Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 24 settembre 2015 (della Regione Puglia).
 

(GU n. 46 del 2015-11-18)

     Ricorso nell'interesse della  Regione  Puglia,  in  persona  del
Presidente pro tempore della Giunta regionale dott. Michele Emiliano,
a cio' autorizzato con deliberazione della Giunta regionale  n.  1615
del  12  settembre  2015,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.  prof.
Marcello                        Cecchetti                        (pec
…)   ed    elettivamente
domiciliato presso lo studio di quest'ultimo  in  Roma,  Via  Antonio
Mordini n. 14, come da mandato a margine del presente atto;
    Contro lo Stato, in persona  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri  pro  tempore,  per  la  dichiarazione   di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 29, 47, 66, 68, 69, 74,  126,  153,
155, 162, 171, 181, lett. e), n. 1.3), e 183, della legge  13  luglio
2015,  n.  107  (Riforma  del  sistema  nazionale  di  istruzione   e
formazione e delega per il riordino  delle  disposizioni  legislative
vigenti), pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale,  Serie  Generale,  15
luglio 2015, n. 162, per violazione degli articoli 117, terzo e sesto
comma, 118, primo comma, e 119 della Costituzione.
Premessa.
    I. - Con il presente atto la Regione Puglia impugna le  norme  di
cui alla legge 13 luglio 2015,  n.  107,  indicate  in  epigrafe,  in
quanto in larga parte da ritenersi ascrivibili  -  ad  eccezione  dei
commi 153,  155,  162  e  171  dell'art.  1,  afferenti  all'edilizia
scolastica - alla materia "istruzione" che l'art. 117,  terzo  comma,
Cost.  affida  alla  competenza   legislativa   regionale   di   tipo
concorrente.
    Prima di illustrare analiticamente  le  censure  di  legittimita'
costituzionale che la ricorrente intende sottoporre allo scrutinio di
questa   ecc.ma   Corte   a   tutela   delle   proprie    prerogative
costituzionalmente garantite, e' dunque opportuno un breve  riepilogo
dell'evoluzione giurisprudenziale e dei punti di approdo  cui  questa
Corte e' pervenuta in ordine al riparto della potesta' legislativa in
tema  di  "istruzione",  con  specifico  riguardo,  innanzitutto,  al
delicato rapporto tra le due "materie" nelle  quali  quest'ultima  e'
suddivisa all'interno della  Carta  fondamentale:  ci  si  riferisce,
evidentemente, da un lato,  alle  «norme  generali  sull'istruzione»,
affidate alla competenza esclusiva dello  Stato  (art.  117,  secondo
comma, lett. n), dall'altro, all'ambito di  legislazione  concorrente
relativo  all'«istruzione   salva   l'autonomia   delle   istituzioni
scolastiche e con esclusione  della  istruzione  e  della  formazione
professionale» (art. 117, terzo comma,  Cost.),  ambito  che,  a  sua
volta, impone il non facile compito di mettere a fuoco in termini del
tutto peculiari il riparto tra sfera di competenza statale e sfera di
competenza regionale all'interno della suddetta materia.
    Come e' noto, la giurisprudenza  di  questa  Corte  ha  elaborato
dapprima una nozione di «norme generali sull'istruzione»  secondo  la
quale queste ultime non  sarebbero  altro  che  norme  «sorrette,  in
relazione  al  loro  contenuto,  da  esigenze  unitarie  e,   quindi,
applicabili  indistintamente  al  di  la'  dell'ambito   propriamente
regionale» (sent.  n.  279  del  2005,  parr.  2.1,  5.1  e  7.2  del
Considerato in diritto), chiarendo progressivamente che tali esigenze
di unitarieta' sono sottese alla disciplina degli «istituti  generali
e fondamentali dell'istruzione» (sent. n. 34 del 2005, parr. 4 e  5.1
del Considerato in diritto), ovvero alla disciplina  «caratterizzante
l'ordinamento dell'istruzione» (sent. n. 120 del  2005,  par.  2  del
Considerato in diritto),  fino  a  giungere,  su  questa  scia,  alla
definizione piu' compiuta  di  "norme  generali"  come  «disposizioni
statali che definiscono la struttura portante del  sistema  nazionale
di  istruzione  e  che  richiedono  di  essere  applicate   in   modo
necessariamente  unitario  ed  uniforme  in   tutto   il   territorio
nazionale»; esse, dunque, «delineano le basi del sistema nazionale di
istruzione» e al contempo «non necessitano di  ulteriori  svolgimenti
normativi a livello di legislazione regionale» (sent n. 200 del 2009,
par. 24 del Considerato in diritto; sul punto, v. anche sentt. nn. 92
del 2011, 147 del 2012, 308 del 2012 e 62 del 2013).
    E' bene sottolineare, pero', che allo  scopo  di  distinguere  le
"norme  generali  sull'istruzione"  dalla  competenza  regionale   in
materia di "istruzione", questa ecc.ma Corte ha fatto spesso  ricorso
anche alla tecnica del c.d. "ritaglio normativo", consistente nel far
coincidere le norme  in  parola  con  alcune  "parti"  della  materia
"istruzione". In particolare,  alle  Regioni  e'  stata  riconosciuta
potesta'  legislativa  (ancorche',  evidentemente,  sul   presupposto
dell'osservanza dei "principi fondamentali"  posti  dallo  Stato)  in
relazione alla programmazione dell'offerta  formativa  integrata  tra
istruzione e formazione professionale (sentt. nn. 34 del 2005  e  200
del 2009), alla programmazione (regionale) della rete scolastica  (v.
sentt. nn. 13 del  2004  e  34  del  2005),  alla  distribuzione  del
personale tra le istituzioni scolastiche (sent. n. 13 del  2004),  al
dimensionamento delle istituzioni  scolastiche  (sentt.  nn.  34  del
2005, 200 del 2009,  92  del  2011,  147  del  2012,  62  del  2013),
all'individuazione di criteri  per  la  gestione  e  l'organizzazione
degli asili, con particolare riguardo  agli  standard  strutturali  e
qualitativi dei medesimi (sentt. nn. 307 del 2003 e  120  del  2005),
all'organizzazione scolastica (sent. n. 279 del 2005), al settore dei
contributi relativi alle scuole paritarie (sent.  n.  50  del  2008),
alla  chiusura  o  all'accorpamento  degli  istituti  scolastici  nei
piccoli Comuni (sent. n. 200 del 2009), alla disciplina  sull'obbligo
di istruzione (sent. n. 334 del 2010).
    In definitiva, la potesta' legislativa contemplata dall'art. 117,
terzo comma, Cost. - e riconosciuta alle Regioni - si configura  come
una   competenza   che   attiene   principalmente   ai   profili   di
organizzazione del sistema scolastico, con particolare riferimento  a
quelli  che  richiedono  valutazioni  legate  a  specifiche  esigenze
territoriali.
    Nella giurisprudenza di questa  Corte,  poi,  e'  rinvenibile  la
distinzione tra "norme generali" e "principi fondamentali" in materia
di istruzione: questi ultimi sarebbero norme che se  «pur  sorrett[e]
da esigenze  unitarie,  non  esauriscono  in  se  stesse[e]  la  loro
operativita', ma informano, diversamente dalle  prime,  altre  norme,
piu' o meno numerose» (cosi' sent. n. 279 del 2005, pan. 2.1,  5.1  e
7.2 del Considerato in diritto). E nella sentenza  n.  200  del  2009
questa ecc.ma Corte e' giunta ad affermare - elaborando  una  nozione
piu'  complessa  dei  "principi  fondamentali"  in   relazione   alla
specifica materia de qua - che  «appartengono  [...]  alla  categoria
delle  disposizioni  espressive  di  "principi  fondamentali"   della
materia dell'istruzione,  anch'esse  di  competenza  statale,  quelle
norme che, nel fissare criteri, obiettivi,  direttive  o  discipline,
pur tese ad assicurare la esistenza di elementi di  base  comuni  sul
territorio nazionale  in  ordine  alle  modalita'  di  fruizione  del
servizio dell'istruzione, da un lato, non sono riconducibili a quella
struttura essenziale del sistema  d'istruzione  che  caratterizza  le
norme generali sull'istruzione, dall'altro, necessitano, per la  loro
attuazione  (e  non   gia'   per   la   loro   semplice   esecuzione)
dell'intervento del legislatore regionale il quale deve conformare la
sua azione all'osservanza  dei  "principi  fondamentali"  stessi».  I
"principi fondamentali", dunque, si limitano a  prescrivere  «criteri
ed obiettivi», in modo da costituire  «un  punto  di  riferimento  in
grado di orientare l'esercizio  del  potere  legislativo  regionale»,
mentre  a  quest'ultimo  spetta  «l'individuazione  degli   strumenti
concreti da utilizzare per raggiungere detti obiettivi» (par. 25  del
Considerato in diritto. Sul  punto  cfr.  anche  sentt.  nn.  92  del
2011,147 del 2012 e 62 del 2013).
    In sintesi, in materia di "istruzione" (art.  117,  terzo  comma,
Cost.), per cio' che riguarda gli ambiti di  competenza  statale,  le
"norme generali" assolvono alla tutela di esigenze  unitarie  sottese
agli  istituti  portanti  della  materia   stessa,   attraverso   una
disciplina che «non necessit[a] di ulteriori svolgimenti normativi  a
livello  di  legislazione  regionale»;  i  "principi   fondamentali",
invece, sono norme funzionali alla tutela di esigenze di  unitarieta'
che attraversano quelle "parti" della  materia  che,  per  il  resto,
possono trovare svolgimento e  adattamento  alle  specifiche  realta'
territoriali da  parte  delle  Regioni.  I  "principi  fondamentali",
pertanto, non esauriscono la disciplina di  quegli  istituti,  ma  si
limitano ad orientare il legislatore regionale cui spetta il  compito
di regolamentarli.
    II. - E' alla luce dei menzionati parametri costituzionali, cosi'
come risultanti dal richiamato quadro giurisprudenziale,  e  al  solo
scopo di  assicurarne  il  pieno  rispetto,  dunque,  che  la  Giunta
regionale della  Regione  Puglia  ha  deliberato  di  autorizzare  il
Presidente a proporre  impugnativa  davanti  a  questa  ecc.ma  Corte
avverso le norme della legge n. 107 del 2015  indicate  in  epigrafe,
mediante la prospettazione delle seguenti questioni  di  legittimita'
costituzionale.
1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma  29,  legge  n.
107 del 2015, per violazione degli articoli 117, terzo comma, e  118,
primo comma, della Costituzione.
