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N. 88 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 luglio 2006. |
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Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 7 luglio 2006 (della Regione Piemonte)
(GU n. 38 del 20-9-2006) |
Ricorso per la Regione Piemonte in persona della presidente pro
tempore prof. Mercedes Bresso, in forza di autorizzazione della
giunta regionale D.G.R. n. 48-3198 del 19 giugno 2006, con la
rappresentanza e difesa dell'avv. Anita Ciavarra e dell'avv. prof.
Emiliano Amato e con elezione di domicilio presso quest'ultimo in
Roma, via Crescenzio n. 9 per procura speciale a margine del presente
atto;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per
la declaratoria di illegittimita' costituzionale del decreto
legislativo 12 aprile 2006 n. 163 «Codice dei contratti pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive
2004/17/CE e 2004/18/CE» con riguardo all'art. 4, commi 2 e 3 ed
all'art. 5, per violazione degli artt. 117, 118 della Costituzione,
dei principi di leale collaborazione, sussidiarieta', adeguatezza,
proporzionalita', sotto i profili di seguito specificati nei motivi
di diritto.
Premesso in fatto
Nel Supplemento ordinario n. 107/L alla Gazzetta Ufficiale -
serie generale - n. 100 del 2 maggio 2006 e' stato pubblicato il
decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163 «Codice dei contratti
pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle
direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE».
Di detto decreto con specifico riguardo all'articolo 4, commi 2 e
3 ed all'articolo 5 la Regione Piemonte ravvisa illegittimita'
costituzionale e lesivita' delle proprie prerogative istituzionali e
sfera di competenza per i seguenti motivi di
D i r i t t o
Violazione degli artt. 117, 118 della Costituzione. Violazione
dei principi di leale collaborazione, sussidiarieta', adeguatezza,
proporzionalita'.
1. - In seguito alla delega di cui all'art. 25 della legge 18
aprile 2005 n. 62 (Legge comunitaria 2004) il Governo ha emanato il
d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 «Codice dei contratti pubblici relativi
a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive
2004/17/CE e 2004/18/CE», il quale oltre al recepimento delle
direttive comunitarie 2004/17/CE e 2004/18/CE, recanti
rispettivamente il coordinamento delle procedure di appalto degli
enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono
servizi di trasporto e servizi postali e il coordinamento delle
procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori,
forniture e servizi, sostituisce ventinove fra leggi, decreti e
regolamenti che attualmente disciplinano gli appalti delle pubbliche
amministrazioni, unificando in un unico testo normativo la disciplina
riguardante i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture,
tanto al di sopra quanto al di sotto della soglia di applicazione
delle direttive comunitarie.
Lo schema del decreto legislativo e' stato sottoposto alla
Conferenza Stato-regioni che ha espresso il 9 febbraio 2006 parere
negativo, in particolare rilevando «sul piano del metodo, che sarebbe
stato opportuno ed anzi doveroso, in ossequio alle indicazioni piu'
volte espresse dalla Corte costituzionale ed in continuita' con la
prassi partecipativa piu' volte sperimentata in occasione
dell'emanazione di precedenti normative nazionali, avviare un
percorso condiviso e concertato con le regioni, attesa la valenza e
la portata di un provvedimento di questa importanza», formulando
rilievi sul merito ed evidenziando sulla generale impostazione del
decreto legislativo che esso «contribuisce a determinare tra Stato e
regioni un assetto delle competenze legislative e dei rispettivi
ruoli ispirato al riconoscimento dello Stato quale unico soggetto
titolato a normare il settore dei lavori, dei servizi e delle
forniture pubblici, in aperta contraddizione con un'ormai consolidata
interpretazione dell'art. 117 che riconosce anche alle regioni
potesta' legislativa nei settori in parola».
La carenza di idoneo effettivo coinvolgimento delle regioni nella
fase di predisposizione del testo normativo veniva segnalata altresi'
nel parere reso sullo schema di decreto legislativo dal Consiglio di
Stato, che a sua volta formulava numerosi gravi rilievi, anche con
specifico riguardo all'assetto costituzionale delle competenze dello
Stato e delle regioni.
