Ricorso n. 86 del 26 agosto 2004 (Regione Toscana)
N. 86 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 26 agosto 2004.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 26 agosto 2004 (della Regione Toscana)
(GU n. 39 del 6-10-2004)
Ricorso della Regione Toscana, in persona del presidente pro
tempore autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 736
del 2 agosto 2004, rappresentato e difeso, per mandato in calce al
presente atto, dagli avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni e presso
lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via del
Viminale n. 43;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 2,
3, 4, 5, 9, 12, 15 primo comma, 16, 17, 18, 19 e 20 del decreto
legislativo 26 maggio 2004, n. 154, per violazione degli articoli 76,
117,118 e 119 della Costituzione.
Nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 146 del 24 giugno
2004 e' stato pubblicato il decreto legislativo 26 maggio 2004,
n. 154 «Modernizzazione del settore pesca e dell'acquacoltura, a
norma dell'art. 1, comma 2, della legge 7 marzo 2003, n. 38».
Si tratta del decreto che attua la delega, in materia di pesca ed
acquacoltura, di cui alla legge n. 38/2003, gia' impugnata da questa
amministrazione, per violazione delle competenze regionali
costituzionalmente garantite.
Il decreto legislativo in oggetto, sul cui schema la Conferenza
Stato-regioni ha espresso parere negativo nella seduta del 29 aprile
2004, contiene disposizioni lesive delle competenze regionali e viene
pertanto impugnato per i seguenti motivi di
D i r i t t o
A) Tutte le impugnate disposizioni sono incostituzionali perche'
disciplinano un ambito materiale - la pesca e l'acquacoltura - che
l'art. 117, secondo comma, Cost. non riserva in via esclusiva allo
Stato. D'altra parte la pesca e l'acquacoltura non sono ricomprese
nell'elenco di materie soggette, ai sensi dell'art. 117 terzo comma
Cost., alla potesta' legislativa concorrente.
Ne consegue che in detta materia sussiste la potesta' legislativa
regionale di tipo residuale-esclusivo, ai sensi dell'art. 117, quarto
comma, Cost.
In materia di pesca ed acquacoltura, del resto, le regioni
avevano gia' competenze trasferite dal d.P.R. n. 616/1977, nella
vigenza del precedente Titolo V della parte seconda della
Costituzione.
La disciplina della pesca e dell'acquacoltura inoltre presenta
molteplici interferenze con altre materie sempre di competenza delle
regioni (quali, ad esempio, il commercio e le attivita' produttive)
e, quindi, anche per tale motivo, e' rilevante il riconoscimento
delle attribuzioni regionali per quanto riguarda la pesca e
l'acquacoltura.
Ne' puo' sostenersi che la competenza statale sia legittimata
dalla necessita' di dare, in materia, attuazione a normative
comunitarie (che disciplinano molteplici aspetti inerenti la pesca e
l'acquacoltura): tale attuazione infatti compete alle regioni nelle
materie loro attribuite, secondo quanto disposto dall'art. 117,
quinto comma, Cost.
E' vero che la materia della pesca e dell'acquacoltura puo' avere
interferenze con la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema e, in
parte, con la tutela della concorrenza sui mercati. Tuttavia detta
interferenza con titoli trasversali di competenza statale non puo'
determinare una totale espropriazione alle regioni della disciplina
sostanziale della materia, ma potra' consentire un intervento
limitato agli aspetti rientranti negli ambiti materiali statali, cio'
anche considerando che la tutela dell'ambiente e' un valore
costituzionalmente protetto che, percio', delinea una sorta di
materia trasversale in ordine alla quale si manifestano competenze
diverse che ben possono essere regionali (sentenze n. 259/2004;
n. 96/2003; n. 407/2002).
Invece con le impugnate disposizioni il legislatore statale non
ha circoscritto la normativa agli aspetti di sua competenza, ma ha
dettato una disciplina generale, dettagliata e completa di tutto il
settore della pesca e dell'acquacoltura e non puo' sostenersi che le
regioni possano, anch'esse, intervenire con una propria disciplina.
Infatti, come gia' rilevato, la normativa qui contestata e'
completa e non lascia vuoti; le disposizioni sono dettagliate e
nemmeno cedevoli.
Dunque se il legislatore regionale intervenisse, si avrebbero
leggi regionali che costituirebbero «un mero duplicato» della legge
statale. Ma tale risultato, oltre ad essere irrazionale e
contrastante con un efficiente sistema amministrativo, viola
totalmente l'impianto costituzionale delineato dall'art. 117 Cost.
che non ammette che il legislatore statale e regionale disciplinino
gli stessi aspetti della medesima materia.
