Ricorso n. 89 dell'8 ottobre 2015 (Presidente del Consiglio dei ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria l'8 ottobre 2015 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
(GU n. 46 del 2015-11-18)
Ricorso della Presidenza del Consiglio dei ministri (c.f.
…), in persona del Presidente del Consiglio attualmente in
carica, rappresentata e difesa per mandato ex lege dall'Avvocatura
Generale dello Stato dall'Avvocatura Generale dello Stato (C.F.
…), presso i cui uffici ha domicilio in Roma, via dei
Portoghesi 12 (fax … - PEC
…) ricorrente;
Contro Regione Sicilia, in persona del Presidente della Giunta
Regionale attualmente in carica resistente per l'impugnazione e la
dichiarazione di incostituzionalita' degli articoli 4, 5, 6, 8, 9,
10, 12, 13, 15, 16, 17, 20, 27 e 33 della legge della Regione Sicilia
4 agosto 2015 n. 15, avente ad oggetto "Disposizioni in materia di
liberi consorzi comunali e citta' metropolitane", pubblicata sul BUR
n. 32 del 7 agosto 2015.
Con la legge 4 agosto 2015 n. 15 la Regione Sicilia ha introdotto
norme di disciplina generale dei Consorzi Comunali e delle Citta'
Metropolitane.
Il Titolo I di detta legge ha istituito i liberi Consorzi
Comunali suddividendoli in due categorie: la prima costituita dai
territori delle ex province di Caltanissetta, Agrigento, Enna,
Ragusa, Siracusa e Trapani e dai comuni ivi ricompresi; la seconda,
costituita dalle Citta' Metropolitane che coincidono con il
territorio delle ex province di Palermo, Catania e Messina e
comprendono i comuni in ciascuna di esse situati.
In sostanza, le Citta' Metropolitane sono liberi Consorzi
comunali che coincidono con le ex province di Palermo, Catania e
Messina, e ricomprendono tutti i comuni dei territori ex provinciali,
mentre le altre ex province sono trasformate - ciascuna con il
rispettivo territorio - in liberi Consorzi comunali "semplici",
anch'essi comprendenti i loro comuni.
Gli uni e gli altri sono dalla legge definiti "enti territoriali
di area vasta, dotati di autonomia statutaria, regolamentare,
amministrativa, impositiva e finanziaria" nell'ambito dei propri
statuti - che ciascuno deve adottare - e regolamenti, delle leggi
regionali e delle leggi statali di coordinamento della finanza
pubblica.
Il Capo II del Titolo I si occupa di individuare gli organi dei
liberi Consorzi comunali semplici (il Presidente, l'Assemblea, la
Giunta e l'Adunanza elettorale) e di disciplinarne il funzionamento.
Sono altresi' individuati e regolati in tutti i loro aspetti gli
organi delle Citta' Metropolitane (il Sindaco Metropolitano, la
Conferenza, la Giunta e l'Adunanza Elettorale).
I Titoli II e III della Legge Regionale dettano disposizioni
relative alle funzioni ed al personale, nonche' agli aspetti
economico finanziari, mentre il Titolo IV si occupa dell'assetto
territoriale.
L'articolo 117, comma 2, lettera p) della Costituzione
attribuisce allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia
di legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali
di comuni, province e citta' metropolitane.
E quanto alla delicata e dibattuta materia della sorte delle
province e dell'istituzione delle Citta' Metropolitane lo Stato ha
esercitato tale competenza emanando la legge 7 aprile 2014 n. 56.
Vero e' che per la Regione Sicilia la materia del "regime degli
enti locali e delle circoscrizioni relative" nonche' quella
dell'"ordinamento e controllo degli enti locali" e' pure riservata
alla competenza legislativa esclusiva regionale dalle norme
statutaria, ma la Corte Costituzionale ha gia' riconosciuto,
confermando la testuale affermazione di cui all'art. 1, comma 5,
della legge 7 aprile 2014 n. 56, che la disciplina dettata dallo
Stato con la legge stessa realizza una grande riforma del sistema
della geografia istituzionale della Repubblica e conseguentemente
costituisce una grande riforma economico sociale ai cui principi
anche le regioni a statuto speciale devono conformarsi.
