Ricorso n. 9 del 28 febbraio 2014 (Regione autonma della Sardegna)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 28 febbraio 2014 (della Regione autonoma della
Sardegna).
(GU n. 14 del 26.3.2014)
Ricorso della Regione autonoma della Sardegna (cod. fisc.
…) con sede legale in 09123 Cagliari (CA), Viale Trento, n.
69, in persona del Presidente pro tempore Dott. Ugo Cappellacci,
rappresentata e difesa, giusta procura a margine del presente atto,
dagli Avv.ti Tiziana Ledda (cod. fisc.: …; fax:
…; posta elettronica certificata:
…) e Prof. Massimo Luciani (cod. fisc.:
…; fax: …; posta elettronica certificata
…), elettivamente domiciliata
presso lo Studio del secondo in 00153 Roma, Lungotevere Raffaello
Sanzio, n. 9;
Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri, in persona del
Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
Generale dello Stato presso i cui uffici in 00186 Roma, e'
domiciliato ex lege, per la dichiarazione dell'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 119, 122, 142, 429, 499, 508, 511,
526 e 527 della l. 27 dicembre 2013, n. 147, recante "Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge di stabilita' 2014)", pubbl. in G.U. 27 dicembre 2013, n. 302,
S.O. n. 87
F a t t o
1.- La l. 27 dicembre 2013, n. 147, recante "Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di
stabilita' 2014)", pubbl. in G.U. 27 dicembre 2013, n. 302, S.O. n.
87, si compone di un unico articolo, del quale fanno parte ben 749
commi. Detta legge, nel dettare le disposizioni di bilancio per il
triennio 20142016, ha disciplinato una vasta pluralita' di oggetti,
tra i quali - per citare solo alcuni aspetti di quanto qui interessa
direttamente - l'imposizione di oneri di finanza pubblica a carico
delle Regioni (commi 119, 429, 499, 526 e 527); la parziale
modificazione della disciplina del patto di stabilita' (comma 122);
l'istituzione di nuove forme d'imposizione fiscale (comma 142); la
riserva all'erario delle nuove entrate derivanti da precedenti
manovre di finanza pubblica (comma 508).
Alla realizzazione della complessiva manovra di finanza pubblica
varata con la l. n. 228 del 2012 sono state chiamate, dunque, anche
le autonomie territoriali, ma per alcuni significativi profili in
forme e con contenuti del tutto illegittimi.
Specificamente illegittimi, e violativi delle attribuzioni della
ricorrente, sono, nelle parti indicate in epigrafe e che appresso
meglio si identificheranno, le disposizioni di cui ai commi 119, 122,
142, 429, 499, 508, 511, 526 e 527 dell'art. 1. Esse debbono essere
pertanto dichiarate costituzionalmente illegittime per i seguenti
motivi di
D i r i t t o
1.- Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 119, della
l. 27 dicembre 2013, n. 147. Il comma in esame dispone che, "al fine
di garantire un adeguato livello di erogazione di servizi sanitari
nella regione Sardegna, interessata dai gravi eventi alluvionali del
mese di novembre 2013, a decorrere dal 1° gennaio 2014 gli obiettivi
finanziari previsti dalla disposizione di cui all'articolo 15, comma
14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con
modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, possono essere
conseguiti su altre aree della spesa sanitaria".
L'art. 15 del d. l. n. 95 del 2012, cui fa espresso riferimento
la disposizione impugnata, ha imposto alle Regioni e alle Province di
Trento e Bolzano una serie di limitazioni all'autonomia finanziaria,
relative al finanziamento e al funzionamento del servizio sanitario
regionale. Una di esse era recata dal comma 14, ove si stabiliva che
"A tutti i singoli contratti e a tutti i singoli accordi vigenti
nell'esercizio 2012, ai sensi dell'articolo 8-quinquies del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, per l'acquisto di prestazioni
sanitarie da soggetti privati accreditati per l'assistenza
specialistica ambulatoriale e per l'assistenza ospedaliera, si
applica una riduzione dell'importo e dei corrispondenti volumi
d'acquisto in misura percentuale fissa, determinata dalla regione o
dalla provincia autonoma, tale da ridurre la spesa complessiva annua,
rispetto alla spesa consuntivata per l'anno 2011, dello 0,5 per cento
per l'anno 2012, dell'1 per cento per l'anno 2013 e del 2 per cento a
decorrere dall'anno 2014. La misura di contenimento della spesa di
cui al presente comma e' aggiuntiva rispetto alle misure
eventualmente gia' adottate dalle singole regioni e province autonome
di Trento e Bolzano e trova applicazione anche in caso di mancata
sottoscrizione dei contratti e degli accordi, facendo riferimento, in
tale ultimo caso, agli atti di programmazione regionale o delle
province autonome di Trento e Bolzano della spesa sanitaria. Il
livello di spesa determinatosi per il 2012 a seguito
dell'applicazione della misura di contenimento di cui al presente
comma costituisce il livello su cui si applicano le misure che le
regioni devono adottare, a decorrere dal 2013, ai sensi dell'articolo
17, comma 1, lettera a), terzo periodo del decreto-legge 6 luglio
2011, n. 98 , convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio
2011, n. 111".
In conseguenza dei limiti economici fissati all'art. 15 del d. l.
n. 95 del 2012 (tra cui quello di cui al comma 14), lo Stato, col
successivo comma 22 dello stesso art. 15 del d. l. n. 95 del 2012, ha
ridotto il finanziamento al servizio sanitario nazionale "di 900
milioni di euro per l'anno 2012, di 1.800 milioni di euro per l'anno
2013 e di 2.000 milioni di euro per l'anno 2014 e 2.100 milioni di
euro a decorrere dall'anno 2015". Per le Regioni a Statuto speciale,
invece, e' stato previsto l'obbligo di "assicurare il concorso" agli
obiettivi di finanza pubblica connessi alla riduzione della spesa
sanitaria versando direttamente allo Stato la somma equivalente ai
risparmi conseguiti, attraverso "le procedure previste dall'articolo
27 della legge 5 maggio 2009, n. 42" e, nelle more dell'adozione
delle norme di cui all'art. 27 della l. n. 42 del 2009, attraverso
accantonamenti "a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi
erariali".
Deve essere ricordato che l'odierna ricorrente, con ricorso
iscritto al R.G. n. 160 del 2012, ha gia' impugnato l'art. 15, comma
22, del d. l. n. 95 del 2012, censurando la lesione all'autonomia
finanziaria della Regione Sardegna determinata dall'imposizione di
obblighi straordinari di finanza pubblica, illimitati nel tempo e
concernenti la spesa sanitaria regionale, che, ai sensi dell'art. 1,
comma 836, della l. n. 296 del 2006, grava per l'intero sulle finanze
regionali (ivi si prevede che "dall'anno 2007 la regione Sardegna
provvede al finanziamento del fabbisogno complessivo del Servizio
sanitario nazionale sul proprio territorio senza alcun apporto a
carico del bilancio dello Stato"). Sulla questione codesta Ecc.ma
Corte deve ancora pronunciarsi.
Le medesime censure debbono oggi essere riproposte avverso l'art.
1, comma 119, della legge impugnata. Con tale previsione, infatti, lo
Stato ha inteso confermare in capo alle Regioni gli "obiettivi
finanziari" (che altro non sono se non obblighi finanziari) gia'
imposti dall'art. 15 del d. l. n. 95 del 2012, i quali debbono essere
assolti non solo attraverso la diminuzione della spesa sanitaria, ma
anche attraverso la corresponsione allo Stato delle somme equivalenti
ai risparmi conseguiti o, nelle more, tramite l'accantonamento a
valere sulle quote di compartecipazione ai tributi.
1.2.- Alla luce di quanto osservato in precedenza, appare
evidente che il legislatore, con la disposizione in esame, ha imposto
oneri di finanza pubblica da corrispondere direttamente allo Stato in
un ambito che e' integralmente finanziato dalla Regione ricorrente,
come dispone l'art. 1, comma 836, della l. n. 296 del 2006).
Per tale ragione, appare evidente che il legislatore statale non
ha inteso porre principi per il governo e il contenimento della spesa
statale per la salute pubblica nel territorio sardo, ma ha
direttamente posto un onere su un capitolo di spesa che ormai e'
gestito e finanziato autonomamente dalla Regione Sardegna.
