N.   86  RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 luglio 2006.
 
Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 6 luglio 2006 (della Provincia autonoma di Trento)

(GU n. 37 del 13-9-2006 )

    Ricorso  della  Provincia  autonoma  di  Trento,  in  persona del
presidente  della  giunta  provinciale  pro  tempore  Lorenzo Dellai,
autorizzato  con  deliberazione  della  giunta  provinciale 23 giugno
2006,  n. 1302,  rappresentata  e  difesa,  come  da procura speciale
n. rep. 26569   del   23   giugno   2006,  rogata  dal  dott. Tommaso
Sussarellu,    ufficiale    rogante    della   provincia,   dall'avv.
prof. Giandomenico  Falcon di Padova, dall'avv. Nicolo' Pedrazzoli di
Trento  e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma
presso lo studio dell'avv. Manzi, in via Confalonieri, n. 5;

    Contro   il   Presidente   del  Consiglio  dei  ministri  per  la
dichiarazione  di illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 3,
e  dell'art. 5,  commi 1,  2  e  4  del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163,
Codice  dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture
in  attuazione  delle  direttive  2004/17/CE e 2004/18/CE, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 2 maggio 2006, n. 100, supplemento ordinario
n. 107/L, per violazione dell'art. 8, n. 1), 17), 19), e dell'art. 16
dello  Statuto  speciale; del decreto del Presidente della Repubblica
22  marzo  1974,  n. 381, e degli artt. 2 e 4 del decreto legislativo
16 marzo  1992,  n. 266;  dell'art. 117, terzo, quarto e sesto comma,
della  Costituzione  in  combinato disposto con l'art. 10 della legge
costituzionale   18 ottobre   2001,  n. 3;  del  principio  di  leale
collaborazione, nei modi e per i profili di seguito illustrati.

                              F a t t o

    La Provincia autonoma di Trento e' dotata di potesta' legislativa
primaria  in  materia  di  lavori  pubblici  di interesse provinciale
(art. 8,  n. 17,  dello  Statuto),  nonche' in materia di ordinamento
degli  uffici  provinciali  (art. 8, n. 1) e di assunzione diretta di
servizi   pubblici   (art. 8,  n. 19).  Nelle  medesime  materie,  la
provincia dispone della correlativa potesta' amministrativa, ai sensi
dell'art. 16 dello Statuto.
    L'art. 1  decreto  del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974,
n. 381  (Norme  di  attuazione  dello statuto speciale per la Regione
Trentino-Alto  Adige  in  materia  di urbanistica ed opero pubbliche)
trasferisce     alle     province     autonome    «le    attribuzioni
dell'amministrazione  dello  Stato  in  materia  di  urbanistica,  di
edilizia   comunque   sovvenzionata,  di  utilizzazione  delle  acque
pubbliche,  di  opere  idrauliche,  di  opere di prevenzione e pronto
soccorso  per  calamita'  pubbliche,  di  espropriazione per pubblica
utilita',  di  viabilita',  acquedotti e lavori pubblici di interesse
provinciale,  esercitato  sia  direttamente  dagli  organi centrali e
periferici  dello  Stato  sia  per  il  tramite di enti e di istituti
pubblici a carattere nazionale o sovraprovinciali».
    L'art. 19  tiene  ferma la competenza statale in ordine ad alcune
categorie  di  opere  pubbliche. Tuttavia, l'art. 2, comma 2, dispone
che,  «in  caso  di  delega  alle province di funzioni concernenti la
realizzazione  di  opere pubbliche di competenza statale, le province
stesse  procederanno alle espropriazioni ed occupazioni necessarie in
nome  e per conto dello Stato sulla base della disciplina vigente per
le  opere  pubbliche  di loro competenza». E l'art. 19-bis stabilisce
che  «ai  fini dell'esercizio delle funzioni delegate con il presente
decreto  le  province  di  Trento  e  di  Bolzano,  per il rispettivo
territorio,   applicano   la  normativa  provinciale  in  materia  di
organizzazione   degli   uffici,   di   contabilita',   di  attivita'
contrattuale,   di  lavori  pubblici  e  di  valutazione  di  impatto
ambientale».
    La  Provincia  di  Trento  ha piu' volte legiferato in materia di
lavori pubblici.
    Si  possono  ricordare,  a questo proposito, la legge provinciale
10 settembre  1993,  n. 26  (Norme  in  materia di lavori pubblici di
interesse  provinciale  e per la trasparenza negli appalti), la legge
provinciale   19 luglio   1990,   n. 23   (Disciplina  dell'attivita'
contrattuale e dell'amministrazione dei beni della Provincia autonoma
di  Trento),  e,  piu'  in generale, la legge provinciale 30 novembre
1992,  n. 23 (Principi per la democratizzazione, la semplificazione e
la  partecipazione  all'azione  amministrativa provinciale e norme in
materia  di  procedimento  amministrativo),  e  la  legge provinciale
14 settembre   1979,   n. 7  (Norme  in  materia  di  bilancio  e  di
contabilita' generale della Provincia autonoma di Trento).
