Ricorso n. 85 del 17 settembre 2015 (Regione Veneto)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 17 settembre 2015 (della Regione Veneto).
(GU n. 44 del 2015-11-04)
Proposto dalla regione Veneto (codice fiscale n. … -
partita IVA n. …), in persona del Presidente della giunta
regionale dott. Luca Zaia (codice fiscale …),
autorizzato con delibera della giunta regionale n. 1157 dell'8
settembre 2015 (allegato 1), rappresentato e difeso, per mandato a
margine del presente atto, tanto unitamente quanto disgiuntamente,
dagli avvocati Ezio Zanon (codice fiscale …)
coordinatore dell'Avvocatura regionale e Luigi Manzi (codice fiscale
…) del Foro di Roma, con domicilio eletto presso lo
studio di quest'ultimo in Roma, via Confalonieri n. 5 (per eventuali
comunicazioni: fax …, posta elettronica certificata
…), contro il Presidente del
Consiglio dei ministri pro-tempore, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato
ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12, per la dichiarazione di
illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 44, 47, lettera f),
66, 180 e 181, della legge 13 luglio 2015, n. 107, recante «Riforma
del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il
riordino delle disposizioni legislative vigenti» (in Gazzetta
Ufficiale 15 luglio 2015, n. 162).
Motivi
1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 44, della
legge 13 luglio 2015, n. 107, recante «Riforma del sistema nazionale
di istruzione e formazione e delega per il riordino delle
disposizioni legislative vigenti» per violazione degli articoli 97,
117, commi 2, 3 e 4, 118 e 120 della Costituzione della Repubblica
italiana.
L'art. 1, comma 44, della legge 13 luglio 2015, n. 107, recante
«Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega
per il riordino delle disposizioni legislative vigenti», statuisce
che, «nell'ambito del sistema nazionale di istruzione e formazione e
nel rispetto delle competenze delle regioni, al potenziamento e alla
valorizzazione delle conoscenze e delle competenze degli studenti del
secondo ciclo nonche' alla trasparenza e alla qualita' dei relativi
servizi possono concorrere anche le istituzioni formative accreditate
dalle regioni per la realizzazione di percorsi di istruzione e
formazione professionale, finalizzati all'assolvimento del
diritto-dovere all'istruzione e alla formazione. L'offerta formativa
dei percorsi di cui al presente comma e' definita, entro centottanta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, dal
Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, di
concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa
intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi
dell'art. 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Al fine
di garantire agli allievi iscritti ai percorsi di cui al presente
comma pari opportunita' rispetto agli studenti delle scuole statali
di istruzione secondaria di secondo grado, si tiene conto, nel
rispetto delle competenze delle regioni, delle disposizioni di cui
alla presente legge. All'attuazione del presente comma si provvede
nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione
vigente e della dotazione organica dell'autonomia e, comunque, senza
nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.».
Onde giudicare della legittimita' costituzionale di tale
disposizione occorre in via prodromica ricostruire il complesso
quadro delle competenze legislative disegnato dalla Carta
costituzionale in ordine alle materie istruzione e formazione
professionale.
L'art. 117, comma 2, lettera n), della Costituzione attribuisce
alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la peculiare
materia «norme generali sull'istruzione». Il successivo comma 3,
inserisce, invece, tra le materie di competenza concorrente,
«l'istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con
esclusione della istruzione e della formazione professionale».
Ne emerge un complesso e sovrapposto quadro di competenze, che
esige, al fine di delimitare reciprocamente le attribuzioni statali e
regionali e definire la rispettiva interferenza, di sciogliere le
difficolta' esegetiche connesse alla determinazione del significato e
della portata dell'espressione «norme generali sull'istruzione» di
cui all'art. 117, comma 2, lettera n), Cost., e del
rapporto-differenziazione di queste rispetto ai principi fondamentali
dell'istruzione di cui all'art. 117, comma 3, Cost.
A tal riguardo la Corte costituzionale ha avuto modo di affermare
che: «le norme generali in materia di istruzione sono quelle
sorrette, in relazione al loro contenuto, da esigenze unitarie e,
quindi, applicabili indistintamente al di la' dell'ambito
propriamente regionale. Le norme generali cosi' intese si
differenziano, nell'ambito della stessa materia, dai principi
fondamentali i quali, pur sorretti da esigenze unitarie, non
esauriscono in se stessi la loro operativita', ma informano,
diversamente dalle prime, altre norme, piu' o meno numerose»
(sentenza n. 279/2005).
Pare, dunque, che il discrimine tra norme generali e principi
fondamentali vada rinvenuto nella «dimensione» teleologica e
precettiva delle disposizioni. Ossia, ove sottese alle norme vi siano
«esigenze unitarie» che prescindano e travalichino le peculiarita'
territoriali, si avra' una «norma generale», mentre, laddove la
disposizione esigera' un'attuazione «territoriale», ci si trovera'
innanzi a meri principi fondamentali.
Tale criterio e' stato ulteriormente specificato e chiarito nella
fondamentale decisione n. 200 del 2009 della Corte costituzionale,
che costituisce uno snodo esegetico imprescindibile nel fissare una
precisa linea di demarcazione tra le competenze legislative statali e
regionali in materia di istruzione e formazione.
