20 marzo 1951,
n. 29, dando al contempo attuazione al principio costituzionale di
pari opportunita' tra i due sessi ed introduce altresi' significative
innovazioni ai procedimenti elettorali per il rinnovo degli organi
delle istituzioni locali.
Nel corso del serrato dibattito parlamentare e' stato approvato
un maxi emendamento del quale talune parti, che peraltro hanno
suscitato contrapposizione all'interno delle parti politiche della
stessa maggioranza, danno adito a rilievi di ordine costituzionale.
L'art. 11, che di seguito si trascrive, introduce nuove cause di
ineleggibilita' ed incompatibilita' alla carica di deputato regionale
che si ritengono lesive degli artt. 3 e 51 della Costituzione:
«1. - All'art. 8, comma 1, della legge regionale 20 marzo
1951, n. 29 e successive modifiche ed integrazioni, sostituire il
numero 4) con il seguente:
"4) Gli assessori dei comuni con popolazione superiore a
40.000 abitanti nonche' i presidenti e gli assessori delle province
regionali sono ineleggibili a deputati regionali, salvo che abbiano
effettivamente cessato dalle loro funzioni, per dimissioni o altra
causa, almeno 180 giorni prima del compimento del quinquennio
decorrente dalla data della celebrazione della precedente elezione
regionale. Sono altresi' ineleggibili a deputati regionali, salvo che
abbiano effettivamente cessato dalle loro funzioni, per dimissioni o
altra causa, almeno 180 giorni prima del compimento del quinquennio
dalla data della precedente elezione regionale, i sindaci dei comuni
con popolazione superiore a 5.000 abitanti. La carica di sindaco di
comune con popolazione superiore a 5.000 abitanti e' incompatibile
con quella di deputato regionale."».
In particolare la norma prevede quali nuove cause di
ineleggibilita' alla carica di deputato l'essere assessore comunale
in comuni con piu' di 40.000 abitanti oppure presidente e assessore
delle province regionali, nonche' sindaco di comuni con piu' di 5.000
abitanti.
Di contro introduce, questa volta come causa di incompatibilita'
per il deputato regionale l'essere sindaco in un comune con piu' di
5.000 abitanti.
Tali cause di limitazione dell'elettorato passivo non trovano
riscontro nell'ordinamento giuridico nazionale che prevede
l'incompatibilita' fra le cariche di consigliere regionale e quelle
di sindaco e presidente delle province e assessori e consiglieri
comunali e provinciali.
La norma approvata non appare peraltro sorretta da adeguata
giustificazione cosi' come richiesto da codesta ecc.ma Corte con
consolidata giurisprudenza (Ex plurimis sentenze n. 27/1987 e
539/1990).
Il ricorso a nuove ipotesi di limitazione dell'elettorato passivo
e' infatti ammissibile esclusivamente allorquando l'ineleggibilita'
e' disposta al fine di impedire la formazione di clientele elettorali
attraverso l'uso strumentale di cariche che si prestino di per se' a
divenire centri di potere e quindi di raccolta di voti.
Orbene non si ritiene che nella Regione Siciliana la quasi
totalita' delle istituzioni locali possa configurarsi quale centro di
potere tale da giustificare l'adozione di misure cosi' drastiche che
comprimono il diritto costituzionalmente garantito a porsi candidato
alla carica di deputato regionale, con palese disparita' di
trattamento per gli amministratori locali siciliani rispetto a quelli
che svolgono analoghe funzioni nell'intero territorio nazionale che
in alcune sue regioni non potrebbe ritenersi del tutto esente, in
ipotesi, da rischi simili di condizionamento e di captatio
benevolentiae.
L'assenza di idonee ragioni giustificative della cennata
compressione dell'elettorato passivo risulta vieppiu' confermata
dalla disposizione dell'art. 38 che si riporta:
«1. - In sede di prima applicazione, le cause di
ineleggibilita' ed incompatibilita' di cui al numero 4) dell'articolo
8 della legge regionale 20 marzo 1951, n. 29 e successive modifiche
ed integrazioni, non si applicano ai deputati regionali che, al
momento dell'entrata in vigore della presente legge, rivestano pure
la carica di sindaco o assessore comunale o provinciale. Tali
soggetti possono continuare a ricoprire entrambe le cariche fino alla
conclusione del mandato presso il comune ed in caso di rielezione a
sindaco possono ricandidarsi per una sola volta alla carica di
deputato regionale, senza incorrere nelle predette cause di
ineleggibilita' e di incompatibilita' ne' in quelle previste
dall'art. 5 della legge regionale 26 agosto 1992, n. 7 e successive
modificazioni», anch'esso ritenuto lesivo degli artt. 3, 51 e 97
della Costituzione.
