Ricorso n. 87 del 21 settembre 2015 (Presidente del Consiglio dei ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 21 settembre 2015 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
(GU n. 45 del 2015-11-11)
Ricorso del presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato codice fiscale
n. …., fax …. e Pec
…, presso i cui uffici ex lege
domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12, nei confronti della
Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, in persona del Presidente
della Giunta Regionale pro-tempore per la dichiarazione di
illegittimita' costituzionale della legge regionale Friuli-Venezia
Giulia n. 16 del 10 luglio 2015, recante «Integrazioni e
modificazioni alla legge regionale 13 marzo 2015, n. 4 (Istituzione
del registro regionale per le libere dichiarazioni anticipata di
trattamento sanitario (DAT) e disposizioni per favorire la raccolta
delle volonta' di donazione degli organi e dei tessuti», pubblicata
nel B.U.R. n. 16 del 15 luglio 2015, giusta delibera del Consiglio
dei ministri in data 4 settembre 2015.
1. Con ricorso ex art. 127 della Costituzione, giusta delibera
del Consiglio dei ministri in data 18 maggio 2015, il Presidente del
Consiglio dei ministri ha impugnato la legge regionale n. 4 del 13
marzo 2015, che consta di nove articoli, con la quale la Regione
Autonoma Friuli-Venezia Giulia ha emanato le disposizioni in tema di
«Istituzione del registro regionale per le libere dichiarazioni
anticipata di trattamento sanitario (DAT) e disposizioni per favorire
la raccolta delle volonta' di donazione degli organi e dei tessuti».
La legge della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 4 del
2015 citata presentava, infatti, profili d'incostituzionalita' per
violazione sia dell'art. 117, secondo comma, lett. l), Cost., per
contrasto con le regole in materia di ordinamento civile e penale,
sia dell'art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i principi
fondamentali in materia di tutela della salute, nonche' per
violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della
Costituzione.
La legge regionale n. 4/15 citata prevede l'istituzione di un
registro regionale che raccolga le dichiarazioni anticipate di
volonta' relative ai trattamenti sanitari, nonche' la possibilita' di
rendere esplicita la volonta' in merito alla donazione post-mortem
dei propri organi e tessuti, contestualmente al deposito nel registro
regionale delle predette dichiarazioni anticipate di trattamento
sanitario (art. 1, commi 3 e 5).
In particolare, l'art. 2 della legge regionale n. 4/15 citata
stabilisce che il cittadino residente o che ha eletto domicilio in
Friuli-Venezia Giulia puo' richiedere l'annotazione della propria
dichiarazione anticipata di trattamento sanitario all'interno del
registro regionale (comma 1). Inoltre ai suddetti cittadini e'
garantita la possibilita' di registrare la dichiarazione anticipata
di trattamento sanitario sulla propria Carta regionale dei servizi,
nonche' in forma codificata, sulla tessera sanitaria (comma 2). La
dichiarazione anticipata di trattamento e' presentata dal cittadino
all'Azienda per l'assistenza sanitaria territorialmente competente
che la inserisce nella banca dati e a richiesta della persona la
registra sulla Carta regionale dei servizi nonche' in forma
codificata, sulla tessera sanitaria personale (commi 3 e 4).
Quanto ai contenuti delle suddette dichiarazioni, l'art. 2, comma
5, prevede che esse hanno ad oggetto «la volonta' del singolo di
essere o meno sottoposto a trattamenti sanitari in caso di malattia o
lesione cerebrale che cagioni una perdita di coscienza e volonta'
definibile come permanente e irreversibile secondo i protocolli
scientifici riconosciuti a livello internazionale».
L'art. 2, al comma 6, inoltre, prevede che il soggetto
dichiarante puo' rilasciare l'autorizzazione a comunicare a chiunque
ne faccia richiesta o a determinati soggetti l'esistenza della
dichiarazione anticipata di trattamento sanitario e il suo contenuto.
L'art. 3 disciplina la possibilita' per il cittadino di nominare
uno o piu' fiduciari o un amministratore di sostegno ai sensi
dell'art. 408 del codice civile, con il compito di controllare il
rispetto della volonta' dal medesimo espressa nella dichiarazione e
di contribuire a realizzare la volonta'.
Sono, altresi', disciplinati all'art. 4 la validita', la revoca e
la modifica delle suddette dichiarazioni anticipate di trattamento
sanitario, prevedendo che esse producono effetti dal momento in cui
interviene lo stato di incapacita' decisionale del predisponente e
perdono validita' solo su richiesta del dichiarante; possono,
inoltre, essere revocate in qualunque momento dal dichiarante.
All'art. 5 e' prevista l'esenzione da oneri finanziari inerente
la procedura di registrazione della dichiarazione anticipata di
trattamento.
L'art. 6 prevede che la banca dati contenente le dichiarazioni
anticipate di trattamento sia tenuta a cura dell'azienda per
l'assistenza sanitaria e ne disciplina le modalita' di accesso.
L'art. 7 disciplina le iniziative finalizzate a favorire la
registrazione della volonta' in merito alla donazione post mortem
degli organi o tessuti.
Nel predetto ricorso e' stato ritenuto che essa, avente contenuto
omogeneo e recante disposizioni strettamente connesse tra loro, si
configuri come costituzionalmente illegittima, in quanto esorbitante,
a vario titolo, dalle competenze legislative regionali
costituzionalmente riconosciute. Le disposizioni di cui si compone,
infatti, involgono diverse materie, a seconda dei casi riservate alla
potesta' legislativa esclusiva dello Stato o concorrente
Stato-Regioni, integrando, tuttavia, in quest'ultimo caso, principi
fondamentali della materia, rimessi, dunque, alla legislazione
statale.