    Il comma 29 dell'unico articolo di cui si compone la legge n. 107
del 2015 prevede quanto segue: «Il dirigente scolastico, di  concerto
con gli organi collegiali,  puo'  individuare  percorsi  formativi  e
iniziative  diretti  all'orientamento  e  a  garantire  un   maggiore
coinvolgimento degli studenti nonche' la  valorizzazione  del  merito
scolastico e dei talenti. A tale fine,  nel  rispetto  dell'autonomia
delle scuole e di quanto previsto dal regolamento di cui  al  decreto
del Ministro della pubblica  istruzione  1°  febbraio  2001,  n.  44,
possono essere utilizzati anche finanziamenti esterni».
    La disposizione statale, in sintesi,  attribuisce  ad  un  organo
statale,  il  dirigente  scolastico,   la   funzione   amministrativa
consistente nell'individuazione di percorsi  formativi  e  iniziative
«diretti all'orientamento e a garantire  un  maggiore  coinvolgimento
degli studenti nonche' la valorizzazione del merito scolastico e  dei
talenti».
    La norma in questione, dunque, sulla  base  della  giurisprudenza
costituzionale richiamata in premessa  e'  agevolmente  riconducibile
alla materia di legislazione concorrente "istruzione" di cui all'art.
117, terzo comma, Cost., e non alle "norme generali  sull'istruzione"
di competenza esclusiva statale (art. 117, secondo  comma,  lett.  n,
Cost.), le quali,  per  consolidato  orientamento  di  questa  ecc.ma
Corte,  attengono  specificamente  alla  «struttura  essenziale   del
sistema istruzione» (cfr. sentt. nn. 200 del 2009, 92 del 2011, 147 e
279 del 2012, 62  del  2013).  La  previsione  di  cui  al  comma  29
dell'art. 1 della legge n. 107 del  2015,  infatti,  pur  riguardando
ambiti senza dubbio ascrivibili alla  sfera  dell'istruzione",  quali
l'orientamento, il coinvolgimento degli studenti e la  valorizzazione
del merito scolastico, non  e'  configurabile  alla  stregua  di  una
disciplina afferente alla struttura  portante  di  tale  materia.  Di
conseguenza, in relazione alla materia "istruzione" di cui  al  terzo
comma dell'art. 117, Cost., spetta allo Stato porre solo i  "principi
fondamentali" atti  ad  orientare  il  legislatore  regionale  (cfr.,
supra, in premessa), mentre la restante disciplina  e'  da  ritenersi
affidata alle Regioni.
    Il citato comma 29 dell'art. 1, al contrario, si spinge ben oltre
la  mera  determinazione  dei  richiamati  "principi   fondamentali";
attraverso di esso, infatti, il legislatore nazionale  si  occupa  di
allocare una funzione  amministrativa  ad  un  organo  statale  e  ne
stabilisce la relativa disciplina in un ambito - occorre ribadirlo  -
di  competenza  legislativa  concorrente,  ossia  in  un  ambito   in
relazione al quale questa ecc.ma Corte ha chiarito, a  partire  dalla
storica sentenza  n.  303  del  2003,  che  l'eventuale  chiamata  in
sussidiarieta'  di  funzioni  amministrative  da  parte  dello  Stato
richiede comunque il rispetto del principio di leale  collaborazione,
attraverso la previsione di adeguate forme  di  coinvolgimento  delle
Regioni   che   consentano   di   tutelare   le   istanze   regionali
costituzionalmente garantite (con  specifico  riguardo  alla  materia
"istruzione", cfr. sent. n. 92 del 2011, par. 9  del  Considerato  in
diritto). Si legge, infatti, nella citata sentenza n.  303  del  2003
che per giudicare se una legge statale che avochi al livello centrale
una  funzione  amministrativa  occupando  lo  spazio  legislativo  di
competenza  regionale  (anche   concorrente)   sia   invasiva   delle
attribuzioni regionali o  non  costituisca  invece  applicazione  dei
principi di sussidiarieta' e adeguatezza «diviene elemento valutativo
essenziale la previsione di un'intesa  fra  lo  Stato  e  le  Regioni
interessate,  alla  quale  sia   subordinata   l'operativita'   della
disciplina» (sent. n. 303 del  2003,  par.  4.1  del  Considerato  in
diritto).
    A  ben  vedere,  invece,  nessuna  intesa  ne'  altra  forma   di
partecipazione delle Regioni alla disciplina  e  all'esercizio  della
funzione  amministrativa  relativa  all'individuazione  di   percorsi
formativi e di iniziative volte ad orientare e  a  coinvolgere  nella
maggior misura possibile gli  studenti,  nonche'  a  valorizzarne  il
talento, e' contemplata dalla norma statale in  esame.  Quest'ultima,
dunque, comprime senza alcun dubbio gli spazi di autonomia  normativa
attribuiti alle Regioni dagli articoli 117, terzo comma, e 118, primo
comma, Cost., cosi' come interpretati dalla giurisprudenza di  questa
Corte: con conseguente palese violazione dei parametri costituzionali
appena evocati.
2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma  47,  legge  n.
107 del 2015, per violazione dell'articolo 117, terzo e sesto  comma,
della Costituzione.
    L'art. 1, comma 47, della legge n. 107  del  2015,  recita:  «Per
favorire le misure di semplificazione e di promozione degli  istituti
tecnici  superiori,  con  decreto   del   Ministro   dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca, da adottare  entro  novanta  giorni
dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con
il Ministro del lavoro e delle politiche  sociali,  con  il  Ministro
dello sviluppo economico e con  il  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze, previa intesa in  sede  di  Conferenza  unificata  ai  sensi
dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,  sono
emanate le  linee  guida  per  conseguire  i  seguenti  obiettivi,  a
sostegno delle politiche di istruzione e formazione sul territorio  e
dello sviluppo dell'occupazione dei giovani:
    a) semplificare e snellire le procedure per lo svolgimento  delle
prove  conclusive  dei  percorsi  attivati  dagli  istituti   tecnici
superiori, prevedendo modifiche alla composizione  delle  commissioni
di esame e alla predisposizione e valutazione delle prove di verifica
finali;
    b) prevedere l'ammontare del contributo dovuto dagli studenti per
gli esami conclusivi dei percorsi e per il rilascio del diploma;
    c) prevedere che  la  partecipazione  dei  soggetti  pubblici  in
qualita' di soci fondatori delle  fondazioni  di  partecipazione  cui
fanno capo gli istituti tecnici superiori e le loro  attivita'  possa
avvenire senza determinare nuovi o maggiori oneri a carico  dei  loro
bilanci;
    d) prevedere che, ai fini del riconoscimento  della  personalita'
giuridica da parte del prefetto, le fondazioni di partecipazione  cui
fanno  capo  gli  istituti  tecnici  superiori  siano  dotate  di  un
patrimonio, uniforme per tutto il territorio nazionale, non inferiore
a 50.000 euro e comunque che garantisca la piena realizzazione di  un
ciclo completo di percorsi;
    e) prevedere per le fondazioni di partecipazione cui  fanno  capo
gli istituti tecnici superiori un regime contabile e  uno  schema  di
bilancio per la rendicontazione dei percorsi  uniforme  in  tutto  il
territorio nazionale;
    f) prevedere che le fondazioni esistenti alla data di entrata  in
vigore  della  presente  legge  possano   attivare   nel   territorio
provinciale altri percorsi di formazione anche  in  filiere  diverse,
fermo restando il rispetto dell'iter di autorizzazione e  nell'ambito
delle risorse disponibili a legislazione vigente. In questo caso  gli
istituti tecnici superiori devono essere dotati di un patrimonio  non
inferiore a 100.000 euro».
    In  sintesi,   h   norma   statale   in   questione   affida   la
predisposizione di apposite "linee-guida" al Ministro dell'istruzione
- di concerto con il Ministro del lavoro e delle  politiche  sociali,
con  il  Ministro  dello  sviluppo  economico  e  con   il   Ministro
dell'economia e delle finanze, e previa intesa in sede di  Conferenza
unificata - al fine di «favorire le misure di  semplificazione  e  di
promozione  degli  istituti  tecnici  superiori»  e  in  vista  della
realizzazione degli obiettivi indicati alle lettere da a)  a  f)  del
medesimo comma. Si tratta,  dunque,  di  una  previsione  che  ricade
nell'ambito della competenza legislativa concorrente  in  materia  di
"istruzione", poiche', avendo finalita'  di  mera  semplificazione  e
promozione  degli  istituti  tecnici  superiori,  non   puo'   essere
ricondotta ne'  alla  «struttura  essenziale»  ne'  alle  «basi»  del
sistema istruzione (cfr., supra, in premessa), la  cui  disciplina  -
secondo  l'ormai  costante  giurisprudenza  di  questa  ecc.ma  Corte
(sentt. nn. 200 del 2009, 92 del 2011, 147 e 279  del  2012,  62  del
2013) - e' di spettanza del  legislatore  statale  nell'ambito  della
determinazione delle "norme generali sull'istruzione" di cui all'art.
117, secondo comma, lett. n), Cost.
    Tuttavia, se e' vero che il comma 47 dell'art. 1 della  legge  n.
107 del 2015 incide su di un ambito di legislazione concorrente - per
l'appunto l'"istruzione" - deve al riguardo rilevarsi che e' precluso
allo Stato, secondo quanto  stabilito  dall'art.  117,  sesto  comma,
Cost., il  ricorso,  anche  al  solo  fine  di  dettare  i  "principi
fondamentali"  della  materia,  a  fonti  regolamentari  quali,   per
l'appunto, il decreto interministeriale cui la norma statale nel caso
di specie rinvia. L'art. 117, sesto comma, Cost., infatti, stabilisce
a chiare lettere che «La potesta'  regolamentare  spetta  allo  Stato
nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega  alle  Regioni.
La potesta' regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia».
E che la disposizione costituzionale debba  essere  interpretata  nel
senso di precludere allo Stato l'utilizzo di fonti sub-legislative in
materie diverse da quelle di cui all'art. 117, secondo comma,  Cost.,
ovvero  in  materie/ambiti  di  competenza  concorrente  o  regionale
residuale (art. 117, commi terzo e quarto, Cost.) e' confermato dalla
giurisprudenza di questa ecc.ma Corte, la quale si e' pronunciata sul
punto anche  con  specifico  riferimento  alla  materia  "istruzione"
(cfr., ex plurimis, sentt nn. 200 del 2009 e 92 del 2011),  ribadendo
che  «il  sesto  comma  dell'art.  117  Cost.  (...)   autorizza   il
legislatore statale (...) ad esercitare la potesta' regolamentare  in
tutte le materie di legislazione esclusiva dello Stato» (cosi'  sent.
n. 200 del 2009, par. 35.2 del Considerato in diritto).