In essa i giudici di codesta ecc.ma Corte hanno ritenuto essere
«norme generali sull'istruzione (...) quelle disposizioni statali che
definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione
e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario
ed uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante
una offerta formativa omogenea, la sostanziale parita' di trattamento
tra gli utenti che fruiscono del servizio dell'istruzione (interesse
primario di rilievo costituzionale), nonche' la liberta' di istituire
scuole e la parita' tra le scuole statali e non statali in possesso
dei requisiti richiesti dalla legge». Si specifica, poi, che tali
«norme generali», devono essere suscettibili di «disciplinare un dato
settore ordinamentale con piena idoneita' normativa dal punto di
vista verticale (dall'alto verso il basso, o meglio dal soggetto
regolatore ai soggetti regolati)» e devono essere «funzionali, anche
nei loro profili di rilevanza organizzativa, ad assicurare, mediante
la previsione di una offerta formativa sostanzialmente uniforme
sull'intero territorio nazionale, l'identita' culturale del Paese,
nel rispetto della liberta' di insegnamento di cui all'art. 33, primo
comma, Cost.».
Cio' che, dunque, caratterizza le norme generali sull'istruzione
e' la loro «infrazionabilita'» e autosufficienza precettiva, che ne
espande necessariamente la portata sull'intero territorio nazionale,
sia sotto un profilo regolamentare che organizzatorio. Il che
giustifica, se non impone, il riconoscimento di una competenza
legislativa esclusiva in capo allo Stato.
I principi fondamentali dell'«istruzione», invece, a differenza
delle norme generali, portano con se' l'idea del limite
dell'esercizio della potesta' statale e, secondo codesta ecc.ma
Corte, conglobano in se' «quelle norme che, nel fissare criteri,
obiettivi, direttive o discipline, pur tese ad assicurare la
esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in
ordine alle modalita' di fruizione del servizio dell'istruzione, da
un lato, non sono riconducibili a quella struttura essenziale del
sistema d'istruzione che caratterizza le norme generali
sull'istruzione, dall'altro, necessitano, per la loro attuazione (e
non gia' per la loro semplice esecuzione) dell'intervento del
legislatore regionale il quale deve conformare la sua azione
all'osservanza dei principi fondamentali stessi» (sentenza n.
200/2009).
Peraltro, ad avviso di codesto ecc.mo Giudice, «lo svolgimento
attuativo dei predetti principi e' necessario quando si tratta di
disciplinare situazioni legate a valutazioni coinvolgenti le
specifiche realta' territoriali delle regioni, anche sotto il profilo
socio-economico». Ossia «la funzione dei principi fondamentali e'
quella di costituire un punto di riferimento in grado di orientare
l'esercizio del potere legislativo regionale (...) Cio' implica,
nella concreta attuazione, che i principi fondamentali della materia,
operando sostanzialmente da raccordo tra le «norme generali» e quelle
di competenza regionale in tema di istruzione, passano attraverso il
termine medio della legislazione delle regioni, adottata nell'ambito
di scelte riservate all'autonomia del legislatore regionale». «In
questa prospettiva, dunque, la legislazione di principio svolge una
funzione di coordinamento e collegamento tra il sistema scolastico
nazionale, nella sua essenza strutturale, e gli ambiti di disciplina,
connessi alle specificita' territoriali, demandati alla competenza
delle regioni» (sentenza n. 200/2009).
In tale quadro prospettico, l'elemento definitorio che conforma e
demarca lo spazio d'intervento riservato al legislatore regionale e'
allora il criterio della «specificita' territoriale», il quale
«affiora principalmente nel settore della programmazione scolastica
regionale e in quello inerente al dimensionamento sul territorio
della rete scolastica» (sentenza n. 200/2009), ove non e' legittima,
dunque, alcuna indebita compressione della potesta' regionale.
Tale ricostruzione esegetica necessita pero' di un'ulteriore
specificazione. Infatti, l'art. 117, comma 3, Cost., nel
ricomprendere la materia «istruzione» tra quelle di competenza
concorrente tra Stato e regioni, prevede espressamente due eccezioni,
la prima, con riguardo alla «autonomia delle istituzioni scolastiche»
e la seconda con riferimento alla «istruzione e formazione
professionale».
Ora, l'autonomia delle istituzioni scolastiche e' ritenuta essere
una «non materia», ovvero un mero ambito di azione amministrativa,
organizzatoria e didattica, che deve essere lasciato al libero
esercizio delle istituzioni, fermo restando che tale autonomia «non
puo' in ogni caso risolversi nella incondizionata liberta' di
autodeterminazione, ma esige soltanto che a tali istituzioni siano
lasciati adeguati spazi che le leggi statali e quelle regionali,
nell'esercizio della potesta' legislativa concorrente, non possono
pregiudicare» (sentenza n. 37/2005).
Invece, la «istruzione e formazione professionale» e' da
considerare una materia a pieno titolo, da far rientrare, per effetto
e nei limiti del silenzio dei commi 2 e 3 dell'art. 117 Cost., nella
competenza esclusiva delle regioni (decisioni n. 253/2006 e n.
287/2012).
A tal riguardo, pero', occorre rilevare che l'espressione in
parola non e' considerata nella giurisprudenza costituzionale
un'endiadi, che circoscriva un unitario ambito di competenza
legislativa. Occorre, cioe', distinguere gli aspetti relativi
all'istruzione, i quali soggiaceranno ai «limiti delle norme generali
sull'istruzione», dando vita cosi' a quella che e' definita una
competenza residuale regionale, da quelli afferenti la sola
formazione professionale. La quale deve ritenersi sussumibile in toto
nella competenza legislativa esclusiva delle regioni, soggiacendo
percio' ai soli limiti «esterni» derivanti dall'eventuale
interferenza con altre materie di competenza statale.