Lo schema di decreto legislativo veniva parzialmente modificato,
tuttavia tali modifiche non appaiono soddisfacenti rispetto alle
problematiche evidenziate dalle regioni, con particolare rilievo
delle norme di cui agli artt. 4, commi 2 e 3, e 5 del decreto emanato
e che entrera' in vigore il prossimo 1° luglio.
Occorre rammentare che la Regione Piemonte ha una propria
disciplina sull'attivita' contrattuale regionale, l.r. 23 gennaio
1984, n. 8 «Norme concernenti l'amministrazione dei beni e
l'attivita' contrattuale della regione», aggiornata rispetto alle
norme comunitarie e nazionali successive ed applicantesi in
particolare per gli appalti al di sotto della soglia comunitaria e si
accingeva ad approvare un disegno di legge recante disciplina
unitaria in materia di appalti di servizi, forniture e lavori
pubblici rivolta a determinare un quadro di riferimento, coerente con
le direttive comunitarie e con i principi fondanentali, che tenesse
conto delle peculiarita' rilevabili per il territorio regionale, in
un'ottica di semplificazione e di sostegno delle attivita' di tutte
le amministrazioni locali piemontesi, per tutti quegli aspetti
comunque riconducibili alla sfera di competenza regionale.
Il «Codice» ora emanato esaurisce la regolamentazione della
materia da parte della regione ed enuncia la competenza legislativa e
regolamentare dello Stato anche in ambiti propriamente riconducibili
alla competenza concorrente o residuale - esclusiva delle regioni.
Come e' noto, l'art. 117 della Costituzione nella sua attuale
formulazione conseguente alla modifica operata con la legge
costituzionale n. 3/2001 non contempla piu' espressamente la materia
dei lavori pubblici, ne' nell'elencazione degli oggetti della
potesta' esclusiva statale di cui al comma 2 ne' nell'elencazione
degli oggetti della potesta' concorrente di Stato e regioni di cui al
comma 3.
Tuttavia, come statuito dall'ecc.ma Corte, la mancanza di
enunciazione espressa non comporta che la disciplina dei lavori
pubblici rientri nella potesta' legislativa residuale esclusiva delle
regioni poiche' «si tratta di ambiti di legislazione che non
integrano una vera e propria materia ma si qualificano a seconda
dell'oggetto al quale afferiscono e pertanto possono essere ascritti
di volta in volta a potesta' legislative esclusive dello Stato ovvero
a potesta' legislative concorrenti» (sent. n. 303/2003).
A sua volta l'attivita' contrattuale della pubblica
amministrazione per l'acquisizione di beni e di servizi secondo
procedure di evidenza pubblica, pure non espressamente individuata
nell'elencazione dell'art. 117, commi 2 e 3, tuttavia costituisce
ambito materiale su cui e' legittimato l'intervento del legislatore
statale in relazione a competenze aventi natura funzionale quali
quella della «tutela della concorrenza» di cui al comma 2, lett. e)
art. 117 Cost. (sent. n. 345/2004), ma pur sempre entro i limiti
individuati dai canoni di adeguatezza e proporzionalita' onde non
costituire illegittima compressione della potesta' legislativa e
regolamentare regionale nelle materie di competenza nonche'
dell'ambito di autonomia regolamentare, organizzativa e di spesa
delle amministrazioni pubbliche regionali e locali nell'esplicazione
della propria attivita'.
La disciplina dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e
forniture oggetto del decreto legislativo n. 163/2006 va riguardata
pertanto, nei suoi molteplici variegati aspetti, sotto piu' materie
considerate dall'art. 117 Cost., distinguendosi comunque fra i
contratti di amministrazioni od enti statali ed i contratti di
interesse regionale.
Si vuole qui in primo luogo evidenziare che la compresenza e
l'intreccio di competenze statali a regionali nell'ambito oggetto del
decreto legislativo richiede necessariamente un modus operandi
improntato al canone della leale collaborazione.
«La Corte ha costantemente affermato che il principio di leale
collaborazione deve presiedere a tutti i rapporti che intercorrono
fra Stato e regioni (...). Una delle sedi piu' qualificate per
l'elaborazione di regole destinate ad integrare il parametro della
leale collaborazione e' attualmente il sistema della Conferenza
Stato-regioni ed autonomie locali. Al suo interno si sviluppa il
confronto tra i due grandi sistemi ordinamentali della Repubblica, in
esito al quale si individuano soluzioni concordate di questioni
controverse» (sent. n. 31/2006).
