Ricorso n. 87 del 17 settembre 2013 (Presidente del Consiglio dei Ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 17 settembre 2013 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
(GU n. 44 del 30.10.2013)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri (C.F.
…), in carica, rappresentato e difeso: dall'Avvocatura
Generale dello Stato, C.F. …, Fax … e PEC
…, presso la quale e' domiciliato
per legge in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
Contro la Regione Umbria, in persona del Presidente della Regione
in carica, con sede in Perugia;
Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge
regionale 12 luglio 2013, n. 13, pubblicata nel Bollettino Ufficiale
della Regione Umbria del 17 luglio 2013, n. 32, limitatamente agli
articoli 62, 63, comma 1, lettera b), e comma 2, 68 e 73.
Fatto
La legge della Regione Umbria 12 luglio 2013, n. 13, detta il
«Testo unico in materia di turismo».
Limitatamente agli articoli indicati in epigrafe, la legge
regionale e' costituzionalmente illegittiina e, giusta determinazione
assunta dal Consiglio dei ministri nella riunione del 9 settembre
2012, viene impugnata per i seguenti
Motivi
1. - Art. 62, della legge n. 13/2013, della Regione Umbria.
1.1. L'art. 62, comma 1, della legge regionale Umbria n. 13/2013,
sotto la rubrica «Direttore tecnico», dispone che «La gestione
tecnica dell'agenzia di viaggio e turismo e delle filiali compete al
titolare o al legale rappresentante della societa' in possesso delle
conoscenze ed attitudini professionali all'esercizio dell'attivita'
di cui al decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206 (Attuazione
della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle
qualifiche professionali, nonche' della direttiva 2006/100/CE che
adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone
a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania), conseguite presso
un'agenzia di viaggio e turismo operante in Italia o in un altro
Stato membro dell'Unione Europea».
Tale disposizione, che si censura, deve ritenersi
costituzionalmente illegittima in quanto viola i principi
fondamentali in materia di professioni e si pone in contrasto con
l'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
1.2. Il decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, contenente,
tra l'altro, il Codice della normativa statale in tema di ordinamento
e mercato del turismo, all'art. 20, dell'allegato 1, sotto la rubrica
«Direttore tecnico», prevede che «1. Con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri o del Ministro delegato sono fissati i
requisiti professionali a livello nazionale dei direttori tecnici
delle agenzie di viaggio e turismo, previa intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e Bolzano».
1.3. La norma che si censura si pone in contrasto con la
disposizione che si e' richiamata.
Il legislatore regionale, infatti, nel consentire lo svolgimento
delle funzioni di direttore tecnico dell'agenzia di viaggio e turismo
a soggetti in possesso delle «conoscenze ed attitudini professionali
all'esercizio delle attivita' di cui al decreto legislativo 9
novembre 2007, n. 206, ... conseguite presso un'agenzia di viaggio e
turismo operante in Italia o in un altro Stato membro dell'Unione
Europea», legittima l'esercizio di tale professione da parte di
soggetti che non abbiano conseguito la specifica abilitazione
professionale, peraltro disciplinata dal successivo art. 63, della
stessa legge regionale. Cosi' facendo il legislatore regionale,
implicitamente, individua anche requisiti professionali del tutto
generici (conoscenze e attitudini professionali), maturati nel corso
di un arco temporale del tutto indeterminato, presso le stesse
agenzie di viaggio e non certificati da alcun organismo, come idonei
e sufficienti all'esercizio della richiamata professione. Ne', al
riguardo, puo' assumere alcun rilievo il riferimento al citato
decreto legislativo n. 206/2007 atteso che esso riguarda il
riconoscimento, da parte degli Stati membri, delle qualifiche
professionali acquisite in altri Stati membri e si occupa delle
esperienze professionali maturate al fine del riconoscimento
automatico delle qualifiche acquisite dai soggetti che intendono
esercitare una professione regolamentata in un Stato membro diverso
da quello nel quale hanno maturato l'esperienza.
1.4. L'art. 62, della legge n. 13/2013, della Regione Umbria,
eccede, quindi, dalle competenze regionali, considerato il chiaro
disposto dell'art. 20, dell'allegato 1, al d.lgs. n. 79/2011, che si
e' riportato in precedenza, viola i principi fondamentali in materia
di professioni e si pone in contrasto con l'art. 117, terzo comma,
della Costituzione.
Al riguardo si richiama il costante insegnamento di codesta Corte
(v., da ultimo, la sentenza n. 98, del 2013) in base al quale la
potesta' legislativa regionale nella materia concorrente delle
«professioni» deve rispettare il principio secondo cui
l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e
titoli abilitanti, e' riservata, per il suo carattere necessariamente
unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle Regioni la
disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico
collegamento con la realta' regionale; e che tale principio si
configura quale limite di ordine generale, invalicabile della legge
regionale.