Si puo' cosi' rilevare come il comma 44 dell'art. 1 della legge
in questa sede impugnata, nell'affidare al Ministero dell'istruzione
il compito di definire l'offerta formativa dei percorsi di istruzione
e formazione professionale, viola il combinato disposto dei commi 3 e
4 dell'art. 117 Cost., nella parte in cui viene attribuita alla
competenza esclusiva delle regioni la materia «istruzione e
formazione professionale».
E non e' sufficiente a sanare tale illegittima compressione della
competenza legislativa regionale da parte dello Stato la mera
previsione di una concertazione, sotto forma di intesa, con la
Conferenza Stato-regioni. Cio' in quanto il raccordo in sede di
conferenze intergovernative, quale strumento di leale collaborazione,
puo' servire a raccordare i vari livelli territoriali di governo
della Repubblica, in caso di concorrenza di materie, rispetto alle
quali non sia possibile stabilire una prevalenza dell'una sull'altra,
ovvero puo' servire a giustificare una «attrazione» di competenze a
favore dello Stato, ove sia necessario soddisfare esigenze unitarie,
altrimenti esposte a pregiudizio. Ma non puo' in nessun caso
costituire un grimaldello per scardinare il riparto di competenze,
sovvertendo l'ordine delle stesse, come pare avvenuto nel caso di
specie, in cui si elide o, meglio, si espropria la competenza
regionale in materia di formazione professionale senza che sussista e
senza che sia menzionata alcuna ragione a giustificazione di cio'. Si
determina, per effetto di cio', anche una lesione dell'art. 120 Cost.
per effetto dell'utilizzo discorsivo delle forme in cui
ordinariamente si attua il principio di leale collaborazione.
D'altronde, il ripetuto utilizzo nel testo della legge statale
impugnata della formula di stile «nel rispetto delle competenze delle
regioni» lascia intendere che lo stesso legislatore statale abbia
avuto presente il problema dell'interferenza e forse anche della
«invasione» dell'ambito di competenza regionale per effetto della
disposizione in parola, senza peraltro che, a parte una generica
formula di salvaguardia, abbia inteso giustificare la stessa in alcun
modo, se non facendo un vago richiamo al «sistema nazionale di
istruzione e formazione» e alle esigenze di «potenziare e valorizzare
le conoscenze e le competenze degli studenti del secondo ciclo
nonche' la trasparenza e la qualita' dei relativi servizi». Esigenze
le quali non costituiscono un valido fondamento per la violazione
della competenza regionale e per la attribuzione a un organo statale
della competenza a definire l'offerta formativa dei percorsi di
istruzione e formazione professionale, non facendo transitare esse la
norma in parola nell'ambito delle norme generali sull'istruzione, che
ricomprendono unicamente le disposizioni dirette a definire la
struttura portante del sistema nazionale di istruzione, ove sia
necessaria una applicazione unitaria e uniforme sull'intero
territorio nazionale, secondo l'insegnamento della Corte
costituzionale.
Infatti, per effetto del combinato disposto dei commi 2, 3 e 4
dell'art. 117 Cost., si deve ritenere che la competenza in materia di
«istruzione e formazione professionale» appartenga alle regioni, con
la conseguenza che il riconoscere al Ministero dell'istruzione il
compito di definire la relativa offerta formativa determina una
illegittima lesione delle competenze legislative riconosciute dalla
Carta costituzionale alle regioni. Le quali vedono cosi'
marginalizzato se non eliso il loro ruolo decisorio, potendo
unicamente esprimere le loro valutazioni in sede di Conferenza
Stato-regioni sotto forma di intesa. Peraltro surrogabile secondo il
meccanismo di cui all'art. 3 del decreto legislativo n. 281/1997,
espressamente richiamato dal comma 44 dell'art. 1 della legge 13
luglio 2015, n. 107.
In questo modo, la disposizione qui impugnata determina anche una
lesione degli articoli 97 e 118 della Costituzione, in quanto viola
l'autonomia amministrativa riconosciuta alle regioni dalla Carta
costituzionale, senza che ricorrano ne' siano menzionate le ragioni
giustificative di una attrazione in sussidiarieta', oltreche' il
canone di buon andamento dell'agire pubblico.
Il demandare, infatti, la puntuale definizione dell'offerta
formativa alle strutture ministeriali determina la materiale
impossibilita' di tener conto delle peculiarita' e delle variegate
realta' territoriali disseminate sul territorio nazionale, sotto un
profilo socio-geografico-economico, con conseguente pregiudizio
dell'efficienza e del buon andamento dell'agire pubblico, cui viene
reso difficile soddisfare l'interesse pubblico sotteso ad un sistema
di formazione che garantisca, a fini di efficienza, il necessario
riconoscimento delle peculiarita' locali.
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 47, della
legge 13 luglio 2015, n. 107, recante «Riforma del sistema nazionale
di istruzione e formazione e delega per il riordino delle
disposizioni legislative vigenti» per violazione degli articoli 97,
117, commi 2, 3 e 4, 118 e 120 della Costituzione della Repubblica
italiana.
L'art. 1, comma 47, della legge 13 luglio 2015, n. 107, recante
«Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega
per il riordino delle disposizioni legislative vigenti» statuisce
che: «per favorire le misure di semplificazione e di promozione degli
istituti tecnici superiori, con decreto del Ministro dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca, da adottare entro novanta giorni
dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con
il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro
dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle
finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi
dell'art. 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono
emanate le linee guida per conseguire i seguenti obiettivi, a
sostegno delle politiche di istruzione e formazione sul territorio e
dello sviluppo dell'occupazione dei giovani:
(omissis);
f) prevedere che le fondazioni esistenti alla data di entrata
in vigore della presente legge possano attivare nel territorio
provinciale altri percorsi di formazione anche in filiere diverse,
fermo restando il rispetto dell'iter di autorizzazione e nell'ambito
delle risorse disponibili a legislazione vigente. In questo caso gli
istituti tecnici superiori devono essere dotati di un patrimonio non
inferiore a 100.000 euro.».