In altri termini, la Regione Sardegna, che e' stata onerata dal
2006 del finanziamento integrale della spesa sanitaria regionale,
sara' costretta a stornare una quota parte delle risorse stanziate
per il Servizio sanitario regionale e devolverle sic et simpliciter
allo Stato, a titolo di contributo di finanza pubblica. Cio'
determina non solo un'evidente lesione dell'autonomia finanziaria
regionale, ma anche l'evidente compromissione del diritto alla salute
dei cittadini residenti in Sardegna, che sopportano le conseguenze di
un illegittimo depauperamento delle risorse destinate a sostenere il
Servizio sanitario nella Regione.
A questo proposito, si deve ricordare che codesta Ecc.ma Corte
costituzionale si e' pronunciata su un caso analogo gia' con la sent.
n. 133 del 2010. Allora si controverteva della legittimita'
costituzionale dell'art. 22, commi 2 e 3, del d. l. n. 78 del 2009:
"La predetta norma, nel prevedere l'istituzione di un fondo con
dotazione di 800 milioni di euro - «destinato ad interventi relativi
al settore sanitario» ed alimentato con le economie di spesa
derivanti, tra l'altro, dall'applicazione del decreto-legge 28 aprile
2009, n. 39 [...] - dispone che «in sede di stipula del Patto per la
salute e' determinata la quota che le regioni a statuto speciale e le
province autonome di Trento e di Bolzano riversano all'entrata del
bilancio dello Stato per il finanziamento del Servizio sanitario
nazionale»" (cosi' e' riassunta la questione nella narrativa della
menzionata pronuncia). Codesta Ecc.ma Corte costituzionale, a quel
proposito, rilevo' che "lo Stato, quando non concorre al
finanziamento delta spesa sanitaria, «neppure ha titolo per dettare
norme di coordinamento finanziario» (sentenza n. 341 del 2009)".
Similmente, nel caso giudicato con sent. n. 341 del 2009 si
controverteva sulla legittimita' costituzionale dell'art. 61, comma
14, del d. l. n. 112 del 2008, ove si prevedeva che "siano ridotti
del 20 per cento, rispetto all'ammontare risultante alla data del 30
giugno 2008 e a decorrere dalla data di conferimento o rinnovo degli
incarichi, i trattamenti economici complessivi spettanti ai direttori
generali, ai direttori sanitari, ai direttori amministrativi, ed i
compensi spettanti ai componenti dei collegi sindacali delle aziende
sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, delle aziende
ospedaliero universitarie, degli istituti di ricovero e cura a
carattere scientifico e degli istituti zooprofilattici". Codesta
Ecc.ma Corte costituzionale, rilevato che "Le risorse provenienti
dalla riduzione dei compensi di dirigenti e sindaci delle strutture
sanitarie, prevista dalla disciplina impugnata" sarebbero state poi
utilizzate per consentire che le "Regioni stesse concorr[essero] con
lo Stato alla copertura dei relativi oneri" e considerato che la
Provincia autonoma di Trento (ricorrente in quella vicenda) "provvede
interamente al finanziamento del proprio servizio sanitario
provinciale, «senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato»
(art. 34, comma 3, della legge n. 724 del 1994)", ha affermato che
"in tale diverso e peculiare contesto, l'applicazione alla Provincia
autonoma di Trento del comma 14 dell'art. 61 non risponderebbe alla
funzione che la misura in questione assolve per le altre Regioni. Dal
momento che lo Stato non concorre al finanziamento del servizio
sanitario provinciale, ne' quindi contribuisce a cofinanziare una
eventuale abolizione o riduzione del ticket in favore degli utenti
dello stesso, esso neppure ha titolo per dettare norme di
coordinamento finanziario che definiscano le modalita' di
contenimento di una spesa sanitaria che e' interamente sostenuta
dalla Provincia autonoma di Trento". Tanto, e' evidente, deve valere
anche nel caso qui in esame.
1.3.- Ne' serve ad escludere o a mitigare la lesivita' del comma
impugnato il fatto che sia consentito alla Regione Sardegna di
individuare "altre aree della spesa sanitaria" alle quali imputare
gli "obblighi finanziari" imposti alla Regione. Tali obblighi,
infatti, comunque continueranno ad insistere su ambiti dell'attivita'
regionale che sono interamente finanziati dalle entrate proprie della
Regione, sicche' lo Stato non ha titolo per imporre alla ricorrente
alcun vincolo alla sua autonomia finanziaria.
1.4.- Non basta. Gli "obiettivi finanziari" imposti alla Regione
ricorrente non sono ne' straordinari ne' limitati nel tempo, ma, ai
sensi dell'art. 15, comma 22, del d. l. n. 95 del 2012, cui essi si
riferiscono, crescono fino a toccare (insieme con quelli gravanti
sulle altre Regioni e Province autonome) l'enorme somma di due
miliardi e cento milioni di euro "a decorrere dall'anno 2015" (e
quindi di li' in avanti).
Se questo e', come e', vero, sono violati i principi che codesta
Ecc.ma Corte costituzionale ha ricavato dal testo costituzionale a
presidio dei rapporti finanziari tra Stato e Regione. Nella sent. n.
82 del 2007, ad esempio, si e' affermato che le "limitazioni
indirette all'autonomia di spesa degli enti" (come e' quella posta
con il comma in esame) possono darsi solamente "in via transitoria e
in vista degli specifici obiettivi di riequilibrio della finanza
pubblica perseguiti dal legislatore statale". La disposizione in
esame, invece, non pone vincoli transitori, ma definitivi.
Nella recentissima sent. n. 193 del 2012, poi, codesta Ecc.ma
Corte costituzionale ha ricordato di essersi "espressa sulla non
incompatibilita' con la Costituzione delle misure disposte con l'art.
14, commi 1 e 2, del d.l. n. 78 del 2010, sul presupposto - richiesto
dalla propria costante giurisprudenza - che [sono legittime] le norme
che «si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della finanza
pubblica, intesi nel senso di' un transitorio contenimento
complessivo, anche se non generale, della spesa corrente e non
prevedano in modo esaustivo strumenti o modalita' per il
perseguimento dei suddetti obiettivi» (sentenza n. 148 del 2012;
conformi, ex plurimis, sentenze n. 232 del 2011 e n. 326 del 2010)".
1.5.- Si deve poi, osservare che il comma impugnato viola anche
il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., in relazione
al diritto alla salute ex art. 32 Cost. e agli artt. 7 e 8 dello
Statuto.
Come si e' gia' visto, il comma 119 esplicitamente riconosce che
le limitazioni all'autonomia finanziaria di cui all'art. 15 del d. l.
n. 95 del 2012 non consentono di "garantire un adeguato livello di
erogazione di servizi sanitari nella regione Sardegna, interessata
dai gravi eventi alluvionali del mese di novembre 2013". Di fronte al
riconosciuto vulnus alla salute nel territorio regionale, dovuto non
solo ai drammatici eventi climatici dello scorso novembre, ma anche
ai limiti alla spesa sanitaria imposti dallo Stato, il legislatore
statale avrebbe dovuto escludere del tutto l'applicazione di quegli
"obiettivi finanziari" che, invece, ha inteso qui nuovamente
ribadire.
Non avendo cosi' proceduto, pero', il legislatore ha adottato una
disposizione intimamente contraddittoria, circostanza che dimostra di
per se' la violazione del principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost.
Il fatto che il comma impugnato incida direttamente nell'autonomia
finanziaria regionale, nonche' nella gestione e nel finanziamento
della spesa sanitaria regionale, poi, dimostra il fatto che
l'irragionevolezza del comma 119 dell'art. 1 della l. n. 147 del 2013
ridonda in violazione dell'art. 32 Cost. e degli artt. 7 e 8 dello
Statuto sardo.
Infatti:
- sono violati gli artt. 7 e 8 dello Statuto e 119 della
Costituzione, che tutelano la particolare autonomia finanziaria della
Regione Sardegna, nonche' il principio di leale collaborazione di cui
all'art. 117 Cost., anche in relazione all'art. 1, comma 836, della
l. n. 296 del 2006, perche' lo Stato impone oneri su un capitolo di
spesa che e' integralmente finanziato dalla Regione, cosi' impedendo
alla Regione lo svolgimento autonomo delle funzioni (anche
economico-finanziarie) direttamente conferite dallo Stato. - e'
violato l'art. 8 dello Statuto, perche' gli obiettivi finanziari
posti in capo alla Regione Sardegna vanno ad incidere anche sulle
quote di compartecipazione alle entrate erariali previste appunto
dall'art. 8 dello Statuto, quote di compartecipazione che debbono
essere coerenti con le esigenze della popolazione sarda, mentre qui -
come si e' visto - e' lo stesso legislatore statale che
(paradossalmente, illogicamente e illegittimamente) riconosce
l'inadeguatezza delle risorse conferite;
- e' violato l'art. 3 Cost., in relazione all'art. 32 Cost. e
agli artt. 7 e 8 dello Statuto, in quanto gli "obiettivi finanziari"
imposti dallo Stato mettono a repentaglio la "garanzia di un adeguato
livello di erogazione di servizi sanitari nella regione Sardegna,
interessata dai gravi eventi alluvionali del mese di novembre 2013";
- e' violato l'art. 6 dello Statuto, in quanto il minor
finanziamento della spesa sanitaria impedisce di fatto alla Regione
di esercitare la sua potesta' amministrativa in materia, contando su
un adeguato ambito di discrezionalita' (il risparmio, infatti, deve
comunque essere ottenuto nel comparto della sanita').
