Ricorso n. 86 del 30 ottobre 2014 (Regione Campania)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 30 ottobre 2014 (della Regione Campania).
(GU n. 1 del 2015-01-07)
Ricorso per la Regione Campania (c.f. ...), in persona
del Presidente della Giunta regionale pro tempore, On. Dott. Stefano
Caldoro, rappresentata e difesa, giusta deliberazione di Giunta
regionale n. 468 del 15 ottobre 2014 e procura a margine del presente
atto, unitamente e disgiuntamente, dall'Avv. Maria D'Elia (c.f.
…) e dall'Avv. Almerina Bove (…)
dell'Avvocatura Regionale, ed elettivamente domiciliato presso
l'Ufficio di rappresentanza della Regione Campania sito in Roma alla
Via Poli n. 29 (fax …; pec
…);
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 18,
comma 9, e 19, comma 3, lettera a), del decreto-legge 24 giugno 2014,
n. 91, recante Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la
tutela ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia
scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese,
il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonche'
per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa
europea convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n.
116.
Fatto
1. - Nella Gazzetta Ufficiale - Serie Generale, S.O. - n. 192 del
24 agosto 2014 e' stata pubblicata la legge 11 agosto 2014, n. 116,
avente ad oggetto "Conversione in legge, con modificazioni, del
decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, recante disposizioni urgenti per
il settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento
energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo
sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle
tariffe elettriche, nonche' per la definizione immediata di
adempimenti derivanti dalla normativa europea".
2. - L'art. 18 del citato decreto legge, rubricato "Credito
d'imposta per investimenti in beni strumentali nuovi", al comma 1
attribuisce ai soggetti titolari di reddito d'impresa che effettuino
investimenti in beni strumentali nuovi compresi nella divisione 28
della tabella ATECO, di cui al provvedimento del Direttore
dell'Agenzia delle entrate 16 novembre 2007, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 296 del 21 dicembre 2007, destinati a strutture
produttive ubicate nel territorio dello Stato, a decorrere dalla data
di entrata in vigore del decreto medesimo e fino al 30 giugno 2015,
un credito d'imposta nella misura del 15 per cento delle spese
sostenute in eccedenza rispetto alla media degli investimenti in beni
strumentali compresi nella suddetta tabella realizzati nei cinque
periodi di imposta precedenti, con facolta' di escludere dal calcolo
della media il periodo in cui l'investimento e' stato maggiore.
I commi 2-8 del medesimo art.18 dettano condizioni, limiti e
l'ulteriore disciplina del credito d'imposta di cui al precedente
comma 1.
Secondo quanto previsto dal successivo comma 9 dello stesso
art.18, "Agli oneri derivanti dal presente articolo, valutati in 204
milioni di euro per il 2016, 408 milioni di euro per gli anni 2017 e
2018, e 204 milioni di euro per l'anno 2019, si provvede mediante
corrispondente riduzione della quota nazionale del Fondo per lo
sviluppo e la coesione, programmazione 2014-2020, di cui all'articolo
1, comma 6, della legge 27 dicembre 2013, n. 147. Ai sensi
dell'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il
Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli
oneri di cui al presente articolo. Nel caso si verifichino o siano in
procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di cui
al presente comma, il Ministro dell'economia e delle finanze, con
proprio decreto, provvede alla riduzione della dotazione del Fondo
per lo sviluppo e la coesione in modo da garantire la compensazione
degli effetti dello scostamento finanziario riscontrato, su tutti i
saldi di finanza pubblica e, conseguentemente, il CIPE provvede alla
riprogrammazione degli interventi finanziati a valere sul Fondo. Il
Ministro dell'economia e delle finanze riferisce alle Camere con
apposita relazione in merito alle cause degli scostamenti e
all'adozione delle misure di cui al precedente periodo".
3. - L'art.19 del medesimo decreto-legge, rubricato "Modifiche
alla disciplina ACE- aiuto crescita economica", introduce, al comma
1, modifiche all'articolo 1 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.
