Ricorso n. 85 del 29 ottobre 2008 (Regione Puglia)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 29 ottobre 2008 , n. 85
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 29 ottobre 2008 (della Regione Puglia)
(GU n. 1 del 7-1-2009)
Ricorso del Presidente della Giunta regionale della Regione Puglia, dott. Nicola Vendola, rappresentato e difeso, con delibera di Giunta regionale n. 1761 del 23 settembre 2008, dal prof. avv. Valerio Speziale, ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via Flaminia n. 109, presso lo studio dell'avv. Giuseppe Fontana, con procura a margine del presente atto; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri dello Stato, on. Silvio Berlusconi, per la declaratoria della illegittimita' costituzionale dell'articolo 23, comma 2, della legge dello Stato 6 agosto 2008, n. 133, di conversione del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 195 del 21 agosto 2008, supplemento ordinario n. 196. F a t t o 1. - In data 21 agosto 2008 e' stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale la legge 6 agosto 2008, n. 133, che ha convertito il decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, recante «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria». 2. - L'articolo 23 del decreto-legge, nella sua formulazione finale conseguente alla legge di conversione 133/2008, ha il seguente contenuto: «1. All'articolo 49, comma 3, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 /e parole da ''inferiore a due anni e superiore a sei sono sostituite con superiore a sei anni''. 2. All'articolo 49 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e' aggiunto il seguente comma: ''5-ter In caso di formazione esclusivamente aziendale non opera quanto previsto dal comma 5. In questa ipotesi i profili formativi dell'apprendistato professionalizzante sono rimessi integralmente ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale . da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale ovvero agli enti bilaterali. I contratti collettivi e gli enti bilaterali definiscono la nozione di formazione aziendale e determinano, per ciascun profilo formativo, la durata e le modalita' di erogazione della formazione, le modalita' di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione nel libretto formativo''. 3. A comma 1 dell'articolo 50 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 dopo le parole ''alta formazione'' sono inserite le seguenti: '', compresi i dottorati di ricerca''. 4. Al comma 3 dell'articolo 50 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 dopo le parole ''e le altre istituzioni formative'' sono aggiunti i seguenti periodi: ''In assenza di regolamentazioni regionali l'attivazione dell'apprendistato di alta formazione e' rimessa ad apposite convenzioni stipulate dai datori di lavoro con le Universita' e le altre istituzioni formative. Trovano applicazione, per quanto compatibili; i principi stabiliti all'articolo 49, comma 4, nonche' le disposizioni di cui all'articolo 53''. 5. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogati:. a) l'articolo 1 del decreto ministeriale 7 ottobre 1999; b) l'articolo 21 e l'articolo 24, commi terzo e quarto, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1956, n. 1668; c) l'articolo 4 della legge 19 gennaio 1955, n. 25». 3. - Con deliberazione della giunta regionale n. 1761 del 23 settembre 2008, la Regione Puglia ha deliberato di impugnare l'articolo 23 del decreto-legge n. 112/2008, convertito con la legge n. 133/2008 (doc. 1). La disposizione sopra indicata della legge statale viola la Costituzione in quanto invade la competenza legislativa delle regioni e deve pertanto essere dichiarata costituzionalmente illegittima per le seguenti considerazioni in D i r i t t o 1) Violazione, da parte dell'art. 23, comma 2, della legge 6 agosto 2008, n. 133, dell'art. 117, secondo comma, cost. Attribuzione alla regione, ai sensi della disposizione costituzionale, della competenza esclusiva in materia di formazione professionale per quanto attiene alla determinazione dei contenuti formativi. A) Come e' noto, la sentenza della Corte n. 50/2005, successivamente confermata da altre decisioni analoghe, ha affermato che la competenza esclusiva delle regioni riguarda soltanto la istruzione e la formazione professionale pubbliche. «La formazione aziendale rientra invece nel sinallagma