Infatti, a fronte di un rigoroso sistema di ineleggibilita',
volto presumibilmente ad evitare la compromissione della liberta' di
voto dell'elettore siciliano, viene introdotta una condizione di
privilegio per gli attuali deputati regionali per i quali non solo
non si applica la nuova causa di incompatibilita' con la carica di
amministratore locale ma, addirittura, e' prevista la possibilita'
per una sola volta di ricandidarsi a deputato nonostante ricoprano
gia' la carica di sindaco.
E' di tutta evidenza l'illogicita' della disposizione, volta a
precostituire e tutelare una situazione di fatto, con inevitabile
conseguente violazione del principio di uguaglianza rispetto agli
altri amministratori locali che vedono limitata la possibilita' di
accedere alla carica di deputato regionale.
Il secondo comma dell'art. 29 che si trascrive:
«1. - Per la formazione delle liste dei consigli comunali e
provinciali si applicano i criteri di cui alla lettera b) del comma 1
dell'articolo 14 della legge regionale 20 marzo 1951, n. 29, e
successive modifiche ed integrazioni.
2. - L'inosservanza delle disposizioni di cui alla lettera b)
del comma 1 nella formazione delle liste per i consigli provinciali e
comunali determina a carico del rappresentante legale del movimento o
del partito politico che non abbia rispettato la proporzione ivi
prevista, l'applicazione di una sanzione amministrativa, secondo le
modalita' e le procedure che sono stabilite dall'assessore regionale
per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali con
proprio decreto, da emanarsi entro trenta giorni dall'entrata in
vigore della presente legge». Da' anch'esso adito a censura di
costituzionalita' per violazione dell'articolo 23 della Costituzione
nonche' dell'art. 12 dello statuto speciale.
Detta previsione, nel conferire all'assessore regionale per la
famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali la piu' ampia
discrezionalita' nella identificazione e determinazione delle
sanzioni amministrative per la violazione dell'obbligo
«dell'alternanza» tra uomini e donne nella compilazione delle liste
di candidati nelle elezioni per il rinnovo degli organi comunali e
provinciali, non tiene conto della riserva di legge prevista dalla
Costituzione all'art. 23 nella individuazione del contenuto della
prestazione patrimoniale.
Codesta ecc.ma Corte, con copiosa giurisprudenza, ritiene
necessario per il rispetto del summenzionato precetto costituzionale
che la legge indichi necessariamente e in modo sufficiente i criteri
direttivi di base o le linee generali da servire per delimitare la
discrezionalita' nella produzione di fonti secondarie (ex plurimis
sentenza n. 129/1969).
In altre parole, la legge non puo' lasciare all'arbitrio
dell'organo impositore la determinazione della prestazione ma deve
limitarne la discrezionalita' nell'esercizio del potere
attribuitogli.
La norma e', altresi', in violazione dell'art. 12 dello Statuto,
in quanto prevede che con decreto assessoriale vengano stabilite
modalita' e procedure per l'irrogazione delle sanzioni, anziche'
riservare tali contenuti precettivi alla potesta' regolamentare di
competenza del Governo regionale.
Suscitano del pari rilievi di natura costituzionale gli artt. 36
e 37 laddove introducono l'istituto della supplenza temporanea nelle
cariche elettive di deputato regionale e di consigliere comunale e
provinciale.
Il legislatore prevede infatti che i deputati che assumono la
carica di assessore regionale sono temporaneamente sospesi dalle
funzioni di deputato alla data di nomina e per tutta la durata
dell'incarico di componenti del Governo e sostituiti temporaneamente,
per lo stesso periodo, nelle funzioni di componente dell'Assemblea
dal primo dei non eletti della medesima lista e circoscrizione
elettorali, cui spetta l'indennita' e la diaria a titolo di rimborso
spese a norma della l.r. n. 44/1965.