2. La legge regionale n. 16/2015 indicata in epigrafe, composta
da un unico articolo, come esplicita lo stesso titolo, apporta
modifiche e integrazioni alla citata legge regionale n. 4/2015, con
il chiaro intento di sanare i rilievi di costituzionalita' sollevati
dal Governo con il predetto ricorso avverso la legge regionale n.
4/15 citata.
Si ritiene, tuttavia, che le modifiche apportate dall'unico
articolo di cui si compone la legge in questione non siano
sufficienti a superare le censure di illegittimita' costituzionale
del proposto ricorso pendente dinanzi alla Corte Costituzionale. La
legge regionale in esame, infatti, analogamente alla precedente legge
n. 4 del 2015 citata, prevede l'istituzione di un registro regionale
che raccolga le dichiarazioni anticipate di volonta' relative ai
trattamenti sanitari, nonche' la possibilita' di rendere esplicita la
volonta' in merito alla donazione post mortem dei propri organi e
tessuti contestualmente al deposito nel registro regionale delle
predette dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario.
Cosi' disponendo l'intera legge regionale n. 16/15 citata, avente
contenuto omogeneo e recante disposizioni strettamente connesse tra
loro, e' costituzionalmente illegittima, in quanto esorbita, a vario
titolo, dalle competenze legislative regionali costituzionalmente
riconosciute.
Le disposizioni di cui si compone, infatti, intervenendo sulla
disciplina degli atti di disposizione del proprio corpo, attengono ai
diritti fondamentali dell'individuo, rispetto ai quali sono evidenti
le esigenze di unitarieta' dell'ordinamento, demandate alla potesta'
legislativa esclusiva dello Stato. Dette disposizioni, pertanto,
invadono la competenza esclusiva dello Stato sia in materia di
ordinamento civile di cui all'art. 117, secondo comma, lett. l),
della Costituzione, sia in materia di tutela della salute, i cui
principi fondamentali sono riservati alla legislazione statale, ai
sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost.
In linea generale, infatti, occorre evidenziare come la
disciplina del c.d. «fine vita» non possa avere regolamentazioni
differenziate sul territorio nazionale, attenendo ai diritti
fondamentali dell'individuo, rispetto ai quali sono evidenti le
esigenze di unitarieta' dell'ordinamento. Essa, dunque, e' da
intendersi rimessa alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato.
E' avviso del Governo che, con le norme denunciate in epigrafe,
la Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia abbia ecceduto dalla
propria competenza in violazione della normativa costituzionale, come
si confida di dimostrare in appresso con l'illustrazione dei seguenti
Motivi:
1. L'art. 1, comma 1, lett. a), della Legge Regione Autonoma
Friuli-Venezia Giulia n. 16/2015 viola gli articoli 3, 117, comma 2,
lett. l) e l'art. 117, comma 3, della Costituzione.
L'art. 1, comma 1, lettera a), della legge regionale n. 16/2015
citata sostituisce integralmente l'art. 1 della legge regionale n.
4/2015 citata, senza, tuttavia, mutarne, nella sostanza, i contenuti.
Resta, infatti, l'istituzione del registro regionale delle
dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario, sul quale si erano
dirette le censure del ricorso del Presidente del Consiglio del 18
maggio 2015.
In particolare, la norma regionale in esame, nell'introdurre una
nuova formulazione del comma 2 dell'art. 1 della legge regionale n.
4/2015 citata, dispone che: «La Regione Autonoma, per le finalita' di
cui al comma 1 (1) istituisce un registro regionale delle
dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario (DAT), con accesso
ai dati tramite la Carta regionale dei servizi, disciplinando in modo
omogeneo su tutto il territorio regionale la raccolta di tali
medesime dichiarazioni anticipate, in osservanza e in attuazione
degli articoli 2, 3, 13 e 32 della Costituzione, nonche' nel rispetto
della normativa in materia a livello nazionale, europeo e
internazionale».
La disposizione de qua si limita a riscrivere, usando solo parole
diverse, quanto gia' previsto dall'originaria versione dell'art. 1
della legge regionale n. 4/2015, il quale, al comma 3, disponeva che
«La Regione, in attuazione di quanto previsto dagli articoli 2, 3, 13
e 32 della Costituzione, dall'art. 9 della Convenzione di Oviedo del
4 aprile 1997, ratificata dalla legge 28 marzo 2001, n. 145 e
dall'art. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
istituisce un registro regionale delle dichiarazioni anticipate di
trattamento sanitario (DAT), con accesso ai dati tramite Carta
regionale dei servizi».
Inoltre, il medesimo art. 1, comma 1, lett. a), della legge
regionale n. 16/15 citata, nel riformulare il comma 1 dell'art. 1
della legge regionale n. 4/2015 citata, non fa che parafrasare quanto
gia' disposto dall'art. 1, comma 1, della versione originaria,
prevedendo che «la Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia riconosce e
promuove la possibilita' della persona di rendere esplicite con
certezza le proprie determinazioni in ordine ai trattamenti sanitari,
nell'ambito del Servizio sanitario regionale e in tutte le fasi della
vita, ivi compresa quella terminale, e anche per l'ipotesi in cui la
persona stessa non sia piu' in grado di intendere e di volere, fino
alla morte accertata nei modi di legge».
