RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 28 ottobre 2008 , n. 88
Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 28 ottobre 2008 (della Regione siciliana)

(GU n. 2 del 14-1-2009) 
 
   Ricorso  della  Regione  siciliana,  in persona del Presidente pro
tempore,    rappresentato    e   difeso,   sia   congiuntamente   che
disgiuntamente,  giusta  procura  a  margine del presente atto, dagli
avvocati  Michele  Arcadipane,  Paolo  Chiapparrone  e  Marina Valli,
elettivamente  domiciliato  presso la sede dell'Ufficio della Regione
Siciliana  in  Roma,  via  Marghera  n. 36, ed autorizzato a proporre
ricorso con deliberazione della Giunta regionale allegata;
   Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri pro tempore,
domiciliato  per  la carica in Roma, Palazzo Chigi, presso gli Uffici
della  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri,  e difeso per legge
dall'Avvocatura  dello  Stato, per la dichiarazione di illegittimita'
costituzionale  dell'art. 11, commi 4, 8 e 12, dell'art. 13, commi 1,
2 e 3, nonche' dell'art. 77-quater, comma 7, e dell'art. 83, commi 21
e 22, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante «Disposizioni
urgenti   per   lo   sviluppo   economico,   la  semplificazione,  la
competitivita',  la  stabilizzazione  della  finanza  pubblica  e  la
perequazione  tributaria»,  come  convertito con modificazioni con la
legge  6  agosto  2008,  n. 133,  pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della  Repubblica  n. 195  del  21  agosto 2008 - Serie generale, per
violazione   dell'art.  14,  lett.  g),  dello  statuto  siciliano  e
dell'art.   5   del  d.P.R.  30  luglio  1950,  n. 878  e  successive
modificazioni  e  integrazioni,  recante  «Norme  di attuazione dello
statuto  della  Regione  Siciliana  in  materia  di opere pubbliche»,
nonche'  dell'art.  36  dello  statuto  regionale  e  delle  norme di
attuazione  statutarie  in  materia finanziaria di cui all'art. 2 del
d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074.
                              F a t t o
   Il  decreto-legge  25  giugno  2008, n. 112, recante «Disposizioni
urgenti   per   lo   sviluppo   economico,   la  semplificazione,  la
competitivita',  la  stabilizzazione  della  finanza  pubblica  e  la
perequazione  tributaria»,  come  convertito con modificazioni con la
legge  6 agosto 2008, n. 133, al capo IV (Case e infrastrutture) reca
disposizioni  che  violano  la  competenza della Regione Siciliana in
materia  di lavori pubblici, attribuita dall'art. 14, lett. g), dello
statuto  e  nella  quale  rientra  pacificamente  la realizzazione di
alloggi di edilizia popolare e la disciplina della loro destinazione.
   Le  norme  impugnate  non  indicano  fra  i  propri destinatari le
regioni ad autonomia speciale; tuttavia in assenza di disposizioni di
garanzia  delle  competenze  loro  attribuite  dagli statuti speciali
(cfr.  art.  3  del  d.l. impugnato nel testo anteriore alla legge di
conversione) il tenore letterale nonche' gli effetti della previsione
di  restituzione delle somme gia' assegnate alla Regione Siciliana in
forza  dell'art.  21  del d.l. n. 159/2007, concorrono a far ritenere
che il legislatore nazionale abbia inteso estendere anche a tali enti
le impugnate disposizioni.
   L'art. 11 dopo aver previsto, ai primi due commi, l'approvazione -
da  parte  del  Consiglio  dei  ministri  d'intesa  con la Conferenza
unificata  -  di  un  «piano  nazionale di edilizia abitativa» per la
realizzazione  di  alloggi da destinare prioritariamente a prima casa
per  le  categorie  individuate  al  comma 2, prevede, al comma 4, la
stipulazione di accordi di programma da effettuarsi con una specifica
procedura  che,  pur  prevedendo l'intesa con la predetta Conferenza,
stabilisce  che «decorsi novanta giorni senza che sia stata raggiunta
la  predetta intesa, gli accordi di programma possono essere comunque
approvati»  a  prescindere,  pertanto,  dal  consenso  della  regione
interessata.
