Ricorso n. 86 del 29 ottobre 2008 (Regione Calabria)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 29 ottobre 2008 , n. 86
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 29 ottobre 2008 (della Regione Calabria)
(GU n. 1 del 7-1-2009)
Ricorso per la Regione Calabria, in persona del l.r. pro tempore Presidente della Giunta regionale on. Agazio Loiero, rappresentata e difesa, giusta delibera G.R. n. 693 del 6 ottobre 2008 e correlato decreto dirigenziale di incarico, nonche' in virtu' di procura speciale a margine del presente atto, dal prof. avv. Massimo Luciani, e dagli avvocati Mariano Calogero e Giuseppe Naimo dell'Avvocatura regionale, ed elettivamente domiciliata in Roma, via Bocca di Leone n. 78, presso lo studio del primo difensore; Contro Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale, previa sospensione, degli artt. 6-quater, 6-quinquies, 6-sexies, 61, 62, 77 e 77-ter del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 147 del 25 giugno 2008 - Supplemento ordinario n. 152; come convertito, con modifiche, della legge 6 agosto 2008, n. 133, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 195 del 21 agosto, 2008 - Supplemento ordinario n. 196. Cosi' indicate le norme avverso le quali si intende svolgere censure, questa difesa intende ora evidenziare l'interesse a ricorrere della Regione Calabria in relazione al parametro di cui all'art. 117, primo comma, Cost. e, per il suo tramite, alle norme comunitarie che verranno in seguito indicate. L'ammissibilita' di censure che assumono quale parametro l'art. 117, primo comma, Cost., integrandolo con il richiamo, quali norme interposte, alle norme comunitarie, e' ormai saldamente affermata nella giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale (cosi', da ultimo, sent. n. 102 del 2008). Come sara' meglio dimostrato, poi, nei singoli motivi di ricorso, la dedotta violazione delle norme comunitarie e' lamentata in quanto essa lede direttamente ed indirettamente le attribuzioni regionali. Cio' precisato, possono essere esposti, qui di seguito, i singoli motivi del presente ricorso. 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 62 del d.l. n. 112 del 2008, conv. con modif. in legge n. 133 del 2008, per violazione degli artt. 70, 77, 117, terzo comma, 97, 118 e 119 Cost., e per violazione del principio di effettiva e leale collaborazione. 1.1.) L'art. 62 del d.l. n. 112/2008, al comma 1, pone un divieto assoluto di stipula di contratti relativi agli strumenti finanziari derivati e del ricorso all'indebitamento in forme diverse da quelle ivi previste. Innanzi tutto, poiche' le norme introdotte dalla legge di conversione sono sostanzialmente conformi a quelle introdotte dal d.l. n. 112/2008 nella versione originaria, deve denunciarsi la contrarieta' dei commi 1 e 2 all'art. 77 Cost. (e, conseguentemente, all'art. 70 Cost., che riserva la funzione legislativa alle Camere, espropriate delle loro prerogative, in forza dell'illegittimo esercizio della decretazione d'urgenza), per palese mancanza dei requisiti di straordinaria necessita' ed urgenza (cfr., da ultimo, sent. n. 128/2008, par. 6). Infatti, come ricavabile dai lavori preparatori, l'adozione del d.l. in questione discende esclusivamente dalla scelta di «anticipare a giugno un provvedimento legislativo contenente le misure che tendono a concretizzare la manovra di bilancio triennale sulla base degli obiettivi programmatici di finanza pubblica indicati nel DPEF 2009-2013». Nessuna straordinaria necessita' ed urgenza, quindi, ma una semplice scelta «di lungo periodo»: si legge nel DPEF 2009-2013, al punto 1) dell'introduzione, che «per questo interrompiamo la tradizione di discussioni che sulle ''finanziarie'', per prepararle, per farle, per controllarne infine gli effetti, occupavano ogni anno mediamente 9 mesi su 12. All'opposto, il nostro piano sara' anticipato entro l'estate e stabilizzato proiettandolo sull'arco del triennio», mentre al punto 3) si legge che «la prossima legge finanziaria viene anticipata nella sua parte sostanziale a prima dell'estate da un provvedimento legislativo che affianca e da' corpo al DPEF». Cio' detto, e' evidente lo snaturamento dello strumento scelto: le norme qui censurate, per esplicito riconoscimento dello stesso Governo, hanno intenzioni e ambizioni di lungo periodo e non si collegano in alcuna misura ad esigenze immediate, che possano integrare la fattispecie di quei casi «straordinari di necessita' e d'urgenza», che sono menzionati dall'art. 77 Cost. Ne' ovviamente, la conversione in legge puo' sanare il vizio, poiche' la carenza dei presupposti e' un vizio in procedendo del decreto-legge (sentt. nn. 360 del 1996; 171 del 2007; 128 del 2008), che non viene meno con la sua conversione (inoltre, la legge di conversione e' caratterizzata nel suo percorso parlamentare da una situazione assolutamente peculiare: artt. 96-bis del Regolamento della Camera e art. 78, comma 4, di quello del Senato). Invero, «la preesistenza di una situazione di fatto comportante la necessita' e l'urgenza di provvedere tramite l'utilizzazione di uno strumento eccezionale, quale il decreto-legge, costituisce un requisito di validita' costituzionale dell'adozione del predetto atto» (sent. n. 128 del 2008, cui adde sentt. nn. 29 del 1995 e 171 del 2007). Nella specie, nessuna «situazione di fatto», come si e' visto, «preesisteva» alla scelta normativa censurata, radicata - semplicemente - in un astratto indirizzo di politica economica. La censura di violazione dell'art. 77 Cost., e' bene precisare, e' proposta in una con quelle relative alla violazione degli altri parametri costituzionali indicati in epigrafe, in quanto il ricorso al decreto-legge lede direttamente le competenze regionali, anche risolvendosi nell'omissione di qualunque procedura di confronto con la regione, tale da impedire il rispetto del principio di leale collaborazione. 1.2) Il divieto totale di cui al comma 1 della disposizione impugnata, in combinato disposto con il comma 01, viola gli artt. 97; 117, terzo comma; 118; 119 Cost. Come chiarito da codesta ecc.ma Corte costituzionale con la sentenza n. 376 del 2003, «La disciplina delle condizioni e dei limiti dell'accesso degli enti territoriali al mercato dei capitali rientra principalmente nell'ambito di quel ''coordinamento della finanza pubblica'' che l'art. 117, terzo comma, della Costituzione attribuisce alla potesta' legislativa concorrente delle regioni, vincolata al rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato». I poteri di coordinamento «devono essere configurati in modo consono all'esistenza di sfere di autonomia, costituzionalmente garantite, rispetto a cui l'azione di coordinamento non puo' mai eccedere i limiti, al di la' dei quali si trasformerebbe in attivita' di direzione o in indebito condizionamento dell'attivita' degli enti autonomi». E' evidente, quindi, che il totale divieto imposto dalla norma, comprendente anche la possibilita' di rinegoziare contratti gia' in essere, lede la sfera di competenza concorrente riconosciuta alla Regione Calabria, la quale, infatti, con l'art. 27, commi 6 e 7, della l.r. 4 febbraio 2002, n. 8, ha disciplinato normativamente - per la parte di sua competenza - la materia. Non e' il caso di sottacere come il divieto di cui al comma 1 collida con l'ultimo comma dell'art. 119 Cost.: infatti la Carta costituzionale consente il ricorso all'indebitamento (senza limitazione alcuna, quanto agli strumenti utilizzabili) per spese di investimento, mentre la norma sopra citata preclude in radice l'accesso anche per tale finalita'. Violati, poi, sono gli artt. 97 e 118 della Costituzione. L'astratta e generale previsione normativa statale di divieto di certe tipologie contrattuali impedisce la considerazione delle peculiarita' delle singole regioni e appare in frontale contrasto con l'esigenza del puntuale apprezzamento delle esigenze dell'amministrazione regionale, sottesa al principio del buon andamento della pubblica amministrazione. Inoltre, determina una diretta invasione nel dominio dell'amministrazione regionale, che l'art. 118 Cost. riserva alle regioni stesse. 