L'assenza di adeguato confronto sulle disposizioni emanande
lamentata, come si e' sopra rammentato, dalle regioni si riverbera su
tutta l'impostazione del decreto legislativo ed ha particolare
evidenza negli artt. 4 e 5.
2. - L'art. 4 reca la definizione delle rispettive competenze
legislative di Stato, regioni e province autonome nell'ambito dei
contratti pubblici considerato.
Pur tenendo conto di una eventuale finalita' orientativa generale
per i soggetti che entrano in rapporto con le pubbliche
amministrazioni, rimane il fatto che il legislatore statale si e'
attribuito il compito, anziche' di puramente porre in essere le norme
ravvisate rientranti nel proprio ambito di competenza, distinguendo
altresi' quelle a carattere cedevole rispetto all'attuazione della
normativa comunitaria, di definire le materie e gli ambiti di
esercizio legittimo della competenza legislativa rispettivamente
statale e regionale.
Tale operato di preventivo riparto delle competenze appare di per
se' non corretto, stante che le attribuzioni costituzionalmente
fissate sono presupposto dell'attivita' del legislatore ordinario e
non oggetto delle sue determinazioni.
Inoltre cio' conferma il difetto di adeguata considerazione di
criteri di leale cooperazione, gia' sopra evidenziato, dal momento
che ad una caratterizzazione dei rispettivi ambiti statale e
regionale si sarebbe potuto semmai pervenire unicamente attraverso
procedure di effettiva concertazione e codeterminazione fra Stato e
regioni e province autonome.
A parte il generico richiamo del comma 1, le disposizioni
dell'art. 4, commi 2 e 3, costituiscono vincolo alla legislazione
regionale negli ambiti di sua competenza che si ravvisa
costituzionalmente illegittimo.
Il comma 2, pur utilizzando dizione («in particolare») foriera di
difficolta' e suscettibile di diverse opzioni interpretative,
anziche' di chiarezza del dettato legislativo, puo' ritenersi nei
limiti del generico richiamo al rispetto dei principi fondamentali
nelle materie di legislazione concorrente. In esse pero' include
anche l'organizzazione amministrativa.
Si dispone infatti che «le regioni esercitano la potesta'
normativa nel rispetto dei principi fondamentali contenuti nelle
norme del presente codice, in particolare in tema di (...)
organizzazione amministrativa (...)».
L'organizzazione amministrativa viene dunque ricondotta alla
potesta' legislativa concorrente e quindi subordinata al rispetto dei
principi fondamentali contenuti nelle norme del codice.
Invece la competenza in materia di ordinamento ed organizzazione
amministrativa - tranne che per lo Stato e gli enti pubblici
nazionali - rientra nella potesta' normativa regionale di cui al
quarto comma dell'art. 117 (sent. n. 17/2004).
Non sono peraltro affatto ravvisabili nel campo considerato dei
contratti e sotto l'aspetto dell'organizzazione amministrativa
esigenze di tipo unitario che possano giustificare enunciazione
generale quale quella in questione, che si traduce nella alterazione
delle competenze fissate dall'art. 117 Cost.
Il comma 3 in modo categorico definisce l'ambito riservato alla
legislazione esclusiva statale, vietando alle regioni l'emanazione di
disciplina diversa da quella posta dalle norme del codice su una
serie di oggetti ivi individuati.
La fonte della potesta' statale e' indicata genericamente nel
secondo comma dell'art. 117 Cost., senza specificazione di quali
precise materie elencate al detto art. 117, comma 2 abbiano rilievo a
fondare l'individuazione degli oggetti, con esse non coincidenti,
operata dalla norma in esame.
Si deve quindi procedere per ipotesi.
Viene in primo luogo in considerazione la «tutela della
concorrenza». Riprendendo quanto gia' sopra rammentato, sulla scorta
dell'insegnamento dell'ecc.ma Corte, la tutela della concorrenza e'
competenza «trasversale» che coinvolge piu' ambiti materiali e si
caratterizza per la natura funzionale, e pero' non puo' assorbire
ogni ambito della disciplina, intrecciandosi con una pluralita' di
altri interessi rientranti anche nella sfera di competenza
concorrente e residuale delle regioni, cosi' che l'intervento dello
Stato deve essere inteso secondo criterio di
adeguatezza-proporzionalita' nei limiti di quanto necessario ad
unificare in capo allo Stato strumenti di politica economica che
attengono allo sviluppo dell'intero Paese, mentre una disciplina
tanto dettagliata da risultare non proporzionata rispetto
all'obbiettivo della tutela della concorrenza costituirebbe
illegittima compressione della sfera di autonomia regionale (sent.
n. 14/2004, n. 272/2004).