Ed infatti, l'art. 1, comma 145, della legge 56/2014
espressamente prevede che le regioni a statuto speciale adeguino i
propri ordinamenti interni ai principi della medesima legge.
Secondo la Presidenza del Consiglio dei ministri la legge in
questione, con cui evidentemente la Regione Sicilia ha inteso
adeguarsi, eccede dai limiti statutari e non rispetta i principi
dettati dallo Stato, cosi' ledendo le prerogative legislative statali
in questa materia e pertanto violando i precetti costituzionali che
la presidiano, per i seguenti
Motivi
1) Illegittimita' costituzionale degli articoli 4, 5, 6, 8, 9 e
10 della legge Regione Sicilia 4 agosto 2015 n. 15 per violazione dei
principi di cui all'art. 1, commi 51 e seguenti della legge 7 aprile
2014 n. 56.
In relazione agli articoli 3 e 5, nonche' all'art. 117, commi 2,
lettera p), e 3 della Costituzione e agli articoli 14 e 15 dello
Statuto della Regione Sicilia per contrasto con i principi e le norme
fondamentali di riforma economico sociale della Repubblica.
Le norme in rubrica richiamate disciplinano l'istituzione ed il
funzionamento degli organi dei liberi Consorzi comunali non
costituenti Citta' Metropolitane.
L'articolo 4 elenca gli organi del libero Consorzio comunale,
individuandoli nel Presidente, nell'Assemblea, nella Giunta e
nell'Adunanza Elettorale.
Gli articoli 5 e 6 riguardano il Presidente del libero Consorzio
elencandone le funzioni e prevedendo che esso sia eletto dai sindaci
e dai consiglieri comunali che compongono l'Adunanza Elettorale del
Consorzio.
Gli articoli 8 e 9 attengono alle funzioni dell'Assemblea e della
Giunta, regolandone la composizione; l'Assemblea e' composta dai
sindaci dei comuni appartenenti al Consorzio ed e' organo di
indirizzo politico, la Giunta invece e' organo esecutivo eletta
dall'Adunanza Elettorale fra un elenco di sindaci e consiglieri
comunali dei comuni del Consorzio ed ha una composizione
quantitativamente variabile a seconda della popolazione dell'ente.
L'articolo 10 infine regola la composizione e le funzioni
dell'Adunanza Elettorale, composta da tutti i sindaci e consiglieri
comunali dei comuni appartenenti al Consorzio.
Gia' questa articolazione organica urta con l'impostazione
generale che la legge statale da' alla materia, laddove per le
province (che nell'architettura della Legge Regionale coincidono con
i Consorzi comunali) e' stabilito che siano organi esclusivamente il
Presidente, il Consiglio Provinciale e l'Assemblea dei Sindaci. Nel
caso della legge qui censurata sono esuberanti in modo inammissibile
la Giunta e l'Adunanza Elettorale, e tale differenza non e' coerente
con i principi fondamentali di organizzazione dettati dallo Stato
posto che - come ha riconosciuto, ancorche' riferendosi alle Citta'
Metropolitane, ma con affermazione perfettamente adattabile anche
alla presente fattispecie, la Corte Costituzionale nella nota
sentenza n. 50/2015 - non e' immaginabile una situazione di
diversificazione strutturale tra regione e regione nella
configurazione dei propri enti territoriali senza frustrare il
disegno costituzionale, che vuole livelli di governo aventi una
disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale.