1.3) Anche il comma 2, in combinato disposto coni commi precedenti, determina la sopra lamentata lesione della sfera di competenza regionale, nella parte in cui rimanda ad un atto esclusivamente statale (regolamento ministeriale) la dettagliata determinazione delle tipologie di contratti che la regione potra' stipulare, e la fissazione unilaterale di criteri e condizioni della stipula. Il comma 2, come sopra accennato, prevede che, con regolamento emanato dal Ministro dell'economia, vengano individuate le tipologie dei contratti relativi a strumenti finanziari che la Regione potra' stipulare, nonche' i criteri e le condizioni per la conclusione delle relative operazioni. Tale norma lede gravemente le attribuzioni regionali per una pluralita' di ragioni. Innanzi tutto, e' violato l'art. 117, sesto comma, Cost., a tenor del quale il regolamento statale non e' ammesso nelle materia di legislazione concorrente. Si aggiunga che il regolamento ministeriale e' ammesso solo nelle materie di competenza del Ministro (art. 17, comma 3, legge n. 400 del 1988), cio' che qui non e'. In secondo luogo, e' violato l'art. 117, terzo comma, poiche' si stabiliscono (asseriti) principi fondamentali, vincolanti per le regioni, con una fonte diversa dalla legge. Non solo: il d.l. n. 112 del 2008 non indica al regolamento ministeriale alcun criterio o limite, con la conseguenza che l'autonomia regionale finisce per essere condizionata da una fonte di rango terziario. Violato, poi, e' l'art. 119 Cost., in quanto al regolamento ministeriale si consente - addirittura! - di dilazionare nel tempo, senza limite alcuno (e quindi, potenzialmente, ad infinitum), la possibilita' per le regioni di stipulare contratti relativi a strumenti finanziari derivati. Anche qui, l'autonomia regionale finisce per essere affidata alle mani del Ministro dell'economia. E' il caso di rimarcare, anche alla luce di quanto gia' sopra dedotto, che le violazioni appena indicate in ordine all'uso e alla tipologia dello strumento regolamentare ledono direttamente le competenze della regione, quale titolare di autonomia finanziaria e di competenza legislativa concorrente in materia. Infine, deve essere dedotta la violazione del principio di leale e fattiva collaborazione: nessuna consultazione e' avvenuta ne' direttamente con le regioni, ne' per il tramite della Conferenza unificata, malgrado la riferibilita' della materia trattata alla disciplina dettata dai commi da 2 a 5, (spec. lettere a) e b), dell'art. 12 della legge n. 400/1988, ne' la norma prevede alcun modulo concertativo (v., invece, sulla necessita' di tale previsione, ex plurimis, Corte cost. 16 marzo 2007, n. 88; 11 maggio 2007, n. 165). 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 6-quater del d.l. n. 112 del 2008, conv. con modif. in legge n. 133 del 2008, per violazione degli artt. 3, 97, 117, 118 e 119 Cost., e per violazione dei principi di leale collaborazione, dell'affidamento e della certezza del diritto, nonche' del generale canone di ragionevolezza delle leggi. L'art. 6-quater del d.l. n. 112 del 2008 (introdotto in sede di conversione), al comma 1, prevede che, in relazione al Fondo per le Aree Sottoutilizzate (FAS), siano revocate le relative assegnazioni operate dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) per il periodo 2000-2006 in favore di amministrazioni centrali con le delibere adottate fino al 31 dicembre 2006, nel limite dell'ammontare delle risorse che entro la data del 31 maggio 2008 non sono state impegnate o programmate nell'ambito di accordi di programma quadro (hinc inde: APQ) sottoscritti entro la medesima data, con esclusione delle assegnazioni per progetti di ricerca, anche sanitaria, mentre il comma 2 dispone che le disposizioni di cui al comma 1, per le analoghe risorse ad esse assegnate, costituiscono norme di principio per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Al fine di chiarire i vizi della normativa censurata, deve necessariamente richiamarsi lo status quo ante. Le somme di cui all'art. 6-quater del d.l. n. 112 del 2008 afferiscono non solo a fondi (€ 91.830.000, comprensivi di assegnazioni originarie, accantonamenti ed economie) revocati ai Ministeri e destinati ad interventi da realizzare in Calabria, ma anche ai fondi assegnati direttamente alla regione e da impegnare all'interno APQ in Calabria per complessivi € 301.083.804 entro il 31 dicembre 2009 (Delibere CIPE nn. 3/2006 e 14/2006, punto 5.1) ed € 324.389.000 entro il 31 dicembre 2008 (delibere CIPE nn. 35/2005 e 14/2006, punto 5.1), come comunicato allarRegione dal ministero per lo sviluppo economico con la nota del 31 gennaio 2008, prot. n. 2619, per gli APQ da stipulare. Inoltre, in ordine alla distinzione tra «somme impegnate» e «somme programmate» deve rilevarsi come la programmazione, in realta', sia gia' insita nella stipula di APQ, mentre l'impegno deriva dall'assunzione degli Impegni Giuridicamente Vincolanti (IGV), che - ai sensi del punto 5.1. della Delibera CIPE n. 14/2006 - possono essere formalizzati entro 3 anni dalla programmazione: ed infatti, con APQ stipulato in data 10 aprile 2008, risultano disponibili per la Regione Calabria € 5.000.000 per Sicurezza e Legalita', ancora non impegnati per le ragioni giuridiche sopra espresse, in ordine ai termini per l'assunzione degli IGV. Non vi e' dubbio, quindi, che alla data di adozione della norma non vi fosse alcuna inadempienza da parte della regione. Va poi considerata la circostanza che, nel periodo temporale intercorso tra l'adozione del d.l. n. 112/2008 (che non conteneva nessuna norma in materia) e l'entrata in vigore della legge di conversione (che ha apportato la modifica qui censurata), la Giunta regionale ha deliberato 14 APQ per un valore complessivo di € 331.236.848,34, proponendone la stipula al Ministero dello sviluppo economico ed alle altre amministrazioni centrali competenti. Di questi solo 4 APQ o atti integrativi ad APQ sono stati stipulati fino alla data del 1° agosto 2008 per l'importo di € 70.009.888,34 (in particolare, APQ Bonifica Siti Inquinati - I Atto Integrativo, stipulato il 3 luglio 2008; APQ Sport e Politiche Giovanili, stipulato il 1° agosto 2008; APQ Beni Culturali - IV Atto Integrativo (Cultura/Teatri e Musei), stipulato il 1° agosto 2008; APQ Istruzione, stipulato il 1° agosto 2008); i restanti 10 APQ (approvati con le delibere G.R. nn. 467, 486, 487, 489, 517, 598, 600, 602, 603 e 604 del 2008, tutte antecedenti alla data di entrata in vigore della norma impugnata) risultano formalmente inviati, a seguito dell'ultima seduta di Giunta regionale avente ad oggetto le Proposte di Accordo (8 agosto 2008), alla competente Direzione generale del Mi.S.E., ma per 5 APQ non sono ancora pervenute le risultanze istruttorie propedeutiche alla stipula. Tutti gli atti in questione, ivi compresi quelli ritualmente stipulati, sono stati «congelati» (come indicato nella nota del 10 ottobre 2008, prot. 20958, a firma del dirigente generale del Dipartimento politiche sviluppo del MI.S.E.) a seguito dell'entrata in vigore della norma impugnata. Cio' posto, i primi due commi della previsione censurata sono evidentemente illegittimi. 2.1) Innanzi tutto, la retroattivita' del comma 1 (norma di principio per la regione, in forza del comma 2), e' priva di qualunque ragionevolezza. Invece, il legislatore puo' approvare «norme innovative con efficacia retroattiva, purche' la retroattivita' trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti» (ex plurimis, Corte cost. sent. n. 274 del 2006). E' evidente che la retroattivita', nel caso di specie, e' priva di qualunque ragionevolezza: andare ad incidere su rapporti contrattuali consolidatisi in data antecedente all'entrata in vigore della norma, senza alcun motivo (quale, ad esempio, un eventuale inadempimento regionale) che ne giustifichi l'adozione, e' di palmare irragionevolezza, gravemente lesiva del principio di certezza del diritto. E' il caso di evidenziare, a tal proposito, che, nel periodo 31 maggio 2008-30 giugno 2008 (solo per fare un esempio) la Regione Calabria, all'interno degli Accordi gia' stipulati sulle risorse della delibera CIPE n. 35/05, e' passata, quanto ad impegni giuridicamente vincolanti, legittimamente assumibili alla luce della disciplina vigente, da € 38.369.000 ad € 54.628.000. Su tali impegni la norma censurata va irragionevolmente ad incidere. Violato, poi, e' il connesso principio della tutela dell'affidamento (che vale - ovviamente - per qualunque soggetto del nostro ordinamento, anche istituzionale): l'affidamento nella sicurezza giuridica costituisce «elemento fondamentale e indispensabile dello Stato di diritto» (sent. n. 349 del 1985) ed e' un «principio che, quale elemento essenziale dello Stato di diritto, non puo' essere leso da norme con effetti retroattivi che incidano irragionevolmente su situazioni regolate da leggi precedenti» (sent. n. 525 del 2000). 