contrattuale e quindi nelle competenze dello Stato in materia di ordinamento civile». La Corte, inoltre, ha sostenuto che la distinzione tra i due profili (formazione pubblica e privata) non e' netta e che «nella regolamentazione dell'apprendistato ne' l'una ne' l'altra appaiono allo stato puro, ossia separate nettamente tra di loro e da altri aspetti dell'Istituto. Occorre percio' tener conto di tali interferenze». A prescindere da quest'ultimo aspetto, che verra' in seguito esaminato, la regione Puglia ritiene che l'interpretazione fornita dalla Corte con la sentenza sopra indicata debba essere meglio precisata in concreto. B) La decisione n. 50/2005 parte correttamente dalla idea che la formazione attiene sia al profilo causale del rapporto di lavoro (e quindi debba essere inclusa nella sfera di competenza dell'ordinamento civile), sia a quello della formazione professionale, che appartiene invece alla potesta' legislativa della regione. Tuttavia, anche se il presupposto dell'interpretazione e' corretto, la concreta applicazione dei criteri di ripartizione tra le due forme di competenza legislativa dovrebbe essere meglio precisata in relazione alle fattispecie concrete. Va in primo luogo ricordato che la nuova formulazione dell'articolo 117 della Costituzione attribuisce la formazione professionale alla potesta' legislativa esclusiva delle regioni. Tale enfasi del testo costituzionale su una competenza sottratta all'intervento dello Stato deve essere, in questa circostanza, adeguatamente apprezzata dalla Corte. L'attribuzione agli enti territoriali della potesta' legislativa esclusiva in questa materia dovrebbe suggerire un criterio di ripartizione delle competenze molto restrittivo a carico dello Stato ed indubbiamente piu' estensivo nei confronti delle regioni. Quando l'art. 117 Cost. attribuisce agli enti territoriali il potere legislativo in materia di «formazione professionale» evidentemente affida alle regioni una competenza generale su tutto cio' che attiene agli aspetti formativi, senza necessita' di distinguere tra formazione pubblica esterna e formazione privata aziendale. Quest'ultima, infatti, e' sempre connessa ad un profilo di crescita e di qualificazione delle conoscenze del lavoratore che non puo' non essere ricompreso nell'ambito della formazione propriamente detta a cui fa riferimento il testo costituzionale. Si potrebbe obiettare che tale interpretazione di fatto escluderebbe qualsiasi competenza dello Stato. E che, al contrario, poiche' la formazione attiene alla causa del contratto (e, quindi, al rapporto sinallagmatico), necessariamente l'ordinamento giuridico statale deve avere propri margini di potesta' legislativa. Tale obiezione, peraltro, non coglierebbe nel segno, in quanto il profilo causale della formazione puo' determinare una competenza su aspetti che non coincidono con la formazione effettuata in ambito aziendale. Infatti, se la formazione ha rilievo in rapporto al vincolo sinallagmatico, lo Stato conserva il suo potere legislativo sugli aspetti formativi che incidono sul rapporto di lavoro propriamente detto ed in particolare: a) sulla quantita' di formazione che deve essere realizzata (perche' un maggiore o minore limite quantitativo incide sul carattere piu' o meno formativo del rapporto e, quindi, sulla stessa causa del contratto); b) sulle retribuzioni o sulle qualifiche connesse all'acquisita formazione; c) sulla durata del rapporto; d) sull'eventuale regime sanzionatorio connesso alla violazione dell'obbligo formativo (ad esempio la conversione del contratto in rapporto a tempo indeterminato qualora non vengano rispettate le prescrizioni sulla formazione imposte dalla legislazione regionale). Quelli indicati sono gli aspetti della formazione professionale che influenzano direttamente il contratto di lavoro nel suo profilo interno. La determinazione del contenuto formativo, sia esso esterno che interno e che rispecchia anche un interesse pubblicistico ad incrementare le competenze del lavoratore ed a favorirne la occupabilita' sul mercato del lavoro, non puo' che essere attribuito alla regione. D'altra parte, nessuno potrebbe dubitare che la formazione attenga espressamente alla gestione del mercato del lavoro che, per unanime interpretazione dottrinaria e della stessa Corte costituzionale, e' oggi stata conferita agli enti territoriali. D) Se l'interpretazione proposta venisse accolta dalla Corte, ovviamente l'art. 23, comma 2, della legge n. 133/2008 sarebbe del tutto incostituzionale. Esso, infatti, viene a regolare una materia (i profili formativi realizzati all'interno dell'azienda) che, al contrario, l'art. 117 cost. devolve alla esclusiva competenza regionale. 