2. - Art. 63, comma 1, lettera b), e comma 2, della legge n.
13/2013, della Regione Umbria.
2.1. L'art. 63, della legge regionale umbra n. 13/2013, sotto la
rubrica «Abilitazione professionale», al comma 1, consente il
conseguimento dell'abilitazione o mediante la verifica del possesso
dei requisiti professionali di cui all'art. 20, del d.lgs. n.
79/2011, da parte delle province (lettera a), ovvero: «b) mediante
l'attestazione del possesso dei requisiti di conoscenza e attitudini
professionali all'esercizio dell'attivita' di cui al d.lgs. n.
206/2007 conseguiti presso un'agenzia di viaggio e turismo operante
in Italia o in un altro Stato membro dell'Unione Europea».
Il successivo comma 2, a sua volta, dispone che: «Per il titolare
dell'agenzia di viaggio e turismo e per i dipendenti della stessa, il
periodo di Formazione professionale previsto dal d.lgs. n. 206/2007
puo' essere sostituito da un equivalente numero di anni di attivita'
lavorativa presso un'agenzia di viaggio e turismo».
Tali disposizioni, che si censurano, devono ritenersi
costituzionalmente illegittime in quanto violano i principi
fondamentali in materia di professioni e si pongono in contrasto con
l'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
2.2. Come si e' precisato nell'illustrazione delle censure
all'art. 62, della L.R. Umbria n. 13/2013, l'art. 20, dell'allegato
1, al d.lgs. n. 79/2011, dispone che i requisiti professionali a
livello nazionale dei direttori tecnici delle agenzie di viaggio e
turismo siano fissati con d.P.C.M., previa intesa in sede di
Conferenza Stato-Regioni.
Le norme che si censurano si pongono in contrasto con la
disposizione che si e' richiamata atteso che non sussiste la
competenza regionale per la individuazione dei requisiti
professionali per l'accesso alle professioni, ne' per precisarne i
contenuti o per individuarne alternative equivalenti che li possano
sostituire.
Il legislatore regionale, infatti, nel consentire il
conseguimento della abilitazione professionale mediante
l'attestazione dei requisiti di conoscenza e attitudini professionali
all'esercizio dell'attivita' di cui al d.lgs. n. 206/2007, conseguiti
presso un'agenzia di viaggio e turismo operante in Italia o in un
altro Stato membro dell'Unione Europea, ha individuato un percorso
alternativo a quello previsto dal legislatore statale per il
conseguimento della abilitazione professionale.
Ne', in alcun caso, puo' essere riconosciuta l'equivalenza tra i
due percorsi atteso che quello «nuovo», individuato dalla Regione fa
generico riferimento ad un testo normativo, senza indicare la
specifica disciplina applicabile e senza neanche recepire i criteri
ed i principi generali dallo stesso previsti al fine del
riconoscimento delle qualifiche acquisite dai soggetti che intendono
esercitare una professione regolamentata.
Ed infatti, per quanto attiene ai riconoscimenti sulla base
dell'esperienza professionale, ove applicabile, manca qualsivoglia
indicazione dei tempi di esercizio dell'attivita', come delle
relative attestazioni e dei conseguenti riconoscimenti da parte delle
autorita' competenti di cui all'art. 5, del d.lgs. n. 206/2007.
Analoghe considerazioni valgono, poi, per il comma 2 della
disposizione che si censura ove si fa riferimento al requisito della
formazione professionale, per prescinderne, e sostituirlo con il solo
riferimento all'attivita' lavorativa presso una struttura privata.
Venendo, pertanto, ad incidere su un elemento essenziale per
l'esercizio di un'attivita' quando, peraltro la stessa normativa cui
fa riferimento la legge regionale, ove applicabile, richiede che la
formazione deve essere sancita da un certificato riconosciuto da uno
Stato membro o giudicata del tutto valida da un competente organismo
professionale.
2.3. L'art. 63, comma 1, lettera b), e comma 2, della legge n.
13/2013, della Regione Umbria, eccedono, quindi, dalle competenze
regionali, violano i principi fondamentali in materia di professioni
e si pongono in contrasto con l'art. 117, terzo comma, della
Costituzione.
Anche con riferimento a queste disposizioni censurate, si
richiamano i principi costantemente enunciati da codesta Corte, che
si sono ricordati sinteticamente al punto 1.4, che precede.
3. - Art. 68, della legge n. 13/2013, della Regione Umbria.
