Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in cancelleria il 31 agosto  2011  (del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri).

 

 

 

(GU n. 43 del 12.10.2011)

 

    Ricorso  del  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri,   (C.F...)  rappresentato  e  difeso  per   legge   dall'Avvocatura Generale        dello        Stato         (C.F....; Pec....;  fax ...  presso  i  cui

uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12;

    Contro La Regione Autonoma della Sardegna, (C.F. ...)  in persona del Presidente della Giunta pro tempore;

    Per la declaratoria di incostituzionalita' degli artt.  3,  comma 1, 17 comma 9, 18 commi 20 e 23 lett. c), 20 e 21 della  legge  della Regione Sardegna n. 12 del 30 giugno 2011, pubblicata nel  B.U.R.  n. 20 del 5 luglio  2011,  avente  ad  oggetto  «Disposizioni  nei  vari settori d'intervento», in relazione agli artt. 3, 4,  5  e  56  della legge costituzionale n. 3 del  26  febbraio  1948  (Statuto  speciale della Regione Sardegna), nonche' in relazione all'artt. 3, 97 e  117, comma secondo, lett. e), l) s) e comma terzo Cost.

    1) La disposizione contenuta nell'articolo 3, comma 1 prevede che

«Ai sensi e per gli effetti dell'articolo 8 dello  Statuto  speciale, cosi' come sostituito dal comma 834 dell'articolo 1  della  legge  27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2006), ancorche' in  assenza dell'adeguamento delle relative  norme  di  attuazione,  a  decorrere dall'anno 2010, gli accertamenti delle compartecipazioni regionali ai

tributi erariali sono effettuati anche sulla  base  degli  indicatori disponibili relativi ai gettiti tributari».

    Tale norma disciplina unilateralmente con legge regionale aspetti demandati a norme di attuazione dello Statuto speciale di  autonomia, consentendo  di   derogare   alle   vigenti   norme   di   attuazione dell'articolo 8 dello Statuto Speciale di autonomia, contenute  negli articoli da 32 a 38 del d.P.R. n. 250/1949.

    La richiamata norma  regionale  eccede  quindi  dalle  competenze statutarie di cui agli articoli 4  e  5  dello  Statuto  speciale  di autonomia (I.e. n.  3/1948),  ponendosi  altresi'  in  contrasto  con l'articolo 56 del medesimo  Statuto  speciale,  che  demanda  ad  una Commissione  paritetica  composta  da  membri  statali  e  regionali, l'elaborazione delle norme di attuazione dello Statuto.

    La particolare procedura prevista da una  disposizione  di  rango costituzionale quale il citato art. 56 dello Statuto rende  le  norme di attuazione derogabili solo da fonti pari ordinate adottate con  la medesima procedura.

    Codesta Ecc.ma Corte ha piu' volte  affermato  che  le  norme  di attuazione degli Statuti Speciali «sono dotate di forza prevalente su quella delle leggi ordinarie (sentenze nn. 213/1998, 160 del  1985  e 151 del 1972)» e che «i decreti legislativi di attuazione statutaria, preceduti dalle proposte o dai  pareri  delle  ricordate  commissioni

paritetiche, sono espressione di una competenza separata e riservata» (sent. n. 180/1980).

    2) La disposizione contenuta nell'art. 17, comma 9 della legge in esame prevede che, ai sensi dell'articolo 6,  comma  9,  del  decreto legislativo  3  marzo  2011,  n.  28  (Attuazione   della   direttiva 2009/28/CE  sulla   promozione   dell'uso   dell'energia   da   fonti rinnovabili), l'installazione e esercizio di impianti di  generazione elettrica alimentati da biogas e biometano,  sono  assoggettati  alla procedura abilitativa semplificata  solo  per  alcuni  soggetti,  ivi indicati. Tale disposizione regionale contrasta con  quanto  previsto dall'art. 6 del  d.lgs.  n.  28/2011,  il  quale  prescrive  che  per l'accesso alla procedura semplificata l'impianto non debba avere  una potenza massima superiore ad a 1  MW,  senza  prevedere  tuttavia  la possibilita' di usufruire della  procedura  abilitativa  semplificata solo per determinati soggetti.

