|
N. 86 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 luglio 2006. |
|
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 6 luglio 2006 (della Provincia autonoma di Trento)
(GU n. 37 del 13-9-2006 ) |
Ricorso della Provincia autonoma di Trento, in persona del
presidente della giunta provinciale pro tempore Lorenzo Dellai,
autorizzato con deliberazione della giunta provinciale 23 giugno
2006, n. 1302, rappresentata e difesa, come da procura speciale
n. rep. 26569 del 23 giugno 2006, rogata dal dott. Tommaso
Sussarellu, ufficiale rogante della provincia, dall'avv.
prof. Giandomenico Falcon di Padova, dall'avv. Nicolo' Pedrazzoli di
Trento e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma
presso lo studio dell'avv. Manzi, in via Confalonieri, n. 5;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 3,
e dell'art. 5, commi 1, 2 e 4 del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163,
Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture
in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 2 maggio 2006, n. 100, supplemento ordinario
n. 107/L, per violazione dell'art. 8, n. 1), 17), 19), e dell'art. 16
dello Statuto speciale; del decreto del Presidente della Repubblica
22 marzo 1974, n. 381, e degli artt. 2 e 4 del decreto legislativo
16 marzo 1992, n. 266; dell'art. 117, terzo, quarto e sesto comma,
della Costituzione in combinato disposto con l'art. 10 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; del principio di leale
collaborazione, nei modi e per i profili di seguito illustrati.
F a t t o
La Provincia autonoma di Trento e' dotata di potesta' legislativa
primaria in materia di lavori pubblici di interesse provinciale
(art. 8, n. 17, dello Statuto), nonche' in materia di ordinamento
degli uffici provinciali (art. 8, n. 1) e di assunzione diretta di
servizi pubblici (art. 8, n. 19). Nelle medesime materie, la
provincia dispone della correlativa potesta' amministrativa, ai sensi
dell'art. 16 dello Statuto.
L'art. 1 decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974,
n. 381 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione
Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opero pubbliche)
trasferisce alle province autonome «le attribuzioni
dell'amministrazione dello Stato in materia di urbanistica, di
edilizia comunque sovvenzionata, di utilizzazione delle acque
pubbliche, di opere idrauliche, di opere di prevenzione e pronto
soccorso per calamita' pubbliche, di espropriazione per pubblica
utilita', di viabilita', acquedotti e lavori pubblici di interesse
provinciale, esercitato sia direttamente dagli organi centrali e
periferici dello Stato sia per il tramite di enti e di istituti
pubblici a carattere nazionale o sovraprovinciali».
L'art. 19 tiene ferma la competenza statale in ordine ad alcune
categorie di opere pubbliche. Tuttavia, l'art. 2, comma 2, dispone
che, «in caso di delega alle province di funzioni concernenti la
realizzazione di opere pubbliche di competenza statale, le province
stesse procederanno alle espropriazioni ed occupazioni necessarie in
nome e per conto dello Stato sulla base della disciplina vigente per
le opere pubbliche di loro competenza». E l'art. 19-bis stabilisce
che «ai fini dell'esercizio delle funzioni delegate con il presente
decreto le province di Trento e di Bolzano, per il rispettivo
territorio, applicano la normativa provinciale in materia di
organizzazione degli uffici, di contabilita', di attivita'
contrattuale, di lavori pubblici e di valutazione di impatto
ambientale».
La Provincia di Trento ha piu' volte legiferato in materia di
lavori pubblici.
Si possono ricordare, a questo proposito, la legge provinciale
10 settembre 1993, n. 26 (Norme in materia di lavori pubblici di
interesse provinciale e per la trasparenza negli appalti), la legge
provinciale 19 luglio 1990, n. 23 (Disciplina dell'attivita'
contrattuale e dell'amministrazione dei beni della Provincia autonoma
di Trento), e, piu' in generale, la legge provinciale 30 novembre
1992, n. 23 (Principi per la democratizzazione, la semplificazione e
la partecipazione all'azione amministrativa provinciale e norme in
materia di procedimento amministrativo), e la legge provinciale
14 settembre 1979, n. 7 (Norme in materia di bilancio e di
contabilita' generale della Provincia autonoma di Trento).
La provincia ha, inoltre, esercitato la potesta' regolamentare
con il decreto del presidente della giunta provinciale 30 settembre
1994, n. 12-10/Leg. (Regolamento di attuazione della legge
provinciale 10 settembre 1993, n. 26) e con il decreto del presidente
della giunta provinciale 22 maggio 1991, n. 10-40/Leg. (Regolamento
di attuazione della legge provinciale 19 luglio 1990, n. 23).