Le disposizioni impugnate non trovano giustificazione neppure in
virtu' dell'art. 118 Cost.
Infatti, in base alla giurisprudenza costituzionale, il criterio
di sussidiarieta' di cui alla citata norma puo' legittimare una
disciplina statale nella materia regionale ove lo Stato decida di
allocare a se' l'esercizio di determinate funzioni amministrative.
In tal caso, infatti, la potesta' legislativa «si sposta» dalla
regione allo Stato, in quanto tale spostamento e' necessario per
normare l'esercizio delle funzioni amministrative allocate in capo
allo Stato stesso.
Ma non e' questa l'ipotesi delle norme in esame in cui il
legislatore statale disciplina la materia indipendentemente dalle
esigenze di sussidiarieta' per l'esercizio delle funzioni
amministrative.
In denegata ipotesi resterebbe la denunciata illegittimita' per
l'assenza di adeguate forme di intesa con le regioni.
I motivi suddetti concretizzano una sicura violazione degli
articoli 117 e 118 Cost. e si riferiscono a tutte le disposizioni
impugnate.
B) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2 per violazione degli
articoli 76, 117 e 118 Cost.
Si istituisce il Tavolo azzurro, coordinato dal Ministro delle
politiche agricole e forestali e composto dagli assessori regionali
alla pesca e acquacoltura, dai presidenti di ciascuna associazione
nazionale delle cooperative della pesca, delle imprese di pesca,
delle imprese di acquacoltura, dai segretari generali di ciascuna
organizzazione sindacale maggiormente rappresentativa a livello
nazionale, da un rappresentante del Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio.
Tale organismo e' istituito per la determinazione degli obiettivi
e delle linee generali della politica nazionale della pesca e
dell'acquacoltura nonche' per la concertazione permanente di cui alla
legge n. 38/2003. Per i motivi di cui al precedente punto A), la
norma contrasta con gli articoli 117 e 118 Cost. in quanto la pesca e
l'acquacoltura sono materie di competenza regionale; l'intervento
statale dovra' essere limitato solo alla disciplina degli aspetti
inerenti la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema che interferiscono
con la pesca e l'acquacoltura. Ma detta competenza statale non
legittima una «politica nazionale della pesca e dell'acquacoltura»
invece prevista nella norma in esame e tale da condizionare, per la
sua ampiezza, l'esercizio delle competenze regionali. La Corte
costituzionale ha infatti chiarito che a seguito della riforma
costituzionale non puo' piu' essere invocato l'interesse nazionale
quale titolo legittimante l'intervento statale; mentre nel caso in
esame la disciplina viene giustificata proprio in base alla politica
nazionale della pesca e dell'acquacoltura.
Inoltre si ravvisa anche la violazione dell'art. 76 Cost. e,
quindi, l'eccesso di delega: infatti l'art. 1, secondo comma, lettera
a) della legge n. 38/2003 prevedeva l'istituzione di un sistema di
concertazione permanente fra Stato, regioni e province autonome
riguardante la preparazione dell'attivita' dei Ministri partecipanti
ai consigli dell'Unione europea.
L'art. 2 in esame, che richiama espressamente l'art. 1, comma 2,
lettera a) della legge delega, istituisce il Tavolo azzurro non solo
per la concertazione, ma anche per uno scopo ulteriore, appunto non
previsto nella legge delega, che e' quello di «determinare gli
obiettivi e le linee generali della politica nazionale della pesca e
dell'acquacoltura». Cio' costituisce quindi violazione della legge
delega e, dunque, dell'art. 76 Cost.
Tale violazione sussiste anche per un ulteriore profilo.
La concertazione prevista dalla legge delega era una
concertazione istituzionale tra Stato e regioni e province autonome;
la norma qui in esame invece inserisce nel tavolo anche le
associazioni delle cooperative della pesca, le imprese e quindi si
crea un organismo non preposto alla concertazione istituzionale
prevista dalla legge delega.
C) Illegittimita' costituzionale dell'art. 3 per violazione degli
articoli 76, 117 e 118 Cost.
La norma istituisce la commissione consultiva centrale per la
pesca e l'acquacoltura composta da soggetti istituzionali e di
categoria (vi sono, tra gli altri, anche 15 dirigenti regionali
designati dalla conferenza), con funzioni consultive al Ministero
delle politiche agricole e forestali sui decreti finalizzati alla
tutela e gestione delle risorse ittiche e in relazione ad ogni
argomento per cui il presidente (che e' lo stesso Ministro) ravvisi
l'opportunita'.
