N.   88  RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 29 luglio 2010.
 
Ricorso per questione di  legittimita'  costituzionale  depositato in
cancelleria il 29 luglio 2010 (della Regione Siciliana). 
 

                        
(GU n. 36 dell'8-9-2010) 

    Ricorso della Regione Siciliana, in persona  del  Presidente  pro
tempore,   rappresentato   e   difeso,   sia    congiuntamente    che
disgiuntamente, giusta procura a margine  del  presente  atto,  dagli
avvocati  Michele  Arcadipane  e  Beatrice  Fiandaca,   elettivamente
domiciliato presso la sede dell'Ufficio della  Regione  Siciliana  in
Roma, via Marghera n. 36,  ed  autorizzato  a  proporre  ricorso  con
deliberazione della Giunta regionale allegata; 
    Contro il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  pro  tempore,
domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, presso  gli  Uffici
della Presidenza del Consiglio  dei  ministri,  e  difeso  per  legge
dall'Avvocatura dello Stato, per la dichiarazione  di  illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 6, dell'art. 2,  commi  2-octies  e
2-undecies, nonche' dell'art. 3, comma 2-bis del d.l. 25 marzo  2010,
n. 40 come convertito, con modificazioni, con legge 22  maggio  2010,
n. 73 recante  «Disposizioni  urgenti  tributarie  e  finanziarie  in
materia di contrasto alle frodi fiscali  internazionali  e  nazionali
operate,  tra  l'altro  nella  forma  dei  cosiddetti  "caroselli"  e
"cartiere", di potenziamento e  razionalizzazione  della  riscossione
tributaria  anche  in  adeguamento  alla  normativa  comunitaria,  di
destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo  per
incentivi e sostegno della domanda in particolari settori» pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica 25 maggio 2010,  n.  120  -
Serie generale, per violazione degli artt.  36  e  37  dello  Statuto
Siciliano e degli artt. 2 e 8 del d.P.R. 26  luglio  1965,  n.  1074,
recante «Norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana in
materia finanziaria» nonche' del principio di leale cooperazione. 
 
