RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 29 ottobre 2008 , n. 86
Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 29 ottobre 2008 (della Regione Calabria)

(GU n. 1 del 7-1-2009) 
 
   Ricorso  per  la Regione Calabria, in persona del l.r. pro tempore
Presidente  della Giunta regionale on. Agazio Loiero, rappresentata e
difesa,  giusta  delibera  G.R. n. 693 del 6 ottobre 2008 e correlato
decreto  dirigenziale  di  incarico,  nonche'  in  virtu'  di procura
speciale a margine del presente atto, dal prof. avv. Massimo Luciani,
e  dagli  avvocati  Mariano Calogero e Giuseppe Naimo dell'Avvocatura
regionale,  ed  elettivamente domiciliata in Roma, via Bocca di Leone
n. 78, presso lo studio del primo difensore;
   Contro  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri,  in persona del
Presidente  pro  tempore,  per  la  dichiarazione  di  illegittimita'
costituzionale,    previa    sospensione,   degli   artt.   6-quater,
6-quinquies,  6-sexies,  61,  62,  77  e  77-ter del decreto-legge 25
giugno  2008,  n. 112, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 147 del 25
giugno  2008  -  Supplemento  ordinario  n. 152; come convertito, con
modifiche,  della legge 6 agosto 2008, n. 133, pubblicata in Gazzetta
Ufficiale n. 195 del 21 agosto, 2008 - Supplemento ordinario n. 196.
   Cosi'  indicate  le  norme  avverso  le  quali si intende svolgere
censure,   questa   difesa  intende  ora  evidenziare  l'interesse  a
ricorrere  della  Regione  Calabria  in relazione al parametro di cui
all'art.  117,  primo  comma, Cost. e, per il suo tramite, alle norme
comunitarie che verranno in seguito indicate.
   L'ammissibilita'  di  censure  che assumono quale parametro l'art.
117,  primo  comma,  Cost., integrandolo con il richiamo, quali norme
interposte,  alle  norme  comunitarie,  e' ormai saldamente affermata
nella  giurisprudenza  di codesta ecc.ma Corte costituzionale (cosi',
da ultimo, sent. n. 102 del 2008).
   Come  sara' meglio dimostrato, poi, nei singoli motivi di ricorso,
la  dedotta violazione delle norme comunitarie e' lamentata in quanto
essa  lede  direttamente ed indirettamente le attribuzioni regionali.
Cio'  precisato,  possono  essere  esposti, qui di seguito, i singoli
motivi del presente ricorso.
   1)  Illegittimita' costituzionale dell'art. 62 del d.l. n. 112 del
2008, conv. con modif. in legge n. 133 del 2008, per violazione degli
artt. 70, 77, 117, terzo comma, 97, 118 e 119 Cost., e per violazione
del principio di effettiva e leale collaborazione.
   1.1.)  L'art. 62 del d.l. n. 112/2008, al comma 1, pone un divieto
assoluto  di  stipula di contratti relativi agli strumenti finanziari
derivati  e  del ricorso all'indebitamento in forme diverse da quelle
ivi  previste. Innanzi tutto, poiche' le norme introdotte dalla legge
di  conversione sono sostanzialmente conformi a quelle introdotte dal
d.l.  n. 112/2008  nella  versione  originaria,  deve  denunciarsi la
contrarieta'  dei commi 1 e 2 all'art. 77 Cost. (e, conseguentemente,
all'art.  70  Cost., che riserva la funzione legislativa alle Camere,
espropriate   delle   loro  prerogative,  in  forza  dell'illegittimo
esercizio  della  decretazione  d'urgenza),  per  palese mancanza dei
requisiti  di  straordinaria  necessita' ed urgenza (cfr., da ultimo,
sent. n. 128/2008, par. 6).
   Infatti,  come  ricavabile  dai lavori preparatori, l'adozione del
d.l. in questione discende esclusivamente dalla scelta di «anticipare
a  giugno  un  provvedimento  legislativo  contenente  le  misure che
tendono  a  concretizzare la manovra di bilancio triennale sulla base
degli  obiettivi  programmatici di finanza pubblica indicati nel DPEF
2009-2013».  Nessuna  straordinaria necessita' ed urgenza, quindi, ma
una  semplice scelta «di lungo periodo»: si legge nel DPEF 2009-2013,
al  punto  1)  dell'introduzione,  che  «per  questo interrompiamo la
tradizione  di discussioni che sulle ''finanziarie'', per prepararle,
per  farle, per controllarne infine gli effetti, occupavano ogni anno
mediamente   9  mesi  su  12.  All'opposto,  il  nostro  piano  sara'
anticipato  entro l'estate e stabilizzato proiettandolo sull'arco del
triennio»,  mentre  al  punto  3)  si  legge  che  «la prossima legge
finanziaria  viene  anticipata  nella  sua  parte sostanziale a prima
dell'estate  da un provvedimento legislativo che affianca e da' corpo
al DPEF».
   Cio' detto, e' evidente lo snaturamento dello strumento scelto: le
norme  qui  censurate,  per  esplicito  riconoscimento  dello  stesso
Governo,  hanno  intenzioni  e  ambizioni  di  lungo periodo e non si
collegano  in  alcuna  misura  ad  esigenze  immediate,  che  possano
integrare  la  fattispecie di quei casi «straordinari di necessita' e
d'urgenza», che sono menzionati dall'art. 77 Cost. Ne' ovviamente, la
conversione  in  legge  puo'  sanare il vizio, poiche' la carenza dei
presupposti  e'  un vizio in procedendo del decreto-legge (sentt. nn.
360  del 1996; 171 del 2007; 128 del 2008), che non viene meno con la
sua  conversione  (inoltre, la legge di conversione e' caratterizzata
nel   suo  percorso  parlamentare  da  una  situazione  assolutamente
peculiare: artt. 96-bis del Regolamento della Camera e art. 78, comma
4, di quello del Senato).
   Invero, «la preesistenza di una situazione di fatto comportante la
necessita'  e  l'urgenza di provvedere tramite l'utilizzazione di uno
strumento   eccezionale,   quale  il  decreto-legge,  costituisce  un
requisito  di  validita'  costituzionale  dell'adozione  del predetto
atto»  (sent.  n. 128 del 2008, cui adde sentt. nn. 29 del 1995 e 171
del  2007).  Nella  specie, nessuna «situazione di fatto», come si e'
visto,  «preesisteva»  alla  scelta  normativa  censurata, radicata -
semplicemente - in un astratto indirizzo di politica economica.
   La censura di violazione dell'art. 77 Cost., e' bene precisare, e'
proposta  in  una  con  quelle  relative  alla violazione degli altri
parametri  costituzionali  indicati in epigrafe, in quanto il ricorso
al  decreto-legge  lede  direttamente  le competenze regionali, anche
risolvendosi  nell'omissione  di qualunque procedura di confronto con
la  regione,  tale  da  impedire  il  rispetto del principio di leale
collaborazione.
   1.2)  Il  divieto  totale  di  cui  al  comma 1 della disposizione
impugnata, in combinato disposto con il comma 01, viola gli artt. 97;
117, terzo comma; 118; 119 Cost.
   Come  chiarito  da  codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale  con la
sentenza  n. 376  del  2003,  «La  disciplina  delle condizioni e dei
limiti  dell'accesso  degli enti territoriali al mercato dei capitali
rientra  principalmente  nell'ambito  di  quel  ''coordinamento della
finanza  pubblica''  che  l'art. 117, terzo comma, della Costituzione
attribuisce  alla  potesta'  legislativa  concorrente  delle regioni,
vincolata al rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi
dello Stato». I poteri di coordinamento «devono essere configurati in
modo  consono all'esistenza di sfere di autonomia, costituzionalmente
garantite,  rispetto  a  cui  l'azione  di coordinamento non puo' mai
eccedere i limiti, al di la' dei quali si trasformerebbe in attivita'
di  direzione o in indebito condizionamento dell'attivita' degli enti
autonomi».
   E'  evidente,  quindi,  che il totale divieto imposto dalla norma,
comprendente  anche  la possibilita' di rinegoziare contratti gia' in
essere,  lede  la  sfera  di competenza concorrente riconosciuta alla
Regione  Calabria,  la  quale,  infatti,  con l'art. 27, commi 6 e 7,
della  l.r.  4  febbraio 2002, n. 8, ha disciplinato normativamente -
per la parte di sua competenza - la materia.
   Non  e'  il  caso  di  sottacere come il divieto di cui al comma 1
collida  con  l'ultimo  comma  dell'art.  119 Cost.: infatti la Carta
costituzionale   consente   il   ricorso   all'indebitamento   (senza
limitazione  alcuna, quanto agli strumenti utilizzabili) per spese di
investimento,  mentre  la  norma  sopra  citata  preclude  in  radice
l'accesso anche per tale finalita'.
   Violati,  poi,  sono  gli  artt.  97  e  118  della  Costituzione.
L'astratta  e  generale  previsione  normativa  statale di divieto di
certe   tipologie  contrattuali  impedisce  la  considerazione  delle
peculiarita' delle singole regioni e appare in frontale contrasto con
l'esigenza     del     puntuale    apprezzamento    delle    esigenze
dell'amministrazione   regionale,   sottesa  al  principio  del  buon
andamento  della  pubblica  amministrazione.  Inoltre,  determina una
diretta  invasione  nel  dominio  dell'amministrazione regionale, che
l'art. 118 Cost. riserva alle regioni stesse.
   1.3)   Anche   il  comma  2,  in  combinato  disposto  coni  commi
precedenti,  determina  la  sopra  lamentata  lesione  della sfera di
competenza   regionale,  nella  parte  in  cui  rimanda  ad  un  atto
esclusivamente  statale  (regolamento  ministeriale)  la  dettagliata
determinazione  delle  tipologie  di  contratti che la regione potra'
stipulare,  e la fissazione unilaterale di criteri e condizioni della
stipula.
   Il  comma  2,  come  sopra accennato, prevede che, con regolamento
emanato  dal Ministro dell'economia, vengano individuate le tipologie
dei  contratti  relativi a strumenti finanziari che la Regione potra'
stipulare, nonche' i criteri e le condizioni per la conclusione delle
relative operazioni.
   Tale  norma  lede  gravemente  le  attribuzioni  regionali per una
pluralita' di ragioni.
   Innanzi  tutto, e' violato l'art. 117, sesto comma, Cost., a tenor
del  quale  il  regolamento  statale  non e' ammesso nelle materia di
legislazione concorrente. Si aggiunga che il regolamento ministeriale
e'  ammesso  solo  nelle materie di competenza del Ministro (art. 17,
comma 3, legge n. 400 del 1988), cio' che qui non e'.
