Ricorso n. 89 del 5 novembre 2008 (Regione Lazio)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 novembre 2008 , n. 89
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 5 novembre 2008 (della Regione Lazio)
(GU n. 2 del 14-1-2009)
Ricorso della Regione Lazio, in persona del Presidente della Giunta regionale, dott. Pietro Marrazzo, che agisce in forza della delibera della Giunta regionale n. 721 del 10 ottobre 2008 (doc. 1), rappresentata e difesa nel presente giudizio dal prof. avv. Vincenzo Cerulli Irelli, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, via Dora 1, giusta delega in margine al presente atto;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 11 e dell'art. 13, commi 1 e 2, lett. a), b) e c) del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, come modificati dalla legge di conversione 6 agosto 2008 n. 133, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 195 del 21 agosto 2008, per violazione degli articoli 117, 118 e 119 della Costituzione, nonche' dei principi di ragionevolezza, proporzionalita' e di leale collaborazione tra lo Stato e le Regioni. 1. Quanto all'art. 13, commi 1 e 2 lett. a), b) e c) d.l. cit. n. 112/2008, conv. in. legge n. 133/2008. L'art. 13 ult. cit., recante «Misure per valorizzare il patrimonio residenziale pubblico», dispone che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della disposizione, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ed il Ministro per i rapporti con le regioni promuovono, in sede di Conferenza unificata, la conclusione di accordi con regioni ed enti locali «aventi ad oggetto la semplificazione delle procedure di alienazione degli immobili di proprieta'» degli Istituti Autonomi per le Case Popolari (IACP), comunque denominati «al fine di valorizzare gli immobili residenziali costituenti il patrimonio degli Istituti autonomi per le case popolari (…) e di favorire il soddisfacimento dei fabbisogni abitativi». Al comma 2, la norma cit. dispone che, ai fini della conclusione di tali accordi, si debba tener conto di alcuni specifici ed analitici criteri: «a) determinazione del prezzo di vendita delle unita' immobiliari in proporzione al canone di locazione; b) riconoscimento del diritto di opzione all'acquisto, purche' i soggetti interessati non siano proprietari di un'altra abitazione, in favore dell'assegnatario non moroso nel pagamento del canone di locazione o degli oneri accessori unitamente al proprio coniuge, qualora risulti in regime di comunione dei beni, ovvero, in caso di rinunzia da parte dell'assegnatario, in favore del coniuge in regime di separazione dei beni, o, gradatamente, del convivente more uxorio, purche' la convivenza duri da almeno cinque anni, dei figli conviventi, dei figli non conviventi; c) destinazione dei proventi delle alienazioni alla realizzazione di interventi volti ad alleviare il disagio abitativo». Tale norma che richiede un accordo con le regioni per la valorizzazione degli immobili residenziali costituenti il patrimonio degli IACP e che detta analitici criteri che tali accordi devono seguire, e' lesiva della sfera dell'attribuzione legislativa delle Regioni. Cio' e' stato del resto gia' chiarito da codesta ecc.ma Corte, con la recente sentenza n. 94/2007, avente ad oggetto l'impugnativa di alcune disposizioni contenute nella legge n. 266/2005 (art. 1, commi 597, 598, 599 e 600); con tali disposizioni si rinviava infatti ad un regolamento governativo la semplificazione delle norme relative all'alienazione degli immobili degli IACP, dettando dettagliati criteri, analoghi a quelli oggetto di esame. Con la citata sentenza n. 94/2007, codesta ecc.ma Corte costituzionale ha chiarito che, dopo il mutamento della sistematica costituzionale sul riparto delle competenze legislative tra io Stato e le regioni, la normativa in materia di edilizia popolare opera su tre livelli nomativi distinti: a) il primo riguarda la determinazione dell'offerta minima di alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti. In tale determinazione - che, qualora esercitata, rientra nella competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione - si inserisce la fissazione di principi che valgano a garantire l'uniformita' dei criteri di assegnazione su tutto il territorio nazionale, secondo quanto prescritto dalla sentenza n. 486 del 1995; b) il secondo livello normativo riguarda la programmazione degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica, la quale - come confermato piu' di recente da codesta Corte nella sent. n. 451/2006 - ricade nella materia «governo del territorio»; c) il terzo livello normativo riguarda la gestione del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica di proprieta' degli IACP o degli altri enti che a questi sono stati sostituiti ad opera della legislazione regionale. Secondo tale articolata impostazione si desume