                              F a t t o 
 
    Il d.l. 25 marzo 2010, n. 40 come convertito, con  modificazioni,
con legge  22  maggio  2010,  n.  73  recante  «Disposizioni  urgenti
tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle  frodi  fiscali
internazionali e nazionali  operate,  tra  l'altro  nella  forma  dei
cosiddetti   "caroselli"   e   "cartiere",   di    potenziamento    e
razionalizzazione della riscossione tributaria anche  in  adeguamento
alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al
finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della  domanda  in
particolari settori» reca disposizioni  che  violano  le  prerogative
statutarie di questa Regione in  materia  finanziaria  sancite  dagli
artt.  36  e  37  dello  Statuto  speciale  nonche'  dalle  norme  di
attuazione dello stesso in materia finanziaria di cui  al  d.P.R.  26
luglio 1965, n. 1074, nonche' il principio di leale cooperazione. 
    Le norme impugnate non  indicano  fra  i  propri  destinatari  le
regioni ad autonomia speciale e, tuttavia,  in  assenza  di  espresse
previsioni di garanzia delle competenze loro attribuite dagli statuti
speciali devono ritenersi applicabili anche alle regioni ad autonomia
speciale. 
    L'art. 1, comma 6 del d.l. n. 40/2010, come convertito con  legge
22 maggio 2010, n. 73, stabilisce, al fine di contrastare  l'utilizzo
illegittimo  dei  crediti  d'imposta,  anche  agevolativi,   la   cui
fruizione e' autorizzata da amministrazioni ed enti  pubblici,  anche
territoriali, che l'Agenzia delle entrate trasmetta i  dati  relativi
ai detti crediti utilizzati in diminuzione delle  imposte  dovute  ai
suindicati enti, anche territoriali, e che le somme cosi'  recuperate
siano riversate  all'entrata  del  bilancio  dello  Stato  e  restino
acquisite all'erario. 
    Le disposizioni dell'art.  2,  commi  da  2-septies  a  2-decies,
consentono alle societa' ex  concessionarie  del  servizio  nazionale
della riscossione la definizione agevolata, mediante versamento di un
importo pari ad una percentuale delle somme dovute - da  individuarsi
successivamente con un decreto ministeriale  -,  delle  controversie,
pendenti  alla  data  di  conversione  del  decreto-legge  in  esame,
relative  ad  attivita'  svolte  nell'esercizio  in  concessione  del
servizio di riscossione fino al  30  giugno  1999.  L'art.  2,  comma
2-decies individua l'oggetto  della  definizione  agevolata  (tributi
erariali), ed il successivo comma 2-undecies prevede la  destinazione
delle  maggiori  entrate  derivanti   dalle   predette   disposizioni
precisando che il relativo gettito, quantificato  in  50  milioni  di
euro per il 2010, affluisce, nel medesimo anno ed entro il limite  di
17  milioni  di  euro,  al  fondo  istituito  presso   il   Ministero
dell'economia  e   delle   finanze   per   il   finanziamento   della
partecipazione italiana a missioni  internazionali  di  pace  e,  nel
limite di 3 milioni di euro, copre  gli  oneri  derivanti  dal  comma
4-quinquies  del   medesimo   articolo   (misure   di   sostegno   ed
incentivazione in favore del settore tessile  e  dell'abbigliamento).
Inoltre,  la  norma  dell'art.  2,  comma  2-undecies  in   questione
stabilisce che la residua parte del detto  gettito  venga  destinata,
nel  medesimo  anno  ed  in  varie  percentuali,  al  fondo  per   il
finanziamento delle spese di partecipazione dell'Italia a missioni di
pace, ad interventi a favore  del  settore  tessile  ed  a  misure  a
sostegno dell'editoria. 
    Quanto  alle  modalita'  di  attuazione  della  disposta  riserva
all'erario statale, si osserva che 1'art. 2, comma 2-octies del  d.l.
n. 40/2010, come convertito, con modificazioni, con legge  22  maggio
2010, n. 73 stabilisce che essa si realizza mediante il versamento di
un importo pari ad una percentuale delle somme dovute  in  base  alla
sentenza impugnata o all'ultimo atto  amministrativo  o  all'atto  di
citazione. 
    Tale percentuale, secondo la  previsione  della  disposizione  in
esame, e' individuata mediante l'adozione di un decreto del Ministero
dell'economia e delle finanze. 
    La disposizione contenuta nell'art. 3, comma 2-bis, individua  le
modalita' di definizione delle controversie tributarie  pendenti  che
originano da ricorsi iscritti a ruolo nel primo grado da oltre  dieci
anni, per le quali risulti soccombente l'Amministrazione  finanziaria
dello Stato nei primi due gradi di giudizio. 
    In particolare la suddetta norma dell'art. 3, comma  2  bis,  del
d.l. n. 40/2010, come convertito, con  modificazioni,  con  legge  22
maggio 2010, n. 73,  alla  lettera  b),  prevede  l'estinzione  delle
controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione con
il pagamento di un importo pari al 5 del valore  della  controversia
(determinato in base al  valore  della  controversia  o  del  tributo
contestato nell'atto introduttivo del  giudizio  di  primo  grado)  e
stabilisce che le maggiori entrate  cosi'  acquisite  affluiscano  al
fondo di cui all'art. 7-quinquies del d.l. 10 febbraio  2009,  n.  5,
come convertito, con modificazioni, con legge 9 aprile  2009,  n.  33
per essere destinate alle esigenze di  finanziamento  delle  missioni
internazionali di pace. 
    Le richiamate disposizioni dell'art.1, comma  6,  art.  2,  commi
2-octies e 2-undecies, nonche' dell'art. 3, comma 2-bis, del d.l.  25
marzo 2010, n. 40 come convertito, con modificazioni,  con  legge  22
maggio 2010, n. 73 si  appalesano  costituzionalmente  illegittime  e
vengono censurate, in quanto lesive delle attribuzioni dell'autonomia
finanziaria della Regione Siciliana, per le seguenti ragioni di 
 