   In  secondo  luogo, e' violato l'art. 117, terzo comma, poiche' si
stabiliscono  (asseriti)  principi  fondamentali,  vincolanti  per le
regioni,  con una fonte diversa dalla legge. Non solo: il d.l. n. 112
del  2008  non  indica  al  regolamento ministeriale alcun criterio o
limite,  con  la  conseguenza  che  l'autonomia regionale finisce per
essere condizionata da una fonte di rango terziario.
   Violato,  poi,  e'  l'art.  119  Cost.,  in  quanto al regolamento
ministeriale  si  consente - addirittura! - di dilazionare nel tempo,
senza  limite  alcuno  (e  quindi,  potenzialmente, ad infinitum), la
possibilita'  per  le  regioni  di  stipulare  contratti  relativi  a
strumenti  finanziari  derivati.  Anche  qui,  l'autonomia  regionale
finisce per essere affidata alle mani del Ministro dell'economia.
   E'  il  caso  di  rimarcare,  anche alla luce di quanto gia' sopra
dedotto,  che  le violazioni appena indicate in ordine all'uso e alla
tipologia   dello  strumento  regolamentare  ledono  direttamente  le
competenze  della  regione, quale titolare di autonomia finanziaria e
di competenza legislativa concorrente in materia.
   Infine, deve essere dedotta la violazione del principio di leale e
fattiva   collaborazione:   nessuna  consultazione  e'  avvenuta  ne'
direttamente  con  le  regioni,  ne'  per il tramite della Conferenza
unificata,  malgrado  la  riferibilita'  della  materia trattata alla
disciplina  dettata  dai  commi  da  2  a  5, (spec. lettere a) e b),
dell'art.  12  della  legge  n. 400/1988,  ne' la norma prevede alcun
modulo concertativo (v., invece, sulla necessita' di tale previsione,
ex  plurimis,  Corte  cost.  16  marzo  2007,  n. 88; 11 maggio 2007,
n. 165).
   2)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  6-quater  del  d.l.
n. 112  del  2008,  conv.  con  modif.  in legge n. 133 del 2008, per
violazione  degli artt. 3, 97, 117, 118 e 119 Cost., e per violazione
dei  principi  di  leale  collaborazione,  dell'affidamento  e  della
certezza  del  diritto, nonche' del generale canone di ragionevolezza
delle leggi.
   L'art.  6-quater  del  d.l. n. 112 del 2008 (introdotto in sede di
conversione),  al  comma 1, prevede che, in relazione al Fondo per le
Aree  Sottoutilizzate  (FAS), siano revocate le relative assegnazioni
operate   dal   Comitato   interministeriale  per  la  programmazione
economica   (CIPE)   per   il   periodo   2000-2006   in   favore  di
amministrazioni centrali con le delibere adottate fino al 31 dicembre
2006,  nel  limite dell'ammontare delle risorse che entro la data del
31  maggio 2008 non sono state impegnate o programmate nell'ambito di
accordi  di  programma  quadro (hinc inde: APQ) sottoscritti entro la
medesima  data,  con  esclusione  delle  assegnazioni per progetti di
ricerca,   anche   sanitaria,  mentre  il  comma  2  dispone  che  le
disposizioni  di  cui  al  comma  1,  per le analoghe risorse ad esse
assegnate,  costituiscono  norme  di  principio  per  le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano.
   Al  fine  di  chiarire  i  vizi  della  normativa  censurata, deve
necessariamente richiamarsi lo status quo ante.
   Le  somme  di  cui  all'art.  6-quater  del  d.l.  n. 112 del 2008
afferiscono  non  solo  a  fondi  (€  91.830.000, comprensivi di
assegnazioni  originarie,  accantonamenti  ed  economie)  revocati ai
Ministeri  e  destinati  ad  interventi da realizzare in Calabria, ma
anche  ai  fondi  assegnati  direttamente alla regione e da impegnare
all'interno  APQ in Calabria per complessivi € 301.083.804 entro
il  31  dicembre 2009 (Delibere CIPE nn. 3/2006 e 14/2006, punto 5.1)
ed  €  324.389.000  entro il 31 dicembre 2008 (delibere CIPE nn.
35/2005  e  14/2006,  punto  5.1),  come  comunicato allarRegione dal
ministero  per lo sviluppo economico con la nota del 31 gennaio 2008,
prot. n. 2619, per gli APQ da stipulare.
   Inoltre, in ordine alla distinzione tra «somme impegnate» e «somme
programmate»  deve  rilevarsi come la programmazione, in realta', sia
gia'   insita   nella   stipula   di  APQ,  mentre  l'impegno  deriva
dall'assunzione  degli Impegni Giuridicamente Vincolanti (IGV), che -
ai  sensi  del  punto  5.1.  della Delibera CIPE n. 14/2006 - possono
essere  formalizzati  entro  3 anni dalla programmazione: ed infatti,
con  APQ  stipulato in data 10 aprile 2008, risultano disponibili per
la  Regione  Calabria  €  5.000.000  per  Sicurezza e Legalita',
ancora  non  impegnati  per  le ragioni giuridiche sopra espresse, in
ordine ai termini per l'assunzione degli IGV.
   Non  vi  e'  dubbio, quindi, che alla data di adozione della norma
non vi fosse alcuna inadempienza da parte della regione.
   Va  poi  considerata  la  circostanza  che,  nel periodo temporale
intercorso  tra  l'adozione  del  d.l. n. 112/2008 (che non conteneva
nessuna  norma  in  materia)  e  l'entrata  in  vigore della legge di
conversione  (che  ha apportato la modifica qui censurata), la Giunta
regionale  ha  deliberato  14 APQ per un valore complessivo di €
331.236.848,34,  proponendone  la stipula al Ministero dello sviluppo
economico  ed  alle  altre  amministrazioni  centrali  competenti. Di
questi solo 4 APQ o atti integrativi ad APQ sono stati stipulati fino
alla  data  del  1° agosto 2008 per l'importo di € 70.009.888,34
(in  particolare,  APQ  Bonifica Siti Inquinati - I Atto Integrativo,
stipulato  il  3  luglio  2008;  APQ  Sport  e  Politiche  Giovanili,
stipulato il 1° agosto 2008; APQ Beni Culturali - IV Atto Integrativo
(Cultura/Teatri   e   Musei),   stipulato  il  1°  agosto  2008;  APQ
Istruzione,   stipulato  il  1°  agosto  2008);  i  restanti  10  APQ
(approvati  con  le  delibere  G.R. nn. 467, 486, 487, 489, 517, 598,
600,  602, 603 e 604 del 2008, tutte antecedenti alla data di entrata
in  vigore  della  norma  impugnata) risultano formalmente inviati, a
seguito  dell'ultima  seduta di Giunta regionale avente ad oggetto le
Proposte  di  Accordo  (8  agosto  2008),  alla  competente Direzione
generale  del  Mi.S.E.,  ma  per  5  APQ non sono ancora pervenute le
risultanze istruttorie propedeutiche alla stipula.
   Tutti  gli  atti  in  questione,  ivi  compresi quelli ritualmente
stipulati,  sono  stati  «congelati» (come indicato nella nota del 10
ottobre  2008,  prot.  20958,  a  firma  del  dirigente  generale del
Dipartimento  politiche  sviluppo del MI.S.E.) a seguito dell'entrata
in vigore della norma impugnata.
   Cio'  posto,  i  primi  due  commi della previsione censurata sono
evidentemente illegittimi.
   2.1)  Innanzi  tutto,  la  retroattivita'  del  comma  1 (norma di
principio  per  la  regione,  in  forza  del  comma  2),  e' priva di
qualunque  ragionevolezza.  Invece,  il  legislatore  puo'  approvare
«norme    innovative    con   efficacia   retroattiva,   purche'   la
retroattivita'   trovi   adeguata  giustificazione  sul  piano  della
ragionevolezza   e  non  contrasti  con  altri  valori  ed  interessi
costituzionalmente  protetti»  (ex plurimis, Corte cost. sent. n. 274
del 2006).
   E' evidente che la retroattivita', nel caso di specie, e' priva di
qualunque ragionevolezza: andare ad incidere su rapporti contrattuali
consolidatisi  in data antecedente all'entrata in vigore della norma,
senza  alcun  motivo  (quale,  ad esempio, un eventuale inadempimento
regionale)   che   ne   giustifichi   l'adozione,   e'   di   palmare
irragionevolezza,  gravemente  lesiva  del  principio di certezza del
diritto.
   E'  il  caso  di evidenziare, a tal proposito, che, nel periodo 31
maggio  2008-30  giugno  2008  (solo  per fare un esempio) la Regione
Calabria,  all'interno  degli  Accordi  gia'  stipulati sulle risorse
della   delibera   CIPE  n. 35/05,  e'  passata,  quanto  ad  impegni
giuridicamente  vincolanti, legittimamente assumibili alla luce della
disciplina  vigente,  da  €  38.369.000 ad € 54.628.000. Su
tali impegni la norma censurata va irragionevolmente ad incidere.
   Violato,    poi,   e'   il   connesso   principio   della   tutela
dell'affidamento  (che vale - ovviamente - per qualunque soggetto del
nostro   ordinamento,   anche   istituzionale):  l'affidamento  nella
sicurezza    giuridica    costituisce    «elemento   fondamentale   e
indispensabile  dello Stato di diritto» (sent. n. 349 del 1985) ed e'
un  «principio che, quale elemento essenziale dello Stato di diritto,
non  puo'  essere  leso da norme con effetti retroattivi che incidano
irragionevolmente  su situazioni regolate da leggi precedenti» (sent.
n. 525 del 2000).
   2.2) Le norme censurate, poi, violano gli artt. 97, 117, 118 e 119
Cost.,  nonche'  il  principio  di leale collaborazione: infatti esse
incidono  retroattivamente,  ed  in  modo del tutto irragionevole, su
accordi  gia'  conclusi  ed  impegni gia' assunti in data antecedente
alla  loro  entrata  in  vigore  e sviano fondi ancora legittimamente
programmabili  e soprattutto, impegnabili, comportando variazioni nel
bilancio   regionale   che   vulnerano   l'autonomia  amministrativa,
l'autonomia  finanziaria  della regione ricorrente e la sua capacita'
di  spesa,  garantite dall'art. 119 Cost., nonche' incidono con norma
di   estremo  dettaglio  (obbligo  di  concentrazione  dei  fondi  su
interventi   di   rilevanza   strategica  nazionale)  in  materie  di
legislazione  concorrente  (ad  esempio, per restare ai soli APQ gia'
approvati,  governo  del territorio, istruzione, tutela della salute,
valorizzazione dei beni culturali ed ambientali).