Analogo meccanismo e' previsto per i componenti dei consigli
comunali e provinciali chiamati a far parte della giunta.
Tali previsioni sono censurabili sotto il profilo costituzionale.
Infatti, per quanto si riferisce in particolare alla figura del
deputato regionale supplente, devesi osservare che la disposizione
qui censurata incide sulla composizione dell'Assemblea regionale,
cio' costituisce materia riservata allo Statuto, chiamato a
disciplinare l'Assemblea stessa (e non soltanto stabilendo il numero
dei suoi componenti) con norme che non possono essere integrate o
modificate con una ordinaria legge regionale.
La norma qui impugnata, prevedendo inedite modalita' di ingresso
in Assemblea di altri deputati, si pone in contrasto con gli articoli
3 e 9 dello Statuto speciale della Regione siciliana.
Cio' non significa che alla legge elettorale, materia in cui la
regione ha competenza esclusiva, sia precluso qualsiasi intervento in
materia: ma cio' potrebbe avvenire soltanto in attuazione di una
specifica previsione statutaria, che nella specie manca del tutto,
ne' la disciplina che si vuole dettare con la norma in contestazione
rientra in qualsiasi altra delle competenze legislative regionali.
L'art. 9, terzo comma dello Statuto si limita infatti a prevedere
la possibilita' di introdurre con legge regionale l'incompatibilita'
con la carica di deputato regionale, che nei fatti viene adesso
riconosciuta, seppure in forma impropria, introducendo l'istituto
della temporanea sostituzione o supplenza.
Si soggiunge che la norma censurata introduce il principio della
supplenza nelle cariche elettive, ben diverso da quello della
surroga, che non soltanto non e' assolutamente rinvenibile nello
Statuto Siciliano, nella Costituzione della Repubblica o tra i
principi generali dell'ordinamento, ma appare anzi lesiva del
principio di rappresentativita' che non ammette soluzione di
continuita'.
Quest'ultima considerazione rende la previsione normativa in
argomento illegittima anche per quanto riguarda la sua estensione ai
consigli comunali e provinciali.
In proposito si soggiunge che, come codesta ecc.ma Corte ha
ampliamente acclarato con costante giurisprudenza (sentenza 84/1994)
non compete al legislatore regionale introdurre un allargamento
dell'elettorato passivo per quanto attiene alla sostituzione
dell'incompatibilita' tra la carica di consigliere comunale e
provinciale e di assessore nelle rispettive giunte con l'istituto
della supplenza temporanea, con conseguente lesione del principio di
uguaglianza fra i cittadini nella possibilita' di accesso alle
cariche elettive.
Ne' a sostegno dell'introduzione di tale principio di supplenza
puo' invocarsi l'analogia con la disposizione dell'art. 3 legge
n. 30/1994, che ha introdotto il subentro del primo dei non eletti
nelle funzioni di parlamentare al deputato sospeso ai sensi della
legge n. 16/1990 e successive modifiche ed integrazioni. Com'e' noto
l'adozione di tale norma si e' resa necessaria per assicurare il
funzionamento dell'organo parlamentare nel caso di contestuali e/o
concomitanti provvedimenti giudiziari nei confronti di diversi
deputati, che in ipotesi avrebbero potuto riguardare la maggioranza o
un elevato numero degli stessi, provocando cosi' la paralisi
dell'attivita' legislativa o l'impossibilita' della costituzione
degli organi interni (ad esempio le commissioni permanenti).
Dalla novella legislativa, inoltre, potrebbe derivare un aggravio
delle spese, di cui non e' prevista la copertura, e la duplicazione
dell'erogazione dei trattamenti pensionistici, in favore del deputato
e del consigliere comunale e provinciale titolare e di quello
supplente, in contrasto con il costante orientamento della
giurisprudenza della suprema Corte di cassazione.
Per le suesposte argomentazioni le norme in questione si
ritengono lesive anche dell'art. 81, quarto comma della Costituzione.
Gli articoli 16, secondo e terzo comma e 35 danno, infine, adito
a censure di costituzionalita' per violazione degli art. 3 e 97 Cost.