1.7.- Non basta. Violato e' anche l'art. 81 Cost., in relazione
ancora agli artt. 7 e 8 dello Statuto e 119 Cost.
Come si e' visto, lo Stato ha imposto alle Regioni ulteriori
obiettivi finanziari, che queste debbono raggiungere non solo
attraverso il conseguimento di miglioramenti delle loro finanze, ma
anche versando direttamente allo Stato somme pari a quelle
risparmiate. Di conseguenza:
- e' violato il principio di equilibrio tra le entrate e le spese
a bilancio, (primo comma dell'art. 81 Cost.) dato che il bilancio
dello Stato consegue il proprio equilibrio solo a costo di essere
finanziato direttamente dalle Regioni e, in particolare, dalla
ricorrente (cosi' - anche - violandone l'autonomia finanziaria e
contravvenendo agli artt. 7 e 8 dello Statuto e 119 Cost.);
- per lo stesso motivo e' violato il principio di adeguata ed
effettiva copertura delle spese (terzo comma dell'art. 81 Cost.),
dato che il bilancio statale si finanzia attraverso un onere imposto
alle Regioni, sulle quali e' illegittimamente e illogicamente
ribaltato l'onere di copertura delle spese, in evidente elusione
della disciplina costituzionale di bilancio (ancora una volta con
lesione dell'autonomia finanziaria della ricorrente e contestuale
violazione degli artt. 7 e 8 dello Statuto e 119 Cost.).
2.- Illegittimita' costituzionale del comma 122 dell'art. 1 della
l. 24 dicembre 2013, n. 147. Il comma 122 dell'art. 1 della l. n. 47
del 2013 aggiunge la lett. n-quinquies) all'art. 32, comma 4, della
l. n. 183 del 2011 (finanziaria per il 2012). L'art. 32 della l. n.
183 del 2011 ha riformato la disciplina del patto di stabilita'
interno delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di
Bolzano. Un anno dopo, con i commi 454 sgg. dell'art. 1 della l. n.
228 del 2012 (finanziaria del 2013), quella disciplina e' stata
nuovamente riformata, attraverso diverse interpolazioni del testo
dell'art. 32 della l. n. 183 del 2011.
Con il comma in esame, tale regolamentazione e' ulteriormente
modificata, attraverso la previsione di una nuova tipologia di spesa
che non deve essere computata in quelle rilevanti per il rispetto del
patto di stabilita' interno, che fissa i limiti di impegno
finanziario sostenibili dalla Regione. In particolare, vengono
escluse dalla rendicontazione delle spese interne al patto di
stabilita' quelle "effettuate a valere sulle risorse assegnate alla
regione Sardegna dalla delibera CIPE n. 8/2012 del 20 gennaio 2012,
pari a 23,52 milioni di euro, limitatamente all'anno 2014". Nel
modificare ulteriormente il meccanismo del patto di stabilita',
pero', il legislatore statale non ha previsto un adeguamento diretto
del patto di stabilita' che delimita l'autonomia finanziaria della
Regione Sardegna in ossequio alla riforma dell'art. 8 dello Statuto,
intervenuta con l'art. 1, comma 834, della l. n. 296 del 2006,
attraverso un innalzamento, in corrispondenza delle maggiori entrate
di cui la Regione beneficia in ragione del nuovo art. 8 dello
Statuto, dell'obiettivo della Sardegna relativo al "complesso delle
spese finali consentite in termini di competenza eurocompatibile"
(cosi' si esprime la legge nel configurare il piu' recente sistema di
calcolo e regolazione dei rapporti contabili tra Stato e Regioni).
2.1.- Come la Corte ben sa, atteso che la vicenda e' stata ed e'
alla base di un cospicuo contenzioso costituzionale, l'art. 8 dello
Statuto e' stato modificato dall'art. 1, comma 834, della l. n. 296
del 2006, cosi' da aumentare le risorse regionali, che la stessa
Ragioneria Generale dello Stato aveva ritenuto insufficienti e
disallineate rispetto al trend di crescita delle entrate tributarie
che si riscontrava nelle altre Regioni (cfr. le Note del Ragioniere
Generale dello Stato 3 agosto 2005, prot. n. 0102482, e 2 settembre
2005, prot. n. 0112371).
Le possibilita' di utilizzo delle risorse riconosciute dalla
riforma dello Statuto, pero', sono circoscritte e limitate dal
sistema del patto di stabilita', che - come e' ben noto - e' il
meccanismo di governo della finanza regionale e degli enti
territoriali disegnato dal legislatore statale al fine di coniugare
la tutela dell'autonomia finanziaria della Regione e (in diverso
grado) degli enti locali, con il conseguimento degli obiettivi di
finanza pubblica della Repubblica in tutte le sue articolazioni
istituzionali.
Il contenuto del patto di stabilita' per le Regioni ad autonomia
speciale e' sempre stato oggetto di accordo tra Stato e singola
Regione o Provincia autonoma, pur nel succedersi delle continue
riforme del meccanismo (si vedano l'art. 24 della l. n. 448 del 2001;
l'art. 29 della l n. 289 del 2009; l'art. 1, comma 132, della l. n.
220 del 2010; l'art. 32 della l. n. 183 del 2011, ora l'art. l, comma
454, della l. n. 228 del 2012). Il meccanismo del patto di
stabilita', dunque, si fonda sul principio dell'accordo tra eguali,
mediante il quale la Regione esercita la propria autonomia
finanziaria e lo Stato garantisce il conseguimento degli obiettivi
generali di finanza pubblica.
A partire dal 2011, la ricorrente, nel formulare le proposte per
l'accordo sul patto di stabilita', ha richiesto al MEF un (comunque
prudenziale e sempre parziale) innalzamento del livello degli impegni
e dei pagamenti in corrispondenza delle nuove entrate derivanti dal
nuovo regime finanziario di cui all'art. 8 dello Statuto. Sin dal
2011, con Nota 7 giugno 2011, prot. n. 50971 il Ministero ha sempre
rigettato dette proposte, affermando che "pur comprendendo le
esigenze di codesta Regione di trasfondere sulla propria
potenzialita' di spesa la piena entrata a regime del nuovo
ordinamento finanziario [...] tale richiesta necessita di un
intervento legislativo volto ad individuare la corrispondente
compensazione finanziaria in termini di fabbisogno e di indebitamento
netto", sicche' "in assenza di una disposizione legislativa che
preveda misure compensative a favore di codesta Regione [...] a
livello tecnico, non sussist[o]no margini per un ampliamento del
tetto dei pagamenti" (cosi' la Nota 7 giugno 2011, prot. n. 50971).
A causa della posizione assunta dal MEF, a partire dal 2010 lo
Stato e la Regione hanno potuto stipulare solamente mere intese
tecniche, limitate ad alcuni aspetti marginali della disciplina del
patto di stabilita', senza piu' conseguire l'accordo generale sul
livello delle spese regionali, che e' invece il cardine dell'intero
meccanismo. Anzi, l'odierna ricorrente e' stata costretta a gravare i
provvedimenti ministeriali di rigetto delle proposte regionali con
appositi ricorsi.
2.3.- La Regione ha costantemente negato che l'esecuzione del
novellato art. 8 dello Statuto di autonomia (anche quanto
all'adeguamento del patto di stabilita') richiedesse una qualsivoglia
intermediazione legislativa attraverso un comune atto con forza di
legge o tramite un decreto legislativo recante norme di attuazione
dello stesso Statuto.
Questa posizione e' confortata da limpide statuizioni di codesta
Ecc.ma Corte costituzionale. In particolare, con la sent. n. 99 del
2012, la Corte costituzionale, adita dallo Stato per veder dichiarata
l'illegittimita' dell'art. 3 della l. reg. n. 12 del 2011 (con la
quale era stato previsto che la Regione dovesse procedere
all'accertamento delle poste in attivo di bilancio ai sensi dell'art.
