Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria 14 settembre 2011 (della Regione Toscana) . 
 
 
(GU n. 44 del 19.10.2011) 
 
    Ricorso della regione Toscana,  in  persona  del  Presidente  pro
tempore, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n.  765
del 5 settembre 2011, rappresentato e difeso, per mandato in calce al
presente atto, dall' Avv. Lucia Bora, domiciliato  presso  lo  studio
dell'Avv. Marcello Cecchetti, in Roma, Via A. Mordini n. 14; 
    Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro  tempore  per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 5,  comma
2, lett. b) n. 1, del decreto-legge n. 70  del  2011  convertito  con
modificazioni nella legge 12 luglio 2010 n. 106, per violazione degli
artt. 117, 118 e 120 Cost. anche sotto il profilo di  violazione  del
principio della leale cooperazione. 
    Nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 160 del 12  luglio
2011  e'  stata  pubblicata  la  legge  12  luglio  2010  n.  106  di
conversione, con modificazioni, del decreto-legge 13 maggio  2011  n.
70  recante  Semestre  Europeo -  Prime  disposizioni   urgenti   per
l'economia. 
    In particolare, l'art. 5, comma 2, lett. b) n. 1, per quanto  qui
rileva, conferma il meccanismo semplificato per superare il  dissenso
tra Amministrazioni diverse in Conferenza di servizi gia'  introdotto
dal decreto-legge 78/2010 (ed impugnato dalla Regione  Toscana,  reg.
ric. N. 97/2010; l'udienza pubblica  e'  fissata  per  il  giorno  23
novembre p.v.). Prima del decreto-legge 78/2010, le norme prevedevano
procedimenti complessi che tutelavano i livelli di  competenza  della
Regione e degli enti locali, mentre con l'art. 49, terzo  comma,  del
citato decreto-legge 78/2010 il procedimento e'  stato  semplificato:
in base alla disciplina introdotta dal predetto art. 49, comma 3,  ed
oggi confermata  con  il  decreto-legge  70/2011  all'odierno  esame,
quando il dissenso e' espresso da  un'amministrazione  preposta  alla
tutela ambientale, paesaggistico territoriale, del patrimonio storico
artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumita', la
questione e' sempre  risolta  con  deliberazione  del  Consiglio  dei
ministri che si pronuncia in 60 giorni, previa intesa con la  regione
(se il dissenso e' tra amministrazione statale e regionale) o  previa
intesa con la regione e gli enti locali interessati, se  il  dissenso
e' tra mi' amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra
piu' enti locali. 
    In ogni caso, se l'intesa non e' raggiunta entro  30  giorni,  il
Consiglio dei Ministri puo' decidere comunque, essendo il  Presidente
della Regione, in  tale  ipotesi,  chiamato  solo  a  partecipare  al
Consiglio dei Ministri. Specificatamente, il decreto-legge 70/2010 o'
intervenuto in merito  a  tale  ultimo  periodo  che  nella  versione
originaria prevedeva testualmente "Se l'intesa non e'  raggiunta  nei
successivi trenta giorni, la deliberazione del Consiglio dei Ministri
puo' essere comunque adottata"; il  decreto-legge  70  in  parola  ha
sostituito le parole "nei successivi trenta  giorni"  con  le  parole
"entro trenta giorni", lasciando tuttavia evidentemente inalterata la
disciplina da un punto di vista sostanziale. 
    Appare  quindi  necessario  ribadire   di   fronte   alla   Corte
costituzionale le questioni gia'  espresse  con  il  ricorso  avverso
l'art. 49, comma 3, del decreto-legge n. 78/2010. 
    L'impugnata  disposizione  e'  infatti  lesiva  delle  competenze
regionali per i seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
    Illegittimita' costituzionale dell'articolo 5, comma 2, lett.  b)
n. 1 nella parte in cui conferma la disposizione di cui all'art.  49,
comma 3, D.L. 78/2010  (sostitutivo  dei  commi  3,  3-bis,  3-ter  e
3-quater dell'art. 14-quater della legge n. 241/1990), per violazione
dell'articolo 117, 3° e 4° comma, e art. 118  Cost.  anche  sotto  il
profilo della violazione del principio della leale cooperazione e per
violazione dell'art. 120 Cost. 
    I)  La  disposizione  impugnata  interviene  a  modificare   solo
formalmente il comma 3 dell'art. 14-quater, introdotto con l'art.  49
del DL 78/2010. La norma, nella nuova versione a seguito dell'art.  5