E d'altra parte, l'attribuzione ad un'articolazione organizzativa
di competenze esecutive proprie non e' compatibile con la costruzione
operata dal legislatore statale, che tali competenze non ha
soggettivamente individuato o, se le ha individuate (o ne ha
individuate alcune), le ha attribuite ad altro organo (v. art. 1,
comma 55, della legge 56/2014). Ugualmente, pare inammissibile la
creazione di un organo ad hoc, l'Adunanza Elettorale, per dare
individualita' alla base degli elettori e che altre competenze non ha
che quelle di eleggere e di sfiduciare.
E in ogni caso e' evidente l'anomalia di una struttura
istituzionale atipica come quella siciliana. La legge statale prevede
un Presidente eletto, un Consiglio che ha funzioni di indirizzo e
controllo e che ha composizione elettiva, un'assemblea dei sindaci
con funzioni consultive e di controllo i cui membri lo sono di
diritto perche' sindaci dei comuni appartenenti all'ente. La legge
regionale qui censurata prevede anch'essa un Presidente eletto
(seppure con le criticita' che di seguito sono rappresentate),
prevede un'Assemblea composta dai sindaci - equivalente, quanto a
composizione e funzioni all'Assemblea di matrice statale - crea una
Giunta con funzioni esecutive eletta dall'Adunanza, inventa un organo
che non ha solo funzioni elettorali, ma dispone pure di un potere di
sfiducia non previsto dalla norma dello Stato.
Peraltro, le norme qui censurate sono illegittime non solo per
quanto provvedono, ma anche per quanto non in esse contenuto.
In tutti i passaggi che contemplano la regola dell'elettivita'
(ancorche' indiretta) degli organi dei Consorzi comunali manca del
tutto la previsione di meccanismi di ponderazione del voto in base
alla consistenza della popolazione dei diversi comuni, ripartiti in
fasce demografiche, come invece previsto dall'art. 1, comma 63, della
legge statale n. 56/2014.
La ponderazione del voto in rapporto al peso demografico dei
comuni rappresentati negli organismi e' una garanzia ineludibile di
democrazia, perche' traduce e rende effettivo il rapporto numerico
tra cittadini e loro rappresentanti, consente l'effettivo
funzionamento della sovranita' popolare, e come tale deve funzionare
anche se la rappresentativita' opera in modo indiretto.
La norma statale, ben conscia dell'esigenza costituzionale,
deroga alla regola "una testa un voto" al fine di mantenere
l'effettiva rappresentativita' degli organi rispetto alle comunita'
interessate, diversificando il peso del singolo rappresentante in
funzione del numero dei soggetti rappresentati. L'utilizzo del
sistema del voto ponderato e' dunque a tutela del principio di
ragionevolezza, proporzionalita' e sovranita' popolare perche'
assegna un valore al singolo voto un peso differente sensibile al
dato numerico dei rappresentati.
Che, anzi, si potrebbe dire che e' grazie alla previsione di
meccanismi di voto ponderato che un sistema elettivo di secondo grado
puo' rispettare appieno le regole democratiche. Argomento peraltro
cui e' stata sensibile la stessa Corte Costituzionale, laddove ha
affermato che l'elezione indiretta puo' non essere esclusa, "purche'
siano previsti meccanismi alternativi che comunque permettano di
assicurare una reale partecipazione dei soggetti portatori degli
interessi coinvolti" (Corte Cost. sentenza n. 50/2015).
Oltre al contrasto con la norma statale che tale garanzia
mantiene anche nella rappresentanza indiretta, l'omessa previsione di
meccanismi di ponderazione urta nel caso di specie, dunque, anche
contro i principi di ragionevolezza, uguaglianza ed unita' di cui
agli articoli 3 e 5 della Costituzione.
Le norme indicate in rubrica pertanto vanno dichiarate
costituzionalmente illegittime sia nella parte in cui prevedono
strutture istituzionale maggiori e diverse, e con funzioni differenti
da quelle previste dalla legge statale, con cio' rompendo una
omogeneita' politica, economica e sociale che deve essere assicurata
su tutto il territorio della Repubblica, contravvenendo ai principi
fondamentali di riforma contenuti nella legge statale e ledendo anche
la competenza legislativa esclusiva dello Stato, sia nella parte in
cui omettono di prevedere garanzie fondamentali di democrazia e
rappresentativita' che sono cardini dell'ordinamento costituzionale e
come tali sono inderogabilmente fissate dalla legge statale.