                            D i r i t t o 
 
    Violazione degli articoli 36 e 37 dello  Statuto  della  Regione,
siciliana e dei correlati articoli 2 e 8 delle norme di attuazione in
materia finanziaria approvate con d.P.R. 26 luglio  1965  n.  1074  -
nonche' del principio di leale cooperazione. 
    Preliminarmente si osserva che il richiamato art. 1, comma 6, del
d.l. 25 marzo 2010, n. 40 come  convertito,  con  modificazioni,  con
legge 22 maggio 2010, n. 73 non configura ne' una  imposta  di  nuova
istituzione ne' una entrata derivante da un aumento  di  aliquota  di
un'imposta preesistente, ma prevede una generica  riserva  all'erario
dello Stato e la definitiva acquisizione ad esso di  tutte  le  somme
recuperate a titolo di crediti d'imposta illegittimamente  utilizzati
senza che sussistano i presupposti come individuati dalla  previsione
dell'art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965,  n.  1074  poiche'  l'introito
derivante dal recupero dei detti crediti d'imposta di cui  al  citato
art. l, comma 6 non costituisce ne' nuova ne' maggiore entrata stante
che  tale  carattere  e'  riferibile  soltanto  ai  nuovi  tributi  o
all'aumento di aliquota di tributi preesistenti. 
    Nel caso considerato il gia' esistente tributo,  utilizzato  come
credito d'imposta, oltre che privo del carattere della  novita',  non
e' destinato a soddisfare specifiche esigenze dello Stato  in  quanto
la previsione dell'art. 1, comma 6 in esame,  stabilisce  la  riserva
all'erario dello Stato e la definitiva  acquisizione  ad  esso  delle
somme recuperate. 
    A cio' aggiungasi che il gettito derivante  dall'imposta  portata
in detrazione e'  sempre  stato  pacificamente  attribuito  a  questa
Regione. Ed invero, dalle previsioni recate dagli articoli  36  e  37
dello Statuto e dall'art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 emerge
la regola generale secondo  la  quale,  a  parte  talune  individuate
eccezioni, tra le quali sono  da  ricomprendere  le  (effettivamente)
nuove entrate tributarie il cui gettito sia  destinato  con  apposite
leggi alla  copertura  di  oneri  diretti  a  soddisfare  particolari
finalita' contingenti o continuative dello  Stato  specificate  nelle
leggi medesime, spettano alla Regione Siciliana, oltre  alle  entrate
tributarie  da  essa  direttamente  deliberate,  tutte   le   entrate
tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio,  dirette
o indirette, comunque denominate. 
     Ora, la norma in esame non configura ne' una  imposta  di  nuova
istituzione ne' una entrata derivante da un aumento  di  aliquota  di
un'imposta preesistente, ma detta una specifica disciplina  volta  al
recupero  dei  crediti  d'imposta  illegittimamente   utilizzati   e,
pertanto, e' lesiva dei parametri rubricati. 
    Le norme degli articoli 2, comma 2-undecies, e  3,  comma  2-bis,
del citato d.l. 25 marzo 2010, n. 40 come convertito dalla  legge  22
maggio  2010,  n.  73  dettano  una  specifica  disciplina  relativa,
rispettivamente, alla definizione agevolata delle controversie di cui
ai commi da 2-septies a 2-decies del medesimo articolo, pendenti alla
data di conversione del decreto-legge  in  esame,  ed  all'estinzione
(art. 3, comma 2-bis), delle controversie tributarie pendenti innanzi
alla Corte di cassazione con il pagamento di un importo  pari  al  5
del valore della controversia (determinato in base  al  valore  della
controversia o del  tributo  contestato  nell'atto  introduttivo  del
giudizio di primo grado). 
    In particolare, il comma 2-undecies prevede la destinazione delle
maggiori entrate derivanti dalle disposizioni  di  cui  ai  commi  da
2-septies a 2-decies precisando che il relativo gettito, quantificato
in 50 milioni di euro per il 2010, affluisca, nel  medesimo  anno  ed