8 dello Statuto nella formulazione vigente), ha affermato che non vi
era una "sufficiente motivazione" a sostegno della necessita'
(asserita dallo Stato, come si e' detto) che il nuovo art. 8 dello
Statuto, per produrre i propri effetti al fine di determinare "la
quota di tributi da trasferire alla Regione in riferimento a ciascuna
compartecipazione", dovesse essere attuato con la particolare
procedura per l'approvazione dei decreti legislativi di attuazione.
Cio' significa che la Regione Sardegna, al momento di predisporre
il proprio bilancio previsionale, puo' e deve immediatamente fare
affidamento sulle entrate derivanti dal nuovo art. 8, e
contabilizzarle di conseguenza. Inoltre, tanto comporta che lo Stato,
nella gestione (in via amministrativa e in via legislativa) dei
rapporti finanziari con la ricorrente, deve osservare le previsioni,
immediatamente applicabili, dell'art. 8 dello Statuto.
Nondimeno, pur a fronte dell'evidente correttezza dell'assunto
regionale, lo Stato ha (altrettanto costantemente, se ne e' dato
conto), affermato che in carenza di un'intermediazione legislativa
l'esecuzione del citato art. 8, novellato, dello Statuto non sarebbe
possibile e che, inoltre, non sarebbe possibile nemmeno l'adeguamento
della capacita' di spesa della Regione alle maggiori disponibilita'
finanziarie riconosciute dall'art. 1, comma 834, della l. n. 296 del
2006, modificativo - appunto - dell'art. 8 dello Statuto.
2.4.- Il quadro dei rapporti finanziari tra Stato e Regione ha
visto una svolta con la l. n. 182 del 2012, recante "Disposizioni per
l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle
Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2012", pubblicata in
G.U. 26 ottobre 2012, n. 251, Suppl. ord. Come ricordato da codesta
Ecc.ma Corte nella sent. n. 95 del 2013, "l'andamento della cd.
vertenza entrate denota significativi sviluppi in senso favorevole
alle richieste della Regione dopo che il legislatore statale,
nell'adottare disposizioni per l'assestamento del bilancio per l'anno
finanziario 2012, con la legge 16 ottobre 2012, n. 182, ha destinato
1.383.000.000 euro al fine di devolvere alla Regione il gettito delle
entrate erariali ad essa spettanti in quota fissa e variabile", ai
sensi dell'art. 8 dello Statuto.
Ulteriore novita' e' stata recata dall'art. 11, comma 5-bis, del
d. l. n. 35 del 2013 che, "al fine di dare piena applicazione,
secondo i principi enunciati nella sentenza della Corte
costituzionale n. 118 del 2012, al nuovo regime regolatore dei
rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione Sardegna, disciplinato
dalle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 834, della legge 27
dicembre 2006, n. 296 , tenendo conto degli stanziamenti di
competenza e cassa allo scopo previsti nel bilancio di previsione per
l'anno finanziario 2013 e nel bilancio pluriennale per il triennio
2013-2015", ha dato mandato al Ministro dell'Economia e delle Finanze
(MEF) di concordare con la Regione Sardegna "le modifiche da
apportare al patto di stabilita' interno per la Regione Sardegna".
Nonostante la chiarissima previsione della disposizione ora
menzionata e nonostante il finanziamento delle nuove risorse ex art.
8 dello Statuto, cui si e' provveduto con la l. n. 182 del 2012, il
MEF non ha ancora stipulato con la Regione ricorrente l'accordo con
cui portare i limiti alla finanza regionale derivanti dal patto di
Stabilita' ad un livello coerente e compatibile con le risorse di cui
all'art. 8 dello Statuto.
2.5.- Tutto cio' considerato, davanti alla persistente inerzia
dell'Amministrazione ministeriale nel dare applicazione all'art. 8
dello Statuto, assumendo le determinazioni che il quadro normativo
non solo consente (con la l. n. 182 del 2011) ma addirittura impone
(con l'art. 11, comma 5-bis, del d. l. n. 35 del 2013), almeno il
legislatore, nel modificare ulteriormente il patto di stabilita' per
la Regione Sardegna, avrebbe dovuto intervenire direttamente nel
prevedere la rideterminazione del patto di stabilita' valevole per la
Regione Sardegna.
Non avendo cosi provveduto, il legislatore statale ha violato il
principio di ragionevolezza e il principio di eguaglianza di cui
all'art. 3 Cost., gli artt. 3, 4, 5, 7 e 8 dello Statuto, gli artt.
2, 3, 5, 81, 117 e 119 della Costituzione, anche in riferimento
all'art. 11 della l. n. 196 del 2009.
Come ricordato piu' volte, l'art. 8 dello Statuto della Regione
Sardegna e' stato novellato dall'art. 1, comma 834, della l. n. 296
del 2006. Risulta dal citato carteggio del 2005 tra la Ragioneria
generale dello Stato e la Regione che l'aumento delle entrate che ne
e' conseguito non intende certo soddisfare un capriccioso desiderio
della Regione di avere a disposizione risorse maggiori, ma e' stato
la logica conseguenza della necessita' di adeguare il quadro
finanziario a tre dati.
Anzitutto, al conferimento alla Regione Sardegna di una serie di
attribuzioni (in materia di trasporti, sanita', continuita'
territoriale, cfr. art. 1, commi 836 e 837, della l. n. 296 del 2006)
del cui costo lo Stato si e' sgravato, gravandone per converso la
Regione che - evidentemente - non avrebbe potuto esercitarle in
carenza di adeguate risorse economiche.
In secondo luogo, alla mutata realta' sociale ed
economico-finanziaria di riferimento. Nel corso degli anni, invero,
come e' naturale, l'onere economico derivante dall'esercizio delle
funzioni conferite alla Regione, a partire da quelle conferite in via
esclusiva dall'art. 3 dello Statuto, si e' fatto piu' consistente,
anche a causa dell'esigenza di garantire standard sempre piu' elevati
di qualita' dei servizi pubblici e del generale aumento dei costi.
Anche la gia' ricordata Nota del 3 agosto 2005 della Ragioneria
Generale dello Stato lo ha constatato, prendendo atto delle "mutevoli
necessita' di spesa derivanti dall'espletamento delle funzioni
normali della Regione" (si badi: normali, sicche' non e' qui
questione del rapporto tra funzioni "nuove" e loro copertura con
risorse altrettanto "nuove"!).
Da ultimo (ma non per ultimo) all'impellente necessita' di
rimediare alle gravi ed evidenti anomalie applicative, riconosciute
dalla stessa Ragioneria Generale dello Stato, determinate dal
precedente regime finanziario. Si fa ancora riferimento al carteggio
tra la ricorrente e la Ragioneria Generale dello Stato dell'estate
2005. Ivi il Ministero ha preso atto di un "anomalo trend dell'IRPEF
regionale rispetto a quello nazionale" nei trienni 1991-1993 e
1996-1998 e di una "progressiva svalutazione in termini reali del
cespite regionale" relativo alla compartecipazione IVA. E' facile
comprendere come le anomalie applicative del previgente regime
finanziario abbiano indebitamente compresso le entrate regionali e
come questa compressione, a sua volta, abbia determinato un'indebita
riduzione della capacita' di spesa, posto che (data la mancata
esecuzione integrale della riforma dell'art. 8 dello Statuto, anche
in termini di innalzamento della capacita' di spesa) la capacita' di
spesa ancora oggi riconosciuta alla Regione fa riferimento
(nientemeno!) all'anno 2005.
Quando la l. n. 296 del 2006, novellando lo Statuto, ha
modificato il quadro finanziario aumentando le entrate disponibili
per la Regione Sardegna, pertanto, non ha fatto altro che adeguare il
quadro delle entrate alle necessita' delle spese e correggere le
gravi distorsioni applicative che avevano caratterizzato il
precedente regime finanziario e che avevano di fatto contraddetto il
senso stesso del sistema di compartecipazione alle entrate
tributarie, secondo il quale le entrate (e con esse le spese, salvi i
risparmi di volta in volta imposti) regionali dovevano
fisiologicamente crescere al crescere del gettito tributario.
E' chiaro, dunque, che i fondi che devono pervenire alla Regione
ai sensi dell'art. 8 dello Statuto e che sono stati (finalmente)
inseriti nel bilancio dello Stato con la l. n. 182 del 2012 sono
tutti preordinati allo svolgimento, da parte della Regione
ricorrente, delle funzioni pubbliche e dei servizi (anche essenziali,
come quelli sanitari) assegnatile dalla Costituzione (artt. 117 e 119
Cost.), dallo Statuto (artt. 3, 4 e 5), dalle leggi dello Stato (per
tutte valga il riferimento ai commi 836 sgg. dell'art. 1 della l. n.