in esame, riconferma la disciplina per il  superamento  del  dissenso
espresso  da  Amministrazioni  preposte   alla   tutela   ambientale,
paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico  o  alla
tutela  della  salute  e  della  pubblica  incolumita'  in  sede   di
Conferenza di servizi, gia' prevista dal DL 78/2010, stabilendo che a
fronte di tale dissenso, "la questione, in attuazione e nel  rispetto
del  principio  di  leale  collaborazione  e  dell'art.   120   della
Costituzione,  e'  rimessa   dall'amministrazione   procedente   alla
deliberazione del Consiglio dei  Ministri,  che  si  pronuncia  entro
sessanta giorni, previa intesa con la regione... in caso di  dissenso
tra  un  amministrazione  statale  ed  una  regionale  o   tra   piu'
amministrazioni regionali ovvero previa intesa con la Regione  e  gli
enti    locali    interessati,    in    caso    di    dissenso    tra
un'amministrazione...regionale e un  ente  locale  o  tra  piu'  enti
locali. Se l'intesa non e' raggiunta entro (mentre  la  versione  del
decreto-legge n. 78/2010 diceva nei  successivi)  trenta  giorni,  la
deliberazione  del  Consiglio  dei  Ministri  puo'  essere   comunque
adottata. Se il motivato dissenso e' espresso da  una  regione  ...in
una delle materia di propria competenza, il  Consiglio  dei  Ministri
delibera  in  esercizio  del  proprio  potere  sostitutivo   con   la
partecipazione dei Presidenti delle regioni". 
    E' evidente quindi che  con  l'intrevento  normativo  all'odierno
esame e' stato modificato solo formalmente il dato testuale rimanendo
la disposizione, nella sostanza, lesiva delle  prerogative  regionali
costituzionalmente garantite in quanto atta ad incidere su molteplici
competenze  regionali,  quali   il   governo   del   territorio,   la
valorizzazione dei beni culturali ed ambientali  e  la  tutela  della
salute, il turismo, il commercio. 
    Proprio  in  considerazione  di  una  siffatta   (e   fortemente)
possibile interferenza fra competenze e funzioni statali e regionali,
allorquando si debbano individuare meccanismi  volti  a  superare  il
suddetto  dissenso,  la  scelta  non  puo'  mai  essere   quella   di
"espropriare"  della  propria  potesta'   decisionale   un   soggetto
istituzionale, rimettendo la decisione ad un unico Ente. 
    Si deve, in  altri  termini,  raggiungere  un'intesa,  che,  alla
stregua della giurisprudenza formatasi con riguardo alle  fattispecie
di "chiamata in sussidiarieta'", deve avere natura "forte", nel senso
che il suo mancato raggiungimento impedisce la decisione finale. 
    Ed infatti, la disciplina previgente rispetto a quella introdotta
dal DL 78/2010 e confermata dal DL 70/2011, impugnato con il presente
ricorso, dettava procedimenti complessi di superamento  del  dissenso
fra Amministrazioni diverse in  sede  di  Conferenza,  a  tutela  dei
livelli di competenza delle Regioni e degli Enti Locali coinvolti. 
    Per contro, il nuovo terzo comma dell'art. 14-quater della  legge
n. 241/1990, anche a seguito  della  modifica  operata  dall'art.  5,
comma 2, lett. b)  n.  l  in  esame,  consente  infine  la  decisione
unilaterale governativa, decorso un certo periodo, in caso di mancato
raggiungimento   dell'intesa,   sviliendo   il   carattere    "forte"
dell'intesa stessa fra Governo, Regione ed Enti Locali,  che  risulta
meramente eventuale e,  comunque,  sminuendo  il  potere  decisionale
della Regione, in violazione del dettato costituzionale. 
    Nella  sentenza  n.  6/2004,   la   Corte   costituzionale   (con
riferimento alla materia dell'energia) ha chiarito che  l'intesa  con
le Regioni deve essere considerata di natura "forte", "nel senso  che
il suo mancato raggiungimento costituisce ostacolo insuperabile  alla
conclusione  del  procedimento",  stante   l'impatto   indubbio   che
determinate opere (nella fatti-specie esaminata nella citata sentenza
si trattava di impianti energetici) provocano su  molteplici  materie
rimesse alla competenza, concorrente o residuale, delle Regioni,  fra
le quali la tutela  della  salute,  il  governo  del  territorio,  il
turismo e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali. 
    Ancora,  nella  successiva  sentenza  n.   383/2005,   la   Corte