    La  provincia  ha,  inoltre, esercitato la potesta' regolamentare
con  il  decreto del presidente della giunta provinciale 30 settembre
1994,   n. 12-10/Leg.   (Regolamento   di   attuazione   della  legge
provinciale 10 settembre 1993, n. 26) e con il decreto del presidente
della  giunta  provinciale 22 maggio 1991, n. 10-40/Leg. (Regolamento
di attuazione della legge provinciale 19 luglio 1990, n. 23).
    Nella  materia  dei contratti pubblici e' stato ora emanato sulla
base dell'art. 25 legge n. 62/2005 (Disposizioni per l'adempimento di
obblighi   derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia  alle  Comunita'
europee.   Legge   comunitaria   2004),   il   qui  impugnato  d.lgs.
n. 163/2006.
    L'art. 4, comma 1 (non impugnato), di tale decreto stabilisce che
«le  Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano esercitano
la  potesta'  normativa nelle materie oggetto del presente codice nel
rispetto  dei  vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e delle
disposizioni relative a materie di competenza esclusiva dello Stato».
    Il  comma 3  individua  in  termini  che  sembrano  imperativi le
«materie  di competenza esclusiva dello Stato». Infatti, esso dispone
che  «le  regioni,  nel  rispetto dell'art. 117, secondo comma, della
Costituzione,  non possono prevedere una disciplina diversa da quella
del presente codice in relazione: alla qualificazione e selezione dei
concorrenti;  alle  procedura  di  affidamento,  esclusi i profili di
organizzazione  amministrativa;  ai  criteri  di  aggiudicazione;  al
subappalto; ai poteri di vigilanza sul mercato degli appalti affidati
all'Autorita'  per  la  vigilanza  sui  contratti pubblici di lavori,
servizi  e  forniture;  alle attivita' di progettazione e ai piani di
sicurezza;  alla  stipulazione  e  all'esecuzione  dei contratti, ivi
compresi    direzione    dell'esecuzione,   direzione   dei   lavori,
contabilita' e collaudo, ad eccezione dei profili di organizzazione e
contabilita'  amministrative;  al  contenzioso» (enfasi aggiunta). Si
precisa ancora che «resta ferma la competenza esclusiva dello Stato a
disciplinare  i  contratti relativi alla tutela dei beni culturali, i
contratti  nel  settore  della  difesa,  i  contratti segretati o che
esigono  particolari  misure di sicurezza relativi a lavori, servizi,
forniture».
    Il  comma 5 dell'art. 4 (anch'esso non impugnato) dispone che «le
Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano
adeguano  la  propria  legislazione secondo le disposizioni contenute
negli statuti e nelle relative norme di attuazione».
    L'art. 5    del   decreto   legislativo   riguarda   l'attuazione
regolarmentare delle norme.
    Al comma 1 esso stabilisce che «lo Stato detta con regolamento la
disciplina  esecutiva e attuativa del presente codice in relazione ai
contratti  pubblici di lavori, servizi e forniture di amministrazioni
ed  enti  statali  e,  limitatamente  agli aspetti di cui all'art. 4,
comma 3,  in  relazione  ai contratti di ogni altra amministrazione o
soggetto  equiparato»  (enfasi  aggiunta).  Il comma 2 dispone che il
regolamento  «indica  quali  disposizioni,  esecutive  o attuative di
disposizioni  rientranti  ai sensi dell'art. 4, comma 3, in ambiti di
legislazione  statale esclusiva, siano applicabili anche alle regioni
e province autonome».
    Il  comma 4  regola  la  procedura  di  adozione  del regolamento
definito  quale  regolamento  governativo dal comma 3, disponendo che
esso  sia  adottato  «su proposta del Ministro delle infrastrutture e
dei   trasporti,   di   concerto   con  i  Ministri  delle  politiche
comunitarie,  dell'ambiente, per i beni culturali e ambientali, delle
attivita'  produttive,  dell'economia  e  delle  finanze,  sentiti  i
Ministri  interessati,  e  previo  parere del Consiglio superiore dei
lavori pubblici».
    Sullo schema di decreto legislativo la Conferenza unificata dava,
in data 9 febbraio 2006, un parere fortemente negativo (doc. 3).
    Ad  avviso  della  ricorrente  provincia,  l'art. 4,  comma 3,  e
l'art. 5,  commi 1, 2 e 4, risultano costituzionalmente illegittimi e
lesivi  delle  proprie  prerogative  costituzionali  per  le seguenti
ragioni di

                            D i r i t t o

    1. - Illegittimita' dell'art. 4, comma 3, e delll'art. 5, commi 1
e  2,  per  generale  inapplicabilita'  dell'art. 117, secondo comma,
della Costituzione alle province autonome.
    In  via  preliminare, si osserva che le censure di seguito svolte
avranno come riferimento principale la materia dei lavori pubblici ma
valgono  anche per i servizi e le forniture la cui disciplina rientra
pure  nella  potesta'  primaria  della provincia, attenendo - salvi i
profili civilistici - all'ordinamento degli uffici».