201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011,
inserendovi, dopo il comma 2 , il comma 2-bis, del seguente tenore:
"Per le societa' le cui azioni sono quotate in mercati regolamentati
o in sistemi multilaterali di negoziazione di Stati membri della UE o
aderenti allo Spazio economico europeo, per il periodo di imposta di
ammissione ai predetti mercati e per i due successivi, la variazione
in aumento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla
chiusura di ciascun esercizio precedente a quelli in corso nei
suddetti periodi d'imposta e' incrementata del 40 per cento. Per i
periodi d'imposta successivi la variazione in aumento del capitale
proprio e' determinata senza tenere conto del suddetto incremento»;
nonche' , aggiungendo, al comma 4, dopo le parole: «periodi d'imposta
successivi» le seguenti: «ovvero si puo' fruire di un credito
d'imposta applicando alla suddetta eccedenza le aliquote di cui agli
articoli 11 e 77 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Il
credito d'imposta e' utilizzato in diminuzione dell'imposta regionale
sulle attivita' produttive, e va ripartito in cinque quote annuali di
pari importo.». A mente del secondo comma, "Le disposizioni di cui al
comma 1, lettera a), si applicano alle societa' ammesse a quotazione
le cui azioni sono negoziate dalla data di entrata in vigore del
presente decreto e sono subordinate alla preventiva autorizzazione
della Commissione europea ai sensi dell'articolo 108 del Trattato sul
funzionamento dell'Unione europea richiesta a cura del Ministero
dello sviluppo economico. La disposizione di cui al comma 1, lettera
b), ha effetto a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31
dicembre 2014".
Il comma 3 dello stesso art.19 stabilisce che "Agli oneri
derivanti dal presente articolo, pari a 27,3 milioni di euro nel
2015, 55,0 milioni di euro nel 2016, 85,3 milioni di euro nel 2017,
112,3 milioni di euro nel 2018, 140,7 milioni di euro nel 2019, 146,4
milioni di euro nel 2020 e 148,3 milioni di euro a decorrere dal
2021, si provvede come segue: a) mediante riduzione della quota
nazionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione, programmazione
2014-2020, di cui all'articolo 1, comma 6, della legge 27 dicembre
2013, n. 147, per l'importo di 27,3 milioni di euro nel 2015, 55,0
milioni di euro nel 2016, 85,3 milioni di euro nel 2017 e 112,3
milioni di euro nel 2018; (omissis)...».
4. I citati articoli 18, comma 9, e 19, comma 3, lettera a), del
decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni,
dalla legge 11 agosto 2014, n. 116 sono costituzionalmente
illegittimi per i seguenti
Motivi
Illegittimitita' costituzionale degli artt. 18, comma 9 e 19,
comma 3, lett. a) per violazione degli artt. 119, comma 5, 120 comma
2 e 3, comma 2 della costituzione.
1. Ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 31 maggio
2011, n. 88, recante "Disposizioni in materia di risorse aggiuntive
ed interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e
sociali", attuativo della legge n. 42 del 2009 sul federalismo
fiscale, il Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) di cui all'art.
61 della legge 289/2002 - nel quale, a decorrere dal 2003, sono state
concentrate le risorse destinate agli interventi nelle aree
sottoutilizzate del Paese, ai sensi della legge n. 289/2002 e sono
iscritte tutte le risorse finanziarie aggiuntive nazionali, destinate
a finalita' di riequilibrio economico e sociale, in attuazione
dell'art.119, comma 5 della Costituzione - ha assunto, come noto, la
denominazione di "Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC)". Il
Fondo in menzione rinviene la propria disciplina nell'art. 119, comma
5 della Costituzione- in base al quale gli interventi perequativi
degli squilibri economici in ambito regionale devono garantire
risorse aggiuntive rispetto a quelle ordinarie ed essere rivolti a
favore di aree territoriali determinate in base a criteri di
differenziazione regionale (C.Cost. 46/2013 e 284/2009)- nonche'
nella legge n. 42/2009 e nel decreto legislativo n. 88/2011, che
costituiscono norme interposte nel giudizio di legittimita'
costituzionale.