    Da  quanto  esposto   discende   per   tabulas   l'illegittimita'
costituzionale del citato art. 1, comma 47, che affida ad un  decreto
interministeriale l'individuazione di  "linee-guida"  in  materia  di
misure di semplificazione e  di  promozione  degli  istituti  tecnici
superiori, per violazione dell'art. 117, terzo e sesto comma, Cost.
    Ne' e' possibile sostenere che, poiche' la disposizione in  esame
si riferisce espressamente  alla  predisposizione  di  "linee-guida",
queste ultime  non  possano  ritenersi  giuridicamente  vincolanti  e
quindi non vengano in rilievo come fonte  normativa:  cio',  infatti,
contrasterebbe palesemente con gli obiettivi che  tali  "linee-guida"
dovrebbero conseguire secondo la norma de qua. Le lettere da a) a  f)
del comma 47 dell'art. 1, infatti, si riferiscono alla previsione, da
parte di tali "linee-guida", «di modifiche  alla  composizione  delle
commissioni di esame e alla predisposizione e valutazione delle prove
di verifica finali» (lett. a), nonche' dell'«ammontare del contributo
dovuto dagli studenti per gli esami conclusivi dei percorsi e per  il
rilascio del diploma» (lett. b); esse,  inoltre,  dovranno  prevedere
che «la partecipazione dei soggetti  pubblici  in  qualita'  di  soci
fondatori delle fondazioni  di  partecipazione  cui  fanno  capo  gli
istituti tecnici superiori e le loro attivita' possa  avvenire  senza
determinare nuovi o maggiori oneri a carico dei loro bilanci»  e  che
le fondazioni di partecipazione cui fanno capo gli  istituti  tecnici
superiori siano dotate «di  un  patrimonio,  uniforme  per  tutto  il
territorio nazionale, non inferiore a  50.000  euro  e  comunque  che
garantisca la piena realizzazione di un ciclo completo  di  percorsi»
(lett. d). Infine, sempre  le  "linee-guida"  in  questione  dovranno
farsi carico della previsione, per le  fondazioni  di  partecipazione
cui  fanno  capo  gli  istituti  tecnici  superiori,  di  «un  regime
contabile e  uno  schema  di  bilancio  per  la  rendicontazione  dei
percorsi uniforme  in  tutto  il  territorio  nazionale»  (lett.  e),
nonche', per le fondazioni esistenti alla data di entrata  in  vigore
della presente legge,  che  esse  «possano  attivare  nel  territorio
provinciale altri percorsi di formazione anche  in  filiere  diverse,
fermo restando il rispetto dell'iter di autorizzazione e  nell'ambito
delle risorse disponibili a legislazione vigente. In questo caso  gli
istituti tecnici superiori devono essere dotati di un patrimonio  non
inferiore a 100.000 euro» (lett. f). E',  evidente,  in  conclusione,
che non si tratta di mere finalita' generali da conseguire, bensi' di
previsioni vincolanti, alcune addirittura "di  dettaglio"  e  non  di
mero principio (cfr., ad es., la lett. a), le quali sono destinate  a
delineare  e  definire  il  contenuto  propriamente  normativo  delle
suddette "linee-guida": non puo' ritenersi, pertanto, che  il  citato
comma 47 prescriva l'adozione, tramite decreto interministeriale,  di
norme prive di efficacia precettiva e,  quindi,  non  vincolanti.  Da
cio' non puo' che conseguire  l'illegittimita'  costituzionale  della
norma statale in esame, per violazione dell'art. 117, terzo  e  sesto
comma, Cost.
3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma  66,  legge  n.
107 del 2015, per violazione degli articoli 117, terzo comma, e  118,
primo comma, della Costituzione.
    Il comma 66 dell'art. 1 della legge n. 107 del  2015,  dopo  aver
previsto che «A decorrere dall'anno scolastico 2016/2017 i ruoli  del
personale docente sono regionali, articolati in ambiti  territoriali,
suddivisi in sezioni separate per  gradi  di  istruzione,  classi  di
concorso e tipologie di  posto»,  al  secondo  periodo  aggiunge  che
«Entro  il  30  giugno  2016  gli  uffici  scolastici  regionali,  su
indicazione del Ministero dell'istruzione, dell'universita'  e  della
ricerca, sentiti le regioni e gli enti locali, definiscono l'ampiezza
degli ambiti territoriali, inferiore alla  provincia  o  alla  citta'
metropolitana, considerando:
    a) la popolazione scolastica;
    b) la prossimita' delle istituzioni scolastiche;
    c) le caratteristiche del territorio, tenendo anche  conto  delle
specificita' delle aree interne, montane e delle piccole isole, della
presenza di scuole nelle carceri, nonche' di ulteriori  situazioni  o
esperienze territoriali gia' in atto».
    La  norma  statale,  nella  parte  in  cui  affida  agli   uffici
scolastici  regionali  la  definizione  dell'ampiezza  degli   ambiti
territoriali nei quali sono articolati i ruoli del personale  docente
viola la sfera di potesta' legislativa  regionale  nella  materia  di
competenza concorrente relativa  all'"istruzione",  di  cui  all'art.
117, terzo comma, Cost.
    Al legislatore regionale, infatti, in riferimento a tale materia,
spetta - secondo la giurisprudenza ormai consolidata di questa ecc.ma
Corte (cfr., tra le altre, sentt. nn. 200 del 2009, 92 del 2011 e 147
del 2012) - la disciplina  degli  aspetti  organizzativi  della  rete
scolastica, con particolare riferimento al suo dimensionamento (cfr.,
sopra, in premessa). E che il  citato  comma  66  incida  su  profili
organizzativi di pertinenza regionale, ovvero su profili  che  questa
Corte ha ricondotto alla sfera di competenza concorrente regionale in
materia di "istruzione", in quanto implicanti una  valutazione  delle
specifiche esigenze territoriali, e' confermato dai  criteri  che  la
stessa  norma  richiama  ai  fini  dell'individuazione  dei  suddetti
"ambiti  territoriali",  ovvero:  «La  popolazione  scolastica»;  «la
prossimita'  delle  istituzioni  scolastiche»;  e   soprattutto   «le
caratteristiche   del   territorio,   tenendo   anche   conto   delle
specificita' delle aree interne, montane e delle piccole isole, della
presenza di scuole nelle carceri, nonche' di ulteriori  situazioni  o
esperienze territoriali gia' in  atto».  Non  e'  possibile,  dunque,
ricondurre in alcun modo il contenuto della norma statale concernente
la definizione degli "ambiti territoriali" nei  quali  si  dovrebbero
articolare i ruoli del personale docente  ne'  alle  "norme  generali
sull'istruzione", poiche' queste  ultime  non  attengono  ai  profili
gestionali e organizzativi della materia, ne' tantomeno ai  "principi
fondamentali"  della  materia  "istruzione",  entrambi  parimenti  di
competenza statale. Questi ultimi, infatti, come si e' avuto modo  di
richiamare in premessa, per espressa affermazione  di  questa  ecc.ma
Corte, sono  volti  ad  individuare  «elementi  di  base  comuni  sul
territorio nazionale» (v., ex plurimis, sent. n. 200 del 2009) e  non
comportano, pertanto,  valutazioni  legate  alle  specifiche  realta'
territoriali, le quali, semmai, sono demandate alle Regioni.
    Peraltro, anche ove si volesse intendere la norma in  esame  come
attributiva di una funzione amministrativa avocata in  sussidiarieta'
dallo Stato, non risulterebbe comunque  rispettato  il  principio  di
leale collaborazione, che  impone  il  coinvolgimento  delle  Regioni
nell'esercizio della funzione attratta  "al  centro"  qualora  questa
ricada in un ambito di competenza legislativa concorrente o residuale
regionale, con conseguente violazione  dell'art.  118,  primo  comma,
Cost. In particolare, secondo quanto questa Corte ha piu' volte avuto
modo di chiarire, per giudicare se una legge statale  che  avochi  al
livello centrale una  funzione  amministrativa  occupando  lo  spazio
legislativo di competenza regionale, anche concorrente, sia  invasiva
delle attribuzioni regionali o non  costituisca  invece  applicazione
dei  principi  di  sussidiarieta'  e  adeguatezza  «diviene  elemento
valutativo essenziale la previsione di un'intesa fra lo  Stato  e  le
Regioni interessate, alla quale sia subordinata l'operativita'  della
disciplina» (sent. n. 303 del  2003,  par.  4.1  del  Considerato  in
diritto).
    Il comma 66 dell'art. 1 della legge n. 107 del 2015  non  prevede
alcuna intesa con le Regioni  interessate,  ma  soltanto  che  queste
ultime siano "sentite", ovvero esprimano un mero parere.  E'  palese,
pertanto,  la  violazione  da  parte  della  norma  impugnata   tanto
dell'art. 117, terzo comma, quanto dell'art. 118, primo comma, Cost.
4. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma  68,  legge  n.
107 del 2015, per violazione dell'art. 117, terzo comma, e  dell'art.
118, primo comma, della Costituzione.
    L'art. 1, comma 68, della legge n. 107 del 2015 cosi' stabilisce:
«A decorrere dall'anno  scolastico  2016  /  2017,  con  decreto  del
dirigente  preposto  all'ufficio  scolastico  regionale,   l'organico
dell'autonomia e' ripartito tra gli ambiti  territoriali.  L'organico
dell'autonomia comprende l'organico di  diritto  e  i  posti  per  il
potenziamento, l'organizzazione, la progettazione e il coordinamento,
incluso fabbisogno per i progetti e le convenzioni di cui  al  quarto
periodo del comma  65.  A  quanto  previsto  dal  presente  comma  si
provvede nel limite massimo di cui al comma 201».
    La norma statale si pone in contrasto con gli articoli 117, terzo
comma, e 118,  primo  comma,  Cost.  Essa,  infatti,  afferisce  alla
materia "istruzione" di competenza  legislativa  concorrente,  ed  in
particolare alla  sfera  di  competenza  regionale  relativa  a  tale
materia, che - come si e' avuto modo  di  richiamare  in  premessa  -
questa Corte ha individuato anche  nell'assetto  organizzativo  della
rete scolastica e nel suo dimensionamento, nonche' a tutto  cio'  che
in ordine ad essa richiede una valutazione delle  specifiche  realta'
territoriali (sentt nn. 200 del 2009, 92 del  2011,  147  e  279  del
2012, 62 del 2013). La ripartizione dell'organico in riferimento agli
"ambiti territoriali" rientra,  dunque,  senza  alcun  dubbio,  nella
materia "istruzione" di cui al terzo comma dell'art.  117  Cost.,  in
relazione alla quale spetta alle Regioni  la  competenza  legislativa
fuorche' in riferimento alla determinazione  dei  relativi  "principi
fondamentali".