    Inoltre, sempre l'art. 6, comma 9, d.lgs. 28/2011 dispone che «Le Regioni e  le  Province  autonome  possono  estendere  la  soglia  di applicazione della procedura di cui  al  comma  1  agli  impianti  di potenza nominale fino ad 1 MW elettrico, definendo altresi' i casi in cui, essendo previste autorizzazioni ambientali o  paesaggistiche  di competenza di amministrazioni diverse dal Comune, la realizzazione  e l'esercizio dell'impianto e delle opere  connesse  sono  assoggettate all'autorizzazione unica di cui all'articolo 5».

    Risulta chiaro, pero', che la  disciplina  nazionale  prevede  un criterio di differenziazione delle procedure  amministrative  fondato sulla  diversa  configurazione  dell'impianto,   non   del   soggetto richiedente l'autorizzazione stessa.

    A tal  fine,  la  differenziazione  tra  procedure  autorizzative maggiormente gravose si legittima in  ragione  della  tipologia  piu' complessa dell'impianto, come stabilito dall'art. 12  del  d.lgs.  n. 387/2003, dagli artt. 4 e ss. del d.lgs. 28/2011 e dalle linee  guida di cui al D.M. 10 settembre 2010.

    E'  opportuno  premettere  che  la  Regione  Sardegna,  ai  sensi dell'art. 4 primo comma lett.  e)  dello  Statuto  di  autonomia  ha competenza concorrente in  materia  di  «produzione  e  distribuzione dell'energia elettrica». Per tali motivi, il  legislatore  regionale, prevedendo all'art. 17 comma  9  disposizioni  in  contrasto  con  la normativa statale di riferimento,  eccede  dalla  propria  competenza

statutaria di cui al citato art. 4  dello  Statuto  di  autonomia  ed invade la competenza esclusiva dello  Stato  in  materia  di  «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» di cui all'art. 117, comma  2  lett. s) della Costituzione in  quanto,  come  ampiamente  riconosciuto  da codesta Ecc.ma  Corte,  la  promozione  e  lo  sviluppo  delle  fonti energetiche alternative rientra nella materia predetta.

    3) La norma contenuta nell'articolo 18, comma 20, prevede che " i soggetti di cui all'articolo 10 del decreto  legislativo  4  dicembre 1997, n. 460 (Riordino della disciplina  tributaria  degli  enti  non commerciali  e  delle  organizzazioni  non  lucrative   di   utilita'

sociale),  che  intendono  accedere  all'esenzione  IRAP   ai   sensi dell'articolo 17, comma 5, della legge regionale 29 aprile 2003, n. 3 (legge  finanziaria  2003),  trasmettono  alla   direzione   generale dell'Assessorato regionale della programmazione, bilancio, credito  e assetto del territorio, entro i termini previsti per la presentazione della dichiarazione dei  redditi,  una  comunicazione  con  la  quale attestano di avere diritto  all'esenzione.  La  mancata  trasmissione della comunicazione entro i termini previsti  comporta  la  decadenza dall'esenzione».

    Tale previsione  e'  particolarmente  restrittiva  nei  confronti delle ONLUS della  Sardegna  ammesse  a  fruire  dell'esenzione  IRAP prevista dall'articolo 17 comma 5 della l.r. 3/2003, in quanto appare oltremodo eccessivo e in contrasto con la normativa statale prevedere la decadenza dall'esenzione in  caso  di  mancata  comunicazione  che attesti il diritto a fruire di tale agevolazione.

    La  disposizione  in  esame  impone  a  carico  delle  Onlus   un adempimento ulteriore rispetto a quello stabilito dalle norme statali che disciplinano la materia. Infatti in base all'articolo 11, comma 2 del d.lgs n. 460/1997 i soggetti che intraprendono l'esercizio  delle attivita' previste all'art. 10 devono  effettuare  una  comunicazione

all'Agenzia delle Entrate ai fini dell'iscrizione all'anagrafe  delle Onlus di cui al comma 1 dello stesso articolo.

    Tale comunicazione e' condizione necessaria per beneficiare delle agevolazioni  previste  dal  decreto   legislativo,   appare   quindi sufficiente, per  il  raggiungimento  degli  scopi  perseguiti  dalla regione, la mera verifica dell'iscrizione  della  Onlus  alla  citata

anagrafe invece che condizionare il riconoscimento  dell'agevolazione in   questione   alla   presentazione   di   un'ulteriore   specifica comunicazione non prevista dalla normativa statale.