    Come   sopra   esposto,  l'art. 4,  comma 5,  d.lgs.  n. 163/2006
contiene  una clausola di salvaguardia (Le Regioni a statuto speciale
e  le  Province  autonome  di  Trento  e  Bolzano adeguano la propria
legislazione  secondo le disposizioni contenute negli statuti e nelle
relative  norme  di  attuazione»)  che  si  adatta  assai  bene  alla
posizione  della  Provincia  di  Trento,  dato  che  l'art. 2  d.lgs.
n. 266/1992 stabilisce, come noto, un regime di separazione tra fonti
statali  e  fonti provinciale nelle materie di competenza provinciale
(come  e',  pacificamente,  quella  dei  lavori pubblici di interesse
provinciale),  imponendo alle province autonome il dovere di adeguare
la  propria  legislazione  alle norme legislative statali costituenti
limiti  ai  sensi  dello  statuto  speciale  e  prevedendo  che,  nel
frattempo,    continuano   ad   applicarsi   le   leggi   provinciali
preesistenti.
    Altre  norme,  pero',  smentiscono la clausola di salvaguardia di
cui  all'art. 4,  comma 5.  Gia'  l'art. 4,  comma 1  (che vincola le
province  autonome  al  rispetto  anche delle disposizioni relative a
materie  di  competenza  esclusiva dello Stato), suscita perplessita'
perche',  verosimilmente,  le  materie «di competenza esclusiva dello
Stato»  sono,  nella  logica  del  d.lgs.  n. 163/2006, quelle di cui
all'art. 117,  comma 2, della Costituzione e non quelle di competenza
statale   in   base  allo  Statuto.  Esso  tuttavia  e'  in  astratto
suscettibile  di  essere inteso in modo conforme alla Costituzione ed
allo  statuto.  Inoltre, l'attuazione di tale disposizione tocca alla
stessa  provincia,  e sembra palese che le leggi provinciali verranno
valutate  in  relazione  agli effettivi contenuti statutari, e non in
relazione alle astratte affermazioni dell'art. 4, comma 1, del d.lgs.
n. 163  del  2006.  Per  tale  ragione questo non costituisce oggetto
della presente impugnazione.
    Il  comma 3  dell'art. 4 enumera in modo dettagliato una serie di
istituti   in   relazione   ai   quali   «le  regioni,  nel  rispetto
dell'art. 117,   secondo   comma   della  Costituzione,  non  possono
prevedere  una  disciplina  diversa  da  quella del presente codice».
Verosimilmente,  la  competenza  statale  esclusiva che vieterebbe la
«diversa»  disciplina regionale e', per lo piu', quella relativa alla
«tutela della concorrenza».
    Ad  avviso  della  provincia,  i  settori indicati come esclusivi
statali  eccedono  l'ambito di tale materia funzionale: ma anche tale
disposizione,  in  se' considerata, potrebbe non risultare lesiva per
la  Provincia  autonoma  di  Trento.  Alla  lettera, in effetti, essa
menziona  solo  le  «Regioni».  Inoltre,  in  quanto ponesse indebite
limitazioni  alla legislazione provinciale, la questione circa la sua
effettiva  capacita'  di  vincolo dovrebbe porsi nell'occasione di un
eventuale giudizio su specifiche norme legislative provinciali: e non
puo'  esser  dubbio  che  in  tale  occasione  la  loro  legittimita'
costituzionale  verrebbe  esaminata  alla luce dei corretti parametri
costituzionali   e   statutari,   e  non  in  relazione  ad  astratte
affermazioni  di  competenza  statale contenute nel d.lgs. n. 163 del
2006.
    Tuttavia,   in   forza   dell'art. 5   la   stessa   disposizione
dell'art. 4,  comma 3, forma la base e fornisce l'ambito di un potere
regolamentare  statale,  che  coinvolge anche la Provincia di Trento:
attraverso   il   richiamo   dell'art. 5,  dunque  la  norma  diviene
direttamente  applicabile  e per essa lesiva, insieme ovviamente alle
disposizioni dello stesso art. 5.
    In  effetti,  gia'  il  comma 1  di  questo - secondo il quale il
regolamento  statale  si  applica  «limitatamente agli aspetti di cui
all'art. 4,   comma 3,  in  relazione  ai  contratti  di  ogni  altra
amministrazione»  -  conduce a tale conclusione; ma ancor piu' chiaro
e'  il  comma 2,  in  base  al  quale  «il  regolamento  indica quali
disposizioni,  esecutive  o  attuative  di disposizioni rientranti ai
sensi   dell'art. 4,  comma 3,  in  ambiti  di  legislazione  statale
esclusiva, siano applicabili anche alla regioni e province autonome».
    Dunque,  l'art. 4,  comma 3,  e  l'art. 5, commi 1 e 2, applicano
l'art. 117,  comma 2,  della Costituzione alle province autonome e lo
applicano in modo restrittivo della sua competenza, sottraendo ambiti
significativi  di  materia  spettanti  alla  Provincia ai sensi dello
Statuto e delle norme di attuazione citate nel Fatto.