    Tuttavia, con il citato comma 68, il legislatore  statale  si  e'
preoccupato di attribuire la funzione di  ripartizione  dell'organico
di autonomia "per ambiti territoriali" ad un organo statale, quale e'
il  dirigente  preposto  all'ufficio  scolastico  regionale.  Palese,
pertanto, e' il contrasto della norma in esame con l'art. 117,  terzo
comma, e con l'art. 118, primo comma, Cost., poiche' la  compressione
dell'autonomia legislativa regionale in  una  materia  di  competenza
legislativa concorrente a seguito dell'avocazione in  sussidiarieta',
da  parte  dello  Stato,  di  una  funzione  amministrativa  ad  essa
afferente  e'  avvenuta  in  violazione  del   principio   di   leale
collaborazione; la richiamata norma  statale,  infatti,  non  prevede
alcuna forma di  coinvolgimento  delle  stesse  nell'esercizio  della
funzione amministrativa avocata.
    Secondo la giurisprudenza costituzionale,  come  gia'  ricordato,
per giudicare se una legge statale che avochi al livello centrale una
funzione amministrativa occupando lo spazio di competenza legislativa
regionale  (anche  concorrente)  sia  invasiva   delle   attribuzioni
regionali o non  costituisca  invece  applicazione  dei  principi  di
sussidiarieta' e adeguatezza «diviene elemento valutativo  essenziale
la previsione di un'intesa fra lo Stato  e  le  Regioni  interessate,
alla quale sia subordinata l'operativita' della disciplina» (sent. n.
303 del 2003, par. 4.1 del  Considerato  in  diritto).  Nel  caso  di
specie,  invece,  il  legislatore  statale  non  solo  ha  omesso  di
prevedere lo strumento dell'intesa con le Regioni interessate ai fini
della  disciplina  e  dell'esercizio  della  funzione  amministrativa
attratta "al centro", ma non ha neppure  contemplato  alcun  tipo  di
partecipazione delle stesse in riferimento a quest'ultima.
5. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma  69,  legge  n.
107 del 2015, per violazione dell'art. 117, terzo comma, e  dell'art.
118, primo comma, della Costituzione.
    L'art. 1, comma 69, della legge n. 107 del  2015  dispone  quanto
segue: «All'esclusivo scopo di far fronte ad  esigenze  di  personale
ulteriori rispetto a quelle soddisfatte dall'organico  dell'autonomia
come definite dalla presente legge, a decorrere dall'anno  scolastico
2016/2017, ad esclusione dei posti di sostegno in deroga, nel caso di
rilevazione delle inderogabili necessita' previste e disciplinate, in
relazione ai vigenti ordinamenti didattici, dal regolamento di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 20  marzo  2009,  n.  81,  e'
costituito annualmente  con  decreto  del  Ministro  dell'istruzione,
dell'universita'  e  della  ricerca,  di  concerto  con  il  Ministro
dell'economia e delle finanze, un ulteriore contingente di posti  non
facenti parte dell'organico dell'autonomia ne'  disponibili,  per  il
personale a  tempo  indeterminato,  per  operazioni  di  mobilita'  o
assunzioni in  ruolo.  A  tali  necessita'  si  provvede  secondo  le
modalita', i criteri e i parametri previsti dal  citato  decreto  del
Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81. Alla  copertura  di
tali posti si  provvede  a  valere  sulle  graduatorie  di  personale
aspirante alla stipula di  contratti  a  tempo  determinato  previste
dalla normativa vigente ovvero  mediante  l'impiego  di  personale  a
tempo indeterminato con provvedimenti aventi efficacia  limitatamente
ad un solo anno scolastico.  All'attuazione  del  presente  comma  si
provvede nei limiti delle risorse disponibili annualmente nello stato
di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della
ricerca indicate nel decreto ministeriale di cui  al  primo  periodo,
fermo  restando  quanto  previsto  dall'articolo  64,  comma  6,  del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con  modificazioni,
dalla legge 6 agosto 2008, n. 133».
    La disposizione statale in  esame  incide,  con  tutta  evidenza,
nella materia "istruzione"  di  competenza  legislativa  concorrente,
poiche' attiene ai profili organizzativi della medesima (cfr., supra,
in  premessa);  nonostante  cio',  viene   attribuita   al   Ministro
dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca - di  concerto  con
il Ministro dell'economia e delle finanze - la  funzione  consistente
nella definizione,  tramite  decreto,  di  un  incremento  dei  posti
dell'organico, seppure non concernenti l'organico "di autonomia".  Ne
consegue la violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., che secondo
la piu' volte richiamata giurisprudenza costituzionale in materia  di
"istruzione" attribuisce alle Regioni proprio la disciplina  di  tali
profili organizzativi  della  medesima  nel  rispetto  dei  "principi
fondamentali" posti  dal  legislatore  statale  (cfr.,  ex  plurimis,
sentt. nn. 200  del  2009,  92  del  2011  e  147  del  2012).  Senza
considerare, poi, che lo stesso comma 69 dell'art. 1 della  legge  n.
107 del 2015 contiene una disposizione  che  non  e'  in  alcun  modo
configurabile come "principio fondamentale"  della  materia  che  qui
viene in rilievo: non si tratta, infatti, di una  norma  suscettibile
di informare altre norme (cfr. sent.  n.  279  del  2005),  ne'  essa
lascia spazi di attuazione alle Regioni in relazione alle  specifiche
esigenze territoriali (cfr., tra le altre, sent. n.  200  del  2009),
come invece richiesto dalla giurisprudenza di questa ecc.ma Corte  in
materia di "istruzione".
    Infine, se anche si trattasse di  una  norma  statale  espressiva
dell'avocazione al centro di una funzione amministrativa ricadente in
un ambito di competenza legislativa  concorrente,  essa  si  porrebbe
comunque in contrasto con l'art. 118, primo comma, Cost., cosi'  come
interpretato dalla giurisprudenza costituzionale (cfr. sent.  n.  303
del 2003), per violazione  del  principio  di  leale  collaborazione:
infatti, il citato comma 69 non contempla alcun coinvolgimento  delle
Regioni in tema di  organico  del  personale  docente.  Al  riguardo,
merita  comunque  ricordare  che  questa  Corte,  pronunciandosi   su
fattispecie analoga, ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale
della norma statale che affidava ad un decreto  interministeriale  la
possibilita' di incrementare posti del personale sulla  scorta  della
considerazione   che   tale   incremento   attenesse   «ad    aspetti
dell'organizzazione  scolastica  che  evidentemente  intersecano   le
competenze  regionali  relative   alle   attivita'   educative»;   di
conseguenza - ha concluso questa Corte - «il rispetto  del  principio
di leale collaborazione impone (...) che nell'adozione  delle  scelte
relative vengano coinvolte anche le regioni, quanto meno nella  forma
- gia' ben nota all'ordinamento - della consultazione dei  competenti
organi statali con  la  Conferenza  unificata  Stato-Regioni»  (cosi'
sent. n. 279 del 2005, par. 11.1 del Considerato in diritto).
  6. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 74, legge  n.
107 del 2015, per violazione degli articoli 117, terzo comma, e  118,
primo comma, della Costituzione.
    L'art. 1, comma 70, della legge in esame cosi'  stabilisce:  «Gli
uffici scolastici regionali promuovono, senza nuovi o maggiori  oneri
per la finanza pubblica, la  costituzione  di  reti  tra  istituzioni
scolastiche del medesimo ambito  territoriale.  Le  reti,  costituite
entro il 30 giugno 2016, sono finalizzate alla  valorizzazione  delle
risorse  professionali,  alla  gestione  comune  di  funzioni  e   di
attivita' amministrative, nonche' alla realizzazione di progetti o di
iniziative didattiche, educative, sportive o culturali  di  interesse
territoriale,  da  definire  sulla  base  di  accordi  tra  autonomie
scolastiche di un medesimo ambito territoriale, definiti "accordi  di
rete"», il cui contenuto e' chiarito dal successivo comma 71.
    Il comma 74, poi, dispone che «Gli ambiti territoriali e le  reti
sono definiti assicurando il rispetto dell'organico dell'autonomia  e
nell'ambito delle  risorse  finanziarie  disponibili  a  legislazione
vigente,  senza  nuovi  o  maggiori  oneri  a  carico  della  finanza
pubblica».
    Tale norma, se letta in combinato disposto con il comma  70,  non
puo' che essere interpretata  nel  senso  che  la  definizione  degli
"ambiti  territoriali"  e  delle  "reti"  e'  affidata  agli   uffici
scolastici  regionali,  i  quali,  a  loro  volta,  si  occupano   di
"promuovere" tali reti  tra  istituzioni  scolastiche.  E  d'altronde
l'interpretazione proposta e' coerente con il comma 66  del  medesimo
art. 1, che affida sempre agli uffici  scolastici  regionali,  ed  in
particolare  ai  loro  dirigenti,  la   definizione   degli   "ambiti
territoriali" in riferimento alla ripartizione del personale docente.
    Tuttavia, il comma 74 dell'art. 1 della legge n.  107  del  2015,
cosi' interpretato, si pone in palese contrasto con l'art. 117, terzo
comma, Cost., che - secondo consolidata giurisprudenza costituzionale
(cfr., tra le altre, le sentt. nn. 200 del 2009, 92 del  2011  e  147
del 2012) - affida  alle  Regioni  l'istruzione",  quale  materia  di
legislazione concorrente, in ordine ai  profili  organizzativi  e  di
dimensionamento della rete scolastica,  soprattutto  ove  vengano  in
rilievo valutazioni  legate  alle  specificita'  dei  diversi  ambiti
territoriali.