   Tale  illegittimita' e' confermata proprio dalla finalita' sottesa
al  comma  1  (e,  quale  norma  di  principio,  anche  al  comma 2):
«rafforzare  la  concentrazione su interventi di rilevanza strategica
nazionale»  significa  non  solo  sconvolgere l'intera programmazione
gia'  effettuata,  senza  garanzia  alcuna  che  ogni  Regione, ed in
particolare  la  regione Calabria, avra' ancora tutte le risorse gia'
assegnatele,   ma  anche  impedire  qualunque  azione  della  regione
mediante un vincolo specifico in materia di competenza concorrente (e
invece «La finalizzazione a scopi rientranti in materia di competenza
residuale delle Regioni o anche di competenza concorrente comporta la
illegittimita'   costituzionale   delle   norme  statali»:  cfr.,  ex
plurimis,  sentt.  nn.  118 del 2006; 231 del 2005; 424 del 2004; 370
del 2003).
   Codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale  ha  ritenuto infondata una
questione  di  legittimita'  di  norme  solo  apparentemente simili a
quelle  censurate  (art.  1,  commi  310  -  311,  legge n. 266/2005)
unicamente  in  quanto  esse  (v.,  in  particolare,  comma  310)  si
limitavano  a  prendere  atto  «dell'inattivita'  di  alcune  regioni
nell'utilizzare  risorse poste a loro disposizione nel bilancio dello
Stato  ed  oggetto di accordi di programma stipulati in modo libero e
paritario  con  il Governo nazionale [...] Il congelamento di ingenti
somme  gia' destinate, secondo moduli di cooperazione orizzontale tra
Stato  e  regioni,  all'attuazione di programmi di edilizia sanitaria
non  giova  all'autonomia  regionale  e  sottrae per tempi indefiniti
risorse  per  la realizzazione del diritto alla salute dei cittadini.
Prevedere  la  risoluzione di accordi di programma, rispetto ai quali
si  sia  registrato  un  inadempimento  da  parte  di alcune regioni,
significa porre le condizioni per una incentivazione di comportamenti
efficienti  e  virtuosi  delle  amministrazioni  regionali, favorendo
anche,  sempre  secondo  il  metodo  dell'accordo, la riutilizzazione
aggiornata,  per  le medesime finalita', dei finanziamenti revocati».
Quanto,  in particolare, al comma 311, pur rilevando che «L'autonomia
regionale  non viene incisa negativamente, giacche' saranno le stesse
regioni a rinegoziare i finanziamenti residui, che non vengono quindi
sottratti  alla  loro  disponibilita'.  In  altre  parole, le regioni
rimangono  in  possesso  della  facolta' di concordare con lo Stato i
tempi  e  i  modi  dell'impiego  dei  fondi  disponibili,  secondo il
principio   di   leale   collaborazione»   ne   e'  stata  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale «in quanto vincola, unilateralmente e
per  finalita'  specifiche e dettagliate, la destinazione di fondi in
una materia di competenza concorrente» .
   Nel caso che qui ne occupa, non solo non vi e' alcuna inadempienza
(ne'   nella  programmazione,  ne'  nella  stipula)  da  parte  della
ricorrente,  che  vede il proprio bilancio privato di somme gia' rese
disponibili,   ma,   anche  in  violazione  del  principio  di  leale
collaborazione:  a)  non  e'  stato  previsto  alcun procedimento per
l'eventuale   messa   in   mora  delle  Regioni  (che  solo  potrebbe
giustificare  l'adozione  di  misure  cosi'  penalizzanti come quelle
censurate);  b)  non  e' stato previsto alcun modulo «partecipativo»,
per  determinare,  in  collaborativo  confronto  con  le regioni, gli
eventuali riutilizzi.
   Evidente,  infine,  il  profilo  di  violazione  dell'art.  97 (in
combinato  disposto  con  gli  artt.  118 e 119) Cost., atteso che la
disciplina censurata sconvolge la gia' stabilita programmazione delle
attivita'  amministrative  delle regioni, vulnerando il principio del
buon  andamento  dell'amministrazione  e incidendo direttamente sulle
attribuzioni della ricorrente in ordine all'Amministrazione regionale
e al finanziamento delle attivita' ad essa spettanti.
   3)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art. 6-quinquies del d.l.
n. 112  del  2008,  conv.  con  modif.  in legge n. 133 del 2008, per
violazione  degli artt. 3, 11, 97, 117, 118 e 119 Cost.; dei principi
di  leale  collaborazione,  dell'affidamento  e  della  certezza  del
diritto,  nonche'  del generale canone di ragionevolezza delle leggi;
dell'art.  249  del  Trattato CE; degli artt. 9, 13, 15, 32 e 33 Reg.
(CE) n. 1083/2006 del Consiglio dell'11 luglio 2006.
   L'art.  6-quinquies  del d.l. n. 112 del 2008, al comma 1, prevede
l'istituzione  di  un fondo per il finanziamento, in via prioritaria,
di    interventi    finalizzati    al    potenziamento   della   rete
infrastrutturale  di  livello  nazionale,  ivi  comprese  le  reti di
telecomunicazione  e  quelle  energetiche, il quale e' alimentato con
gli stanziamenti nazionali (Fondo Aree Sottoutilizzate) assegnati per
l'attuazione del Quadro Strategico Nazionale per il periodo 2007-2013
in  favore  di  programmi di interesse strategico nazionale (PAN), di
progetti  speciali e di riserve premiali, fatte salve le risorse che,
alla data del 31 maggio 2008, siano state vincolate all'attuazione di
programmi  gia'  esaminati  dal CIPE o destinate al finanziamento del
meccanismo  premiale  disciplinato dalla delibera CIPE 3 agosto 2007,
n. 82.
   3.1)  Tale norma si espone alle stesse censure mosse, al paragrafo
2.1.  del  presente  ricorso,  all'art.  6-quater, nella parte in cui
incide  su  vincoli  e rapporti sodi in data antecedente alla propria
entrata  in  vigore senza ragionevolezza alcuna, ed in violazione dei
principi  di affidamento e di certezza del diritto. Si debbono dunque
invocare  i medesimi parametri costituzionali, violati per i medesimi
profili.
   Anche  qui, la retroattivita' del comma 1 (la quale non e' neanche
definita  come  norma  di  principio  per  le  regioni),  e' priva di
qualunque   ragionevolezza:   andare  ad  incidere  su  fondi  ancora
legittimamente  programmabili, senza alcun motivo (quale, ad esempio,
un  eventuale inadempimento regionale) che ne giustifichi l'adozione,
e'  di  palmare  irragionevolezza, gravemente lesiva del principio di
certezza del diritto e del principio di affidamento.
   3.2)  Il comma sopra indicato, poi, viola gli artt. 97, 117, terzo
comma, 118 e 119 Cost., nonche' il principio di leale collaborazione,
anche  qui  per  ragioni  simili  a quelle gia' indicate nel presente
paragrafo  al  quale  si rinvia. Basta considerare, infatti, che esso
incide  retroattivamente,  ed  in  modo  del  tutto irragionevole, su
stanziamenti  gia'  effettuati  prima  della sua entrata in vigore, e
svia   fondi   ancora   legittimamente   programmabili,   comportando
variazioni   nel   bilancio   regionale,  che  vulnerano  l'autonomia
amministrativa  e  l'autonomia  finanziaria  della Regione, garantite
dagli  artt.  118  e  119  Cost., nonche' incide con norma di estremo
dettaglio  (obbligo  di  concentrazione  dei  fondi sul potenziamento
della  rete  infrastrutturale  di  livello  nazionale)  in materie di
legislazione  concorrente (ad esempio, governo del territorio, grandi
reti  di trasporto e navigazione; porti e aeroporti civili; trasporto
e distribuzione nazionale dell'energia).
   3.3)  Il  comma 3 impone - sotto forma di principio fondamentale -
la  concentrazione  da  parte  delle regioni delle risorse del Quadro
Strategico  Nazionale (hinc inde: QSN) su infrastrutture di interesse
strategico   regionale  in  sede  di  predisposizione  dei  programmi
finanziati  dal  FAS, e di ridefinizione dei programmi finanziati dai
Fondi strutturali comunitari.
   Tale  disposizione incide sia su materie di competenza concorrente
(in  particolare,  porti ed aeroporti, governo del territorio, tutela
della  salute;  trasporto  e distribuzione di energia) che su materie
riservate  alla  regione  (in particolare, turismo; rete regionale di
trasporto);  inoltre,  pone  un  vincolo  di destinazione sull'intero
ammontare  delle  risorse residue, ivi compresi i Fondi comunitari (a
differenza  del  comma  1  della medesima norma), che non lascia alle
Regioni  alcun  margine  di  autonomia sia per determinare le proprie
scelte  sia  per  negoziare  eventuali  intese  con lo Stato e con la
Comunita',  con  conseguente  violazione  anche  dell'art. 117, commi
terzo   e  quinto,  Cost.,  nonche'  dell'art.  118,  che  conferisce
autonomia   amministrativa   alle   regioni,   con   la   conseguente
attribuzione  di  discrezionalita' nell'impiego delle risorse (almeno
negli  spazi lasciati liberi dalla legge regionale). Tanto, di nuovo,
in  ragione  della rigidita' determinata dalla norma censurata, anche
con  violazione  del principio del buon andamento della p.a., sancito
nell'art. 97 Cost.
   Infatti,  in  forza  del  QSN, i Programmi attuativi FAS Regionali
sono  a  titolarita'  delle  amministrazioni  regionali, responsabili
della loro definizione e attuazione, e destinatarie delle risorse FAS
assegnate con la delibera CIPE di riferimento.
   Cio'  comporta,  come  gia'  dedotto  al paragrafo 2. del presente
ricorso,  l'illegittimita'  della  norma  impugnata (v. le gia' citt.
sentt. nn. 118 del 2006; 231 del 2005; 424 del 2004; 370 del 2003).
