N.   87  RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 27 luglio 2010.
 
Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 27 luglio 2010 (del Commissario  dello  Stato  per  la
Regione Siciliana). 
 
 
(GU n. 35 dell'1-9-2010) 

    L'Assemblea Regionale Siciliana, nella seduta del 13 luglio 2010,
ha approvato il disegno di legge n.  568  dal  titolo  «Modifiche  ed
integrazioni  alla  normativa  regionale  in  materia  di   appalti»,
pervenuto a questo Commissariato dello Stato,  ai  sensi  e  per  gli
effetti dell'art. 28 dello Statuto speciale, il 16 luglio 2010. 
    Il provvedimento legislativo,  che  adegua  la  disciplina  degli
appalti di opere pubbliche alle disposizioni di principio del  Codice
dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile  2006,
n. 163, contiene all'articolo 3, comma 1, lett. d), e),  f)  e  g)  e
all'art. 4, commi 5, 6, 7 e 8 norme che  danno  adito  a  censure  di
costituzionalita'. 
    Prima di prospettare i  singoli  rilievi  si  ritiene  necessario
delineare, alla luce di quanto affermato da  codesta  Eccellentissima
Corte, con le sentenze n. 45 e n. 221 del 2010, le linee fondamentali
del riparto delle competenze legislative nel  settore  degli  appalti
pubblici tra Stato e Regione siciliana. 
    L'art. 14, lett. g) dello Statuto Speciale, approvato con  R.D.L.
15 maggio 1946 n. 455 convertito in legge costituzionale 26  febbraio
1948, n. 2, attribuisce alla Regione siciliana  competenza  esclusiva
in materia di «lavori pubblici, eccettuate le grandi opere  pubbliche
di interesse nazionale». 
    In presenza di siffatta  specifica  attribuzione,  deve  pertanto
ritenersi che, non contemplando il novellato Titolo V della parte  II
della Costituzione la materia «lavori pubblici»  trova  applicazione,
in base all'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.  3
recante «Modifiche al Titolo V della parte II della Costituzione», la
previsione statutaria prima citata. 
    Cio', tuttavia, come costantemente affermato da codesta Corte (ex
plurimis sentenze n.  431/2007,  n.  322/2008  e  n.  411/2008),  non
comporta che - in relazione alla disciplina dei contratti di  appalto
che incidono nel territorio della Regione - la legislazione regionale
sia libera di esplicarsi  senza  alcun  vincolo  e  che  non  trovano
applicazione  le  disposizioni  di  principio  contenute  nel   prima
menzionato «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,  servizi
e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE». 
    Il primo comma del medesimo articolo 14  dello  Statuto  Speciale
sopra citato prevede, infatti,  che  la  competenza  esclusiva  della
Regione deve essere esercitata nei limiti delle leggi  costituzionali
e senza pregiudizio delle riforme economico-sociali. 
    In questa prospettiva vengono in rilievo in primo luogo i  limiti
derivanti dal rispetto dei principi della tutela  della  concorrenza,
strumentali ad  assicurare  le  liberta'  comunitarie,  e  quindi  le
disposizioni  contenute  nel  Codice  degli  appalti   pubblici   che
costituiscono diretta attuazione delle prescrizioni poste  a  livello
dell'Unione Europea. 
    Peraltro la Regione siciliana e' indubbiamente vincolata in  base
all'art. 117, 1° comma della Costituzione al rispetto degli  obblighi
internazionali ai quali sono riconducibili i  principi  generali  del
diritto comunitario e delle disposizioni contenute nel  Trattato  del
25 marzo 1957 istitutivo della Comunita' Europea,  ora  ridenominato,
dopo l'entrata in  vigore  del  Trattato  di  Lisbona,  Trattato  sul
funzionamento dell'Unione Europea, e, in particolare, di  quelle  che
tutelano la concorrenza (sentenza C.C. n. 45/2010). 