    Infine,  occorre  rilevare  che  se  anche  il  citato  comma  74
esprimesse  una  norma  statale  con  la  quale  dovesse   intendersi
esercitata  la   chiamata   in   sussidiarieta'   di   una   funzione
amministrativa ascrivibile  ad  un  ambito  di  competenza  normativa
concorrente, esso  nondimeno  violerebbe  l'art.  118,  primo  comma,
Cost., cosi' come interpretato  dalla  giurisprudenza  costituzionale
(cfr. sent. n. 303 del 2003), il  quale  in  questi  casi  impone  il
rispetto  del  principio  di  leale  collaborazione  e,  dunque,   il
necessario coinvolgimento delle Regioni nell'esercizio della funzione
amministrativa avocata al "centro". Difatti, come gia' piu' volte  si
e' ricordato, secondo questa ecc.ma Corte, per giudicare se una legge
statale che avochi al livello centrale  una  funzione  amministrativa
occupando  lo  spazio  legislativo  di  competenza  regionale  (anche
concorrente)  sia  invasiva  delle  attribuzioni  regionali   o   non
costituisca invece applicazione  dei  principi  di  sussidiarieta'  e
adeguatezza «diviene elemento valutativo essenziale la previsione  di
un'intesa fra lo Stato e  le  Regioni  interessate,  alla  quale  sia
subordinata l'operativita' della disciplina» (sent. n. 303 del  2003,
par. 4.1 del Considerato in diritto).
7. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 126,  legge  n.
107 del 2015, per violazione degli articoli 117, terzo comma,  e  119
della Costituzione.
    Il comma 126 dell'art. 1 della legge  n.  107  del  2015  prevede
quanto segue: «Per la valorizzazione del merito del personale docente
e' istituito presso il Ministero dell'istruzione, dell'universita'  e
della ricerca un apposito fondo, con  lo  stanziamento  di  euro  200
milioni  annui  a  decorrere  dall'anno  2016,  ripartito  a  livello
territoriale e tra le istituzioni  scolastiche  in  proporzione  alla
dotazione organica dei docenti, considerando altresi'  i  fattori  di
complessita' delle istituzioni scolastiche e delle  aree  soggette  a
maggiore rischio educativo, con decreto del Ministro dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca».
    Si tratta, come e'  evidente,  dell'istituzione  di  un  fondo  a
destinazione vincolata in riferimento ad un  ambito  -  quello  della
"valorizzazione del merito del personale docente"  -  che  certamente
non rientra nella competenza esclusiva statale concernente le  "norme
generali sull'istruzione" (art. 117,  secondo  comma,  lett.  n),  il
quale, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. sentt. nn. 200
del 2009, 92 del 2011, 147 e 279 del 2012, 62 del 2013), e'  limitato
alla disciplina della «struttura essenziale del sistema  istruzione»,
nonche' agli ambiti individuati dalla legge-delega  n.  53  del  2003
(«la definizione generale e  complessiva  del  sistema  educativo  di
istruzione e formazione, delle sue articolazioni cicliche e delle sue
finalita' ultime; la regolamentazione dell'accesso al  sistema  ed  i
termini del diritto-dovere alla sua fruizione; la previsione generale
del contenuto dei programmi delle varie fasi e  dei  vari  cicli  del
sistema e del nucleo essenziale dei piani di studio scolastici per la
"quota nazionale"; la previsione e la  regolamentazione  delle  prove
che consentono il passaggio ai diversi cicli;  la  definizione  degli
standard minimi formativi, richiesti per la  spendibilita'  nazionale
dei titoli professionali conseguiti all'esito dei percorsi formativi,
nonche' per il  passaggio  ai  percorsi  scolastici;  la  definizione
generale dei "percorsi" tra istruzione e  formazione  che  realizzano
diversi profili educativi, culturali e professionali (cui  conseguono
diversi titoli e qualifiche, riconoscibili sul piano nazionale) e  la
possibilita' di passare da  un  percorso  all'altro;  la  valutazione
periodica degli apprendimenti e del comportamento degli studenti  del
sistema  educativo  di  istruzione  e  formazione,  attribuito   agli
insegnanti della stessa  istituzione  scolastica;  i  principi  della
valutazione  complessiva  del  sistema;  il  modello  di   alternanza
scuola-lavoro, al fine di acquisire competenze spendibili  anche  nel
mercato del lavoro; i  principi  di  formazione  degli  insegnanti»),
successivamente disciplinati  da  una  serie  i  decreti  legislativi
attuativi della delega (nn. 59 e 286 del  2004;  76,  77  e  226  del
2005). Si legge, infatti, nella sentenza n.  200  del  2009  che  «il
complesso delle suindicate fonti legislative rappresenta, per la  sua
valenza sistematica volta a definire espressamente l'ambito materiale
di intervento esclusivo dello  Stato,  un  significativo  termine  di
riferimento per valutare se nuove disposizioni,  contenute  in  altre
leggi, possano essere qualificate allo  stesso  modo»  (par.  21  del
Considerato in diritto).
    Tanto premesso, ne discende che il fondo istituito dal comma  126
dell'art. 1 della legge n. 107 del 2015 non e' riconducibile - quanto
alla sua finalita' - ad alcuna delle suddette macro-aree nelle  quali
tendenzialmente si  articola  la  competenza  statale  relativa  alle
"norme  generali  sull'istruzione",  che  ne  delinea  la   struttura
portante. A venire in rilievo nel  caso  di  specie  e',  semmai,  la
materia "istruzione" di competenza legislativa concorrente (art. 117,
terzo comma, Cost.): con la conseguenza che, stando alla  consolidata
giurisprudenza  di  questa  ecc.ma  Corte,  non  e'   consentito   al
legislatore statale  istituire  in  relazione  ad  essa  un  fondo  a
destinazione vincolata (cfr., ex plurimis, sentt nn.  423  del  2004,
231 del 2005, 50 del 2008 e 298 del 2012). La norma statale che  reca
tale  previsione,  pertanto,  integra  una   lesione   dell'autonomia
finanziaria regionale e una palese  violazione  degli  articoli  117,
terzo comma, e 119 Cost.
8. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 153,  legge  n.
107 del 2015, per violazione degli articoli 117, terzo comma, e  118,
primo comma, della Costituzione.
    Il comma 153 dell'art. 1  della  legge  n.  107  del  2005  cosi'
dispone: «Al fine di favorire la costruzione di scuole innovative dal
punto   di   vista   architettonico,   impiantistico,    tecnologico,
dell'efficienza  energetica   e   della   sicurezza   strutturale   e
antisismica, caratterizzate  dalla  presenza  di  nuovi  ambienti  di
apprendimento   e   dall'apertura   al   territorio,   il    Ministro
dell'istruzione,  dell'universita'  e  della  ricerca,  con   proprio
decreto, d'intesa con la Struttura di missione per il coordinamento e
impulso   nell'attuazione   di   interventi    di    riqualificazione
dell'edilizia scolastica, istituita con decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri  27  maggio  2014  presso  la  Presidenza  del
Consiglio dei ministri, entro trenta giorni dalla data di entrata  in
vigore della presente legge, provvede a ripartire le risorse  di  cui
al comma 158 tra le regioni e individua i criteri per  l'acquisizione
da parte delle stesse regioni delle manifestazioni di interesse degli
enti  locali  proprietari  delle  aree  oggetto   di   intervento   e
interessati alla costruzione di una scuola innovativa».
    Si  tratta  di  una  disposizione  statale   riconducibile   alla
"materia"  dell'edilizia  scolastica,   la   quale,   per   esplicito
riconoscimento di questa Corte, si trova all'incrocio di piu'  ambiti
competenziali, quali il «governo del territorio»,  «l'energia»  e  la
«protezione civile»,  tutti  rientranti  nella  potesta'  legislativa
concorrente di cui al terzo comma dell'art. 117 Cost.  (sent.  n.  62
del 2013, par. 5 del Considerato in diritto).
    Il citato  comma  153,  in  sostanza,  attribuisce  una  funzione
amministrativa ad un organo statale  in  una  materia  di  competenza
concorrente e ne detta la relativa disciplina, cosi'  inevitabilmente
comprimendo gli spazi di autonomia normativa attribuiti alle  Regioni
dagli articoli 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost.  Tuttavia,
un simile sacrificio dell'autonomia regionale per via della  chiamata
in sussidiarieta' di funzioni amministrative da parte dello Stato  in
un ambito di competenza concorrente richiede, come contropartita,  il
rispetto del principio di leale collaborazione, ovvero la  previsione
-  da  parte  del  legislatore  nazionale  -  di  adeguate  forme  di
coinvolgimento delle Regioni al fine di tutelare le istanze regionali
costituzionalmente garantite (sent.  n.  92  del  2011,  par.  9  del
Considerato in diritto). In tal senso, come gia'  si  e'  piu'  volte
ribadito, si e' espressa proprio questa ecc.ma Corte a partire  dalla
ormai storica sentenza n. 303 del 2003, nell'ambito  della  quale  e'
stato chiarito che per giudicare se una legge statale che  avochi  al
livello centrale una  funzione  amministrativa  occupando  lo  spazio
legislativo di competenza regionale (anche concorrente) sia  invasiva
delle attribuzioni regionali o non  costituisca  invece  applicazione
dei  principi  di  sussidiarieta'  e  adeguatezza  «diviene  elemento
valutativo essenziale la previsione di un'intesa fra lo  Stato  e  le
Regioni interessate, alla quale sia subordinata l'operativita'  della
disciplina» (sent. n. 303 del  2003,  par.  4.1  del  Considerato  in
diritto).
    La disposizione statale in esame, a  ben  vedere,  non  solo  non
prevede l'acquisizione di un'intesa con le  Regioni,  ma  nemmeno  si
preoccupa di individuare forme piu' "deboli"  di  collaborazione  con
esse ai fini dell'esercizio della funzione chiamata in sussidiarieta'
"al  centro":  da   cio',   pertanto,   non   puo'   che   discendere
l'illegittimita'  costituzionale  della  norma   in   questione   per
violazione, nei termini indicati, degli arti.  117,  terzo  comma,  e
118, primo comma, Cost.
9. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 155,  legge  n.
107  del  2015,  nella  parte  in  cui  non  prevede  che   ai   fini
dell'indizione della  procedura  concorsuale  ivi  contemplata  venga
acquisita un'intesa con le Regioni interessate  dagli  interventi  di
edilizia scolastica, per violazione degli articoli 117, terzo  comma,
e 118, primo comma, della Costituzione.
    Il comma 155 dell'art. 1 della legge n. 107 del 2015 dispone  che
«Il Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della  ricerca,  con
proprio decreto, sentita la Conferenza permanente per i rapporti  tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e  di  Bolzano,
indice  specifico  concorso  con  procedura  aperta,  anche  mediante
procedure  telematiche,  avente  ad  oggetto   proposte   progettuali
relative agli interventi individuati dalle regioni ai sensi del comma
154, nel limite delle risorse assegnate dal comma 158 e comunque  nel
numero di almeno uno per regione».
    Anche la norma statale in esame si inserisce tra  quelle  che  la
legge n. 107 del 2015 dedica alla materia  dell'edilizia  scolastica.
