Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria l'11 dicembre 2018 (del Presidente del Consiglio dei ministri).

(GU n. 3 del 2019-01-16)

 

Ricorso ex art. 127 della Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, c.f. n. …, fax … e pec: …, presso i cui uffici ex lege domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

Nei confronti della Regione Marche, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 5 della legge regionale Marche n. 39 del 3 ottobre 2018, recante «Variazione generale al bilancio di previsione n. 2018/2020 ai sensi del comma l dell'art. 51 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 11 8 -(1° provvedimento)», pubblicata nel B.U.R. n. 83 del 4 ottobre 2018, giusta delibera del Consiglio dei ministri in data 28 novembre 2018.

Con la legge regionale n. 39 del 3 ottobre 2018 indicata in epigrafe, che consta di sei articoli, la Regione Marche ha emanato le disposizioni in tema di «variazione generale al bilancio di previsione 2018/2020».

L'art. 5, rubricato «Determinazione dei fondi per le risorse decentrate relative al salario accessorio del personale del comparto e della dirigenza della Giunta regionale», entrato in vigore dal 5 ottobre 2018, dispone che «1. In relazione agli obiettivi di armonizzazione del trattamento economico del personale delle Province trasferito alla Regione con decorrenza 1° aprile 2016 per effetto della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle citta' metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni) e dei commi 424 e 425 dell'art. 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge di stabilita' 2015), nonche' del personale delle Province impiegato presso i centri per l'impiego, trasferito alla Regione con decorrenza 1° gennaio 2018 per effetto dei commi 793 e 795 dell'art. 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), con quello del restante personale regionale, ai sensi dell'ultimo periodo del comma 800 dell'art. 1 della medesima legge n. 205/2017, il fondo per il trattamento accessorio del personale della Giunta regionale, afferente l'area del comparto alla data del 1° gennaio 2018, e' rideterminato nella sua componente stabile in € 14.250.944,90.

2. Per i medesimi motivi di cui al comma 1, il fondo per la retribuzione di posizione e di risultato del personale con qualifica dirigenziale della Giunta regionale, alla data del 1° gennaio 2018, e' rideterminato nella sua componente permanente in € 3.215.821,98.»

3. E' fatta salva l'applicazione degli ulteriori adeguamenti degli stessi fondi previsti dai rispettivi CCNL per il periodo 2016/2018.

4. La copertura finanziaria per l'integrazione dei fondi di cui ai commi 1 e 2 e' garantita: a) dalle risorse statali derivanti dai commi 794 e 797 dell'art. 1 della legge n. 205/2017, nella misura della quota assegnata alla Regione Marche, iscritte a carico della Missione 15, Programma 01; b) dalle risorse regionali per il riequilibrio del trattamento accessorio del personale trasferito dalle Province con decorrenza 1° aprile 2016, ai sensi della legge n. 56/2014 e successiva legge regionale n. 13/2015, iscritte a carico della Missione 01, Programma 10.»

E' avviso del Governo che, con la norma denunciata in epigrafe, la Regione Marche abbia ecceduto dalla propria competenza in violazione della normativa costituzionale, come si confida di dimostrare in appresso con l'illustrazione dei seguenti

Motivi

L'art. 5 della legge Regione Marche 3 ottobre 2018, n. 39, viola l'art. 117, comma 2, lett. l), della Costituzione in materia di ordinamento civile e l'art. 3 della Costituzione.

1. Come illustrato supra (pag. 2), l'art. 5 citato detta alcune disposizioni volte all'armonizzazione del fondo per il trattamento economico accessorio del personale della Giunta regionale afferente all'area del comparto e il trattamento economico di posizione e di risultato del personale dirigenziale sempre della Giunta regionale.

L'intervento viene adottato in attuazione di quanto disposto dell'art. 1, comma 800, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.

L'art. 1, comma 800, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, contenente il «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020», prevede che «Al fine di consentire la progressiva armonizzazione del trattamento economico del personale delle citta' metropolitane e delle province transitato in altre amministrazioni pubbliche ai sensi dell'art. 1, comma 92, della legge 7 aprile 2014, n. 56, e dell'art. 1, commi 424 e 425, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, con quello del personale delle amministrazioni di destinazione, a decorrere dal 1° gennaio 2018 i fondi destinati al trattamento economico accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, degli enti presso cui il predetto personale e' transitato in misura superiore al numero del personale cessato possono essere incrementati, con riferimento al medesimo personale, in misura non superiore alla differenza tra il valore medio individuale del trattamento economico accessorio del personale dell'amministrazione di destinazione, calcolato con riferimento all'anno 2016, e quello corrisposto, in applicazione del citato art. 1, comma 96, lett. a), della legge n. 56 del 2014, al personale trasferito, a condizione che siano rispettati i parametri di cui all'art. 23, comma 4, lett. a) e b), del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75».

In proposito si ricorda che i parametri di cui alla sezione sopra evidenziata devono essere definiti in un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, come espressamente previsto, appunto, dall'art. 23, comma 4, del decreto legislativo n. 75/17 citato; e sono riferiti alle seguenti poste:

a) fermo restando quanto disposto dall'art. 1, comma 557-quater, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, contenente le «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», il rapporto tra le spese di personale e le entrate correnti considerate al netto di quelle a destinazione vincolata, come precisato dall'art. 23, comma 4, lett. a), in tema di «salario accessorio e sperimentazione», in vigore dal 1° gennaio 2018, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75 citato, che contiene le «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli art. 16, commi 1, lett. a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche»;

b) il rispetto degli obiettivi del pareggio di bilancio di cui all'art. 9, «Equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali», della legge 24 dicembre 2012, n. 243, contenente le «Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell'art. 81, sesto comma, della Costituzione».

