RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 novembre 2008 , n. 89
Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 5 novembre 2008 (della Regione Lazio)

(GU n. 2 del 14-1-2009) 
 
    Ricorso  della  Regione  Lazio,  in  persona del Presidente della
Giunta  regionale,  dott.  Pietro Marrazzo, che agisce in forza della
delibera  della Giunta regionale n. 721 del 10 ottobre 2008 (doc. 1),
rappresentata  e difesa nel presente giudizio dal prof. avv. Vincenzo
Cerulli  Irelli, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in
Roma, via Dora 1, giusta delega in margine al presente atto;
   Contro   il   Presidente   del   Consiglio  dei  ministri  per  la
declaratoria   di   illegittimita'   costituzionale  dell'art.  11  e
dell'art.  13,  commi  1  e 2, lett. a), b) e c) del decreto-legge 25
giugno  2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico,
la  semplificazione,  la  competitivita',  la  stabilizzazione  della
finanza  pubblica e la perequazione tributaria, come modificati dalla
legge  di conversione 6 agosto 2008 n. 133, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale  n. 195  del  21 agosto 2008, per violazione degli articoli
117,   118   e  119  della  Costituzione,  nonche'  dei  principi  di
ragionevolezza,  proporzionalita'  e  di  leale collaborazione tra lo
Stato e le Regioni.
   1.  Quanto  all'art.  13,  commi 1 e 2 lett. a), b) e c) d.l. cit.
n. 112/2008, conv. in. legge n. 133/2008.
   L'art. 13 ult. cit., recante «Misure per valorizzare il patrimonio
residenziale  pubblico»,  dispone  che  entro  sei mesi dalla data di
entrata   in   vigore   della   disposizione,   il   Ministro   delle
infrastrutture  e  dei trasporti ed il Ministro per i rapporti con le
regioni  promuovono,  in sede di Conferenza unificata, la conclusione
di  accordi  con  regioni  ed  enti  locali  «aventi  ad  oggetto  la
semplificazione  delle  procedure  di  alienazione  degli immobili di
proprieta'»  degli  Istituti  Autonomi  per  le Case Popolari (IACP),
comunque denominati «al fine di valorizzare gli immobili residenziali
costituenti  il  patrimonio  degli  Istituti  autonomi  per  le  case
popolari  (…)  e di favorire il soddisfacimento dei fabbisogni
abitativi».
   Al  comma  2, la norma cit. dispone che, ai fini della conclusione
di  tali  accordi,  si  debba  tener  conto  di  alcuni  specifici ed
analitici  criteri:  «a)  determinazione  del prezzo di vendita delle
unita'   immobiliari  in  proporzione  al  canone  di  locazione;  b)
riconoscimento   del  diritto  di  opzione  all'acquisto,  purche'  i
soggetti interessati non siano proprietari di un'altra abitazione, in
favore  dell'assegnatario  non  moroso  nel  pagamento  del canone di
locazione  o  degli  oneri  accessori  unitamente al proprio coniuge,
qualora  risulti  in regime di comunione dei beni, ovvero, in caso di
rinunzia  da parte dell'assegnatario, in favore del coniuge in regime
di separazione dei beni, o, gradatamente, del convivente more uxorio,
purche'   la  convivenza  duri  da  almeno  cinque  anni,  dei  figli
conviventi,  dei  figli  non conviventi; c) destinazione dei proventi
delle alienazioni alla realizzazione di interventi volti ad alleviare
il disagio abitativo».
   Tale  norma  che  richiede  un  accordo  con  le  regioni  per  la
valorizzazione  degli immobili residenziali costituenti il patrimonio
degli  IACP  e  che  detta  analitici criteri che tali accordi devono
seguire,  e'  lesiva  della sfera dell'attribuzione legislativa delle
Regioni.