   I  commi  2 e 3 pongono inoltre un limite diretto all'autonomia di
spesa  della  regione,  con  conseguente lesione dell'art. 119 Cost.:
vengono   infatti  definanziati  Programmi  di  Interesse  Strategico
Nazionale  (all'interno dei quali la quota di spettanza della Regione
Calabria  e'  pari  al  10,34%),  quali  l'istruzione, l'ambiente, la
sicurezza,  l'inclusione  sociale,  le risorse naturali, le reti ed i
servizi  per  la mobilita', l'internazionalizzazione, per complessivi
9.451,440  milioni  di  euro  (dei  quali  977,279 relativi alla sola
Calabria);  viene  inoltre definanziato il Progetto speciale relativo
alla  salute  nelle Regioni del Mezzogiorno (all'interno del quale la
quota di spettanza della Regione Calabria e' pari al 10,34%), per una
somma  pari  a  1.550  milioni  di  euro  (dei  quali 155 per la sola
Calabria);  viene  inoltre  definanziata la Riserva di programmazione
(all'interno della quale la quota di spettanza della Regione Calabria
e' pari al 10,34%) per 7.923,346 milioni di euro (dei quali 8.129,274
per la sola Calabria), stravolgendo le regole fissate per lo svincolo
di tali risorse fissate dal punto 7.3 della Delibera CIPE 166/07.
   L'attentato  all'autonomia  finanziaria  regionale  e' addirittura
devastante,  risolvendosi  nella  privazione  di risorse e nel totale
sconvolgimento   della  programmazione  regionale,  gia'  in  essere,
dell'impiego delle risorse.
   Deve,  inoltre,  essere  lamentata  la violazione del principio di
leale  e  fattiva  collaborazione:  infatti, con l'art. 1, comma 864,
legge n. 269/2006 - previa intesa con la Conferenza unificata - si e'
stabilito che l'approvato (all'epoca, approvando) QSN «costituisce la
sede   della   programmazione   unitaria  delle  risorse  aggiuntive,
nazionali e comunitarie, e rappresenta, per le priorita' individuate,
il quadro di riferimento della programmazione delle risorse ordinarie
in conto capitale, fatte salve le competenze regionali in materia».
   Con la norma impugnata non solo viene disattesa l'intesa raggiunta
in  sede  di  Conferenza  unificata,  nella  quale si e' riconosciuto
espressamente  il  ruolo  regionale  nella  programmazione (di fatto,
azzerato  dal  vincolo di destinazione posto dalla norma censurata) e
la  funzione  del  QSN  nel  definire  strategie  ed obiettivi per il
periodo  di  riferimento  (funzione  elusa e stravolta dal vincolo di
destinazione  imposto  dalla norma censurata) senza neanche prevedere
il  raggiungimento  di  nuova  intesa,  ma  limitando  il  meccanismo
«partecipativo»  alla  mera  necessita'  di  «sentire»  la Conferenza
stessa.
   3.4)  La  previsione della generica concentrazione nel Mezzogiorno
almeno  dell'85% degli stanziamenti, indicata dal comma 2, poi, viola
l'art.  119,  commi  1  e  5,  Cost.:  infatti  tale  previsione, non
richiamando  anche la necessaria applicazione della chiave di riparto
valida   per  il  ciclo  2007-2013  e  della  metodologia  utilizzata
nell'istruttoria  tecnica curata dal Dipartimento per le politiche di
sviluppo e coesione, diffusa con nota del 5 aprile 2006, e richiamata
nell'allegato al QSN gia' sopra menzionato, non garantisce a ciascuna
regione  il  volume di stanziamenti gia' indicato in precedenza - con
conseguente  lesione  dell'autonomia  finanziaria  della regione - e,
soprattutto, non garantisce il mantenimento dell'equilibrio raggiunto
in  sede  di  QSN  quanto  alla finalita' di «riequilibrio» garantita
dall'art.   119,   comma   5,  Cost,  proprio  considerando  che  nel
Mezzogiorno  d'Italia  coesistono regioni (come la Calabria) inserite
integralmente  nell'Obiettivo  «Convergenza»  - gia' Obiettivo 1 - ed
ammesse  agli  aiuti di Stato di carattere regionale per l'Italia (la
relativa  Carta  e'  stata  approvata con decisione della Commissione
europea:  v.  Nota  28  novembre 2007, C(2007)5618 def. cor).) con il
massimale  di  aiuto  piu'  alto di tutte (40%) per il periodo dal 1°
gennaio 2007 al 31 dicembre 2010 (il che dimostra la necessita' di un
piu'  ampio  riequilibrio  in  favore  della  regione  ricorrente), e
regioni  (come Molise ed Abruzzo), selezionate per l'estinzione degli
aiuti,  all'interno  delle quali solo alcuni comuni hanno ottenuto di
essere  ammessi  a  tali  aiuti  per  un  periodo limitato, o come la
Basilicata, ammessa fino al 2001 e soggetta a revisione.
   Inoltre,   il   mero   riferimento   alla   concentrazione   degli
stanziamenti  nel  Mezzogiorno non garantisce il rispetto dell'altro,
fondamentale impegno assunto in sede di QSN (v. nota n. 272, p. 247),
e  cioe'  la  concentrazione  nel  Mezzogiorno (e quindi, anche nella
regione  ricorrente)  di una quota pari al 45% del totale della spesa
in  conto  capitale, proprio al fine di «conseguire una significativa
accelerazione   nell'accumulazione   del   capitale  pubblico  e,  di
conseguenza,  nei  tassi  di  crescita»,  il che determina violazione
dell'art. 119, comma 5, Cost.
   3.5)  La  sostanziale  ridefinizione  del  QSN, ed il vicolo nella
predisposizione  e  ridefinizione  dei vari programmi, per il tramite
dei  tre  commi che compongono la disposizione impugnata, viola anche
l'art.  117, quinto comma, Cost.: malgrado il detto riconoscimento in
sede  di predisposizione del QSN del ruolo «programmatico» regionale,
tale  articolo,  di  fatto,  impedisce  sia  la  partecipazione  alla
formazione,   che   l'attuazione  e  l'esecuzione  dei  provvedimenti
comunitari,  che  competono  alle  regioni  proprio in forza del cit.
comma 5.
   3.6)  Anche  in relazione alla lesione della capacita' di spesa di
cui  all'art.  119 cost. e delle competenze regionali di cui all'art.
117,  quinto  comma,  Cost,  sopra  lamentate, deve essere dedotta la
violazione degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost. e degli artt. 249
del Trattato e 9, 13, 15,32 e 33 Reg. (CE) n. 1083/2006 del Consiglio
dell'11 luglio 2006.
   Infatti, l'articolo censurato (in particolare, il comma 2) prevede
che,  nel  rispetto  del  Reg.  CE  n. 1083/06, i Programmi operativi
nazionali  finanziati  con  risorse  comunitarie per l'attuazione del
Quadro  Strategico  Nazionale per il periodo 2007-2013 possono essere
ridefiniti in coerenza con i principi di cui al presente articolo.
   Il  QSN  2007-2013,  cui si riferisce la norma, e' stato approvato
con  decisione  della Commissione 3uropea n. 3339 del 13 luglio 2007,
ed i relativi POR sono stati approvati: come noto, ai sensi dell'art.
249,  par.  4,  del Trattato «La decisione e' obbligatoria in tutti i
suoi  elementi per i destinatari da essa designati». La normativa qui
censurata viola tale previsione, cozzando anche con la Carta italiana
degli  aiuti di Stato a finalita' regionale per il periodo 2007-2013,
sopra menzionata.
   L'art.  32  del  Reg. 1083/06 prevede che la Commissione adotti il
Piano  Operativo;  l'art.  33 prevede i casi in cui i Piani operativi
possono  essere  riesaminati,  e  cioe':  a) a seguito di cambiamenti
socioeconomici  significativi;  al  fine  di  tener  conto  in misura
maggiore  o  differente  di  mutamenti  di  rilievo  nelle  priorita'
comunitarie, nazionali o regionali; c) alla luce della valutazione di
cui all'articolo 48, paragrafo 3; d) a seguito di difficolta' in fase
di attuazione.
   Pare  evidente  l'insussistenza  di  alcuna  delle  ipotesi cui la
normativa  comunitaria  consente  di  richiedere alla Commissione una
decisione  in merito, con conseguente inammissibile scostamento dalla
normativa comunitaria di riferimento quanto alle ipotesi di riesame.
   La  norma  censurata,  poi,  altera  il principio di aggiuntivita'
delle  risorse  comunitarie  di  cui  agli  artt. 9, 13 e 15 del Reg.
1083/06,  in  base  al  quale e' stato concepito ed approvato in sede
comunitaria il QSN.
   Tale violazione, quando uno Stato membro non rispetta gli obblighi
di  cui all'art. 15, par. 4, del Regolamento 1083/2006, fa si' che la
Commissione  possa,  in  relazione  al grado di inadempimento di tale
obbligo,  procedere  ad  una  rettifica  finanziaria  sopprimendo  la
totalita'  o  un parte del contributo a titolo dei Fondi Strutturali,
con conseguente danno diretto per la regione ricorrente.
   4)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  6-sexies  del  d.l.
n. 112  del  2008,  conv.  con  modif.  in legge n. 133 del 2008, per
violazione dell'art. 119 Cost.
   L'art. 6-sexies del d.l. n. 112 del 2008, al comma 1, prevede che,
al   (presunto)   fine   di   promuovere   il   coordinamento   della
programmazione  statale  e  regionale ed in particolare per garantire
l'unitarieta'   dell'impianto  programmatico  del  Quadro  strategico
nazionale  per la politica regionale di sviluppo 2007-2013 e favorire
il  tempestivo  e  coordinato  utilizzo  delle  relative  risorse, la
Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri, sentito il Ministero dello
sviluppo  economico,  effettua la ricognizione delle risorse generate
da  progetti  originariamente  finanziati  con fonti di finanziamento
diverse  dai  Fondi  strutturali  europei  ed  inseriti nei programmi
cofinanziati  che  siano  oggetto  di  rimborso a carico del bilancio
comunitario  e  del  fondo  di  rotazione di cui all'articolo 5 della
legge  16 aprile 1987, n. 183, in particolare individuando le risorse
che  non siano state impegnate attraverso obbligazioni giuridicamente
vincolanti  correlate alla chiusura dei Programmi Operativi 2000-2006
e  alla  rendicontazione  delle  annualita' 2007 e 2008 dei Programmi
Operativi  2007-2013,  anche  individuando  modalita'  per evitare il
disimpegno  automatico  delle relative risorse impegnate sul bilancio
comunitario.  All'esito,  il  comma  2  prevede che la Presidenza del
Consiglio  dei  ministri,  su  proposta  dei  Ministri competenti, di
concerto  con  i  Ministri  dell'economia  e  delle  finanze  e dello
sviluppo economico e previa intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti  tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di  Bolzano, adotti la riprogrammazione che definisce le modalita' di
impiego  delle  risorse, i criteri per la selezione e le modalita' di
attuazione  degli interventi che consentano di assicurare la qualita'
della   spesa  e  di  accelerarne  la  realizzazione  anche  mediante
procedure  sostitutive  nei  casi  di  inerzia  o inadempimento delle
amministrazioni  responsabili.  L'intesa,  tenuto  conto  del vincolo
delle   precedenti   assegnazioni  alle  amministrazioni  centrali  e
regionali,   in   attuazione   dell'art.  119,  quinto  comma,  della
Costituzione,  individua  gli  interventi  speciali per promuovere lo
sviluppo economico e rimuovere gli squilibri economici e sociali, con
priorita'  per gli interventi finalizzati al potenziamento della rete
infrastrutturale   di   livello  nazionale  e  regionale  di  cui  e'
riconosciuta  la  valenza  strategica  ai fini della competitivita' e
della coesione.