In merito, si sottolinea che l'adozione del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri - e la puntuale declinazione dei parametri che il legislatore definisce in termini generali - rappresenta la condizione indispensabile per l'applicazione della norma.

In particolare, in assenza del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri predetto, la lett. a) dell'art. 23, comma 4, del decreto legislativo n. 75/17 citato risulta priva di contenuti, non essendo definita la percentuale indicativa di una situazione di virtuosita' finanziaria.

Ne deriva che, in mancanza dell'adozione del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il comma 800 dell'art. 1 della legge n. 205/17 citata non puo' legittimamente essere richiamato ex se dalle Regioni come presupposto per la loro legislazione in materia.

2. Occorre, altresi', ricordare che, ai sensi del citato art. 1, comma 800, della legge n. 205/17, le Amministrazioni possono incrementare i fondi, anche del personale dirigenziale, oltre il tetto stabilito dall'art. 23, comma 2, del citato decreto legislativo n. 75/2017, limitatamente alla differenza fra il numero delle unita' di ex provinciali trasferito e il numero di unita' del proprio personale cessato dal servizio.

La quantificazione del predetto incremento va calcolata sulla base del differenziale, riferito all'anno 2016, tra il valore medio pro-capite del trattamento accessorio di destinazione ed il valore medio pro-capite del trattamento accessorio di provenienza.

Le norme in esame si limitano a una nuova quantificazione del fondo in valore assoluto, senza che sia consentito verificare le modalita' di calcolo e il rispetto dei presupposti della disposizione.

In assenza delle condizioni sopra descritte, la norma regionale, nel porsi in contrasto con l'art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017 citato, che rappresenta una cornice di regolazione in materia di contrattazione integrativa che tutte le pubbliche Amministrazioni devono rispettare, confligge con l'art. 117, comma 2, lett. l), della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile.

Inoltre, l'art. 5 si pone in contrasto con l'art. 23, comma 4, del decreto legislativo n. 75/2017 citato e, conseguentemente, viola l'art. 117, comma 2, lett. l), della Costituzione, laddove pone come condizione alla possibilita' di incrementare i fondi per la contrattazione integrativa destinata al personale in servizio presso le Regioni a statuto ordinario e le citta' Metropolitane, il rispetto di determinati requisiti che dovranno, invece, essere indicati con il gia' richiamato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, come espressamente previsto, appunto, dall'art. 23, comma 4, del decreto legislativo n. 75/17 citato.

Nelle more dell'adozione del predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non risulta, dunque, possibile individuare nel citato art. 1, comma 800, della legge n. 205/17 il presupposto dell'intervento legislativo attuato con l'art. 5 della legge regionale n. 39/18 citata.

La disposizione di cui all'art. 5 della legge Regione Marche n. 39/18 citato prevede, inoltre, un generico incremento del fondo non attenendosi, in tal modo, ai limiti espressamente indicati dal citato art. 1, comma 800, della legge n. 205/17.

Ne deriva, altresi', che l'art. 5 della legge regionale n. 39/18 citato si pone in evidente contrasto con il principio di eguaglianza fra i cittadini sancito dall'art. 3 della Costituzione, istituendo un trattamento differenziato tra situazioni uguali, poiche' al personale delle altre pubbliche Amministrazioni, che si trova nella stessa situazione lavorativa, si troverebbe di fronte a una diversa qualificazione degli emolumenti.

Alla luce delle precedenti considerazioni deve ritenersi, pertanto, che la disposizione regionale indicata in epigrafe, risulta adottata in violazione dell'art. 117, comma 2, lett. l), della Costituzione che riserva allo Stato la materia dell'ordinamento civile e dell'art. 3 della Costituzione e in contrasto con la richiamata normativa interposta di cui alla legge n. 205/17 e al decreto legislativo n. 75/17.

Secondo l'orientamento costante della giurisprudenza costituzionale, infatti, la disciplina del rapporto di lavoro e' retta dalle disposizioni del codice civile e dalla contrattazione collettiva e anche la posizione dei dipendenti regionali e' attratta dalla citata disciplina del trattamento economico e giuridico dei dipendenti pubblici, ai sensi dell'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001; per cui anche per il personale delle Regioni il rapporto di impiego e' regolato dalla legge dello Stato (sentenza n. 160/2017, punto 3.1. del Considerato in diritto; sentenza n. 175/2017, punto 3.1. del Considerato in diritto).

La disposizione della Regione Marche di cui all'art. 5 citato, «concerne, comunque, un aspetto della retribuzione; e, per tale assorbente profilo, incide dunque sulla materia «ordinamento civile», riservata alla competenza esclusiva dello Stato», (sentenza n. 160/2017 citata, punto 3.2. del Considerato in diritto;).

P. Q. M.

Si conclude perche' l'art. 5 della legge regionale Marche n. 39 del 3 ottobre 2018, recante «Variazione generale al bilancio di previsione 2018/2020 ai sensi del comma 1 dell'art. 51 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 11 8 -(1° provvedimento)», indicato in epigrafe, sia dichiarato costituzionalmente illegittimo.

Si produce l'attestazione della deliberazione del Consiglio dei ministri del 28 novembre 2018.

 

Roma, 3 dicembre 2018

Il Vice Avvocato generale dello Stato: Palmieri

 

 

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