   Cio' e' stato del resto gia' chiarito da codesta ecc.ma Corte, con
la  recente  sentenza  n. 94/2007, avente ad oggetto l'impugnativa di
alcune  disposizioni contenute nella legge n. 266/2005 (art. 1, commi
597, 598, 599 e 600); con tali disposizioni si rinviava infatti ad un
regolamento  governativo  la  semplificazione  delle  norme  relative
all'alienazione  degli  immobili  degli  IACP,  dettando  dettagliati
criteri, analoghi a quelli oggetto di esame.
   Con   la   citata   sentenza   n. 94/2007,  codesta  ecc.ma  Corte
costituzionale  ha  chiarito che, dopo il mutamento della sistematica
costituzionale  sul riparto delle competenze legislative tra io Stato
e  le  regioni, la normativa in materia di edilizia popolare opera su
tre livelli nomativi distinti:
     a)  il  primo  riguarda la determinazione dell'offerta minima di
alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti. In
tale   determinazione   -  che,  qualora  esercitata,  rientra  nella
competenza  esclusiva  dello  Stato  ai  sensi dell'art. 117, secondo
comma, lettera m), della Costituzione - si inserisce la fissazione di
principi  che  valgano  a  garantire  l'uniformita'  dei  criteri  di
assegnazione   su  tutto  il  territorio  nazionale,  secondo  quanto
prescritto dalla sentenza n. 486 del 1995;
     b) il secondo livello normativo riguarda la programmazione degli
insediamenti  di  edilizia  residenziale  pubblica,  la  quale - come
confermato piu' di recente da codesta Corte nella sent. n. 451/2006 -
ricade nella materia «governo del territorio»;
     c)   il   terzo  livello  normativo  riguarda  la  gestione  del
patrimonio   immobiliare   di   edilizia   residenziale  pubblica  di
proprieta'  degli  IACP  o  degli  altri enti che a questi sono stati
sostituiti ad opera della legislazione regionale.
   Secondo tale articolata impostazione si desume che:
     a)   la   determinazione  della  offerta  minima  degli  alloggi
destinati  a soddisfare le esigenze abitative pubbliche rientra nella
competenza esclusiva dello Stato ex art. 117, secondo comma lett. m);
in  questo  ambito  lo  Stato deve limitarsi a fissare i principi che
garantiscano  l'uniformita'  dei  criteri di assegnazione su tutto il
territorio nazionale;
     b) la programmazione degli insediamenti di edilizia residenziale
pubblica,  rientrando nella materia «governo del territorio», attiene
alla competenza legislativa concorrente ex art. 117, terzo comma;
     c)   la   gestione   del   patrimonio  immobiliare  di  edilizia
residenziale pubblica di proprieta' degli IACP o degli altri enti che
a   questi  sono  stati  sostituiti  e'  attribuita  alla  competenza
legislativa  esclusiva  delle regioni, ai sensi dell'art. 117, quarto
comma della Costituzione.
   Quanto  appena  detto  chiarisce  come  non  occorra neppure alcun
accordo tra lo Stato e le regioni relativo alla semplificazione delle
procedure  di  alienazione  degli  immobili  ditali  enti.  La  Corte
infatti,  sempre  nella sentenza n. 94/2007 cit. (censurando le norme
della  legge  n. 266/2005)  ha chiarito che «(…) il fine della
disposizione  in  esame  non  e'  quello  di  dettare  una disciplina
generale   in   tema   di  assegnazione  degli  alloggi  di  edilizia
residenziale  pubblica,  di competenza dello Stato, (…) bensi'
quello  di  regolare  le procedure amministrative e organizzative per
arrivare ad una piu' rapida e conveniente cessione degli immobili. Si
tratta  quindi  di un intervento normativo dello Stato nella gestione
degli  alloggi  di  proprieta'  degli  I.A.C.P.  (o  di  altri enti o
strutture  sostitutivi  di questi), che esplicitamente viene motivato
dalla  legge statale con finalita' di valorizzazione di un patrimonio
immobiliare non appartenente allo Stato, ma ad enti strumentali delle
regioni.  Si  profila,  pertanto,  una ingerenza nel terzo livello di
normazione  riguardante l'edilizia residenziale pubblica, sicuramente
ricompreso  nella  potesta'  legislativa  residuale delle regioni, ai
sensi del quarto comma dell'art. 117 della Costituzione».