Nella materia dei contratti pubblici e' stato ora emanato sulla
base dell'art. 25 legge n. 62/2005 (Disposizioni per l'adempimento di
obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita'
europee. Legge comunitaria 2004), il qui impugnato d.lgs.
n. 163/2006.
L'art. 4, comma 1 (non impugnato), di tale decreto stabilisce che
«le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano esercitano
la potesta' normativa nelle materie oggetto del presente codice nel
rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e delle
disposizioni relative a materie di competenza esclusiva dello Stato».
Il comma 3 individua in termini che sembrano imperativi le
«materie di competenza esclusiva dello Stato». Infatti, esso dispone
che «le regioni, nel rispetto dell'art. 117, secondo comma, della
Costituzione, non possono prevedere una disciplina diversa da quella
del presente codice in relazione: alla qualificazione e selezione dei
concorrenti; alle procedura di affidamento, esclusi i profili di
organizzazione amministrativa; ai criteri di aggiudicazione; al
subappalto; ai poteri di vigilanza sul mercato degli appalti affidati
all'Autorita' per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori,
servizi e forniture; alle attivita' di progettazione e ai piani di
sicurezza; alla stipulazione e all'esecuzione dei contratti, ivi
compresi direzione dell'esecuzione, direzione dei lavori,
contabilita' e collaudo, ad eccezione dei profili di organizzazione e
contabilita' amministrative; al contenzioso» (enfasi aggiunta). Si
precisa ancora che «resta ferma la competenza esclusiva dello Stato a
disciplinare i contratti relativi alla tutela dei beni culturali, i
contratti nel settore della difesa, i contratti segretati o che
esigono particolari misure di sicurezza relativi a lavori, servizi,
forniture».
Il comma 5 dell'art. 4 (anch'esso non impugnato) dispone che «le
Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano
adeguano la propria legislazione secondo le disposizioni contenute
negli statuti e nelle relative norme di attuazione».
L'art. 5 del decreto legislativo riguarda l'attuazione
regolarmentare delle norme.
Al comma 1 esso stabilisce che «lo Stato detta con regolamento la
disciplina esecutiva e attuativa del presente codice in relazione ai
contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di amministrazioni
ed enti statali e, limitatamente agli aspetti di cui all'art. 4,
comma 3, in relazione ai contratti di ogni altra amministrazione o
soggetto equiparato» (enfasi aggiunta). Il comma 2 dispone che il
regolamento «indica quali disposizioni, esecutive o attuative di
disposizioni rientranti ai sensi dell'art. 4, comma 3, in ambiti di
legislazione statale esclusiva, siano applicabili anche alle regioni
e province autonome».
Il comma 4 regola la procedura di adozione del regolamento
definito quale regolamento governativo dal comma 3, disponendo che
esso sia adottato «su proposta del Ministro delle infrastrutture e
dei trasporti, di concerto con i Ministri delle politiche
comunitarie, dell'ambiente, per i beni culturali e ambientali, delle
attivita' produttive, dell'economia e delle finanze, sentiti i
Ministri interessati, e previo parere del Consiglio superiore dei
lavori pubblici».
Sullo schema di decreto legislativo la Conferenza unificata dava,
in data 9 febbraio 2006, un parere fortemente negativo (doc. 3).
Ad avviso della ricorrente provincia, l'art. 4, comma 3, e
l'art. 5, commi 1, 2 e 4, risultano costituzionalmente illegittimi e
lesivi delle proprie prerogative costituzionali per le seguenti
ragioni di
D i r i t t o
1. - Illegittimita' dell'art. 4, comma 3, e delll'art. 5, commi 1
e 2, per generale inapplicabilita' dell'art. 117, secondo comma,
della Costituzione alle province autonome.
In via preliminare, si osserva che le censure di seguito svolte
avranno come riferimento principale la materia dei lavori pubblici ma
valgono anche per i servizi e le forniture la cui disciplina rientra
pure nella potesta' primaria della provincia, attenendo - salvi i
profili civilistici - all'ordinamento degli uffici».