2) Violazione, da parte dell'art. 23, comma 2, della legge 6 agosto 2008, n. 133, dell'art. 117, secondo comma, cost. Violazione del principio della «concorrenza di competenze» e della «interferenza» tra le stesse. «Esproprio» totale delle competenze regionali in materia di formazione interna. A) L'art. 23, comma 2, della legge 133/2008 e' comunque incostituzionale anche per altri profili, alla luce della interpretazione adottata dal Giudice delle leggi con la sentenza n. 50/2005 e confermata dalle successive pronunce. La Corte, infatti, ha ripetutamente affermato che la distinzione tra formazione interna (appartenente allo Stato) e quella esterna (spettante alla Regione) non puo' essere assunta «allo stato puro, ossia nettamente separate tra di loro e da altri aspetti dell'istituto. Occorre percio' tenere conto di tali interferenze». Infatti, «le molteplici interferenze in materie diverse non consentono la risoluzione delle questioni stesse sulla base di rigidi criteri…» (Corte cost. n. 50/2005). Si e' parlato di un «sistema di competenze concorrenti e (di) concorso di competenze che si verifica in tema di apprendistato (sentenza 50 del 2005)» (Corte cost. n. 21/2007; n. 50/2005). Inoltre, si e' detto che «in materia di apprendistato professionalizzante si e' rilevata (anche) un'interferenza di materie, riguardo alle quali esistono competenze legislative diverse, alla cui composizione provvedono, quando e' possibile, gli strumenti della leale collaborazione o, qualora risulti la prevalenza di una materia sull'altra, l'applicazione del criterio appunto di prevalenza» (Corte cost. n. 24/2007). La stessa decisione n. 50 del 2005 rilevava come la disciplina dettata dagli artt. 48 e ss. del d.lgs. n. 276/2003 in tema di apprendistato metteva in evidenza «siffatta commistione di competenze». «Commistione» che, d'altra parte, e' chiaramente manifestata dal contenuto dell'art. 49 del d.lgs. n. 276/2003 il quale, in materia di apprendistato professionalizzante, nel comma 5, affida espressamente alle regioni, d'intesa con le organizzazioni sindacali, la regolamentazione «dei profili formativi dell'apprendistato», individuando una serie di principi e criteri direttivi di carattere contenutistico e riferiti indifferentemente alla «formazione esterna ed interna all'impresa». B) Ebbene, il comma 5-ter dell'art. 49 (aggiunto dall'art. 23, comma 2, della legge n. 133/2008) al contrario prevede che «in caso di formazione esclusivamente aziendale non opera quanto previsto dal comma 5. In questa ipotesi i profili formativi dell'apprendistato professionalizzante sono rimessi integralmente ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale ovvero agli enti bilaterali. I contratti collettivi e gli enti bilaterali definiscono la nozione di formazione aziendale e determinano, per ciascun profilo formativo, la durata e le modalita' di erogazione della formazione, le modalita' di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione nel libretto formativo». In questo caso, come ben si vede, la legge esclude qualsiasi competenza della regione in materia formativa, rimettendola esclusivamente alla contrattazione collettiva ed agli enti bilaterali. Si tratta, all'evidenza, di un vero e proprio «esproprio» della potesta' legislativa regionale, la quale e' totalmente esclusa dalla disposizione. Un simile regolamentazione, nel negare la competenza regionale, contraddice il principio della concorrenza di competenze e della necessaria interferenza tra quella interna aziendale e quella esterna. L'attuale assetto costituzionale rende possibile applicare, al piu', «il criterio di prevalenza» nell'ambito della interconnessione tra formazione interna ed esterna (Corte cost. n. 24/2007; Corte cost. n. 50/2005), che sono materie per le quali «esistono competenze legislative diverse» (Corte cost. n. 24/2007). Esso, peraltro, vieta in maniera assoluta la esclusione totale dell'apporto legislativo della regione per i profili che attengono ai processi formativi svolti in ambito aziendale. La Corte costituzionale ha