Appare evidente, anche a un mero confronto letterale, la
sostanziale invarianza di contenuti rispetto alla versione originaria
dell'art. 1, commi 1 e 2, della legge regionale n. 4/2015, secondo
cui: «a. La Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia riconosce e tutela
la vita umana quale diritto inviolabile che viene garantito anche
nella fase finale dell'esistenza e nell'ipotesi in cui la persona non
sia piu' in grado di intendere e di volere, fino alla morte accertata
nei modi di legge. 2. La Regione garantisce, altresi', il diritto
all'autodeterminazione della persona nell'accettazione o rifiuto
delle cure mediche per se' piu' appropriate in relazione a tutte le
fasi della vita, ivi compresa quella terminale.».
A tal riguardo, pertanto, non si possono che ribadire le censure
di costituzionalita' gia' formulate nel ricorso avverso la legge
regionale n. 4/15 citata sulla base della delibera del Consiglio dei
ministri del 18 maggio 2015.
La disciplina introdotta dalla legge regionale n. 16/15 citata,
infatti, analogamente a quella regolamentata dalla precedente n.
4/2015 citata, involge diverse materie, a seconda dei casi riservate
alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato o concorrente
Stato-Regioni, integrando, tuttavia, in quest'ultimo caso, principi
fondamentali della materia, rimessi, dunque, alla legislazione
statale.
Come gia' rilevato in linea generale a proposito della legge
regionale n. 4/15 citata, con le considerazioni da ribadirsi anche
avverso la legge regionale n. 16/15 citata, «la disciplina del c.d.
"fine vita" non puo' tollerare regolamentazioni differenziate sul
territorio nazionale, attenendo ai diritti fondamentali
dell'individuo, rispetto ai quali sono evidenti le esigenze di
unitarieta' dell'ordinamento. Essa, dunque, e' da intendersi rimessa
alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato.» Assume, peraltro,
rilievo anche nei confronti della legge in esame, la considerazione
del Governo, secondo cui l'istituzione di un tale registro, «avendo
la finalita' di attribuire certezza giuridica a specifiche
situazioni, con il conseguente condizionamento dei diritti soggettivi
fondamentali, necessita di una disciplina statale che regolamenti le
dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario, i loro contenuti,
i loro limiti, le loro modalita' di manifestazione e i loro effetti,
analogamente a quanto avviene per i registri istituti presso
pubbliche amministrazioni che certificano i dati identificativi di
una persona, o la provenienza e la data di deposito di un determinato
documento, ecc. (si vedano, ad esempio, gli articoli da 449 a 445 del
codice civile per quanto riguarda gli atti di stato civile).»
Nel merito, dunque, permangono i rilievi in ordine
all'istituzione di un registro regionale delle DAT formulati dal
Governo nei confronti della legge regionale n. 4 del 2015.
Le disposizioni della legge regionale sopra menzionate, che
istituiscono il registro delle DAT, e le disposizioni ad esse
collegate, infatti, «sono destinate a registrare una tipologia del
tutto speciale di atti, cioe' le dichiarazioni di volonta'
concernenti il consenso o dissenso dei cittadini rispetto a
determinati trattamenti sanitari. Pertanto, detto registro coinvolge,
in primo luogo, la materia dell'ordinamento civile, in quanto
attinente a vere e proprie dichiarazioni di volonta' - quindi atti
manifestazione di autonomia privata - e ai loro possibili limiti,
alle loro modalita' di espressione, alla loro efficacia nel rapporto
con i terzi. Si tratta, dunque, di materia rimessa, ai sensi
dell'art. 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione, alla
potesta' legislativa esclusiva dello Stato».
D'altra parte, la circostanza che nel settore delle dichiarazioni
anticipate di trattamento vengano in rilievo istituti tipici
dell'ordinamento civile e' testimoniata anche dal successivo art. 1,
comma 1, lettera c), della legge n. 16/15 citata (2) , che, nel
sostituire il comma 1 dell'art. 3 della legge n. 4/2015, prevede che
nella dichiarazione anticipata l'interessato possa nominare uno o
piu' soggetti fiduciari, per l'interlocuzione e il contraddittorio
con il Servizio sanitario regionale concernente la dichiarazione
anticipata medesima.
La norma in esame e le disposizioni della legge in esame ad esso
collegate, inoltre, attenendo all'eventuale consenso a (o rifiuto di)
determinati trattamenti sanitari, incide certamente anche sulla
materia «tutela della salute».
Come e' noto, la tutela della salute e' rimessa alla potesta'
legislativa concorrente Stato-Regioni, in virtu' dell'art. 117, terzo
comma, Costituzione. A tal riguardo, tuttavia, si deve considerare
che l'eventuale previsione di atti attraverso i quali le persone
possano disporre il proprio anticipato consenso o dissenso a
determinati trattamenti sanitari, nonche' la previsione delle
relative modalita' di manifestazione e degli effetti, costituiscono,
per la loro rilevanza, aspetti che certamente integrano principi
fondamentali della materia, non profili di dettaglio o meramente
organizzativi.