Come puntualmente e' stato rilevato nel parere del Consiglio di
Stato, «non vi e' dubbio che la tutela della concorrenza incida nel
settore in esame, ma la sua stessa trasversalita' comporta che essa
si inserisca nelle altre materie senza consumarne, per definizione,
tutto l'ambito, cosicche' rimangono di regola spazi non sensibili a
tale problematica nei cui confronti resta fermo il normale riparto di
competenze. E' quanto avviene nel caso in esame in cui, accanto ai
profili della concorrenza, sussistono profili non marginali
organizzativi, procedurali, economici e di altro tipo, tra i quali la
progettazione dei lavori, servizi e forniture, la direzione dei
lavori, servizi e forniture, il collaudo, i compiti ed i requisiti
del responsabile del procedimento (... che) a seconda dell'oggetto
possono rientrare sia nella competenza concorrente che in quella
esclusiva delle regioni».
La disposizione dell'art. 4, comma 3, non soddisfa ai canoni di
ragionevolezza e proporzionalita' in quanto determina
l'assoggettamento indiscriminato alla normativa anche di dettaglio
del codice in relazione a tutti gli oggetti individuati dalla norma,
per ciascuno dei quali e' ravvisabile invece spazio in cui
legittimamente puo' esprimersi intervento normativo regionale.
Vanno altresi' certamente considerati i vincoli derivanti dalla
normativa comunitaria (operanti tanto per il legislatore statale
quanto per il legislatore regionale) anch'essi imperniati sulla
tutela della concorrenza.
Tuttavia l'estensione ed il grado di dettaglio della normativa di
recepimento, laddove sia espressione di ineludibili obblighi di
uniformita' di disciplina nei paesi della comunita', non sono
automaticamente riferibili anche alla regolazione degli appalti
«sotto soglia».
In questi casi gli enti autonomi non sono sottoposti
all'applicazione di puntuali modalita' (sent. n. 345/2004).
Dunque anche per gli ambiti della qualificazione e selezione dei
concorrenti, procedure di affidamento, criteri di aggiudicazione,
subappalto, ove il principio di tutela della concorrenza trova piu'
importante esplicazione, sono pur sempre riscontrabili aspetti ove la
piu' puntuale soddisfazione di peculiarita' differenziate dei
territori regionali o di esigenze dell'autonomia organizzativa dei
diversi enti pubblici puo' legittimamente ed utilmente fondare
l'esplicazione di normativa regionale. E cio' particolarmente
rispetto ai contratti pubblici «sotto soglia».
Va inoltre considerato che la emanazione di norme operanti
nell'ambito di discrezionalita' rimesso alle scelte del legislatore
interno offerto dalla normativa comunitaria, sempreche' si tratti di
misure volte a rafforzare la tutela della concorrenza (sent.
n. 482/1995), puo' trovare espressione tanto nella legislazione
statale quanto nella legislazione regionale secondo la rispettiva
competenza in relazione alle attivita' che vengoro disciplinate.
Pertanto la drastica ed indiscriminata perimetrazione compiuta
dalla disposizione in esame («le regioni non possono prevedere una
disciplina diversa da quella del presente codice in relazione ...»)
segna un aprioristico confine costituzionalmente illegittimo.
A non diversa conclusione si perviene laddove l'individuazione
del terzo comma in esame sia riguardata sotto il profilo della
materia dell'«ordinamento civile».
Anche nell'ambito della stipulazione ed esecuzione dei contratti,
oltre agli aspetti di direzione dei lavori, contabilita' e collaudo
che attengono massimamente all'organizzazione degli enti, sono
ravvisabili spazi significativi che vanno ascritti all'ordinamento ed
organizzazione amministrativa, materia che compete allo Stato
unicamente per se' e per gli enti pubblici nazionali, mentre rientra,
come gia' s'e' detto, nella competenza legislativa regionale di cui
al comma 4 dell'art. 117 Cost, per la restante parte.