entro il limite di 17 milioni di euro, al fondo istituito  presso  il
Ministero dell'economia e delle finanze per  il  finanziamento  della
partecipazione italiana a missioni  internazionali  di  pace  e,  nel
limite di 3 milioni di euro, copra  gli  oneri  derivanti  dal  comma
4-quinquies  del   medesimo   articolo   (misure   di   sostegno   ed
incentivazione in favore del settore tessile e dell'abbigliamento). 
    Inoltre, la norma dell'art.  2,  comma  2-undecies  in  questione
stabilisce che la residua parte del detto  gettito  venga  destinata,
nel  medesimo  anno  ed  in  varie  percentuali,  al  fondo  per   il
finanziamento delle spese di partecipazione dell'Italia a missioni di
pace, ad interventi a favore  del  settore  tessile  ed  a  misure  a
sostegno dell'editoria. 
    Anche le norme surriportate si  profilano  lesive  dei  parametri
statutari, delle  norme  di  attuazione  e  del  principio  di  leale
cooperazione rubricati in quanto, oltre a comportare  un  pregiudizio
economico per la Regione,  ne  violano  le  attribuzioni  in  materia
finanziaria. 
    Infatti,  esse  determinano,  in   violazione   delle   eccezioni
espressamente previste dall'art. 2 del  d.P.R.  26  luglio  1965,  n.
1074, la destinazione allo Stato del  gettito  di  imposte  spettanti
alla  Regione  ed  assegnate  all'erario   statale   per   specifiche
finalita', senza considerare le riconosciute spettanze della  Regione
Siciliana sul gettito in questione, relativo a  quanto  riscosso  nel
proprio territorio (art. 8 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074). 
    Ed invero, va rilevato che l'art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n.
1074, recante  «Norme  di  attuazione  dello  Statuto  della  Regione
Siciliana in materia finanziaria», consente di  riservare  all'erario
statale esclusivamente le «nuove entrate tributarie  il  cui  gettito
sia destinato con apposite leggi alla copertura di  oneri  diretti  a
soddisfare particolari finalita'  contingenti  o  continuative  dello
Stato specificate nelle leggi medesime».  In  proposito,  la  codesta
Corte, nel precisare l'ambito di applicazione di  tale  disposizione,
ha autorevolmente chiarito (cfr. sentenze nn. 47/1968 e 49/1972)  che
per nuova entrata tributaria deve intendersi  soltanto  quell'entrata
«derivante da  un  atto  impositivo  nuovo,  in  mancanza  del  quale
l'entrata non si sarebbe verificata», e, di conseguenza, ha affermato
(cfr. sentenza n.  430/1996)  che  «rimane  cosi'  preclusa,  in  via
generale, la devoluzione allo Stato di entrate  tributarie  erariali,
riscosse  nel  territorio  della  Regione  Siciliana,  ma  prive  del
carattere di novita'». 
    Nella fattispecie di che trattasi manca l'indefettibile requisito
della novita' dell'entrata, poiche' le norme in questione  non  hanno
carattere  additivo  rispetto  al  regime  fiscale  preesistente,  ma
incidono su fattispecie gia' oggetto di tassazione. 
    Pertanto, nessun dubbio  puo'  sussistere  nella  fattispecie  in
esame circa la spettanza - per quanto da  riscuotere  nel  territorio
regionale  -  delle  imposte  in  questione  in  capo  alla   Regione
Siciliana. 
    Quanto  alle  modalita'  di  attuazione  della  disposta  riserva
all'erario statale, si osserva che l'art. 2, comma 2-octies del  d.l.
n. 40/2010,  come  convertito  con  legge  22  maggio  2010,  n.  73,
stabilisce che essa si realizza mediante il versamento di un  importo
pari ad una percentuale delle somme  dovute  in  base  alla  sentenza
impugnata o all'ultimo atto amministrativo o all'atto di citazione. 
    Tale percentuale, secondo la  previsione  della  disposizione  in
esame e' individuata mediante l'adozione di un decreto del  Ministero
dell'economia e delle finanze. 