2.2) Le norme censurate, poi, violano gli artt. 97, 117, 118 e 119 Cost., nonche' il principio di leale collaborazione: infatti esse incidono retroattivamente, ed in modo del tutto irragionevole, su accordi gia' conclusi ed impegni gia' assunti in data antecedente alla loro entrata in vigore e sviano fondi ancora legittimamente programmabili e soprattutto, impegnabili, comportando variazioni nel bilancio regionale che vulnerano l'autonomia amministrativa, l'autonomia finanziaria della regione ricorrente e la sua capacita' di spesa, garantite dall'art. 119 Cost., nonche' incidono con norma di estremo dettaglio (obbligo di concentrazione dei fondi su interventi di rilevanza strategica nazionale) in materie di legislazione concorrente (ad esempio, per restare ai soli APQ gia' approvati, governo del territorio, istruzione, tutela della salute, valorizzazione dei beni culturali ed ambientali). Tale illegittimita' e' confermata proprio dalla finalita' sottesa al comma 1 (e, quale norma di principio, anche al comma 2): «rafforzare la concentrazione su interventi di rilevanza strategica nazionale» significa non solo sconvolgere l'intera programmazione gia' effettuata, senza garanzia alcuna che ogni Regione, ed in particolare la regione Calabria, avra' ancora tutte le risorse gia' assegnatele, ma anche impedire qualunque azione della regione mediante un vincolo specifico in materia di competenza concorrente (e invece «La finalizzazione a scopi rientranti in materia di competenza residuale delle Regioni o anche di competenza concorrente comporta la illegittimita' costituzionale delle norme statali»: cfr., ex plurimis, sentt. nn. 118 del 2006; 231 del 2005; 424 del 2004; 370 del 2003). Codesta ecc.ma Corte costituzionale ha ritenuto infondata una questione di legittimita' di norme solo apparentemente simili a quelle censurate (art. 1, commi 310 - 311, legge n. 266/2005) unicamente in quanto esse (v., in particolare, comma 310) si limitavano a prendere atto «dell'inattivita' di alcune regioni nell'utilizzare risorse poste a loro disposizione nel bilancio dello Stato ed oggetto di accordi di programma stipulati in modo libero e paritario con il Governo nazionale [...] Il congelamento di ingenti somme gia' destinate, secondo moduli di cooperazione orizzontale tra Stato e regioni, all'attuazione di programmi di edilizia sanitaria non giova all'autonomia regionale e sottrae per tempi indefiniti risorse per la realizzazione del diritto alla salute dei cittadini. Prevedere la risoluzione di accordi di programma, rispetto ai quali si sia registrato un inadempimento da parte di alcune regioni, significa porre le condizioni per una incentivazione di comportamenti efficienti e virtuosi delle amministrazioni regionali, favorendo anche, sempre secondo il metodo dell'accordo, la riutilizzazione aggiornata, per le medesime finalita', dei finanziamenti revocati». Quanto, in particolare, al comma 311, pur rilevando che «L'autonomia regionale non viene incisa negativamente, giacche' saranno le stesse regioni a rinegoziare i finanziamenti residui, che non vengono quindi sottratti alla loro disponibilita'. In altre parole, le regioni rimangono in possesso della facolta' di concordare con lo Stato i tempi e i modi dell'impiego dei fondi disponibili, secondo il principio di leale collaborazione» ne e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale «in quanto vincola, unilateralmente e per finalita' specifiche e dettagliate, la destinazione di fondi in una materia di competenza concorrente» . Nel caso che qui ne occupa, non solo non vi e' alcuna inadempienza (ne' nella programmazione, ne' nella stipula) da parte della ricorrente, che vede il proprio bilancio privato di somme gia' rese disponibili, ma, anche in violazione del principio di leale collaborazione: a) non e' stato previsto alcun procedimento per l'eventuale messa in mora delle Regioni (che solo potrebbe giustificare l'adozione di misure cosi' penalizzanti come quelle censurate); b) non e' stato previsto alcun modulo «partecipativo», per determinare, in collaborativo confronto con le regioni, gli eventuali riutilizzi. Evidente, infine, il profilo di violazione dell'art. 97 (in combinato disposto con gli artt. 118 e 119) Cost., atteso che la disciplina censurata sconvolge la gia' stabilita programmazione delle attivita' amministrative delle regioni, vulnerando il principio del buon andamento dell'amministrazione e incidendo direttamente sulle attribuzioni della ricorrente in ordine all'Amministrazione regionale e al finanziamento delle attivita' ad essa spettanti. 3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 6-quinquies del d.l. n. 112 del 2008, conv. con modif. in legge n. 133 del 2008, per violazione degli artt. 3, 11, 97, 117, 118 e 119 Cost.; dei principi di leale collaborazione, dell'affidamento e della certezza del diritto, nonche' del generale canone di ragionevolezza delle leggi; dell'art. 249 del Trattato CE; degli artt. 9, 13, 15, 32 e 33 Reg. (CE) n. 1083/2006 del Consiglio dell'11 luglio 2006. L'art. 6-quinquies del d.l. n. 112 del 2008, al comma 1, prevede l'istituzione di un fondo per il finanziamento, in via prioritaria, di interventi finalizzati al potenziamento della rete infrastrutturale di livello nazionale, ivi comprese le reti di telecomunicazione e quelle energetiche, il quale e' alimentato con gli stanziamenti nazionali (Fondo Aree Sottoutilizzate) assegnati per l'attuazione del Quadro Strategico Nazionale per il periodo 2007-2013 in favore di programmi di interesse strategico nazionale (PAN), di progetti speciali e di riserve premiali, fatte salve le risorse che, alla data del 31 maggio 2008, siano state vincolate all'attuazione di programmi gia' esaminati dal CIPE o destinate al finanziamento del meccanismo premiale disciplinato dalla delibera CIPE 3 agosto 2007, n. 82. 3.1) Tale norma si espone alle stesse censure mosse, al paragrafo 2.1. del presente ricorso, all'art. 6-quater, nella parte in cui incide su vincoli e rapporti sodi in data antecedente alla propria entrata in vigore senza ragionevolezza alcuna, ed in violazione dei principi di affidamento e di certezza del diritto. Si debbono dunque invocare i medesimi parametri costituzionali, violati per i medesimi profili. Anche qui, la retroattivita' del comma 1 (la quale non e' neanche definita come norma di principio per le regioni), e' priva di qualunque ragionevolezza: andare ad incidere su fondi ancora legittimamente programmabili, senza alcun motivo (quale, ad esempio, un eventuale inadempimento regionale) che ne giustifichi l'adozione, e' di palmare irragionevolezza, gravemente lesiva del principio di certezza del diritto e del principio di affidamento. 3.2) Il comma sopra indicato, poi, viola gli artt. 97, 117, terzo comma, 118 e 119 Cost., nonche' il principio di leale collaborazione, anche qui per ragioni simili a quelle gia' indicate nel presente paragrafo al quale si rinvia. Basta considerare, infatti, che esso incide retroattivamente, ed in modo del tutto irragionevole, su stanziamenti gia' effettuati prima della sua entrata in vigore, e svia fondi ancora legittimamente programmabili, comportando variazioni nel bilancio regionale, che vulnerano l'autonomia amministrativa e l'autonomia finanziaria della Regione, garantite dagli artt. 118 e 119 Cost., nonche' incide con norma di estremo dettaglio (obbligo di concentrazione dei fondi sul potenziamento della rete infrastrutturale di livello nazionale) in materie di legislazione concorrente (ad esempio, governo del territorio, grandi reti di trasporto e navigazione; porti e aeroporti civili; trasporto e distribuzione nazionale dell'energia). 3.3) Il comma 3 impone - sotto forma di principio fondamentale - la concentrazione da parte delle regioni delle risorse del Quadro Strategico Nazionale (hinc inde: QSN) su infrastrutture di interesse strategico regionale in sede di predisposizione dei programmi finanziati dal FAS, e di ridefinizione dei programmi finanziati dai Fondi strutturali comunitari. Tale disposizione incide sia su materie di competenza concorrente (in particolare, porti ed aeroporti, governo del territorio, tutela della salute; trasporto e distribuzione di energia) che su materie riservate alla regione (in particolare, turismo; rete regionale di trasporto); inoltre, pone un vincolo di destinazione sull'intero ammontare delle risorse residue, ivi compresi i Fondi comunitari (a differenza del comma 1 della medesima norma), che non lascia alle Regioni alcun margine di autonomia sia per determinare le proprie scelte sia per negoziare eventuali intese con lo Stato e con la Comunita', con conseguente violazione anche dell'art. 117, commi terzo e quinto, Cost., nonche' dell'art. 118, che conferisce autonomia amministrativa alle regioni, con la conseguente attribuzione di discrezionalita' nell'impiego delle risorse (almeno negli spazi lasciati liberi dalla legge regionale). Tanto, di nuovo, in ragione della rigidita' determinata dalla norma censurata, anche con violazione del principio del buon andamento della p.a., sancito nell'art. 97 Cost. Infatti, in forza del QSN, i Programmi attuativi FAS Regionali sono a titolarita' delle amministrazioni regionali, responsabili della loro definizione e attuazione, e destinatarie delle risorse FAS assegnate con la delibera CIPE di riferimento. Cio' comporta, come gia' dedotto al paragrafo 2. del presente ricorso, l'illegittimita' della norma impugnata (v. le gia' citt. sentt. nn. 118 del 2006; 231 del 2005; 424 del 2004; 370 del 2003). I commi 2 e 3 pongono inoltre un limite diretto all'autonomia di spesa della regione, con conseguente lesione dell'art. 119 Cost.: vengono infatti definanziati Programmi di Interesse Strategico Nazionale (all'interno dei quali la quota di spettanza della Regione Calabria e' pari al 10,34%), quali l'istruzione, l'ambiente, la sicurezza, l'inclusione sociale, le risorse naturali, le reti ed i servizi per la mobilita', l'internazionalizzazione, per complessivi 9.451,440 milioni di euro (dei quali 977,279 relativi alla sola Calabria); viene inoltre definanziato il Progetto speciale relativo alla salute