Tale norma, nel quadro esegetico esplicitato in precedenza,
esorbita dalla competenza statale in materia di «norme generali
sull'istruzione» di cui all'art. 117, comma 2, lettera n), Cost.
nonche' dall'ambito dei principi fondamentali in materia di
«istruzione» di cui all'art. 117, comma 3 Cost.
Essa, infatti, dispone esclusivamente in materia di formazione e
non di istruzione, invadendo e ledendo percio' la potesta'
legislativa regionale esclusiva in materia di «istruzione e
formazione professionale».
E cio' avviene in modo particolarmente invasivo, in quanto si
consente alle fondazioni di partecipazione cui fanno capo gli
istituti tecnici superiori di attivare altri percorsi formativi nel
territorio provinciale, ove invece la definizione dell'offerta dei
percorsi realizzati da istituzioni formative dovrebbe ricadere nella
esclusiva competenza regionale. In tal modo determinando non solo una
elisione delle attribuzioni riconosciute alle regioni, sotto forma di
lesione della competenza legislativa e amministrativa regionale, ma
ingenerando pur anche la possibilita' di sovrapposizioni e
discordanze nella programmazione formativa territoriale complessiva e
locale, con conseguente ulteriore lesione del canone di buon
andamento di cui all'art. 97 Cost.
Come rilevato nel precedente motivo di impugnazione, anche per
questo profilo, il legislatore statale utilizza il mezzo dell'intesa
in seno alle conferenze intergovernative come strumento di elusione
del dettato costituzionale o, meglio, come grimaldello atto a creare
una apparente giustificazione della lesione delle competenze
regionali.
Infatti l'intesa nella Conferenza unificata non puo' costituire
valido titolo legittimante l'espropriazione della competenza
regionale esclusiva in materia di formazione, ne' puo' sanare la
conseguente illegittimita' costituzionale in assenza dei presupposti
delineati dalla giurisprudenza costituzionale, ossia in assenza di
ragioni unitarie imprescindibili che giustifichino un accentramento
delle competenze legislative e amministrative. Ove, invece, la leale
collaborazione serve a controbilanciare fenomeni «centripeti» e non a
giustificare e legittimare gli stessi.
Ne deriva percio' una violazione anche dell'art. 120 Cost. sotto
forma di elusione o, rectius, di una distorta applicazione del canone
di leale collaborazione.
3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 66, della
legge 13 luglio 2015, n. 107, recante «Riforma del sistema nazionale
di istruzione e formazione e delega per il riordino delle
disposizioni legislative vigenti» per violazione degli articoli 97,
117, commi 2, 3 e 4, 118 e 120 della Costituzione della Repubblica
italiana.
L'art. 1, comma 66, della legge 13 luglio 2015, n. 107, recante
«Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega
per il riordino delle disposizioni legislative vigenti», statuisce
che: «A decorrere dall'anno scolastico 2016/2017 i ruoli del
personale docente sono regionali, articolati in ambiti territoriali,
suddivisi in sezioni separate per gradi di istruzione, classi di
concorso e tipologie di posto. Entro il 30 giugno 2016 gli uffici
scolastici regionali, su indicazione del Ministero dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca, sentiti le regioni e gli enti
locali, definiscono l'ampiezza degli ambiti territoriali, inferiore
alla provincia o alla citta' metropolitana, considerando:
a) la popolazione scolastica;
b) la prossimita' delle istituzioni scolastiche;
c) le caratteristiche del territorio, tenendo anche conto delle
specificita' delle aree interne, montane e delle piccole isole, della
presenza di scuole nelle carceri, nonche' di ulteriori situazioni o
esperienze territoriali gia' in atto.».
Codesta ecc.ma Corte, a tal riguardo, ha gia' affermato che, «nel
complesso intrecciarsi in una stessa materia (istruzione) di norme
generali, principi fondamentali, leggi regionali e determinazioni
autonome delle istituzioni scolastiche, si puo' assumere per certo
che il prescritto ambito di legislazione regionale sta proprio nella
programmazione delle rete scolastica» (sentenza n. 13/2004). E,
conseguentemente, con specifico riferimento alla distribuzione del
personale tra le istituzioni scolastiche, ha dichiarato, sempre nella
medesima decisione, che «la competenza statale non possa esercitarsi
altro che con la determinazione dei principi organizzativi che spetta
alle regioni svolgere con una propria disciplina».
Conferma di tali assunti si rinviene in una recente pronuncia di
codesta ecc.ma Corte, ove si afferma che la «rete scolastica e il
dimensionamento degli istituti» e' materia che «non puo' ricondursi
nell'ambito delle norme generali sull'istruzione e va, invece,
ricompresa nella competenza concorrente relativa all'istruzione»
(sentenza n. 147/2012).
Cio' in quanto il dimensionamento della rete scolastica ha una
diretta e immediata incidenza su situazioni strettamente legate alle
varie realta' territoriali e alle esigenze socio-economiche di un
territorio (sentenza n. 200/2009).
In un caso specifico si e', poi, sostenuto che «la distribuzione
del personale all'interno delle istituzioni scolastiche sulla base di
scelte programmatiche e gestionali che rilevano solamente all'interno
della regione e' da ritenere appartenente alla competenza legislativa
dell'ente territoriale» (sentenza n. 235/2010).