2) Illegittimita' costituzionale degli articoli 12, 13, 15, 16 e
17 della legge della Regione Sicilia 4 agosto 2015 n. 15 per
violazione dei principi di cui all'art. 1, commi 7, 8, 9, 19, 20, 25
della legge 7 aprile 2014 n. 56.
In relazione agli articoli 3, 5 e 51, nonche' all'art. 117, commi
2, lettera p), e 3 della Costituzione e agli articoli 14, 15 e 17
dello Statuto della Regione Sicilia per contrasto con i principi e le
norme fondamentali di riforma economico sociale della Repubblica.
Analoghe considerazioni di censura vanno indirizzate anche nei
confronti delle disposizioni regionali che istituiscono e regolano
gli organi delle Citta' Metropolitane.
La legge dello Stato n. 56/2014 delinea un quadro istituzionale
articolato su tre organi ed individua: nel Sindaco Metropolitano -
che e' di diritto il sindaco del Comune capoluogo, salva la
possibilita' di prevedere a livello statutario la sua elezione
diretta - l'organo monocratico con funzioni di rappresentanza e con
responsabilita' per lo svolgimento delle funzioni e l'esecuzione
degli atti imputabili all'ente; nel Consiglio Metropolitano l'organo
ad elezione indiretta con funzioni di indirizzo e di controllo, con
potere anche deliberativi; nella Conferenza metropolitana l'organo
composto dai sindaci dell'area metropolitana con poteri propositivi e
consultivi e di deliberazione in ordine allo statuto.
Anche con riferimento all'architettura istituzionale della Citta'
Metropolitana la Legge Regionale opera una ricostruzione propria,
creando quattro organi: il Sindaco, la Conferenza, la Giunta e
l'Adunanza Elettorale. Prescindendo dalla carica di sindaco, la
Conferenza ha funzioni di indirizzo e controllo come il Consiglio
Metropolitano di cui alla legge statale, ma a differenza di questo i
suoi membri non sono elettivi; manca (al di la' di un'omonimia che
puo' solo generare confusione) un organo metropolitano equivalente
alla Conferenza Metropolitana di concezione statale; la Giunta con
competenze esecutive e' una creazione siciliana, illegittima perche'
le funzioni esecutive spettano nell'impostazione statale al
Presidente, ma i suoi membri sono eletti; l'Adunanza Elettorale pure
e' frutto della creativita' del legislatore regionale che personifica
nell'organo la base degli elettori.
Quindi, anche a questo proposito va ribadita l'illegittimita' di
un'articolazione istituzionale radicalmente diversa da quella che lo
Stato - nelle sue linee di riforma essenziali della struttura
politica del territorio - ha dettato. Ed anche a questi fini, pur
volendo far salva la competenza legislativa esclusiva regionale in
materia, non si puo' che richiamare la corretta e sacrosanta
affermazione contenuta nella sentenza della Corte Costituzionale n.
50/2015 per cui non e' immaginabile una situazione di
diversificazione strutturale tra regione e regione nella
configurazione dei propri enti territoriali, senza frustrare il
disegno costituzionale, che vuole livelli di governo aventi una
disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale.
La Legge Regionale invece non attribuisce di diritto la carica di
Sindaco Metropolitano al sindaco del Comune Capoluogo, ma ne prevede
l'elezione da parte dei sindaci e dei consiglieri comunali dei comuni
compresi nel territorio metropolitano, nonche' dai presidenti dei
consigli circoscrizionali in carica del comune capoluogo (ossia
dall'Adunanza Elettorale) e di per se gia' questa differenza e'
ingiustificabile alla luce dell'impostazione statale ed e' pertanto
costituzionalmente illegittima.