   Al successivo comma 8 lo stesso art. 11 prevede la possibilita' di
determinare,  a  livello nazionale, le modalita' del monitoraggio del
«piano» ai fini di una sua piu' efficiente attuazione e stabilisce le
modalita'  e  i  tempi di alienazione degli alloggi disponendo in una
materia pur essa riservata alla regione ricorrente.
   Per  quanto attiene al seguente comma 12, in ordine alle modalita'
di   finanziamento   del   piano,   il  legislatore  ha  previsto  il
riversamento,    nel   fondo   all'uopo   istituito   e   finalizzato
all'attuazione  degli  interventi  di edilizia abitativa, delle somme
relative  ad  interventi edilizi gia' assegnati in forza dell'art. 21
del d.l. 1° ottobre 2007, n. 159.
   L'art.  13  del  d.l. 25 giugno 2008, n. 12 (come convertito dalla
legge  6  agosto  2008,  n. 133)  reca poi «Misure per valorizzare il
patrimonio  residenziale pubblico» e prevede che lo Stato, in sede di
Conferenza  unificata,  promuova  accordi  con regioni ed enti locali
aventi  ad  oggetto la semplificazione delle procedure di alienazione
degli  immobili  di  proprieta'  degli  istituti autonomi per le case
popolari  (o degli enti che li hanno sostituiti nelle singole realta'
regionali).  Il  comma  2  e  seguenti di detto articolo indicano una
serie  di  criteri e misure che si risolvono in una limitazione delle
prerogative della regione in materia di edilizia popolare.
   L'art.  77-quater  del  decreto-legge in questione, con il comma 7
sostituisce  il  comma 2 dell'art. 7 del decreto legislativo 7 agosto
1997,  n. 279  («Individuazione delle unita' previsionali di base del
bilancio  dello  Stato,  riordino  del  sistema  di tesoreria unica e
ristrutturazione  del  rendiconto  generale  dello Stato»). A seguito
della  modifica determinata dalla disposizione che qui si impugna, in
buona  sostanza  sono state attratte nel sistema di Tesoreria statale
anche  le entrate «connesse alla devoluzione di tributi erariali alle
regioni  a  statuto  speciale e alle province autonome di Trento e di
Bolzano».
   Di  conseguenza, se a fronte della previsione previgente del comma
2  dell'art. 7 del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279 («Per le
regioni  a  statuto  speciale  e le province autonome si applicano le
norme  statutarie  e  le  relative  norme  di attuazione») le entrate
spettanti alla Regione Siciliana affluivano direttamente alla stessa,
nella  quale sono state gestite con il sistema di Tesoreria regionale
di  cui  alla  legge  regionale  7  marzo 1997, n. 6, a seguito della
modifica  della  disposizione  recata  dall'art.  77-quater  del d.l.
n. 112/2008    introdotto    con   la   legge   n. 133/2008   vengono
immotivatamente riversate nella Cassa statale.
   L'effetto  immediato  di  tale disposizione, quindi, determina che
tutte  le somme costituenti entrate della Regione Siciliana, comprese
quelle   tributarie,   non   affluirebbcro   piu'   direttamente   ed
immediatamente  alla  Cassa  regionale,  bensi'  in un conto corrente
infruttifero  aperto  presso  la  Tesoreria  dello  Stato; i relativi
prelevamenti restano disciplinati dalle regole imposte dallo Stato e,
subordinate alla sufficiente liquidita' statale.
   Tale  sistema,  peraltro, sottrae liquidita' al sistema regionale,
con  conseguenze  nefaste  sul sistema delle delegazioni di pagamento
che  la  Regione  Siciliana  ha concesso a garanzia dei propri debiti
finanziari.
   L'art.  83  del  decreto-legge  qui  impugnato,  con  il  comma 21
inserisce all'art. 22 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112,
dopo  il  comma  1,  i  commi 1-bis, 1-ter ed 1-quater. In sintesi le
disposizioni  introdotte  prevedono  che gli Agenti della riscossione
riversino   le  somme  di  almeno  cinquanta  euro  eccedenti  quelle
complessivamente  richieste  - per le quali non e' stata reclamata la
restituzione  -  nonche'  le  eccedenze  inferiori  a cinquanta euro,
all'ente  creditore  ovvero,  se  tale  ente  non e' identificato ne'
facilmente  identificabile,  all'entrata del bilancio dello Stato, ad
esclusione  di  una  quota  pari  al  15  per cento, che affluisce ad
apposita contabilita' speciale.