La prima disposizione cennata, contenuta nei commi 2 e 3
dell'art. 16, introduce un sistema sanzionatorio a carico dei partiti
e dei movimenti politici che non abbiano osservato il principio
dell'alternanza uomini donne nella compilazione delle liste
provinciali per il rinnovo dell'Assemblea regionale non suscettibile
di applicazione concreta.
Viene, infatti, demandato al presidente della regione di
stabilire con proprio decreto le sanzioni pecuniarie, consistenti
nella decurtazione dai rimborsi per le spese elettorali previste
dalla l.r. n. 57 del 1999 a carico dei trasgressori. Orbene detti
rimborsi sono definiti ed erogati dal presidente della Camera dei
deputati sulla base di una procedura e di criteri di riparto
puntualmente stabilita dalla legislazione statale, in nessuna parte
suscettibile di interventi di competenza degli organi regionali.
E' di tutta evidenza che la disposizione oggetto di censura,
benche' persegua il nobile intento di assicurare attuazione al
principio di pari opportunita', nell'accesso alle cariche elettive,
pone in essere nei fatti un meccanismo privo di alcuna efficacia e
senza rilevanza giuridica nei confronti dei destinatari trasgressori
che, nonostante la violazione di legge regionale, continueranno a
percepire i rimborsi per le spese elettorali sostenute direttamente
erogati dalla Camera dei deputati.
Lo stesso parametro di costituzionalita' sostiene la censura
avverso art. 35: la norma di contorto ed oscuro tenore letterale
introduce una disciplina transitoria per l'assegnazione dei seggi,
contraddittoria rispetto a quella prevista a regime, basandosi
sull'erroneo presupposto che da quest'ultima sia stabilito il numero
massimo di 54 seggi attribuibili alle liste collegate al presidente
della regione eletto.
Da questo assunto ne conseguirebbe che anche nell'ipotesi che
tale limite fosse superato dalla assegnazione di 54 seggi o piu' su
base provinciale in ogni caso dovrebbero essere attribuiti alla
maggioranza «integralmente ed automaticamente» i seggi della lista
regionale del presidente.
Invero il ricorso alla lista regionale non puo' che essere
eventuale, al solo fine di consentire al presidente una stabile
maggioranza nell'organo legislativo. La norma appare snaturare la
funzione e la ratio stessa della lista regionale trasformandola in
ulteriore premio ad una maggioranza gia' esistente e consolidata dai
risultati conseguiti nelle liste provinciali.
P. Q. M.
E con riserva di presentazione di memorie illustrative nei
termini di legge, il sottoscritto Prefetto dott. Gianfranco
Romagnoli, Commissario dello Stato per la Regione siciliana, visto
l'art. 28 dello Statuto siciliano con il presente atto impugna i
sottoelencati articoli del disegno di legge n. 850 - 265 - 338 - 409
- 480 - 498 - 641 - 642 - 660 - 669 - 775 - 775 - 779 dal titolo
«Norme per l'elezione del presidente della Regione siciliana a
suffragio universale e diretto. Nuove norme per l'elezione
dell'Assemblea regionale siciliana. Disposizioni concernenti
l'elezione dei consigli comunali e provinciali», approvato
dall'Assemblea Regionale il 5 agosto 2004:
artt. 11 e 38 per violazione degli articoli 3 e 51 della
Costituzione;
art. 16 per violazione degli articoli 3 e 97 della
Costituzione;
art. 29 per violazione dell'art. 23 della Costituzione e
dell'art. 12 dello Statuto Speciale;
art. 35 per violazione degli art. 3 e 97 della Costituzione;
art. 36 per violazione degli articoli 3 e 9 dello Statuto
Speciale e 81, quarto comma della Costituzione;
art. 37 per violazione degli articoli 3, 51 e 81, quarto
comma della Costituzione.
Palermo, addi' 13 agosto 2004
Il commissario dello Stato per la Regione siciliana: Prefetto
Gianfranco Romagnoli
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 20 agosto 2004 (del Commissario dello Stato per la
Regione siciliana)
(GU n. 39 del 6-10-2004)
L'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 5 agosto 2004 ha
approvato il disegno di legge n. 850 - 265 - 338 - 409 - 480 - 498 -
641 - 642 - 660 - 669 - 775 - 775 - 779 dal titolo «Norme per
l'elezione del presidente della regione siciliana a suffragio
universale e diretto. Nuove norme per l'elezione dell'Assemblea
regionale siciliana. Disposizioni concernenti l'elezione dei consigli
comunali e provinciali» pervenuto a questo Commissariato dello Stato,
ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello Statuto Speciale, il 9
agosto 2004.