Ma la stessa scelta di procedere ad elezione del Sindaco
Metropolitano da' vita da un'altra serie di vizi di illegittimita':
a) non e' previsto un adeguato meccanismo di ponderazione del
voto in base alla consistenza della popolazione dei diversi comuni;
come detto sopra, la ponderazione del voto e' elemento essenziale per
rendere effettiva la rappresentanza popolare nella scelta dei propri
eletti nei casi in cui l'elezione sia di secondo grado. E nel caso di
specie, proprio il discostarsi dalla previsione della legge statale
amplifica il vizio derivante da tale omessa previsione, posto che -
se il Sindaco Metropolitano fosse il sindaco del comune capoluogo -
comunque egli sarebbe espressione di una maggiore consistenza
elettorale, o comunque di un maggior peso politico, in considerazione
della maggiore importanza del comune capoluogo intorno al quale si
aggrega la Citta' Metropolitana. Anzi, la stessa composizione
dell'Adunanza Elettorale pare in grado di ulteriormente alterare
l'esigenza di rappresentativita', per lo sbilanciamento causato dalla
presenza dei consiglieri circoscrizionali del comune capoluogo, in
grado di far pesare molto di piu' del dovuto il capoluogo rispetto ad
altri comuni magari di popolazione di poco inferiore. L'omessa
previsione di adeguati e ragionevoli meccanismi di ponderazione del
voto, oltre a ledere le competenze legislative statali e a violare i
principi di riforma politico istituzionale, urta contro i precetti
costituzionale della ragionevolezza, della rappresentativita' e della
sovranita'.
b) La previsione dell'eleggibilita' a Sindaco Metropolitano
dei sindaci in carica il cui mandato scada non prima di diciotto mesi
dalla data di svolgimento delle elezioni configura una violazione
dell'art. 51 della Costituzione laddove comprime il diritto di
elettorato passivo del Sindaco del Comune capoluogo della Citta'
Metropolitana che non puo' candidarsi in caso la scadenza del suo
mandato cada nel periodo fissato dalla legge regionale.
Anche nel caso della Giunta Metropolitana, qualora la si volesse
considerare costituzionalmente legittima, la scelta di renderne i
membri di provenienza elettiva produce di per se' lo stesso vizio di
illegittimita' dedotto con riferimento al Sindaco Metropolitano, dato
che anche per questo tipo di elezione non e' previsto un adeguato e
ragionevole meccanismo di ponderazione del voto. Il che rende
l'organo in questione (si ripete, qualora lo si voglia ritenere
costituzionalmente legittimo nonostante la sua "novita'") non
rappresentativo della realta' territoriale governata.
Infine, l'Adunanza Elettorale Metropolitana - che si insiste a
ritenere costituzionalmente illegittima per la sua esuberanza
rispetto al quadro istituzionale disegnato dallo Stato nella sua
fondamentale riforma dell'assetto politico e sociale del territorio
nazionale - non deve prevedere tra i suoi poteri quello di sfiduciare
il Presidente Metropolitano, perche' nessuna norma fondamentale in
materia prevede un rapporto fiduciario (rectius: la necessaria
permanenza del rapporto fiduciario) tra organo che elegge ed organo
eletto. Ne' tale rapporto fiduciario puo' farsi discendere dalla
provenienza elettiva dell'uno dall'altro.
Le norme indicate in rubrica pertanto vanno dichiarate
costituzionalmente illegittime sia nella parte in cui prevedono
strutture istituzionali maggiori e diverse, e con funzioni differenti
da quelle previste dalla legge statale, con cio' rompendo una
omogeneita' politica, economica e sociale che deve essere assicurata
su tutto il territorio della Repubblica, contravvenendo ai principi
fondamentali di riforma contenuti nella legge statale e ledendo anche
la competenza legislativa esclusiva dello Stato, sia nella parte in
cui omettono di prevedere garanzie fondamentali di democrazia e
rappresentativita' che sono cardini dell'ordinamento costituzionale e
come tali sono inderogabilmente fissate dalla legge statale.
