RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 29 ottobre 2008 , n. 85
Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 29 ottobre 2008 (della Regione Puglia)

(GU n. 1 del 7-1-2009) 
 
 
   Ricorso  del  Presidente  della  Giunta  regionale  della  Regione
Puglia, dott. Nicola Vendola, rappresentato e difeso, con delibera di
Giunta  regionale  n. 1761  del  23  settembre  2008,  dal prof. avv.
Valerio  Speziale,  ed  elettivamente  domiciliato  in Roma, alla via
Flaminia  n. 109,  presso  lo  studio dell'avv. Giuseppe Fontana, con
procura a margine del presente atto;
   Contro  il  Presidente del Consiglio dei ministri dello Stato, on.
Silvio   Berlusconi,   per   la   declaratoria  della  illegittimita'
costituzionale  dell'articolo  23, comma 2, della legge dello Stato 6
agosto 2008, n. 133, di conversione del decreto-legge 25 giugno 2008,
n. 112,  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  n. 195 del 21 agosto
2008, supplemento ordinario n. 196.
                              F a t t o
   1.  -  In  data  21 agosto 2008 e' stata pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale  la  legge  6  agosto  2008,  n. 133,  che ha convertito il
decreto  legge  25 giugno 2008, n. 112, recante «Disposizioni urgenti
per  lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria».
   2.  -  L'articolo  23  del  decreto-legge,  nella sua formulazione
finale conseguente alla legge di conversione 133/2008, ha il seguente
contenuto:
     «1.  All'articolo  49,  comma  3,  del  decreto  legislativo  10
settembre  2003,  n. 276  /e  parole  da  ''inferiore  a  due  anni e
superiore a sei sono sostituite con superiore a sei anni''.
     2.  All'articolo  49  del decreto legislativo 10 settembre 2003,
n. 276  e'  aggiunto il seguente comma: ''5-ter In caso di formazione
esclusivamente  aziendale  non  opera quanto previsto dal comma 5. In
questa     ipotesi    i    profili    formativi    dell'apprendistato
professionalizzante   sono   rimessi   integralmente   ai   contratti
collettivi  di  lavoro  stipulati a livello nazionale, territoriale o
aziendale  .  da  associazioni  dei  datori  e  prestatori  di lavoro
comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale ovvero agli
enti  bilaterali.  I  contratti  collettivi  e  gli  enti  bilaterali
definiscono  la  nozione  di  formazione aziendale e determinano, per
ciascun  profilo  formativo,  la  durata e le modalita' di erogazione
della  formazione,  le  modalita'  di  riconoscimento della qualifica
professionale  ai  fini  contrattuali e la registrazione nel libretto
formativo''.
     3.  A  comma  1  dell'articolo  50  del  decreto  legislativo 10
settembre  2003,  n. 276  dopo  le  parole  ''alta  formazione'' sono
inserite le seguenti: '', compresi i dottorati di ricerca''.
     4.  Al  comma  3  dell'articolo  50  del  decreto legislativo 10
settembre  2003,  n. 276  dopo  le  parole  ''e  le altre istituzioni
formative''  sono  aggiunti  i  seguenti  periodi:  ''In  assenza  di
regolamentazioni  regionali  l'attivazione dell'apprendistato di alta
formazione e' rimessa ad apposite convenzioni stipulate dai datori di
lavoro  con  le Universita' e le altre istituzioni formative. Trovano
applicazione,   per   quanto   compatibili;   i   principi  stabiliti
all'articolo 49, comma 4, nonche' le disposizioni di cui all'articolo
53''.
     5.  Dalla  data  di  entrata in vigore del presente decreto sono
abrogati:.
      a) l'articolo 1 del decreto ministeriale 7 ottobre 1999;
      b)  l'articolo  21  e  l'articolo 24, commi terzo e quarto, del
regolamento  di  cui  al  decreto  del Presidente della Repubblica 30
dicembre 1956, n. 1668;
      c) l'articolo 4 della legge 19 gennaio 1955, n. 25».
   3.  -  Con  deliberazione  della  giunta  regionale n. 1761 del 23
settembre   2008,  la  Regione  Puglia  ha  deliberato  di  impugnare
l'articolo  23 del decreto-legge n. 112/2008, convertito con la legge
n. 133/2008 (doc. 1).