    Ma  il  Titolo V  della parte seconda della Costituzione vale, in
relazione  alle  regioni  a  statuto speciale, a termini dell'art. 10
della  legge  cost.  n. 3  del 2001, solo la' dove prevede forme piu'
ampie  di autonomia: per cui l'art. 117, comma 2, non puo' mai essere
applicato  ad una regione speciale per restringere una sua competenza
statutaria. Esso puo' essere applicato ad una regione speciale se, in
combinato  con  il  comma 3 o con il comma 4 dell'art. 117, configura
una  forma  di autonomia comunque piu' ampia di quella prevista dallo
statuto speciale.
    Dunque,  l'art. 117,  comma 2,  non  puo'  essere  utilizzato per
restringere   l'autonomia   della  Provincia  di  Trento  quale  gia'
riconosciuta  dallo  Statuto,  ma solo, eventualmente, a favore della
provincia   (insieme   ad   altre  norme  del  Titolo V):  se  invece
l'applicazione   complessiva   portasse   a  restringere  l'autonomia
statutaria,  si  continuera'  ad applicare lo Statuto speciale, e non
affatto   il  nuovo  Titolo V  (v. sentt.  n. 536/2002,  n. 103/2003,
n. 134/2006).
    Nel  caso  qui  in  questione  basta  confrontare  il modo in cui
l'art. 4,  comma 3,  intende  la  «tutela  della  concorrenza» con le
potesta'  legislative primarie che competono alla provincia per avere
percezione  evidente  del fatto che l'art. 117, comma 2, non e' stato
applicato alla Provincia di Trento come mera delimitazione di un piu'
ampio  conferimento di potere derivante da diversa norma dello stesso
nuovo  titolo V  (e  dunque  in un contesto ampliativo dell'autonomia
provinciale),  ma  come  diretta  limitazione  delle sue attribuzioni
statutarie.
    Ne   risulta  un  primo  motivo  di  illegittimita'  dell'art. 4,
comma 3,  e  dell'art. 5,  commi 1  e  2, per violazione dell'art. 8,
n. 1), 17), 19), dello Statuto e dell'art. 10 legge cost. n. 3/2001.
    Naturalmente,  con cio' la Provincia non pretende di escludere in
toto  lo  Stato  dagli oggetti indicati dall'art. 4, comma 3, ma cio'
accadra'  in  base  alla  ripartizione  statutaria,  e non in base al
Titolo V.  Lo  Stato  puo'  interferire con le competenze provinciali
solo  sulla base dei limiti previsti dallo stesso Statuto e secondo i
meccanismi  di  cui  al  d.lgs. n. 266/1992, non invece utilizzando i
criteri riguardanti le regioni ordinarie.
    2.  -  Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, commi 1 e 2, in
quanto prevedono l'applicazione, ai lavori pubblici provinciali delle
norme  statali  asseritamente relative a materie di cui all'art. 117,
secondo comma.
    Come  sopra  esposto,  l'art. 4, comma 3, riconduce all'art. 117,
secondo  comma,  della Costituzione diversi sottoambiti della materia
«lavori pubblici». Si tratta, in particolare, della «qualificazione e
selezione  dai concorrenti», delle «procedure di affidamento, esclusi
i   profili   di  organizzazione  amministrativa»,  dei  «criteri  di
aggiudicazione»,  del  «subappalto»,  dei  «poteri  di  vigilanza sul
mercato  degli  appalti  affidati  all'Autorita' per la vigilanza sui
contratti  pubblici di lavori, servizi e forniture», delle «attivita'
di  progettazione» o dei «piani di sicurezza», della «stipulazione» e
della    «esecuzione    dei   contratti,   ivi   compresi   direzione
dell'esecuzione,  direzione  dei  lavori, contabilita' e collaudo, ad
eccezione    dei    profili    di   organizzazione   e   contabilita'
amministrative», nonche', infine, del «contenzioso».
    Ora,  alla  stregua  di questo elenco, ed a prescindere qui dalla
correttezza  delle  ascrizioni  di  tali  ambiti  alla  «tutela della
concorrenza»  (su  cio' si tornera' nel seguente motivo subordinato),
l'intera  materia  dei  «lavori  pubblici»  verrebbe  sottratta  alla
competenza  primaria  della  provincia,  prevista  dallo  statuto,  e
assegnata  alla  competenza  regolamentare  dello Stato. In relazione
agli  oggetti  elencati  nell'art. 4,  comma 3, la legislazione della
provincia autonoma verrebbe vincolata e persino direttamente superata
dalle norme regolamentari statali previste dall'art. 5.
    Ma cio' non corrisponde affatto al riparto di poteri tra lo Stato
e la Provincia autonoma di Trento, quale fissato dallo Statuto.
    Lo  Statuto  prevede  invece  la  materia  dei lavori pubblici di
interesse  provinciale  quale  autonoma materia, comprendente tutti i
settori  sopra  elencati,  senza  che  tali  settori  possano  essere
ascritti  ne' ad una «competenza esclusiva» statale (non applicandosi
alla  provincia  l'art. 117,  comma 2)  ne'  al  potere regolamentare
statale (non applicandosi alla provincia l'art. 117, comma 6).
    E'  ovvio  -  come  gia' sopra osservato - che cio' non significa
affatto  che  nella  disciplina della materia, comprensiva di tutti i
sottosettori  indicati  - la Provincia non debba osservare limiti, ma
saranno  i  limiti  propri  della  potesta'  legislativa primaria: il
limite  delle  riforme  ed il limite degli obblighi internazionali in
primo luogo.