che: a) la determinazione della offerta minima degli alloggi destinati a soddisfare le esigenze abitative pubbliche rientra nella competenza esclusiva dello Stato ex art. 117, secondo comma lett. m); in questo ambito lo Stato deve limitarsi a fissare i principi che garantiscano l'uniformita' dei criteri di assegnazione su tutto il territorio nazionale; b) la programmazione degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica, rientrando nella materia «governo del territorio», attiene alla competenza legislativa concorrente ex art. 117, terzo comma; c) la gestione del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica di proprieta' degli IACP o degli altri enti che a questi sono stati sostituiti e' attribuita alla competenza legislativa esclusiva delle regioni, ai sensi dell'art. 117, quarto comma della Costituzione. Quanto appena detto chiarisce come non occorra neppure alcun accordo tra lo Stato e le regioni relativo alla semplificazione delle procedure di alienazione degli immobili ditali enti. La Corte infatti, sempre nella sentenza n. 94/2007 cit. (censurando le norme della legge n. 266/2005) ha chiarito che «(…) il fine della disposizione in esame non e' quello di dettare una disciplina generale in tema di assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, di competenza dello Stato, (…) bensi' quello di regolare le procedure amministrative e organizzative per arrivare ad una piu' rapida e conveniente cessione degli immobili. Si tratta quindi di un intervento normativo dello Stato nella gestione degli alloggi di proprieta' degli I.A.C.P. (o di altri enti o strutture sostitutivi di questi), che esplicitamente viene motivato dalla legge statale con finalita' di valorizzazione di un patrimonio immobiliare non appartenente allo Stato, ma ad enti strumentali delle regioni. Si profila, pertanto, una ingerenza nel terzo livello di normazione riguardante l'edilizia residenziale pubblica, sicuramente ricompreso nella potesta' legislativa residuale delle regioni, ai sensi del quarto comma dell'art. 117 della Costituzione». Come gia' per la legge finanziaria del 2006, anche nel caso che ci occupa, in aperta violazione con la giurisprudenza di codesta Corte con la disposizione di cui all'art. 13, commi 1 e 2, lo Stato e' intervenuto illegittimamente ed in contrasto con la disposizione dell'art. 117, quarto comma, su una competenza legislativa esclusiva regionale alla quale spetta la regolazione delle procedure amministrative e organizzative per la efficiente e celere dismissione del patrimonio immobiliare degli IACP. In materia di edilizia popolare, lo Stato puo' soltanto limitarsi a dettare i principi idonei a garantire l'uniformita' dei criteri di assegnazione su tutto il territorio nazionale. Lo Stato viceversa non puo' e non deve in alcun modo prevedere ne' regolamenti ne' accordi con le regioni per disciplinare il prezzo di vendita delle unita' immobiliari; ovvero il riconoscimento del diritto di opzione all'acquisto degli assegnatari; ovvero ancora la specifica destinazione dei proventi delle alienazioni alla realizzazione di interventi volti ad alleviare il disagio abitativo. Del resto, e' soprattutto con riferimento a quest'ultima disposizione contenuta nella lett. c) dell'art. 13, secondo comma, che appare la macroscopica invasione della sfera di attribuzione legislativa regionale. Lo Stato infatti attraverso detta norma pretende di definire quale debba essere la destinazione dei proventi delle alienazioni di immobili di proprieta' degli enti strumentali regionali; attivita', quest'ultima, che chiaramente esula dall'ambito materiale assegnato alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ex art. 117, secondo comma, non attenendo tale attivita' ne' alla determinazione dell'offerta minima di alloggi, ne' alla programmazione di insediamenti di edilizia residenziale pubblica (rientrante nella competenza concorrente delle regioni ex art. 117, comma 3); si tratta infatti di un'attivita' di gestione patrimoniale - attraverso il reinvestimento dei proventi finanziari derivanti da alienazioni del medesimo patrimonio - che rientra nella competenza esclusiva delle regioni. Si deduce pertanto la violazione dell'art. 13, commi 1 e 2, lett. a), b) e c), d.l. cit. n. 112/2008, conv. legge n. 133/2008, per violazione degli articoli 117 e 118 della Costituzione. 