    Ora, si rileva in subordine, che la previsione surriportata,  che
stabilisce  le  modalita'  di  attuazione  della  riserva  all'erario
statale di  entrate  di  esclusiva  spettanza  regionale,  omette  di
prevedere  qualsiasi  partecipazione  della  Regione   Siciliana   al
procedimento finalizzato all'adozione del  decreto  in  questione  e,
pertanto, secondo il costante insegnamento della Corte costituzionale
(sentenza  n. 288/2001;  sentenze  nn. 347  e  348/2000)  si  profila
illegittima rispetto ai parametri di cui all'art.  36  dello  Statuto
siciliano ed al principio di leale cooperazione. 
    Quanto alla disposizione dell'art. 3,  comma  2-bis,  del  citato
decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40 come convertito con  la  legge  22
maggio 2010, n. 73  si  rileva,  sotto  altro  aspetto  del  medesimo
profilo, che esso riserva allo Stato il gettito  recuperato  mediante
la definizione agevolata di  tutte  indistintamente  le  controversie
tributarie di cui alla lettera  b),  facendolo  confluire  nel  fondo
istituito ai sensi  dell'art.  7-quinquies,  comma  1,  del  d.l.  10
febbraio 2009, n. 5, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  9
aprile 2009, n. 33; cio', oltre a comportare un pregiudizio economico
per la Regione, ne viola le attribuzioni in materia  finanziaria,  in
quanto in tal modo si determina, in buona sostanza, una  sostituzione
di una entrata spettante alla  Regione  con  un'altra  neppure  nuova
assegnata viceversa allo Stato per proprie e preesistenti  finalita',
senza considerare le riconosciute spettanze della  Regione  Siciliana
sul gettito in questione, relativo  a  quanto  riscosso  nel  proprio
territorio. 
    Dalle  considerazioni  sopra  svolte   e   dalla   giurisprudenza
costituzionale citata, deriva che le disposizioni nazionali in esame,
prive di una clausola di salvaguardia delle prerogative delle Regioni
a Statuto speciale (sentenza n. 29/2004), sono lesive dei  suindicati
parametri statutari. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il presente
ricorso, dichiarando  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 6, dell'art. 2, commi 2-octies e 2-undecies, nonche'  dell'art.
3, comma 2-bis del d.l. 25 marzo 2010, n.  40  come  convertito,  con
modificazioni, con legge 22 maggio 2010, n. 73, recante «Disposizioni
urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto  alle  frodi
fiscali internazionali e nazionali operate, tra l'altro  nella  forma
dei  cosiddetti  "caroselli"  e  "cartiere",   di   potenziamento   e
razionalizzazione della riscossione tributaria anche  in  adeguamento
alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al
finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della  domanda  in
particolari  settori»  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale   della
Repubblica 25 maggio 2010, n. 120 - Serie  generale,  per  violazione
degli artt. 36 e 37 dello Statuto Siciliano e degli artt. 2 e  8  del
d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, recante «Norme  di  attuazione  dello
Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria»  nonche'  del
principio di leale cooperazione in quanto lesivi  delle  attribuzioni
della Regione Siciliana e  dell'autonomia  finanziaria  della  stessa
quali risultano dalle suenunciate  disposizioni  statutarie  e  dalle
correlate norme di attuazione in  materia  finanziaria  di  cui  agli
artt. 2 e 8 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074. 
    Con riserva di ulteriori deduzioni. 
    Si deposita con il  presente  atto  la  deliberazione  di  Giunta
regionale di autorizzazione a ricorrere. 
        Palermo, addi' 21 luglio 2010 
 
          Avv. Michele Arcadipane - Avv. Beatrice Fiandaca 
 

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