   Per dimostrare la denunciata illegittimita' della norma censurata,
e'  indispensabile  individuare  il  meccanismo  sul  quale la stessa
incide.  La  normativa di riferimento per l'inclusione nell'ambito di
programmi  cofinanziati  dall'Unione  europea  (in particolare, per i
Programmi  del  periodo  2000-2006)  di  progetti gia' finanziati con
altre  fonti nazionali e' riconducibile alle seguenti fonti: Delibera
CIPE  n. 189/97  e  QCS per le regioni italiane dell'Ob. 1 2000-2006,
approvato con decisione della Commissione C(2000) 2050.
   La   delibera   CIPE   n. 189/97   nel   dettare   «Indirizzi  per
l'armonizzazione  e  l'accelerazione  delle  procedure  attuative dei
programmi  cofinanziati  dalla  Commissione  europea»  ha previsto in
particolare  che, «Allo scopo di garantire il proficuo utilizzo delle
risorse  nazionali  e  comunitarie, i soggetti titolari dei programmi
cofinanziati  dalla Commissione europea procedono ad una ricognizione
di  tutti  gli  interventi,  comunque  attivati  a livello nazionale,
regionale,   locale   dai  diversi  soggetti  pubblici  e  privati  e
finanziati con risorse nazionali, pubbliche e private, riconducibili,
per  settore  e/o territorio, al programma cofinanziati Ai fini della
suddetta  ricognizione  i  soggetti  pubblici  e privati responsabili
degli  interventi  sono  tenuti a fornire il quadro dettagliato degli
interventi   di  propria  competenza,  programmati  ed  in  corso  di
attuazione,  con  indicazione  delle relative fonti di finanziamento,
del  relativo  stato  di  attuazione,  degli  impegni  assunti, delle
erogazioni  effettuate  e dei tempi di realizzazione stabiliti. Sulla
base  della  suddetta ricognizione, i soggetti titolari dei programmi
cofinanziati    individuano    gli    interventi   da   ammettere   a
cofinanziamento,  previa verifica, con le amministrazioni competenti,
che  gli  stessi  non  risultino  gia'  inseriti  in  altro programma
cofinanziato  e  che  siano  coerenti  con  i  programmi approvati in
termini  di:  a)  rispetto degli obiettivi dei suddetti programmi; b)
ammissibilita'  degli  impegni  e  delle  spese;  c)  rispetto  della
normativa comunitaria.
   Le  spese  relative  agli  interventi  cosi'  individuati potranno
essere  rendicontate, nell'ambito dei programmi cofinanziati, anche a
titolo di anticipazione sulla quota nazionale e su quella comunitaria
stabilita dal piano finanziario del programma».
   Il  QCS, al paragrafo 2.2, assume quale riferimento e orientamento
per  i programmi operativi alcuni principi di base fra i quali quello
dell'urgenza, in merito al quale il documento prevede quanto segue:
   «I  tempi stretti di conseguimento dell'obiettivo impongono che la
strategia  del  QCS  tenga  conto di questa urgenza attraverso: 1) la
definizione  celere  in  ogni  territorio degli obiettivi puntuali da
conseguire  e  delle  tipologie  di  opere su cui si intende puntare,
attuando  da  subito  alcuni  interventi  caratterizzati  da  elevati
livelli  di qualita' ed efficacia; 2) utilizzare subito e valorizzare
i  progetti  esistenti.  In  quest'ambito sara' necessario prevedere,
almeno   per   i   primi   due  anni,  una  sorta  di  ''ponte''  fra
programmazione  in  corso  e nuova programmazione. Il che implica che
gia' in sede di programmazione operativa si prevede di integrare, per
i  primi  anni  di attuazione, obiettivi, linee di intervento e anche
singoli  progetti  di  sviluppo  emersi  come  prioritari  gia' nella
precedente fase di programmazione, nella misura in cui essi esprimano
livelli  adeguati  di  coerenza,  convergenza  e  omogeneita'  con la
strategia  di  sviluppo  delineata  per  il nuovo e con il sistema di
obiettivi  globali  e  specifici  che  ne  e'  alla  base», mentre al
paragrafo  6.3.6.  stabilisce  che le risorse rinvenienti alle A.d.G.
dai  rimborsi  comunitari  e  nazionali relativi ai progetti di prima
fase  (oggetto della ricognizione effettuata dalle A.d.G. entro il 30
giugno  2002),  nonche'  a  tutti  gli  altri  progetti imputati alla
programmazione  comunitaria  e originariamente coperti da altre fonti
di finanziamento (cosiddette «risorse liberate») vengono totalmente e
tempestivamente reinvestite dalle stesse A.d.G., per la realizzazione
di  progetti  coerenti  con i contenuti delle misure e rispondenti ai
requisiti  previsti  dai  criteri  di  selezione  dei  complementi di
programmazione.
   Le regole attraverso le quali tali condizioni possono essere anche
concretamente poste a verifica sono poi definite come segue.
   1) Quantificazione - il meccanismo del reimpiego si manifesta come
possibile   nel   momento   in   cui,   a  seguito  dell'avvio  delle
rendicontazioni,  scattano  i  presupposti  del  rientro dei fondi di
cofinanziamento  comunitario  e statale. L'ammontare delle risorse da
riprogrammare,   definite   «risorse   liberate»,  non  e'  inferiore
all'importo  riferito  al  «costo  del  progetto imputato al QCS come
''costo  pubblico dell'operazione'' - al netto dell'autofinanziamento
regionale, cofinanziato da risorse comunitarie e statali».
   La  quantificazione  delle  risorse  liberate,  conformemente alle
esigenze  dei casi concreti, e' realizzata attraverso le informazioni
tratte dal sistema di monitoraggio nazionale, avendo a riferimento la
data  di  avvio  del progetto e la loro identificazione come progetti
che liberano risorse, puntualmente indicati sulla scheda progetto. Il
Ministero  dell'economia  e  delle  finanze - Dipartimento ragioneria
generale  dello  Stato  -  IGRUE  rende  disponibile all'Autorita' di
gestione  del  QCS  un  report predefinito, contenente, per programma
operativo  e  misura,  l'elenco  e l'ammontare dei progetti coerenti,
selezionati e certificati alla Commissione europea.
   2)  La  destinazione  territoriale  delle  risorse  liberate  - La
disponibilita'  del  dato  quantitativo  delle risorse potenzialmente
liberate  costituisce  il  primo  presupposto  su  cui  costruire  la
verifica   della  relativa  destinazione:  quella  territoriale,  che
costituisce   elemento   essenziale   di  verifica  per  i  programmi
nazionali,  ma  non per i programmi regionali e quella per obiettivi,
che costituisce viceversa elemento centrale per entrambi i livelli di
programmazione.
   In  tale  contesto e' di assoluta, primaria, importanza monitorare
le  decisioni  sulla  destinazione  dei  rientri  dei  PON  che hanno
giurisdizione su territori piu' ampi di quelli ammissibili all'ob. 1,
per  evitare  fuoriuscite di risorse da tali territori a vantaggio di
altri   ed  assicurare  una  equilibrata  allocazione  delle  risorse
liberate  tra  le  diverse  regioni in considerazione degli specifici
fabbisogni settoriali.
   3)  La  finalizzazione  settoriale  e  per  misura  delle  risorse
liberate   -  La  riallocazione  «per  misura  e  azione»  avviene  a
discrezione  delle Autorita' di Gestione, purche' assicuri un apporto
diretto  agli obiettivi, sia effettuata all'interno dello stesso Asse
prioritario  che  ha  generato  i  rimborsi e sia aderente ai criteri
previsti,  nei  programmi  operativi  2000/2006,  per  le  misure  di
riferimento,    cosi'    come    dettagliati   nei   complementi   di
programmazione,    fermo   restando   che   l'identificazione   degli
assi/settori/misure  destinatari  delle  risorse  liberate non potra'
prescindere   da  una  preventiva  ricognizione  della  progettazione
disponibile  e  dalla  tempistica  di  utilizzo  di tali risorse, per
privilegiare   la   realizzazione  di  progetti  che  possiedono  una
tempistica  di  attuazione quanto piu' possibile parallela al periodo
di   programmazione   2000-2006.  Nei  casi  eccezionali  in  cui  la
riallocazione  puo'  comportare  una  attribuzione di risorse ad Assi
diversi  da  quelli che hanno generato i rimborsi, essa dovra' essere
chiaramente  esplicitata  e  motivata dalle singole A.d.g. e formera'
oggetto  di  informativa  al  Comitato  di sorveglianza del programma
operativo interessato.
   4)  La continuita' degli interventi nella successione dei cicli di
programmazione  comunitaria  -  il  sempre maggiore avvicinamento tra
obiettivi  e  regole  della  programmazione  comunitaria  e di quella
nazionale   finanziata  con  risorse  aggiuntive  rende  sempre  piu'
concreta  la possibilita' di indifferenza delle fonti di copertura di
progetti  volti  al conseguimento di obiettivi comuni, anche in vista
delle esigenze di tempestivo avvio del nuovo ciclo di programmazione.
   Sulla  base  della preventiva quantificazione dell'ammontare delle
risorse  liberate,  le  Autorita' di gestione dei programmi operativi
inviano  annualmente,  a  partire  dal 2004 ed entro il 31 ottobre di
ogni   anno,  all'Autorita'  di  gestione  del  QCS  per  l'eventuale
informativa  al  Comitato di sorveglianza del QCS, apposite relazioni
nelle  quali  sono  specificati:  le misure i cui obiettivi specifici
sono  rafforzati  dai  progetti  finanziati  con le risorse liberate;
l'elenco  dei  progetti  finanziati  con  le  risorse liberate con la
specifica  del  titolo, importo e tempistica di attuazione di ciascun
progetto;  i  criteri  di  ammissibilita'  e  selezione  previsti dai
rispettivi  Complementi  di programmazione, sulla base dei quali sono
stati selezionati e finanziati i suddetti progetti.