Come sopra esposto, l'art. 4, comma 5, d.lgs. n. 163/2006
contiene una clausola di salvaguardia (Le Regioni a statuto speciale
e le Province autonome di Trento e Bolzano adeguano la propria
legislazione secondo le disposizioni contenute negli statuti e nelle
relative norme di attuazione») che si adatta assai bene alla
posizione della Provincia di Trento, dato che l'art. 2 d.lgs.
n. 266/1992 stabilisce, come noto, un regime di separazione tra fonti
statali e fonti provinciale nelle materie di competenza provinciale
(come e', pacificamente, quella dei lavori pubblici di interesse
provinciale), imponendo alle province autonome il dovere di adeguare
la propria legislazione alle norme legislative statali costituenti
limiti ai sensi dello statuto speciale e prevedendo che, nel
frattempo, continuano ad applicarsi le leggi provinciali
preesistenti.
Altre norme, pero', smentiscono la clausola di salvaguardia di
cui all'art. 4, comma 5. Gia' l'art. 4, comma 1 (che vincola le
province autonome al rispetto anche delle disposizioni relative a
materie di competenza esclusiva dello Stato), suscita perplessita'
perche', verosimilmente, le materie «di competenza esclusiva dello
Stato» sono, nella logica del d.lgs. n. 163/2006, quelle di cui
all'art. 117, comma 2, della Costituzione e non quelle di competenza
statale in base allo Statuto. Esso tuttavia e' in astratto
suscettibile di essere inteso in modo conforme alla Costituzione ed
allo statuto. Inoltre, l'attuazione di tale disposizione tocca alla
stessa provincia, e sembra palese che le leggi provinciali verranno
valutate in relazione agli effettivi contenuti statutari, e non in
relazione alle astratte affermazioni dell'art. 4, comma 1, del d.lgs.
n. 163 del 2006. Per tale ragione questo non costituisce oggetto
della presente impugnazione.
Il comma 3 dell'art. 4 enumera in modo dettagliato una serie di
istituti in relazione ai quali «le regioni, nel rispetto
dell'art. 117, secondo comma della Costituzione, non possono
prevedere una disciplina diversa da quella del presente codice».
Verosimilmente, la competenza statale esclusiva che vieterebbe la
«diversa» disciplina regionale e', per lo piu', quella relativa alla
«tutela della concorrenza».
Ad avviso della provincia, i settori indicati come esclusivi
statali eccedono l'ambito di tale materia funzionale: ma anche tale
disposizione, in se' considerata, potrebbe non risultare lesiva per
la Provincia autonoma di Trento. Alla lettera, in effetti, essa
menziona solo le «Regioni». Inoltre, in quanto ponesse indebite
limitazioni alla legislazione provinciale, la questione circa la sua
effettiva capacita' di vincolo dovrebbe porsi nell'occasione di un
eventuale giudizio su specifiche norme legislative provinciali: e non
puo' esser dubbio che in tale occasione la loro legittimita'
costituzionale verrebbe esaminata alla luce dei corretti parametri
costituzionali e statutari, e non in relazione ad astratte
affermazioni di competenza statale contenute nel d.lgs. n. 163 del
2006.
Tuttavia, in forza dell'art. 5 la stessa disposizione
dell'art. 4, comma 3, forma la base e fornisce l'ambito di un potere
regolamentare statale, che coinvolge anche la Provincia di Trento:
attraverso il richiamo dell'art. 5, dunque la norma diviene
direttamente applicabile e per essa lesiva, insieme ovviamente alle
disposizioni dello stesso art. 5.
In effetti, gia' il comma 1 di questo - secondo il quale il
regolamento statale si applica «limitatamente agli aspetti di cui
all'art. 4, comma 3, in relazione ai contratti di ogni altra
amministrazione» - conduce a tale conclusione; ma ancor piu' chiaro
e' il comma 2, in base al quale «il regolamento indica quali
disposizioni, esecutive o attuative di disposizioni rientranti ai
sensi dell'art. 4, comma 3, in ambiti di legislazione statale
esclusiva, siano applicabili anche alla regioni e province autonome».
Dunque, l'art. 4, comma 3, e l'art. 5, commi 1 e 2, applicano
l'art. 117, comma 2, della Costituzione alle province autonome e lo
applicano in modo restrittivo della sua competenza, sottraendo ambiti
significativi di materia spettanti alla Provincia ai sensi dello
Statuto e delle norme di attuazione citate nel Fatto.
Ma il Titolo V della parte seconda della Costituzione vale, in
relazione alle regioni a statuto speciale, a termini dell'art. 10
della legge cost. n. 3 del 2001, solo la' dove prevede forme piu'
ampie di autonomia: per cui l'art. 117, comma 2, non puo' mai essere
applicato ad una regione speciale per restringere una sua competenza
statutaria. Esso puo' essere applicato ad una regione speciale se, in
combinato con il comma 3 o con il comma 4 dell'art. 117, configura
una forma di autonomia comunque piu' ampia di quella prevista dallo
statuto speciale.