Tale esegesi ricostruttiva trova inoltre un diretto addentellato
nella legislazione ordinaria precedente la riforma costituzionale del
2001, che, nell'art. 138 del decreto legislativo n. 112/1998, delega
alle regioni la programmazione dell'offerta formativa e della rete
scolastica. Disposizione piu' volte riconosciuta da codesta ecc.ma
Corte, quale parametro esegetico della portata precettiva da
riconoscere all'art. 117 Cost. in materia di istruzione e formazione
professionale (decisioni n. 13/2004 e n. 200/2009).
Ne consegue che, secondo i criteri elaborati dalla Corte
costituzionale, la definizione degli ambiti territoriali dei ruoli
del personale docente, in un dimensionamento inferiore alla provincia
o alla citta' metropolitana, deve ritenersi di competenza regionale e
non puo' essere affidato ad organi statali, quali sono gli uffici
scolastici regionali.
Tale attribuzione a organi periferici dello Stato della
competenza a definire l'ampiezza degli ambiti territoriali, dunque,
lede la competenza legislativa e amministrativa regionale in materia
di istruzione, in quanto la norma impugnata non si limita a prevedere
principi fondamentali cui la regione debba attenersi nell'esercizio
della propria potesta' legislativa.
Ma, invece, prescrive una disciplina attributiva di una
competenza amministrativa e organizzatoria puntuale, che non lascia
alcun spazio decisorio alle regioni, ne' alcun margine di esercizio
dei poteri amministrativi che competono loro.
E non vale a sanare tale illegittimita' la previsione della mera
consultazione delle regioni e degli enti locali, incapace di
garantire il rispetto dell'architettura delle competenze delineate
dalla Carta costituzionale.
Si determina, percio', una lesione della competenza regionale
cosi' come delineata dai commi 2, 3 e 4, dell'art. 117 Cost., nonche'
degli articoli 118 e 120 Cost. sotto forma di lesione/elusione del
canone di leale collaborazione.
Si puo', con questo, prospettare una correlata lesione dell'art.
97 Cost., essendo ben possibile immaginare una sovrapposizione tra
gli ambiti individuati dalla regione nel dimensionamento della rete
scolastica regionale e gli ambiti di cui al comma 66 dell'art. 1
della legge in questa sede impugnata. Con conseguente lesione del
buon andamento e dell'efficienza dell'agire pubblico per effetto
della sovrapposta e scoordinata attribuzione di competenze derivante
dall'interferenza della disposizione impugnata con il quadro
normativo costituzionale e legislativo vigente.
4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 180 e 181,
della legge 13 luglio 2015, n. 107, recante «Riforma del sistema
nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle
disposizioni legislative vigenti» per violazione degli articoli 97,
117, commi 2, 3 e 4, 118 e 120 della Costituzione della Repubblica
italiana.
Al fine di permettere una compiuta contestualizzazione del quarto
motivo di impugnazione appare opportuno esporre il complessivo e
articolato quadro normativo tracciato dai commi 180 e 181 dell'art. 1
della legge 13 luglio 2015, n. 107.
Il comma 180 statuisce che «Il Governo e' delegato ad adottare,
entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge, uno o piu' decreti legislativi al fine di provvedere al
riordino, alla semplificazione e alla codificazione delle
disposizioni legislative in materia di istruzione, anche in
coordinamento con le disposizioni di cui alla presente legge».
Il successivo art. 181 prevede, tra i principi ed i criteri
direttivi, il «riordino, adeguamento e semplificazione del sistema di
formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola
secondaria, in modo da renderlo funzionale alla valorizzazione
sociale e culturale della professione, mediante:
1) l'introduzione di un sistema unitario e coordinato che
comprenda sia la formazione iniziale dei docenti sia le procedure per
l'accesso alla professione, affidando i diversi momenti e percorsi
formativi alle universita' o alle istituzioni dell'alta formazione
artistica, musicale e coreutica e alle istituzioni scolastiche
statali, con una chiara distinzione dei rispettivi ruoli e competenze
in un quadro di collaborazione strutturata;
2) l'avvio di un sistema regolare di concorsi nazionali per
l'assunzione, con contratto retribuito a tempo determinato di durata
triennale di tirocinio, di docenti nella scuola secondaria statale.