La legge regionale in esame, pertanto, regolamentando profili
che, in base alla giurisprudenza costituzionale, sono da configurarsi
come attinenti ai principi fondamentali della legislazione statale in
materia di tutela della salute, eccede dalle competenze regionali, in
violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. Cio' vale, in
particolare, con riferimento alla necessita' di garantire che ogni
determinazione in ordine al consenso o al dissenso rispetto a
determinati trattamenti sanitari, avvenga sulla base di una scelta
davvero libera, consapevole e informata. In altri termini, nella
materia delle dichiarazioni anticipate di trattamento assume eminente
importanza il principio del «consenso informato». Anche in tal caso,
tuttavia, la delicatezza dei profili coinvolti fa si' che la relativa
disciplina sia dettata in maniera uniforme sul territorio nazionale,
senza differenziazioni che sarebbero certamente suscettibili di
incidere sul principio di uguaglianza, sancito dall'art. 3
Costituzione.
Viene in rilievo, a tal riguardo, la sentenza della Corte
Costituzionale n. 438/2008, che ha precisato che «il consenso
informato [...] si configura quale vero e proprio diritto della
persona e trova fondamento nei principi espressi nell'art. 2 della
Costituzione, che ne tutela e promuove i diritti fondamentali, e
negli artt. 13 e 32 della Costituzione, i quali stabiliscono,
rispettivamente, che "la liberta' personale e' inviolabile", e che
«nessuno puo' essere obbligato a un determinato trattamento sanitario
se non per disposizione di legge».
La Corte ha, altresi', rilevato che «il consenso informato trova
il suo fondamento negli artt. 2, 13 e 32 della Costituzione»,
sottolineandone la funzione di «sintesi di due diritti fondamentali
della persona: quello all'autodeterminazione e quello alla salute, in
quanto, se e' vero che ogni individuo ha il diritto di essere curato,
egli ha, altresi', il diritto di ricevere le opportune informazioni
in ordine alla natura e ai possibili sviluppi del percorso
terapeutico cui puo' essere sottoposto, nonche' delle eventuali
terapie alternative; informazioni che devono essere le piu'
esaurienti possibili, proprio al fine di garantire la libera e
consapevole scelta da parte del paziente e, quindi, la sua stessa
liberta' personale, conformemente all'art. 32, secondo comma, della
Costituzione.»
Sulla base di tali considerazioni, ha tratto la conclusione che
«il consenso informato deve essere considerato un principio
fondamentale in materia di tutela della salute, la cui conformazione
e' rimessa alla legislazione statale».
In particolare, la Corte ha osservato come l'individuazione dei
soggetti legittimati al rilascio del consenso informato, nonche' le
modalita' con le quali esso deve essere prestato e acquisito,
costituiscono aspetti di primario rilievo dell'istituto del consenso
informato, non potendosi, dunque, configurare quali norme di
dettaglio, attuative dei principi fondamentali della legislazione
statale.
Si tratta, dunque, di aspetti che non possono tollerare
regolamentazioni differenziate sul territorio nazionale, in linea con
quanto statuito con la citata sentenza della Corte Costituzionale n.
438/2008.
Alla luce di quanto sopra, deve ritenersi, pertanto, che l'art.
1, comma 1, lett. a), della legge regione Friuli-Venezia Giulia n.
16/2015 citata violi gli articoli 3, 117, comma 2, lett. l) e l'art.
117, comma 3, della Costituzione.
2. L'art. 1, comma 1, lett. a), della Legge Regione Autonoma
Friuli-Venezia Giulia n. 16/2015 viola gli artt. 3, 117, comma 2,
lett. l) e l'art. 117, comma 3, della Costituzione.
Occorre ribadire nei confronti dall'art. 1, comma 1, lett. a),
della legge regionale indicata in epigrafe, che riformula il comma 3
dell'art. 1 della Legge n. 4/2015 citata, le censure gia' formulate
avverso l'originaria formulazione dell'art. 1, comma 5, della legge
regionale n. 4/2015. Esse concernono la possibilita' di rendere
esplicita, contestualmente al deposito nel registro regionale delle
dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario, la volonta' in
merito alla donazione post mortem dei propri organi e tessuti.
Su tali previsioni (che vanno lette in combinato disposto con
l'art. 7 della Legge n. 4/2015, rimasto vigente e invariato), come
gia' rilevato a proposito dell'art. 1, comma 5, e dell'art. 7 citato
della legge regionale n. 4/15, va ribadito che anche la donazione
degli organi, oltre che attenere alla materia «tutela della salute»
(essendo finalizzata a curare coloro i quali necessitano degli organi
medesimi), costituisce certamente un atto di disposizione del proprio
corpo, tanto che le diverse fonti che ne recano la disciplina si
pongono in rapporto di specialita' rispetto al generale divieto di
cui all'art. 5 del codice civile. Essa, pertanto, attiene anche alla
materia dell'ordinamento civile, rimessa, come piu' volte eccepito,
alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art.
117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
Va, peraltro, considerato che anche alla predetta materia siano
connessi i profili concernenti le modalita' di espressione del
consenso alla donazione di organi, quale atto di disposizione del
proprio corpo. Anche in tal caso, dunque, assume primario rilievo la
tematica del consenso informato, la cui disciplina, come evidenziato,
integra i principi fondamentali in materia di tutela della salute,
riservati alla potesta' legislativa statale.
Sul punto, peraltro, va ricordato che il citato art. 7 della
legge regionale n. 4/15, rimasto, come si e' detto, invariato, pur
disponendo l'acquisizione delle volonta' secondo le procedure statali
gia' in corso, non prevede l'invio delle suddette dichiarazioni al
Sistema informativo trapianti, come previsto dalla legge 1° aprile
1999, n. 91 e dal decreto del Ministro della sanita' 8 aprile 2000.