3.1. L'art. 68, della legge regionale umbra n. 13/2013, sotto la
rubrica «Impresa professionale di congressi», disciplina l'attivita'
di organizzazione, produzione e gestione di manifestazioni
congressuali, simposi, conferenze e convegni.
In particolare, il legislatore umbro, oltre a specificare i
servizi che possono essere resi, ha previsto che i requisiti e le
modalita' per l'esercizio sono disciplinati con regolamento regionale
ed ha istituito gli elenchi provinciali delle imprese, da tenere
secondo criteri e modalita' stabiliti dalla Giunta Regionale con il
richiamato regolamento.
L'articolo, che si censura, deve ritenersi costituzionalmente
illegittimo in quanto viola i principi fondamentali in materia di
professioni e si pone in contrasto con l'art. 117, terzo comma, della
Costituzione. L'articolo, inoltre, determina limitazioni
all'attivita' economica in violazione dei principi di libera
concorrenza e si pone in contrasto con l'art. 117, secondo comma,
lettera e), della Costituzione.
3.2. Per quanto attiene alla violazione dei principi in materia
di professioni deve precisarsi che l'attivita' di organizzazione,
produzione e gestione di manifestazioni congressuali, simposi,
conferenze e congressi non e' regolamentata da alcuna norma statale.
Il legislatore regionale invece, con la norma che si censura, ha
individuato una nuova figura professionale, che si e' riservato di
disciplinare con un proprio regolamento e per la quale preveda la
iscrizione in specifici elenchi.
Cosi' facendo, tuttavia, il legislatore umbro ha ecceduto dalla
propria competenza.
Come ribadito costantemente da codesta Corte, da ultimo con la
gia' richiamata sentenza n. 98, del 2013, le Regioni non possono
istituire nuove professioni o prevedere elenchi «la potesta'
legislativa regionale nella materia concorrente delle professioni
deve rispettare il principio secondo cui l'individuazione delle
figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, e'
riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato,
rientrando nella competenza delle Regioni la disciplina di quegli
aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realta'
regionale; e che tale principio, al di la' della particolare
attuazione ad opera dei singoli precetti normativi, si configura
infatti quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge
regionale, da cio' derivando che non e' nei poteri delle Regioni dar
vita a nuove figure professionali».
Ne' puo' sottacersi che nella stessa sentenza n. 98/2013 codesta
Corte ha altresi' ribadito che: «... tra gli indici sintomatici della
istituzione di una professione, e' stato ritenuto esservi quello
della previsione di appositi elenchi, disciplinati dalla Regione,
connessi allo svolgimento della attivita' che la legge regolamenta,
giacche' "l'istituzione di un registro professionale e la previsione
delle condizioni per la iscrizione in esso hanno, gia' di per se',
una funzione individuatrice della professione, preclusa alla
competenza regionale" (sentenze n. 93 del 2008, n. 300 e 57 del 2007
e n. 335 del 2005), prescindendosi dalla circostanza che tale
iscrizione si caratterizzi o meno per essere necessaria ai fini dello
svolgimento della attivita' cui l'elenco fa riferimento (sentenza n.
300 del 2007)».
L'art. 68, della legge n. 13/2013, della Regione Umbria,
considerato che l'attivita' dallo stesso disciplinata non e'
regolamentata da alcuna disposizione statale, eccede, quindi, dalle
competenze regionali, viola i principi fondamentali in materia di
professioni e si pone in contrasto con l'art. 117, terzo comma, della
Costituzione.
3.3. Per quanto attiene alla violazione dei principi in materia
di libera concorrenza si osserva che l'attivita' disciplinata dalla
norma regionale che si censura non subisce alcuna limitazione da
parte della legislazione statale, che non la regola in alcun modo.
L'articolo che si censura, nel descrivere i servizi che possono
essere resi, nel prevedere l'iscrizione in specifici elenchi
provinciali e nel prevedere requisiti e modalita' per l'esercizio
delle attivita', demandati ad apposito regolamento della Giunta
regionale, introduce una serie limiti all'esigenza di
liberalizzazione delle attivita' economiche che esula dalla
competenza regionale.
Si tratta, infatti, di normativa che incidendo sulla liberta' di
esercizio di attivita' economiche appare riconducibile alla materia
della «tutela della concorrenza», in ordine alla quale sussiste la
competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, secondo
comma, lettera e), della Costituzione.
4. - Art. 73, della legge n. 13/2013, della Regione Umbria.
4.1. L'art. 73, della legge regionale umbra n. 13/2013,
disciplina il riconoscimento e l'estensione dell'abilitazione
all'esercizio delle professioni turistiche.