nelle Regioni del Mezzogiorno (all'interno del quale la quota di spettanza della Regione Calabria e' pari al 10,34%), per una somma pari a 1.550 milioni di euro (dei quali 155 per la sola Calabria); viene inoltre definanziata la Riserva di programmazione (all'interno della quale la quota di spettanza della Regione Calabria e' pari al 10,34%) per 7.923,346 milioni di euro (dei quali 8.129,274 per la sola Calabria), stravolgendo le regole fissate per lo svincolo di tali risorse fissate dal punto 7.3 della Delibera CIPE 166/07. L'attentato all'autonomia finanziaria regionale e' addirittura devastante, risolvendosi nella privazione di risorse e nel totale sconvolgimento della programmazione regionale, gia' in essere, dell'impiego delle risorse. Deve, inoltre, essere lamentata la violazione del principio di leale e fattiva collaborazione: infatti, con l'art. 1, comma 864, legge n. 269/2006 - previa intesa con la Conferenza unificata - si e' stabilito che l'approvato (all'epoca, approvando) QSN «costituisce la sede della programmazione unitaria delle risorse aggiuntive, nazionali e comunitarie, e rappresenta, per le priorita' individuate, il quadro di riferimento della programmazione delle risorse ordinarie in conto capitale, fatte salve le competenze regionali in materia». Con la norma impugnata non solo viene disattesa l'intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata, nella quale si e' riconosciuto espressamente il ruolo regionale nella programmazione (di fatto, azzerato dal vincolo di destinazione posto dalla norma censurata) e la funzione del QSN nel definire strategie ed obiettivi per il periodo di riferimento (funzione elusa e stravolta dal vincolo di destinazione imposto dalla norma censurata) senza neanche prevedere il raggiungimento di nuova intesa, ma limitando il meccanismo «partecipativo» alla mera necessita' di «sentire» la Conferenza stessa. 3.4) La previsione della generica concentrazione nel Mezzogiorno almeno dell'85% degli stanziamenti, indicata dal comma 2, poi, viola l'art. 119, commi 1 e 5, Cost.: infatti tale previsione, non richiamando anche la necessaria applicazione della chiave di riparto valida per il ciclo 2007-2013 e della metodologia utilizzata nell'istruttoria tecnica curata dal Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione, diffusa con nota del 5 aprile 2006, e richiamata nell'allegato al QSN gia' sopra menzionato, non garantisce a ciascuna regione il volume di stanziamenti gia' indicato in precedenza - con conseguente lesione dell'autonomia finanziaria della regione - e, soprattutto, non garantisce il mantenimento dell'equilibrio raggiunto in sede di QSN quanto alla finalita' di «riequilibrio» garantita dall'art. 119, comma 5, Cost, proprio considerando che nel Mezzogiorno d'Italia coesistono regioni (come la Calabria) inserite integralmente nell'Obiettivo «Convergenza» - gia' Obiettivo 1 - ed ammesse agli aiuti di Stato di carattere regionale per l'Italia (la relativa Carta e' stata approvata con decisione della Commissione europea: v. Nota 28 novembre 2007, C(2007)5618 def. cor).) con il massimale di aiuto piu' alto di tutte (40%) per il periodo dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2010 (il che dimostra la necessita' di un piu' ampio riequilibrio in favore della regione ricorrente), e regioni (come Molise ed Abruzzo), selezionate per l'estinzione degli aiuti, all'interno delle quali solo alcuni comuni hanno ottenuto di essere ammessi a tali aiuti per un periodo limitato, o come la Basilicata, ammessa fino al 2001 e soggetta a revisione. Inoltre, il mero riferimento alla concentrazione degli stanziamenti nel Mezzogiorno non garantisce il rispetto dell'altro, fondamentale impegno assunto in sede di QSN (v. nota n. 272, p. 247), e cioe' la concentrazione nel Mezzogiorno (e quindi, anche nella regione ricorrente) di una quota pari al 45% del totale della spesa in conto capitale, proprio al fine di «conseguire una significativa accelerazione nell'accumulazione del capitale pubblico e, di conseguenza, nei tassi di crescita», il che determina violazione dell'art. 119, comma 5, Cost. 3.5) La sostanziale ridefinizione del QSN, ed il vicolo nella predisposizione e ridefinizione dei vari programmi, per il tramite dei tre commi che compongono la disposizione impugnata, viola anche l'art. 117, quinto comma, Cost.: malgrado il detto riconoscimento in sede di predisposizione del QSN del ruolo «programmatico» regionale, tale articolo, di fatto, impedisce sia la partecipazione alla formazione, che l'attuazione e l'esecuzione dei provvedimenti comunitari, che competono alle regioni proprio in forza del cit. comma 5. 3.6) Anche in relazione alla lesione della capacita' di spesa di cui all'art. 119 cost. e delle competenze regionali di cui all'art. 117, quinto comma, Cost, sopra lamentate, deve essere dedotta la violazione degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost. e degli artt. 249 del Trattato e 9, 13, 15,32 e 33 Reg. (CE) n. 1083/2006 del Consiglio dell'11 luglio 2006. Infatti, l'articolo censurato (in particolare, il comma 2) prevede che, nel rispetto del Reg. CE n. 1083/06, i Programmi operativi nazionali finanziati con risorse comunitarie per l'attuazione del Quadro Strategico Nazionale per il periodo 2007-2013 possono essere ridefiniti in coerenza con i principi di cui al presente articolo. Il QSN 2007-2013, cui si riferisce la norma, e' stato approvato con decisione della Commissione 3uropea n. 3339 del 13 luglio 2007, ed i relativi POR sono stati approvati: come noto, ai sensi dell'art. 249, par. 4, del Trattato «La decisione e' obbligatoria in tutti i suoi elementi per i destinatari da essa designati». La normativa qui censurata viola tale previsione, cozzando anche con la Carta italiana degli aiuti di Stato a finalita' regionale per il periodo 2007-2013, sopra menzionata. L'art. 32 del Reg. 1083/06 prevede che la Commissione adotti il Piano Operativo; l'art. 33 prevede i casi in cui i Piani operativi possono essere riesaminati, e cioe': a) a seguito di cambiamenti socioeconomici significativi; al fine di tener conto in misura maggiore o differente di mutamenti di rilievo nelle priorita' comunitarie, nazionali o regionali; c) alla luce della valutazione di cui all'articolo 48, paragrafo 3; d) a seguito di difficolta' in fase di attuazione. Pare evidente l'insussistenza di alcuna delle ipotesi cui la normativa comunitaria consente di richiedere alla Commissione una decisione in merito, con conseguente inammissibile scostamento dalla normativa comunitaria di riferimento quanto alle ipotesi di riesame. La norma censurata, poi, altera il principio di aggiuntivita' delle risorse comunitarie di cui agli artt. 9, 13 e 15 del Reg. 1083/06, in base al quale e' stato concepito ed approvato in sede comunitaria il QSN. Tale violazione, quando uno Stato membro non rispetta gli obblighi di cui all'art. 15, par. 4, del Regolamento 1083/2006, fa si' che la Commissione possa, in relazione al grado di inadempimento di tale obbligo, procedere ad una rettifica finanziaria sopprimendo la totalita' o un parte del contributo a titolo dei Fondi Strutturali, con conseguente danno diretto per la regione ricorrente. 4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 6-sexies del d.l. n. 112 del 2008, conv. con modif. in legge n. 133 del 2008, per violazione dell'art. 119 Cost. L'art. 6-sexies del d.l. n. 112 del 2008, al comma 1, prevede che, al (presunto) fine di promuovere il coordinamento della programmazione statale e regionale ed in particolare per garantire l'unitarieta' dell'impianto programmatico del Quadro strategico nazionale per la politica regionale di sviluppo 2007-2013 e favorire il tempestivo e coordinato utilizzo delle relative risorse, la Presidenza del Consiglio dei ministri, sentito il Ministero dello sviluppo economico, effettua la ricognizione delle risorse generate da progetti originariamente finanziati con fonti di finanziamento diverse dai Fondi strutturali europei ed inseriti nei programmi cofinanziati che siano oggetto di rimborso a carico del bilancio comunitario e del fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, in particolare individuando le risorse che non siano state impegnate attraverso obbligazioni giuridicamente vincolanti correlate alla chiusura dei Programmi Operativi 2000-2006 e alla rendicontazione delle annualita' 2007 e 2008 dei Programmi Operativi 2007-2013, anche individuando modalita' per evitare il disimpegno automatico delle relative risorse impegnate sul bilancio comunitario. All'esito, il comma 2 prevede che la Presidenza del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri competenti, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico e previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, adotti la riprogrammazione che definisce le modalita' di impiego delle risorse, i criteri per la selezione e le modalita' di attuazione degli interventi che consentano di assicurare la qualita' della spesa e di accelerarne la realizzazione anche mediante procedure sostitutive nei