    Codesta Corte ha altresi' precisato che la nozione di concorrenza
di cui al secondo comma, lett. e) dell'art.  117  della  Costituzione
«non puo' che  riflettere  quella  operante  in  ambito  comunitario»
(sentenza n. 401 del 2007). 
    Avuto riguardo al diritto comunitario, devono  essere  ricomprese
in tale nozione «le disposizioni legislative che perseguono  il  fine
di  assicurare  procedure  concorsuali  di   garanzia   mediante   la
strutturazione di tali procedure in  modo  da  assicurare  ''la  piu'
ampia  apertura  del  mercato  a  tutti  gli  operatori  economici''»
(sentenza n. 401/2007). 
    Nello specifico settore degli appalti vengono altresi' in rilievo
tutte le disposizioni  che  «disciplinando  la  fase  prodomica  alla
stipulazione del contratto si qualificano per le finalita' perseguite
di assicurare la  concorrenza  «per»  il  mercato  e  che  tendono  a
tutelare essenzialmente i principi della  libera  circolazione  delle
merci, della liberta' di stabilimento e della libera  prestazione  di
servizi (artt. da 28 a 32, da 34 a 37, da 45 a 54, da  56  a  66  del
Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea)» (sentenza n. 45  del
2010). 
    Sul punto quindi  la  Regione  siciliana  nel  dettare  norme  in
materia di lavori pubblici di interesse  regionale,  pur  esercitando
una competenza esclusiva specificamente attribuita dallo  Statuto  di
autonomia «deve non di meno rispettare, con  riferimento  soprattutto
alla  disciplina  della  fase  del  procedimento  amministrativo   di
evidenza  pubblica,  i  principi  della  tutela   della   concorrenza
strumentali  ad  assicurare  le  liberta'  comunitarie  e  dunque  le
disposizioni contenute nel Codice  degli  appalti  che  costituiscono
diretta attuazione delle prescrizioni poste al livello europeo» e che
sono  espressione  dei  principi  dell'ordinamento  giuridico   della
Repubblica e delle norme di riforme  economico-sociale  (sentenza  n.
45/2010). 
    Codesta Corte, inoltre, ha avuto  modo  di  chiarire  nella  piu'
volte citata sentenza n. 45 del 2010  che  al  Codice  degli  appalti
pubblici deve essere riconosciuto il carattere sostanziale  di  norma
fondamentale di riforma economico‑sociale in quanto ha comportato una
complessiva e profonda innovazion normativa in un settore che  assume
importanza nazionale e che richiede l'attuazione di principi uniformi
su tutto il territorio del  Paese.  «Tali  principi  comportano,  tra
l'altro, l'omogeneita' e la trasparenza delle  procedure,  l'uniforme
qualificazione dei soggetti, la libera concorrenza degli operatori in
un mercato senza restrizioni regionali». 
    Le norme del predetto Codice  che  attengono,  da  un  lato  alla
scelta del contraente (alla procedura di affidamento) e,  dall'altro,
al  perfezionamento  del  vincolo  negoziale  e  alla  correlata  sua
esecuzione, costituiscono un legittimo  limite  all'esplicarsi  della
potesta'  legislativa  esclusiva  della  Regione.  Questa  quindi  si
ritiene non possa adottare,  per  quanto  riguarda  la  tutela  della
concorrenza,  una  disciplina  con  contenuti  difformi   da   quella
assicurata dal legislatore statale con il decreto legislativo n.  163
del 2006, in attuazione delle prescrizioni poste dall'U.E.  (sentenza
C.C. n. 221/2010). 
    Codesta  Corte  ha  altresi'  ulteriormente  precisato   che   la
disciplina delle procedure di gara e dei  criteri  di  aggiudicazione
sono riconducibili all'ambito della tutela della concorrenza ex  art.
117,  secondo  comma  lett.  e)  della  Costituzione,  di   esclusiva
competenza dello Stato. 
    «L'esclusivita'    di    siffatta    competenza    si     esprime
nell'ammissibilita'  della  formulazione  da  parte  del  legislatore