   Come gia' per la legge finanziaria del 2006, anche nel caso che ci
occupa,  in  aperta violazione con la giurisprudenza di codesta Corte
con  la  disposizione  di  cui  all'art. 13, commi 1 e 2, lo Stato e'
intervenuto  illegittimamente  ed  in  contrasto  con la disposizione
dell'art.  117, quarto comma, su una competenza legislativa esclusiva
regionale   alla   quale   spetta   la  regolazione  delle  procedure
amministrative e organizzative per la efficiente e celere dismissione
del patrimonio immobiliare degli IACP.
   In  materia di edilizia popolare, lo Stato puo' soltanto limitarsi
a  dettare i principi idonei a garantire l'uniformita' dei criteri di
assegnazione su tutto il territorio nazionale.
   Lo Stato viceversa non puo' e non deve in alcun modo prevedere ne'
regolamenti  ne' accordi con le regioni per disciplinare il prezzo di
vendita  delle  unita'  immobiliari;  ovvero  il  riconoscimento  del
diritto  di  opzione all'acquisto degli assegnatari; ovvero ancora la
specifica   destinazione   dei   proventi   delle   alienazioni  alla
realizzazione di interventi volti ad alleviare il disagio abitativo.
   Del   resto,   e'   soprattutto  con  riferimento  a  quest'ultima
disposizione  contenuta  nella  lett. c) dell'art. 13, secondo comma,
che  appare  la  macroscopica  invasione  della sfera di attribuzione
legislativa regionale.
   Lo Stato infatti attraverso detta norma pretende di definire quale
debba  essere  la  destinazione  dei  proventi  delle  alienazioni di
immobili  di  proprieta' degli enti strumentali regionali; attivita',
quest'ultima,  che  chiaramente esula dall'ambito materiale assegnato
alla  competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato  ex  art. 117,
secondo  comma,  non attenendo tale attivita' ne' alla determinazione
dell'offerta   minima   di   alloggi,   ne'  alla  programmazione  di
insediamenti  di  edilizia  residenziale  pubblica  (rientrante nella
competenza concorrente delle regioni ex art. 117, comma 3); si tratta
infatti  di  un'attivita'  di  gestione  patrimoniale - attraverso il
reinvestimento  dei  proventi finanziari derivanti da alienazioni del
medesimo  patrimonio  -  che rientra nella competenza esclusiva delle
regioni.
   Si  deduce pertanto la violazione dell'art. 13, commi 1 e 2, lett.
a),  b)  e  c),  d.l.  cit. n. 112/2008, conv. legge n. 133/2008, per
violazione degli articoli 117 e 118 della Costituzione.
   2.   Quanto   all'art.  11  d.l.  cit.  n. 112/2008,  conv.  legge
n. 133/2008.
   Nell'art.  11,  d.l.  25 giugno 2008, n. 112, conv. legge 6 agosto
2008  n. 133, il legislatore ha stabilito l'approvazione di un «Piano
nazionale  di  edilizia  abitativa», da attuarsi con d.P.C.m., previa
delibera del CIPE e d'intesa con la Conferenza unificata, su proposta
del  Ministro  delle  infrastrutture e dei trasporti, entro 60 giorni
dalla  data  di entrata in vigore della legge di conversione, al fine
di  «garantire  su  tutto  il  territorio  nazionale i livelli minimi
essenziali  di  fabbisogno  abitativo  per  il  pieno  sviluppo della
persona umana».
   Secondo   la   norma  in  esame,  il  suddetto  piano  casa  tende
all'incremento   del   patrimonio   immobiliare   ad   uso  abitativo
«attraverso  1'offerta  di  abitazioni  di  edilizia residenziale, da
realizzare  nel  rispetto  dei  criteri di efficienza energetica e di
riduzione  delle  emissioni  inquinanti,  con  il  coinvolgimento  di
capitali  pubblici  e privati» destinati a prima casa per determinate
categorie  di  soggetti:  nuclei  familiari  a basso reddito; giovani
coppie  a  basso  reddito; anziani in condizioni sociali o economiche
svantaggiate;  studenti  fuori  sede; soggetti sottoposti a procedure
esecutive  di rilascio; immigrati regolari a basso reddito, residenti
da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque
anni nella medesima regione.