   Il   rispetto   di   questi   requisiti  costituira'  elemento  di
valutazione  in  sede di determinazione delle allocazioni finanziarie
relative al prossimo ciclo dei Fondi Strutturali.
   L'inclusione  di  progetti gia' avviati e finanziati nel Programma
operativo  2000-2006,  e  la  loro rendicontazione nell'ambito di una
certificazione   di  spesa  determina  il  rimborso  da  parte  della
Commissione  della  corrispondente quota comunitaria e da parte dello
Stato  della  quota di cofinanziamento statale garantita dal Fondo di
Rotazione, secondo le regole previste dal piano finanziario del POR.
   I  rientri finanziari sono assegnati ai bilanci regionali a titolo
di  rimborso  e  si  rendono  disponibili  per l'impiego in ulteriori
operazioni.
   Gia'  la  delibera  del  CIPE  n. 189/97 prevedeva che: «I rientri
finanziari  messi  a disposizione dei soggetti titolari dei programmi
cofinanziati  per effetto della inclusione negli stessi di interventi
finanziati  con  le risorse nazionali, dovranno essere utilizzati per
interventi  finalizzati  al conseguimento degli obiettivi di sviluppo
individuati  dalla  programmazione territoriale e settoriale, in modo
da  garantire  il  rispetto  del  principio  di  addizionalita' delle
risorse  comunitarie». Tale previsione e' stata precisata con il cit.
Paragrafo  6.3.6  del  QCS  e con documento del Mi.S.E. del 25 luglio
2008, trasmesso a tutte le regioni dell'Obiettivo 1, ciclo 2000-2006,
con nota prot. 0016293.
   In  particolare,  per  i progetti finanziati con i rimborsi di cui
sopra,  gli  impegni  giuridicamente vincolanti non ancora effettuati
dovranno essere assunti entro 12 mesi dal 30 giugno 2009. Nel caso di
progetti  finanziati  con  i  rimborsi ricevuti successivamente al 31
dicembre  2008, gli impegni giuridicamente vincolanti dovranno essere
assunti, entro 12 mesi dalla data di ricezione dei rimborsi, mentre i
pagamenti  dovranno essere ultimati e i progetti conclusi e operativi
entro  i  36 mesi successivi a decorrere dall'assunzione dell'impegno
giuridicamente vincolante.
   Nel  caso  in  cui  i termini di impegno, pagamento, conclusione e
operativita'  dei  progetti,  nonche'  la loro coerenza con i vincoli
tematici e territoriali cosi' come stabiliti nel QCS, non siano stati
rispettati,  gli ammontari corrispondenti al valore degli impegni non
assunti  ed  al valore dei progetti non conclusi o operativi, saranno
dedotti,  su  proposta  del  DPS, dalle assegnazioni e/o erogazioni a
valere  sulle  risorse  del Fondo aree sottoutilizzate spettanti alle
amministrazioni responsabili dell'attuazione del progetto.
   Cosi'  ricostruito  il  meccanismo,  deve  rilevarsi come la norma
violi l'art. 119 Cost.: infatti, per come congegnata, la stessa tende
ad  «deviare»  i  rimborsi  dalla  naturale destinazione - e cioe' il
bilancio   regionale   -   fissata   dalla   normativa  regolamentare
comunitaria  (Reg.  CE 1260/99 e 1083/06), con conseguente violazione
dell'autonomia  finanziaria  della  Regione, privata di fondi ad essa
direttamente destinati.
   5)  Illegittimita' costituzionale dell'art. 77 del d.l. n. 112 del
2008, conv. con modif. in legge n. 133 del 2008, per violazione degli
artt. 3, 117 e 119 Cost. e del principio di leale collaborazione.
   L'art.  77 del d.l. n. 112 del 2008, al comma 1, impone al settore
regionale  il  concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza
pubblica  per  il  triennio  2009/2011,  in  termini  di fabbisogno e
indebitamento    netto,   per   1.500,   2.300   e   4.060   milioni,
rispettivamente, per gli anni 2009, 2010 e 2011. La norma, cosi' come
formulata, viola anzitutto l'art. 3 Cost.
   Simile  indiscriminata  previsione,  accomunando l'intero comparto
regionale, discrimina regioni come la ricorrente, molto svantaggiate,
rispetto  a  regioni  molto  piu'  «progredite»,  non prevedendo, tra
l'altro, alcun meccanismo di «compensazione» tra le varie regioni.
   La  norma,  inoltre,  viola  gli artt. 117 e 119 Cost. Infatti, in
materia  di  legislazione  concorrente  (coordinamento  della finanza
pubblica),   fissa   con   norma  di  estremo  dettaglio  il  vincolo
complessivo per l'intero «settore regionale» in termini di fabbisogno
ed  indebitamento  netto, con una progressione anno per anno priva di
qualunque  ragionevolezza  e  per un periodo irragionevolmente ampio,
ponendo   quindi,   senza   alcun  bilanciamento  tra  gli  interessi
potenzialmente    concorrenti    della   stabilita'   finanziaria   e
dell'autonomia   degli  Enti,  vincoli  eccessivi,  irragionevolmente
rigidi e uniformi.
   Infine,  tale  vincolo  viene posto senza neanche prevedere alcuna
«stanza  di  compensazione» atta a concordare tra le varie Regioni le
modalita' di concorso di ciascuna di esse.
   6)  Illegittimita' costituzionale dell'art. 77-ter del d.l. n. 112
del  2008,  conv. con modif. in legge n. 133 del 2008, per violazione
degli   artt.   3,   117  e  119  Cost.  e  del  generale  canone  di
ragionevolezza  delle  leggi; degli artt. 32 sgg., 158, 159 e 104 del
Trattato  CE,  del Protocollo n. 20 annesso al Trattato stesso; della
risoluzione  del Consiglio relativa al patto di stabilita' e crescita
adottata  ad  Amsterdam il 17 giugno 1997, nonche' del Regolamento CE
n. 2223/96  del  Consiglio  del  25  giugno  1996,  che disciplina il
sistema  europeo  di  conti  economici  integrati  (c.d.  SEC 95; del
Regolamento  (CE)  n. 1500/2000 della Commissione del 10 luglio 2000,
di  applicazione  del  Reg.  n. 2223/96  e  dei  Regolamento  CE  nn.
1290/2005, 1260/1999, 1083/06.
   L'art.  77-ter del d.l. n. 112 del 2008, introdotto dalla legge di
conversione,  fissa  il patto di stabilita' per le regioni. Dopo aver
delineato  al comma 1 la finalita' della norma («Ai fini della tutela
dell'unita'  economica della Repubblica»), al comma 3, prevede che il
complesso delle spese finali di ciascuna regione a statuto ordinario,
determinato  ai  sensi  del  comma  4, non puo' essere superiore, per
l'anno  2009, al corrispondente complesso di spese finali determinate
sulla  base  dell'obiettivo  programmatico  per l'anno 2008 diminuito
dello  0,6  per  cento,  e  per gli anni 2010 e 2011, non puo' essere
rispettivamente  superiore  al  complesso  delle corrispondenti spese
finali  dell'anno  precedente,  calcolato assumendo il pieno rispetto
del  patto  di  stabilita'  interno, aumentato dell'1,0 per cento per
l'anno  2010 e diminuito dello 0,9 per cento per l'anno 2011., mentre
al comma 4 prevede che il complesso delle spese finali e' determinato
dalla  somma  delle  spese  correnti  ed  in conto capitale, al netto
delle:  a)  spese  per  la  sanita',  cui  si  applica  la  specifica
disciplina di settore; b) spese per la concessione di crediti.
   Al  comma  19, infine, viene confermata per il triennio 2009-2011,
ovvero  sino  all'attuazione  del  federalismo  fiscale se precedente
all'anno  2011, la sospensione del potere delle regioni di deliberare
aumenti  dei  tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle
maggiorazioni di aliquote di tributi ad esse attribuiti dallo Stato.
   Il comma 19 viola gli artt. 117 e 119 Cost., in combinato disposto
con  l'art.  3  Cost.: tale sospensione, del tutto immotivata, incide
indiscriminatamente  sul potere della regione di reperire risorse per
finanziare  le funzioni attribuitele, limitandola per un periodo (tre
anni) oggettivamente e irragionevolmente troppo lungo.
   Il  comma  4  (e,  di conseguenza il comma 3) include tra le spese
anche  l'impiego  delle  somme  derivanti  da interventi cofinanziati
dall'Unione europea, e quindi di trasferimenti in denaro derivanti da
aiuti internazionali, il che e' palesemente illegittimo.
   Anzitutto, tale previsione viola gli artt. 3 e 119, comma 5, della
Costituzione:  infatti,  pone  sullo  stesso  piano  regioni (come la
ricorrente)  che  lo stesso Stato italiano - nella citata Carta degli
aiuti  - ha ritenuto, con il consenso della Commissione, di rientrare
integralmente  tra  le  Regioni  ammesse ad aiuti ex art. 87, par. 3,
lettera  a),  del  Trattato CE con la percentuale nazionale piu' alta
(40%),  e  regioni  -  come ad esempio, il Piemonte - che hanno visto
ammesse ad aiuti una sola zona e con percentuale minima (10%).
   Inoltre  tale  inclusione porta ad una manifesta illogicita' della
norma,  con conseguente ulteriore profilo di violazione degli artt. 3
e  119, quinto comma, cost. e del generale criterio di ragionevolezza
delle  leggi:  se,  infatti,  la  regione «spende» i fondi comunitari
assegnatile  come da Progetti approvati, nonche' le relative quote di
parte  nazionale,  rischia  di  restare fuori dal Patto di stabilita'
nazionale,  con  le  conseguenti  sanzioni,  pur  avendo  adempiuto a
precisi  obblighi  assunti in tal senso; se non li spende per restare
entro tale patto (pur trattandosi di fondi esplicitamente finalizzati
al  riequilibrio delle disuguaglianze fra Regioni, come da previsione
dell'art.  119,  quinto  comma,  Cost.),  rischia  la  censura  della
Comunita'  europea (e dello stesso Stato) con il disimpegno dei fondi
non  spesi, vanificando cosi' la finalita' "equilibratrice" che ne ha
motivato la concessione.
   Tale  disposizione  viola,  inoltre,  gli  artt.  117 e 119 Cost.:
infatti,  con  norma  di  estremo  dettaglio,  dettata  in materia di
legislazione  concorrente  (coordinamento della finanza pubblica), lo
Stato  pone  un  vincolo  all'autonomia  di  entrata e di spesa della
regione.