Il provvedimento legislativo teste' approvato contiene una nuova
disciplina del sistema elettorale regionale facendo ricorso alla
modifica e/o sostituzione degli articoli della l.r. 20 marzo 1951,
n. 29, dando al contempo attuazione al principio costituzionale di
pari opportunita' tra i due sessi ed introduce altresi' significative
innovazioni ai procedimenti elettorali per il rinnovo degli organi
delle istituzioni locali.
Nel corso del serrato dibattito parlamentare e' stato approvato
un maxi emendamento del quale talune parti, che peraltro hanno
suscitato contrapposizione all'interno delle parti politiche della
stessa maggioranza, danno adito a rilievi di ordine costituzionale.
L'art. 11, che di seguito si trascrive, introduce nuove cause di
ineleggibilita' ed incompatibilita' alla carica di deputato regionale
che si ritengono lesive degli artt. 3 e 51 della Costituzione:
«1. - All'art. 8, comma 1, della legge regionale 20 marzo
1951, n. 29 e successive modifiche ed integrazioni, sostituire il
numero 4) con il seguente:
"4) Gli assessori dei comuni con popolazione superiore a
40.000 abitanti nonche' i presidenti e gli assessori delle province
regionali sono ineleggibili a deputati regionali, salvo che abbiano
effettivamente cessato dalle loro funzioni, per dimissioni o altra
causa, almeno 180 giorni prima del compimento del quinquennio
decorrente dalla data della celebrazione della precedente elezione
regionale. Sono altresi' ineleggibili a deputati regionali, salvo che
abbiano effettivamente cessato dalle loro funzioni, per dimissioni o
altra causa, almeno 180 giorni prima del compimento del quinquennio
dalla data della precedente elezione regionale, i sindaci dei comuni
con popolazione superiore a 5.000 abitanti. La carica di sindaco di
comune con popolazione superiore a 5.000 abitanti e' incompatibile
con quella di deputato regionale."».
In particolare la norma prevede quali nuove cause di
ineleggibilita' alla carica di deputato l'essere assessore comunale
in comuni con piu' di 40.000 abitanti oppure presidente e assessore
delle province regionali, nonche' sindaco di comuni con piu' di 5.000
abitanti.
Di contro introduce, questa volta come causa di incompatibilita'
per il deputato regionale l'essere sindaco in un comune con piu' di
5.000 abitanti.
Tali cause di limitazione dell'elettorato passivo non trovano
riscontro nell'ordinamento giuridico nazionale che prevede
l'incompatibilita' fra le cariche di consigliere regionale e quelle
di sindaco e presidente delle province e assessori e consiglieri
comunali e provinciali.
La norma approvata non appare peraltro sorretta da adeguata
giustificazione cosi' come richiesto da codesta ecc.ma Corte con
consolidata giurisprudenza (Ex plurimis sentenze n. 27/1987 e
539/1990).
Il ricorso a nuove ipotesi di limitazione dell'elettorato passivo
e' infatti ammissibile esclusivamente allorquando l'ineleggibilita'
e' disposta al fine di impedire la formazione di clientele elettorali
attraverso l'uso strumentale di cariche che si prestino di per se' a
divenire centri di potere e quindi di raccolta di voti.
Orbene non si ritiene che nella Regione Siciliana la quasi
totalita' delle istituzioni locali possa configurarsi quale centro di
potere tale da giustificare l'adozione di misure cosi' drastiche che
comprimono il diritto costituzionalmente garantito a porsi candidato
alla carica di deputato regionale, con palese disparita' di
trattamento per gli amministratori locali siciliani rispetto a quelli
che svolgono analoghe funzioni nell'intero territorio nazionale che
in alcune sue regioni non potrebbe ritenersi del tutto esente, in
ipotesi, da rischi simili di condizionamento e di captatio
benevolentiae.