   L'oggetto  di tale piano nazionale, ai sensi del comma 3 dell'art.
11  cit.,  consiste  nella  costruzione  di nuove abitazioni, e nella
realizzazione  di  misure  di  recupero del patrimonio abitativo gia'
esistente,  da  realizzarsi  secondo  gli interventi dettagliatamente
indicati  dalla  norma  stessa: «a) costituzione di fondi immobiliari
destinati   alla   valorizzazione   e   all'incremento   dell'offerta
abitativa, ovvero alla promozione di strumenti finanziari immobiliari
innovativi  e  con  la  partecipazione  di  altri soggetti pubblici o
privati, articolati anche in un sistema integrato nazionale e locale,
per  1'acquisizione  e  la  realizzazione  di immobili per 1'edilizia
residenziale;  b) incremento del patrimonio abitativo di edilizia con
le  risorse  anche derivanti dalla alienazione di alloggi di edilizia
pubblica in favore degli occupanti muniti di titolo legittimo, con le
modalita' previste dall'art. 13; c) promozione da parte di privati di
interventi  anche  ai sensi della parte II, titolo III, capo III, del
codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture,
di   cui   al   decreto   legislativo  12  aprile  2006,  n. 163;  d)
agevolazioni, anche amministrative, in favore di cooperative edilizie
costituite  tra  i  soggetti  destinatari degli interventi, potendosi
anche   prevedere   termini   di   durata   predeterminati   per   la
partecipazione di ciascun socio, in considerazione del carattere solo
transitorio  dell'esigenza  abitativa;  e) realizzazione di programmi
integrati di promozione di edilizia residenziale anche sociale».
   Al  comma  4  del  predetto art. 11 cit. e' previsto l'utilizzo di
appositi  accordi di programma, al fine di concentrare gli interventi
sulla  effettiva  richiesta  abitativa, in relazione «(…) alla
dimensione  fisica  e  demografica  del  territorio  di  riferimento,
attraverso  la  realizzazione di programmi integrati di promozione di
edilizia residenziale e di riqualificazione urbana, caratterizzati da
elevati  livelli  di  qualita' in termini di vivibilita', salubrita',
sicurezza e sostenibilita' ambientale ed energetica, anche attraverso
la  risoluzione dei problemi di mobilita', promuovendo e valorizzando
la partecipazione di soggetti pubblici e privati».
   La  norma  prevede  anche  che  tali  interventi  siano  attuabili
attraverso  le  disposizioni  di  cui alla Parte II, Titolo III, Capo
III,  del  Codice  degli  Appalti,  mediante  «a) il trasferimento di
diritti  edificatori  in  favore  dei  promotori  degli interventi di
incremento  del  patrimonio  abitativo;  b)  incrementi  premiali  di
diritti  edificatori  finalizzati  alla  dotazione  di servizi, spazi
pubblici  e  miglioramento  della qualita' urbana, nel rispetto delle
aree necessarie per le superfici minime di spazi pubblici o riservati
alle  attivita'  collettive, a verde pubblico o a parcheggi di cui al
decreto  del  Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444; c)
provvedimenti   mirati   alla   riduzione  del  prelievo  fiscale  di
pertinenza  comunale o degli oneri di costruzione; d) la costituzione
di  fondi  immobiliari  di  cui  al  comma  3,  lettera  a),  con  la
possibilita'  di  prevedere  altresi'  il  conferimento  al fondo dei
canoni di locazione, al netto delle spese di gestione degli immobili,
e)  la  cessione,  in  tutto o in parte, dei diritti edificatori come
corrispettivo  per  la  realizzazione  anche  di  unita' abitative di
proprieta'  pubblica  da destinare alla locazione a canone agevolato,
ovvero  da  destinare  alla  alienazione  in  favore  delle categorie
sociali svantaggiate di cui al comma 2».