3) Illegittimita' costituzionale dell'articolo 20 della legge
della Regione Sicilia 4 agosto 2015 n. 15 per violazione
dell'articolo 1, commi 24 e 84 della legge 7 aprile 2014 n. 56.
In relazione all'art. 117, comma 3 della Costituzione e agli
articoli 14 e 17 dello Statuto della Regione Sicilia per contrasto
con i principi e le norme fondamentali di riforma economico sociale
della Repubblica e con i principi fondamentali di coordinamento della
finanza pubblica.
La disposizione in rubrica denunziata individua le indennita' da
conferire alle cariche negli organi degli enti di area vasta.
Piu' precisamente, al presidente del Consorzio comunale e al
Sindaco Metropolitano e' attribuita un'indennita' pari alla
differenza tra l'indennita' percepita per la carica di sindaco e
quella spettante al sindaco del comune con maggior numero di abitanti
del Consorzio comunale o della Citta' Metropolitana. E in caso di
equivalenza tra i due valori, l'indennita' e' aumentata del 20%. Ai
componenti della Giunta del Consorzio comunale e della Giunta
Metropolitana e' attribuita un'indennita' pari alla differenza tra
l'indennita' in concreto percepita e la meta' di quella spettante al
Presidente del Consorzio o al Sindaco Metropolitano, con uguale
maggiorazione in caso di equivalenza.
La legge statale 7 aprile 2014 n. 56, invece, prevede che
l'incarico di Sindaco, di Consigliere e di componente della
Conferenza della Citta' Metropolitana sia gratuito (art. 1, comma
24), cosi' come sono gratuiti gli incarichi di Presidente,
Consigliere e Componente l'Assemblea dei Sindaci nelle Province (art.
1, comma 84).
La discrepanza non e' in linea con la vigente normativa nazionale
in materia di razionalizzazione dei costi degli enti locali,
rammentando che uno degli assi portanti anche sul piano politico
della nuova organizzazione degli enti locali - Province e Citta'
Metropolitane - ed uno dei motivi addotti a favore della elezione
indiretta dei rispettivi organi, e' appunto la gratuita' delle
relative cariche.
Gratuita', si ricorda, che si giustifica anche e soprattutto con
il fatto che i titolari di incarichi elettivi indiretti nelle
Province e nelle Citta' Metropolitane rivestono negli enti di
provenienza e di appartenenza incarichi che gia' godono di
remunerazione.
Il che, oltretutto, si manifesta di maggiore evidenza negativa
sul piano del contenimento della spesa all'interno della finanza
pubblica quando si osservi che la Legge Regionale siciliana ha
aumentato gli organi di governo rispetto alla impostazione della
legge statale, istituendo quindi organi aggiuntivi che secondo la
norma qui censurata danno titolo ai loro componenti di percepire
un'indennita'. Alla moltiplicazione degli organi dunque segue una
moltiplicazione dell'esborso pubblico.
La norma in rubrica pertanto e' costituzionalmente illegittima e
va dichiarata tale.
4) Illegittimita' costituzionale dell'articolo 27, comma 1, n. 2
lettera e) della legge della Regione Sicilia 4 agosto 2015 n. 15 per
contrasto con l'art. 3-bis del D.L. n. 138/2011 convertito con legge
148/2011 e con gli articoli 142 e seguenti del D.lgs. 152/2006.
In relazione all'art. 117, comma 2, lettere e) e s) e comma 3
della Costituzione e agli articoli 14 e 17 dello Statuto della
Regione Sicilia per contrasto con i principi e le norme fondamentali
di riforma economico sociale della Repubblica.