Dunque, l'art. 117, comma 2, non puo' essere utilizzato per
restringere l'autonomia della Provincia di Trento quale gia'
riconosciuta dallo Statuto, ma solo, eventualmente, a favore della
provincia (insieme ad altre norme del Titolo V): se invece
l'applicazione complessiva portasse a restringere l'autonomia
statutaria, si continuera' ad applicare lo Statuto speciale, e non
affatto il nuovo Titolo V (v. sentt. n. 536/2002, n. 103/2003,
n. 134/2006).
Nel caso qui in questione basta confrontare il modo in cui
l'art. 4, comma 3, intende la «tutela della concorrenza» con le
potesta' legislative primarie che competono alla provincia per avere
percezione evidente del fatto che l'art. 117, comma 2, non e' stato
applicato alla Provincia di Trento come mera delimitazione di un piu'
ampio conferimento di potere derivante da diversa norma dello stesso
nuovo titolo V (e dunque in un contesto ampliativo dell'autonomia
provinciale), ma come diretta limitazione delle sue attribuzioni
statutarie.
Ne risulta un primo motivo di illegittimita' dell'art. 4,
comma 3, e dell'art. 5, commi 1 e 2, per violazione dell'art. 8,
n. 1), 17), 19), dello Statuto e dell'art. 10 legge cost. n. 3/2001.
Naturalmente, con cio' la Provincia non pretende di escludere in
toto lo Stato dagli oggetti indicati dall'art. 4, comma 3, ma cio'
accadra' in base alla ripartizione statutaria, e non in base al
Titolo V. Lo Stato puo' interferire con le competenze provinciali
solo sulla base dei limiti previsti dallo stesso Statuto e secondo i
meccanismi di cui al d.lgs. n. 266/1992, non invece utilizzando i
criteri riguardanti le regioni ordinarie.
2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, commi 1 e 2, in
quanto prevedono l'applicazione, ai lavori pubblici provinciali delle
norme statali asseritamente relative a materie di cui all'art. 117,
secondo comma.
Come sopra esposto, l'art. 4, comma 3, riconduce all'art. 117,
secondo comma, della Costituzione diversi sottoambiti della materia
«lavori pubblici». Si tratta, in particolare, della «qualificazione e
selezione dai concorrenti», delle «procedure di affidamento, esclusi
i profili di organizzazione amministrativa», dei «criteri di
aggiudicazione», del «subappalto», dei «poteri di vigilanza sul
mercato degli appalti affidati all'Autorita' per la vigilanza sui
contratti pubblici di lavori, servizi e forniture», delle «attivita'
di progettazione» o dei «piani di sicurezza», della «stipulazione» e
della «esecuzione dei contratti, ivi compresi direzione
dell'esecuzione, direzione dei lavori, contabilita' e collaudo, ad
eccezione dei profili di organizzazione e contabilita'
amministrative», nonche', infine, del «contenzioso».
Ora, alla stregua di questo elenco, ed a prescindere qui dalla
correttezza delle ascrizioni di tali ambiti alla «tutela della
concorrenza» (su cio' si tornera' nel seguente motivo subordinato),
l'intera materia dei «lavori pubblici» verrebbe sottratta alla
competenza primaria della provincia, prevista dallo statuto, e
assegnata alla competenza regolamentare dello Stato. In relazione
agli oggetti elencati nell'art. 4, comma 3, la legislazione della
provincia autonoma verrebbe vincolata e persino direttamente superata
dalle norme regolamentari statali previste dall'art. 5.
Ma cio' non corrisponde affatto al riparto di poteri tra lo Stato
e la Provincia autonoma di Trento, quale fissato dallo Statuto.
Lo Statuto prevede invece la materia dei lavori pubblici di
interesse provinciale quale autonoma materia, comprendente tutti i
settori sopra elencati, senza che tali settori possano essere
ascritti ne' ad una «competenza esclusiva» statale (non applicandosi
alla provincia l'art. 117, comma 2) ne' al potere regolamentare
statale (non applicandosi alla provincia l'art. 117, comma 6).
E' ovvio - come gia' sopra osservato - che cio' non significa
affatto che nella disciplina della materia, comprensiva di tutti i
sottosettori indicati - la Provincia non debba osservare limiti, ma
saranno i limiti propri della potesta' legislativa primaria: il
limite delle riforme ed il limite degli obblighi internazionali in
primo luogo.