    E  tali limiti saranno rispettati dalla legislazione provinciale,
che dovra' essere adeguata - entro tali limiti - a quella statale nei
sei  mesi  successivi,  secondo il ben noto meccanismo previsto dalle
norme di attuazione, ed in particolare del decreto n. 266 del 2002.
    Non  vi  e' dunque spazio ne' per la diretta applicabilita' della
legge  statale  (del  resto  non espressamente affermata dall'art. 4,
comma 3, ed esclusa dalla clausola di salvaguardia di cui all'art. 4,
comma 2),  ne'  (verrebbe  da  dire:  meno  ancora)  per  la  diretta
applicazione di regolamenti statali.
    Di  qui  l'illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 2, in
quanto  esso  prevede che il regolamento indichi «quali disposizioni,
esecutive   o   attuative   di   disposizioni   rientranti  ai  sensi
dell'art. 4,  comma 3,  in  ambiti di legislazione statale esclusiva,
siano applicabili anche alle regioni e province autonome».
    In   definitiva,  per  la  Provincia  di  Trento  valgono  ancora
pienamente  lo  considerazioni  e  le  argomentazioni  esposte  dalla
sentenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale nella sentenza n. 482
del  1995  (i cui principi furono ribaditi, in relazione ai requisiti
di  qualificazione, dalla successiva n. 302 del 2003), che ha escluso
l'applicabilita'  alla  Provincia del regolamento dei lavori pubblici
previsto dalla legge n. 109 del 1994.
    Solo  che  allora,  non  essendo  l'applicabilita'  espressamente
prevista dalla legge, pote' essere utilizzata la forma della sentenza
interpretativa (in particolare, punto 8 in diritto), mentre di fronte
alla   espressa   previsione   ora   ricordata   la   provincia  deve
necessariamente   richiedere   la   pronuncia   della  illegittimita'
costituzionale.
    3.  -  In  subordine  al  punto 2:  illegittimita' costituzionale
dell'art. 4, comma 3, per arbitraria estensione della materia «tutela
della concorrenza».
    Ove,  In  denegata  ipotesi  ed  in base a ragioni non immaginate
dalla   ricorrente  provincia,  risultasse  legittima  nella  materia
provinciale  lavori  pubblici di interesse provinciale (e nelle altre
materie  provinciali  connesse)  la  presenza  di norme legislativo e
regolamentari statali direttamente applicabili in relazione a materie
di  competenza  esclusiva  statale  previste  dall'art. 117,  secondo
comma,  ed  in  particolare  in  relazione alla materia «tutela della
concorrenza», dovrebbe essere tuttavia censurata l'abnorme estensione
che  le  disposizioni impugnate, ed in particolare l'art. 4, comma 3,
attribuiscono  a  tale  materia,  qualificando  i  sottosettori sopra
indicati   come   appartenenti   a  tale  materia  (o  ad  altre  non
identificate di cui all'art. 117, secondo comma, della Costituzione).
    Come e' noto, la mera autoqualificazione delle norme ad opera del
legislatore  statale  non e' di per se' sufficiente e determinante ai
fini  del  riparto  tra  Stato  e regioni delle rispettive competenze
legislative.  Tale  assunto  e'  riconosciuto anche dalla consolidata
giurisprudenza  costituzionale,  che  gia'  con  la  sopra  ricordata
sentenza  n. 482  del 1995 - relativa proprio alla materia dei lavori
pubblici  -  ha  dichiarato  «l'illegittimita'  dell'art. 1, comma 2,
della  legge  n. 109  del  1994,  nella  parte  in  cui prescrive che
costituiscono  norme  fondamentali  di  riforma  economico-sociale  e
principi  della  legislazione  dello  Stato  «le  disposizioni  della
presente   legge»,   anziche'   solo  «i  principi  desumibili  dalle
disposizioni della presente legge» (punto 4 del Diritto).
    Alla  stessa  stregua,  l'art. 4,  comma 3 d.lgs. n. 163/2006 non
puo'  attrarre  alla  competenza  statale  tutti  gli oggetti in esso
elencati.
    D'altronde,   e'   la   struttura   stessa  delle  materie  dette
trasversali  che  esclude che esse possano «assorbire» interi settori
della  disciplina  dei  lavori  pubblici.  Le  competenze trasversali
potranno  (dove  valga il riparto di cui al Titolo V, e non quello di
cui  allo  Statuto  di  autonomia)  giustificare disposizioni statali
incidenti in tali settori, ma non mai la generale sottrazione di essi
alla disciplina regionale.
    Sia  consentito  di  ricordare  che  un ragionamento praticamente
identico a quello ora esposto e' stato fatto proprio dal Consiglio di
Stato in sede consultiva, e precisamente nel parere n. 355/2006, dato
dalla  Sezione  consultiva  per  gli atti normativi in relazione allo
schema del decreto qui impugnato.