L'accesso al concorso e' riservato a coloro che sono in possesso di
un diploma di laurea magistrale o di un diploma accademico di secondo
livello per le discipline artistiche e musicali, coerente con la
classe disciplinare di concorso. I vincitori sono assegnati a
un'istituzione scolastica o a una rete tra istituzioni scolastiche. A
questo fine sono previsti:
2.1) la determinazione di requisiti per l'accesso al concorso
nazionale, anche in base al numero di crediti formativi universitari
acquisiti nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e in quelle
concernenti le metodologie e le tecnologie didattiche, comunque con
il limite minimo di ventiquattro crediti conseguibili sia come
crediti curricolari che come crediti aggiuntivi;
2.2) la disciplina relativa al trattamento economico durante il
periodo di tirocinio, tenuto anche conto della graduale assunzione
della funzione di docente;
3) il completamento della formazione iniziale dei docenti
assunti secondo le procedure di cui al numero 2) tramite:
3.1) il conseguimento, nel corso del primo anno di contratto,
di un diploma di specializzazione per l'insegnamento secondario al
termine di un corso annuale istituito, anche in convenzione con
istituzioni scolastiche o loro reti, dalle universita' o dalle
istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica,
destinato a completare la preparazione degli iscritti nel campo della
didattica delle discipline afferenti alla classe concorsuale di
appartenenza, della pedagogia, della psicologia e della normativa
scolastica;
3.2) la determinazione degli standard nazionali per la
valutazione finalizzata al conseguimento del diploma di
specializzazione, nonche' del periodo di apprendistato;
3.3) per i vincitori dei concorsi nazionali, l'effettuazione,
nei due anni successivi al conseguimento del diploma, di tirocini
formativi e la graduale assunzione della funzione docente, anche in
sostituzione di docenti assenti, presso l'istituzione scolastica o
presso la rete tra istituzioni scolastiche di assegnazione;
3.4) la possibilita', per coloro che non hanno partecipato o
non sono risultati vincitori nei concorsi nazionali di cui al numero
2), di iscriversi a proprie spese ai percorsi di specializzazione per
l'insegnamento secondario di cui al numero 3.1);
4) la sottoscrizione del contratto di lavoro a tempo
indeterminato, all'esito di positiva conclusione e valutazione del
periodo di tirocinio, secondo la disciplina di cui ai commi da 63 a
85 del presente articolo;
5) la previsione che il percorso di cui al numero 2) divenga
gradualmente l'unico per accedere all'insegnamento nella scuola
secondaria statale, anche per l'effettuazione delle supplenze;
l'introduzione di una disciplina transitoria in relazione ai vigenti
percorsi formativi e abilitanti e al reclutamento dei docenti nonche'
in merito alla valutazione della competenza e della professionalita'
per coloro che hanno conseguito l'abilitazione prima della data di
entrata in vigore del decreto legislativo di cui alla presente
lettera;
6) il riordino delle classi disciplinari di afferenza dei
docenti e delle classi di laurea magistrale, in modo da assicurarne
la coerenza ai fini dei concorsi di cui al numero 2), nonche' delle
norme di attribuzione degli insegnamenti nell'ambito della classe
disciplinare di afferenza secondo principi di semplificazione e di
flessibilita', fermo restando l'accertamento della competenza nelle
discipline insegnate;
7) la previsione dell'istituzione di percorsi di formazione in
servizio, che integrino le competenze disciplinari e pedagogiche dei
docenti, consentendo, secondo principi di flessibilita' e di
valorizzazione, l'attribuzione di insegnamenti anche in classi
disciplinari affini;
8) la previsione che il conseguimento del diploma di
specializzazione di cui al numero 3.1) costituisca il titolo
necessario per l'insegnamento nelle scuole paritarie;
c) promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con
disabilita' e riconoscimento delle differenti modalita' di
comunicazione attraverso:
1) la ridefinizione del ruolo del personale docente di sostegno
al fine di favorire l'inclusione scolastica degli studenti con
disabilita', anche attraverso l'istituzione di appositi percorsi di
formazione universitaria;
2) la revisione dei criteri di inserimento nei ruoli per il
sostegno didattico, al fine di garantire la continuita' del diritto
allo studio degli alunni con disabilita', in modo da rendere
possibile allo studente di fruire dello stesso insegnante di sostegno
per l'intero ordine o grado di istruzione;
3) l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni
scolastiche, sanitarie e sociali, tenuto conto dei diversi livelli di
competenza istituzionale;
4) la previsione di indicatori per l'autovalutazione e la
valutazione dell'inclusione scolastica;
5) la revisione delle modalita' e dei criteri relativi alla
certificazione, che deve essere volta a individuare le abilita'
residue al fine di poterle sviluppare attraverso percorsi individuati
di concerto con tutti gli specialisti di strutture pubbliche, private
o convenzionate che seguono gli alunni riconosciuti disabili ai sensi
degli articoli 3 e 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e della
legge 8 ottobre 2010, n. 170, che partecipano ai gruppi di lavoro per
l'integrazione e l'inclusione o agli incontri informali;
6) la revisione e la razionalizzazione degli organismi operanti a
livello territoriale per il supporto all'inclusione;
7) la previsione dell'obbligo di formazione iniziale e in
servizio per i dirigenti scolastici e per i docenti sugli aspetti
pedagogico-didattici e organizzativi dell'integrazione scolastica;
8) la previsione dell'obbligo di formazione in servizio per il
personale amministrativo, tecnico e ausiliario, rispetto alle
specifiche competenze, sull'assistenza di base e sugli aspetti
organizzativi ed educativo-relazionali relativi al processo di
integrazione scolastica;
9) la previsione della garanzia dell'istruzione domiciliare per
gli alunni che si trovano nelle condizioni di cui all'art. 12, comma
9, della legge 5 febbraio 1992, n. 104;
d) revisione dei percorsi dell'istruzione professionale, nel
rispetto dell'art. 117 della Costituzione, nonche' raccordo con i