Costituzionale ha rilevato che «Nell'attuale  situazione  [...]  come
questa Corte ha piu' volte ribadito a partire dalla sentenza  n.  303
del 2003 (cfr., da ultimo, le sentenze n. 242 e  n.  285  del  2005),
tali intese costituiscono condizione minima e imprescindibile per  la
legittimita' costituzionale della disciplina legislativa statale  che
effettui  la   "chiamata   in   sussidiarieta'"   di   una   funzione
amministrativa in materie affidate alla legislazione  regionale,  con
la conseguenza che deve trattarsi di vere e proprie intese "in  senso
forte", ossia di atti a struttura  necessariamente  bilaterale,  come
tali non superabili con decisione unilaterale di una delle parti.  In
questi  casi,  pertanto,   deve   escludersi   che,   ai   fini   del
perfezionamento dell'intesa, la volonta'  della  Regione  interessata
possa essere sostituita da una determinazione dello Stato,  il  quale
diverrebbe in  tal  modo  l'unico  attore  di  una  fattispecie  che,
viceversa, non  puo'  strutturalmente  ridursi  all'esercizio  di  un
potere unilaterale. 
    L'esigenza che il conseguimento di queste  intese  sia  non  solo
ricercato in termini effettivamente  ispirati  alla  reciproca  leale
collaborazione, ma anche agevolato per evitare situazioni di  stallo,
potra' certamente  ispirare  l'opportuna  individuazione,  sul  piano
legislativo, di procedure parzialmente innovative  volte  a  favorire
l'adozione dell'atto finale nei casi in cui siano insorte difficolta'
a conseguire l'intesa, ma tali procedure non potranno  in  ogni  caso
prescindere dalla permanente garanzia della posizione paritaria delle
parti  coinvolte.  E  nei  casi  limite  di  mancato   raggiungimento
dell'intesa, potrebbe essere utilizzato, in ipotesi, lo strumento del
ricorso a questa Corte in sede di conflitto di attribuzione fra Stato
e Regioni». 
    Sul punto, anche la sentenza n. 303/2003 aveva  riconosciuto  una
ben precisa valenza procedimentale ai principi di  sussidiarieta'  ed
adeguatezza,  con  conseguente  necessita'  che  l'ampliamento  delle
funzioni dello Stato costituisca "oggetto di accordo con  la  Regione
interessata". La disposizione censurata,  invece,  consentendo,  come
visto, la determinazione unilaterale governativa in caso  di  mancato
raggiungimento di un'intesa nel termine  di  trenta  giorni  (termine
confermato  dall'art.  5,  comma  2,  lett.  b)  n.  1   in   esame),
sostanzialmente pone la Regione medesima in una posizione subordinata
rispetto a quella statale. 
    In altri termini, le Regioni, in tutti i casi in cui  vi  sia  un
motivato dissenso fra Amministrazioni diverse  preposte  alla  tutela
ambientale,      paesaggistico-territoriale,      del      patrimonio
storico-artistico  o  alla  tutela  della  salute  e  della  pubblica
incolumita', perdono  sostanzialmente  ogni  capacita'  deliberativa,
essendo la questione rimessa al Consiglio dei Ministri (alle riunioni
del quale e' semplicemente  convocato  il  Presidente  della  Regione
interessata). 
    Com'e' intuitivo, pero', l'autonomia  regionale  e  la  posizione
paritaria fra il livello  centrale  e  quello  regionale  di  governo
possono essere garantite soltanto se l'intesa viene interpretata come
vero e proprio strumento destinato  a  recepire  la  codeterminazione
(appunto, paritaria)  dell'an  e  del  quomodo  degli  interventi  da
realizzare. 
    Emerge,   pertanto,   l'illegittimita'    costituzionale    della
disposizione censurata, per violazione degli artt. 117  e  118  della
Costituzione, anche sotto il profilo della violazione  del  principio
di leale collaborazione. 
    H) Lo stesso comma 3 dell'art. 14-quater della legge n. 241/1990,
anche a seguito della novella di cui all'art. 5 in esame,  si  rivela
in contrasto con gli artt. 117 e 118 Cost,  anche  sotto  il  profilo
della violazione  del  principio  di  leale  collaborazione,  per  un
aspetto ulteriore. 
    Come si evince dal dato letterale della  disposizione  censurata,
infatti, questa equipara il caso di contrasto fra  un'Amministrazione
statale e gli Enti Locali a quello di constrato fra questi ultimi  ed
un'Amministrazione regionale. 
    In tale seconda ipotesi, pero', davvero non  si  comprende  quali