   La  disposizione  sopra  indicata  della  legge  statale  viola la
Costituzione in quanto invade la competenza legislativa delle regioni
e  deve pertanto essere dichiarata costituzionalmente illegittima per
le seguenti considerazioni in
                            D i r i t t o
1)  Violazione,  da parte dell'art. 23, comma 2, della legge 6 agosto
2008,  n. 133,  dell'art. 117, secondo comma, cost. Attribuzione alla
regione, ai sensi della disposizione costituzionale, della competenza
esclusiva  in  materia di formazione professionale per quanto attiene
alla determinazione dei contenuti formativi.
   A)   Come   e'   noto,   la   sentenza   della  Corte  n. 50/2005,
successivamente  confermata da altre decisioni analoghe, ha affermato
che  la  competenza  esclusiva  delle  regioni  riguarda  soltanto la
istruzione  e  la  formazione professionale pubbliche. «La formazione
aziendale  rientra  invece nel sinallagma contrattuale e quindi nelle
competenze  dello  Stato in materia di ordinamento civile». La Corte,
inoltre,   ha   sostenuto  che  la  distinzione  tra  i  due  profili
(formazione   pubblica   e   privata)  non  e'  netta  e  che  «nella
regolamentazione  dell'apprendistato  ne'  l'una ne' l'altra appaiono
allo  stato  puro,  ossia  separate nettamente tra di loro e da altri
aspetti   dell'Istituto.   Occorre   percio'   tener  conto  di  tali
interferenze».
   A  prescindere  da  quest'ultimo  aspetto,  che  verra' in seguito
esaminato,  la  regione  Puglia ritiene che l'interpretazione fornita
dalla  Corte  con  la  sentenza  sopra  indicata  debba essere meglio
precisata in concreto.
   B)  La  decisione n. 50/2005 parte correttamente dalla idea che la
formazione  attiene  sia al profilo causale del rapporto di lavoro (e
quindi    debba    essere   inclusa   nella   sfera   di   competenza
dell'ordinamento    civile),    sia   a   quello   della   formazione
professionale,  che appartiene invece alla potesta' legislativa della
regione.
   Tuttavia,   anche   se   il  presupposto  dell'interpretazione  e'
corretto, la concreta applicazione dei criteri di ripartizione tra le
due  forme di competenza legislativa dovrebbe essere meglio precisata
in relazione alle fattispecie concrete.
   Va   in   primo   luogo   ricordato   che  la  nuova  formulazione
dell'articolo   117  della  Costituzione  attribuisce  la  formazione
professionale alla potesta' legislativa esclusiva delle regioni. Tale
enfasi   del   testo   costituzionale  su  una  competenza  sottratta
all'intervento  dello  Stato  deve  essere,  in  questa  circostanza,
adeguatamente   apprezzata  dalla  Corte.  L'attribuzione  agli  enti
territoriali  della  potesta' legislativa esclusiva in questa materia
dovrebbe suggerire un criterio di ripartizione delle competenze molto
restrittivo  a carico dello Stato ed indubbiamente piu' estensivo nei
confronti  delle  regioni.  Quando  l'art. 117 Cost. attribuisce agli
enti  territoriali  il  potere  legislativo in materia di «formazione
professionale»  evidentemente  affida  alle  regioni  una  competenza
generale  su  tutto  cio'  che  attiene agli aspetti formativi, senza
necessita'   di   distinguere   tra  formazione  pubblica  esterna  e
formazione   privata  aziendale.  Quest'ultima,  infatti,  e'  sempre
connessa  ad  un  profilo  di  crescita  e  di  qualificazione  delle
conoscenze   del  lavoratore  che  non  puo'  non  essere  ricompreso
nell'ambito  della formazione propriamente detta a cui fa riferimento
il testo costituzionale.
   Si   potrebbe   obiettare   che   tale  interpretazione  di  fatto
escluderebbe  qualsiasi  competenza dello Stato. E che, al contrario,
poiche' la formazione attiene alla causa del contratto (e, quindi, al
rapporto  sinallagmatico),  necessariamente  l'ordinamento  giuridico
statale  deve  avere  propri  margini  di  potesta' legislativa. Tale
obiezione,  peraltro, non coglierebbe nel segno, in quanto il profilo
causale  della  formazione puo' determinare una competenza su aspetti
che non coincidono con la formazione effettuata in ambito aziendale.