Alla luce di quanto sopra, deve ritenersi, pertanto, che l'art.
1, comma 1, lett. a), della legge regione Friuli-Venezia Giulia n.
16/2015 citata violi gli artt. 3, 117, comma 2, lett. l) e l'art.
117, comma 3, della Costituzione.
3. L'art. 1, comma 1, lett. b), n. 1, della Legge Regione Autonoma
Friuli-Venezia Giulia n. 16/2015 viola l'art. 3, l'art. 117, comma 2,
lett. l), e l'art. 117, comma 3, della Costituzione.
Alla stregua delle precedenti tali considerazioni e' da
considerarsi illegittima anche la disposizione di cui all'art. 1,
comma 1, lettera b), n. 1), della legge regionale n. 16/15 citata,
che sostituisce il comma 3 dell'art. 2 della legge regionale n.
4/2015 citata e che disciplina, appunto, il consenso informato
finalizzato al rilascio delle DAT.
In particolare, nella nuova versione, la disposizione in
argomento prevede che «3. Per le finalita' di cui ai commi 1 e 2 la
Regione garantisce al cittadino una compiuta informazione sugli
accertamenti e i trattamenti sanitari, nell'ambito del Servizio
sanitario regionale, assicurando la possibilita' di presentare
all'Azienda per l'assistenza sanitaria territorialmente competente un
atto, avente data certa con firma autografa, contenente la
dichiarazione anticipata della persona di essere o meno sottoposta a
trattamenti sanitari in caso di malattia o lesione cerebrale che
cagioni una perdita di coscienza e volonta' definibile come
permanente e irreversibile secondo i protocolli scientifici
riconosciuti a livello internazionale».
La nuova disposizione, quindi, non si differenzia
significativamente da quella originaria, risultante dal combinato
disposto dei commi 3 e 5 dell'art. 2 della legge n. 4/2015. In
particolare, il comma 3 prevedeva che «[...] il cittadino, acquisita
una compiuta informazione, presenta all'Azienda per l'assistenza
sanitaria territorialmente competente un atto contenente la
dichiarazione anticipata di trattamento sanitario, avente data certa
con firma autografa».
Il comma 5 (abrogato dall'art. 1, comma 1, lett. b), n. 2) della
legge regionale n. 16/2015 citata, la quale, pero', ne fa
sostanzialmente confluire il contenuto nel novellato comma 3)
aggiungeva che «La dichiarazione [anticipata di trattamento] ha ad
oggetto la volonta' del singolo di essere o meno sottoposto a
trattamenti sanitari in caso di malattia o lesione cerebrale che
cagioni una perdita di coscienza e volonta' definibile come
permanente e irreversibile secondo i protocolli scientifici
riconosciuti a livello internazionale».
Non si puo' non rilevare come la riformulazione del comma 3
dell'art. 2 introdotta dalla disposizione in esame, non faccia che
parafrasare quanto gia' previsto dalla versione originaria della
legge regionale n. 4/2015 citata.
Sul punto, dunque, occorre ribadire l'illegittimita'
costituzionale della disposizione in argomento, sulla base di quanto
sancito dalla citata sentenza della Corte Costituzionale n. 438/2008,
che ha configurato la disciplina del consenso informato come
attinente ai principi fondamentali della legislazione statale in
materia di tutela della salute, rimessi alla potesta' legislativa
dello Stato.
Tale pronuncia, peraltro, evidenzia come, laddove un determinato
profilo, inerente ad una materia di potesta' legislativa concorrente,
sia strettamente connesso alla conformazione di diritti fondamentali
costituzionalmente fondati - e questo e' certamente anche il caso
degli aspetti disciplinati dalla legge regionale in esame, che
interviene in una materia delicata come il «fine vita» - tale profilo
assurge di per se' al rango di «principio fondamentale», «la cui
conformazione e' rimessa alla legislazione statale».
In tali casi, pertanto, come pure e' stato rilevato, una legge
regionale che intervenisse su tali profili non sarebbe
incostituzionale per il modo in cui li ha disciplinati, ma per il
fatto stesso di averli disciplinati.
Quanto all'oggetto delle DAT, prima previsto dal richiamato comma
5 dell'art. 2 della legge n. 4/2015 citata e, in conseguenza delle
modifiche apportate dall'art. 1, comma 1, lett. b), della legge n.
16/2015 citata, confluito nel comma 3 del medesimo art. 2, si deve
ribadire che esso attiene alla materia dell'ordinamento civile. Le
relative disposizioni, infatti, attengono ai contenuti delle DAT,
quali vere e proprie dichiarazioni di volonta' - quindi, atti di
manifestazione di autonomia privata - e ai loro possibili limiti,
alle loro modalita' di espressione, alla loro efficacia nel rapporto
con i terzi. Risulta, dunque, violato l'art. 117, secondo comma,
lett. l), della Costituzione, che attribuisce l'ordinamento civile
alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato.
Del resto, come osservato nel ricorso avverso la legge regionale
n. 4 del 2015, va sottolineato come nell'ambito delle dichiarazioni
anticipate di trattamento "le materie «ordinamento civile» e «tutela
della salute» si intersechino inscindibilmente, specialmente con
riguardo alla definizione degli eventuali limiti al possibile
contenuto delle dichiarazioni stesse. Tali limiti, infatti,
circoscrivendo le dichiarazioni di volonta' - che costituiscono, come
detto, espressione di autonomia privata - rientrerebbero, per cio'
stesso, nella materia «ordinamento civile», ma potrebbero essere
stabiliti, in ipotesi, proprio per finalita' di «tutela della
salute».