E tali limiti saranno rispettati dalla legislazione provinciale,
che dovra' essere adeguata - entro tali limiti - a quella statale nei
sei mesi successivi, secondo il ben noto meccanismo previsto dalle
norme di attuazione, ed in particolare del decreto n. 266 del 2002.
Non vi e' dunque spazio ne' per la diretta applicabilita' della
legge statale (del resto non espressamente affermata dall'art. 4,
comma 3, ed esclusa dalla clausola di salvaguardia di cui all'art. 4,
comma 2), ne' (verrebbe da dire: meno ancora) per la diretta
applicazione di regolamenti statali.
Di qui l'illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 2, in
quanto esso prevede che il regolamento indichi «quali disposizioni,
esecutive o attuative di disposizioni rientranti ai sensi
dell'art. 4, comma 3, in ambiti di legislazione statale esclusiva,
siano applicabili anche alle regioni e province autonome».
In definitiva, per la Provincia di Trento valgono ancora
pienamente lo considerazioni e le argomentazioni esposte dalla
sentenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale nella sentenza n. 482
del 1995 (i cui principi furono ribaditi, in relazione ai requisiti
di qualificazione, dalla successiva n. 302 del 2003), che ha escluso
l'applicabilita' alla Provincia del regolamento dei lavori pubblici
previsto dalla legge n. 109 del 1994.
Solo che allora, non essendo l'applicabilita' espressamente
prevista dalla legge, pote' essere utilizzata la forma della sentenza
interpretativa (in particolare, punto 8 in diritto), mentre di fronte
alla espressa previsione ora ricordata la provincia deve
necessariamente richiedere la pronuncia della illegittimita'
costituzionale.
3. - In subordine al punto 2: illegittimita' costituzionale
dell'art. 4, comma 3, per arbitraria estensione della materia «tutela
della concorrenza».
Ove, In denegata ipotesi ed in base a ragioni non immaginate
dalla ricorrente provincia, risultasse legittima nella materia
provinciale lavori pubblici di interesse provinciale (e nelle altre
materie provinciali connesse) la presenza di norme legislativo e
regolamentari statali direttamente applicabili in relazione a materie
di competenza esclusiva statale previste dall'art. 117, secondo
comma, ed in particolare in relazione alla materia «tutela della
concorrenza», dovrebbe essere tuttavia censurata l'abnorme estensione
che le disposizioni impugnate, ed in particolare l'art. 4, comma 3,
attribuiscono a tale materia, qualificando i sottosettori sopra
indicati come appartenenti a tale materia (o ad altre non
identificate di cui all'art. 117, secondo comma, della Costituzione).
Come e' noto, la mera autoqualificazione delle norme ad opera del
legislatore statale non e' di per se' sufficiente e determinante ai
fini del riparto tra Stato e regioni delle rispettive competenze
legislative. Tale assunto e' riconosciuto anche dalla consolidata
giurisprudenza costituzionale, che gia' con la sopra ricordata
sentenza n. 482 del 1995 - relativa proprio alla materia dei lavori
pubblici - ha dichiarato «l'illegittimita' dell'art. 1, comma 2,
della legge n. 109 del 1994, nella parte in cui prescrive che
costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale e
principi della legislazione dello Stato «le disposizioni della
presente legge», anziche' solo «i principi desumibili dalle
disposizioni della presente legge» (punto 4 del Diritto).
Alla stessa stregua, l'art. 4, comma 3 d.lgs. n. 163/2006 non
puo' attrarre alla competenza statale tutti gli oggetti in esso
elencati.
D'altronde, e' la struttura stessa delle materie dette
trasversali che esclude che esse possano «assorbire» interi settori
della disciplina dei lavori pubblici. Le competenze trasversali
potranno (dove valga il riparto di cui al Titolo V, e non quello di
cui allo Statuto di autonomia) giustificare disposizioni statali
incidenti in tali settori, ma non mai la generale sottrazione di essi
alla disciplina regionale.
Sia consentito di ricordare che un ragionamento praticamente
identico a quello ora esposto e' stato fatto proprio dal Consiglio di
Stato in sede consultiva, e precisamente nel parere n. 355/2006, dato
dalla Sezione consultiva per gli atti normativi in relazione allo
schema del decreto qui impugnato.