296 del 2006, che hanno operato gli ultimi - in ordine di tempo -
trasferimenti di funzioni a carico del bilancio regionale).
E' del tutto evidente, conseguentemente, che il mancato
adeguamento delle possibilita' di spesa della Regione non solo ne
limita l'autonomia finanziaria (tutelata dagli artt. 7 dello Statuto
e 119 Cost.), ma ha come immediata conseguenza la lesione dei diritti
dei cittadini residenti in Sardegna (garantiti dall'art. 2 Cost.) e
la violazione del principio del loro eguale trattamento quali
cittadini della Repubblica (art. 3 Cost.).
Cio' considerato, e' palese che ogni modificazione del sistema
del patto di stabilita' per le Regioni speciali, specie se
intervenuta successivamente allo stanziamento dei fondi relativi alle
nuove quote di compartecipazione alle entrate erariali, doveva
necessariamente essere accompagnata dalla previsione dell'adeguamento
del livello delle spese in termini di competenza eurocompatibile che
possono essere impegnate e liquidate dall'Amministrazione regionale,
dato che, nella (pur radicalmente contestabile, si ripete)
prospettiva assunta dallo Stato quanto alle modalita' di entrata a
regime dei nuovo sistema di compartecipazione, tale previsione
legislativa era - appunto - necessaria. Proprio per questo, con
censure analoghe a quelle qui proposte, la Regione ha gia' ritenuto
di dover impugnare i commi 456 sgg. dell'art. 1 della l. n. 228 del
2012, che, come gia' detto, ha riformato per intero la disciplina del
patto di stabilita' interno tra Stato e Regioni (cfr. R. Ric. n.
41/2013).
In mancanza di tale adeguamento, invero, la ragione stessa della
novellazione dell'art. 8 dello Statuto viene tradita, perche' essa
non era certo preordinata ad apprestare arbitrariamente alla Regione
una maggiore disponibilita' di somme di danaro, bensi' ad assicurare
una piu' compiuta capacita' di esercitare le funzioni di competenza e
di soddisfare i diritti dei cittadini sardi. Non serve a nulla,
dunque, alla Regione, avere la disponibilita' di maggiori somme, se
la disciplina del patto di stabilita' non consente alla Regione
medesima e al MEF di accordarsi sulla possibilita' che tali somme
siano spese.
2.5.1.- A questo proposito, va subito dissipato un possibile
equivoco. E' cosa nota che il meccanismo del patto di stabilita'
interno pone alle Regioni e agli enti locali un limite ulteriore
rispetto al semplice vincolo di bilancio, fissando un tetto massimo
sia al livello massimo delle spese che possono essere impegnate, sia
al livello massimo dei pagamenti che possono essere liquidati da
parte dell'Amministrazione interessata. Orbene, la ricorrente non
intende in alcun modo sottrarsi a questo meccanismo di governo
dell'economia pubblica, che opera direttamente attraverso una
limitazione della spesa.
Purtuttavia si deve segnalare che per le altre Regioni (anche a
statuto ordinario) l'ulteriore "strozzatura" della spesa pubblica
determinata dal patto di stabilita' si innesta su un quadro
fisiologico della finanza regionale, sia pel profilo dei rapporti
economico-finanziari tra Stato e Regione, sia pel profilo della
corrispondenza tra le risorse disponibili e le necessita' di spesa
dell'Ente connesse alle funzioni novellamente conferite.
Per la Regione Sardegna, invece, come si e' gia' detto, il patto
di stabilita' interno incide in una situazione di finanza regionale
che risulta essere patologica per esplicito riconoscimento dello
stesso Stato. In altri termini: non solo le entrate sono
insufficienti (o, meglio, lo saranno sino a che non saranno
interamente liquidati gli importi maggiori iscritti al bilancio dello
Stato dalla legge di assestamento 2012) a far fronte al fabbisogno di
spesa, ma la spesa e' ulteriormente ridotta a causa della base di
calcolo dei vincoli del patto di stabilita', con un effetto
esponenziale sconosciuto alle altre Regioni.
Mentre per le altre Regioni, invero, il patto di stabilita'
interno e' calcolato tenendo conto della reale misure delle risorse
spettanti, per la Regione Sardegna cio' non accade, perche' il patto
assume a base di calcolo le risorse anteriori alla novellazione del
2006, che pero' era indispensabile - si e' visto - per l'assolvimento
delle funzioni gia' assegnate alla Sardegna e, a piu' forte ragione,
di quelle ad essa trasferite in quella occasione (a partire da
quelle, onerosissime, per la Sanita'). Solo per le altre autonomie
speciali, dunque, il patto di stabilita' puo' rappresentare uno
strumento ragionevole e coerente di coordinamento della finanza
pubblica. Per la Regione Sardegna la sua applicazione in difetto
della piena esecuzione del nuovo art. 8 dello Statuto si rivela,
invece, irragionevole e violativa dell'autonomia finanziaria
regionale.
2.5.2.- Per tutte le anzidette ragioni, il legislatore natale e'
palesemente incorso nei vizi sopra indicati non avendo previsto, al
momento di riforniate la disciplina del patto di stabilita' anche in
seguito allo stanziamento in bilancio delle somme necessarie a
finanziare il nuovo regime economico della Regione, gli strumenti per
l'aumento del livello delle spese e dei pagamenti che possono essere
effettuati dalla Regione Sardegna.
E' di immediato apprezzamento, anzitutto, la violazione dell'art.
8 dello Statuto. Addirittura dopo aver stanziato le somme necessarie
a liquidare alla Regione le quote di compartecipazione fissate dalla
disposizione in esame, e proprio all'atto di modificare la disciplina
del patto di stabilita' per la Sardegna, lo Stato non si cura di
consentire alla Regione l'utilizzo di tali somme, cosi' rendendo di
fatto inutili detti stanziamenti e procrastinando ancora la completa
ed esatta esecuzione della novella statutaria, anche in violazione
del consolidato principio che i sacrifici finanziari imposti alle
Regioni in limitazione della loro autonomia possono essere
ragionevoli solo se (ragionevolmente, appunto) temporanei (cfr., tra
le recenti, sent. n. 193 del 2012), il che, nella specie, non e',
visto il pervicace rifiuto statale di eseguire quanto disposto dalle
previsioni statutarie.
Tanto determina anche la conseguente violazione dell'autonomia
finanziaria della Regione, tutelata (anche) dall'art. 7 dello Statuto
e dall'art. 119 Cost., autonomia che (come gia' detto supra) impone
la garanzia delle capacita' sia di entrata che di spesa che derivano
dal regime delle compartecipazioni erariali di cui all'art. 8 dello
Statuto.
Evidente, poi, e' il vizio di irragionevolezza della disposizione
censurata, perche' l'impossibilita' di effettivo impiego delle somme
stanziate collide con le finalita' della disposizione medesima,
chiamata a ripartire i sacrifici finanziari secondo le possibilita' e
le esigenze di ciascuno.
L'art. 3 Cost., inoltre, risulta violato anche pel profilo del
principio di eguaglianza, poiche', come si e' visto, la Regione
Sardegna risulta essere discriminata nei confronti di tutte le altre,
subendo la cristallizzazione di limiti derivanti dal patto di
stabilita' che non tengono conto della (patologica) peculiarita'
della sua situazione finanziaria.
Lampanti, infine, sono le violazioni degli altri parametri
costituzionali (art. 117) e statutari (artt. 3, 4 e 5) gia' indicati,
per il semplice motivo che le risorse in oggetto - lo si deve
ribadire - sono tutte preordinate allo svolgimento di funzioni
pubbliche riconosciute come essenziali per la comunita' regionale
dallo stesso Stato.
2.5.3.- Violato e', altresi', il principio di corrispondenza fra
le entrate e le spese del bilancio regionale, di cui all'art. 81,
comma 1 (nella formulazione vigente, comma 4 nella precedente) della
Costituzione.
E' cosa nota che le politiche di bilancio devono rispettare il
principio di parita' di entrata e di spesa. Tale principio - lo si e'
gia' accennato - e' stato ribadito da codesta Ecc.ma Corte
costituzionale proprio nello scrutinare un conflitto in tema di
rapporti economico-finanziari tra le parti del presente giudizio.