    In  questa  occasione il Consiglio di Stato ha precisato che «non
vi  e'  dubbio...  che  la  tutela della concorrenza incida anche nel
settore  in  esame, ma la sua stessa trasversalita' comporta che essa
si  inserisca  nelle altre materie senza consumarne, per definizione,
tutto  l'ambito,  cosicche' rimangono di regola spazi non sensibili a
tale problematica nei cui confronti resta fermo il normale riparto di
competenze».  E  cio',  secondo  il  Consiglio  di  Stato, «e' quanto
avviene  anche  nel  caso  in esame, in cui, accanto ai profili della
concorrenza,   sussistono   profili   non   marginali  organizzativi,
procedurali,  economici e di altro tipo, tra i quali la progettazione
dei  lavori  servizi  e  forniture  la direzione dei lavori servizi e
forniture,  il collaudo, i compiti e i requisiti del responsabile del
procedimento».
    Inoltre,  il  Consiglio  di Stato, pur affermando (in un modo che
alla  ricorrente  provincia  appare eccessivo anche in relazione alle
regioni  ordinarie) che non sarebbe possibile «l'esercizio decentrato
di  potesta'  normativa  con  riferimento  ai seguenti ambiti....: la
qualificazione   e   selezione   dei   concorrenti,   i   criteri  di
aggiudicazione,  il  subappalto  e  la  vigilanza  sul  mercato degli
appalti affidata ad una autorita' indipendente», ha comunque ritenuto
che  «per altri aspetti... e in particolare per le procedure di gara,
deve  riconoscersi  la  sussistenza di una competenza normativa delle
regioni» (punto 3 del parere).
    In  effetti,  per comprendere l'illegittimita' dell'esclusione di
una  disciplina  regionale  delle  procedure  di  affidamento,  basti
pensare  che  le  regioni  potrebbero  regolarle  in modo da tutelare
ulteriormente la concorrenza, e che inoltre anche nelle «procedure di
aggiudicazione»  ci  sono  elementi  meramente procedurali, come - ad
esempio - i termini per il compimento delle diverse operazioni.
    In   sintesi,   il  Consiglio  di  Stato  suggeriva  la  seguente
formulazione  dell'art. 4,  comma 3:  «3.  - Le Regioni e le Province
autonome  di  Trento  e  Bolzano, nel rispetto dell'art. 117, secondo
comma, lettere e) ed l) della Costituzione, non possono prevedere una
disciplina  diversa  da quella del presente Codice in relazione: alla
qualificazione   e   selezione   dei   concorrenti,   ai  criteri  di
aggiudicazione,  al  subappalto,  ai  poteri di vigilanza sul mercato
degli  appalti  affidati all'Autorita' per la vigilanza sui contratti
pubblici   di  lavori,  servizi  e  forniture,  alla  stipulazione  e
all'esecuzione   dei   contratti   ad   eccezione   dei   profili  di
organizzazione   amministrativa   e   di   contabilita',  nonche'  al
contenzioso;  devono  altresi'  attenersi  ai  principi in materia di
concorrenza previsti dal presente codice in tema di procedure di gara
o di contratti sotto soglia comunitaria».
    Come  sopra detto, neppure la formulazione proposta dal Consiglio
di Stato (che del resto non poteva non tenere in alcun conto il testo
di  partenza)  sarebbe stata pienamente soddisfacente: ma ancor meno,
evidentemente,  lo  e'  la formulazione approvata dal Governo, che ha
ricondotto    all'art. 117,   comma 2,   anche   le   «procedure   di
affidamento»,   le   «attivita'  di  progettazione»  e  «i  piani  di
sicurezza», la direzione dell'esecuzione, la direzione dei lavori, la
contabilita'  ed  il  collaudo. Si tratta di oggetti la cui integrale
avocazione allo Stato, palesemente, rappresenterebbe in ogni caso una
forzatura   dell'art. 117,   comma 2,   della   Costituzione   e  una
vanificazione   delle  competenze  primarie  della  provincia  (sopra
indicate).
    Come  sopra  accennato,  e'  la  stessa  funzione  delle  materie
trasversali  che impedisce che esse «occupino» per intero determinati
settori materiali.
    Cosi',  esemplificando  in  relazione a talune materie, anche con
riferimento   ai   criteri   di  aggiudicazione  della  gara  risulta
illegittimita'   l'avocazione  dell'intero  oggetto  alla  competenza
esclusiva  statale.  Si  puo'  ricordare  che la sent. n. 272/2004 ha
dichiarato  illegittimo  alcune  norme  statali  che,  in  materia di
servizi pubblici locali, stabilivano, «dettagliatamente e con tecnica
autoapplicativa,  i  vari  criteri  in  base  ai  quali la gara viene
aggiudicata»;   la   Corte   ha  osservato  che,  dato  il  carattere
trasversale   della  «tutela  della  concorrenza»,  «e'  evidente  la
necessita'  di basarsi sul criterio di proporzionalita-adeguatezza al
fine   di  valutare,  nelle  diverse  ipotesi,  se  la  tutela  della
concorrenza legittimi o meno determinati interventi legislativi dello
Stato» (punto 3 del Diritto).