Invero la stessa previsione di norme particolari per l'attivita'
contrattuale pubblica distinte dalle norme propriamente civilistiche
postula la compresenza di interessi pubblici attinenti
all'ordinamento delle pubbliche amministrazioni, i quali trovano
idonea soddisfazione nella regolamentazione a livello regionale.
Nell'individuazione degli ambiti di asserita competenza esclusiva
statale appare infine del tutto ingiustificata ed irragionevole
l'inclusione di «attivita' di progettazione e piani di sicurezza».
E' del utto arbitraria ed implausibile la scissione operata per i
piani di sicurezza dalla materia della «sicurezza del lavoro»
considerata al secondo comma dell'art. 4 fra le materie di potesta'
concorrente, conformemente all'art. 117, terzo comma, Cost.
I piani di sicurezza debbono garantire ai lavoratori impiegati
nell'appalto le necessarie misure antinfortunistiche, il che attiene
alla sicurezza del lavoro.
Circa l'attivita' di progettazione, essa e' massimamente
riconducibile per quanto attiene ai lavori pubblici nella materia del
«governo del territorio» - che comprende «tutto cio' che attiene
all'uso del territorio e alla localizzazione di impianti ed attivita»
(sent. n. 307/2003), comprensiva, quindi delle materie
dell'urbanistica e dell'edilizia (sent. n. 362/2003 e n. 196/2004) -
e dunque nella potesta' legislativa concorrente.
Mentre la progettazione riferibile a forniture e servizi non puo'
che appartenere all'ente titolare della competenza sostanziale e
quindi ricade per i profili non riguardanti lo Stato e gli enti
pubblici nazionali nella competenza legislativa regionale in materia
di ordinamento ed organizzazione amministrativa.
3. - L'art. 5 stabilisce che «lo Stato detta con regolamento la
disciplina attuativa ed esecutiva delle disposizioni del codice in
relazione ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di
amministrazioni ed enti statali e limitatamente agli aspetti di cui
all'art. 4, comma 3, in relazione ai contratti di ogni altra
amministrazione o soggetto equiparato».
Il regolamento e' adottato su proposta del Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri delle
politiche comunitarie, dell'ambiente, per i beni culturali e
ambientali, delle attivita' produttive, dell' economia e delle
finanze, sentiti i Ministri interesati e previo parere del Consiglio
superiore dei lavori pubblici.
Il regolamento riguardera', secondo la disposizione del quarto
comma, tutta una lunga serie di aspetti specifici, parte coincidenti
parte differenti dalle individuazioni dell'art. 4.
Poiche' la potesta' regolamentare puo' essere esercitata dallo
Stato unicamente nelle materie attribuite alla sua competenza
esclusiva, i rilievi sopra esposti relativamente all'art. 4, comma 3,
si riflettono sulla previsione dell'art. 5 con riguardo
all'emanazione di disposizioni regolamentari da parte dello Stato in
ambiti che attengono invece alla competenza concorrente o residuale
delle regioni, oltreche' alla potesta' regolamentare degli enti
locali per quanto attiene allo svolgimento delle funzioni ad essi
attibuite a norma dell'art. 117, comma 5.
Oltre a cio', anche relativamente a quelle parti di disciplina
che siano individuabili quali aspetti ascritti alla competenza
statale aventi applicazione generale per tutte le amministrazioni
pubbliche o soggetti equiparati, stante l'intreccio e
l'intersecazione con competenze regionali nonche' con l'ambito di
autonomia organizzativa degli enti come sopra piu' volte ricordato,
la formazione del regolamento statale non puo' essere sottratta a
procedura di intesa con la Conferenza unificata, in ossequio al
principio di leale collaborazione.
P. Q. M.
Piaccia all'ecc.ma Corte dichiarare l'illegittimita'
costituzionale del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163 «Codice
dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in
attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE» con riguardo
all'art. 4, commi 2 e 3 ed all'art. 5, per violazione degli
artt. 117, 118 della Costituzione, dei principi di leale
collaborazione, sussidiarieta', adeguatezza, proporzionalita', sotto
i profili specificati nei motivi sovraesposti.
Torino - Roma, addi' 28 giugno 2006
Avv. Anita Ciavarra - Avv. prof. Emiliano Amato
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