casi di inerzia o inadempimento delle amministrazioni responsabili. L'intesa, tenuto conto del vincolo delle precedenti assegnazioni alle amministrazioni centrali e regionali, in attuazione dell'art. 119, quinto comma, della Costituzione, individua gli interventi speciali per promuovere lo sviluppo economico e rimuovere gli squilibri economici e sociali, con priorita' per gli interventi finalizzati al potenziamento della rete infrastrutturale di livello nazionale e regionale di cui e' riconosciuta la valenza strategica ai fini della competitivita' e della coesione. Per dimostrare la denunciata illegittimita' della norma censurata, e' indispensabile individuare il meccanismo sul quale la stessa incide. La normativa di riferimento per l'inclusione nell'ambito di programmi cofinanziati dall'Unione europea (in particolare, per i Programmi del periodo 2000-2006) di progetti gia' finanziati con altre fonti nazionali e' riconducibile alle seguenti fonti: Delibera CIPE n. 189/97 e QCS per le regioni italiane dell'Ob. 1 2000-2006, approvato con decisione della Commissione C(2000) 2050. La delibera CIPE n. 189/97 nel dettare «Indirizzi per l'armonizzazione e l'accelerazione delle procedure attuative dei programmi cofinanziati dalla Commissione europea» ha previsto in particolare che, «Allo scopo di garantire il proficuo utilizzo delle risorse nazionali e comunitarie, i soggetti titolari dei programmi cofinanziati dalla Commissione europea procedono ad una ricognizione di tutti gli interventi, comunque attivati a livello nazionale, regionale, locale dai diversi soggetti pubblici e privati e finanziati con risorse nazionali, pubbliche e private, riconducibili, per settore e/o territorio, al programma cofinanziati Ai fini della suddetta ricognizione i soggetti pubblici e privati responsabili degli interventi sono tenuti a fornire il quadro dettagliato degli interventi di propria competenza, programmati ed in corso di attuazione, con indicazione delle relative fonti di finanziamento, del relativo stato di attuazione, degli impegni assunti, delle erogazioni effettuate e dei tempi di realizzazione stabiliti. Sulla base della suddetta ricognizione, i soggetti titolari dei programmi cofinanziati individuano gli interventi da ammettere a cofinanziamento, previa verifica, con le amministrazioni competenti, che gli stessi non risultino gia' inseriti in altro programma cofinanziato e che siano coerenti con i programmi approvati in termini di: a) rispetto degli obiettivi dei suddetti programmi; b) ammissibilita' degli impegni e delle spese; c) rispetto della normativa comunitaria. Le spese relative agli interventi cosi' individuati potranno essere rendicontate, nell'ambito dei programmi cofinanziati, anche a titolo di anticipazione sulla quota nazionale e su quella comunitaria stabilita dal piano finanziario del programma». Il QCS, al paragrafo 2.2, assume quale riferimento e orientamento per i programmi operativi alcuni principi di base fra i quali quello dell'urgenza, in merito al quale il documento prevede quanto segue: «I tempi stretti di conseguimento dell'obiettivo impongono che la strategia del QCS tenga conto di questa urgenza attraverso: 1) la definizione celere in ogni territorio degli obiettivi puntuali da conseguire e delle tipologie di opere su cui si intende puntare, attuando da subito alcuni interventi caratterizzati da elevati livelli di qualita' ed efficacia; 2) utilizzare subito e valorizzare i progetti esistenti. In quest'ambito sara' necessario prevedere, almeno per i primi due anni, una sorta di ''ponte'' fra programmazione in corso e nuova programmazione. Il che implica che gia' in sede di programmazione operativa si prevede di integrare, per i primi anni di attuazione, obiettivi, linee di intervento e anche singoli progetti di sviluppo emersi come prioritari gia' nella precedente fase di programmazione, nella misura in cui essi esprimano livelli adeguati di coerenza, convergenza e omogeneita' con la strategia di sviluppo delineata per il nuovo e con il sistema di obiettivi globali e specifici che ne e' alla base», mentre al paragrafo 6.3.6. stabilisce che le risorse rinvenienti alle A.d.G. dai rimborsi comunitari e nazionali relativi ai progetti di prima fase (oggetto della ricognizione effettuata dalle A.d.G. entro il 30 giugno 2002), nonche' a tutti gli altri progetti imputati alla programmazione comunitaria e originariamente coperti da altre fonti di finanziamento (cosiddette «risorse liberate») vengono totalmente e tempestivamente reinvestite dalle stesse A.d.G., per la realizzazione di progetti coerenti con i contenuti delle misure e rispondenti ai requisiti previsti dai criteri di selezione dei complementi di programmazione. Le regole attraverso le quali tali condizioni possono essere anche concretamente poste a verifica sono poi definite come segue. 1) Quantificazione - il meccanismo del reimpiego si manifesta come possibile nel momento in cui, a seguito dell'avvio delle rendicontazioni, scattano i presupposti del rientro dei fondi di cofinanziamento comunitario e statale. L'ammontare delle risorse da riprogrammare, definite «risorse liberate», non e' inferiore all'importo riferito al «costo del progetto imputato al QCS come ''costo pubblico dell'operazione'' - al netto dell'autofinanziamento regionale, cofinanziato da risorse comunitarie e statali». La quantificazione delle risorse liberate, conformemente alle esigenze dei casi concreti, e' realizzata attraverso le informazioni tratte dal sistema di monitoraggio nazionale, avendo a riferimento la data di avvio del progetto e la loro identificazione come progetti che liberano risorse, puntualmente indicati sulla scheda progetto. Il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento ragioneria generale dello Stato - IGRUE rende disponibile all'Autorita' di gestione del QCS un report predefinito, contenente, per programma operativo e misura, l'elenco e l'ammontare dei progetti coerenti, selezionati e certificati alla Commissione europea. 2) La destinazione territoriale delle risorse liberate - La disponibilita' del dato quantitativo delle risorse potenzialmente liberate costituisce il primo presupposto su cui costruire la verifica della relativa destinazione: quella territoriale, che costituisce elemento essenziale di verifica per i programmi nazionali, ma non per i programmi regionali e quella per obiettivi, che costituisce viceversa elemento centrale per entrambi i livelli di programmazione. In tale contesto e' di assoluta, primaria, importanza monitorare le decisioni sulla destinazione dei rientri dei PON che hanno giurisdizione su territori piu' ampi di quelli ammissibili all'ob. 1, per evitare fuoriuscite di risorse da tali territori a vantaggio di altri ed assicurare una equilibrata allocazione delle risorse liberate tra le diverse regioni in considerazione degli specifici fabbisogni settoriali. 3) La finalizzazione settoriale e per misura delle risorse liberate - La riallocazione «per misura e azione» avviene a discrezione delle Autorita' di Gestione, purche' assicuri un apporto diretto agli obiettivi, sia effettuata all'interno dello stesso Asse prioritario che ha generato i rimborsi e sia aderente ai criteri previsti, nei programmi operativi 2000/2006, per le misure di riferimento, cosi' come dettagliati nei complementi di programmazione, fermo restando che l'identificazione degli assi/settori/misure destinatari delle risorse liberate non potra' prescindere da una preventiva ricognizione della progettazione disponibile e dalla tempistica di utilizzo di tali risorse, per privilegiare la realizzazione di progetti che possiedono una tempistica di attuazione quanto piu' possibile parallela al periodo di programmazione 2000-2006. Nei casi eccezionali in cui la riallocazione puo' comportare una attribuzione di risorse ad Assi diversi da quelli che hanno generato i rimborsi, essa dovra' essere chiaramente esplicitata e motivata dalle singole A.d.g. e formera' oggetto di informativa al Comitato di sorveglianza del programma operativo interessato. 