Ci si riferisce, in particolare, alla decisiva e piu' volte
citata sent. n. 118 del 2012. In quel caso, lo si ripete, la Regione
Sardegna aveva impugnato la Nota del Ministero dell'economia e delle
finanze, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, 7 giugno
2011, n. 50971, avente ad oggetto: "Patto di stabilita' interno per
l'anno 2011. Proposta di accordo per la Regione Sardegna". Con
quell'atto l'Amministrazione statale aveva rigettato la proposta di
patto di stabilita' per il 2011 ritualmente formulata dalla Regione
ai sensi della legge vigente (art. 1, comma 132, della l. n. 220 del
2010) con cui si chiedeva un innalzamento del livello delle spese e
dei pagamenti assentiti in ragione delle maggiori entrate previste
dal riformato art. 8 dello Statuto.
Codesta Ecc.ma Corte costituzionale ha affermato, con cristallina
chiarezza, che e' "di palmare evidenza che [...] il principio
inderogabile dell'equilibrio in sede preventiva del bilancio di
competenza comporta che non possono rimanere indipendenti e non
coordinati, nel suo ambito, i profili della spesa e quelli
dell'entrata". E' stato cosi' stabilito, in modo inequivocabile, che
non solo sul piano logico (il che e' addirittura autoevidente) ma
anche su quello giuridico esiste e deve essere rispettato un
principio di corrispondenza fra livello delle entrate e livello delle
spese.
Tale principio, e' cosa ovvia, deve essere rispettato anche nel
dominio del patto di stabilita' e, pertanto, non solo al livello
della negoziazione fra la Regione e il MEF, ma anche a quello della
disciplina legislativa statale, oggi nuovamente modificata proprio in
relazione alla sola Regione Sardegna. Anche in questo caso, infatti,
si deve anzitutto escludere che il principio di corrispondenza tra
entrate e spese possa essere di alcun ostacolo al funzionamento del
meccanismo del patto di stabilita' o al raggiungimento degli
obiettivi di contenimento della spesa pubblica che la Repubblica si
propone, anche nel rispetto del quadro economico tracciato in sede di
Unione Europea o di piu' ristretta Unione monetaria. In primo luogo,
infatti, il principio di parita' fra entrate e uscite non impedisce
che la Regione Sardegna possa e debba contribuire agli obiettivi di
finanza pubblica. In secondo luogo, proprio codesta Ecc.ma Corte
costituzionale ha inteso precisare, ancora nella sent. n. 118 dei
2012, che lo strumento del patto di stabilita', per non condurre ad
esiti illegittimi e irragionevoli, deve muoversi proprio nell'ambito
definito dal principio di parita' di entrate e uscite di bilancio e
dall'obbligo dell'Ente territoriale autonomo di contribuire alla
Finanza pubblica: "il contenuto dell'accordo" che Ministero e Regione
stipulano per fissare i reciproci obblighi di finanza pubblica "deve
essere compatibile con il rispetto degli obiettivi del patto di
stabilita', della cui salvaguardia anche le Regioni a statuto
speciale devono farsi carico e contemporaneamente deve essere
conforme e congruente con le norme statutarie della Regione, ed in
particolare con l'art. 8 dello statuto modificato - per effetto del
meccanismo normativo introdotto dall'art. 54 dello statuto stesso -
dall'art. 1, comma 834, della legge 27 dicembre 2006, n. 296
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2007). Quest'ultimo ha rideterminato
e quantificato le entrate tributarie e la loro misura di pertinenza
della Regione autonoma Sardegna".
Per le ragioni anzidette, proprio movendo dalla (peraltro errata)
prospettiva che e' necessaria un'intermediazione legislativa per
portare a compimento il nuovo regime finanziario previsto dallo
Statuto, lo Stato aveva il preciso e inequivocabile dovere (essendo
state vane altre iniziative legislative) di prevedere l'adeguamento
del livello delle spese e dei pagamenti della Regione nel momento in
cui modificava la disciplina del patto di stabilita', oltretutto dopo
che il bilancio statale era stato assestato per tenere conto (seppure
con un gravissimo ritardo e solo nella prospettiva delle entrate
regionali) della necessaria esecuzione dell'art. 8 dello Statuto. Non
avendo operato in tal senso, lo Stato ha certamente violato
l'indicato principio di parita' tra le entrate e le uscite regionali,
di cui all'art. 81, comma 1, della Costituzione.
2.5.4.- L'art. 81 Cost. e' violato anche per un ulteriore
profilo.
Si e' gia' detto della sent. n. 99 del 2012, in cui la Corte ha
respinto (perche' inammissibile) il ricorso dello Stato avverso la l.
reg. n. 6 del 2011, che impone alla Regione di contabilizzare le
nuove risorse ex art. 8 dello Statuto tra i capitoli in entrata del
proprio bilancio.
Cio' considerato, e' evidente che l'impossibilita' di utilizzare
le anzidette risorse per lo svolgimento delle funzioni pubbliche
confidate alla Regione determina il continuo accumularsi di avanzi di
bilancio (dovuti al blocco degli impegni di spesa) e, soprattutto, di
ingenti residui passivi (dovuti al blocco dei pagamenti regionali).
Tanto comporta che, a causa del mancato adeguamento del patto di
stabilita' regionale, il bilancio della Sardegna anno per anno si
allontana dal principio di veridicita' (sul fatto che l'accumulo di
residui "lascia desumere una stesura di bilanci non completamente
rispondente ai principi di veridicita' e chiarezza", cfr. Corte
conti, Sez. giurisd. Puglia, sent. 9 giugno 1997, n. 21; ma anche
Sez. riunite Sardegna, ord. 28 giugno 2007, n. 611; Sez. contr.
Calabria, 21 maggio 2008, n. 130, ove si afferma che "il mantenimento
nel bilancio di un elevato volume di residui attivi e passivi [...]
pone dei seri problemi in ordine ad una corretta rappresentazione dei
dati di bilancio ed al rispetto dei principi di chiarezza,
veridicita' ed attendibilita', con possibili riflessi negativi sugli
equilibri dei futuri bilanci dell'ente" etc.).
Nel paradossale caso di specie, dunque, l'illegittimita' della
legislazione statale (nonche' dell'azione amministrativa statale nel
corso della c.d. "vertenza entrate") genera vizi occulti del bilancio
della ricorrente, che vede lesa una volta di piu' la propria
autonomia finanziaria, tutelata dagli artt. 7 e 8 dello Statuto e 119
Cost.
2.5.5.- Come si e' accennato nel paragrafo precedente, la
violazione dell'art. 81 Cost., ridonda immediatamente nella
violazione delle attribuzioni costituzionali e statutarie della
ricorrente.
In particolare, e' nuovamente violato l'art. 8 dello Statuto,
perche', come si e' gia' detto, la disponibilita' in entrata delle
risorse finanziarie "rideterminate" e "quantificate" in detta
disposizione (per usare gli stessi, puntuali, termini impiegati da
codesta Ecc.ma Corte costituzionale) a nulla vale se le maggiori
somme non possono poi essere concretamente impiegate attraverso gli
impegni di spesa e la liquidazione dei pagamenti necessari allo
svolgimento delle funzioni assegnate alla Regione.
Di conseguenza, la legge gravata lede, per un ulteriore profilo,
anche l'autonomia finanziaria della Regione e, pertanto, viola l'art.
7 dello Statuto e l'art. 119 Cost.
Similmente, sono novellamente violati anche gli artt. 3, 4 e 5
dello Statuto e 117 Cost., perche' l'impossibilita' di effettivo
impiego delle somme stanziate dallo Stato impedisce alla Regione di
finanziare le funzioni pubbliche assegnate dallo Statuto, dalla
Costituzione, dalle leggi dello Stato.
Tanto, con la conseguenza della violazione degli artt, 2 e 3
Cost., perche' i diritti costituzionali dei cittadini residenti in
Sardegna possono essere concretamente goduti, in condizioni di
parita' con tutti gli altri cittadini italiani, solo se la Regione
puo' svolgere le funzioni pubbliche assegnatele dalla Costituzione,
dallo Statuto e dalla legge (si pensi, in primo luogo, al
finanziamento del sistema sanitario regionale, che, ai sensi
dell'art. 1, comma 836, della l. n. 296 del 2006, e' - si ripete -
completamente a carico della Regione).
L'art. 3 Cost., a sua volta, e' ulteriormente violato perche' i
sacrifici imposti alla Regione Sardegna (e che questa, si ripete,
accetta - in principio - pienamente) avrebbero dovuto essere
parametrati alle disponibilita' finanziarie aggiornate a seguito
dell'esecuzione dell'art. 8 dello Statuto e non avrebbero potuto
rimanere "congelati" ad un livello che quell'esecuzione non
contemplava.
2.6.- Si e' detto sopra (sub par. 2.3.) che il mancato
adeguamento del patto di stabilita' regionale appare illegittimo,
irragionevole e arbitrario perche' determina per la Sardegna
l'impossibilita' di esercitare le attribuzioni confidate dalla
Costituzione, dallo Statuto, dalla legge.