2. Quanto all'art. 11 d.l. cit. n. 112/2008, conv. legge n. 133/2008. Nell'art. 11, d.l. 25 giugno 2008, n. 112, conv. legge 6 agosto 2008 n. 133, il legislatore ha stabilito l'approvazione di un «Piano nazionale di edilizia abitativa», da attuarsi con d.P.C.m., previa delibera del CIPE e d'intesa con la Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, al fine di «garantire su tutto il territorio nazionale i livelli minimi essenziali di fabbisogno abitativo per il pieno sviluppo della persona umana». Secondo la norma in esame, il suddetto piano casa tende all'incremento del patrimonio immobiliare ad uso abitativo «attraverso 1'offerta di abitazioni di edilizia residenziale, da realizzare nel rispetto dei criteri di efficienza energetica e di riduzione delle emissioni inquinanti, con il coinvolgimento di capitali pubblici e privati» destinati a prima casa per determinate categorie di soggetti: nuclei familiari a basso reddito; giovani coppie a basso reddito; anziani in condizioni sociali o economiche svantaggiate; studenti fuori sede; soggetti sottoposti a procedure esecutive di rilascio; immigrati regolari a basso reddito, residenti da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nella medesima regione. L'oggetto di tale piano nazionale, ai sensi del comma 3 dell'art. 11 cit., consiste nella costruzione di nuove abitazioni, e nella realizzazione di misure di recupero del patrimonio abitativo gia' esistente, da realizzarsi secondo gli interventi dettagliatamente indicati dalla norma stessa: «a) costituzione di fondi immobiliari destinati alla valorizzazione e all'incremento dell'offerta abitativa, ovvero alla promozione di strumenti finanziari immobiliari innovativi e con la partecipazione di altri soggetti pubblici o privati, articolati anche in un sistema integrato nazionale e locale, per 1'acquisizione e la realizzazione di immobili per 1'edilizia residenziale; b) incremento del patrimonio abitativo di edilizia con le risorse anche derivanti dalla alienazione di alloggi di edilizia pubblica in favore degli occupanti muniti di titolo legittimo, con le modalita' previste dall'art. 13; c) promozione da parte di privati di interventi anche ai sensi della parte II, titolo III, capo III, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163; d) agevolazioni, anche amministrative, in favore di cooperative edilizie costituite tra i soggetti destinatari degli interventi, potendosi anche prevedere termini di durata predeterminati per la partecipazione di ciascun socio, in considerazione del carattere solo transitorio dell'esigenza abitativa; e) realizzazione di programmi integrati di promozione di edilizia residenziale anche sociale». Al comma 4 del predetto art. 11 cit. e' previsto l'utilizzo di appositi accordi di programma, al fine di concentrare gli interventi sulla effettiva richiesta abitativa, in relazione «(…) alla dimensione fisica e demografica del territorio di riferimento, attraverso la realizzazione di programmi integrati di promozione di edilizia residenziale e di riqualificazione urbana, caratterizzati da elevati livelli di qualita' in termini di vivibilita', salubrita', sicurezza e sostenibilita' ambientale ed energetica, anche attraverso la risoluzione dei problemi di mobilita', promuovendo e valorizzando la partecipazione di soggetti pubblici e privati». La norma prevede anche che tali interventi siano attuabili attraverso le disposizioni di cui alla Parte II, Titolo III, Capo III, del Codice degli Appalti, mediante «a) il trasferimento di diritti edificatori in favore dei promotori degli interventi di incremento del patrimonio abitativo; b) incrementi premiali di diritti edificatori finalizzati alla dotazione di servizi, spazi pubblici e miglioramento della qualita' urbana, nel rispetto delle aree necessarie per le superfici minime di spazi pubblici o riservati alle attivita' collettive, a verde pubblico o a parcheggi di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444; c) provvedimenti mirati alla riduzione del prelievo fiscale di pertinenza comunale o degli oneri di costruzione; d) la costituzione di fondi immobiliari di cui al comma 3, lettera a), con la possibilita' di prevedere altresi' il conferimento al fondo dei canoni di locazione, al netto delle spese di gestione degli immobili, e) la cessione, in tutto o in parte, dei diritti edificatori come corrispettivo per la realizzazione anche di unita' abitative di proprieta' pubblica da destinare alla locazione a canone agevolato, ovvero da destinare alla alienazione in favore delle categorie sociali svantaggiate di cui al comma 2». Tali interventi sono finalizzati a migliorare e a diversificare, anche tramite interventi di sostituzione edilizia, l'abitabilita', in particolare, nelle zone caratterizzate da un diffuso degrado delle costruzioni e dell'ambiente urbano. La norma dispone poi che per l'attuazione dei suddetti programmi integrati di promozione di edilizia residenziale e di riqualificazione urbana, dichiarati di interesse strategico nazionale, si devono prevedere apposite modalita' e termini di verifica periodica delle fasi di realizzazione del piano, in base al cronoprogramma approvato e alle esigenze finanziarie, potendosi conseguentemente disporre, in caso di scostamenti, la diversa allocazione delle risorse finanziarie pubbliche verso modalita' di attuazione piu' efficienti. A