L'assenza di idonee ragioni giustificative della cennata
compressione dell'elettorato passivo risulta vieppiu' confermata
dalla disposizione dell'art. 38 che si riporta:
«1. - In sede di prima applicazione, le cause di
ineleggibilita' ed incompatibilita' di cui al numero 4) dell'articolo
8 della legge regionale 20 marzo 1951, n. 29 e successive modifiche
ed integrazioni, non si applicano ai deputati regionali che, al
momento dell'entrata in vigore della presente legge, rivestano pure
la carica di sindaco o assessore comunale o provinciale. Tali
soggetti possono continuare a ricoprire entrambe le cariche fino alla
conclusione del mandato presso il comune ed in caso di rielezione a
sindaco possono ricandidarsi per una sola volta alla carica di
deputato regionale, senza incorrere nelle predette cause di
ineleggibilita' e di incompatibilita' ne' in quelle previste
dall'art. 5 della legge regionale 26 agosto 1992, n. 7 e successive
modificazioni», anch'esso ritenuto lesivo degli artt. 3, 51 e 97
della Costituzione.
Infatti, a fronte di un rigoroso sistema di ineleggibilita',
volto presumibilmente ad evitare la compromissione della liberta' di
voto dell'elettore siciliano, viene introdotta una condizione di
privilegio per gli attuali deputati regionali per i quali non solo
non si applica la nuova causa di incompatibilita' con la carica di
amministratore locale ma, addirittura, e' prevista la possibilita'
per una sola volta di ricandidarsi a deputato nonostante ricoprano
gia' la carica di sindaco.
E' di tutta evidenza l'illogicita' della disposizione, volta a
precostituire e tutelare una situazione di fatto, con inevitabile
conseguente violazione del principio di uguaglianza rispetto agli
altri amministratori locali che vedono limitata la possibilita' di
accedere alla carica di deputato regionale.
Il secondo comma dell'art. 29 che si trascrive:
«1. - Per la formazione delle liste dei consigli comunali e
provinciali si applicano i criteri di cui alla lettera b) del comma 1
dell'articolo 14 della legge regionale 20 marzo 1951, n. 29, e
successive modifiche ed integrazioni.
2. - L'inosservanza delle disposizioni di cui alla lettera b)
del comma 1 nella formazione delle liste per i consigli provinciali e
comunali determina a carico del rappresentante legale del movimento o
del partito politico che non abbia rispettato la proporzione ivi
prevista, l'applicazione di una sanzione amministrativa, secondo le
modalita' e le procedure che sono stabilite dall'assessore regionale
per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali con
proprio decreto, da emanarsi entro trenta giorni dall'entrata in
vigore della presente legge». Da' anch'esso adito a censura di
costituzionalita' per violazione dell'articolo 23 della Costituzione
nonche' dell'art. 12 dello statuto speciale.
Detta previsione, nel conferire all'assessore regionale per la
famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali la piu' ampia
discrezionalita' nella identificazione e determinazione delle
sanzioni amministrative per la violazione dell'obbligo
«dell'alternanza» tra uomini e donne nella compilazione delle liste
di candidati nelle elezioni per il rinnovo degli organi comunali e
provinciali, non tiene conto della riserva di legge prevista dalla
Costituzione all'art. 23 nella individuazione del contenuto della
prestazione patrimoniale.
Codesta ecc.ma Corte, con copiosa giurisprudenza, ritiene
necessario per il rispetto del summenzionato precetto costituzionale
che la legge indichi necessariamente e in modo sufficiente i criteri
direttivi di base o le linee generali da servire per delimitare la
discrezionalita' nella produzione di fonti secondarie (ex plurimis
sentenza n. 129/1969).
In altre parole, la legge non puo' lasciare all'arbitrio
dell'organo impositore la determinazione della prestazione ma deve
limitarne la discrezionalita' nell'esercizio del potere
attribuitogli.
La norma e', altresi', in violazione dell'art. 12 dello Statuto,
in quanto prevede che con decreto assessoriale vengano stabilite
modalita' e procedure per l'irrogazione delle sanzioni, anziche'
riservare tali contenuti precettivi alla potesta' regolamentare di
competenza del Governo regionale.
Suscitano del pari rilievi di natura costituzionale gli artt. 36
e 37 laddove introducono l'istituto della supplenza temporanea nelle
cariche elettive di deputato regionale e di consigliere comunale e
provinciale.