2.6.1.- Che sia cosi' e' comprovato dalle limpide statuizioni
rese dalla Corte dei conti, Sez. riun. Sardegna, in sede di
parificazione del bilancio 2012 (Decisione 12 luglio 2013, n.
1/2013/SS.RR./PARI e relativi allegati) e dai dati sull'economia
regionale su cui tale pronuncia si fonda. Nella Decisione le Sezioni
riunite regionali "ribadiscono quanto gia' affermato con riferimento
al rendiconto dell'esercizio 2011, ossia l'opportunita' che le regole
del patto siano allineate alla maggiorazione delle entrate, ormai a
regime dal 1° gennaio 2010, affinche' si tenga conto dei canoni di
equilibrio di bilancio, nell'osservanza dei principi affermati dalla
Corte costituzionale (sentenza n. 118 del 7 maggio 2012)" e
"Auspicano che cio' avvenga senza ulteriori ritardi".
La condizione delle finanze regionali, si legge sempre nella
Decisione menzionata, ha comportato che "la Regione anche nel 2012
non ha contratto mutui" (strumenti che sono essenziali per finanziare
la spesa per investimenti da parte della Regione).
Nella Nota Introduttiva del presidente della Sez. reg. Controllo,
allegata alla menzionata Decisione, si legge che "La spesa [...], a
causa del mancato adeguamento del patto di stabilita' al diverso
regime delle entrate, ha continuato ad essere soggetta ai rigorosi
limiti precedentemente stabiliti", comportando i "negativi effetti
registrati sulla gestione nel 2012" che "potrebbero evidenziarsi
anche per il corrente esercizio, a meno che non si pervenga
celermente alla stipula di un piu' favorevole patto di stabilita' per
la Sardegna", anche perche' "la Regione si e' fatta carico delle
spese sanitarie, delle spese per il trasporto pubblico locale e di
quelle relative alle misure di continuita' territoriale, secondo il
disposto della richiamata legge finanziaria per il 2007, che ha
modificato l'articolo 8 dello Statuto regionale".
Le parole ora menzionate sono chiarissime: a seguito di una
riforma che doveva portare maggiori risorse nelle casse regionali (e,
conseguentemente, consentirne l'utilizzo), la Regione si trova
gravata di maggiori oneri, ma senza avere a disposizione nuova
capacita' di spesa. Con le parole della Requisitoria del procuratore
regionale allegata alla citata Decisione di parificazione del
bilancio regionale 2012, si puo' ben dire che "il novellato art. 8,
pur di immediata applicazione in virtu' dell'automatismo operante
sulla base dell'art. 54, ultimo comma dello Statuto, avrebbe dovuto
dispiegare i suoi effetti a partire dal 2010, ma ha avuto piena
attuazione esclusivamente per quanto attiene all'imputazione delle
nuove spese a carico del bilancio regionale".
Tale circostanza determina, di fatto, la soppressione
dell'autonomia regionale. Come ha affermato il Procuratore regionale
della Corte dei conti, "la specialita' autonomistica si impernia
necessariamente sull'autonomia finanziaria che, a sua volta, si
esplicita in una manovra strutturata di bilancio, solo se in grado di
contare su risorse riconosciute e certe nella loro quantificazione,
da poter impiegare attraverso il superamento degli attuali vincoli
imposti dal patto di stabilita'".
Ma non finisce qui. E' importante osservare l'effetto che il
mancato adeguamento del patto di stabilita' ha determinato sui
residui passivi, ossia sulle conseguenze contabili dei debiti che la
Regione Sardegna non riesce ad onorare per non superare la soglia dei
limiti ai pagamenti.
Nella Relazione allegata alla Decisione sulla parificazione del
bilancio 2012 si osserva che, "se si ha riguardo alle dinamiche di
formazione dei residui passivi, si osserva che l'indice di
smaltimento dei residui passivi, ovvero il rapporto tra gli
«strumenti» di eliminazione dei residui passivi, rappresentati dai
pagamenti e dalle perenzioni e/o economie di spesa e i residui
passivi a inizio esercizio, evidenzia una diminuzione della
percentuale di residui eliminata per intervenute perenzioni ed
economie, non accompagnata, pero', da un corrispondente aumento
percentuale dei pagamenti sui residui, dovuto prevalentemente ai
vincoli imposti dal patto di stabilita'".
Cifre alla mano, la Relazione espone che:
- "Dal rendiconto generale della Regione si rileva che i residui
passivi al l° gennaio 2012 ammontavano complessivamente a
6.182.595.211,72 euro";
- "Nel corso del 2012 tale cifra iniziale si e' ridotta di
520.861.385,02 euro per effetto di economie e perenzioni, mentre i
pagamenti in conto residui ammontano a 1.792.452.448,04 euro. Di
conseguenza, a fine 2012, si registra una diminuzione dei residui
provenienti dagli esercizi precedenti del 37,42%, pari, in termini
assoluti, a 2.313.313.833,06 euro tanto significa che la Regione ha
condotto un considerevole sforzo di ammortamento dei residui
precedenti all'anno 2012";
- di conseguenza, "al 31 dicembre 2012 si registrano residui
passivi, provenienti dalle gestioni passate, pari a 3.869.281.378,66
euro", cifra ben minore dei 6.182.595.211,72 di inizio anno;
- "A tale cifra", pero', "si aggiungono i residui provenienti
dalla gestione di competenza [2012], che risultano complessivamente
pari a 2.158.634.282,44 euro", cifra particolarmente alta, che pone
nel nulla tutti gli sforzi fatti dalla Regione per abbattere il
pregresso;
- Cio' e' tanto vero che "il totale dei residui al 31 dicembre
2012 ammonta quindi a 6.027.915.661,10, con una diminuzione del 2,50%
rispetto allo stesso periodo dell'esercizio precedente".
In definitiva, € 1.800.000 di pagamenti in conto residui
precedenti al 2012 e 520.861.385,02 di economie e perenzioni hanno
potuto migliorare la gestione dei residui per solo il 2.5% dello
stock del debito regionale, perche' sono stati pressocche'
interamente compensati dagli effetti del mancato adeguamento del
patto di stabilita' regionale.
Non basta ancora.
Sempre dalla menzionata Relazione si evince che l'ammontare dei
residui passivi e' aumentato in maniera vertiginosa proprio a partire
dal 2010, anno in cui la riforma della finanza regionale e' entrata a
vigore solo per le parti che comportavano maggiori oneri a carico
della Regione. In particolare:
- nell'anno 2010 sono maturati residui passivi per € 534.732,82;
- nell'anno successivo i debiti inevasi sono stati pari a
€ 1.087.216,46 (piu' del doppio rispetto al 2010);
- infine, per il bilancio 2012 l'ammontare dei residui passivi e'
pari a € 2.158.634,27 (circa il doppio rispetto al 2011, il quadruplo
rispetto al 2010; si ribadisce che i dati riportati sono certamente
affidabili, perche' certificati dalla citata Relazione per il
giudizio di parifica).
Ecco come spiega l'andamento dei residui passivi la menzionata
Relazione: "Se si ha riguardo alle dinamiche di formazione dei
residui passivi, si osserva che l'indice di smaltimento dei residui
passivi, ovvero il rapporto tra gli «strumenti» di eliminazione dei
residui passivi, rappresentati dai pagamenti e dalle perenzioni e/o
economie di spesa e i residui passivi a inizio esercizio, evidenzia
una diminuzione della percentuale di residui eliminata per
intervenute perenzioni ed economie, non accompagnata, pero', da un
corrispondente aumento percentuale dei pagamenti sui residui, dovuto
prevalentemente ai vincoli imposti dal patto di stabilita'". Come si
vede, il mancato adeguamento del patto di stabilita' comporta
l'insostenibilita', per la Regione Sardegna, della gestione della
finanza regionale e l'impossibilita' di esercitare le funzioni
pubbliche assegnate dallo Statuto e dalla Costituzione.
2.6.2.- Tale condizione e' insostenibile. L'enorme ammontare di
residui passivi dimostra che la Regione non e' in grado di assolvere
alle funzioni che le spettano. Si registra, pertanto,
l'impossibilita' di svolgere le funzioni pubbliche confidate alla
ricorrente.
Tale condizione e' stata qui descritta nella prospettiva del
patto di stabilita', specificamente rilevante per il presente motivo
di ricorso, nonche' per il successivo motivo n. 5, con cui si
denuncia l'illegittimita' costituzionale del comma 499 dell'art. 1
della l. n. 47 del 2013, per motivi analoghi a quelli sinora
prospettati.