2. La legge 27.12.2013 n. 147 - legge di stabilita' per il 2014 -
ha disposto, all'articolo 1, comma 6, che "in attuazione
dell'articolo 119, quinto comma, della Costituzione e in coerenza con
le disposizioni di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto
legislativo 31 maggio 2011, n. 88, la dotazione aggiuntiva del Fondo
per lo sviluppo e la coesione e' determinata, per il periodo di
programmazione 2014-2020, in 54.810 milioni di euro. Il complesso
delle risorse e' destinato a sostenere esclusivamente interventi per
lo sviluppo, anche di natura ambientale, secondo la chiave di riparto
80 per cento nelle aree del Mezzogiorno e 20 per cento nelle aree del
Centro-Nord. Con la presente legge si dispone l'iscrizione in
bilancio dell'80 per cento del predetto importo secondo la seguente
articolazione annuale: 50 milioni per l'anno 2014, 500 milioni per
l'anno 2015, 1.000 milioni per l'anno 2016; per gli anni successivi
la quota annuale e' determinata ai sensi dell'articolo 11, comma 3,
lettera e), della legge 31 dicembre 2009, n. 196".
La norma stabilisce, altresi', che, per gli anni successivi, la
quota annuale sara' determinata dalla tabella E delle singole leggi
di stabilita' a valere sul rimanente importo di 42.298 milioni,
mentre, per la restante quota del 20 per cento (10.962 milioni), la
relazione tecnica alla legge di stabilita' 2014 (AS 1120) precisa che
la relativa iscrizione in bilancio avverra' all'esito di una apposita
verifica di meta' periodo (da effettuare precedentemente alla
predisposizione della legge di stabilita' per il 2019) sull'effettivo
impiego delle prime risorse assegnate.
Sulla base dell'indicata previsione, per il periodo di
programmazione 20142020 il Governo ha presentato alle autorita' della
UE - secondo quanto previsto dal vigente Regolamento UE n. 1303/2013
di disciplina dei Fondi strutturali- la proposta di Accordo di
partenariato, dapprima in versione provvisoria (nel mese di dicembre
2013), e quindi nel testo definitivo, in data 24 aprile 2014. Sul
testo dell'Accordo di partenariato e' stata acquisita la preventiva
intesa della Conferenza unificata, ai sensi dell'art.8, comma 6 della
legge 5 giugno 2003, n.131; anche l'indicata intesa fa espresso
riferimento alle citate risorse del FSC, nell'importo stanziato nella
legge di stabilita' per l'anno 2013 (cfr. pagina 12).
Le previsioni di cui all'art. 18, comma 9, e 19, comma 3 del
Decreto-Legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni,
dalla legge 11 agosto 2014, n. 116- oggetto del presente ricorso-
laddove individuano a copertura degli oneri correlati alla
introduzione del credito d'imposta, pari a complessivi 816 Meuro per
il periodo 2016-2019, una corrispondente riduzione della quota
nazionale del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione - programmazione
2014-2020, si pongono in palese contrasto con le indicate norme
interposte e realizzano una patente violazione dell'art. 119, comma 5
della Costituzione.
In assenza di ogni indice da cui possa desumersi che le risorse
distratte, per finanziare l'introduzione del credito d'imposta e la
modifica alla disciplina in tema di ACE siano esclusivamente
indirizzate a favore dei medesimi territori sottoutilizzati e con la
medesima chiave percentuale di riparto (80% per le aree del
Mezzogiorno e 20% per le aree del Centro-Nord) prevista per il Fondo
per lo Sviluppo e la Coesione- e, anzi, in presenza di una
formulazione testuale che assume a riferimento oggettivo le strutture
produttive (art.18) e le societa' (art.19) ubicate in tutto il
territorio dello Stato - la riduzione della quota nazionale del Fondo
per lo sviluppo e la coesione, programmazione 2014-2020, determina,
invero, una riduzione del complesso delle risorse gia' destinate ex
lege esclusivamente a sostenere interventi per lo sviluppo delle aree
sottoutilizzate, con palese violazione delle norme indicate in
rubrica. E' noto, invero, che il Fondo in menzione soggiace a vincoli
di destinazione e che la rideterminazione dell'ammontare delle
risorse da destinare agli interventi per lo sviluppo e la coesione
delle aree sottoutilizzate deve conformarsi alle previsioni del
decreto legislativo 88/2011, in base al quale l'ammontare delle
risorse da destinare agli interventi per lo sviluppo e la coesione
delle aree sottoutilizzate puo' essere rideterminato dalle leggi
annuali di stabilita' successive a quella che ha preceduto l'avvio
del ciclo pluriennale di programmazione qualora si renda necessario
soltanto "in relazione alle previsioni macroeconomiche, con
particolare riferimento all'andamento del PIL, e di finanza pubblica"
(art.5) e a condizione che la nota di aggiornamento del DEF indichi i
nuovi "obiettivi di convergenza economica delle aree del Paese a
minore capacita' fiscale.) valutando l'impatto macroeconomico e gli
effetti, in termini di convergenza, delle politiche di coesione e
della spesa ordinaria destinata alle aree svantaggiate", previa
acquisizione del parere della Conferenza permanente per il
coordinamento della finanza pubblica di cui all'art. 5, comma 1,
lett. a), della legge 42/2009.