Il legislatore prevede infatti che i deputati che assumono la
carica di assessore regionale sono temporaneamente sospesi dalle
funzioni di deputato alla data di nomina e per tutta la durata
dell'incarico di componenti del Governo e sostituiti temporaneamente,
per lo stesso periodo, nelle funzioni di componente dell'Assemblea
dal primo dei non eletti della medesima lista e circoscrizione
elettorali, cui spetta l'indennita' e la diaria a titolo di rimborso
spese a norma della l.r. n. 44/1965.
Analogo meccanismo e' previsto per i componenti dei consigli
comunali e provinciali chiamati a far parte della giunta.
Tali previsioni sono censurabili sotto il profilo costituzionale.
Infatti, per quanto si riferisce in particolare alla figura del
deputato regionale supplente, devesi osservare che la disposizione
qui censurata incide sulla composizione dell'Assemblea regionale,
cio' costituisce materia riservata allo Statuto, chiamato a
disciplinare l'Assemblea stessa (e non soltanto stabilendo il numero
dei suoi componenti) con norme che non possono essere integrate o
modificate con una ordinaria legge regionale.
La norma qui impugnata, prevedendo inedite modalita' di ingresso
in Assemblea di altri deputati, si pone in contrasto con gli articoli
3 e 9 dello Statuto speciale della Regione siciliana.
Cio' non significa che alla legge elettorale, materia in cui la
regione ha competenza esclusiva, sia precluso qualsiasi intervento in
materia: ma cio' potrebbe avvenire soltanto in attuazione di una
specifica previsione statutaria, che nella specie manca del tutto,
ne' la disciplina che si vuole dettare con la norma in contestazione
rientra in qualsiasi altra delle competenze legislative regionali.
L'art. 9, terzo comma dello Statuto si limita infatti a prevedere
la possibilita' di introdurre con legge regionale l'incompatibilita'
con la carica di deputato regionale, che nei fatti viene adesso
riconosciuta, seppure in forma impropria, introducendo l'istituto
della temporanea sostituzione o supplenza.
Si soggiunge che la norma censurata introduce il principio della
supplenza nelle cariche elettive, ben diverso da quello della
surroga, che non soltanto non e' assolutamente rinvenibile nello
Statuto Siciliano, nella Costituzione della Repubblica o tra i
principi generali dell'ordinamento, ma appare anzi lesiva del
principio di rappresentativita' che non ammette soluzione di
continuita'.
Quest'ultima considerazione rende la previsione normativa in
argomento illegittima anche per quanto riguarda la sua estensione ai
consigli comunali e provinciali.
In proposito si soggiunge che, come codesta ecc.ma Corte ha
ampliamente acclarato con costante giurisprudenza (sentenza 84/1994)
non compete al legislatore regionale introdurre un allargamento
dell'elettorato passivo per quanto attiene alla sostituzione
dell'incompatibilita' tra la carica di consigliere comunale e
provinciale e di assessore nelle rispettive giunte con l'istituto
della supplenza temporanea, con conseguente lesione del principio di
uguaglianza fra i cittadini nella possibilita' di accesso alle
cariche elettive.
Ne' a sostegno dell'introduzione di tale principio di supplenza
puo' invocarsi l'analogia con la disposizione dell'art. 3 legge
n. 30/1994, che ha introdotto il subentro del primo dei non eletti
nelle funzioni di parlamentare al deputato sospeso ai sensi della
legge n. 16/1990 e successive modifiche ed integrazioni. Com'e' noto
l'adozione di tale norma si e' resa necessaria per assicurare il
funzionamento dell'organo parlamentare nel caso di contestuali e/o
concomitanti provvedimenti giudiziari nei confronti di diversi
deputati, che in ipotesi avrebbero potuto riguardare la maggioranza o
un elevato numero degli stessi, provocando cosi' la paralisi
dell'attivita' legislativa o l'impossibilita' della costituzione
degli organi interni (ad esempio le commissioni permanenti).
Dalla novella legislativa, inoltre, potrebbe derivare un aggravio
delle spese, di cui non e' prevista la copertura, e la duplicazione
dell'erogazione dei trattamenti pensionistici, in favore del deputato
e del consigliere comunale e provinciale titolare e di quello
supplente, in contrasto con il costante orientamento della
giurisprudenza della suprema Corte di cassazione.