   Infatti,  se  la  formazione  ha  rilievo  in  rapporto al vincolo
sinallagmatico,  lo  Stato  conserva  il suo potere legislativo sugli
aspetti  formativi  che  incidono sul rapporto di lavoro propriamente
detto ed in particolare:
     a)  sulla  quantita'  di  formazione  che deve essere realizzata
(perche'   un  maggiore  o  minore  limite  quantitativo  incide  sul
carattere  piu' o meno formativo del rapporto e, quindi, sulla stessa
causa del contratto);
     b)  sulle retribuzioni o sulle qualifiche connesse all'acquisita
formazione;
     c) sulla durata del rapporto;
     d)  sull'eventuale regime sanzionatorio connesso alla violazione
dell'obbligo  formativo  (ad  esempio la conversione del contratto in
rapporto  a  tempo  indeterminato  qualora  non vengano rispettate le
prescrizioni sulla formazione imposte dalla legislazione regionale).
   Quelli  indicati  sono  gli aspetti della formazione professionale
che  influenzano  direttamente il contratto di lavoro nel suo profilo
interno.  La determinazione del contenuto formativo, sia esso esterno
che  interno  e  che  rispecchia  anche un interesse pubblicistico ad
incrementare   le   competenze  del  lavoratore  ed  a  favorirne  la
occupabilita'  sul mercato del lavoro, non puo' che essere attribuito
alla regione.
   D'altra parte, nessuno potrebbe dubitare che la formazione attenga
espressamente  alla  gestione del mercato del lavoro che, per unanime
interpretazione  dottrinaria  e della stessa Corte costituzionale, e'
oggi stata conferita agli enti territoriali.
   D)  Se  l'interpretazione  proposta  venisse  accolta dalla Corte,
ovviamente  l'art.  23,  comma 2, della legge n. 133/2008 sarebbe del
tutto  incostituzionale.  Esso, infatti, viene a regolare una materia
(i  profili  formativi  realizzati  all'interno dell'azienda) che, al
contrario,   l'art.  117  cost.  devolve  alla  esclusiva  competenza
regionale.
2)  Violazione,  da parte dell'art. 23, comma 2, della legge 6 agosto
2008,  n. 133,  dell'art.  117,  secondo  comma, cost. Violazione del
principio  della  «concorrenza  di competenze» e della «interferenza»
tra  le  stesse.  «Esproprio»  totale  delle  competenze regionali in
materia di formazione interna.
   A)   L'art.   23,  comma  2,  della  legge  133/2008  e'  comunque
incostituzionale   anche   per   altri   profili,   alla  luce  della
interpretazione  adottata  dal  Giudice  delle  leggi con la sentenza
n. 50/2005 e confermata dalle successive pronunce.
   La  Corte,  infatti, ha ripetutamente affermato che la distinzione
tra  formazione  interna  (appartenente  allo Stato) e quella esterna
(spettante  alla  Regione)  non puo' essere assunta «allo stato puro,
ossia   nettamente   separate   tra   di  loro  e  da  altri  aspetti
dell'istituto.  Occorre  percio'  tenere conto di tali interferenze».
Infatti,   «le   molteplici   interferenze  in  materie  diverse  non
consentono la risoluzione delle questioni stesse sulla base di rigidi
criteri…» (Corte cost. n. 50/2005).
   Si  e'  parlato  di  un  «sistema di competenze concorrenti e (di)
concorso  di  competenze  che  si  verifica  in tema di apprendistato
(sentenza   50  del  2005)»  (Corte  cost.  n. 21/2007;  n. 50/2005).
Inoltre,   si   e'   detto   che   «in   materia   di   apprendistato
professionalizzante   si   e'  rilevata  (anche)  un'interferenza  di
materie, riguardo alle quali esistono competenze legislative diverse,
alla  cui composizione provvedono, quando e' possibile, gli strumenti
della  leale  collaborazione  o, qualora risulti la prevalenza di una
materia   sull'altra,   l'applicazione   del   criterio   appunto  di
prevalenza» (Corte cost. n. 24/2007).
   La  stessa  decisione  n. 50  del 2005 rilevava come la disciplina
dettata  dagli  artt.  48  e  ss.  del  d.lgs. n. 276/2003 in tema di
apprendistato   metteva   in   evidenza   «siffatta   commistione  di
competenze».   «Commistione»   che,  d'altra  parte,  e'  chiaramente
manifestata  dal  contenuto  dell'art.  49  del d.lgs. n. 276/2003 il
quale,  in materia di apprendistato professionalizzante, nel comma 5,
affida  espressamente  alle  regioni,  d'intesa con le organizzazioni
sindacali,     la    regolamentazione    «dei    profili    formativi
dell'apprendistato»,  individuando  una  serie  di principi e criteri
direttivi  di  carattere  contenutistico e riferiti indifferentemente
alla «formazione esterna ed interna all'impresa».