4) La continuita' degli interventi nella successione dei cicli di programmazione comunitaria - il sempre maggiore avvicinamento tra obiettivi e regole della programmazione comunitaria e di quella nazionale finanziata con risorse aggiuntive rende sempre piu' concreta la possibilita' di indifferenza delle fonti di copertura di progetti volti al conseguimento di obiettivi comuni, anche in vista delle esigenze di tempestivo avvio del nuovo ciclo di programmazione. Sulla base della preventiva quantificazione dell'ammontare delle risorse liberate, le Autorita' di gestione dei programmi operativi inviano annualmente, a partire dal 2004 ed entro il 31 ottobre di ogni anno, all'Autorita' di gestione del QCS per l'eventuale informativa al Comitato di sorveglianza del QCS, apposite relazioni nelle quali sono specificati: le misure i cui obiettivi specifici sono rafforzati dai progetti finanziati con le risorse liberate; l'elenco dei progetti finanziati con le risorse liberate con la specifica del titolo, importo e tempistica di attuazione di ciascun progetto; i criteri di ammissibilita' e selezione previsti dai rispettivi Complementi di programmazione, sulla base dei quali sono stati selezionati e finanziati i suddetti progetti. Il rispetto di questi requisiti costituira' elemento di valutazione in sede di determinazione delle allocazioni finanziarie relative al prossimo ciclo dei Fondi Strutturali. L'inclusione di progetti gia' avviati e finanziati nel Programma operativo 2000-2006, e la loro rendicontazione nell'ambito di una certificazione di spesa determina il rimborso da parte della Commissione della corrispondente quota comunitaria e da parte dello Stato della quota di cofinanziamento statale garantita dal Fondo di Rotazione, secondo le regole previste dal piano finanziario del POR. I rientri finanziari sono assegnati ai bilanci regionali a titolo di rimborso e si rendono disponibili per l'impiego in ulteriori operazioni. Gia' la delibera del CIPE n. 189/97 prevedeva che: «I rientri finanziari messi a disposizione dei soggetti titolari dei programmi cofinanziati per effetto della inclusione negli stessi di interventi finanziati con le risorse nazionali, dovranno essere utilizzati per interventi finalizzati al conseguimento degli obiettivi di sviluppo individuati dalla programmazione territoriale e settoriale, in modo da garantire il rispetto del principio di addizionalita' delle risorse comunitarie». Tale previsione e' stata precisata con il cit. Paragrafo 6.3.6 del QCS e con documento del Mi.S.E. del 25 luglio 2008, trasmesso a tutte le regioni dell'Obiettivo 1, ciclo 2000-2006, con nota prot. 0016293. In particolare, per i progetti finanziati con i rimborsi di cui sopra, gli impegni giuridicamente vincolanti non ancora effettuati dovranno essere assunti entro 12 mesi dal 30 giugno 2009. Nel caso di progetti finanziati con i rimborsi ricevuti successivamente al 31 dicembre 2008, gli impegni giuridicamente vincolanti dovranno essere assunti, entro 12 mesi dalla data di ricezione dei rimborsi, mentre i pagamenti dovranno essere ultimati e i progetti conclusi e operativi entro i 36 mesi successivi a decorrere dall'assunzione dell'impegno giuridicamente vincolante. Nel caso in cui i termini di impegno, pagamento, conclusione e operativita' dei progetti, nonche' la loro coerenza con i vincoli tematici e territoriali cosi' come stabiliti nel QCS, non siano stati rispettati, gli ammontari corrispondenti al valore degli impegni non assunti ed al valore dei progetti non conclusi o operativi, saranno dedotti, su proposta del DPS, dalle assegnazioni e/o erogazioni a valere sulle risorse del Fondo aree sottoutilizzate spettanti alle amministrazioni responsabili dell'attuazione del progetto. Cosi' ricostruito il meccanismo, deve rilevarsi come la norma violi l'art. 119 Cost.: infatti, per come congegnata, la stessa tende ad «deviare» i rimborsi dalla naturale destinazione - e cioe' il bilancio regionale - fissata dalla normativa regolamentare comunitaria (Reg. CE 1260/99 e 1083/06), con conseguente violazione dell'autonomia finanziaria della Regione, privata di fondi ad essa direttamente destinati. 5) Illegittimita' costituzionale dell'art. 77 del d.l. n. 112 del 2008, conv. con modif. in legge n. 133 del 2008, per violazione degli artt. 3, 117 e 119 Cost. e del principio di leale collaborazione. L'art. 77 del d.l. n. 112 del 2008, al comma 1, impone al settore regionale il concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2009/2011, in termini di fabbisogno e indebitamento netto, per 1.500, 2.300 e 4.060 milioni, rispettivamente, per gli anni 2009, 2010 e 2011. La norma, cosi' come formulata, viola anzitutto l'art. 3 Cost. Simile indiscriminata previsione, accomunando l'intero comparto regionale, discrimina regioni come la ricorrente, molto svantaggiate, rispetto a regioni molto piu' «progredite», non prevedendo, tra l'altro, alcun meccanismo di «compensazione» tra le varie regioni. La norma, inoltre, viola gli artt. 117 e 119 Cost. Infatti, in materia di legislazione concorrente (coordinamento della finanza pubblica), fissa con norma di estremo dettaglio il vincolo complessivo per l'intero «settore regionale» in termini di fabbisogno ed indebitamento netto, con una progressione anno per anno priva di qualunque ragionevolezza e per un periodo irragionevolmente ampio, ponendo quindi, senza alcun bilanciamento tra gli interessi potenzialmente concorrenti della stabilita' finanziaria e dell'autonomia degli Enti, vincoli eccessivi, irragionevolmente rigidi e uniformi. Infine, tale vincolo viene posto senza neanche prevedere alcuna «stanza di compensazione» atta a concordare tra le varie Regioni le modalita' di concorso di ciascuna di esse. 6) Illegittimita' costituzionale dell'art. 77-ter del d.l. n. 112 del 2008, conv. con modif. in legge n. 133 del 2008, per violazione degli artt. 3, 117 e 119 Cost. e del generale canone di ragionevolezza delle leggi; degli artt. 32 sgg., 158, 159 e 104 del Trattato CE, del Protocollo n. 20 annesso al Trattato stesso; della risoluzione del Consiglio relativa al patto di stabilita' e crescita adottata ad Amsterdam il 17 giugno 1997, nonche' del Regolamento CE n. 2223/96 del Consiglio del 25 giugno 1996, che disciplina il sistema europeo di conti economici integrati (c.d. SEC 95; del Regolamento (CE) n. 1500/2000 della Commissione del 10 luglio 2000, di applicazione del Reg. n. 2223/96 e dei Regolamento CE nn. 1290/2005, 1260/1999, 1083/06. L'art. 77-ter del d.l. n. 112 del 2008, introdotto dalla legge di conversione, fissa il patto di stabilita' per le regioni. Dopo aver delineato al comma 1 la finalita' della norma («Ai fini della tutela dell'unita' economica della Repubblica»), al comma 3, prevede che il complesso delle spese finali di ciascuna regione a statuto ordinario, determinato ai sensi del comma 4, non puo' essere superiore, per l'anno 2009, al corrispondente complesso di spese finali determinate sulla base dell'obiettivo programmatico per l'anno 2008 diminuito dello 0,6 per cento, e per gli anni 2010 e 2011, non puo' essere rispettivamente superiore al complesso delle corrispondenti spese finali dell'anno precedente, calcolato assumendo il pieno rispetto del patto di stabilita' interno, aumentato dell'1,0 per cento per l'anno 2010 e diminuito dello 0,9 per cento per l'anno 2011., mentre al comma 4 prevede che il complesso delle spese finali e' determinato dalla somma delle spese correnti ed in conto capitale, al netto delle: a) spese per la sanita', cui si applica la specifica disciplina di settore; b) spese per la concessione di crediti. Al comma 19, infine, viene confermata per il triennio 2009-2011, ovvero sino all'attuazione del federalismo fiscale se precedente all'anno 2011, la sospensione del potere delle regioni di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad esse attribuiti dallo Stato. Il comma 19 viola gli artt. 117 e 119 Cost., in combinato disposto con l'art. 3 Cost.: tale sospensione, del tutto immotivata, incide indiscriminatamente sul potere della regione di reperire risorse per finanziare le funzioni attribuitele, limitandola per un periodo (tre anni) oggettivamente e irragionevolmente troppo lungo. Il comma 4 (e, di conseguenza il comma 3) include tra le spese anche l'impiego delle somme derivanti da interventi cofinanziati dall'Unione europea, e quindi di trasferimenti in denaro derivanti da aiuti internazionali, il che e' palesemente illegittimo. Anzitutto, tale previsione viola gli artt. 3 e 119, comma 5, della Costituzione: infatti, pone sullo stesso piano regioni (come la ricorrente) che lo stesso Stato italiano - nella citata Carta degli aiuti - ha ritenuto, con il consenso della Commissione, di rientrare integralmente tra le Regioni ammesse ad aiuti ex art. 87, par. 3, lettera a), del Trattato CE con la percentuale nazionale piu' alta (40%), e regioni - come ad esempio, il Piemonte - che hanno visto ammesse ad aiuti una sola zona e con percentuale minima (10%). Inoltre tale inclusione porta ad una manifesta illogicita' della norma, con conseguente ulteriore profilo di violazione degli artt. 3 e 119, quinto comma, cost. e del generale criterio di ragionevolezza delle leggi: se, infatti, la regione «spende» i fondi comunitari assegnatile come da Progetti approvati, nonche' le relative quote di parte nazionale, rischia di restare fuori dal Patto di stabilita' nazionale, con le conseguenti sanzioni, pur avendo adempiuto a precisi obblighi assunti in tal senso; se non li spende per restare entro tale patto (pur trattandosi di fondi esplicitamente finalizzati al riequilibrio delle disuguaglianze fra Regioni, come da previsione dell'art. 119, quinto comma, Cost.), rischia la censura della Comunita' europea (e dello stesso Stato) con il disimpegno dei fondi non spesi, vanificando cosi' la finalita' "equilibratrice" che ne ha motivato la concessione. Tale disposizione viola, inoltre, gli artt. 117 e 119 Cost.: infatti, con norma di estremo dettaglio, dettata in materia di legislazione concorrente (coordinamento della finanza