La relazione tecnica allegata alla menzionata delibera
d'impugnativa della legge regionale n. 4 del 2015 del Consiglio dei
ministri del 18 maggio 2015, ricorda, a titolo di esempio, che «nella
precedente legislatura e' stato presentato, in materia, il ddl 2350,
il quale statuiva che "l'alimentazione e l'idratazione, nelle diverse
forme in cui la scienza e la tecnica possono fornirle al paziente,
sono forme di sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad
alleviare le sofferenze fino alla fine della vita. Esse non possono
formare oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento». E'
evidente come tali aspetti non possano essere rimessi all'autonoma
iniziativa delle regioni o, tanto meno, degli enti locali,
necessitando, invece, di una disciplina uniforme sul territorio
nazionale.
Alla luce delle precedenti considerazioni, deve ritenersi che
l'art. 1, comma 1, lett. b), n. 1 della legge regione Autonoma
Friuli-Venezia Giulia n. 16/2015 violi l'art. 3, l'art. 117, comma 2,
lett. l), e l'art. 117, comma 3, della Costituzione.
4. L'art. 1, comma 1, lett. c), della Legge Regione Friuli-Venezia
Giulia n. 16/2015 viola l'art. 3, l'art. 117, comma 2, lett. l) e
l'art. 117, comma 3, della Costituzione.
L'art. 1, comma 1, lettera c), della legge regionale n. 16/2015
indicata in epigrafe sostituisce il comma 1 dell'art. 3 della Legge
n. 4/2015 citata, prevedendo che «Nella dichiarazione anticipata
l'interessato puo' nominare uno o piu' soggetti, ai fini della
presente legge denominati fiduciari, per l'interlocuzione e il
contraddittorio con il Servizio sanitario regionale concernente la
dichiarazione anticipata medesima». La versione originaria di tale
disposizione, invece, prevedeva che «Nella dichiarazione anticipata
di trattamento sanitario il soggetto interessato puo' nominare uno o
piu' fiduciari o un amministratore di sostegno ai sensi dell' art.
408 del codice civile con il compito di controllare il rispetto della
volonta' dal medesimo espressa nella dichiarazione e di contribuire a
realizzarne la volonta'».
Come e' facile rilevare, le modifiche apportate alla disposizione
originaria sono di modesta portata e non ne mutano la sostanza. La
differenza principale consiste nell'aver eliminato la possibilita' di
nominare un amministratore di sostegno, lasciando la figura del
fiduciario.
Gia' con riferimento alla legge regionale n. 4/15 citata, la
delibera del Consiglio dei ministri del 18 maggio 2015 aveva
rilevato, ancora una volta, la violazione della potesta' legislativa
esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, in quanto, in
particolare, «ai sensi dell'art. 408 del codice civile,
l'amministratore di sostegno puo' essere designato dallo stesso
interessato, in previsione della propria eventuale futura
incapacita', "mediante atto pubblico o scrittura privata
autenticata". Orbene, le dichiarazioni anticipate di trattamento
previste dalla legge regionale in esame non configurano ne' un atto
pubblico ne' una scrittura privata autenticata; il che e' sufficiente
a rilevare, anche sotto questo profilo, la lesione della competenza
statale in materia di ordinamento civile.».
L'aver eliminato la figura dell'amministratore di sostegno non
appare sufficiente a superare la censura di costituzionalita', in
primo luogo, perche' la disposizione riformulata, attenendo alle
modalita' per far valere nei confronti dei terzi i contenuti di un
atto, quale la DAT, che, per i motivi sopra illustrati, non puo'
essere previsto da una legge regionale ed e', comunque, investito da
illegittimita' consequenziale (essendo a monte illegittima la stessa
istituzione del registro delle DAT e la disciplina di queste ultime).
In secondo luogo, perche', come illustrato sopra, al punto 1),
anche la figura dei fiduciari - che permane nel testo riformulato -
non e' prevista dalla normativa vigente statale, che, invece, fa
riferimento all'istituto della rappresentanza. Sotto questo profilo,
dunque, la norma regionale in questione sembra configurare un
istituto giuridico non meglio definito, quale quello del
«fiduciario», che ha evidenti analogie con la rappresentanza
disciplinata dal codice civile, senza, tuttavia, seguirne il regime,
in quanto resta, comunque, distinta da quest'ultima. Non puo' che
ribadirsi, pertanto, la lesione della potesta' legislativa esclusiva
statale in materia di ordinamento civile, in violazione dell'art.
117, secondo comma, lett. l).
Alla luce delle precedenti considerazioni, deve ritenersi che
l'art. 1, comma 1, lett. c) della legge regione Autonoma
Friuli-Venezia Giulia n. 16/2015 violi l'art. 3, l'art. 117, comma 2,
lett. l), e l'art. 117, comma 3, della Costituzione.
5. L'art. 1, comma 1, lett. b) ed e) della legge regione
Friuli-Venezia Giulia n. 16/2015 viola l'art. 3, l'art. 117, comma 2,
lett. l) e l'art. 117, comma 3, della Costituzione.