   B)  Ebbene,  il  comma  5-ter dell'art. 49 (aggiunto dall'art. 23,
comma  2,  della legge n. 133/2008) al contrario prevede che «in caso
di  formazione esclusivamente aziendale non opera quanto previsto dal
comma  5.  In  questa  ipotesi i profili formativi dell'apprendistato
professionalizzante   sono   rimessi   integralmente   ai   contratti
collettivi  di  lavoro  stipulati a livello nazionale, territoriale o
aziendale   da   associazioni  dei  datori  e  prestatori  di  lavoro
comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale ovvero agli
enti  bilaterali.  I  contratti  collettivi  e  gli  enti  bilaterali
definiscono  la  nozione  di  formazione aziendale e determinano, per
ciascun  profilo  formativo,  la  durata e le modalita' di erogazione
della  formazione,  le  modalita'  di  riconoscimento della qualifica
professionale  ai  fini  contrattuali e la registrazione nel libretto
formativo».
   In  questo  caso,  come  ben  si  vede, la legge esclude qualsiasi
competenza   della   regione   in   materia  formativa,  rimettendola
esclusivamente   alla   contrattazione   collettiva   ed   agli  enti
bilaterali.
   Si  tratta,  all'evidenza,  di un vero e proprio «esproprio» della
potesta'  legislativa regionale, la quale e' totalmente esclusa dalla
disposizione.
   Un  simile  regolamentazione,  nel negare la competenza regionale,
contraddice  il  principio  della  concorrenza  di competenze e della
necessaria   interferenza  tra  quella  interna  aziendale  e  quella
esterna.
   L'attuale  assetto  costituzionale  rende  possibile applicare, al
piu',  «il criterio di prevalenza» nell'ambito della interconnessione
tra  formazione  interna  ed  esterna  (Corte cost. n. 24/2007; Corte
cost. n. 50/2005), che sono materie per le quali «esistono competenze
legislative diverse» (Corte cost. n. 24/2007).
   Esso,  peraltro,  vieta  in  maniera assoluta la esclusione totale
dell'apporto legislativo della regione per i profili che attengono ai
processi formativi svolti in ambito aziendale.
   La  Corte costituzionale ha gia' rilevato che «non puo' essere una
legge   ordinaria   a   modificare   l'assetto  costituzionale  delle
competenze legislative» (Corte cost. n. 50/2005).
   L'art.  23,  comma  2,  al  contrario,  produce,  alla  luce della
interpretazione della materia data dalla Corte, esattamente l'effetto
vietato sopra descritto.
   C)  Per  meglio  comprendere  il vulnus operato dalla disposizione
impugnata,  e'  sufficiente  riportare  un altro importante principio
espresso  nella  decisione  della  Corte  n. 24 del 2007. La sentenza
afferma  che «e' in sede di definizione dei profili formativi…
che  la  regione puo' far valere i propri punti di vista e le proprie
esigenze  anche nella disciplina della formazione endo aziendale, per
la  parte  in  cui  questa  riguardi  materie attinenti alla tutela e
sicurezza del lavoro, di competenza concorrente.
   La   Corte  ribadisce  come  sia  «fisiologico»  che  il  processo
formativo  realizzato  dal datore di lavoro in azienda possa avere ad
oggetto  materie  che  riguardano  la  sicurezza  del  lavoro. E che,
proprio su questo tema, si verifica una delle forme piu' eclatanti di
«interferenza tra competenze».
   L'art.   23,   comma   2,   della  legge  n. 133/2008  attribuisce
potenzialmente all'autonomia collettiva ed agli enti bilaterali anche
la  possibilita'  di introdurre disposizioni in materia di «sicurezza
del  lavoro»  senza  che  la regione possa minimamente interloquire e
fissare  propri  parametri  di  regolamentazione di una materia cosi'
delicata  (si  pensi agli infortuni sul lavoro o ai requisiti tecnici
degli  apparati  di  sicurezza!).  E,  d'altra parte, non vi e' alcun
dubbio  che  la  sicurezza  e'  materia di competenza concorrente tra
Stato  e regioni, in coerenza con quanto recentemente affermato anche
da questa Corte (sentenze nn. 50/2005; 213/2006; 384/2005 ed altre).
   Si  tratta  di una incongruenza che dimostra, in modo evidente, la
incostituzionalita'  della  disposizione,  che, di fatto, toglie alle
regioni  la  potesta' legislativa sui profili formativi connessi alla
sicurezza sul lavoro.