    Si ricorda infatti che il successivo  articolo  21  del  medesimo d.lgs. n. 460/1997 riconosce ai comuni, alle province,  alle  regioni ed alle Province autonome di Trento  e  Bolzano  la  possibilita'  di deliberare nei confronti delle Onlus «la riduzione o l'esenzione  dal

pagamento dei tributi di loro pertinenza e dai connessi adempimenti», ma non consente a detti  enti  di  introdurre  specifici  obblighi  a carico dei contribuenti che si pongono in  aperto  contrasto  con  il principio generale dell'ordinamento tributario di cui all'articolo 6, comma 4, della legge 27 luglio 2000, n. 212,  in  base  al  quale  al

contribuente non possono essere richiesti documenti  ed  informazioni gia'  in  possesso  dell'amministrazione  finanziaria  o   di   altre pubbliche amministrazioni. La norma  regionale  quindi  eccede  dalle competenze statutarie e, ponendosi in contrasto con le  citate  norme

statali, viola la competenza legislativa dello Stato  in  materia  di sistema tributario, di cui all'art. 117, secondo  comma,  lettera  e) Cost.

    4) L'articolo 18, comma 23, lett. c) della legge  regionale,  che sostituisce l'articolo 6 della l.r. n. 6  del  2008  prevede  che  «i consorzi di bonifica possono realizzare e  gestire  gli  impianti  di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili anche in  deroga

al limite  dell'autoconsumo».  Tale  disposizione  contrasta  con  la normativa nazionale di cui all'art. 2 comma 2  del  d.lgs.  16  marzo 1999, n. 79, la quale prevede che  l«'Autoproduttore  e'  la  persona fisica o giuridica che produce energia elettrica  e  la  utilizza  in

misura non inferiore al 70% annuo per  uso  proprio  ovvero  per  uso delle societa'  controllate,  della  societa'  controllante  e  delle societa' controllate dalla medesima controllante, nonche' per uso dei soci  delle  societa'  cooperative  di  produzione  e   distribuzione dell'energia elettrica».

    La disposizione regionale in questione, al fine di far fronte  ad esigenze di soddisfazione del bisogno energetico del servizio idrico, consente infatti al Consorzio di bonifica, una deroga, non consentita dalla disciplina statale, al  limite  dell'autoconsumo,  strettamente connesso  all'autoproduzione  di  energia.  Per   tali   motivi,   il legislatore regionale, prevedendo disposizioni in  contrasto  con  la normativa statale di riferimento,  eccede  dalla  propria  competenza statutaria di cui all' art. 4 dello Statuto di autonomia  in  materia di  produzione  e  distribuzione  dell'energia  elettrica,  il  quale prevede che la regione emana norme legislative nella materia predetta nei limiti dei principi posti dalle leggi dello Stato.

    La norma in esame invade, altresi', la competenza esclusiva dello Stato in materia di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema»  di  cui all'art. 117, comma 2 lett. s) della  Costituzione  in  quanto,  come ampiamente riconosciuto dalla Corte Costituzionali, la  promozione  e

lo sviluppo delle fonti energetiche alternative rientra nella materia predetta.

    5)  Gli  artt.  20  e  21  della   legge   in   esame   prevedono un'interpretazione dell'art. 11, commi 2 e 3 della l.r.  n.3/2009  ed un'interpretazione autentica  dell'art.  3  l.r.  3/2009  cosi'  come modificato dall'art. 7, comma 1 della L.r. 1/2011.

    Va, innanzitutto, premesso che sia la l.r.  3/2009  che  la  l.r. 1/2011 sono state oggetto  d'impugnativa  da  parte  del  Governo  in relazione a norme analoghe alla legge in esame.

    In particolare, l'art. 20, primo comma, della legge in esame, nel procedere all'interpretazione autentica dell'art. 3 della L.r. 3  del 2009 cosi' come modificato dall'art. 7 della l.r. 1 del 2011, prevede che  l'Amministrazione  regionale  sia   autorizzata   a   finanziare programmi pluriennali di stabilizzazione dei lavoratori precari delle

amministrazioni locali i quali prevedono l'assunzione a  tempo  pieno ed  indeterminato  dei  lavoratori  stessi,  previo  superamento   di specifica selezione concorsuale  -  funzionale  alla  verifica  della idoneita' all'espletamento delle mansioni di servizio della qualifica di inquadramento.