   Tali  interventi  sono finalizzati a migliorare e a diversificare,
anche tramite interventi di sostituzione edilizia, l'abitabilita', in
particolare,  nelle  zone  caratterizzate da un diffuso degrado delle
costruzioni e dell'ambiente urbano.
   La  norma  dispone poi che per l'attuazione dei suddetti programmi
integrati    di    promozione   di   edilizia   residenziale   e   di
riqualificazione   urbana,   dichiarati   di   interesse   strategico
nazionale,  si  devono  prevedere  apposite  modalita'  e  termini di
verifica  periodica delle fasi di realizzazione del piano, in base al
cronoprogramma  approvato  e  alle  esigenze  finanziarie,  potendosi
conseguentemente   disporre,  in  caso  di  scostamenti,  la  diversa
allocazione  delle  risorse  finanziarie pubbliche verso modalita' di
attuazione piu' efficienti.
   A  mente  della  norma  «una  quota del patrimonio immobiliare del
demanio,  costituita  da  aree  ed  edifici non piu' utilizzati, puo'
essere  destinata  alla  realizzazione  degli interventi previsti dal
presente  articolo,  sulla base di accordi tra 1'Agenzia del demanio,
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero della
difesa  in  caso  di  aree  ed  edifici  non  piu'  utilizzati a fini
militari, le regioni e gli enti locali».
   I  comuni  e  le  province  possono  associarsi  per  la  migliore
realizzazione di tali programmi (comma 11).
   Al  comma  12  si  prevede la istituzione, per l'attuazione ditali
interventi,  di  uno  specifico  Fondo «nello stato di previsione del
Ministero   delle   infrastrutture   e   dei   trasporti,  nel  quale
confluiscono  le  risorse  finanziarie di cui all'art. 1, comma 1154,
della  legge  27  dicembre 2006, n. 296, nonche' di cui agli articoli
21,  21-bis,  ad  eccezione di quelle gia' iscritte nei bilanci degli
enti destinatari e impegnate, e 41 del decreto-legge 1° ottobre 2007,
n. 159,  convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007,
n. 222,  e  successive  modificazioni.  Gli  eventuali  provvedimenti
adottati in attuazione delle disposizioni legislative citate al primo
periodo  del  presente comma, incompatibili con il presente articolo,
restano  privi  di  effetti.  A  tale  scopo  le  risorse di cui agli
articoli  21,  21-bis  e  41 del citato decreto-legge n. 159 del 2007
sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere iscritte
sul Fondo di cui al presente comma, negli importi corrispondenti agli
effetti  in  termini di indebitamento netto previsti per ciascun anno
in  sede  di  iscrizione in bilancio delle risorse finanziarie di cui
alle indicate autorizzazioni di spesa.
   La  censura  della  norma  in  oggetto,  presuppone il richiamo di
quanto  gia'  descritto  in  precedenza  con  riguardo  al riparto di
competenze    legislative    stabilito    dal   vigente   ordinamento
costituzionale  in  materia  di  edilizia residenziale pubblica, alla
luce   della   piu'   recente   interpretazione   di   codesta  Corte
costituzionale (sent. Cit. n. 94/2007).
   Allo Stato spetta la definizione dell'offerta minima degli alloggi
destinati   a   soddisfare   le   esigenze  abitative  pubbliche;  al
legislatore  statale  spetta  cioe' in via esclusiva l'individuazione
dei  livelli  minimi  di offerta da considerare come standard unitari
valevoli  su  tutto  il territorio nazionale. La programmazione degli
insediamenti  abitativi  e  delle relative modalita' di realizzazione
sono  questioni  ascrivibili  al  «governo  del  territorio» e dunque
all'ambito  della  competenza  legislativa  concorrente  ex art. 117,
comma 3.