   La  legge  infatti  impone,  senza  alcun  bilanciamento  tra  gli
interessi  potenzialmente  concorrenti della stabilita' finanziaria e
dell'autonomia   degli  enti,  vincoli  eccessivi,  irragionevolmente
rigidi  e  uniformi,  che non tengono conto della concreta situazione
finanziaria  degli  enti  e  della  loro  capacita' fiscale, che sono
irragionevolmente  parametrati  alla  spesa  dell'anno  2008,  e  che
riguardano  anche  somme (appunto, i fondi comunitari) non rivenienti
da trasferimenti statali.
   Altra  violazione  dell'art. 117 Cost. si rinviene in relazione al
riparto  di  competenze  legislative  nell'attuazione  degli obblighi
comunitari.
   Infatti,  il patto di stabilita' interno, nato con l'art. 28 della
legge  23  dicembre  1998, n. 448, e ulteriormente disciplinato dalle
norme   (quale   quella   impugnata)   susseguitesi  negli  anni,  ha
l'obiettivo  di  imporre  agli  enti  territoriali  il rispetto degli
obblighi di bilancio assunti dall'Italia in sede comunitaria.
   In  realta',  l'attuazione degli impegni comunitari, nelle materie
di propria competenza, e' riservata alla regione (come confermato, ad
esempio,   dalla  legge  n. 11  del  4  febbraio  2005),  sicche'  e'
radicalmente  illegittimo  che  sia  la  legge dello Stato ad imporre
obiettivi  e mezzi proprio alla regione per raggiungere tale scopo in
relazione  a  fondi, quali quelli comunitari, la cui «spesa» comporta
solo  benefici  per  le  popolazioni  di  regioni  disagiate  come la
Calabria.
   Anche  in  relazione a tale norma, deve evidenziarsi la violazione
degli  artt. 11 e 117, primo comma, in ragione della violazione degli
artt.  158,  159  e  104  Trattato,  del protocollo n. 20 al Trattato
stesso,   della  risoluzione  del  Consiglio  relativa  al  patto  di
stabilita'  e  crescita  adottata  ad  Amsterdam  il  17 giugno 1997,
nonche'  del Regolamento CE 2223/96 del Consiglio del 25 giugno 1996,
che  disciplina il Sistema europeo di conti economici integrati (c.d.
SEC 95) e del regolamento (CE) n. 1500/2000 della Commissione, del 10
luglio 2000, di applicazione del Reg. 2223/96.
   Come  noto,  il  patto di stabilita' interno dettaglia il concorso
degli  enti  territoriali, tra i quali le regioni, alla realizzazione
degli  obiettivi  di  finanza  pubblica  che  il paese ha fissato con
l'adesione  al  patto  di  stabilita'  e crescita definito in sede di
Unione europea.
   L'art.  104  del  Trattato  impone  di  evitare disavanzi pubblici
eccessivi,  individuando  al  par.  2  i  criteri di valutazione, poi
sviluppati  dal  protocollo  n. 20:  in  tale protocollo, quanto alle
definizioni,   si  rinvia  al  Sistema  europeo  di  conti  economici
integrati, approvato col Regolamento n. 2223/96 sopra richiamato.
   Il   punto   4.122   (D.74)  prevede  che  la  definizione  «aiuti
internazionali correnti» comprenda anche i trasferimenti correnti che
le  amministrazioni  pubbliche possono ricevere, tra gli altri, dalle
istituzioni  comunitarie,  mentre il punto 4.124 prevede come debbano
essere registrate tali somme.
   Da  tali  norme,  nonche'  dalle  modalita' di calcolo di spese ed
entrate  della  Amministrazioni  pubbliche  dettate dal Reg. 1500/00,
discende  la  non  inclusione,  tra le «spese» computabili al fine di
calcolare il disavanzo, dell'impiego dei fondi comunitari di cui agli
articoli  32  ss., 158 e 159 del Trattato ed ai correlati Regolamenti
(ad esempio, 1290/2005, 1260/1999, 1083/06).
   L'inclusione,  al presunto fine di rispettare i vincoli comunitari
(in  realta',  per  espressa indicazione normativa - v. comma 1 - per
finalita' meramente interne), di somme non considerate come «spese» a
livello  comunitario,  determina  l'insanabile  contrasto della norma
interna  col  diritto  comunitario  e  quindi con gli artt. 11 e 117,
primo comma Cost.
   7)  Illegittimita' costituzionale dell'art. 61 del d.l. n. 112 del
2008, conv. con modif. in legge n. 133 del 2008, per violazione degli
artt. 117 e 119 Cost. e del principio di leale collaborazione.
   L'art.  61,  del  d.l. n. 112/2008, come modificato dalla legge di
conversione  n. 133/2008, dispone, al comma 19, l'abolizione, per gli
anni  2009,  2010 e 2011, della quota (c.d. ticket) di partecipazione
al costo per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale
per gli assistiti non esentati, di cui all'art. 1, comma 796, lettera
p), primo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
   I successivi commi 20, lettera b), e 21 dispongono che le regioni,
al  fine  di  far  fronte ai maggiori oneri scaturenti dal venir meno
della risorsa soppressa dal comma 19:
     destinino,  ciascuna al proprio servizio sanitario regionale, le
risorse  provenienti dalle disposizioni di cui ai commi 14 (riduzione
del  20%,  rispetto  all'ammontare risultante alla data del 30 giugno
2008,   dei  compensi  relativi  ai  nuovi  incarichi  dei  direttori
generali,  direttori  sanitari,  direttori amministrativi, componenti
dei  collegi  sindacali  delle aziende sanitarie e ospedaliere, delle
aziende    ospedaliero   universitarie,   II.RR.CC.SS.   e   istituti
zooprofilattici)  e  16 (riduzione degli oneri di funzionamento degli
organi  rappresentativi e degli apparati amministrativi) del medesimo
articolo;
     adottino  ulteriori  misure  di  incremento dell'efficienza e di
razionalizzazione   della   spesa,  dirette  a  realizzare  la  parte
residuale  della  copertura degli oneri derivanti dall'attuazione del
comma 19;
     oppure,  in alternativa agli interventi di cui ai commi 14 e 16,
introducano,   in   misura   integrale   o   ridotta,   la  quota  di
partecipazione  abolita  ai sensi del comma 19, ovvero altre forme di
partecipazione   dei   cittadini  alla  spesa  sanitaria  di  effetto
finanziario  equivalente.  Le  disposizioni  in  esame afferiscono in
maniera  trasversale  alle  materie della «tutela della salute» e del
«coordinamento  della  finanza  pubblica»,  entrambe rientranti nella
potesta'  legislativa  concorrente  di cui all'art. 117, terzo comma,
della Costituzione.
   E'  nota  ed  e'  stata,  del  resto,  costantemente affermata, in
particolare   da  codesta  ecc.ma  Corte,  l'intima  connessione  che
caratterizza  i  due  predetti  ambiti  normativi  in  relazione agli
interventi  legislativi  volti  a contemperare le esigenze correlate,
rispettivamente,  all'attuazione  del  diritto  alla  salute  e  alla
razionalizzazione  della  spesa pubblica a tale fine destinata. Ed e'
altrettanto  noto  che,  proprio  in  considerazione dell'evidenziata
stretta  correlazione  tra  materie  di  legislazione  concorrente, i
margini dell'intervento legislativo statale devono rimanere contenuti
entro  i  limiti  della  predeterminazione dei principi fondamentali,
come  dispone l'ultimo periodo del cit. art. 117, terzo comma, Cost.,
e dell'indicazione degli obiettivi da perseguire, rimanendo riservato
alle  regioni  il  concreto  esercizio  della  potesta'  legislativa,
mediante  l'adozione  delle  norme  contenenti  le  specifiche misure
dirette  al  raggiungimento  dei  fini indicati dalle disposizioni di
principio.   Le   sopra   enumerate   norme  introdotte  dalla  legge
n. 133/2008,  invece,  si  presentano  invasive,  in  violazione  del
parametro  costituzionale appena ricordato, della sfera di competenza
legislativa  regionale,  in  quanto recano disposizioni puntuali e di
dettaglio,  tali  da comportare una vera e propria sostituzione della
potesta'  legislativa  dello  Stato  a  quella  delle  regioni, ed in
particolare dell'odierna ricorrente.
   Ne'  la  prospettata  lesione  della sfera regionale potrebbe, per
ipotesi,   ritenersi   esclusa   in   virtu'  della  previsione,  nei
summenzionati  commi  14,  16,  20,  21,  di una pluralita' di misure
alternative rimesse alla scelta della regione: e', infatti, lo stesso
qui  contestato intervento legislativo statale in materia di potesta'
concorrente  a concretizzare, in quanto unilaterale e dettagliato, la
lesione   della   competenza   regionale;  anzi,  proprio  l'ampiezza
dell'intervento   in  parola  acuisce,  anziche'  ridimensionare,  la
portata della ripetuta invasione.
   Sotto  altro profilo, le qui impugnate norme statali violano anche
l'autonomia  finanziaria  regionale  sancita  dall'art.  119 cost. In
particolare, la lesione e' prodotta dal cit. comma 19, che incide, in
pregiudizio  della  ricorrente,  su  una  fonte di finanziamento - la
compartecipazione  alla  spesa sanitaria a carico degli assistiti non
esentati (peraltro gia' abolita, per il solo 2008, dall'art. 2, comma
376,   della  legge  n. 244  del  2007,  con  contestuale,  pero',  e
direttamente  correlato,  incremento,  disposto  dal  comma  377, del
livello  del  finanziamento  del  Servizio  sanitario  nazionale  cui
concorre  ordinariamente  lo  Stato) - destinata all'erogazione delle
prestazioni  di assistenza specialistica ambulatoriale, e dagli altri
commi    indicati,   che   fissano   in   maniera   estremamente   ed
irragionevolmente  puntuale  le  misure finanziare per il reperimento
delle   risorse  sostitutive  della  fonte  predetta,  soppressa.  In
particolare,  per la Regione Calabria, l'incidenza dei maggiori oneri
a carico del bilancio scaturenti dal comma 19, e ai quali occorre far
fronte,  assume  la  consistenza  annua  di  14.620.000  euro,  ed il
sopraggiungere   di   tali   nuovi  oneri  costringe  la  Regione  ad
intervenire con una apposita manovra attuando le misure stabilite nel
dettaglio  dai  commi  14,  16,  20,  lettera  b), e 21, con evidente
invasione  dell'autonomia  finanziaria  regionale,  la quale involge,
ovviamente, anche la lesione dell'autonomia nell'individuazione delle
determinazioni da assumere.