La norma in rubrica indicata attribuisce ai Consorzi comunali la
competenza ad organizzare e gestire i servizi nonche' le
localizzazione e le realizzazioni degli impianti di smaltimento dei
rifiuti e di depurazione delle acque, quando i comuni - singoli o
associati - non possono provvedervi. Il settore dei rifiuti, nel
riparto di competenze previsto dallo Statuto della Regione Sicilia,
e' materia attinente all'igiene e alla sanita' pubblica, nonche'
all'assunzione di pubblici servizi e come tale sarebbe riservata alla
competenza legislativa concorrente della Regione stessa.
Tuttavia, come effetto della riforma costituzionale del 2001, la
materia dei servizi pubblici, in quanto residuale, si ritiene ora
demandata alla competenza delle Regioni a statuto ordinario, e di
conseguenza anche la Regione Sicilia dovrebbe essere titolare della
maggiore potesta' legislativa in quanto espressione di piu' ampia
autonomia rispetto alle sue previsioni statutarie.
Sennonche', anche in questa configurazione, la potesta'
legislativa regionale deve conformarsi alle regole dettate dallo
Stato nell'ambito della sua potesta'; e a questi fini vengono in
considerazione le attribuzioni statali nelle materie di cui all'art.
117, comma 2, lettere e) ed s) della Costituzione.
In questa prospettiva, l'articolo 3-bis, commi 1 e 1-bis del D.L.
n. 138/2011, convertito con legge n. 148/2011, in tema di servizi
pubblici locali a rete di rilevanza economica, stabilisce che le
regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano organizzano detti
servizi definendo il perimetro degli ambiti o bacini territoriali
ottimali ed omogenei tali da consentire economie di scala e di
differenziazione idonee a massimizzare l'efficienza del servizio ed
istituendo o designando gli enti di governo degli stessi. La stessa
norma prevede che la dimensione degli ambiti o bacini territoriali
ottimali di norma deve essere non inferiore almeno a quella del
territorio provinciale, potendo le regioni individuare dimensioni
diverse se sussistano ragioni di differenziazione territoriale e
socio economica e in base ai principi di proporzionalita',
adeguatezza ed efficienza rispetto alle caratteristiche del servizio.
In questa direzione, le funzioni di organizzazione dei servizi,
compresi quelli appartenenti al settore dei rifiuti urbani, sono
esercitate non dal livello politico, ma dagli enti di governo degli
ambiti o bacini territoriali ottimali ed omogenei.
La disciplina statale di riferimento e' completata dall'art. 200,
comma 1, del D.lgs. 152/2006, per il quale la gestione dei rifiuti
solidi urbani e' organizzata sulla base di ambiti territoriali
ottimali (ATO) delimitati dal piano regionale ed obbedienti ad una
serie di criteri specificamente ivi indicati.
Ora, la norma regionale qui censurata, nell'attribuire la
relativa competenza ai Consorzi comunali, la prevede in via meramente
sussidiaria, lasciando intendere il permanere di una competenza
spettante in via ordinaria (qualora capaci di esercitarla) ai singoli
comuni.
E cio' urta, oltre che contro le regole statali ora ricordate
(emanate nell'esercizio della propria potesta' legislativa esclusiva
in materia di concorrenza e di tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema), anche contro le regole che la stessa Regione
Sicilia si e' data, ove si osservi che l'art. 8, comma 1, della Legge
regionale Sicilia n. 9/2010 attribuisce le funzioni in questione alle
SRR (ossia alle societa' per la regolamentazione del servizio di
gestione dei rifiuti).
La previsione di una competenza "ordinaria" dei comuni nello
smaltimento dei rifiuti (ancorche' superabile in via sussidiaria, ma
pur sempre eventuale) viola il principio della unicita' orizzontale
della gestione, consentendo una competenza frammentata tra piu'
comuni all'interno del medesimo ATO; e' peraltro violato anche il
principio di unicita' verticale del servizio dato che in tal modo si
inciderebbe negativamente sull'esigenza che il ciclo dei rifiuti si
svolga in modo integrato.