percorsi dell'istruzione e formazione professionale, attraverso:
1) la ridefinizione degli indirizzi, delle articolazioni e
delle opzioni dell'istruzione professionale;
2) il potenziamento delle attivita' didattiche laboratoriali
anche attraverso una rimodulazione, a parita' di tempo scolastico,
dei quadri orari degli indirizzi, con particolare riferimento al
primo biennio;
e) istituzione del sistema integrato di educazione e di
istruzione dalla nascita fino a sei anni, costituito dai servizi
educativi per l'infanzia e dalle scuole dell'infanzia, al fine di
garantire ai bambini e alle bambine pari opportunita' di educazione,
istruzione, cura, relazione e gioco, superando disuguaglianze e
barriere territoriali, economiche, etniche e culturali, nonche' ai
fini della conciliazione tra tempi di vita, di cura e di lavoro dei
genitori, della promozione della qualita' dell'offerta educativa e
della continuita' tra i vari servizi educativi e scolastici e la
partecipazione delle famiglie, attraverso:
1) la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni
della scuola dell'infanzia e dei servizi educativi per l'infanzia
previsti dal Nomenclatore interregionale degli interventi e dei
servizi sociali, sentita la Conferenza unificata di cui all'art. 8
del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive
modificazioni, prevedendo:
1.1) la generalizzazione della scuola dell'infanzia;
1.2) la qualificazione universitaria e la formazione
continua del personale dei servizi educativi per l'infanzia e della
scuola dell'infanzia;
1.3) gli standard strutturali, organizzativi e qualitativi
dei servizi educativi per l'infanzia e della scuola dell'infanzia,
diversificati in base alla tipologia, all'eta' dei bambini e agli
orari di servizio, prevedendo tempi di compresenza del personale dei
servizi educativi per l'infanzia e dei docenti di scuola
dell'infanzia, nonche' il coordinamento pedagogico territoriale e il
riferimento alle indicazioni nazionali per il curricolo della scuola
dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione, adottate con il
regolamento di cui al decreto del Ministro dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca 16 novembre 2012, n. 254;
2) la definizione delle funzioni e dei compiti delle regioni
e degli enti locali al fine di potenziare la ricettivita' dei servizi
educativi per l'infanzia e la qualificazione del sistema integrato di
cui alla presente lettera;
3) l'esclusione dei servizi educativi per l'infanzia e delle
scuole dell'infanzia dai servizi a domanda individuale;
4) l'istituzione di una quota capitaria per il raggiungimento
dei livelli essenziali, prevedendo il cofinanziamento dei costi di
gestione, da parte dello Stato con trasferimenti diretti o con la
gestione diretta delle scuole dell'infanzia e da parte delle regioni
e degli enti locali al netto delle entrate da compartecipazione delle
famiglie utenti del servizio;
5) l'approvazione e il finanziamento di un piano di azione
nazionale per la promozione del sistema integrato di cui alla
presente lettera, finalizzato al raggiungimento dei livelli
essenziali delle prestazioni;
6) la copertura dei posti della scuola dell'infanzia per
l'attuazione del piano di azione nazionale per la promozione del
sistema integrato anche avvalendosi della graduatoria a esaurimento
per il medesimo grado di istruzione come risultante alla data di
entrata in vigore della presente legge;
7) la promozione della costituzione di poli per l'infanzia
per bambini di eta' fino a sei anni, anche aggregati a scuole
primarie e istituti comprensivi;
8) l'istituzione, senza nuovi o maggiori oneri per il
bilancio dello Stato, di un'apposita commissione con compiti
consultivi e propositivi, composta da esperti nominati dal Ministero
dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, dalle regioni e
dagli enti locali;
f) garanzia dell'effettivita' del diritto allo studio su tutto
il territorio nazionale, nel rispetto delle competenze delle regioni
in tale materia, attraverso la definizione dei livelli essenziali
delle prestazioni, sia in relazione ai servizi alla persona, con
particolare riferimento alle condizioni di disagio, sia in relazione
ai servizi strumentali; potenziamento della Carta dello studente,
tenuto conto del sistema pubblico per la gestione dell'identita'
digitale, al fine di attestare attraverso la stessa lo status di
studente e rendere possibile l'accesso a programmi relativi a beni e
servizi di natura culturale, a servizi per la mobilita' nazionale e
internazionale, ad ausili di natura tecnologica per lo studio e per
l'acquisto di materiale scolastico, nonche' possibilita' di associare
funzionalita' aggiuntive per strumenti di pagamento attraverso
borsellino elettronico;
g) promozione e diffusione della cultura umanistica,
valorizzazione del patrimonio e della produzione culturali, musicali,
teatrali, coreutici e cinematografici e sostegno della creativita'
connessa alla sfera estetica, attraverso:
1) l'accesso, nelle sue varie espressioni amatoriali e
professionali, alla formazione artistica, consistente
nell'acquisizione di conoscenze e nel contestuale esercizio di
pratiche connesse alle forme artistiche, musicali, coreutiche e
teatrali, mediante:
1.1) il potenziamento della formazione nel settore delle
arti nel curricolo delle scuole di ogni ordine e grado, compresa la
prima infanzia, nonche' la realizzazione di un sistema formativo
della professionalita' degli educatori e dei docenti in possesso di
specifiche abilitazioni e di specifiche competenze artistico-musicali
e didattico-metodologiche;
1.2) l'attivazione, da parte di scuole o reti di scuole di
ogni ordine e grado, di accordi e collaborazioni anche con soggetti
terzi, accreditati dal Ministero dell'istruzione, dell'universita' e
della ricerca e dal Ministero dei beni e delle attivita' culturali e
del turismo ovvero dalle regioni o dalle province autonome di Trento
e di Bolzano anche mediante accordi quadro tra le istituzioni
interessate;
1.3) il potenziamento e il coordinamento dell'offerta
formativa extrascolastica e integrata negli ambiti artistico,
musicale, coreutico e teatrale anche in funzione dell'educazione
permanente;