In questa occasione il Consiglio di Stato ha precisato che «non
vi e' dubbio... che la tutela della concorrenza incida anche nel
settore in esame, ma la sua stessa trasversalita' comporta che essa
si inserisca nelle altre materie senza consumarne, per definizione,
tutto l'ambito, cosicche' rimangono di regola spazi non sensibili a
tale problematica nei cui confronti resta fermo il normale riparto di
competenze». E cio', secondo il Consiglio di Stato, «e' quanto
avviene anche nel caso in esame, in cui, accanto ai profili della
concorrenza, sussistono profili non marginali organizzativi,
procedurali, economici e di altro tipo, tra i quali la progettazione
dei lavori servizi e forniture la direzione dei lavori servizi e
forniture, il collaudo, i compiti e i requisiti del responsabile del
procedimento».
Inoltre, il Consiglio di Stato, pur affermando (in un modo che
alla ricorrente provincia appare eccessivo anche in relazione alle
regioni ordinarie) che non sarebbe possibile «l'esercizio decentrato
di potesta' normativa con riferimento ai seguenti ambiti....: la
qualificazione e selezione dei concorrenti, i criteri di
aggiudicazione, il subappalto e la vigilanza sul mercato degli
appalti affidata ad una autorita' indipendente», ha comunque ritenuto
che «per altri aspetti... e in particolare per le procedure di gara,
deve riconoscersi la sussistenza di una competenza normativa delle
regioni» (punto 3 del parere).
In effetti, per comprendere l'illegittimita' dell'esclusione di
una disciplina regionale delle procedure di affidamento, basti
pensare che le regioni potrebbero regolarle in modo da tutelare
ulteriormente la concorrenza, e che inoltre anche nelle «procedure di
aggiudicazione» ci sono elementi meramente procedurali, come - ad
esempio - i termini per il compimento delle diverse operazioni.
In sintesi, il Consiglio di Stato suggeriva la seguente
formulazione dell'art. 4, comma 3: «3. - Le Regioni e le Province
autonome di Trento e Bolzano, nel rispetto dell'art. 117, secondo
comma, lettere e) ed l) della Costituzione, non possono prevedere una
disciplina diversa da quella del presente Codice in relazione: alla
qualificazione e selezione dei concorrenti, ai criteri di
aggiudicazione, al subappalto, ai poteri di vigilanza sul mercato
degli appalti affidati all'Autorita' per la vigilanza sui contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture, alla stipulazione e
all'esecuzione dei contratti ad eccezione dei profili di
organizzazione amministrativa e di contabilita', nonche' al
contenzioso; devono altresi' attenersi ai principi in materia di
concorrenza previsti dal presente codice in tema di procedure di gara
o di contratti sotto soglia comunitaria».
Come sopra detto, neppure la formulazione proposta dal Consiglio
di Stato (che del resto non poteva non tenere in alcun conto il testo
di partenza) sarebbe stata pienamente soddisfacente: ma ancor meno,
evidentemente, lo e' la formulazione approvata dal Governo, che ha
ricondotto all'art. 117, comma 2, anche le «procedure di
affidamento», le «attivita' di progettazione» e «i piani di
sicurezza», la direzione dell'esecuzione, la direzione dei lavori, la
contabilita' ed il collaudo. Si tratta di oggetti la cui integrale
avocazione allo Stato, palesemente, rappresenterebbe in ogni caso una
forzatura dell'art. 117, comma 2, della Costituzione e una
vanificazione delle competenze primarie della provincia (sopra
indicate).
Come sopra accennato, e' la stessa funzione delle materie
trasversali che impedisce che esse «occupino» per intero determinati
settori materiali.
Cosi', esemplificando in relazione a talune materie, anche con
riferimento ai criteri di aggiudicazione della gara risulta
illegittimita' l'avocazione dell'intero oggetto alla competenza
esclusiva statale. Si puo' ricordare che la sent. n. 272/2004 ha
dichiarato illegittimo alcune norme statali che, in materia di
servizi pubblici locali, stabilivano, «dettagliatamente e con tecnica
autoapplicativa, i vari criteri in base ai quali la gara viene
aggiudicata»; la Corte ha osservato che, dato il carattere
trasversale della «tutela della concorrenza», «e' evidente la
necessita' di basarsi sul criterio di proporzionalita-adeguatezza al
fine di valutare, nelle diverse ipotesi, se la tutela della
concorrenza legittimi o meno determinati interventi legislativi dello
Stato» (punto 3 del Diritto).