Da ultimo, la previsione della norma qui censurata, che fa
necessariamente coincidere - qualora esercitata in via sussidiaria
dal Consorzio comunale - l'ambito territoriale ottimale con il
territorio della provincia, cosi' eliminando la possibilita' prevista
dalla legge statale che il territorio ottimale dell'ambito possa
avere anche un'estensione ultra provinciale.
Analoghe considerazioni sono da svolgere anche relativamente alla
competenza dei comuni - ed in via eventualmente sussidiaria del
Consorzio comunale - in materia di depurazione delle acque, le cui
funzioni per l'ordinamento statale sono da attribuire agli enti di
governo degli ATO.
E cio' anche considerando che alla Regione Sicilia lo Statuto
Speciale demanda la competenza legislativa esclusiva (art. 14) in
materia di acque pubbliche, ma affermandosi anche qui che tale
competenza deve essere esercitata nel rispetto dei principi di grande
riforma economico sociale stabiliti dallo Stato, quali senza dubbio
quelli contenuti nelle norme del D.lgs. 152/2006.
L'art. 142, comma 3, di quel decreto prevede che gli enti locali
svolgano le funzioni relative all'organizzazione del servizio idrico
mediante gli organi di governo degli ATO, ai quali partecipano ai
sensi del successivo articolo 147.
Anche con riferimento alla materia della depurazione delle acque,
la norma regionale qui censurata lede i principi della necessaria
unicita' orizzontale e verticale della relativa gestione.
Per le esposte ragioni, la norma della legge regionale in rubrica
citata deve essere considerata costituzionalmente illegittima.
5) Illegittimita' costituzionale dell'articolo 33 della Legge
Regione Sicilia 4 agosto 2015 n. 15.
In relazione all'art. 117, comma 2, lettera s) e all'art. 118,
comma 2, della Costituzione e agli articoli 14 e 17 dello Statuto
della Regione Sicilia.
La norma qui censurata dispone che "la Regione svolge, oltre alle
funzioni ad essa spettanti ai sensi della normativa vigente, le
seguenti ulteriori funzioni proprie gia' attribuite alle ex province
regionali, ai sensi dell'art. 13 della Legge regionale n. 9/1986 e
successive modifiche ed integrazioni, alla data di entrata in vigore
della presente legge".
Tra le funzioni in parola merita attenzione quella di cui al
comma 1, n. 2, lettera a) ossia la tutela dell'ambiente ed attivita'
di prevenzione e di controllo dell'inquinamento, anche mediante
vigilanza sulle attivita' industriali.
Questa norma viola la competenza legislativa esclusiva dello
Stato, soprattutto ove si osservi che la Regione Sicilia non ha in
materia di "tutela dell'ambiente e dell'ecosistema" alcuna competenza
legislativa propria. Questa situazione di carenza di potere
legislativo, e della impossibilita' di' colmare la relativa lacuna
con interpretazione delle proprie disposizioni statutarie, e' gia
stata rilevata dalla Corte Costituzionale nelle sentenze n. 12/2009,
n. 380/2007 e n. 422/2002.
E cosi' come nessuna competenza legislativa puo' essere
esercitata in una materia di competenza esclusiva dello Stato,
nessuna altra competenza puo' essere rivendicata in quell'ambito,
neppure di natura meramente amministrativa.
Pertanto, la norma in questione e' da dichiarare
costituzionalmente illegittima.
P.Q.M.
La Presidenza del Consiglio dei ministri come sopra rappresentata
e difesa conclude affinche' la Corte costituzionale voglia accogliere
il presente ricorso e per l'effetto dichiarare l'illegittimita'
costituzionale degli articoli 4, 5, 6, 8, 9, 10, 12, 13, 15, 16, 17,
20, 27 e 33 della Legge Regionale della Sicilia 4 agosto 2015, n. 15.
Roma, 5 ottobre 2015
L'Avvocato dello Stato: Corsini