    Inoltre,  con  riferimento  alla  qualificazione  degli esecutori
delle  opere  pubbliche,  si puo' ricordare che la sent. n. 302/2003,
presupponendo   la  competenza  regionale  anche  sul  profilo  della
qualificazione, ha dichiarato che «non spetta allo Stato... adottare,
con il decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34
(Regolamento  recante  istituzione  del sistema di qualificazione per
gli  esecutori  di  lavori pubblici, ai sensi dell'art. 8 della legge
11 febbraio   1994,  n. 109,  e  successive  modificazioni)...  norme
applicabili  nei confronti delle Regioni, anche a statuto speciale, e
delle Province autonome di Trento e di Bolzano».
    In  effetti,  la funzione statale di tutela della concorrenza non
assorbe  necessariamente  ogni  possibile  disciplina  in  materia di
qualificazione degli esecutori delle opere pubbliche.
    Infine,  l'art. 4,  comma 3,  vieta  alle regioni l'emanazione di
norme  «diverse»  da  quelle  del  codice.  Ora, il significato della
parola «diverse» non e' univoco.
    Esso  puo'  essere  inteso come divieto di norme contrastanti con
quelle del codice.
    Anche  con  tale interpretazione, la norma rimarrebbe illegittima
per  le  ragioni  sopra  esposte, in quanto qualifica come vincolanti
tutte  le  disposizioni  del codice relative agli ambiti indicati, in
base  ad  una  «rivendicazione»  di  competenza  statale  assoluta ed
aprioristica.
    Ma  il  divieto  di  norme «diverse» sembra destinato, ancor piu'
radicalmente,  ad  impedire  in  tali  settori  l'emanazione da parte
regionale  di qualunque altra norma. Infatti, qualunque altra norma -
che non fosso una mera ricopiatura della norma statale - non potrebbe
che   essere  «diversa»  da  quella.  Si  impedirebbe  cosi'  persino
l'integrazione  e  lo sviluppo delle norme statali, per il solo fatto
che  tali  settori  sono «incisi» da competenze (in base al Titolo V)
statali, quali la tutela della concorrenza.
    Quanto  al  potere  regolamentare, risulta da quanto esposto che,
anche  in  relazione al riparto di competenze derivanti dall'art. 117
della Costituzione, la pretesa formulata dall'art. 5, commi 1 e 2, di
far  operare  il  regolamento statale dei lavori pubblici anche per i
lavori   pubblici   regionali  e  locali,  in  relazione  a  tutti  i
sottosettori indicati dall'art. 4, comma 3, e' illegittima.
    L'art. 5   segue  chiaramente  la  logica  del  parallelismo  fra
potesta'    legislativa    e   potesta'   regolamentare,   risultante
dall'art. 117,  comma 6,  della Costituzione; una volta accertato che
non   tutti  gli  oggetti  indicati  nell'art. 4.  comma 3,  sono  di
competenza  esclusiva statale, la previsione del potere regolamentare
statale  risulta  illegittima, per violazione dell'art. 117, comma 6,
dell'art. 2  d.lgs.  n. 266/1992  (che  prevede  l'intervento di sole
leggi  statali  in  materie provinciali) e dei principi gia' da tempo
fissati dalla giurisprudenza costituzionale.
    Anche  su  questo  punto  il  parere n. 355/2006 ha avuto modo di
soffermarsi:  «tale  potesta'  regolamentare  puo'  essere esercitata
dallo  Stato  per dare esecuzione ed attuazione all'intero Codice con
riferimento ai pubblici lavori, servizi e forniture «statali», mentre
con  riferimento  a  quelli  di  interesse regionale essa puo' essere
esercitata  limitatamente  a quei profili ricadenti nell'ambito della
legislazione  esclusiva  dello  Stato,  gia' indicati in precedenza»;
infatti,  «sia  prima  che dopo l'entrata in vigore della riforma del
titolo V,  la  Corte  costituzionale  ha  in  piu' occasioni limitato
l'esercizio  del  potete  regolamentare  dello  Stato  proprio  nella
materia  dei  lavori  pubblici  (sentenze  n. 482/1995,  n. 302/2003,
n. 303/2003)» (punto 3.5 del parere).
    Cio',  si ribadisce, anche nel caso che alla ricorrente provincia
dovesse  inopinatamente  applicarsi  il  sistema  del nuovo Titolo V,
invece  di  quello  statutario, nonostante che palesemente il sistema
statutario,  come  definito  anche  da importanti sentenze di codesta
ecc.ma  Corte  costituzionale, quali quelle sopra richiamate, assegni
alla provincia una maggiore autonomia.
    4.   -   Sempre   in   subordine   al   punto 2.   Illegittimita'
costituzionale  dell'art. 4,  comma 3, e dell'art. 5, commi 1 e 2, in
quanto  sanciscono  l'inderogabilita'  della disciplina statale sugli
oggetti  indicati  anche  in relazione ai contratti al di sotto della
soglia comunitaria.
    L'art. 4,  comma 3  e  l'art. 5,  commi 1  e 2, non distinguono a
seconda  che  si  tratti di contratti al di sopra o al di sotto delle
soglie  di  applicazione della disciplina comunitaria. Cosi' facendo,
tali   disposizioni  sanciscono  l'inderogabilita'  della  disciplina
statale  sugli oggetti indicati anche in relazione ai contratti al di
sotto della soglia comunitaria.