Come gia' ricordato, dunque, in base a quanto  la  giurisprudenza  di
questa Corte ha avuto modo di chiarire (sent. n. 62 del 2013, par.  5
del Considerato in diritto), a venire in rilievo e' una pluralita' di
ambiti  materiali,  tutti  ascrivibili  alla   potesta'   legislativa
concorrente  di  cui  al  terzo  comma  dell'art.   117   Cost.:   di
conseguenza, la chiamata in sussidiarieta' da parte  dello  Stato  di
una  funzione  amministrativa  ricadente  nella  suddetta  sfera   di
competenza concorrente necessita della previsione, ai  fini  del  suo
esercizio, di un'intesa con le Regioni (cfr. sent. n. 303 del  2003),
non   risultando   sufficiente   -   ai   fini   della   legittimita'
costituzionale  della  norma  legislativa  che  preveda  la  suddetta
funzione  -  la  previsione  di  un  mero  parere  della   Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  Regioni  e  le  Province
autonome. Ne costituisce riprova quanto affermato proprio in  materia
di edilizia  scolastica  da  questa  ecc.ma  Corte  nella  richiamata
sentenza n. 62 del 2013, laddove e' stata "salvata" una norma statale
che prevedeva tale parere  quale  garanzia  di  partecipazione  delle
Regioni  all'esercizio  della  funzione  amministrativa  chiamata  in
sussidiarieta'  per  la  esclusiva  ragione  che  si  trattava  della
definizione, tramite decreto ministeriale, di  norme-quadro  tecniche
in materia di edilizia scolastica. In particolare, in tale  pronuncia
questa Corte ha affermato che «allorche' vengono attribuite  funzioni
amministrative a livello centrale allo scopo di individuare norme  di
natura tecnica che esigono scelte omogenee  su  tutto  il  territorio
nazionale improntate all'osservanza di standard e metodologie desunte
dalle scienze, il coinvolgimento della conferenza Stato Regioni  puo'
limitarsi all'espressione di un parere obbligatorio» (cfr. sentt. nn.
265 del 2011, 254 del 2010, 182 del 2006, 336 e  285  del  2005).  Ne
discende, dunque,  che  al  di  fuori  di  questi  casi  e',  invece,
necessaria una forma "forte" di collaborazione con le Regioni,  quale
e' l'intesa.
    In conseguenza di quanto detto, il comma 155  dell'art.  1  della
legge n. 107 del 2015 si pone in evidente contrasto con gli  articoli
117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., nella parte in  cui  non
prevede che ai fini dell'indizione  della  procedura  concorsuale  da
esso contemplata venga acquisita un'intesa con le Regioni interessate
dagli interventi di edilizia scolastica.
10. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1,  commi  162  e  171,
legge n. 107 del 2015, per violazione dell'articolo 117, terzo comma,
della Costituzione.
    Sempre in materia di edilizia  scolastica  viene  in  rilievo  il
comma 162 dell'art. 1 della legge n. 107 del 2015. Tale  disposizione
cosi' stabilisce: «Le regioni sono  tenute  a  fornire  al  Ministero
dell'istruzione, dell'universita' e  della  ricerca,  entro  sessanta
giorni dalla data di entrata  in  vigore  della  presente  legge,  il
monitoraggio completo dei piani di edilizia scolastica relativi  alle
annualita' 2007, 2008 e 2009, finanziati ai  sensi  dell'articolo  1,
comma 625, della legge 27 dicembre 2006,  n.  296,  pena  la  mancata
successiva assegnazione di ulteriori  risorse  statali.  Le  relative
economie  accertate  all'esito   del   monitoraggio   restano   nella
disponibilita'  delle  regioni  per  essere  destinate  a  interventi
urgenti di messa in sicurezza degli edifici scolastici sulla base  di
progetti esecutivi presenti nella rispettiva programmazione regionale
predisposta ai sensi dell'articolo 10 del decreto-legge 12  settembre
2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge  8  novembre
2013, n. 128, come da ultimo modificato  dai  commi  173  e  176  del
presente articolo, nonche' agli interventi che si  rendono  necessari
all'esito delle indagini diagnostiche sugli edifici scolastici di cui
ai commi da 177 a 179 e a quelli che si rendono necessari sulla  base
dei  dati  risultanti  dall'Anagrafe  dell'edilizia  scolastica.  Gli
interventi devono  essere  comunicati  dalla  regione  competente  al
Ministero dell'istruzione,  dell'universita'  e  della  ricerca,  che
definisce tempi e modalita' di attuazione degli stessi».
    La  norma  statale  in  questione,  essendo  anch'essa   relativa
all'edilizia scolastica, incide su piu' materie tra  quelle  indicate
al  terzo  comma  dell'art.  117  Cost.,  quali   il   «governo   del
territorio», «l'energia» e la «protezione civile» (sent.  n.  62  del
2013, par. 5 del Considerato in diritto). Nonostante cio', il  citato
comma  162  non  e'  configurabile  alla  stregua  di  un  "principio
fondamentale" ma costituisce, piuttosto, una  norma  di  "dettaglio":
esso, infatti, non  consente  alle  Regioni  margini  di  attuazione,
poiche'  impone  loro  di   fornire   il   monitoraggio   dei   piani
sull'edilizia,  indicando  altresi'   il   termine   perentorio   per
l'adempimento di  tale  onere,  la  sanzione  in  caso  di  eventuale
inadempimento e la destinazione delle  eventuali  economie  residuate
dalla realizzazione degli interventi di  edilizia  scolastica,  cosi'
violando la sfera di competenza  concorrente  affidata  alle  Regioni
dall'art.  117,  terzo  comma,  ed  interpretata   dalla   prevalente
giurisprudenza costituzionale nel senso che spetta allo Stato dettare
i criteri, gli obiettivi, che  poi  le  Regioni  devono  svolgere  ed
attuare (cfr. ad es., in materia di "istruzione", sentt. nn. 200  del
2009, 92 del 2011, 147 e 279 del 2012).
    Peraltro, il carattere di dettaglio della norma statale in  esame
emerge in modo ancor piu' evidente  ove  la  si  legga  in  combinato
disposto con il comma 171 della  stessa  disposizione:  quest'ultimo,
infatti, ai fini del monitoraggio di  cui  al  comma  162,  prescrive
l'applicazione delle modalita' analiticamente disciplinate dal d.lgs.
n. 229 del 2011. Di conseguenza, il richiamato comma 171, al pari del
comma 162, si pone in aperto contrasto -  per  il  suo  carattere  di
norma di dettaglio - con l'art. 117, terzo comma, Cost.
11. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 162, legge  n.
107 del 2015, per violazione dell'articolo 119 della Costituzione.
    Il comma 162 dell'art. 1  della  legge  n.  107  del  2015  viola
altresi' l'art.  119  Cost.,  poiche'  lede  l'autonomia  finanziaria
regionale nella misura in cui, al  secondo  periodo,  impone  che  le
eventuali "economie" che  residuino  alle  Regioni  a  seguito  degli
interventi di edilizia scolastica regolati dai  precedenti  commi,  e
che siano  accertate  a  seguito  del  monitoraggio,  debbano  essere
impiegate ai fini della realizzazione degli  interventi  indicati  al
medesimo comma, cosi' vincolandole  nella  destinazione.  Secondo  la
costante giurisprudenza costituzionale, infatti, non e' possibile per
lo  Stato  istituire  fondi  o  comunque  stanziare  finanziamenti  a
destinazione vincolata nelle  materie  di  competenza  concorrente  o
regionale residuale (cfr., tra le tante, sentt nn. 423 del 2004,  231
del 2005,  50  del  2008  e  298  del  2012).  Ne'  la  modalita'  di
finanziamento delle funzioni regionali relative  agli  interventi  in
materia di edilizia scolastica contemplata dal citato  comma  162  e'
riconducibile ad una di quelle previste dall'art.  119  Cost.,  quali
fondo perequativo da istituire senza vincoli di  destinazione  -  che
deve essere indirizzato  ai  soli  «territori  con  minore  capacita'
fiscale per abitante» (art. 119, terzo comma)  -  o  gli  «interventi
speciali»  e  le  «risorse  aggiuntive»,   che   lo   Stato   destina
esclusivamente a  "determinate"  Regioni  (o  a  determinati  Comuni,
Province e Citta' metropolitane) per finalita' enunciate nella  norma
costituzionale o comunque per «scopi diversi  dal  normale  esercizio
delle loro funzioni». Il comma  162,  pertanto,  si  risolve  in  uno
strumento  di  ingerenza  indiretta  dello  Stato  nell'esercizio  di
funzioni e attivita' regionali ricomprese in  materie  di  competenza
legislativa concorrente.
12. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 181, lett. e),
n. 1.3), legge n. 107 del 2015,  per  violazione  dell'articolo  117,
terzo comma, della Costituzione.
    Con il comma 180 dell'art. 1 della legge  n.  107  del  2015,  il
Governo  e'  stato  delegato  ad  adottare  -  entro  diciotto   mesi
dall'entrata in vigore della  citata  legge  -  uno  o  piu'  decreti
legislativi «al fine di provvedere al riordino, alla  semplificazione
e alla codificazione delle disposizioni  legislative  in  materia  di
istruzione». A norma del successivo comma 181, i principi  e  criteri
direttivi cui il Governo si dovra' attenere nel dare attuazione  alla
delega conferitagli devono essere sia quelli di cui all'art. 20 della
legge n. 59 del 1997, e successive modificazioni, sia quelli indicati
al medesimo comma 181, lettere da a) a l).
    Come e' noto, ben puo' il legislatore statale  ricorrere  all'uso
della delegazione legislativa in materie  di  competenza  legislativa
concorrente: l'importante e' che  lo  faccia  mantenendosi  entro  il
limite dei "principi fondamentali" che spettano alla  sua  competenza
in relazione agli ambiti di cui all'art. 117, terzo comma,  Cost.,  e
non ricorrendo a norme "di dettaglio" (cfr., tra le altre, sentt. nn.
50, 205 e 270 del 2005).
    Nel caso di specie, tuttavia, con il  comma  181,  lett.  e),  n.