3)  Violazione,  da parte dell'art. 23, comma 2, della legge 6 agosto
2008,  n. 133,  dell'art.  117,  secondo  comma, Cost. Violazione del
principio  della  «concorrenza  di competenze» e della «interferenza»
tra le stesse. Possibilita' di ricorrere alla sola formazione interna
e   senza  alcun  concorso  delle  regioni  alla  determinazione  dei
contenuti formativi.
   A)  La  disposizione  impugnata  inizia con la seguente frase: «in
caso di formazione esclusivamente aziendale non opera quanto previsto
dal  comma  5»  (dell'art.  49 del d.lgs. n. 276/2003) e, nella parte
successiva,  esclude  la  regione  dalla  determinazione  dei profili
formativi.
   La  disposizione e' assolutamente generica e non specifica chi sia
il  soggetto  che  dovrebbe  concretamente  decidere  una  formazione
soltanto aziendale.
   La  norma  puo'  essere interpretata come attributiva al datore di
lavoro  di  tale  potere di scelta. Questa e' l'interpretazione fatta
propria  dal  Ministero  della  salute,  del lavoro e delle politiche
sociali.
   In   una  lettera  inviata  a  tutti  responsabili  delle  regioni
italiane,  il  Ministero,  nel commentare l'art. 23, comma 2, afferma
che   esso   consente   «alle  parti  sociali  (contratti  collettivi
nazionali;  territoriali  e  aziendali)  e  agli  enti  bilaterali di
disciplinare   direttamente  e  integralmente  i  profili  formativi,
definendo  la  nozione  di  formazione  aziendale e determinando, per
ciascun  profilo,  la  durata  e  le  modalita'  di  erogazione della
formazione,   le   modalita'   di   riconoscimento   della  qualifica
professionale  e  la registrazione nel libretto formativo. Si tratta,
dunque,  della  possibilita'  per le aziende di erogare direttamente,
entro  precisi  limiti fissati dei contratti collettivi di lavoro, la
formazione   agli   apprendisti,   svincolandosi   dalla  definizione
regionale dei profili formativi» (doc. 2).
   In   questo   caso  si  verrebbe  a  violare  il  principio  della
«concorrenza di competenze» attribuendo ad un privato la possibilita'
di  escludere  la  regione  dalla definizione dei criteri e contenuti
della  formazione  interna. In sostanza, la necessaria «interferenza»
tra  le  due  modalita'  formative  verrebbe in questo modo ad essere
totalmente  esclusa,  in  palese  violazione  del criterio di riparto
legislativo previsto dalla Costituzione.
   Inoltre, la disposizione, se cosi' letta, eliminerebbe la potesta'
della regione di definire congiuntamente profili formativi interni ed
esterni.  In  sostanza,  una  norma di legge statale consentirebbe di
eludere il vincolo costituzionale della possibilita', per la regione,
di  richiedere  anche  una  formazione  da  effettuare  al  di  fuori
dell'impresa   ed   imporrebbe  un  unico  canale  formativo  (quello
aziendale).  E cio' si porrebbe tra l'altro anche in contrasto con il
principio,  piu'  volte  ribadito dalla Corte costituzionale, secondo
cui le regioni hanno la possibilita' di imporre la formazione esterna
come  modalita'  formativa  prevalente  (Corte  cost.  n. 24/2007  ed
altre).
4)  Violazione,  da parte dell'art. 23, comma 2, della legge 6 agosto
2008,  n. 133,  dell'art.  117,  secondo  comma, Cost. Violazione del
principio  della  «concorrenza  di competenze» e della «interferenza»
tra  le  stesse  in  relazione al rapporto tra formazione aziendale e
regolazione del mercato del lavoro regionale.
   A)  L'art.  23,  comma  2,  della legge n. 133/2008 attribuisce ad
autonomia  collettiva  ed  enti  bilaterali il potere di definire «la
nozione  di  formazione  aziendale»  e  di  determinare  «per ciascun
profilo  formativo,  la  durata  e  le  modalita' di erogazione della
formazione,   le   modalita'   di   riconoscimento   della  qualifica
professionale  ai  fini  contrattuali e la registrazione nel libretto
forrnativo».
   B)  Tutte  le materie affidate alla competenza delle parti sociali
sono  strettamente  interconnesse con la posizione del lavoratore nel
mercato   del  lavoro  e  con  l'inevitabile  nesso  strumentale  tra
formazione e possibilita' occupazionali.