    Ferme  restando  tutte  le  censure  generali  sopra  esposte, la
ricorrente Provincia ritiene che tale applicazione ai contratti sotto
soglia   dia   luogo   ad   una  ulteriore  e  specifica  censura  di
illegittimita'.
    Sia  consentito  di rifarsi, anche su questo punto, al parere del
Consiglio  di  Stato  sopra  citato:  esso ha evidenziato come, per i
contratti  sotto  soglia,  spetti  allo  Stato solo «la fissazione di
comuni principi, che assicurino trasparenza, parita' di trattamento e
non   discriminazione,   senza   che  pero'  ricorra  l'esigenza  (di
derivazione  comunitaria)  di  estendere il grado di uniformita' alla
disciplina di dettaglio».
    Del  resto, proprio con riferimento agli acquisti sotto soglia di
beni  e  servizi,  codesta  Corte  ha  riconosciuto  la  legittimita'
dell'applicabilita'  alle  regioni dei soli principi desumibili dalla
normativa  nazionale di recepimento della disciplina comunitaria, la'
dove  impongono  la gara, fissano l'ambito soggettivo ed oggettivo di
tale obbligo, limitano il ricorso alla trattativa privata e collegano
alla   violazione   dell'obbligo   sanzioni   civili   e   forme   di
responsabilita' (v. sent. n. 345 del 2004).
    Anche  questa  censura  viene  formulata in subordine al punto 2,
dato  che  anch'essa  suppone  la  possibilita' - che ad avviso della
provincia  va esclusa - di applicare alla provincia stessa il riparto
di cui al Titolo V e non quello di cui allo Statuto di autonomia.
    5.  -  Illegittimita'  dell'art. 5,  comma 4,  per violazione del
principio di leale collaborazione.
    Come   sopra   esposto,  l'art. 5,  comma 4,  non  prevede  alcun
coinvolgimento   delle   regioni  nella  procedura  di  adozione  del
regolamento previsto dall'art. 5, comma 1.
    Ora,   persino  nella  denegata  ipotesi  in  cui  codesta  Corte
ritenesse  infondate le censure di cui ai punti 1 e 2, ammettendo che
l'art. 117,  comma 2,  della  Costituzione si applichi alla autonomia
speciale  della  provincia,  e persino se si ammettesse che tutti gli
oggetti  indicati nell'art. 4, comma 3, rientrino (nel riparto di cui
al  Titolo V della parte seconda) nella competenza esclusiva statale,
ugualmente  sarebbe  evidente la necessita' che il regolamento di cui
all'art. 5   sia   adottato   previa   intesa   con   la   Conferenza
Stato-regioni.
    Infatti,  proprio per la natura «trasversale» della «tutela della
concorrenza»  e delle altre competenze esclusive statali incidenti in
ambiti  regionali, le norme secondarie dettate nell'esercizio di tali
competenze   vanno   ad   intrecciarsi   con  le  materie  regionali,
condizionando l'esercizio della relativa potesta' legislativa.
    In altre parole, si verifica una situazione analoga a quella che,
prima   della   riforma   del  titolo V  della  parte  seconda  della
Costituzione,  caratterizzava  la  funzione  statale  di  indirizzo e
coordinamento:  nel senso di creare una sorta di funzionale eccezione
alla  normale  gerarchia  delle  fonti, in esito della quale la legge
regionale rimane vincolata a norme di rango non legislativo.
    Sembra evidente che il principio di leale collaborazione richiede
il coinvolgimento delle regioni nella fase in cui le norme secondarie
incidenti vengono decise. Ed in effetti, in casi come questi, codesta
Corte  ha  piu' volte riconosciuto la necessita' di un coinvolgimento
delle  regioni, pur in relazione ad atti statali attinenti a funzioni
statali  esclusive  (v., in relazione ai LEA, per i quali l'intesa e'
prevista  dalla  stessa  disciplina statale, la sent. n. 134/2006; v.
anche  le  sentt.  n. 279/2005,  n. 31/2005 e n. 308/2003). L'art. 5,
comma 4,  dunque,  viola  il  principio di leale collaborazione nella
parte  in  cui  non  prevede  che  il regolamento sia adottato previa
intesa con la Conferenza Stato-regioni.
    Considerato  che,  per  le  esposte  ragioni,  le  illegittimita'
costituzionali  sopra  illustrate  si riverberano nella lesione delle
sue competenze costituzionali;
                              P. Q. M.
    Chiede  voglia  codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il
ricorso,  dichiarando  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 4,
comma 3,  e  dell'art. 5,  commi 1,  2  e 4 del d.lgs. 12 aprile 2006
n. 163,  Codice  dei  contratti pubblici relativi a lavori, servizi e
forniture  in  attuazione  delle  direttive  2004/17/CE e 2004/18/CE,
nelle  parti,  nei  termini  e  sotto  i profili esposti nel presente
ricorso.
        Padova-Trento-Roma, addi' 29 giugno 2006
Prof. avv. Giandomenico Falcon - Avv. Nicolo' Pedrazzoli - Avv. Luigi
                                Manzi

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