   In buona sostanza, in attuazione di tale disposizione le eccedenze
su entrate di spettanza della regione verrebbero devolute al Bilancio
dello  Stato se l'agente della riscossione ritenesse non identificato
l'ente   creditore;   ma   soprattutto,  cosi'  com'e'  formulata  la
disposizione,  anche  per  le eccedenze di sicura spettanza regionale
potrebbe  determinarsi  una decurtazione del 15% che affluirebbe alla
speciale contabilita' ivi indicata.
   Il  successivo  comma  22 dell'art. 83 stabilisce che le eccedenze
suindicate, incassate anteriormente al quinto anno precedente la data
di entrata in vigore del decreto-legge stesso affluiscono all'entrata
del  bilancio  dello  Stato per la successiva riassegnazione al Fondo
speciale  istituito  con  l'art.  81,  comma  29,  del decreto stesso
(destinato a finanziare la c.d. social-card).
   Con  tale  disposizione,  pertanto, si sottraggono alla regione le
somme alla stessa gia' spettanti.
   Le   richiamate   disposizioni   si   palesano  costituzionalmente
illegittime  e vengono censurate, in quanto lesive delle attribuzioni
proprie  della  Regione  Siciliana  quali  risultano  garantite dalla
Costituzione  e  puntualmente sancite dallo statuto e dalle correlate
Norme di attuazione per le seguenti ragioni di
                            D i r i t t o
   Violazione  dell'art.  14,  lett.  g), dello statuto della Regione
Siciliana  e delle correlate norme di attuazione approvate con d.P.R.
30 luglio 1950. n. 868.
   L'art.  11,  comma  4,  del  decreto-legge impugnato prevede, come
detto,  la stipula di accordi di programma, e pur prevedendo l'intesa
con  le  regioni  in  sede  di  Conferenza  unificata  stabilisce che
«decorsi  novanta  giorni  senza  che sia stata raggiunta la predetta
intesa,  gli  accordi di programma possono essere comunque approvati»
dallo  Stato  a  prescindere,  pertanto,  dal  consenso della regione
dissenziente.
   Orbene,  se  allo Stato puo' riconoscersi un ruolo di promozione e
coordinamento  di interventi di edilizia residenziale pubblica per il
loro   finanziamento   con  proprie  risorse,  tale  ruolo  non  puo'
sovrapporsi  a quello delle regioni che, istituzionalmente competenti
in  materia  di  edilizia  residenziale  e  popolare, sono chiamate a
formulare  il  proprio assenso sul piano al quale possono liberamente
aderire ma che non puo' essere loro imposto.
   In  ordine  al comma 8 dello stesso art. 11 non puo' poi dubitarsi
che,  come si ricava all'insegnamento di codesta Corte (cfr. sentenze
n. 16/1992 e n. 94/2007) la materia stessa dell'edilizia residenziale
pubblica,   compresa   la   regolamentazione   dell'assegnazione   ed
alienazione  degli alloggi, rientra nella competenza delle regioni ai
sensi dell'art. 117 Cost. e in particolare, per la Regione Siciliana,
ai  sensi  dell'art.  14,  lett. g), del proprio statuto. Orbene, non
puo'  il  legislatore  statale  determinare  modalita'  e  termini di
alienazione del patrimonio edilizio pubblico.
   Parimenti  illegittimo  e'  il  comma  12  in forza del quale sono
sottratti   fondi   gia'  assegnati  all'odierna  ricorrente  per  il
raggiungimento di fini di propria competenza statutaria.
   Non  puo' ammettersi, infatti, che lo Stato sia libero di revocare
risorse  gia'  attribuite  senza con cio' incidere sulle attribuzioni
della  regione  e  senza  peraltro sentirla contravvenendo cosi' alle
minime  regole di correttezza e collaborazione che devono informare i
rapporti fra i due enti.
   Va  infatti  considerato  che in attuazione del citato art. 21 del
d.-l.  n. 159/2007,  detti  fondi  erano  gia'  stati destinati dalla
Regione  Siciliana  al  Piano  casa  regionale approvato con delibere
della Giunta 18 ottobre 2007, n. 430 e 13 febbraio 2008, n. 41.
   Del  pari  lesivo della competenza legislativa regionale e' l'art.