   V'e',  infine,  da  considerare  un  terzo, ma non meno rilevante,
profilo   di  illegittimita'  costituzionale,  correlato  alla  sopra
evidenziata  afferenza  a materie di legislazione concorrente, che si
concretizza  nella  violazione del principio di leale collaborazione,
che,   per  costante  giurisprudenza,  esige  la  predisposizione  di
meccanismi  di  confronto  tra Stato e regione e di coinvolgimento di
queste  ultime (cosi', ex plurimis, sentt. nn. 422 del 2002 ; 219 del
2005; 58 del 2007).
   Nella    presente    fattispecie    il    suddetto    profilo   di
incostituzionalita'   non  viene  meno,  anche  in  virtu'  del  gia'
evidenziato  coinvolgimento  trasversale  di  materie di legislazione
concorrente, neppure se si considera che le contestate norme di legge
statale  presentano  alcuni  elementi di attinenza con la materia, di
legislazione  esclusiva  statale, di cui all'art. 117, secondo comma,
Cost.,  della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali da garantire uniformi su tutto
il territorio nazionale.
   In  materia di prestazioni di assistenza sanitaria, codesta ecc.ma
Corte costituzionale (sent. n. 98 del 21 marzo 2007) ha avuto modo di
affermare,  sul  piano  generale,  che  nel  caso  dei  LEA  «sia  le
prestazioni  che  le regioni sono tenute a garantire in modo uniforme
sul   territorio   nazionale,   sia   il  corrispondente  livello  di
finanziamento sono oggetto di concertazione tra lo Stato e le regioni
stesse».
   Anche  la  definizione  della  ripartizione degli oneri finanziari
legati  ai LEA tra i vari soggetti - lo Stato, le regioni, gli stessi
beneficiari delle prestazioni - deve, quindi, coinvolgere le regioni,
non  potendo  promanare  unilateralmente  dalla Stato, in ossequio al
principio  di  leale collaborazione. Piu' in particolare, proprio con
riferimento  al c.d. ticket sulla cui disciplina incidono le norme di
legge statale gravate col presente ricorso, codesta ecc.ma Corte, nel
pronunciarsi,  con  la  sent.  n. 203/2008, sulla stessa disposizione
istitutiva  della  quota  di  compartecipazione  - art. 1, comma 796,
lettera   p),  primo  periodo,  legge  n. 296/2006  -  ha  dichiarato
infondata  la questione di legittimita' della norma che ha introdotto
il ticket fisso, sol perche' la lamentata violazione del principio di
leale   collaborazione   non  si  configurava,  atteso  che  a  monte
dell'impugnata disposizione vi era un'intesa intervenuta, con il c.d.
«patto per la salute», tra Stato e regioni.
   Ed  infatti, come evidenziato nella sent. n. 203/2008, il predetto
art.  1,  comma  796,  legge  n. 296/2006  enuncia  espressamente, in
apertura,  quale  propria  finalita', l'«attuazione del protocollo di
intesa  tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e
di  Bolzano  per  un  patto  nazionale  per  la  salute  sul quale la
Conferenza  delle  regioni  e  delle  province autonome […] ha
espresso la propria condivisione».
   Orbene,   se   e'   stata  ritenuta  costituzionalmente  legittima
l'introduzione  del  ticket,  ma  in  quanto  basata su una specifica
intesa   tra  Stato  e  regioni  e  conforme  ad  essa,  l'intervento
realizzato   con   i   sopra   precisati  commi  dell'art.  61,  d.l.
n. 112/2008,  avendo  modificato,  ed  in  maniera profonda, tanto da
abolirlo  e disporre puntuali misure sostitutive poste a carico delle
regioni,   il  regime  originario,  si  rivela,  invece,  viziato  da
illegittimita'  costituzionale, per violazione del principio di leale
collaborazione,   in   quanto   non   sorretto  da  alcuna  forma  di
coinvolgimento delle regioni analoga a quella posta alla base di quel
precedente  intervento  del  2006,  che, per tale ragione, ha passato
indenne il vaglio di costituzionalita'.
   Si tratta, dunque, del medesimo principio applicato specularmente:
cosi'  come  l'art 1, comma 796, legge n. 296/2006 e' stato giudicato
non  contrastante  col  principio  di  leale  collaborazione  perche'
preceduto  da  intesa  con  le  regioni, per lo stesso motivo i commi
19-21,  e  quelli  in  essi richiamati, dell'art. 61 d.l. n. 112/2008
(come  modif. dalla legge n. 133/2008), che nel detto comma 796 hanno
inciso  in  radice,  violano  il  predetto principio poiche' adottati
senza una previa analoga intesa.
   A  cio'  si  aggiunga che, come affermato nella sent. n. 203/2008,
quale  motivazione  delle  dichiarata infondatezza della questione di
legittimita' costituzionale, il c.d. «patto per la salute» stabilisce
con  chiarezza  che  i  criteri  di compartecipazione devono assumere
carattere  omogeneo  - cosi' come era nel regime introdotto dal comma
796  censurato in quel giudizio - nel senso che l'offerta concreta di
una prestazione sanitaria rientrante nei LEA non potrebbe presentarsi
in  modo  diverso  nelle  varie  regioni, anche sotto l'aspetto delle
soglie  di  accesso, dal punto di vista economico, dei cittadini alla
loro fruizione.
   Per  effetto  delle  qui  impugnate  disposizioni introdotte dalla
legge  n. 133/2008,  invece,  la  quota  di partecipazione alla spesa
posta a carico degli assistiti quale soglia di accesso alla fruizione
del medesimo servizio di cui al ripetuto comma 796, legge n. 296/2006
non  ha  piu'  carattere  omogeneo;  infatti  ciascuna  regione  puo'
sostituire i proventi del ticket o con risorse rivenienti da economie
generate  da  riduzioni  di,  particolari  voci di spesa (relative ai
compensi  per  gli  organi  delle  aziende  sanitarie  e  ai costi di
funzionamento    degli   organi   rappresentativi   e   dell'apparato
amministrativo  delle  regioni  stesse), confermando, in tal modo, la
soppressione   della   compartecipazione,   oppure,   al   contrario,
reintrodurla  con propria determinazione, anche mediante «altre forme
di  partecipazione  dei  cittadini  alla  spesa  sanitaria di effetto
finanziario equivalente».
   E'  palese  come  le  contestate  norme  statali  determinino  una
disomogeneita', da regione a regione, del regime di compartecipazione
economica    per   le   prestazioni   di   assistenza   specialistica
ambulatoriale,  situazione,  questa, opposta rispetto a quella che ha
condotto  codesta ecc.ma Corte costituzionale ad escludere violazioni
della Costituzione da parte del cit. comma 796.
   In  conclusione,  appare  evidente l'illegittimita' costituzionale
dei  commi  19,  20,  21  dell'art.  61,  del  di.  n. 112/2008, come
modificato  dalla  legge  di  conversione n. 133/2008, per violazione
dell'art.  117,  terzo  comma,  e  dell'art.  119  Cost., nonche' del
principio di leale collaborazione.
   Analoga  declaratoria  non potra' che investire anche i commi 14 e
16  del  medesimo  art. 61, richiamati dai commi 20, lettera b), e 21
quale  fonte  di  finanziamento sostitutiva delle risorse venute meno
per   effetto   del   comma   19,   stante   l'evidente  rapporto  di
strumentalita' tra i commi 19-21 e i commi 14 e 16.
   Tale  rapporto  di  strumentalita'  emerge,  in  particolare,  con
riferimento  all'ultimo periodo del comma 16, il che rende meritevole
di specifica declaratoria di incostituzionalita' il periodo predetto.
                       Istanza di sospensione
   Il ricorso e' assistito dal fumus boni iuris. Quanto al periculum,
la  sospensione, ex art. 35 della legge n. 87/1953, e' indispensabile
in  relazione  agli  artt.  6-quater,  6-quinquies, 6-sexies e 62, in
quanto vi e' la ragionevole certezza, nelle more, di veder conformare
rapporti  in base ad una normativa la cui legittimita' e' contestata,
e cio' determinerebbe una situazione di fatto non rimediabile.
   In  particolare,  quanto  all'art.  62, la regione entro fine anno
dovra'  rinegoziare  funditus  un  contratto svvap gia' in essere con
Banca  Nomura, ed ora rilevato da Dresdner Bank e BNL/BNP Paribas: il
divieto  imposto  portera' ad un esborso, alla luce delle pattuizioni
contrattuali  vigenti  (e  non  rinegoziabili),  superiore  a  €
5.000.000,  tale  da  determinare  il tracollo finanziario dell'Ente;
quanto  agli  artt.  6-quater, 6-quinquies e 6-sexies, l'incidenza su
impegni   giuridicamente  vincolanti,  e  lo  sviamento  di  rimborsi
spettanti  direttamente  alla  regione,  concorrerebbero  al tracollo
sopra  paventato.  Ricorrono, dunque, tutti e tre i presupposti della
cautela  enunciati  dal  ricordato  art. 35: sarebbe irreparabilmente
pregiudicato l'interesse pubblico, perche' l'applicazione delle norme
censurate  determinerebbe  un  insanabile pregiudizio per la regione;
sarebbe compromesso l'ordinamento giuridico della Repubblica, perche'
sarebbe  consentito  allo  Stato  di  compromettere unilateralmente e
irreparabilmente  l'autonomia  (specie  finanziaria)  della  regione;
sarebbero  lesi  i  diritti  dei  cittadini,  perche'  il pregiudizio
arrecato  alle  finanze  regionali  ridonderebbe in pregiudizio per i
cittadini  della  Calabria,  ai quali non sarebbe possibile erogare i
servizi  nella  misura  prevista  dai gia' vigenti atti programmatori
regionali.

        
      
                              P. Q. M.
   Pertanto  si insiste perche' l'affila Corte costituzionale voglia,
previo  accoglimento  della  richiesta  di sospensione dell'efficacia
delle   norme  impugnate,  dichiarare  le  stesse  costituzionalmente
illegittime per le ragioni sopra espresse.
   Con riserva di articolare eventuali questioni ex art. 234 Trattato
in ordine alle lamentate violazioni del diritto comunitario.
   Salvis juribus.
     Catanzaro-Roma, addi' 14 ottobre 2008
Prof.  Avv.  Massimo  Lucani  - Avv. Mariano Calogero - Avv. Giuseppe
                                Naimo

        

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