La disciplina contenuta nella legge regionale indicata in
epigrafe e in particolare le lettere b), ed e), dell'art. 1, comma 1,
che sostituiscono, rispettivamente, l'art. 2, comma 3, e l'art. 6,
comma 2, della legge regionale n. 4/2015 e che prevedono che
l'azienda per l'assistenza sanitaria inserisca le DAT della banca
dati e ne curi la tenuta, coinvolgono anche direttamente la materia
della protezione dei dati personali ed hanno importanti implicazioni
sulla stessa e sulla tutela della riservatezza, che -come noto-
rientrano nell'ambito dell'ordinamento civile, che e' riservato alla
competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117,
comma 2, lett. l), Cost. (cfr., per tutte, la sentenza della Corte
costituzionale n. 271/2005).
Come noto, detta competenza e' stata esercitata dal legislatore
statale segnatamente attraverso il decreto legislativo n. 196/2003
(Codice in materia di protezione dei personali, in presieguo: il
«Codice»).
In proposito, va evidenziato che, da un lato, la tipologia di
informazioni contenute nella DAT e' per la maggior parte
esplicitamente collegata a dati sanitari ed a informazioni relative
alla salute; dall'altro, che la DAT trascende inevitabilmente
l'ambito prettamente sanitario e finisce per coinvolgere delicati
aspetti della vita umana di carattere etico, religioso, filosofico e
di altro genere.
Sotto entrambi i menzionati profili, pertanto, la DAT implica
anche il trattamento di dati sensibili, tra i quali sono ricompresi i
dati idonei a rivelare «le convinzioni religiose, filosofiche e di
altro genere» dell'individuo, «nonche' i dati personali idonei a
rivelare lo stato salute» (cfr. l'art. 4, comma 1, lett. d), del
Codice).
Per operare il trattamento di dati personali, comuni e sensibili,
implicato dalla DAT occorre che il trattamento inerisca allo
svolgimento delle funzioni istituzionali delle aziende per
l'assistenza sanitaria (art. 18, comma 2, del Codice) e che una norma
di rango statale individui le finalita' di rilevante interesse
pubblico alla base dello stesso, secondo quanto previsto dall'art.
20, comma 1, del Codice.
Ne' appare possibile effettuare l'individuazione della rilevante
finalita' di intesse pubblico con un regolamento regionale (a cui
rinvia l'art. 9 della legge regionale n. 4/15 citata), occorrendo a
tal fine una fonte di rango statale; la normativa secondaria
regionale puo' svolgere un ruolo di tipo integrativo, disciplinando
differenti profili del trattamento, come l'individuazione dei tipi di
dati e di operazioni eseguibili, nel caso in cui il trattamento da
parte del soggetto pubblico (qui, le aziende per l'assistenza
sanitaria) riguardi dati sensibili (cfr. art 20, comma 2, Codice).
Secondo quanto stabilito dalla Corte con la richiamata sentenza
n. 271/2005, infatti, il predetto art. 20, comma 2, del Codice,
ammette «solo l'integrazione delle prescrizioni legislative statali
che siano incomplete in relazione al trattamento di dati sensibili da
parte di pubbliche amministrazioni (poiche' non determinano tipi di
dati sensibili e di operazioni eseguibili) operata tramite appositi
regolamenti a cura dei soggetti che ne effettuano il trattamento,
seppure in conformita' al parere espresso dal Garante ai sensi
dell'art. 154, comma 1, lettera g), anche su schemi tipo. In questi
ambiti possono quindi essere adottati anche leggi e regolamenti
regionali, ma solo in quanto e nella misura in cui cio' sia appunto
previsto legislazione statale.
Ne' valgono a fugare i dubbi di un possibile contrasto con il
dettato costituzionale le affermazioni presenti nella legge regionale
circa l'«osservanza della normativa statale, europea e internazionale
sul trattamento dei dati personali e sulla protezione della
riservatezza» (cfr. art. 1, comma 1, lett. b, n. 3), e lett. e),
della legge regionale n. 16/15 citata, quando, invece, la legge
regionale stessa in concreto contraddice sotto molteplici profili la
legislazione statale vigente in materia di protezione dei dati
personali (nonche' le stesse direttive europee che ne sono
all'origine) (cfr. la sentenza della Corte cost. n. 271/2005).
Allo stato, la materia della DAT non trova disciplina nella
legislazione statale; risultano solo presentati in Parlamento alcuni
disegni di Legge il cui esame, peraltro, non e' stato ancora avviato
(AS 433 e AC 1432, entrambi recanti «Disposizioni in materia di
consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento
sanitario»).
Pertanto, in assenza di disposizioni statali che includano tra i
compiti istituzionali delle aziende sanitarie tale specifica funzione
e che affermino la rilevante finalita' di interesse pubblico
perseguita, la legge regionale in esame contrasta con la disciplina
ed i principi della legislazione statale in materia di protezione dei
dati personali, con specifico riferimento, quali «norme interposte»,
alle disposizioni del Codice indicate in motivazione e viola pertanto
l'art. 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione.
Per tutti i suddetti motivi, e' da ritenere che la legge
regionale n. 16/2015 violi, nel suo complesso, l'art. 117, secondo
comma, della Costituzione, per contrasto con i principi fondamentali
della legislazione statale in materia di tutela della salute, nonche'
l'art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione, per
interferenza con la potesta' legislativa esclusiva dello Stato in
materia di ordinamento civile.