La norma riconferma la Commissione gia' esistente in base alla
leggi n. 963/1965 e n. 41/1982 come se nel frattempo non fosse mutato
il quadro costituzionale di riferimento. La norma oggi non e' piu'
giustificata tenendo conto che lo Stato in materia dovrebbe limitarsi
a disciplinare gli aspetti inerenti la tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema; tale limitato intervento in materia non legittima un
organismo consultivo come quello in questione.
Sussiste dunque la violazione degli articoli 117 e 118 Cost. per
i motivi piu' dettagliatamente esposti al precedente punto A). La
norma e' incostituzionale anche per violazione dell'art. 76 Cost. in
quanto la legge n. 38/2003, nel prevedere i criteri direttivi per la
delega, non consentiva l'istituzione di un organismo come quello in
oggetto: anzi la lettera u) del secondo comma dell'art. 1 prevedeva
la riforma della legge n. 41/1982 al fine di armonizzarla con le
nuove normative sull'organizzazione dell'amministrazione statale e
sul trasferimento alle regioni di funzioni in materia di pesca e di
acquacoltura.
La norma in questione dispone in senso opposto a quanto stabilito
dalla legge delega ed e' percio' incostituzionale.
D) Illegittimita' costituzionale dell'art. 4 per violazione degli
articoli 76, 117 e 118 Cost.
La norma definisce gli obiettivi che il programma nazionale della
pesca e dell'acquacoltura intende perseguire. In assoluta prevalenza
questi obiettivi non sono in alcun modo ricollegabili a competenze
statali (si vedano ad esempio le lettere c, d, f, g, h ed i
riguardanti, rispettivamente: lo sviluppo delle opportunita'
occupazionali, il ricambio generazionale delle attivita' economiche e
delle tutele sociali, la promozione della cooperazione,
dell'associazionismo e delle iniziative in favore dei lavoratori
dipendenti; la tutela del consumatore, la valorizzazione della
qualita' della produzione nazionale e della trasparenza informativa;
lo sviluppo della ricerca scientifica applicata alla pesca e
all'acquacoltura; la semplificazione delle procedure amministrative;
la promozione dell'aggiornamento professionale, la divulgazione dei
fabbisogni formativi del comparto della pesca e dell'acquacoltura,
l'economia ittica delle regioni).
Pertanto tutti detti obiettivi, in virtu' degli articoli 117 e
118 Cost., non possono formare oggetto del programma nazionale della
pesca e dell'acquacoltura che, in ipotesi, dovra' essere circoscritto
e limitato ai soli obiettivi riconducibili alle attribuzioni statali.
Anche in tale caso, poi, si ravvisa la violazione dell'art. 76
Cost., in quanto la legge n. 38/2003 non prevedeva, tra i contenuti
della delega, la disciplina del programma nazionale della pesca e
dell'acquacoltura.
E) Illegittimita' costituzionale dell'art. 5 per violazione degli
articoli 117, 118 e 119 Cost.
La norma prevede che il programma nazionale della pesca e
dell'acquacoltura indichi le dotazioni finanziarie nazionali e
l'eventuale destinazione di risorse aggiuntive, mentre le regioni
indicano nei propri programmi gli interventi di competenza da
realizzare con le proprie dotazioni di bilancio.
La norma viola gli articoli 117, 118 e 119 Cost. Infatti, nelle
materie non riservate esclusivamente allo Stato, le risorse
finanziarie dovrebbero essere trasferite integralmente alle regioni
per la loro successiva erogazione agli aventi diritto, nell'ambito
della disciplina della materia.
F) Illegittimita' costituzionale dell'art. 9 per violazione degli
articoli 117 e 118 Cost.
La norma dispone che il Ministro delle politiche agricole e
forestali definisce gli obiettivi della ricerca scientifica in
materia di pesca e acquacoltura; a tale fine e' istituito un Comitato
per la ricerca applicata alla pesca e all'acquacoltura di cui fa
parte anche un rappresentante delle regioni a statuto ordinario.
La norma, oltre a non conciliarsi con le attribuzioni regionali
in materia di pesca ed acquacoltura, si pone in contrasto anche con
le competenze regionali in materia di ricerca scientifica, oggetto di
potesta' legislativa concorrente.