Per le suesposte argomentazioni le norme in questione si
ritengono lesive anche dell'art. 81, quarto comma della Costituzione.
Gli articoli 16, secondo e terzo comma e 35 danno, infine, adito
a censure di costituzionalita' per violazione degli art. 3 e 97 Cost.
La prima disposizione cennata, contenuta nei commi 2 e 3
dell'art. 16, introduce un sistema sanzionatorio a carico dei partiti
e dei movimenti politici che non abbiano osservato il principio
dell'alternanza uomini donne nella compilazione delle liste
provinciali per il rinnovo dell'Assemblea regionale non suscettibile
di applicazione concreta.
Viene, infatti, demandato al presidente della regione di
stabilire con proprio decreto le sanzioni pecuniarie, consistenti
nella decurtazione dai rimborsi per le spese elettorali previste
dalla l.r. n. 57 del 1999 a carico dei trasgressori. Orbene detti
rimborsi sono definiti ed erogati dal presidente della Camera dei
deputati sulla base di una procedura e di criteri di riparto
puntualmente stabilita dalla legislazione statale, in nessuna parte
suscettibile di interventi di competenza degli organi regionali.
E' di tutta evidenza che la disposizione oggetto di censura,
benche' persegua il nobile intento di assicurare attuazione al
principio di pari opportunita', nell'accesso alle cariche elettive,
pone in essere nei fatti un meccanismo privo di alcuna efficacia e
senza rilevanza giuridica nei confronti dei destinatari trasgressori
che, nonostante la violazione di legge regionale, continueranno a
percepire i rimborsi per le spese elettorali sostenute direttamente
erogati dalla Camera dei deputati.
Lo stesso parametro di costituzionalita' sostiene la censura
avverso art. 35: la norma di contorto ed oscuro tenore letterale
introduce una disciplina transitoria per l'assegnazione dei seggi,
contraddittoria rispetto a quella prevista a regime, basandosi
sull'erroneo presupposto che da quest'ultima sia stabilito il numero
massimo di 54 seggi attribuibili alle liste collegate al presidente
della regione eletto.
Da questo assunto ne conseguirebbe che anche nell'ipotesi che
tale limite fosse superato dalla assegnazione di 54 seggi o piu' su
base provinciale in ogni caso dovrebbero essere attribuiti alla
maggioranza «integralmente ed automaticamente» i seggi della lista
regionale del presidente.
Invero il ricorso alla lista regionale non puo' che essere
eventuale, al solo fine di consentire al presidente una stabile
maggioranza nell'organo legislativo. La norma appare snaturare la
funzione e la ratio stessa della lista regionale trasformandola in
ulteriore premio ad una maggioranza gia' esistente e consolidata dai
risultati conseguiti nelle liste provinciali.
P. Q. M.
E con riserva di presentazione di memorie illustrative nei
termini di legge, il sottoscritto Prefetto dott. Gianfranco
Romagnoli, Commissario dello Stato per la Regione siciliana, visto
l'art. 28 dello Statuto siciliano con il presente atto impugna i
sottoelencati articoli del disegno di legge n. 850 - 265 - 338 - 409
- 480 - 498 - 641 - 642 - 660 - 669 - 775 - 775 - 779 dal titolo
«Norme per l'elezione del presidente della Regione siciliana a
suffragio universale e diretto. Nuove norme per l'elezione
dell'Assemblea regionale siciliana. Disposizioni concernenti
l'elezione dei consigli comunali e provinciali», approvato
dall'Assemblea Regionale il 5 agosto 2004:
artt. 11 e 38 per violazione degli articoli 3 e 51 della
Costituzione;
art. 16 per violazione degli articoli 3 e 97 della
Costituzione;
art. 29 per violazione dell'art. 23 della Costituzione e
dell'art. 12 dello Statuto Speciale;
art. 35 per violazione degli art. 3 e 97 della Costituzione;
art. 36 per violazione degli articoli 3 e 9 dello Statuto
Speciale e 81, quarto comma della Costituzione;
art. 37 per violazione degli articoli 3, 51 e 81, quarto
comma della Costituzione.
Palermo, addi' 13 agosto 2004
Il commissario dello Stato per la Regione siciliana: Prefetto
Gianfranco Romagnoli