   La  lettura  dell'art.  11  evidenzia  un palese stravolgimento di
questa  impostazione,  nella  parte in cui con legge dello Stato sono
stati   conferiti   ad   organi   statali  poteri  amministrativi  di
pianificazione,  al  fine  di  garantire  «sul territorio nazionale i
livelli  minimi  essenziali  di  fabbisogno abitativo» (art. 11, cit.
comma 1). Solo che la legislazione statale avrebbe dovuto limitarsi a
stabilire  (questo  si)  tali livelli essenziali e non risulta che lo
abbia  fatto;  invece,  in  mancanza della previsione ditali standard
minimi,  la  legge  dello Stato ha conferito alla titolarita' statale
poteri  amministrativi  di  pianificazione  in  una materia in cui la
competenza   legislativa   spetta   alle   regioni   e   le  potesta'
amministrative  sono  dislocate  ad un livello senz'altro inferiore a
quello nazionale.
   Insomma,  nel  caso  in  esame, sulla base di una affermata ma non
dimostrata  esigenza  di  gestione  unitaria su base nazionale, della
programmazione  residenziale  abitativa,  il legislatore nazionale ha
operato  una  «chiamata  in  sussidiarieta'»,  attraendo alla propria
competenza   legislativa   ed  amministrativa  ambiti  materiali  che
l'ordinamento  costituzionale attribuisce invece a livelli di governo
inferiori.  Ed  allora,  stante  la gia' descritta ripartizione delle
competenze  legislative  nella  materia  in  esame,  si tratta ora di
verificare  se tale allocazione verso l'alto di funzioni, con rottura
dell'ordine  legale delle competenze legislative e amministrative sia
giustificabile alla luce degli articoli 117 e 118 della Costituzione,
come interpretati da codesta Corte costituzionale.
   A questo riguardo, le sentenze nn. 303/2003 e 383/2005, forniscono
importanti  elementi per stabilire chiaramente che tale attrazione di
funzioni   a   favore   della  competenza  statale,  non  e'  affatto
giustificata,  configurando  un'illegittima lesione del sistema delle
garanzie  costituzionali  elaborato dopo la riforma del 2001 a favore
delle  autonomie  del  governo  territoriale,  ex articoli 114 e ss.,
della Costituzione.
   Stabilisce  infatti  la giurisprudenza di codesta Corte che l'art.
118    della   Costituzione   contiene   senz'altro   meccanismi   di
flessibilita',  consentendo  che funzioni amministrative generalmente
attribuite ai comuni possano essere allocate ad un livello di governo
diverso, per assicurarne l'esercizio unitario sulla base dei principi
di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza. Questo spostamento
verso  l'alto  di potesta' amministrative, nel rispetto del principio
di  legalita'  determina  del resto, un conseguente spostamento verso
l'alto  anche  della  potesta' legislativa chiamata a disciplinare in
modo  unitario  l'esercizio di quelle funzioni. E cosi' puo' avvenire
(ad  esempio anche nella materia in esame) che quando sia ravvisabile
una  oggettiva  esigenza  di esercizio unitario di una certa funzione
amministrativa,  tale  da trascendere addirittura l'ambito regionale,
quella  funzione  amministrativa (ad esempio, di pianificazione degli
insediamenti  abitativi  e  delle modalita' attuative del piano) puo'
essere  esercitata dallo Stato, al quale compete anche di regolare in
via legislativa le funzioni amministrative assunte in sussidiarieta'.
   Questo e' il meccanismo di «chiamata in sussidiarieta'», elaborato
dal vigente ordinamento costituzionale; meccanismo che, si badi bene,
per  poter  legittimamente  attivarsi necessita' tuttavia, secondo il
chiarissimo  insegnamento  di codesta Corte costituzionale, di taluni
indispensabili  presupposti:  «i  principi  di  sussidiarieta'  e  di
adeguatezza   convivono   con   il   normale  riparto  di  competenze
legislative contenuto nel Titolo V e possono giustificarne una deroga
solo   se   la   valutazione   dell'interesse   pubblico  sottostante
all'assunzione  delle  funzioni  regionali  da  parte dello Stato sia
proporzionata,  non risulti affetta da irragionevolezza, alla stregua
di  uno  scrutinio  stretto  di  costituzionalita' (…)» (Corte
cost., cit. n. 303/2003).