    Tali  programmi,  costituiti  da  una  graduatoria   di   merito, prescrivono l'assorbimento degli idonei  entro  un  triennio  e  sono attuati dagli enti locali interessati  avuto  riguardo  al  personale precario che, entro la data di entrata in vigore  della  disposizione interpretativa abbia maturato almeno trenta mesi  di  servizio  nelle pubbliche amministrazioni locali, anche non continuativi.

    La disposizione in  esame,  pur  a  seguito  dell'interpretazione autentica in esame, continua  a  presentare  i  medesimi  profili  di illegittimita' gia' impugnati nelle precedenti leggi regionali 3/2009 e 1/2011.

    In particolare, la previsione  di  un  programma  pluriennale  di stabilizzazione dei lavoratori contrasta con l'art. 17 commi 10 e  12 del d.l. 78/2009 convertito con modificazioni dalla l.n. n. 102/2009, il quale non consente una generica stabilizzazione del personale.

    La disposizione  statale  richiamata  dispone  infatti  che,  nel triennio 2010- 2012, le amministrazioni pubbliche, nel rispetto della programmazione  triennale  del   fabbisogno   nonche'   dei   vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente in materia di  assunzioni e di contenimento della spesa di personale, possono bandire  concorsi per le assunzioni a tempo indeterminato con una riserva di posti, non superiore al 40 per cento dei posti messi a concorso.

    Per tali motivi, il legislatore regionale, prevedendo all'art. 20 disposizioni in contrasto con l'art. 17,  commi  10  e  12  del  d.l. n.78/2009, eccede dalla propria competenza statutaria di cui all'art. 3 dello Statuto di autonomia ed invade la competenza esclusiva  dello Stato in materia di ordinamento civile di cui all'art. 117,  comma  2

lett. 1) della Costituzione e l'art. 117,  comma  3,  in  materia  di coordinamento  della  finanza  pubblica.  Inoltre,  la   disposizione regionale nel consentire lo stabile inserimento  dei  lavoratori  nei ruoli delle amministrazioni pubbliche regionali,  previo  superamento

di  una  generica  procedura  selettiva,  viola   l'art.   97   della Costituzione,  il  quale  prevede  il  concorso  quale  modalita'  di reclutamento del personale. (Cfr. Sent. c.c. n. 235/2010).

    L'art. 20, secondo comma, modifica poi, il comma  1-quater  della l.r. 1/2011, e dispone che al personale di cui  al  comma  1  ter  il quale svolga o abbia svolto il  proprio  servizio  come  ultima  sede nell'ente locale proponente il programma,  sono  attribuiti,  in  via prevalente, l'esercizio di funzioni  e  compiti  relativi  a  materie delegate o  trasferite  dalla  Regione  al  sistema  delle  autonomie locali.

    E' stato eliminato  rispetto  al  precedente  comma  1-quater  il riferimento all'art. 14, comma 24 bis del  decreto  legge  31  maggio 2010, n. 78, ma e' prevista tuttora una deroga  ai  limiti  posti  in materia di spesa e di organici per le assunzioni negli enti locali.

    Anche la disposizione regionale in esame,  seppur  novellata,  si pone in contrasto con l'art. 17, commi 10 e 12, del d.l. n.  78/2009,

convertito con modificazioni dalla legge n. 102/2009.

    Inoltre, i commi novellati  si  pongono  in  contrasto  pure  con l'art.  14,  comma  9,  del  d.l.   n.   78/2010,   convertito,   con modificazioni, dalla legge n. 122/2010 che  fissa,  a  decorrere  dal gennaio 2011, il limite  percentuale  di  assunzioni,  rispetto  alle cessazioni di personale verificatesi nel 2010.

    Sul  punto  e'  opportuno  segnalare  la  Sentenza  della   Corte costituzionale  n.   235/2010,   la   quale,   pronunciandosi   sulla costituzionalita'  della  legge  regionale  Sardegna   n.3/2009,   ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale delle norme in materia  di

finanziamento  di  programmi  pluriennali  di   stabilizzazione   del personale dei lavoratori precari.

    Codesta Ecc.ma Corte in quella  occasione  ha  stabilito  che  il finanziamento da parte della Regione di programmi di  stabilizzazione del personale, prescindendo dall'espletamento di concorsi, si pone in aperto contrasto con l'art. 97 Cost., che impone  il  concorso  quale modalita'   di   reclutamento   del   personale    delle    pubbliche amministrazioni e che consente deroghe a tale principio solo  qualora ricorrano esigenze  particolari  e  sia  adeguatamente  garantita  la professionalita' dei prescelti.