   Infatti:
     a)  con la formazione il lavoratore incrementa le sue competenze
e   le   sue  capacita'  di  reperire  diverse  attivita'  lavorative
accrescendo le proprie potenzialita' di occupazione;
     b) la qualifica professionale e' uno degli elementi fondamentali
per una proficua ricollocazione in altre attivita' lavorative.
   In  sostanza,  le  caratteristiche  della formazione aziendale, le
modalita'  del  suo  svolgimento ed il riconoscimento della qualifica
sono   aspetti  che  incidono  necessariamente  sulla  posizione  del
lavoratore nel mercato del lavoro esterno all'azienda. In tale ambito
non  vi  e'  alcun  dubbio  che  si  tratti  di materia di competenza
concorrente delle regioni.
   La  Corte costituzionale, con la sentenza n. 50/2005, ha affermato
che  «quale che sia il completo contenuto che debba riconoscersi alla
materia  ''tutela e sicurezza del lavoro'', non si dubita che in essa
rientri  la disciplina dei servizi per l'impiego ed in ispecie quella
del collocamento».
   Se,  dunque,  il  mercato  di  lavoro  e'  materia  di  competenza
concorrente,  la  disciplina  di  aspetti  connessi  alla  formazione
aziendale  che  incidono  necessariamente  su  tale materia avrebbero
dovuto essere regolati con l'individuazione dei principi fondamentali
da  parte  dello  Stato ed il rinvio alla regione per la normativa di
dettaglio.
   Al  contrario,  l'articolo  23,  comma  2,  esclude  totalmente le
regioni  da  qualsiasi  potere  regolativo,  con  evidente violazione
dell'articolo 117 della Costituzione.
5)  Violazione,  da parte dell'art. 23, comma 2, della legge 6 agosto
2008,  n. 133,  dell'art.  117,  secondo  comma, Cost. Violazione del
principio  della  «concorrenza  di competenze» e della «interferenza»
tra   le  stesse  in  relazione  al  riconoscimento  della  qualifica
professionale ed ai crediti formativi.
   A)  La  Corte  costituzionale,  con  la  sentenza  n. 50/2005,  ha
affermato  che  «l'acquisizione  dei  crediti formativi attraverso il
contratto  di apprendistato - la cui disciplina, per cio' che attiene
ai  rapporti  intersoggettivi  tra  datore  e lavoratore, compresa la
formazione all'interno dell'azienda, appartiene alla competenza dello
Stato  -  giustifica  la  disciplina  statale  del riconoscimento dei
crediti  stessi, mentre il coinvolgimento delle regioni e' assicurato
mediante  lo  strumento piu' pregnante di attuazione del principio di
leale  collaborazione  e cioe' attraverso l'intesa. Da tanto consegue
l'inammissibilita'   della   censura  proposta  nei  confronti  della
medesima  norma  in  riferimento  all'art.  76 Cost., dal momento che
l'asserito eccesso di delega comunque non ridonda in violazione della
sfera  di  competenza regionale. Argomenti non eguali, ma che nascono
dallo  stesso  ordine  d'idee,  conducono  a  ritenere  infondata  la
questione  avente  ad  oggetto  l'articolo  52 del d.lgs. n. 276, dal
momento  che  le  qualifiche  professionali, la cui armonizzazione la
norma disciplina, sono strettamente collegate ai crediti formativi ed
il  coinvolgimento  regionale  e' assicurato dalla partecipazione dei
rappresentanti  della Conferenza Stato-regioni all'organismo all'uopo
istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali».
   B)   I   principi   enucleati   dalla  Corte  costituzionale  sono
chiarissimi:   in   tema   di   crediti  formativi  e  di  qualifiche
professionali deve essere assicurato il coinvolgimento delle regioni,
con  strumenti opportuni che ne garantiscano l'esercizio della «leale
collaborazione».
   La  disposizione impugnata, al contrario, non prevede alcuna forma
di  partecipazione  delle regioni per quanto riguarda le modalita' di
riconoscimento  dalla qualifica professionale (rimessa esclusivamente
alle  parti  sociali  tramite  enti  bilaterali  o  atti di autonomia
collettiva).  Tra  l'altro,  questa omissione si riflette anche sulla
disciplina  del  riconoscimento  dei  crediti  formativi. Infatti «la
qualifica   professionale   conseguita  attraverso  il  contratto  di
apprendistato  costituisce credito formativo per il perseguimento nei
percorsi  di  istruzione  e  di istruzione e formazione professionale
(art.  51,  d.lgs.  n. 276/2003).  Se, dunque, le regioni non possono
incidere  sui  criteri di definizione delle qualifiche professionali,
questa  esclusione  si  riflette  indirettamente  sulle  modalita' di
riconoscimento dei crediti stessi, rispetto ai quali la regione ha un
diritto/dovere  di  «intesa»  (ai  sensi  dell'art.  52, comma 2, del
d.lgs. n. 276/2003).