Il rispetto del "principio di tipicita' delle ipotesi e dei
procedimenti attinenti la perequazione regionale" (Corte Cost.
176/2012) impone, inoltre, al legislatore statale di osservare, come
normativa di attuazione dell'art. 119, quinto comma, Cost., la legge
42/2009 in materia di federalismo fiscale, secondo la quale (art. 16,
comma 1, lett. d) "l'azione per la rimozione degli squilibri
strutturali di natura economica e sociale a sostegno delle aree
sottoutilizzate si attua attraverso interventi speciali organizzati
in piani organici finanziati con risorse pluriennali, vincolate nella
destinazione". In ulteriore specificazione dei principi della
richiamata legge 42/2009, poi, il d.lgs. 88/2011 stabilisce che la
politica di riequilibrio economico e sociale e' perseguita
prioritariamente con le risorse del FSC e con i finanziamenti a
finalita' strutturale dell'UE "e i relativi cofinanziamenti
nazionali" (art. 2, comma 1). Nella riduzione della quota nazionale
del FSC lo Stato non puo', dunque, legittimamente invocare il titolo
competenziale relativo al coordinamento della finanza pubblica, in
ragione di un'incidenza sproporzionata degli oneri derivanti
dall'applicazione dell'art. 18 del DL 91/2014 a danno dei territori
interessati dagli interventi di perequazione e del conseguente
effetto sperequativo implicito nella disposta riduzione, in mancanza
di ogni indice da cui possa trarsi la conclusione che le risorse in
tal modo rifinalizzate siano esclusivamente indirizzate a favore dei
medesimi territori e con le medesima chiave percentuale di riparto
(80% per le aree del Mezzogiorno e 20% per le aree del Centro-Nord).
II. Le norme impugnate, peraltro, appaiono altresi' in contrasto
con l'art.120 della Costituzione e con il principio di leale
collaborazione.
Codesta Corte ha, invero, affermato con giurisprudenza costante
la illegittimita' di previsioni normative volte a vanificare la
bilateralita' della procedura prevista da norme interposte attraverso
la statuizione della forza decisiva della volonta' di una sola parte
- sia essa, di volta in volta, lo Stato, la Regione o la Provincia
autonoma - (ex plurimis, sentenze n. 39 del 2013, n. 179 del 2012, n.
33 del 2011, n. 121 del 2010, n. 24 del 2007: nel caso che ci occupa,
successivamente all'intesa prestata dalla Conferenza unificata, il
legislatore e' intervenuto unilateralmente - e in difformita'
rispetto alle prescrizioni del d.lgs. 88/2011 - a ridurre il FSC.
III. In considerazione della ratio sottesa alle politiche di
riequilibrio economico e sociale, riconducibile all'ambito delle
azioni positive volte a rimuovere gli squilibri economici e sociali
in determinati territori svantaggiati, e tenuto conto che le norme
impugnate configurano una irragionevole sottrazione di risorse
dall'ambito delle richiamate azioni volte a rimuovere gli ostacoli di
ordine economico e sociale che limitano di fatto la liberta' e
l'uguaglianza dei cittadini, le stesse contrastano patentemente,
altresi', con l'art. 3, secondo comma, della Costituzione.
P.Q.M.
Voglia Codesta Ecc.ma Corte Costituzionale, in accoglimento del
presente ricorso, dichiarare l'illegittimita' costituzionale delle
disposizioni impugnate, nei profili e termini sopra esposti.
Avv. Bove - Avv. D'Elia