statale di una disciplina integrale e  dettagliata  della  richiamata
procedura  e  nell'inderogabilita'   delle   relative   disposizioni»
(sentenza n. 431 del 2007). 
    Alla  luce  delle  suesposte  considerazioni,   le   disposizioni
contenute nell'art. 3, comma 1 lett. d), e), f) e g), e nell'art.  4,
commi 5, 6, 7 e 8 si  ritengono  costituzionalmente  illegittime  per
violazione dell'art. 14, lett. g) dello Statuto Speciale e  dell'art.
117, comma 2, lett. e) della Costituzione in  quanto  incidono  sulle
procedure di selezione dei concorrenti e  di  affidamento  stabilendo
una disciplina autonoma, in taluni casi  anche  difforme,  da  quella
nazionale, cui avrebbero dovuto adeguarsi in materia di tutela  della
concorrenza, intervenendo in  un  settore  estraneo  alla  competenza
legislativa regionale e riservato viceversa, allo Stato. 
    L'art. 3, comma 1, lett. d) ed f), infatti nel prevedere che  non
e' soggetto a ribasso d'asta il costo  del  lavoro  e  nell'escludere
giustificazioni ai fini di quanto disposto dal comma 1-bis 2 inerenti
allo stesso  si  pone  in  evidente  contrasto  con  quanto  previsto
dall'art. 87, comma  2,  lett.  g)  del  Codice  degli  appalti,  che
considera il suddetto costo oggetto di eventuale  giustificazione  da
parte dell'offerente in caso di offerte anormalmente basse. 
    Cosi' come l'art. 3, comma 1, lett. e), palesemente contrasta con
l'art. 86 del Codice degli appalti e con l'art.  55  della  Direttiva
europea 2004/18/CE  in  quanto  stabilisce  in  tema  di  valutazione
dell'anomalia delle offerte che le giustificazioni  siano  presentate
dai concorrenti gia' in sede di gara. 
    Articoli questi del decreto legislativo n. 163 del 2006  ritenuti
da codesta Corte espressamente  vincolanti  per  le  Regioni  con  le
sentenze n. 431/2007 e n. 322 del 2008. 
    Infine le disposizioni contenute nell'art. 3, comma 1, lett. g) e
nell'art. 4, commi 5, 6, 7 e 8, sebbene  riproducano  sostanzialmente
le corrispondenti norme statali di cui all'art. 7, comma 1, lett.  e)
del d.P.R. n. 34/2000 e all'art. 11, commi 9, 10, 10-bis e 10-ter del
d.lgs. n. 163 del 2006, cosi' come modificato dall'art. 1  del d.lgs.
n.  53/2010  in  tema  rispettivamente   di   qualificazione   e   di
aggiudicazione,  vertendo  entrambi  in  materia  riconducibile  alla
concorrenza, cosi' come chiarito da codesta Corte, sono da  ritenersi
di esclusiva competenza dello Stato  e  precluse  a  qualsiasi  forma
d'intervento del legislatore regionale. 
    Non  puo'  invero  ritenersi  ammissibile  che   il   legislatore
regionale, privo della competenza  nella  materia  «de  qua»  per  le
ragioni prima esposte, possa operare un sostanziale recepimento delle
disposizioni  statali  senza  pero'  prevedere  al  contempo  che  il
recepimento stesso disponga  l'indispensabile  rinvio  dinamico  alla
eventuale legislazione nazionale successivamente introdotta,  e  cio'
al fine di evitare che in  tale  ipotesi  possano  essere  in  vigore
normative  difformi  «medio  tempore»  in   attesa   del   necessario
adeguamento alla nuova disciplina. 
 
                               P. Q. M. 
 
      
    Impugna l'art. 3, comma 1, lett. d), e), f)  e  g)  e  l'art.  4,
commi 5, 6, 7 e 8 del disegno di legge n. 568 dal  titolo  «Modifiche
ed integrazioni alla  normativa  regionale  in  materia  di  appalti»
approvato dall'Assemblea Regionale Siciliana il 13  luglio  2010  per
violazione dell'art. 14, lett. g) dello Statuto Speciale e  dell'art.
117, secondo comma, lett. e) della Costituzione. 
        Palermo, addi' 21 luglio 2010 
 
Il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana: Lepri Gallerano 
 

Menu

Contenuti