   In  sostanza, l'art. 23, comma 2, della legge n. 133/2008 inibisce
alle regioni la partecipazione alla definizione di aspetti essenziali
della  formazione  che, al contrario, la Corte costituzionale ritiene
debbano vedere l'attiva partecipazione degli enti territoriali.
6)  Violazione  del  principio  di «leale collaborazione» tra Stato e
regioni in tema di «concorrenza di competenze».
   A)  Il  principio  della  «leale collaborazione» sopra indicato e'
stato   piu'   volte   sottolineato   dalla   Corte   costituzionale.
Quest'ultima    ha   affermato   che   «questioni   di   legittimita'
costituzionale possono... anzitutto insorgere per le interferenze tra
norme rientranti in materie di competenza esclusiva, spettanti alcune
allo  Stato  ed  altre, come l'istruzione e formazione professionale,
alle  regioni.  In  tale  ipotesi  puo'  parlarsi  di  concorrenza di
competenze  e  non  di  competenza  ripartita  o  concorrente. Per la
composizione  di  siffatte  interferenze  la Costituzione non prevede
espressamente  un  criterio  ed  e'  quindi  necessaria l'adozione di
principi  diversi:  quello  di  leale  collaborazione, che per la sua
elasticita'  consente  di  avere  al riguardo alle peculiarita' delle
singole  situazioni…..»  (Corte  cost.  n. 50/2005).  In altra
parte  della  motivazione,  la  stessa  sentenza  afferma  che  la  «
previsione  che  le regioni debbano regolamentare i profili formativi
dell'apprendistato  d'intesa  con  i  Ministeri  del  lavoro  e delle
politiche   sociali,   dell'istruzione,   dell'Universita'   e  della
ricerca…  non  lede  le  competenze  regionali  e  costituisce
corretta  attuazione  del  principio  di  leale  collaborazione».  In
particolare,  con  riferimento  alle  qualifiche professionali, si e'
sottolineato  che  «il  coinvolgimento  regionale e' assicurato dalla
partecipazione  dei  rappresentanti  della  Conferenza  Stato-regioni
all'organismo  all'uopo  istituito  presso  il Ministero del lavoro e
delle politiche sociali».
   La  sentenza  della Corte n. 24/2007 ribadisce che quando sussiste
«un'interferenza  di materie, riguardo alle quali esistono competenze
legislative  diverse»  e' necessario procedere alla loro composizione
con  «gli  strumenti della leale collaborazione o, qualora risulti la
prevalenza  di  una  materia  sull'altra,  (con)  l'applicazione  del
criterio appunto di prevalenza».
   La  medesima  decisione  ha  poi  affermato  che  l'attuazione del
principio  di  leale  collaborazione  implica «un sistema che imponga
comportamenti   rivolti   allo   scambio   di   informazioni  e  alla
manifestazione  della  volonta'  di ciascuna delle parti e, in ultima
ipotesi contenga previsioni le quali assicurino il raggiungimento del
risultato,  senza la prevalenza di una parte sull'altra (per esempio,
mediante   l'indicazione  di  un  soggetto  terzo).  E',  invece,  in
contrasto  con  gli  evocati  parametri  costituzionali  la  drastica
previsione,  in  caso  di  mancata  intesa,  della  decisivita' della
volonta'  di una sola delle parti, la quale riduce all'espressione di
un parere il ruolo dell'altra».
   La  Corte,  con  la  sentenza n. 219/2005, ha stabilito che «nelle
ipotesi in cui ricorra una concorrenza di competenze, la Costituzione
non   prevede   espressamente   un  criterio  di  composizione  delle
interferenze.  In  tal  caso  ove  non  possa  ravvisarsi  la  sicura
prevalenza  di  un  complesso  normativo  rispetto ad altri che renda
dominante  la  relativa  competenza legislativa, si deve ricorrere al
canone  della  leale  collaborazione che impone alla legge statale di
predisporre  adeguati  strumenti  di  coinvolgimento  delle Regioni a
salvaguardia delle loro competenze».