Inoltre, con riferimento alla qualificazione degli esecutori
delle opere pubbliche, si puo' ricordare che la sent. n. 302/2003,
presupponendo la competenza regionale anche sul profilo della
qualificazione, ha dichiarato che «non spetta allo Stato... adottare,
con il decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34
(Regolamento recante istituzione del sistema di qualificazione per
gli esecutori di lavori pubblici, ai sensi dell'art. 8 della legge
11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni)... norme
applicabili nei confronti delle Regioni, anche a statuto speciale, e
delle Province autonome di Trento e di Bolzano».
In effetti, la funzione statale di tutela della concorrenza non
assorbe necessariamente ogni possibile disciplina in materia di
qualificazione degli esecutori delle opere pubbliche.
Infine, l'art. 4, comma 3, vieta alle regioni l'emanazione di
norme «diverse» da quelle del codice. Ora, il significato della
parola «diverse» non e' univoco.
Esso puo' essere inteso come divieto di norme contrastanti con
quelle del codice.
Anche con tale interpretazione, la norma rimarrebbe illegittima
per le ragioni sopra esposte, in quanto qualifica come vincolanti
tutte le disposizioni del codice relative agli ambiti indicati, in
base ad una «rivendicazione» di competenza statale assoluta ed
aprioristica.
Ma il divieto di norme «diverse» sembra destinato, ancor piu'
radicalmente, ad impedire in tali settori l'emanazione da parte
regionale di qualunque altra norma. Infatti, qualunque altra norma -
che non fosso una mera ricopiatura della norma statale - non potrebbe
che essere «diversa» da quella. Si impedirebbe cosi' persino
l'integrazione e lo sviluppo delle norme statali, per il solo fatto
che tali settori sono «incisi» da competenze (in base al Titolo V)
statali, quali la tutela della concorrenza.
Quanto al potere regolamentare, risulta da quanto esposto che,
anche in relazione al riparto di competenze derivanti dall'art. 117
della Costituzione, la pretesa formulata dall'art. 5, commi 1 e 2, di
far operare il regolamento statale dei lavori pubblici anche per i
lavori pubblici regionali e locali, in relazione a tutti i
sottosettori indicati dall'art. 4, comma 3, e' illegittima.
L'art. 5 segue chiaramente la logica del parallelismo fra
potesta' legislativa e potesta' regolamentare, risultante
dall'art. 117, comma 6, della Costituzione; una volta accertato che
non tutti gli oggetti indicati nell'art. 4. comma 3, sono di
competenza esclusiva statale, la previsione del potere regolamentare
statale risulta illegittima, per violazione dell'art. 117, comma 6,
dell'art. 2 d.lgs. n. 266/1992 (che prevede l'intervento di sole
leggi statali in materie provinciali) e dei principi gia' da tempo
fissati dalla giurisprudenza costituzionale.
Anche su questo punto il parere n. 355/2006 ha avuto modo di
soffermarsi: «tale potesta' regolamentare puo' essere esercitata
dallo Stato per dare esecuzione ed attuazione all'intero Codice con
riferimento ai pubblici lavori, servizi e forniture «statali», mentre
con riferimento a quelli di interesse regionale essa puo' essere
esercitata limitatamente a quei profili ricadenti nell'ambito della
legislazione esclusiva dello Stato, gia' indicati in precedenza»;
infatti, «sia prima che dopo l'entrata in vigore della riforma del
titolo V, la Corte costituzionale ha in piu' occasioni limitato
l'esercizio del potete regolamentare dello Stato proprio nella
materia dei lavori pubblici (sentenze n. 482/1995, n. 302/2003,
n. 303/2003)» (punto 3.5 del parere).
Cio', si ribadisce, anche nel caso che alla ricorrente provincia
dovesse inopinatamente applicarsi il sistema del nuovo Titolo V,
invece di quello statutario, nonostante che palesemente il sistema
statutario, come definito anche da importanti sentenze di codesta
ecc.ma Corte costituzionale, quali quelle sopra richiamate, assegni
alla provincia una maggiore autonomia.
4. - Sempre in subordine al punto 2. Illegittimita'
costituzionale dell'art. 4, comma 3, e dell'art. 5, commi 1 e 2, in
quanto sanciscono l'inderogabilita' della disciplina statale sugli
oggetti indicati anche in relazione ai contratti al di sotto della
soglia comunitaria.
L'art. 4, comma 3 e l'art. 5, commi 1 e 2, non distinguono a
seconda che si tratti di contratti al di sopra o al di sotto delle
soglie di applicazione della disciplina comunitaria. Cosi' facendo,
tali disposizioni sanciscono l'inderogabilita' della disciplina
statale sugli oggetti indicati anche in relazione ai contratti al di
sotto della soglia comunitaria.