In particolare l'interferenza con la materia ordinamento civile
e' resa evidente dalla circostanza che la legge regionale n. 16/2015,
analogamente alla legge regionale n. 4/2015, prevede una particolare
categoria di atti espressione di autonomia privata, quali, appunto,
le dichiarazioni anticipate di trattamento, disciplinandone:
i contenuti e l'oggetto (ovvero la volonta' della persona «di
essere o meno sottoposta a trattamenti sanitari in caso di malattia o
lesione cerebrale che cagioni una perdita di coscienza e volonta'
definibile come permanente e irreversibile secondo i protocolli
scientifici riconosciuti a livello internazionale» - art. 1, comma 1,
lett. b), n. 1);
le modalita' con cui possono essere portate a conoscenza di terzi
(prevedendo che «il soggetto dichiarante puo' rilasciare
l'autorizzazione a comunicare a chiunque ne faccia richiesta o a
determinati soggetti l'esistenza della dichiarazione anticipata di
trattamento o anche del suo contenuto [...]» - art. 1, comma 1, lett.
b), n. 3);
la validita', la revoca e la modifica (prevedendo che «Le
dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario sono rilasciate per
il momento in cui intervenga lo stato di incapacita' decisionale del
predisponente e non possono essere modificate o revocate se non su
richiesta del dichiarante, non necessitando comunque di alcuna
conferma successiva al rilascio» - art. 1, comma 1, lett. d);
la possibilita' per il cittadino di nominare uno o piu'
fiduciari, per l'interlocuzione e il contraddittorio con il Servizio
sanitario regionale concernente la dichiarazione anticipata medesima
- art. 1, comma 1, lett. c).
Si tratta, dunque, di una disciplina che, attenendo ai contenuti,
ai limiti e alle modalita' di esternazione di atti tipicamente di
autonomia privata, in quanto concernenti la disposizione del proprio
corpo mediante l'adesione o meno a determinati trattamenti sanitari,
rientra, inequivocabilmente, nella materia dell'ordinamento civile,
che e' riservata, in via esclusiva, alla potesta' legislativa
statale.
Come gia' rilevato dal Consiglio dei ministri del 18 maggio 2015,
con riferimento alla determinazione di impugnare la legge regionale
n. 4/15 citata, dunque, "anche sotto questo profilo e' illuminante la
giurisprudenza costituzionale. Viene in rilievo, in particolare, la
sentenza della Corte Costituzionale n. 253/2006, che ha dichiarato
l'incostituzionalita', per interferenza nella materia
dell'ordinamento civile, di una norma della regione Toscana, la quale
prevedeva che «Ciascuno ha diritto di designare la persona a cui gli
operatori sanitari devono riferirsi per riceverne il consenso a un
determinato trattamento terapeutico, qualora l'interessato versi in
condizione di incapacita' naturale e il pericolo di un grave
pregiudizio alla sua salute o alla sua integrita' fisica giustifichi
l'urgenza e indifferibilita' della decisione».
La medesima legge regionale disciplinava il procedimento per
rendere operative le relative dichiarazioni di volonta'. Orbene, la
Corte Costituzionale, nel giudicare tale legge regionale, ha sancito
che «la Regione ha cosi' disciplinato la possibilita' per il
soggetto, in vista di un'eventuale e futura situazione di incapacita'
naturale e al ricorrere delle condizioni indicate dall'art. 7, di
delegare ad altra persona, liberamente scelta, il consenso ad un
trattamento sanitario. Cosi' operando il legislatore regionale ha
ecceduto dalle proprie competenze, regolando l'istituto della
rappresentanza che rientra nella materia dell'ordinamento civile,
riservata allo Stato, in via esclusiva, dall'art. 117, secondo comma,
lettera l), della Costituzione».
Si tratta, come si vede, di fattispecie del tutto analoga a
quella disciplinata dalla legge della regione Autonoma Friuli-Venezia
Giulia n. 4/2015, anche come riformulata dalla Legge n. 16/2015,
rispetto alla quale, pertanto, non possono che permanere i rilievi di
incostituzionalita' gia' espressi e sopra riportati.
(1) «La Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia riconosce e promuove
la possibilita' della persona di rendere esplicite con certezza
le proprie determinazioni in ordine ai trattamenti sanitari,
nell'ambito del Servizio sanitario regionale e in tutte le fasi
della vita, ivi compresa quella terminale, e anche per l'ipotesi
in cui la persona stessa non sia piu' in grado di intendere e di
volere, fino alla morte accertata nei modi di legge»..,
(2) «Il comma 1 dell'art. 3 e' sostituito dal seguente: 1. nella
dichiarazione anticipata l'interessato puo' nominare uno o piu'
soggetti ai fini della presente legge denominati fiduciari, per
l'interlocuzione e il contraddittorio con il Servizio sanitario
regionale concernente la dichiarazione anticipata medesima».
P. Q. M.
Per i suesposti motivi si conclude perche' la Legge della Regione
Autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 16 del 10 luglio 2015, recante
«Integrazioni e modificazioni alla legge regionale 13 marzo 2015, n.
4 (Istituzione del registro regionale per le libere dichiarazioni
anticipata di trattamento sanitario (DAT) e disposizioni per favorire
la raccolta delle volonta' di donazione degli organi e dei tessuti»,
avente contenuto omogeneo e recante disposizioni strettamente
connesse tra loro e, comunque, gli articoli specificamente indicati e
le disposizioni ad essi collegate indicate in epigrafe, siano
dichiarati costituzionalmente illegittimi.
Si produce l'attestazione della deliberazione del Consiglio dei
ministri del 4 settembre 2015.
Roma, 11 settembre 2015
L'Avvocato dello Stato PALMIERI