1.3), il Governo e' stato delegato ad occuparsi dell'«istituzione del
sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino  a
sei anni, costituito dai servizi educativi  per  l'infanzia  e  dalle
scuole dell'infanzia, al fine di garantire ai bambini e alle  bambine
pari opportunita' di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco,
superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche
e culturali, nonche' ai fini della conciliazione tra tempi  di  vita,
di cura e di lavoro dei genitori,  della  promozione  della  qualita'
dell'offerta  educativa  e  della  continuita'  tra  i  vari  servizi
educativi e scolastici e la  partecipazione  delle  famiglie»,  anche
attraverso la definizione degli «standard strutturali,  organizzativi
e qualitativi dei servizi educativi per  l'infanzia  e  della  scuola
dell'infanzia, diversificati in base  alla  tipologia,  all'eta'  dei
bambini e agli orari di servizio, prevedendo tempi di compresenza del
personale dei servizi educativi  per  l'infanzia  e  dei  docenti  di
scuola   dell'infanzia,   nonche'   il    coordinamento    pedagogico
territoriale e il  riferimento  alle  Indicazioni  nazionali  per  il
curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione,
adottate  con  il  regolamento  di  cui  al  decreto   del   Ministro
dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca 16  novembre  2012,
n. 254».
    A ben vedere, pero', l'ambito relativo  all'individuazione  degli
standard strutturali e organizzativi in materia  di  istituzioni  che
operano nell'ambito dell'istruzione e' stato espressamente ricondotto
da questa ecc.ma Corte alla sfera di competenza concorrente spettante
al legislatore regionale  (cfr.  sent.  n.  120  del  2005)  per  via
dell'«impossibilita'  di  negare  la  competenza  legislativa   delle
singole Regioni, in particolare per la individuazione di criteri  per
la gestione e l'organizzazione degli asili»  (v.  sent.  n.  370  del
2003, par. 6 del Considerato in diritto).
    In conclusione, alla luce della giurisprudenza costituzionale  in
materia di "istruzione", il comma 181, lett. e), n. 1.3), della legge
n. 107 del 2015, nella parte in cui conferisce una delega al  Governo
ad adottare norme concernenti standard strutturali e organizzativi in
relazione  ai  servizi  educativi  per  l'infanzia  e  della   scuola
dell'infanzia, fuoriesce  dalla  competenza  statale  in  materia  di
"principi  fondamentali"  dell'istruzione"  ed   invade   lo   spazio
riservato  alla  potesta'  legislativa  concorrente   delle   Regioni
relativa alla medesima materia,  ponendosi  cosi'  in  contrasto  con
l'art. 117, terzo comma, Cost.
13. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 183, legge  n.
107 del 2015, per violazione dell'articolo 117, terzo e sesto  comma,
della Costituzione.
    Il comma 183 dell'art. 1 della legge  n.  107  del  2015  prevede
quanto segue: «Con uno o piu' decreti adottati ai sensi dell'articolo
17, commi 1 e 3, della legge 23 agosto 1988,  n.  400,  e  successive
modificazioni,  sono  raccolte  per   materie   omogenee   le   norme
regolamentari vigenti negli ambiti di cui alla presente legge, con le
modificazioni necessarie al fine di semplificarle  e  adeguarle  alla
disciplina   legislativa   conseguente   all'adozione   dei   decreti
legislativi di cui al comma 180 del presente articolo».
    In altri  termini,  viene  affidata  a  fonti  statali  di  rango
sub-legislativo  la  raccolta  "per  materie  omogenee"  delle  norme
regolamentari in vigore negli ambiti sui quali incide la legge n. 107
del 2015, e  quindi  anche  in  quello  di  legislazione  concorrente
dell'istruzione",  con  la  possibilita'  di   apportarvi   modifiche
finalizzate alla semplificazione e  all'adeguamento  alla  disciplina
che verra' adottata con i decreti  legislativi  di  attuazione  della
delega contenuta al comma 180.
    Al riguardo, tuttavia, occorre  osservare  che  il  ricorso  alla
fonte regolamentare non e' possibile in  tutti  gli  "ambiti"  incisi
dalla legge in esame, ma solo in quelli che siano riconducibili  alla
competenza legislativa esclusiva dello Stato, poiche' cosi' impone la
lettera dell'art. 117, sesto comma, Cost., nonche' la  giurisprudenza
di questa ecc.ma Corte (cfr., ex plurimis, sentt. nn. 200 del 2009  e
92 del 2011), secondo la quale lo Stato  non  puo'  utilizzare  fonti
sub- legislative neppure nei casi  di  regolamentazione  di  funzioni
amministrative attratte in sussidiarieta':  si  legge,  al  riguardo,
nella sent n. 303 del 2003  che  «se  [...]  alla  legge  statale  e'
consentita  l'organizzazione   e   la   disciplina   delle   funzioni
amministrative assunte in sussidiarieta', va precisato che  la  legge
stessa non puo' spogliarsi della funzione  regolativa  affidandola  a
fonti subordinate» (cfr. par.  7  del  Considerato  in  diritto).  Di
conseguenza,  al  legislatore  statale,  all'interno   degli   ambiti
riconducibili  all'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  non  puo'   che
ritenersi preclusa tanto  l'adozione  quanto  la  modifica  di  norme
regolamentari, pena, come accade per l'appunto nel caso dell'art.  l,
comma 183, lett. e),  n.  1.3,  della  legge  n.  107  del  2015,  la
violazione dell'art. 117, terzo e sesto comma, della Costituzione.
Sintesi delle questioni proposte.
    In chiusura del  presente  ricorso,  la  Regione  Puglia  ritiene
opportuno, per maggiore chiarezza  e  per  agevolare  la  trattazione
della causa, offrire una sintetica ricapitolazione delle questioni di
legittimita' costituzionale sottoposte al giudizio di  questa  ecc.ma
Corte.
    1) Illegittimita' costituzionale dell'art.  1,  comma  29,  della
legge n. 107 del 2015, nella parte in cui prevede  che  il  dirigente
scolastico, di concerto con gli organi collegiali, possa  individuare
percorsi  formativi  e  iniziative  diretti  all'orientamento   e   a
garantire  un  maggiore  coinvolgimento  degli  studenti  nonche'  la
valorizzazione del merito scolastico e dei talenti, per violazione:
    dell'art. 117, terzo comma, Cost., in quanto  la  norma  statale,
pur  incidendo  nella  materia  di  competenza  concorrente  relativa
all'istruzione", non  e'  configurabile  alla  stregua  di  principio
fondamentale della medesima;
    del combinato disposto dell'art. 117, terzo  comma,  e  dell'art.
118, primo comma, Cost., cosi' come interpretati dalla giurisprudenza
costituzionale,  in  quanto  la   norma   statale   suindicata,   pur
attribuendo ad un organo statale -  il  dirigente  scolastico  -  una
funzione amministrativa ascrivibile alla  competenza  concorrente  in
materia di "istruzione", non prevede alcuna forma  di  coinvolgimento
delle  Regioni  ai  fini  della  disciplina  e  dell'esercizio  della
funzione avocata dallo Stato in sussidiarieta'.
    2) Illegittimita' costituzionale dell'art.  1,  comma  47,  della
legge n. 107 del 2015, nella parte in cui affida  la  predisposizione
di apposite "linee-guida" al Ministro dell'istruzione -  di  concerto
con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro
dello sviluppo economico e con  il  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze, e previa intesa in sede di Conferenza unificata - al fine di
«favorire le misure di semplificazione e di promozione degli istituti
tecnici superiori» e in vista  della  realizzazione  degli  obiettivi
indicati alle lettere da a) da f) del medesimo comma, per violazione:
        del combinato disposto dell'art. 117, terzo  e  sesto  comma,
Cost.,  in  quanto  la   norma   statale   rimette   ad   una   fonte
sub-legislativa - un decreto interministeriale - la determinazione di
"linee-guida" vincolatiti nell'ambito di una  materia  di  competenza
legislativa concorrente (1'"istruzione"), in riferimento  alla  quale
e' precluso al legislatore statale, sia dalla lettera dell'art.  117,
sesto comma, Cost., sia secondo la giurisprudenza costituzionale,  il
ricorso a fonti di rango inferiore a quello della legge.
    3) Illegittimita' costituzionale dell'art.  1,  comma  66,  della
legge n. 107  del  2015,  nella  parte  in  cui  affida  agli  uffici
scolastici  regionali  la  definizione  dell'ampiezza  degli   ambiti
territoriali dei ruoli nei quali e' articolato il personale  docente,
per violazione:
        dell'art. 117, terzo comma, Cost., in quanto la norma statale
si occupa di disciplinare alcuni  profili  organizzativi  della  rete
scolastica che secondo la  giurisprudenza  costituzionale  rientrano,
invece, nella competenza legislativa  concorrente  delle  Regioni  in
materia  di  "istruzione";  ne',  tantomeno,  la  norma  statale   e'
configurabile alla stregua di principio fondamentale  della  predetta
materia,  secondo  la  nozione  che  ha  fornito   al   riguardo   la
giurisprudenza costituzionale;
        del  combinato  disposto  dell'art.  117,  terzo   comma,   e
dell'art. 118, primo comma,  Cost.,  cosi'  come  interpretati  dalla
giurisprudenza  costituzionale,  in  quanto  la  norma  statale,  pur
attribuendo ad organi statali - gli uffici scolastici - una  funzione
amministrativa ascrivibile alla competenza concorrente in materia  di
"istruzione", si limita a prevedere l'acquisizione di un mero  parere
delle Regioni anziche' il conseguimento dell'intesa con le medesime.
    4) Illegittimita' costituzionale dell'art.  1,  comma  68,  della
legge n. 107 del 2015, nella parte  in  cui  affida  la  funzione  di
ripartizione dell'organico di autonomia "per ambiti territoriali"  ad
un  organo  statale,  quale  e'  il  dirigente  preposto  all'ufficio
scolastico regionale, per violazione:
        dell'art. 117, terzo comma, Cost., in quanto la norma statale
si  occupa  di  disciplinare  alcuni  profili  relativi   all'assetto
organizzativo della rete scolastica che implicano valutazioni  legate
alle specifiche esigenze territoriali e  che,  pertanto,  secondo  la
giurisprudenza costituzionale, sono  da  ricondurre  alla  competenza
legislativa concorrente delle Regioni in materia di "istruzione";
        del  combinato  disposto  dell'art.  117,  terzo   comma,   e
dell'art. 118, primo comma,  Cost.,  cosi'  come  interpretati  dalla
giurisprudenza  costituzionale,  in  quanto  la  norma  statale,  pur
attribuendo ad un organo statale -  il  dirigente  scolastico  -  una
funzione amministrativa ascrivibile alla  competenza  concorrente  in
materia di "istruzione", non prevede alcuna forma  di  coinvolgimento
delle  Regioni  ai  fini  della  disciplina  e  dell'esercizio  della
funzione avocata in sussidiarieta' allo Stato.