gia' rilevato che «non puo' essere una legge ordinaria a modificare l'assetto costituzionale delle competenze legislative» (Corte cost. n. 50/2005). L'art. 23, comma 2, al contrario, produce, alla luce della interpretazione della materia data dalla Corte, esattamente l'effetto vietato sopra descritto. C) Per meglio comprendere il vulnus operato dalla disposizione impugnata, e' sufficiente riportare un altro importante principio espresso nella decisione della Corte n. 24 del 2007. La sentenza afferma che «e' in sede di definizione dei profili formativi… che la regione puo' far valere i propri punti di vista e le proprie esigenze anche nella disciplina della formazione endo aziendale, per la parte in cui questa riguardi materie attinenti alla tutela e sicurezza del lavoro, di competenza concorrente. La Corte ribadisce come sia «fisiologico» che il processo formativo realizzato dal datore di lavoro in azienda possa avere ad oggetto materie che riguardano la sicurezza del lavoro. E che, proprio su questo tema, si verifica una delle forme piu' eclatanti di «interferenza tra competenze». L'art. 23, comma 2, della legge n. 133/2008 attribuisce potenzialmente all'autonomia collettiva ed agli enti bilaterali anche la possibilita' di introdurre disposizioni in materia di «sicurezza del lavoro» senza che la regione possa minimamente interloquire e fissare propri parametri di regolamentazione di una materia cosi' delicata (si pensi agli infortuni sul lavoro o ai requisiti tecnici degli apparati di sicurezza!). E, d'altra parte, non vi e' alcun dubbio che la sicurezza e' materia di competenza concorrente tra Stato e regioni, in coerenza con quanto recentemente affermato anche da questa Corte (sentenze nn. 50/2005; 213/2006; 384/2005 ed altre). Si tratta di una incongruenza che dimostra, in modo evidente, la incostituzionalita' della disposizione, che, di fatto, toglie alle regioni la potesta' legislativa sui profili formativi connessi alla sicurezza sul lavoro. 3) Violazione, da parte dell'art. 23, comma 2, della legge 6 agosto 2008, n. 133, dell'art. 117, secondo comma, Cost. Violazione del principio della «concorrenza di competenze» e della «interferenza» tra le stesse. Possibilita' di ricorrere alla sola formazione interna e senza alcun concorso delle regioni alla determinazione dei contenuti formativi. A) La disposizione impugnata inizia con la seguente frase: «in caso di formazione esclusivamente aziendale non opera quanto previsto dal comma 5» (dell'art. 49 del d.lgs. n. 276/2003) e, nella parte successiva, esclude la regione dalla determinazione dei profili formativi. La disposizione e' assolutamente generica e non specifica chi sia il soggetto che dovrebbe concretamente decidere una formazione soltanto aziendale. La norma puo' essere interpretata come attributiva al datore di lavoro di tale potere di scelta. Questa e' l'interpretazione fatta propria dal Ministero della salute, del lavoro e delle politiche sociali. In una lettera inviata a tutti responsabili delle regioni italiane, il Ministero, nel commentare l'art. 23, comma 2, afferma che esso consente «alle parti sociali (contratti collettivi nazionali; territoriali e aziendali) e agli enti bilaterali di disciplinare direttamente e integralmente i profili formativi, definendo la nozione di formazione aziendale e determinando, per ciascun profilo, la durata e le modalita' di erogazione della formazione, le modalita' di riconoscimento della qualifica professionale e la registrazione nel libretto formativo. Si tratta, dunque, della possibilita' per le aziende di erogare direttamente, entro precisi limiti fissati dei contratti collettivi di lavoro, la formazione agli apprendisti, svincolandosi dalla definizione regionale dei profili formativi» (doc. 2). In questo caso si verrebbe a violare il principio della «concorrenza di competenze» attribuendo ad un privato la possibilita' di escludere la regione dalla definizione dei criteri e contenuti della formazione interna. In sostanza, la necessaria «interferenza» tra le due modalita' formative verrebbe in questo modo ad essere totalmente esclusa, in palese violazione del criterio di riparto legislativo previsto dalla Costituzione. Inoltre, la disposizione, se cosi' letta, eliminerebbe la potesta' della regione di definire congiuntamente profili formativi interni ed esterni. In sostanza, una norma di legge statale consentirebbe di eludere il vincolo costituzionale della possibilita', per la regione, di richiedere anche una formazione da effettuare al di fuori dell'impresa ed imporrebbe un unico canale formativo (quello aziendale). E cio' si porrebbe tra l'altro anche in contrasto con il principio, piu' volte ribadito dalla Corte costituzionale, secondo cui le regioni hanno la possibilita' di imporre la formazione esterna come modalita' formativa prevalente (Corte cost. n. 24/2007 ed altre). 