    Codesta Ecc.ma Corte, d'altronde, ha gia' avuto modo di affermare che l'aver prestato «attivita' a tempo  determinato  alle  dipendenze dell'amministrazione regionale non puo' essere considerato ex se,  ed in mancanza di altre particolari e straordinarie ragioni,  un  valido presupposto per una riserva di posti» (Sentenza n. 205 del  2006);  e

che «il previo superamento di  una  qualsiasi  «selezione  pubblica», presso qualsiasi «ente pubblico», e' requisito  troppo  generico  per autorizzare una successiva stabilizzazione senza concorso, perche' la norma  non  garantisce  che  la  previa   selezione   avesse   natura

concorsuale e fosse  riferita  alla  tipologia  e  al  livello  delle funzioni che il personale successivamente stabilizzato e' chiamato  a svolgere» (sentenza n. 293 del 2009).

    La disposizione contenuta nell'art. 21 rubricato «superamento del precariato» prevede che «al fine di promuovere opportunita' di lavoro stabile in favore dei  lavoratori  socialmente  utili  ai  sensi  del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81 (Integrazioni e modifiche della disciplina dei lavori socialmente utili, a norma  dell'articolo 45, comma 2, della L. 17 maggio 1999, n. 144),  ancora  impegnati  in attivita' socialmente utili, l'Amministrazione regionale,  attraverso l'Assessorato competente in  materia  di  lavoro,  e'  autorizzata  a

predisporre, entro  sessanta  giorni  dall'entrata  in  vigore  della presente legge, uno specifico programma nell'ambito del  quale  siano previste le misure da adottarsi».

    Tale programma tiene conto dell'attuale collocazione territoriale dei lavoratori  interessati,  avuto  prioritariamente  riguardo  agli attuali enti utilizzatori che  possono,  secondo  le  vigenti  norme, continuare ad avvalersi delle  maestranze  stabilizzate  senza  costi aggiuntivi a carico del loro bilancio.

    Quest'ultima disposizione, nel riservare totalmente  i  posti  da ricoprire a personale interno, si pone in  contrasto  con  l'articolo 12, comma 4, del  d.lgs.  n.  468/1997  laddove  si  prevede  che  ai lavoratori socialmente utili, gli enti pubblici possano riservare una

quota del 30% dei posti da ricoprire, mediante procedura selettiva.

    Inoltre,  codesta  Ecc.ma  Corte  con  sentenza  n.  274/2003  ha dichiarato illegittimo l'articolo 3 della l.r. Sardegna  n.  11/2002, nella parte in cui prevedeva  l'immissione  nei  ruoli  organici  dei soggetti addetti ai lavori socialmente utili, destinando agli  stessi il 50% dei posti vacanti per i quali si  sarebbero  dovuti  espletare

concorsi non riservati.

    Tali disposizioni, ponendosi in contrasto  con  il  principio  di ragionevolezza,  imparzialita'  e  buon  andamento   della   pubblica amministrazione, violano gli articoli 3 e 97 della  Costituzione,  in quanto la regola del pubblico concorso, che come piu' volte  ribadito dalla stessa Corte costituzionale, e' un  principio  dell'ordinamento giuridico della Repubblica che esula dalla rigida ripartizione  delle competenze legislative tra Stato e  Regione  e  al  quale,  anche  il legislatore regionale deve uniformarsi.

 

                               P.Q.M.

 

    Voglia   codesta   Ecc.ma   Corte   dichiarare   l'illegittimita' costituzionale degli artt. 3, comma 1, 17 comma 9, 18 commi 20  e  23 lett. e), 20 e 21 della legge della Regione Sardegna  n.  12  del  30 giugno 2011, pubblicata nel B.U.R. n. 20 del 5 luglio 2011, avente ad

oggetto «Disposizioni nei vari settori  d'intervento»,  in  relazione agli artt. 3, 4, 5 e 56  della  legge  costituzionale  n.  3  del  26 febbraio 1948 (Statuto speciale della Regione Sardegna),  nonche'  in relazione all'artt. 3, 97 e 117, comma secondo, lett.  e),  l)  s)  e

comma terzo Cost.

        Roma, addi' 23 agosto 2011

 

                   L'Avvocato dello Stato: Aiello

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