13,  commi  1, 2 e 3, del d.-l. n. 112/2008 in quanto sostanzialmente
ripropone  i commi 597, 598 e 600 dell'art. 1 della legge n. 266/2005
che  codesta  Corte  ha dichiarato illegittimi con sentenza n. 94 del
2007.
   Anche le nuove disposizioni qui impugnate, infatti non si limitano
a  fissare  principi  o criteri di massima finalizzati ad un generale
coordinamento  delle  politiche  regionali  in  materia  di  edilizia
abitativa  ma  pervengono ad una programmazione degli insediamenti di
edilizia  residenziale  pubblica  e  contengono norme di gestione del
patrimonio  edilizio  pubblico (in particolare degli IACP) in materia
sottratta allo Stato sia in base all'art. 117 della Costituzione che,
per la Regione Siciliana, dall'art. 14, lett. g) del proprio Statuto.
   In  particolare,  l'aver  oggi  previsto  che alla semplificazione
delle  procedure di alienazione si giunga attraverso il solo accordo,
al  quale  non  deve  seguire  alcun  regolamento statale, non muta i
termini della questione. Ai sensi del primo comma, infatti, l'oggetto
dell'accordo  riguarda  la  disciplina  di aspetti della gestione del
patrimonio  degli IACP, materia di esclusiva competenza della regione
e  che  la stessa con proprie leggi ha gia' provveduto a regolare. In
piu'  l'accordo  deve tener conto dei criteri individuati dal secondo
comma.  E'  quindi  evidente  che al pari delle norme gia' dichiarate
costituzionalmente  illegittime  con la sentenza n. 94 del 2007 anche
quelle  che qui si impugnano pretendono di intervenire nella gestione
degli  alloggi  di  proprieta'  di  enti  strumentali  della  regione
cosicche'  si profila un'ingerenza indebita nel livello di normazione
ricompreso   nella   potesta'  legislativa  esclusiva  della  Regione
Siciliana.
   Violazione  dell'art.  36 dello Statuto siciliano e delle norme di
attuazione  in  materia  finanziaria di cui al d.P.R. 26 luglio 1965,
n. 1074.
   L'art. 77-quater del decreto-legge n. 112/ 2008 attrae nel sistema
di  Tesoreria  statale anche le entrate «connesse alla devoluzione di
tributi  erariali  alle  regioni  a  statuto speciale e alle province
autonome di Trento e di Bolzano».
   La  sottrazione  alla  disponibilita'  della regione delle risorse
erariali proprie e' in contrasto con l'impianto finanziario regionale
delineato  dagli art. 36 e seguenti del relativo Statuto, e dell'art.
2  delle  relative  norme  di  attuazione che, introducendo una netta
distinzione   tra  tributi  di  spettanza  dello  Stato  (imposte  di
fabbricazione,  monopoli dei tabacchi e lotto) e tributi di spettanza
della regione (sostanzialmente tutti gli altri) attribuisce su questi
ultimi  la  piena  autonomia  finanziaria,  tra  cui  sono ovviamente
ricomprese  la  potesta'  di  riscossione  e  quella  della  relativa
destinazione.
   Peraltro  tale sistema incide sull'impianto finanziario regionale,
sottraendogli  liquidita',  con  conseguenze  immediate  e distorsive
sull'esistente  sistema delle delegazioni di pagamento che la Regione
Siciliana ha concesso a garanzia dei propri debiti finanziari.
   La nuova previsione statale lesiva, infatti, non viene posta quale
mera  modalita' tecnico-contabile in relazione a nuove entrate, e per
particolari  ragioni di ripartizione interna delle stesse (cosi' come
venne  disposto  con  l'art.  40  del decreto legislativo 15 dicembre
1997,  n. 446 che codesta ecc.ma Corte ha ritenuto costituzionalmente
e  statutariamente  compatibile  con  la  sent.  n. 138  del 1999); e
neppure  e'  collegata alla necessita' di una temporanea impostazione
di  operazioni  tecnico-contabili  necessitate da un nuovo sistema di
contabilizzazione  di  imposte  dando luogo solo ad una non rilevante
difformita' temporale delle operazioni di riversamento.
   Come  ha  evidenziato codesta ecc.ma Corte con la sent. n. 256 del
2002,  «Dal  punto  di  vista  costituzionale, infatti, una lesione a
danno  della  regione si verificherebbe solo se essa fosse privata di
somme  ad essa spettanti, ovvero se l'acquisizione delle somme dovute
non fosse tempestiva».