Ferme restando tutte le censure generali sopra esposte, la
ricorrente Provincia ritiene che tale applicazione ai contratti sotto
soglia dia luogo ad una ulteriore e specifica censura di
illegittimita'.
Sia consentito di rifarsi, anche su questo punto, al parere del
Consiglio di Stato sopra citato: esso ha evidenziato come, per i
contratti sotto soglia, spetti allo Stato solo «la fissazione di
comuni principi, che assicurino trasparenza, parita' di trattamento e
non discriminazione, senza che pero' ricorra l'esigenza (di
derivazione comunitaria) di estendere il grado di uniformita' alla
disciplina di dettaglio».
Del resto, proprio con riferimento agli acquisti sotto soglia di
beni e servizi, codesta Corte ha riconosciuto la legittimita'
dell'applicabilita' alle regioni dei soli principi desumibili dalla
normativa nazionale di recepimento della disciplina comunitaria, la'
dove impongono la gara, fissano l'ambito soggettivo ed oggettivo di
tale obbligo, limitano il ricorso alla trattativa privata e collegano
alla violazione dell'obbligo sanzioni civili e forme di
responsabilita' (v. sent. n. 345 del 2004).
Anche questa censura viene formulata in subordine al punto 2,
dato che anch'essa suppone la possibilita' - che ad avviso della
provincia va esclusa - di applicare alla provincia stessa il riparto
di cui al Titolo V e non quello di cui allo Statuto di autonomia.
5. - Illegittimita' dell'art. 5, comma 4, per violazione del
principio di leale collaborazione.
Come sopra esposto, l'art. 5, comma 4, non prevede alcun
coinvolgimento delle regioni nella procedura di adozione del
regolamento previsto dall'art. 5, comma 1.
Ora, persino nella denegata ipotesi in cui codesta Corte
ritenesse infondate le censure di cui ai punti 1 e 2, ammettendo che
l'art. 117, comma 2, della Costituzione si applichi alla autonomia
speciale della provincia, e persino se si ammettesse che tutti gli
oggetti indicati nell'art. 4, comma 3, rientrino (nel riparto di cui
al Titolo V della parte seconda) nella competenza esclusiva statale,
ugualmente sarebbe evidente la necessita' che il regolamento di cui
all'art. 5 sia adottato previa intesa con la Conferenza
Stato-regioni.
Infatti, proprio per la natura «trasversale» della «tutela della
concorrenza» e delle altre competenze esclusive statali incidenti in
ambiti regionali, le norme secondarie dettate nell'esercizio di tali
competenze vanno ad intrecciarsi con le materie regionali,
condizionando l'esercizio della relativa potesta' legislativa.
In altre parole, si verifica una situazione analoga a quella che,
prima della riforma del titolo V della parte seconda della
Costituzione, caratterizzava la funzione statale di indirizzo e
coordinamento: nel senso di creare una sorta di funzionale eccezione
alla normale gerarchia delle fonti, in esito della quale la legge
regionale rimane vincolata a norme di rango non legislativo.
Sembra evidente che il principio di leale collaborazione richiede
il coinvolgimento delle regioni nella fase in cui le norme secondarie
incidenti vengono decise. Ed in effetti, in casi come questi, codesta
Corte ha piu' volte riconosciuto la necessita' di un coinvolgimento
delle regioni, pur in relazione ad atti statali attinenti a funzioni
statali esclusive (v., in relazione ai LEA, per i quali l'intesa e'
prevista dalla stessa disciplina statale, la sent. n. 134/2006; v.
anche le sentt. n. 279/2005, n. 31/2005 e n. 308/2003). L'art. 5,
comma 4, dunque, viola il principio di leale collaborazione nella
parte in cui non prevede che il regolamento sia adottato previa
intesa con la Conferenza Stato-regioni.
Considerato che, per le esposte ragioni, le illegittimita'
costituzionali sopra illustrate si riverberano nella lesione delle
sue competenze costituzionali;
P. Q. M.
Chiede voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il
ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4,
comma 3, e dell'art. 5, commi 1, 2 e 4 del d.lgs. 12 aprile 2006
n. 163, Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e
forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE,
nelle parti, nei termini e sotto i profili esposti nel presente
ricorso.
Padova-Trento-Roma, addi' 29 giugno 2006
Prof. avv. Giandomenico Falcon - Avv. Nicolo' Pedrazzoli - Avv. Luigi
Manzi
|