esigenze di esercizio unitario  possano  giustificare  la  remissione
della decisione al Consiglio dei Ministri, atteso che, cosi' facendo,
in sostanza la Regione interessata viene ad essere  "espropriata"  di
proprie  competenze,  in   palese   violazione   dei   parametri   di
legittimita' costituzionale affinche' cio' possa avvenire. 
    Manca, infatti, ogni elemento utile a predeterminare l'ambito  di
operativita' di una siffatta avocazione di compiti, al di fuori della
mera  circostanza  dell'intervenuto   dissenso,   nonche'   qualsiasi
indicazione  utile  a  giustificare  la  stessa  necessita'  di  tale
avocazione decisionale. 
    Da  cio'  deriva   un   ulteriore   profilo   di   illegittimita'
costituzionale della disposizione  censurata,  per  violazione  degli
artt. 117 e 118 della Costituzione,  anche  sotto  il  profilo  della
violazione del principio di leale collaborazione. 
    Tutti gli eccepiti profili di illegittimita' sono confermati  dal
fatto  che  la  norma  impugnata  vanifica  l'articolata  e   diversa
procedura di  supera-mento  del  dissenso  che  la  Regione  Toscana,
nell'ambito dell'esercizio della propria potesta' legislativa volta a
disciplinare i procedimenti  amministrativi  di  sua  competenza,  ha
introdotto nell'art. 29 della legge regionale 23 luglio  2009  n.  40
(Legge di semplificazione e riordino normativo 2009). 
    III) Come appena  illustrato,  il  nuovo  terzo  comma  dell'art.
14-quater L. 241/1990, anche a  seguito  delle  modifiche  introdotte
dall'art. 5 in esame, rimette al Governo la  decisione  finale  -  in
caso di motivato dissenso da  parte  di  un'Amministrazione  preposta
alla tutela ambientale,  paesaggistico-territoriale,  del  patrimonio
storico-artistico  o  alla  tutela  della  salute  e  della  pubblica
incolumita' - in tutti i casi in cui, decorsi trenta giorni, l'intesa
con la Regione interessata non sia raggiunta. 
    Cosi' facendo, pero', la medesima disposizione prevede un'ipotesi
di potere sostitutivo straordinario del Governo al fuori  dei  limiti
costituzionali  indicati  dall'art.  120  Cost.,  per  il  quale   e'
necessario  il  previo  verificarsi  di  un  inadempimento  dell'Ente
sostituito  rispetto   ad   un'attivita'   ad   esso   imposta   come
obbligatoria. 
    Tale,  pero',  non  puo'  essere  considerato  il  raggiungimento
dell'intesa prevista per l'esercizio di una  funzione  amministrativa
da parte dello Stato, a seguito di "chiamata in sussidiarieta'". 
    Cio' e' stato riconosciuto dalla Corte costituzionale anche nella
recente  sentenza  n.  278/2010,  nella   quale   la   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 25, 2° comma, lett. della legge
n.  99/2009,  e'  stata  ritenuta  non  fondata  "poiche'   si   basa
sull'erroneo presupposto interpretativo, per il quale la disposizione
impugnata si applicherebbe alle intese con le Regioni:  infatti,  nel
vigente assetto istituzionale della Repubblica, la  Regione  gode  di
una particolare posizione di autonomia, costituzionalmente  protetta,
che la distingue dagli enti locali (art. 114 Cost.), sicche' si  deve
escludere che il  legislatore  delegato  abbia  potuto  includere  le
Regioni nella espressione censurata (sentenza n. 20 del 2010)" (punto
14 del considerato in diritto). 
    Il nuovo comma 3 dell'art.  14-quater  della  legge  n.  241/1990
(confermato dall'art. 5, comma 2 lett. b)  n.  1,  del  decreto-legge
70/2011, convertito con  L.  106/2011,  in  questa  sede  impugnato),
invece, introduce proprio una siffatta  applicazione,  in  violazione
palese del dettato costituzionale e della giurisprudenza della  Corte
costituzionale. 
 
                                P.Q.M. 
 
    Si conclude affinche'  piaccia  all'Ecc.ma  Corte  costituzionale
dichiarare l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  5,  comma  2,
lett. b) n. 1, del decreto  legge  n.  70  del  2011  convertito  con
modificazioni nella legge 12 luglio 2010 n. 106, per violazione degli
artt. 117 terzo e quarto comma,  118  e  120  Cost.  anche  sotto  il
profilo di violazione del principio della leale cooperazione. 
        Firenze - Roma, addi' 7 settembre 2011 
 
                              Avv. Bora 
 

 

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