2) il riequilibrio territoriale e il potenziamento delle
scuole secondarie di primo grado a indirizzo musicale nonche'
l'aggiornamento dell'offerta formativa anche ad altri settori
artistici nella scuola secondaria di primo grado e l'avvio di poli,
nel primo ciclo di istruzione, a orientamento artistico e
performativo;
3) la presenza e il rafforzamento delle arti nell'offerta
formativa delle scuole secondarie di secondo grado;
4) il potenziamento dei licei musicali, coreutici e artistici
promuovendo progettualita' e scambi con gli altri Paesi europei;
5) l'armonizzazione dei percorsi formativi di tutta la filiera
del settore artistico-musicale, con particolare attenzione al
percorso pre-accademico dei giovani talenti musicali, anche ai fini
dell'accesso all'alta formazione artistica, musicale e coreutica e
all'universita';
6) l'incentivazione delle sinergie tra i linguaggi artistici e le
nuove tecnologie valorizzando le esperienze di ricerca e innovazione;
7) il supporto degli scambi e delle collaborazioni
artistico-musicali tra le diverse istituzioni formative sia italiane
che straniere, finalizzati anche alla valorizzazione di giovani
talenti;
8) la sinergia e l'unitarieta' degli obiettivi nell'attivita' dei
soggetti preposti alla promozione della cultura italiana all'estero;
h) revisione, riordino e adeguamento della normativa in materia
di istituzioni e iniziative scolastiche italiane all'estero al fine
di realizzare un effettivo e sinergico coordinamento tra il Ministero
degli affari esteri e della cooperazione internazionale e il
Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca nella
gestione della rete scolastica e della promozione della lingua
italiana all'estero attraverso:
1) la definizione dei criteri e delle modalita' di selezione,
destinazione e permanenza in sede del personale docente e
amministrativo;
2) la revisione del trattamento economico del personale docente e
amministrativo;
3) la previsione della disciplina delle sezioni italiane
all'interno di scuole straniere o internazionali;
4) la revisione della disciplina dell'insegnamento di materie
obbligatorie secondo la legislazione locale o l'ordinamento
scolastico italiano da affidare a insegnanti a contratto locale;
i) adeguamento della normativa in materia di valutazione e
certificazione delle competenze degli studenti, nonche' degli esami
di Stato, anche in raccordo con la normativa vigente in materia di
certificazione delle competenze, attraverso:
1) la revisione delle modalita' di valutazione e certificazione
delle competenze degli studenti del primo ciclo di istruzione,
mettendo in rilievo la funzione formativa e di orientamento della
valutazione, e delle modalita' di svolgimento dell'esame di Stato
conclusivo del primo ciclo;
2) la revisione delle modalita' di svolgimento degli esami di
Stato relativi ai percorsi di studio della scuola secondaria di
secondo grado in coerenza con quanto previsto dai regolamenti di cui
ai decreti del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, nn. 87, 88
e 89.».
Il complesso delle enunciate disposizioni determina una fitta
rete di interferenze con la competenza esclusiva regionale in materia
di istruzione e formazione professionale e potenzialmente attribuisce
allo Stato competenza ad adottare non solo norme di principio ma
anche disposizioni di dettaglio in materia di istruzione, al di la'
dei limiti delle norme generali sull'istruzione.
In particolare, paiono lesive del riparto di competenze, come
delineato da codesta ecc.ma Corte, le disposizioni che affidano al
legislatore delegato il compito di definire, e in modo dettagliato,
il sistema di formazione iniziale e il suo completamento, nonche'
l'istituzione di percorsi di formazione che integrano le competenze
disciplinari e pedagogiche dei docenti, senza prevedere, peraltro in
alcun modo, la partecipazione regionale nella relativa definizione.
Cio' lede, in primo luogo, la competenza esclusiva regionale in
materia di «istruzione e formazione professionale» e, altresi',
consente al legislatore delegato di delineare un sistema formativo
dei docenti che, anche ove lo si volesse far rientrare nella materia
«istruzione», comunque dovrebbe lasciare al legislatore regionale
margini di attuazione.
Analogamente, la successiva previsione di un sistema formativo
della professionalita' degli educatori e dei docenti in possesso di
specifiche abilitazioni e di specifiche competenze artistico-musicali
e didattico-metodologiche, il potenziamento e il coordinamento
dell'offerta formativa extrascolastica e integrata negli ambiti
artistico, musicale, coreutico e teatrale e similari disposizioni
disseminate nel corpo del comma impugnato, determinano, in assenza di
un necessario coinvolgimento decisorio delle regioni, una elisione o,
rectius, l'illegittima compressione della competenza legislativa e
amministrativa regionale in materia di istruzione e formazione
professionale nonche' una lesione del canone di leale collaborazione
di cui all'art. 120 Cost., mancando ogni riferimento al limite
derivante dalle competenze riservate alle regioni; con cio' quindi
abilitando il legislatore delegato ad invadere le potesta' decisorie
delle regioni.
Si determina percio' una lesione del quadro di competenze cosi'
come delineato dai commi 2, 3 e 4 dell'art. 117 Cost. nonche' dagli
articoli 118 e 120 Cost. che induce a chiedere la declaratoria di
illegittimita' costituzionale del combinato disposto dei commi 180 e
181, nelle parti in cui gli stessi determinano una indebita
compressione delle competenze regionali.
P.Q.M.
La regione del Veneto chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale
dichiari l'illegittimita' costituzionale delle disposizioni dell'art.
1, commi 44, 47, lettera f), 66, 180 e 181 della legge 13 luglio
2015, n. 107, recante «Riforma del sistema nazionale di istruzione e
formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative
vigenti» (in Gazzetta Ufficiale 15 luglio 2015, n. 162).
Si depositano:
1) delibera della giunta regionale n. 1157 dell'8 settembre
2015, di autorizzazione a proporre ricorso e affidamento
dell'incarico di patrocinio per la difesa regionale.
Venezia-Roma, 11 settembre 2015
L'avv. Ezio Zanon - L'avv. Luigi Manzi