4) Violazione, da parte dell'art. 23, comma 2, della legge 6 agosto 2008, n. 133, dell'art. 117, secondo comma, Cost. Violazione del principio della «concorrenza di competenze» e della «interferenza» tra le stesse in relazione al rapporto tra formazione aziendale e regolazione del mercato del lavoro regionale. A) L'art. 23, comma 2, della legge n. 133/2008 attribuisce ad autonomia collettiva ed enti bilaterali il potere di definire «la nozione di formazione aziendale» e di determinare «per ciascun profilo formativo, la durata e le modalita' di erogazione della formazione, le modalita' di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione nel libretto forrnativo». B) Tutte le materie affidate alla competenza delle parti sociali sono strettamente interconnesse con la posizione del lavoratore nel mercato del lavoro e con l'inevitabile nesso strumentale tra formazione e possibilita' occupazionali. Infatti: a) con la formazione il lavoratore incrementa le sue competenze e le sue capacita' di reperire diverse attivita' lavorative accrescendo le proprie potenzialita' di occupazione; b) la qualifica professionale e' uno degli elementi fondamentali per una proficua ricollocazione in altre attivita' lavorative. In sostanza, le caratteristiche della formazione aziendale, le modalita' del suo svolgimento ed il riconoscimento della qualifica sono aspetti che incidono necessariamente sulla posizione del lavoratore nel mercato del lavoro esterno all'azienda. In tale ambito non vi e' alcun dubbio che si tratti di materia di competenza concorrente delle regioni. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 50/2005, ha affermato che «quale che sia il completo contenuto che debba riconoscersi alla materia ''tutela e sicurezza del lavoro'', non si dubita che in essa rientri la disciplina dei servizi per l'impiego ed in ispecie quella del collocamento». Se, dunque, il mercato di lavoro e' materia di competenza concorrente, la disciplina di aspetti connessi alla formazione aziendale che incidono necessariamente su tale materia avrebbero dovuto essere regolati con l'individuazione dei principi fondamentali da parte dello Stato ed il rinvio alla regione per la normativa di dettaglio. Al contrario, l'articolo 23, comma 2, esclude totalmente le regioni da qualsiasi potere regolativo, con evidente violazione dell'articolo 117 della Costituzione. 5) Violazione, da parte dell'art. 23, comma 2, della legge 6 agosto 2008, n. 133, dell'art. 117, secondo comma, Cost. Violazione del principio della «concorrenza di competenze» e della «interferenza» tra le stesse in relazione al riconoscimento della qualifica professionale ed ai crediti formativi. A) La Corte costituzionale, con la sentenza n. 50/2005, ha affermato che «l'acquisizione dei crediti formativi attraverso il contratto di apprendistato - la cui disciplina, per cio' che attiene ai rapporti intersoggettivi tra datore e lavoratore, compresa la formazione all'interno dell'azienda, appartiene alla competenza dello Stato - giustifica la disciplina statale del riconoscimento dei crediti stessi, mentre il coinvolgimento delle regioni e' assicurato mediante lo strumento piu' pregnante di attuazione del principio di leale collaborazione e cioe' attraverso l'intesa. Da tanto consegue l'inammissibilita' della censura proposta nei confronti della medesima norma in riferimento all'art. 76 Cost., dal momento che l'asserito eccesso di delega comunque non ridonda in violazione della sfera di competenza regionale. Argomenti non eguali, ma che nascono dallo stesso ordine d'idee, conducono a ritenere infondata la questione avente ad oggetto l'articolo 52 del d.lgs. n. 276, dal momento che le qualifiche professionali, la cui armonizzazione la norma disciplina, sono strettamente collegate ai crediti formativi ed il coinvolgimento regionale e' assicurato dalla partecipazione dei rappresentanti della