Ove poi esigenze di sussidiarieta' dovessero richiedere
l'allocazione delle funzioni in capo allo Stato, allora dovrebbe
essere previsto che il Ministro, d'intesa con le regioni, definisce
gli indirizzi di ricerca in materia di pesca ed acquacoltura: detta
intesa, imprescindibile, secondo l'insegnamento della Corte
costituzionale a causa dell'incidenza in materie regionali, non puo'
in alcun modo essere sostituita dalla partecipazione, al gruppo di
cui all'art. 3, di due rappresentanti della ricerca scientifica
applicata alla pesca e all'acquacoltura designati dalla Conferenza
Stato-regioni.
G) Illegittimita' costituzionale dell'art. 12 per violazione
degli articoli 117 e 118 Cost.
La norma disciplina le misure di conservazione e gestione delle
risorse ittiche, allocando le funzioni integralmente in capo allo
Stato, senza alcun coinvolgimento delle regioni. In particolare si
stabilisce che dette misure siano stabilite nel piano nazionale della
pesca (primo comma); che il Ministero promuove lo studio di piani di
protezione delle risorse ittiche e l'adozione di piani di gestione
della pesca da parte delle associazioni, organizzazioni di produttori
e consorzi di imprenditori ittici (terzo comma); che il controllo
sulle misure di sostenibilita' e' effettuato dal Ministero anche
attraverso le licenze di pesca.
Anche tale norma contrasta con le competenze regionali in materia
di pesca ai sensi dell'art. 117 Cost.; d'altra parte il fatto che si
disciplinino le misure di conservazione delle risorse ittiche non
puo' giustificare una totale esclusione delle regioni, stante la
forte incidenza di tale aspetto con le competenze regionali in
materia di pesca ed acquacoltura. Inoltre l'articolo non si limita a
normare la conservazione delle risorse ittiche, ma disciplina anche
la relativa gestione: per tale aspetto, dunque, e' ancora piu'
evidente l'incostituzionalita' lamentata.
Tale totale accentramento di competenze in capo allo Stato non
appare giustificabile alla stregua dei criteri di sussidiarieta' di
cui all'art. 118 Cost. e comunque, in tal caso, sarebbe necessario
prevedere forme di intesa con le regioni, del tutto pretermesse
invece dalla norma in esame. Una norma rispettosa delle attribuzioni
regionali avrebbe, in tale ipotesi, dovuto prevedere che il Ministero
e le regioni promuovono di intesa lo studio di piani di protezione
delle risorse ittiche e che le regioni favoriscono la gestione
responsabile della pesca da parte delle associazioni, organizzazioni
di produttori e consorzi di imprenditori ittici.
H) Illegittimita' costituzionale dell'art. 15, primo comma, per
violazione degli articoli 117e 118 Cost.
La norma riguarda la comunicazione istituzionale, che riveste un
ruolo strategico nel programma nazionale, attraverso molteplici
azioni pubbliche finalizzate alla sicurezza e all'educazione
alimentare, alla valorizzazione della qualita' della produzione
ittica nazionale e alla divulgazione delle iniziative ed opportunita'
del mercato nazionale ed estero.
Anche in tal caso non e' previsto alcun coinvolgimento delle
regioni, mentre e' indubbia l'incidenza che le azioni in questione
hanno sulle materie regionali, non solo attinenti la pesca, ma anche
la tutela alla salute ed il commercio, posto che le azioni sono
finalizzate anche alla sicurezza ed educazione alimentare ed alla
valorizzazione della produzione.
I) Illegittimita' costituzionale degli articoli 16, 17, 18 e 19
per violazione degli articoli 76, 117, 118 e 119 Cost.
Ai sensi dell'art. 16 il programma nazionale dovra' prevedere il
finanziamento di iniziative finalizzate a favorire lo sviluppo nella
pesca e dell'acquacoltura nazionali in forma cooperativa nonche'
delle attivita' connesse.
Ai sensi dell'art. 17, il programma nazionale dovra' prevedere il
finanziamento di iniziative volte a favorire lo sviluppo e la
valorizzazione della produzione ittica nazionale, tutelare la
concorrenzialita' delle imprese di settore sui mercati nazionali ed
internazionali, promuovere l'associazionismo nel settore della pesca
e dell'acquacoltura nazionali, nonche' delle attivita' connesse.
Ai sensi dell'art. 18, il programma nazionale prevede il
finanziamento di iniziative volte a favorire lo sviluppo delle
opportunita' occupazionali e delle tutele sociali nel settore della
pesca e dell'acquacoltura e delle attivita' connesse.