In particolare, il quarto comma dispone: «Le guide turistiche che
hanno conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione
presso altre Regioni e che intendono svolgere la propria attivita'
nella Regione Umbria, sono soggette all'accertamento, da parte della
provincia, limitatamente alla conoscenza del territorio, con le
modalita' stabilite dalla Giunta regionale ai sensi del comma 1
dell'art. 72».
La disposizione che si censura deve ritenersi costituzionalmente
illegittima in quanto, violando il principio di libera circolazione
dei servizi, di cui all'art. 56, del Trattato sul funzionamento
dell'Unione europea, si pone in contrasto con l'art. 117, comma 1,
della Costituzione. La norma, inoltre, determinando limitazioni alla
liberta' di esercizio di un'attivita' economica, viola i principi in
materia di concorrenza e si pone in contrasto con l'art. 117, comma
2, lettera e), della Costituzione.
4.2. Per quanto attiene alla violazione dell'art. 56, del TFUE, e
dell'art. 117, comma 1, della Costituzione, si rileva preliminarmente
che il legislatore statale, con la legge 6 agosto 2013, n. 97, avente
ad oggetto le «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivati
dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea
2013», all'art. 3, ha dettato le «Disposizioni relative alla libera
prestazione e all'esercizio stabile dell'attivita' di guida turistica
da parte dei cittadini dell'Unione europea».
In particolare, e' stato stabilito che:
«1. L'abilitazione alla professione di guida turistica e'
valida su tutto il territorio nazionale. Ai fini dell'esercizio
stabile in Italia dell'attivita' di guida turistica, il
riconoscimento ai sensi del decreto legislativo 9 novembre 2007, n.
206, della qualifica professionale conseguita da un cittadino
dell'Unione europea in un altro Stato membro ha efficacia su tutto il
territorio nazionale.
2. Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 9
novembre 2007, n. 206, i cittadini dell'Unione europea abilitati allo
svolgimento dell'attivita' di guida turistica nell'ambito
dell'ordinamento giuridico di un altro Stato membro operano in regime
di libera prestazione dei servizi senza necessita' di alcuna
autorizzazione ne' abilitazione, sia essa generale o specifica.
3. Con decreto del Ministro dei beni e delle attivita'
culturali e del turismo, sentita la Conferenza unificata, da adottare
entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge,
sono individuati i siti di particolare interesse storico, artistico o
archeologico per i quali occorre una specifica abilitazione».
La norma che si censura, nel condizionare l'esercizio della
professione di guida turistica ad un accertamento specifico
(conoscenza del territorio) da parte delle Province umbre, viola il
principio comunitario di libera circolazione dei servizi ed il pieno
riconoscimento dato allo stesso, nella presente materia, dal
legislatore statale, con l'articolo sopra riportato. La disposizione,
quindi, si pone in aperto contrasto con l'art. 117, comma 1, della
Costituzione.
4.3. Per quanto attiene alla violazione dei principi di libera
concorrenza, si rileva che la norma censurata prevede che le guide
turistiche gia' abilitate presso altri Stati dell'Unione europea o
presso altre Regioni italiane e che intendono esercitare la loro
attivita' nella Regione Umbria, siano assoggettate ad un ulteriore
accertamento da parte delle Province umbre, secondo le modalita'
stabilite dalla Giunta regionale.
La disposizione, pertanto, restringe in maniera ingiustificata la
portata del principio di libera concorrenza e si pone in netto
contrasto con la piena liberalizzazione della materia introdotta dal
richiamato art. 3, della legge europea 2013, che prevede la validita'
dell'abilitazione su tutto il territorio nazionale e demanda le
eventuali limitazioni ad un atto specifico, adottato a livello
nazionale, sentita la Conferenza unificata.
La norma che si censura introduce, quindi, un limite al libero
esercizio di un'attivita' economica ed incide sulla liberta' di
concorrenza.
La stessa, pertanto, appare riconducibile alla materia della
«tutela della concorrenza» in ordine alla quale sussiste la
competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, secondo
comma, lettera e), della Costituzione.
P. Q. M.
Chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare
la illegittimita' costituzionale degli articoli 62, 63, comma 1,
lettera b), e comma 2, 68 e 73 della legge n. 13, del 12 luglio 2013,
della Regione Umbria.
Con l'originale notificato del presente ricorso si deposita:
1. Estratto della determinazione del Consiglio dei ministri,
assunta nella riunione del 9 settembre 2013 e della relazione
allegata al verbale;
2. copia della legge impugnata, della Regione Umbria, n.
13/2013.
Roma, 13 settembre 2013
L'Avvocato dello Stato: Massella Ducci Teri