mente della norma «una quota del patrimonio immobiliare del demanio, costituita da aree ed edifici non piu' utilizzati, puo' essere destinata alla realizzazione degli interventi previsti dal presente articolo, sulla base di accordi tra 1'Agenzia del demanio, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero della difesa in caso di aree ed edifici non piu' utilizzati a fini militari, le regioni e gli enti locali». I comuni e le province possono associarsi per la migliore realizzazione di tali programmi (comma 11). Al comma 12 si prevede la istituzione, per l'attuazione ditali interventi, di uno specifico Fondo «nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nel quale confluiscono le risorse finanziarie di cui all'art. 1, comma 1154, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nonche' di cui agli articoli 21, 21-bis, ad eccezione di quelle gia' iscritte nei bilanci degli enti destinatari e impegnate, e 41 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, e successive modificazioni. Gli eventuali provvedimenti adottati in attuazione delle disposizioni legislative citate al primo periodo del presente comma, incompatibili con il presente articolo, restano privi di effetti. A tale scopo le risorse di cui agli articoli 21, 21-bis e 41 del citato decreto-legge n. 159 del 2007 sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere iscritte sul Fondo di cui al presente comma, negli importi corrispondenti agli effetti in termini di indebitamento netto previsti per ciascun anno in sede di iscrizione in bilancio delle risorse finanziarie di cui alle indicate autorizzazioni di spesa. La censura della norma in oggetto, presuppone il richiamo di quanto gia' descritto in precedenza con riguardo al riparto di competenze legislative stabilito dal vigente ordinamento costituzionale in materia di edilizia residenziale pubblica, alla luce della piu' recente interpretazione di codesta Corte costituzionale (sent. Cit. n. 94/2007). Allo Stato spetta la definizione dell'offerta minima degli alloggi destinati a soddisfare le esigenze abitative pubbliche; al legislatore statale spetta cioe' in via esclusiva l'individuazione dei livelli minimi di offerta da considerare come standard unitari valevoli su tutto il territorio nazionale. La programmazione degli insediamenti abitativi e delle relative modalita' di realizzazione sono questioni ascrivibili al «governo del territorio» e dunque all'ambito della competenza legislativa concorrente ex art. 117, comma 3. La lettura dell'art. 11 evidenzia un palese stravolgimento di questa impostazione, nella parte in cui con legge dello Stato sono stati conferiti ad organi statali poteri amministrativi di pianificazione, al fine di garantire «sul territorio nazionale i livelli minimi essenziali di fabbisogno abitativo» (art. 11, cit. comma 1). Solo che la legislazione statale avrebbe dovuto limitarsi a stabilire (questo si) tali livelli essenziali e non risulta che lo abbia fatto; invece, in mancanza della previsione ditali standard minimi, la legge dello Stato ha conferito alla titolarita' statale poteri amministrativi di pianificazione in una materia in cui la competenza legislativa spetta alle regioni e le potesta' amministrative sono dislocate ad un livello senz'altro inferiore a quello nazionale. Insomma, nel caso in esame, sulla base di una affermata ma non dimostrata esigenza di gestione unitaria su base nazionale, della programmazione residenziale abitativa, il legislatore nazionale ha operato una «chiamata in sussidiarieta'», attraendo alla propria competenza legislativa ed amministrativa ambiti materiali che l'ordinamento costituzionale attribuisce invece a livelli di governo inferiori. Ed allora, stante la gia' descritta ripartizione delle competenze legislative nella materia in esame, si tratta ora di verificare se tale allocazione verso l'alto di funzioni, con rottura dell'ordine legale delle competenze legislative e amministrative sia giustificabile alla luce degli articoli 117 e 118 della Costituzione, come interpretati da codesta Corte costituzionale. A questo riguardo, le sentenze nn. 303/2003 e 383/2005, forniscono importanti elementi per stabilire chiaramente che tale attrazione di funzioni a favore della competenza statale, non e' affatto giustificata, configurando un'illegittima lesione del sistema delle garanzie costituzionali elaborato dopo la riforma del 2001 a favore delle autonomie del governo territoriale, ex articoli 114 e ss., della Costituzione. Stabilisce infatti la giurisprudenza di codesta Corte che l'art. 118 della Costituzione contiene senz'altro meccanismi di flessibilita', consentendo che funzioni amministrative generalmente attribuite ai comuni possano essere allocate ad un livello di governo diverso, per assicurarne l'esercizio unitario sulla base dei principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza. Questo