pubblica), lo Stato pone un vincolo all'autonomia di entrata e di spesa della regione. La legge infatti impone, senza alcun bilanciamento tra gli interessi potenzialmente concorrenti della stabilita' finanziaria e dell'autonomia degli enti, vincoli eccessivi, irragionevolmente rigidi e uniformi, che non tengono conto della concreta situazione finanziaria degli enti e della loro capacita' fiscale, che sono irragionevolmente parametrati alla spesa dell'anno 2008, e che riguardano anche somme (appunto, i fondi comunitari) non rivenienti da trasferimenti statali. Altra violazione dell'art. 117 Cost. si rinviene in relazione al riparto di competenze legislative nell'attuazione degli obblighi comunitari. Infatti, il patto di stabilita' interno, nato con l'art. 28 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e ulteriormente disciplinato dalle norme (quale quella impugnata) susseguitesi negli anni, ha l'obiettivo di imporre agli enti territoriali il rispetto degli obblighi di bilancio assunti dall'Italia in sede comunitaria. In realta', l'attuazione degli impegni comunitari, nelle materie di propria competenza, e' riservata alla regione (come confermato, ad esempio, dalla legge n. 11 del 4 febbraio 2005), sicche' e' radicalmente illegittimo che sia la legge dello Stato ad imporre obiettivi e mezzi proprio alla regione per raggiungere tale scopo in relazione a fondi, quali quelli comunitari, la cui «spesa» comporta solo benefici per le popolazioni di regioni disagiate come la Calabria. Anche in relazione a tale norma, deve evidenziarsi la violazione degli artt. 11 e 117, primo comma, in ragione della violazione degli artt. 158, 159 e 104 Trattato, del protocollo n. 20 al Trattato stesso, della risoluzione del Consiglio relativa al patto di stabilita' e crescita adottata ad Amsterdam il 17 giugno 1997, nonche' del Regolamento CE 2223/96 del Consiglio del 25 giugno 1996, che disciplina il Sistema europeo di conti economici integrati (c.d. SEC 95) e del regolamento (CE) n. 1500/2000 della Commissione, del 10 luglio 2000, di applicazione del Reg. 2223/96. Come noto, il patto di stabilita' interno dettaglia il concorso degli enti territoriali, tra i quali le regioni, alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica che il paese ha fissato con l'adesione al patto di stabilita' e crescita definito in sede di Unione europea. L'art. 104 del Trattato impone di evitare disavanzi pubblici eccessivi, individuando al par. 2 i criteri di valutazione, poi sviluppati dal protocollo n. 20: in tale protocollo, quanto alle definizioni, si rinvia al Sistema europeo di conti economici integrati, approvato col Regolamento n. 2223/96 sopra richiamato. Il punto 4.122 (D.74) prevede che la definizione «aiuti internazionali correnti» comprenda anche i trasferimenti correnti che le amministrazioni pubbliche possono ricevere, tra gli altri, dalle istituzioni comunitarie, mentre il punto 4.124 prevede come debbano essere registrate tali somme. Da tali norme, nonche' dalle modalita' di calcolo di spese ed entrate della Amministrazioni pubbliche dettate dal Reg. 1500/00, discende la non inclusione, tra le «spese» computabili al fine di calcolare il disavanzo, dell'impiego dei fondi comunitari di cui agli articoli 32 ss., 158 e 159 del Trattato ed ai correlati Regolamenti (ad esempio, 1290/2005, 1260/1999, 1083/06). L'inclusione, al presunto fine di rispettare i vincoli comunitari (in realta', per espressa indicazione normativa - v. comma 1 - per finalita' meramente interne), di somme non considerate come «spese» a livello comunitario, determina l'insanabile contrasto della norma interna col diritto comunitario e quindi con gli artt. 11 e 117, primo comma Cost. 7) Illegittimita' costituzionale dell'art. 61 del d.l. n. 112 del 2008, conv. con modif. in legge n. 133 del 2008, per violazione degli artt. 117 e 119 Cost. e del principio di leale collaborazione. L'art. 61, del d.l. n. 112/2008, come modificato dalla legge di conversione n. 133/2008, dispone, al comma 19, l'abolizione, per gli anni 2009, 2010 e 2011, della quota (c.d. ticket) di partecipazione al costo per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale per gli assistiti non esentati, di cui all'art. 1, comma 796, lettera p), primo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. I successivi commi 20, lettera b), e 21 dispongono che le regioni, al fine di far fronte ai maggiori oneri scaturenti dal venir meno della risorsa soppressa dal comma 19: destinino, ciascuna al proprio servizio sanitario regionale, le risorse provenienti dalle disposizioni di cui ai commi 14 (riduzione del 20%, rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2008, dei compensi relativi ai nuovi incarichi dei direttori generali, direttori sanitari, direttori amministrativi, componenti dei collegi sindacali delle aziende sanitarie e ospedaliere, delle aziende ospedaliero universitarie, II.RR.CC.SS. e istituti zooprofilattici) e 16 (riduzione degli oneri di funzionamento degli organi rappresentativi e degli apparati amministrativi) del medesimo articolo; adottino ulteriori misure di incremento dell'efficienza e di razionalizzazione della spesa, dirette a realizzare la parte residuale della copertura degli oneri derivanti dall'attuazione del comma 19; oppure, in alternativa agli interventi di cui ai commi 14 e 16, introducano, in misura integrale o ridotta, la quota di partecipazione abolita ai sensi del comma 19, ovvero altre forme di partecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria di effetto finanziario equivalente. Le disposizioni in esame afferiscono in maniera trasversale alle materie della «tutela della salute» e del «coordinamento della finanza pubblica», entrambe rientranti nella potesta' legislativa concorrente di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione. E' nota ed e' stata, del resto, costantemente affermata, in particolare da codesta ecc.ma Corte, l'intima connessione che caratterizza i due predetti ambiti normativi in relazione agli interventi legislativi volti a contemperare le esigenze correlate, rispettivamente, all'attuazione del diritto alla salute e alla razionalizzazione della spesa pubblica a tale fine destinata. Ed e' altrettanto noto che, proprio in considerazione dell'evidenziata stretta correlazione tra materie di legislazione concorrente, i margini dell'intervento legislativo statale devono rimanere contenuti entro i limiti della predeterminazione dei principi fondamentali, come dispone l'ultimo periodo del cit. art. 117, terzo comma, Cost., e dell'indicazione degli obiettivi da perseguire, rimanendo riservato alle regioni il concreto esercizio della potesta' legislativa, mediante l'adozione delle norme contenenti le specifiche misure dirette al raggiungimento dei fini indicati dalle disposizioni di principio. Le sopra enumerate norme introdotte dalla legge n. 133/2008, invece, si presentano invasive, in violazione del parametro costituzionale appena ricordato, della sfera di competenza legislativa regionale, in quanto recano disposizioni puntuali e di dettaglio, tali da comportare una vera e propria sostituzione della potesta' legislativa dello Stato a quella delle regioni, ed in particolare dell'odierna ricorrente. Ne' la prospettata lesione della sfera regionale potrebbe, per ipotesi, ritenersi esclusa in virtu' della previsione, nei summenzionati commi 14, 16, 20, 21, di una pluralita' di misure alternative rimesse alla scelta della regione: e', infatti, lo stesso qui contestato intervento legislativo statale in materia di potesta' concorrente a concretizzare, in quanto unilaterale e dettagliato, la lesione della competenza regionale; anzi, proprio l'ampiezza dell'intervento in parola acuisce, anziche' ridimensionare, la portata della ripetuta invasione. Sotto altro profilo, le qui impugnate norme statali violano anche l'autonomia finanziaria regionale sancita dall'art. 119 cost. In particolare, la lesione e' prodotta dal cit. comma 19, che incide, in pregiudizio della ricorrente, su una fonte di finanziamento - la compartecipazione alla spesa sanitaria a carico degli assistiti non esentati (peraltro gia' abolita, per il solo 2008, dall'art. 2, comma 376, della legge n. 244 del 2007, con contestuale, pero', e direttamente correlato, incremento, disposto dal comma 377, del livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre ordinariamente lo Stato) - destinata all'erogazione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, e dagli altri commi indicati, che fissano in maniera estremamente ed irragionevolmente puntuale le misure finanziare per il reperimento delle risorse sostitutive della fonte predetta, soppressa. In particolare, per la Regione Calabria, l'incidenza dei maggiori oneri a carico del bilancio scaturenti dal comma 19, e ai quali occorre far fronte, assume la consistenza annua di 14.620.000 euro, ed il sopraggiungere di tali nuovi oneri costringe la Regione ad intervenire con una apposita manovra attuando le misure stabilite nel dettaglio dai commi 14, 16, 20, lettera b), e 21, con evidente