Conferenza Stato-regioni all'organismo all'uopo istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali». B) I principi enucleati dalla Corte costituzionale sono chiarissimi: in tema di crediti formativi e di qualifiche professionali deve essere assicurato il coinvolgimento delle regioni, con strumenti opportuni che ne garantiscano l'esercizio della «leale collaborazione». La disposizione impugnata, al contrario, non prevede alcuna forma di partecipazione delle regioni per quanto riguarda le modalita' di riconoscimento dalla qualifica professionale (rimessa esclusivamente alle parti sociali tramite enti bilaterali o atti di autonomia collettiva). Tra l'altro, questa omissione si riflette anche sulla disciplina del riconoscimento dei crediti formativi. Infatti «la qualifica professionale conseguita attraverso il contratto di apprendistato costituisce credito formativo per il perseguimento nei percorsi di istruzione e di istruzione e formazione professionale (art. 51, d.lgs. n. 276/2003). Se, dunque, le regioni non possono incidere sui criteri di definizione delle qualifiche professionali, questa esclusione si riflette indirettamente sulle modalita' di riconoscimento dei crediti stessi, rispetto ai quali la regione ha un diritto/dovere di «intesa» (ai sensi dell'art. 52, comma 2, del d.lgs. n. 276/2003). In sostanza, l'art. 23, comma 2, della legge n. 133/2008 inibisce alle regioni la partecipazione alla definizione di aspetti essenziali della formazione che, al contrario, la Corte costituzionale ritiene debbano vedere l'attiva partecipazione degli enti territoriali. 6) Violazione del principio di «leale collaborazione» tra Stato e regioni in tema di «concorrenza di competenze». A) Il principio della «leale collaborazione» sopra indicato e' stato piu' volte sottolineato dalla Corte costituzionale. Quest'ultima ha affermato che «questioni di legittimita' costituzionale possono... anzitutto insorgere per le interferenze tra norme rientranti in materie di competenza esclusiva, spettanti alcune allo Stato ed altre, come l'istruzione e formazione professionale, alle regioni. In tale ipotesi puo' parlarsi di concorrenza di competenze e non di competenza ripartita o concorrente. Per la composizione di siffatte interferenze la Costituzione non prevede espressamente un criterio ed e' quindi necessaria l'adozione di principi diversi: quello di leale collaborazione, che per la sua elasticita' consente di avere al riguardo alle peculiarita' delle singole situazioni…..» (Corte cost. n. 50/2005). In altra parte della motivazione, la stessa sentenza afferma che la « previsione che le regioni debbano regolamentare i profili formativi dell'apprendistato d'intesa con i Ministeri del lavoro e delle politiche sociali, dell'istruzione, dell'Universita' e della ricerca… non lede le competenze regionali e costituisce corretta attuazione del principio di leale collaborazione». In particolare, con riferimento alle qualifiche professionali, si e' sottolineato che «il coinvolgimento regionale e' assicurato dalla partecipazione dei rappresentanti della Conferenza Stato-regioni all'organismo all'uopo istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali». La sentenza della Corte n. 24/2007 ribadisce che quando sussiste «un'interferenza di materie, riguardo alle quali esistono competenze legislative diverse» e' necessario procedere alla loro composizione con «gli strumenti della leale collaborazione o, qualora risulti la prevalenza di una materia sull'altra, (con) l'applicazione del criterio appunto di prevalenza». La medesima decisione ha poi affermato che l'attuazione del principio di leale collaborazione implica «un sistema che imponga comportamenti rivolti allo scambio di informazioni e alla manifestazione della volonta' di ciascuna delle parti e, in ultima ipotesi contenga previsioni le quali assicurino il raggiungimento del risultato, senza la prevalenza di una parte sull'altra (per esempio, mediante l'indicazione di un soggetto terzo). E', invece, in contrasto con gli evocati parametri costituzionali la drastica previsione, in caso di mancata intesa, della decisivita' della volonta' di una sola delle parti, la quale riduce all'espressione di un parere il ruolo dell'altra». La Corte, con la sentenza n. 219/2005, ha stabilito che «nelle ipotesi in cui ricorra una concorrenza di competenze, la Costituzione non prevede