spostamento verso l'alto di potesta' amministrative, nel rispetto del principio di legalita' determina del resto, un conseguente spostamento verso l'alto anche della potesta' legislativa chiamata a disciplinare in modo unitario l'esercizio di quelle funzioni. E cosi' puo' avvenire (ad esempio anche nella materia in esame) che quando sia ravvisabile una oggettiva esigenza di esercizio unitario di una certa funzione amministrativa, tale da trascendere addirittura l'ambito regionale, quella funzione amministrativa (ad esempio, di pianificazione degli insediamenti abitativi e delle modalita' attuative del piano) puo' essere esercitata dallo Stato, al quale compete anche di regolare in via legislativa le funzioni amministrative assunte in sussidiarieta'. Questo e' il meccanismo di «chiamata in sussidiarieta'», elaborato dal vigente ordinamento costituzionale; meccanismo che, si badi bene, per poter legittimamente attivarsi necessita' tuttavia, secondo il chiarissimo insegnamento di codesta Corte costituzionale, di taluni indispensabili presupposti: «i principi di sussidiarieta' e di adeguatezza convivono con il normale riparto di competenze legislative contenuto nel Titolo V e possono giustificarne una deroga solo se la valutazione dell'interesse pubblico sottostante all'assunzione delle funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza, alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalita' (…)» (Corte cost., cit. n. 303/2003). In altri termini, per un legittimo esercizio del suddetto meccanismo di allocazione di funzioni legislative e amministrative a favore dello Stato occorre un preventivo ed oggettivo riconoscimento dell'esistenza di preminenti esigenze da ridefinire e gestire in modo unitario, a livello nazionale (Corte cost., n. 383/2005). Ebbene, e' proprio questo il punto. Nel caso in esame, lo spostamento a favore dello Stato di competenze amministrative e legislative regionali e sub regionali, disposto dall'art. 11, d.l. cit. n. 112/2008, e' assolutamente irragionevole e privo dei necessari presupposti. Manca infatti, una precedente definizione da parte del legislatore statale dei «livelli minimi» in base ai quali elaborare e attuare la pianificazione in materia di residenza abitativa. A ben vedere, assai curiosamente, l'art. 11, cit., attribuisce allo Stato competenze di programmazione per garantire i livelli minimi, i quali pero' non sono stati individuati da parte dello stesso legislatore statale; ci si chiede allora - e qui si appalesa l'insanabile irragionevolezza che rende costituzionalmente illegittimo il meccanismo della chiamata in sussidiarieta' - come in assenza ditali livelli minimi si possano individuare esigenze minime, la cui tutela deve essere garantita in modo unitario, su tutto il territorio nazionale. E se si ritiene che la programmazione e la realizzazione di esigenze abitative necessitino dell'«interessamento», diretto ed esclusivo dello Stato, sia sul piano legislativo, sia su quello amministrativo, ebbene, le esigenze che impongono tale accentramento di funzioni in capo ad organi statali debbono essere individuate preventivamente proprio attraverso l'individuazione degli standard minimi essenziali al fabbisogno abitativo che si intende garantire su tutto il territorio nazionale. Nel caso in esame, insomma, tali esigenze di unitarieta' sono state date apoditticamente per presupposte, per giustificare l'intervento del legislatore statale (con la norma legislativa che in questa sede si impugna) in una materia («governo del territorio») ascrivibile alla competenza legislativa concorrente delle regioni. In questa materia, si ribadisce ancora una volta, le potesta' legislative sulla programmazione e attuazione del piano, spettano alle regioni, nei limiti dei principi stabiliti dalla legge dello Stato: principi generali che sono effettivamente contenuti nell'art. 11 (principi di «efficienza energetica», «riduzione di emissioni inquinanti», assegnazione prioritaria di unita' abitative a favore di categorie disagiate, etc.); senonche' la medesima norma specificamente entra nel dettaglio, disciplinando puntualmente le attivita' di pianificazione e di attuazione degli insediamenti residenziali abitativi. Si deduce pertanto la violazione dell'art. 11, d.-l. cit. n. 112/2008, conv. legge n. 133/2008, per violazione degli articoli 117 e 118 della Costituzione, nonche' dei principi di ragionevolezza, proporzionalita' e di leale collaborazione nei rapporti tra lo Stato e le regioni.
P. Q. M. Con riserva di produrre ulteriori deduzioni, si chiede che codesta ecc.ma Corte dichiari l'illegittimita' costituzionale dell'art. 11 e dell'art. 13, commi 1 e 2, lett. A), b) e c) del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, conv. legge cit. n. 113/2008. Roma, addi' 17 ottobre 2008 Prof. avv. Vincenzo Cerulli Irelli