   Il   principio  indicato  e'  stato  ribadito  in  numerose  altre
decisioni,  che hanno censurato normative statali che non prevedevano
meccanismi  di coinvolgimento delle regioni su aspetti appartenenti a
competenze concorrenti.
   B)  In  relazione  all'art.  23  oggi  impugnato  la  lesione  del
principio  di  leale  collaborazione  e'  avvenuta  sotto  un duplice
aspetto.
   In  primo  luogo  la  disposizione  non  prevede  alcuna  forma di
«intesa»  o  preventiva  consultazione  vincolante  con  le  regioni,
analogamente  a quanto previsto, al contrario, dall'art. 49, comma 5,
del  d.lgs.  n. 276/2003,  secondo  il quale «la regolamentazione dei
profili  formativi  dell'apprendistato professionalizzante e' rimessa
alle  regioni…  d'intesa  con  le  associazioni  dei  datori e
prestatori  di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano
regionale…».  E poiche' la formazione interna all'azienda, pur
spettando  allo  Stato,  interferisce  con la competenza regionale in
materia,  necessariamente  la disposizione doveva prevedere procedure
ispirate  alla  leale collaborazione e che consentissero alle regioni
di  influenzare  gli  assetti  dei  contenuti  formativi rimessi alle
scelte dell'autonomia collettiva e degli enti bilaterali.
   La  mancata  previsione di tali procedure o di «adeguati strumenti
di coinvolgimento delle regioni a salvaguardia delle loro competenze»
rende la disposizione costituzionalmente illegittima.
   C)  Inoltre,  nessuna  delle proposte unanimemente condivise dalle
regioni  e  presentate nel corso della Conferenza unificata tenuta in
data  17 luglio 2008 e' stata minimamente presa in considerazione dal
legislatore  statale, che ha dunque proceduto in assenza di qualunque
forma di parere e di intesa, manifestando anche per questo profilo la
violazione del principio di leale collaborazione (doc. 3 - 5).
   In  particolare,  la  Conferenza  delle  regioni  e delle province
autonome:
     aveva  sottolineato  che,  con  l'articolo  23  oggi  censurato,
venivano  attribuite  «alle Parti Sociali; fino agli Enti bilaterali,
competenze  specifiche  regionali in materia di profili formativi, di
certificazione, di trascrizione su libretto formativo»;
     aveva   rilevato   che   con  questa  norma  «l'effetto  sarebbe
implicitamente  abrogativo  della  competenza  regionale  in materia,
riaffermata  anche  dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze nn.
50/2005;  406/2006;  425/2006;  21/2007; 24/2007), che fra l'altro ha
dichiarato  costituzionale  la  previsione  contenuta in alcune leggi
regionali   (Marche,   Puglia,   Sardegna)   che   impone  formazione
prevalentemente esterna…»;
     aveva  proposto  l'abrogazione dell'articolo 23 o, in subordine,
una sua riformulazione che, come risulta evidente dal testo che viene
allegato  al presente ricorso, prevedeva espressamente un ruolo delle
regioni,  stabilendo  che la formazione in sede aziendale, prefissata
dai contratti collettivi nazionali di lavoro, avvenisse «nei limiti e
alle  condizioni  in  cui lo consentano le leggi regionali…..»
(doc. 5, pagina 8).
   Le  proposte indicate sono state totalmente ignorate dal Governo e
dal  Parlamento,  che  hanno  integralmente  confermato  la  versione
originale dell'articolo 23 contestata dalla Conferenza.

        
      
                             P.  Q.  M.
   Si   chiede   che   la   Corte  costituzionale  voglia  dichiarare
costituzionalmente  illegittimo l'articolo 23, comma 2, della legge 6
agosto 2008, n. 133, di conversione del decreto-legge 25 giugno 2008,
n. 112, per i motivi illustrati nel presente ricorso.
   Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno:
     1) copia autentica deliberazione Giunta regionale Puglia n. 1761
del 23 settembre 2008;
     2)  copia lettera del 17 settembre 2008 della direzione generale
per  l'innovazione tecnologica e la comunicazione del Ministero della
salute, del lavoro e delle politiche sociali;
     3) copia convenzione Conferenza unificata;
     4)  copia  report della seduta della Conferenza unificata del 17
luglio 2008;
     5) copia proposte di emendamenti alla manovra finanziaria varata
dal Consiglio dei ministri il 18 giugno 2008.
      Pescara-Roma, addi' 15 ottobre 2008
                     Prof. Avv. Valerio Speziale

    

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