   In   altri  termini,  per  un  legittimo  esercizio  del  suddetto
meccanismo  di allocazione di funzioni legislative e amministrative a
favore  dello Stato occorre un preventivo ed oggettivo riconoscimento
dell'esistenza di preminenti esigenze da ridefinire e gestire in modo
unitario, a livello nazionale (Corte cost., n. 383/2005).
   Ebbene,  e'  proprio  questo  il  punto.  Nel  caso  in  esame, lo
spostamento  a  favore  dello  Stato  di  competenze amministrative e
legislative  regionali  e  sub regionali, disposto dall'art. 11, d.l.
cit.   n. 112/2008,   e'  assolutamente  irragionevole  e  privo  dei
necessari presupposti.
   Manca infatti, una precedente definizione da parte del legislatore
statale  dei «livelli minimi» in base ai quali elaborare e attuare la
pianificazione in materia di residenza abitativa.
   A  ben  vedere,  assai  curiosamente, l'art. 11, cit., attribuisce
allo  Stato  competenze  di  programmazione  per  garantire i livelli
minimi,  i  quali  pero'  non  sono  stati individuati da parte dello
stesso  legislatore  statale; ci si chiede allora - e qui si appalesa
l'insanabile    irragionevolezza    che    rende   costituzionalmente
illegittimo  il meccanismo della chiamata in sussidiarieta' - come in
assenza ditali livelli minimi si possano individuare esigenze minime,
la  cui  tutela  deve  essere garantita in modo unitario, su tutto il
territorio nazionale.
   E  se  si  ritiene  che  la  programmazione  e la realizzazione di
esigenze  abitative  necessitino  dell'«interessamento»,  diretto  ed
esclusivo  dello  Stato,  sia  sul  piano  legislativo, sia su quello
amministrativo,  ebbene, le esigenze che impongono tale accentramento
di  funzioni  in  capo  ad  organi statali debbono essere individuate
preventivamente  proprio  attraverso  l'individuazione degli standard
minimi essenziali al fabbisogno abitativo che si intende garantire su
tutto il territorio nazionale.
   Nel  caso  in  esame,  insomma,  tali esigenze di unitarieta' sono
state   date   apoditticamente   per  presupposte,  per  giustificare
l'intervento del legislatore statale (con la norma legislativa che in
questa  sede  si  impugna)  in una materia («governo del territorio»)
ascrivibile alla competenza legislativa concorrente delle regioni. In
questa   materia,   si   ribadisce  ancora  una  volta,  le  potesta'
legislative  sulla  programmazione  e  attuazione del piano, spettano
alle  regioni,  nei  limiti  dei principi stabiliti dalla legge dello
Stato:  principi generali che sono effettivamente contenuti nell'art.
11  (principi  di  «efficienza  energetica»,  «riduzione di emissioni
inquinanti», assegnazione prioritaria di unita' abitative a favore di
categorie    disagiate,    etc.);   senonche'   la   medesima   norma
specificamente  entra  nel  dettaglio,  disciplinando puntualmente le
attivita'  di  pianificazione  e  di  attuazione  degli  insediamenti
residenziali abitativi.
   Si   deduce  pertanto  la  violazione  dell'art.  11,  d.-l.  cit.
n. 112/2008,  conv.  legge n. 133/2008, per violazione degli articoli
117 e 118 della Costituzione, nonche' dei principi di ragionevolezza,
proporzionalita'  e di leale collaborazione nei rapporti tra lo Stato
e le regioni.

        
      
                              P. Q. M.
   Con riserva di produrre ulteriori deduzioni, si chiede che codesta
ecc.ma  Corte dichiari l'illegittimita' costituzionale dell'art. 11 e
dell'art.  13,  commi  1  e 2, lett. A), b) e c) del decreto-legge 25
giugno 2008 n. 112, conv. legge cit. n. 113/2008.
     Roma, addi' 17 ottobre 2008
                 Prof. avv. Vincenzo Cerulli Irelli

      

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