espressamente un criterio di composizione delle interferenze. In tal caso ove non possa ravvisarsi la sicura prevalenza di un complesso normativo rispetto ad altri che renda dominante la relativa competenza legislativa, si deve ricorrere al canone della leale collaborazione che impone alla legge statale di predisporre adeguati strumenti di coinvolgimento delle Regioni a salvaguardia delle loro competenze». Il principio indicato e' stato ribadito in numerose altre decisioni, che hanno censurato normative statali che non prevedevano meccanismi di coinvolgimento delle regioni su aspetti appartenenti a competenze concorrenti. B) In relazione all'art. 23 oggi impugnato la lesione del principio di leale collaborazione e' avvenuta sotto un duplice aspetto. In primo luogo la disposizione non prevede alcuna forma di «intesa» o preventiva consultazione vincolante con le regioni, analogamente a quanto previsto, al contrario, dall'art. 49, comma 5, del d.lgs. n. 276/2003, secondo il quale «la regolamentazione dei profili formativi dell'apprendistato professionalizzante e' rimessa alle regioni… d'intesa con le associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano regionale…». E poiche' la formazione interna all'azienda, pur spettando allo Stato, interferisce con la competenza regionale in materia, necessariamente la disposizione doveva prevedere procedure ispirate alla leale collaborazione e che consentissero alle regioni di influenzare gli assetti dei contenuti formativi rimessi alle scelte dell'autonomia collettiva e degli enti bilaterali. La mancata previsione di tali procedure o di «adeguati strumenti di coinvolgimento delle regioni a salvaguardia delle loro competenze» rende la disposizione costituzionalmente illegittima. C) Inoltre, nessuna delle proposte unanimemente condivise dalle regioni e presentate nel corso della Conferenza unificata tenuta in data 17 luglio 2008 e' stata minimamente presa in considerazione dal legislatore statale, che ha dunque proceduto in assenza di qualunque forma di parere e di intesa, manifestando anche per questo profilo la violazione del principio di leale collaborazione (doc. 3 - 5). In particolare, la Conferenza delle regioni e delle province autonome: aveva sottolineato che, con l'articolo 23 oggi censurato, venivano attribuite «alle Parti Sociali; fino agli Enti bilaterali, competenze specifiche regionali in materia di profili formativi, di certificazione, di trascrizione su libretto formativo»; aveva rilevato che con questa norma «l'effetto sarebbe implicitamente abrogativo della competenza regionale in materia, riaffermata anche dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze nn. 50/2005; 406/2006; 425/2006; 21/2007; 24/2007), che fra l'altro ha dichiarato costituzionale la previsione contenuta in alcune leggi regionali (Marche, Puglia, Sardegna) che impone formazione prevalentemente esterna…»; aveva proposto l'abrogazione dell'articolo 23 o, in subordine, una sua riformulazione che, come risulta evidente dal testo che viene allegato al presente ricorso, prevedeva espressamente un ruolo delle regioni, stabilendo che la formazione in sede aziendale, prefissata dai contratti collettivi nazionali di lavoro, avvenisse «nei limiti e alle condizioni in cui lo consentano le leggi regionali…..» (doc. 5, pagina 8). Le proposte indicate sono state totalmente ignorate dal Governo e dal Parlamento, che hanno integralmente confermato la versione originale dell'articolo 23 contestata dalla Conferenza.
P. Q. M. Si chiede che la Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimo l'articolo 23, comma 2, della legge 6 agosto 2008, n. 133, di conversione del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, per i motivi illustrati nel presente ricorso. Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno: 1) copia autentica deliberazione Giunta regionale Puglia n. 1761 del 23 settembre 2008; 2) copia lettera del 17 settembre 2008 della direzione generale per l'innovazione tecnologica e la comunicazione del Ministero della salute, del lavoro e delle politiche sociali; 3) copia convenzione Conferenza unificata; 4) copia report della seduta della Conferenza unificata del 17 luglio 2008; 5) copia proposte di emendamenti alla manovra finanziaria varata dal Consiglio dei ministri il 18 giugno 2008. Pescara-Roma, addi' 15 ottobre 2008 Prof. Avv. Valerio Speziale