    5) Illegittimita' costituzionale dell'art.  1,  comma  69,  della
legge n. 107 del 2015, nella parte in  cui  attribuisce  al  Ministro
dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca - di  concerto  con
il Ministro dell'economia e delle finanze - la  funzione  consistente
nella definizione,  tramite  decreto,  di  un  incremento  dei  posti
dell'organico, seppure non concernenti l'organico "di autonomia", per
violazione:
        dell'art. 117, terzo comma, Cost., in quanto la norma statale
si occupa di disciplinare alcuni  profili  organizzativi  della  rete
scolastica che implicano valutazioni legate alle specifiche  esigenze
territoriali   e   che,   pertanto,   secondo    la    giurisprudenza
costituzionale  sono  da  ricondurre   alla   sfera   di   competenza
legislativa concorrente regionale in materia di "istruzione";
        del  combinato  disposto  dell'art.  117,  terzo   comma,   e
dell'art. 118, primo comma,  Cost.,  cosi'  come  interpretati  dalla
giurisprudenza  costituzionale,  in  quanto  la  norma  statale,  pur
attribuendo ad un  organo  statale  -  il  Ministro  dell'istruzione,
dell'universita'  e  della  ricerca  -  una  funzione  amministrativa
ascrivibile alla competenza concorrente in materia  di  "istruzione",
non prevede alcuna forma di  coinvolgimento  delle  Regioni  ai  fini
della  disciplina  e  dell'esercizio  della   funzione   avocata   in
sussidiarieta' allo Stato.
    6) Illegittimita' costituzionale dell'art.  1,  comma  74,  della
legge n. 107 del  2015,  nella  parte  in  cui,  letto  in  combinato
disposto con il comma 71  della  medesima  disposizione,  sembrerebbe
affidare la "definizione" degli "ambiti territoriali" e delle  "reti"
agli uffici scolastici regionali, i quali - stando alla  lettera  del
citato comma 71 - dovrebbero limitarsi a "promuovere" tali  reti  tra
istituzioni scolastiche, per violazione:
        dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  in  quanto  la  norma
statale, cosi' interpretata, finisce con l'occuparsi della disciplina
di profili  organizzativi  della  materia  "istruzione"  che,  pero',
secondo la giurisprudenza costituzionale, rientrano  nella  sfera  di
competenza legislativa concorrente delle Regioni;
        del  combinato  disposto  dell'art.  117,  terzo   comma,   e
dell'art. 118, primo comma,  Cost.,  cosi'  come  interpretati  dalla
giurisprudenza  costituzionale,  in  quanto  la  norma  statale,  pur
attribuendo ad organi statali - gli uffici scolastici - una  funzione
amministrativa ascrivibile alla competenza concorrente in materia  di
"istruzione",  non  prevede  alcuna  forma  di  coinvolgimento  delle
Regioni ai fini della  disciplina  e  dell'esercizio  della  funzione
avocata dallo Stato in sussidiarieta'.
    7) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1,  comma  126,  della
legge n. 107 del 2015, nella parte  in  cui  istituisce  un  fondo  a
destinazione vincolata in riferimento ai fini  della  «valorizzazione
del merito del personale docente», per violazione:
        del  combinato  disposto  dell'art.  117,  terzo   comma,   e
dell'art. 119 Cost., cosi'  come  interpretati  dalla  giurisprudenza
costituzionale, in quanto secondo quest'ultima non e'  consentito  al
legislatore statale  istituire  fondi  a  destinazione  vincolata  in
relazione ad ambiti di competenza legislativa concorrente,  quale  e'
quello dell'istruzione" che viene in rilievo nel caso di specie.
    8) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1,  comma  153,  della
legge n. 107 del 2015, nella parte in cui, «al fine  di  favorire  la
costruzione di scuole innovative dal punto di  vista  architettonico,
impiantistico,  tecnologico,  dell'efficienza  energetica   e   della
sicurezza strutturale e antisismica, caratterizzate dalla presenza di
nuovi ambienti  di  apprendimento  e  dall'apertura  al  territorio»,
affida al Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della  ricerca
la ripartizione delle risorse di cui  al  comma  158  della  medesima
disposizione tra le Regioni, nonche' l'individuazione dei criteri per
l'acquisizione da parte delle stesse Regioni «delle manifestazioni di
interesse  degli  enti  locali  proprietari  delle  aree  oggetto  di
intervento e interessati alla costruzione di una scuola  innovativa»,
per violazione:
        del  combinato  disposto  dell'art.  117,  terzo   comma,   e
dell'art. 118, primo comma,  Cost.,  cosi'  come  interpretati  dalla
giurisprudenza  costituzionale,  in  quanto  la  norma  statale,  pur
attribuendo ad un  organo  statale  -  il  Ministro  dell'istruzione,
dell'universita'  e  della  ricerca  -  una  funzione  amministrativa
ascrivibile all'edilizia scolastica, che per espresso  riconoscimento
della giurisprudenza  costituzionale  incide  su  una  pluralita'  di
materie di competenza legislativa  concorrente,  non  prevede  alcuna
forma di coinvolgimento delle Regioni  ai  fini  della  disciplina  e
dell'esercizio della funzione avocata in sussidiarieta' allo Stato.
    9) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1,  comma  155,  della
legge n. 107 del 2015, nella parte in cui non  prevede  che  ai  fini
dell'indizione della  procedura  concorsuale  ivi  contemplata  venga
acquisita un'intesa con le Regioni interessate  dagli  interventi  di
edilizia scolastica, per violazione:
        del  combinato  disposto  dell'art.  117,  terzo   comma,   e
dell'art. 118, primo comma,  Cost.,  cosi'  come  interpretati  dalla
giurisprudenza  costituzionale,  in  quanto  la  norma  statale,  pur
attribuendo ad un  organo  statale  -  il  Ministro  dell'istruzione,
dell'universita'  e  della  ricerca  -  una  funzione  amministrativa
ascrivibile all'edilizia scolastica, che per espresso  riconoscimento
della giurisprudenza  costituzionale  incide  su  una  pluralita'  di
materie di competenza legislativa concorrente, si limita a  prevedere
l'acquisizione di un mero parere della Conferenza unificata  anziche'
il conseguimento di un'intesa con  le  Regioni  interessate,  secondo
quanto invece richiesto dalla giurisprudenza costituzionale a partire
dalla sentenza n. 303 del 2003.
    10) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 162  e  171,
della legge n. 107 del 2015: il primo, nella parte in cui impone alle
Regioni di fornire il monitoraggio dei piani sull'edilizia, indicando
altresi' il termine perentorio per l'adempimento di  tale  onere,  la
sanzione in caso di eventuale inadempimento e la  destinazione  delle
eventuali economie residuate dalla realizzazione degli interventi  di
edilizia scolastica; il secondo, nella parte in cui prescrive ai fini
del predetto monitoraggio l'applicazione delle modalita'  di  cui  al
d.lgs. n. 229 del 2011, per violazione:
        dell'art. 117, terzo comma, Cost., in quanto ne' il comma 162
ne' il comma 171, sia singolarmente, sia letti in combinato  disposto
l'uno con  l'altro,  sono  configurabili  alla  stregua  di  principi
fondamentali dell'edilizia scolastica, ovvero di  materie  -  governo
del  territorio,  energia,  protezione   civile   -   di   competenza
legislativa concorrente.
    11) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma  162,  della
legge n. 107 del 2015, nella parte in cui  impone  che  le  eventuali
"economie" che residuino alle Regioni a seguito degli  interventi  di
edilizia  scolastica  regolati  dai  precedenti  commi  e  che  siano
accertate a seguito del monitoraggio debbano essere impiegate ai fini
della realizzazione degli interventi indicati al medesimo comma,  per
violazione:
        dell'art. 119 Cost., in quanto la norma statale  finisce  per
stanziare finanziamenti a  destinazione  vincolata  che,  riguardando
l'edilizia scolastica, incidono  su  una  pluralita'  di  materie  di
competenza  legislativa  concorrente:   operazione,   tuttavia,   che
-secondo consolidata giurisprudenza costituzionale - dovrebbe  invece
considerarsi preclusa.
    12) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma  181,  lett.
e), n. 1.3), della legge n. 107 del 2015, nella parte  in  cui  nella
delega  legislativa  conferita  al   Governo   contempla   anche   la
determinazione   degli   «standard   strutturali,   organizzativi   e
qualitativi dei servizi  educativi  per  l'infanzia  e  della  scuola
dell'infanzia», per violazione:
        dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  in  quanto   l'ambito
relativo   all'individuazione   degli    standard    strutturali    e
organizzativi in  materia  di  istituzioni  che  operano  nell'ambito
dell'istruzione   e'    stato    espressamente    ricondotto    dalla
giurisprudenza costituzionale alla sfera di competenza concorrente in
materia di "istruzione" spettante al legislatore regionale.
    13) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma  183,  della
legge n. 107 del 2015, nella parte in cui affida a fonti  statali  di
rango sub-legislativo la raccolta «per materie omogenee» delle  norme
regolamentari in vigore negli ambiti sui quali incide la citata legge
n. 107 del 2015, e quindi anche quello  di  legislazione  concorrente
dell'"istruzione", con la possibilita'  di  apportarvi  modifiche  di
semplificazione e adeguamento alla disciplina che verra' adottata con
i decreti legislativi di attuazione della delega contenuta  al  comma
180 della medesima disposizione, per violazione:
        del combinato disposto dell'art. 117, terzo  e  sesto  comma,
Cost., in quanto la norma statale consente a fonti  regolamentari  di
incidere  su  una  materia  di  competenza  legislativa   concorrente
(l'"istruzione"),  in  riferimento  alla   quale   e'   precluso   al
legislatore statale, tanto dalla lettera dell'art. 117, sesto  comma,
Cost., quanto secondo la giurisprudenza costituzionale, il ricorso  a
fonti di rango inferiore a quello della legge.

 
                               P.Q.M.
 
    La Regione Puglia, come sopra rappresentata e difesa, chiede  che
questa ecc.ma Corte  costituzionale,  in  accoglimento  del  presente
ricorso, dichiari l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1,  commi
29, 47, 66, 68, 69, 74, 126, 153, 155, 162, 171, 181,  lett.  e),  n.
1.3), e 183, legge 13  luglio  2015,  n.  107  (Riforma  del  sistema
nazionale di istruzione e formazione e delega per il  riordino  delle
disposizioni legislative vigenti), nei limiti  e  nei  termini  sopra
esposti.
    Con ossequio.
        Bari-Roma, 12 settembre 2015
 
                    Avv. Prof. Marcello Cecchetti
 

 

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