   E  tale  lesione e' determinata in pieno dalla disposizione qui in
esame  che  sottrae liquidita' al sistema regionale, disattendendo la
competenza riconosciuta alla regione, in materia di riscossione delle
entrate  tributarie  di spettanza regionale, dalle norme statutarie e
di  attuazione  nonche'  dalla  consolidata giurisprudenza di codesta
Corte.
   Analoghe   considerazioni   vanno   svolte  con  riferimento  alle
previsioni  recate  dai  commi 21 e 22 dell'art. 83 del decreto-legge
n. 112  del  2008,  che determinano la sottrazione di entrate gia' di
pertinenza regionale.
   Infatti la precedente lettura del comma 1 dell'art. 22 del decreto
legislativo  13 aprile 1999, n. 112, prima dell'inserimento dei commi
da  1-bis  ad  1-quater,  ha  sinora  determinato l'acquisizione alla
regione  delle  imposte versate in eccedenza, nell'ambito delle somme
riscosse dal concessionario.
   La  distinzione  operata  dai  commi  inseriti dal comma 21 qui in
esame determina una diversa lettura - e una diversa portata operativa
del comma 1 in ordine alle somme eccedentarie, con la conseguenza che
vengono  riversate  esclusivamente  all'erario  statale  tutti quegli
importi  di  consistenza  inferiore  a  cinquanta euro nonche' quegli
altri   -   superiori  -  laddove  il  concessionario  non  individui
facilmente  l'ente  creditore che, nei vani casi, puo' anche esser la
regione ricorrente.
   Se,  poi,  si  considera  che  le  somme  menzionate  dal comma 22
dell'art.  83 - e cioe' tutte le somme eccedenti incassate nei cinque
anni trascorsi - sono somme che gia' avrebbero dovuto venir riversate
alla   regione,   la   lesione   e'   di  tutta  e  palese  evidenza,
determinandosi  una  sottrazione  neppure  di  risorse  future  ma di
risorse   che   devono   considerarsi   gia'  virtualmente  acquisite
all'erario regionale.
   E',  peraltro,  di  tutta evidenza che la particolare destinazione
che  il  legislatore  nazionale  ritiene  di  imprimere  alle risorse
derivanti dal comma 22 (fondo speciale istituito con l'art. 81, comma
29, del decreto stesso) non puo' determinare una. «riserva» a termini
dell'art.  2,  comma  primo, ultima parte, del d.P.R. 26 luglio 1965,
n. 1074,  dal momento che le «riserve» all'erario statale previste da
tale disposizione di attuazione statutaria riguardano «nuove entrate»
istituite  dallo  Stato  e  non  gia' la destinazione di entrate gia'
proprie  della  regione, il cui diritto all'esazione e' peraltro gia'
maturato.

        
      
                              P. Q. M.
   Voglia  codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il presente
ricorso,  dichiarando  l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 11,
commi  4,  8  e 12, e dell'art. 13, commi 1, 2 e 3, nonche' dell'art.
77-quater,  comma 7, e dell'art. 83, commi 21 e 22, del decreto-legge
25 giugno 2008, n. 112, recante «Disposizioni urgenti per lo sviluppo
economico,  la semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione
della finanza pubblica e la perequazione tributaria», come convertito
con  modificazioni  con  la  legge  6 agosto 2008, n. 133, pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 195 del 21 agosto 2008 -
Serie  generale,  per violazione dell'art. 14, lett. g) dello Statuto
Siciliano  e  dell'art.  5  del  d.P.R.  30  luglio  1950,  n. 878  e
successive modificazioni e integrazioni, recante «Norme di attuazione
dello statuto della Regione Siciliana in materia di opere pubbliche»,
nonche'  dell'art.  36  dello  statuto  regionale  e  delle  norme di
attuazione  statutarie  in  materia finanziaria di cui all'art. 2 del
d.P.R. 26 luglio 1965, n. l074.
   Con riserva di ulteriori deduzioni.
   Si   deposita   con   il   presente   atto  copia  conforme  della
deliberazione   della   Giunta   regionale   di  autorizzazione  alla
proposizione dell'impugnativa.
     Palermo, addi' 17 ottobre 2008
                       Avv. Michele Arcadipane

    

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