invasione dell'autonomia finanziaria regionale, la quale involge, ovviamente, anche la lesione dell'autonomia nell'individuazione delle determinazioni da assumere. V'e', infine, da considerare un terzo, ma non meno rilevante, profilo di illegittimita' costituzionale, correlato alla sopra evidenziata afferenza a materie di legislazione concorrente, che si concretizza nella violazione del principio di leale collaborazione, che, per costante giurisprudenza, esige la predisposizione di meccanismi di confronto tra Stato e regione e di coinvolgimento di queste ultime (cosi', ex plurimis, sentt. nn. 422 del 2002 ; 219 del 2005; 58 del 2007). Nella presente fattispecie il suddetto profilo di incostituzionalita' non viene meno, anche in virtu' del gia' evidenziato coinvolgimento trasversale di materie di legislazione concorrente, neppure se si considera che le contestate norme di legge statale presentano alcuni elementi di attinenza con la materia, di legislazione esclusiva statale, di cui all'art. 117, secondo comma, Cost., della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantire uniformi su tutto il territorio nazionale. In materia di prestazioni di assistenza sanitaria, codesta ecc.ma Corte costituzionale (sent. n. 98 del 21 marzo 2007) ha avuto modo di affermare, sul piano generale, che nel caso dei LEA «sia le prestazioni che le regioni sono tenute a garantire in modo uniforme sul territorio nazionale, sia il corrispondente livello di finanziamento sono oggetto di concertazione tra lo Stato e le regioni stesse». Anche la definizione della ripartizione degli oneri finanziari legati ai LEA tra i vari soggetti - lo Stato, le regioni, gli stessi beneficiari delle prestazioni - deve, quindi, coinvolgere le regioni, non potendo promanare unilateralmente dalla Stato, in ossequio al principio di leale collaborazione. Piu' in particolare, proprio con riferimento al c.d. ticket sulla cui disciplina incidono le norme di legge statale gravate col presente ricorso, codesta ecc.ma Corte, nel pronunciarsi, con la sent. n. 203/2008, sulla stessa disposizione istitutiva della quota di compartecipazione - art. 1, comma 796, lettera p), primo periodo, legge n. 296/2006 - ha dichiarato infondata la questione di legittimita' della norma che ha introdotto il ticket fisso, sol perche' la lamentata violazione del principio di leale collaborazione non si configurava, atteso che a monte dell'impugnata disposizione vi era un'intesa intervenuta, con il c.d. «patto per la salute», tra Stato e regioni. Ed infatti, come evidenziato nella sent. n. 203/2008, il predetto art. 1, comma 796, legge n. 296/2006 enuncia espressamente, in apertura, quale propria finalita', l'«attuazione del protocollo di intesa tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per un patto nazionale per la salute sul quale la Conferenza delle regioni e delle province autonome […] ha espresso la propria condivisione». Orbene, se e' stata ritenuta costituzionalmente legittima l'introduzione del ticket, ma in quanto basata su una specifica intesa tra Stato e regioni e conforme ad essa, l'intervento realizzato con i sopra precisati commi dell'art. 61, d.l. n. 112/2008, avendo modificato, ed in maniera profonda, tanto da abolirlo e disporre puntuali misure sostitutive poste a carico delle regioni, il regime originario, si rivela, invece, viziato da illegittimita' costituzionale, per violazione del principio di leale collaborazione, in quanto non sorretto da alcuna forma di coinvolgimento delle regioni analoga a quella posta alla base di quel precedente intervento del 2006, che, per tale ragione, ha passato indenne il vaglio di costituzionalita'. Si tratta, dunque, del medesimo principio applicato specularmente: cosi' come l'art 1, comma 796, legge n. 296/2006 e' stato giudicato non contrastante col principio di leale collaborazione perche' preceduto da intesa con le regioni, per lo stesso motivo i commi 19-21, e quelli in essi richiamati, dell'art. 61 d.l. n. 112/2008 (come modif. dalla legge n. 133/2008), che nel detto comma 796 hanno inciso in radice, violano il predetto principio poiche' adottati senza una previa analoga intesa. A cio' si aggiunga che, come affermato nella sent. n. 203/2008, quale motivazione delle dichiarata infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, il c.d. «patto per la salute» stabilisce con chiarezza che i criteri di compartecipazione devono assumere carattere omogeneo - cosi' come era nel regime introdotto dal comma 796 censurato in quel giudizio - nel senso che l'offerta concreta di una prestazione sanitaria rientrante nei LEA non potrebbe presentarsi in modo diverso nelle varie regioni, anche sotto l'aspetto delle soglie di accesso, dal punto di vista economico, dei cittadini alla loro fruizione. Per effetto delle qui impugnate disposizioni introdotte dalla legge n. 133/2008, invece, la quota di partecipazione alla spesa posta a carico degli assistiti quale soglia di accesso alla fruizione del medesimo servizio di cui al ripetuto comma 796, legge n. 296/2006 non ha piu' carattere omogeneo; infatti ciascuna regione puo' sostituire i proventi del ticket o con risorse rivenienti da economie generate da riduzioni di, particolari voci di spesa (relative ai compensi per gli organi delle aziende sanitarie e ai costi di funzionamento degli organi rappresentativi e dell'apparato amministrativo delle regioni stesse), confermando, in tal modo, la soppressione della compartecipazione, oppure, al contrario, reintrodurla con propria determinazione, anche mediante «altre forme di partecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria di effetto finanziario equivalente». E' palese come le contestate norme statali determinino una disomogeneita', da regione a regione, del regime di compartecipazione economica per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, situazione, questa, opposta rispetto a quella che ha condotto codesta ecc.ma Corte costituzionale ad escludere violazioni della Costituzione da parte del cit. comma 796. In conclusione, appare evidente l'illegittimita' costituzionale dei commi 19, 20, 21 dell'art. 61, del di. n. 112/2008, come modificato dalla legge di conversione n. 133/2008, per violazione dell'art. 117, terzo comma, e dell'art. 119 Cost., nonche' del principio di leale collaborazione. Analoga declaratoria non potra' che investire anche i commi 14 e 16 del medesimo art. 61, richiamati dai commi 20, lettera b), e 21 quale fonte di finanziamento sostitutiva delle risorse venute meno per effetto del comma 19, stante l'evidente rapporto di strumentalita' tra i commi 19-21 e i commi 14 e 16. Tale rapporto di strumentalita' emerge, in particolare, con riferimento all'ultimo periodo del comma 16, il che rende meritevole di specifica declaratoria di incostituzionalita' il periodo predetto. Istanza di sospensione Il ricorso e' assistito dal fumus boni iuris. Quanto al periculum, la sospensione, ex art. 35 della legge n. 87/1953, e' indispensabile in relazione agli artt. 6-quater, 6-quinquies, 6-sexies e 62, in quanto vi e' la ragionevole certezza, nelle more, di veder conformare rapporti in base ad una normativa la cui legittimita' e' contestata, e cio' determinerebbe una situazione di fatto non rimediabile. In particolare, quanto all'art. 62, la regione entro fine anno dovra' rinegoziare funditus un contratto svvap gia' in essere con Banca Nomura, ed ora rilevato da Dresdner Bank e BNL/BNP Paribas: il divieto imposto portera' ad un esborso, alla luce delle pattuizioni contrattuali vigenti (e non rinegoziabili), superiore a € 5.000.000, tale da determinare il tracollo finanziario dell'Ente; quanto agli artt. 6-quater, 6-quinquies e 6-sexies, l'incidenza su impegni giuridicamente vincolanti, e lo sviamento di rimborsi spettanti direttamente alla regione, concorrerebbero al tracollo sopra paventato. Ricorrono, dunque, tutti e tre i presupposti della cautela enunciati dal ricordato art. 35: sarebbe irreparabilmente pregiudicato l'interesse pubblico, perche' l'applicazione delle norme censurate determinerebbe un insanabile pregiudizio per la regione; sarebbe compromesso l'ordinamento giuridico della Repubblica, perche' sarebbe consentito allo Stato di compromettere unilateralmente e irreparabilmente l'autonomia (specie finanziaria) della regione; sarebbero lesi i diritti dei cittadini, perche' il pregiudizio arrecato alle finanze regionali ridonderebbe in pregiudizio per i cittadini della Calabria, ai quali non sarebbe possibile erogare i servizi nella misura prevista dai gia' vigenti atti programmatori regionali.
P. Q. M. Pertanto si insiste perche' l'affila Corte costituzionale voglia, previo accoglimento della richiesta di sospensione dell'efficacia delle norme impugnate, dichiarare le stesse costituzionalmente illegittime per le ragioni sopra espresse. Con riserva di articolare eventuali questioni ex art. 234 Trattato in ordine alle lamentate violazioni del diritto comunitario. Salvis juribus. Catanzaro-Roma, addi' 14 ottobre 2008 Prof. Avv. Massimo Lucani - Avv. Mariano Calogero - Avv. Giuseppe Naimo