L'art. 19 stabilisce che i programmi annuali e pluriennali di cui
ai precedenti articoli 16, 17 e 18 definiscono gli obiettivi, gli
strumenti e le misure di intervento che si intendono perseguire; al
Tavolo Azzurro di cui all'art. 2 e' demandata la verifica
sull'andamento del programma e sui risultati raggiunti.
Le suddette disposizioni sono incostituzionali perche' prevedono
interventi finanziari diretti dallo Stato in materie quali la pesca e
l'acquacoltura, che l'art. 117 affida alla competenza regionale.
L'art. 119 Cost. ha costituzionalizzato il principio del congruo
finanziamento delle competenze regionali, perche' non puo' esservi
effettiva autonomia senza adeguate risorse finanziarie.
Gia' da ora devono essere rispettati i criteri introdotti dalla
norma e percio' l'amministrazione statale non puo' continuare a
disciplinare le modalita' di erogazione diretta dei finanziamenti a
soggetti terzi per attivita' inerenti a materie attribuite alla
competenza delle regioni, perche' cio' determina una sicura lesione
delle attribuzioni di queste ultime. La Corte costituzionale ha
rilevato l'inammissibilita' di siffatte forme di intervento
nell'ambito di materie e funzioni la cui disciplina competa alla
legge regionale (sent. n. 16/2004; n. 49/2004).
Puo' dirsi sostanzialmente pacifico che la pesca e l'acquacoltura
attengano alla competenza legislativa regionale, per i motivi sopra
esposti. Non puo' dunque spettare allo Stato altro compito che quello
di ripartire i finanziamenti tra le regioni, competenti a
disciplinarne ed assicurarne l'utilizzo.
Il rispetto delle competenze regionali rende necessario il
trasferimento delle risorse finanziarie disponibili alle regioni alle
quali poi compete, nell'esercizio della riconosciuta potesta'
legislativa nel settore, disciplinare la procedura per l'erogazione
delle risorse stesse agli aventi diritto.
Come rilevato nella citata sentenza n. 16/2004 non vi sono
ostacoli all'immediata applicabilita' del nuovo sistema
costituzionale per quanto riguarda la disciplina della spesa e il
trasferimento di risorse dal bilancio statale: «in questo campo, fin
d'ora lo Stato puo' e deve agire in conformita' al nuovo riparto di
competenze e alle nuove regole, disponendo i trasferimenti senza
vincoli di destinazione specifica, o, se del caso, passando
attraverso il filtro dei programmi regionali, coinvolgendo dunque le
regioni interessate nei processi decisionali concernenti il riparto e
la destinazione dei fondi, e rispettando altresi' l'autonomia di
spesa degli enti locali».
Conseguentemente i finanziamenti relativi alla pesca devono
essere decentrati e ripartiti, nell'ambito di chiari principi di
ridistribuzione delle risorse, tra le regioni.
Le disposizioni in esame, invece, del tutto noncuranti dei
suddetti criteri costituzionali, prevedono i finanziamenti diretti da
parte dello Stato agli interessati e un sistema di valutazione
sull'andamento dei programmi e sui risultati raggiunti ai fini dei
suddetti finanziamenti.
Da qui i vizi eccepiti.
Le disposizioni sono altresi' incostituzionali per violazione
dell'art. 76 Cost., in quanto la legge n. 38/2003 non prevede, tra i
criteri direttivi, l'introduzione di un sistema di finanziamento
cosi' capillare direttamente gestito a livello statale.
L) Illegittimita' costituzionale dell'art. 20 per violazione
degli articoli 117 e 118 Cost.
Anche tale norma - che riserva al programma nazionale la
promozione di studi, monitoraggio, adeguamento professionale e
sicurezza del lavoro, politiche del lavoro e forme di tutela in
favore dei lavoratori della pesca marittima - e' incostituzionale
perche' viola le competenze regionali in materia di pesca e, anche,
di politiche attive del lavoro e di formazione professionale, senza
che l'accentramento delle funzioni in capo allo Stato sia legittimato
da esigenze di sussidiarieta'. In denegata ipotesi resta la
denunciata illegittimita' in quanto non e' prevista alcuna intesa con
le amministrazioni regionali.
P. Q. M.
Si chiede che la Corte costituzionale accolga il presente ricorso
e, per l'effetto, annulli gli articoli 2, 3, 4, 5, 9, 12, 15 primo
comma, 16, 17, 18, 19 e 20 del decreto legislativo 26 maggio 2004,
n. 154, per i motivi indicati nel presente ricorso.
Firenze-Roma, addi' 20 agosto 2004
Avv. Lucia Bora - Avv. Fabio Lorenzoni