Si deve, pero', considerare che l'insostenibilita' dell'attuale
patto di stabilita' rileva anche nell'impugnazione degli altri commi
dell'art. 1 della l. n. 147 del 2013 oggetto del presente giudizio,
che, come si vedra', impongono alla Sardegna ulteriori misure
restrittive direttamente incidenti sulla finanza regionale,
attraverso l'imposizione di contributi straordinari di finanza
pubblica e dei relativi accantonamenti in capo alla ricorrente (commi
429, 511, 526 e 527), nonche' attraverso la riserva all'erario (commi
508 e - per un diverso profilo - 527) o la rimodulazione di imposte
compartecipate dalla Regione (comma 142).
Questo perche', come e' stato rilevato nella sent. n. 118 del
2012 da codesta Ecc.ma Corte costituzionale, questi strumenti di
governo della finanza pubblica sono di per se' idonei a restringere
lo "spazio finanziario" all'interno del quale Stato e Regione debbono
definire il contenuto del patto di stabilita'.
In altri termini: l'imposizione di un contributo di finanza
pubblica o l'istituzione di una riserva erariale o, ancora, la
rimodulazione di un'imposta compartecipata che non sia "a saldo zero"
per la Regione ha immediati effetti riduttivi della capacita' di
spesa della ricorrente. Tali misure restrittive, dunque, aggravano
quella condizione economico-finanziaria della Regione che e' gia'
insostenibile.
Nei successivi motivi di ricorso, a sostegno delle censure
proposte, per brevita' d'esposizione e in ossequio al principio di
sinteticita' degli atti processuali ci si limitera', dunque, a
richiamare quanto affermato nei precedenti paragrafi, a dimostrazione
della "non sopportabilita'" delle misure restrittive disposte dallo
Stato.
3.- Illegittimita' costituzionale del comma 142 dell'art. 1 della
l. 24 dicembre 2013, n. 147. Il comma 142 dell'art. 1 della l. n. 147
del 2013 dispone che "il saldo attivo della rivalutazione [dei beni
d'impresa e delle partecipazioni societarie delle imprese
commerciali] puo' essere affrancato, in tutto o in parte, con
l'applicazione in capo alla societa' di un'imposta sostitutiva delle
imposte sui redditi, dell'imposta regionale sulle attivita'
produttive e di eventuali addizionali nella misura del 10 per cento
da versare con le modalita' indicate al comma 145". Con il comma in
esame il legislatore statale ha modificato le forme d'imposizione
fiscale sulla rivalutazione, nei bilanci delle imprese commerciali,
dei beni d'impresa e delle altre partecipazioni societarie,
prevedendo, come s'e' visto, un'imposta sostitutiva delle imposte sui
redditi, dell'IRAP, delle addizionali (anche regionali e comunali),
pari al 10% del saldo della rivalutazione.
La modificazione dell'imposizione e' lesiva dell'autonomia
finanziaria regionale, poiche' il risultato dell'operazione fiscale
sopra descritta non rispetta il criterio dell'equilibrio finanziario,
che deve ispirare le modificazioni del sistema fiscale che producono
effetti sulle entrate regionali.
E' facile constatare che, ai sensi del comma 142 dell'art. 1
della legge impugnata, viene sostituita una forma di imposizione
fiscale cosi' costituita:
- imposta sui redditi, che spetta alla Regione per i sette
decimi; - IRAP, che spetta alla Regione per intero;
- addizionale regionale, che spetta alla Regione per intero.
Al posto di questa combinazione di prelievo fiscale, viene
instituita un'imposta sostitutiva che e' partecipata dalla Regione
per i sette decimi, ai sensi dell'art. 8, comma 1, lett. m), dello
Statuto, sardo, con evidente deminutio per le casse della ricorrente
e conseguente violazione dell'autonomia finanziaria della stessa,
tutelata dagli artt. 7 e 8 dello Statuto.
3.1.- La ricorrente non ignora l'orientamento della
giurisprudenza costituzionale secondo cui, "a seguito di interventi
del legislatore statale, possono aversi, senza violazione
costituzionale, anche riduzioni di risorse per la Regione, purche'
non tali da rendere impossibile lo svolgimento delle sue funzioni"
(cosi', per tutte, la sent. n. 138 del 1999).
Peculiare, pero', e' il caso della Regione Sardegna. Come si e'
visto sub par. 2, il legislatore statale ha, di fatto e di diritto,
riconosciuto l'insufficienza delle risorse regionali attraverso la
riforma dell'art. 8 dello Statuto.
Si e' gia' accennato che tale riforma era stata invocata proprio
dal Ragioniere Generale dello Stato, come dimostra il carteggio
intervenuto tra la Ragioneria e la Regione ricorrente tra l'agosto e
il settembre del 2005, relativamente alla misura delle entrate di
maggiore rilevanza per le finanze regionali: la compartecipazione
all'imposta sul reddito e la compartecipazione all'I.V.A.
Con nota del 3 agosto 2005, prot. n. 0102482, il Ragioniere
Generale rappresentava di aver presentato una proposta di
quantificazione delle quote di compartecipazione I.V.A. "nell'attesa
che si proceda alla revisione dell'ordinamento finanziario che
consenta di trasformare la compartecipazione IVA da quota variabile a
quota fissa", e che tale proposta era stata predisposta "abbandonando
[...] il criterio incrementale del tasso di inflazione che,
comportando nel tempo la progressiva svalutazione in termini reali
del cespite regionale, ha di fatto svilito lo strumento di garanzia
previsto dallo Statuto, che mirava a consentire il tempestivo
adeguamento delle entrate regionali alle mutevoli necessita' di spesa
derivanti dall'espletamento delle funzioni normali della Regione".
Con nota del 2 settembre 2005, prot. n. 0112371, ancora il Ragioniere
Generale rappresentava che "il gettito IRPEF regionale [...] registra
una crescita, nell'arco temporale considerato [1991-2003], pari
all'1,9%, avallando, pertanto, la tesi della Regione circa l'anomalo
trend dell'IRPEF regionale rispetto a quello nazionale".
Ad oggi, pero', dopo piu' di tre anni dalla data prevista di
entrata a regime del nuovo sistema delle entrate regionali, la
Sardegna ancora attende che lo Stato dia compiuta e integrale
esecuzione alla riforma del 2006. Questa situazione, dunque, dimostra
per tabulas l'insufficienza delle risorse disponibili per la Regione
e, di conseguenza, dimostra l'immediata lesivita' di ogni manovra
fiscale del legislatore statale che possa deprimere le disponibilita'
finanziarie regionali.
3.2.- Si aggiunga, inoltre, che:
- codesta Ecc.ma Corte, nella sent. n. 95 del 2013, ha
riconosciuto che l'inerzia dello Stato nel dare esecuzione alle
previsioni di cui all'art. 8 dello Statuto speciale sta generando una
vera "emergenza finanziaria";
- nella stessa sent. n. 95 del 2013 si' e' ricordato che "negli
anni seguenti alla novella legislativa del 2006, le nuove previsioni
hanno ricevuto puntuale attuazione sul versante delle spese, con la
conseguenza che, a decorrere dalla scadenza del periodo transitorio
(2009), gli oneri relativi alla sanita', al trasporto pubblico locale
e alla continuita' territoriale sono venuti a gravare sul bilancio
della Regione Sardegna", mentre "sul fronte delle entrate [...] lo
Stato non ha trasferito alla Regione le risorse corrispondenti alle
maggiori compartecipazioni al gettito dei tributi erariali, cosi'
come previsto dall'art. 8 dello statuto".
- la Corte dei conti, Sez. controllo per la Regione Sardegna, nei
giudizio di parificazione del bilancio regionale per l'esercizio
2011, ha affermato che "la gestione del bilancio regionale e' stata
pesantemente condizionata dal quadro di rigidita' costituito dalla
mancata soluzione della vertenza «entrate» e dall'immobilismo dei
vincoli imposti da: patto di stabilita', che hanno cristallizzato
l'intero quadro di riferimento finanziario alle disponibilita' del
2005" (anno in cui si sono svolte le interlocuzioni sopra menzionate
tra Ragioneria Generale dello Stato e Regione sull'insufficienza
delle risorse regionali);
- a questo proposito ancora in sede di parificazione del
bilancio, ma per il 2011 (e stavolta nella Requisitoria del
Procuratore regionale) la Corte dei conti ha inteso "rinnovare
l'auspicio, gia' espresso in occasione del referto sul rendiconto
2010, che le problematiche connesse al regime di compartecipazione al
gettito dei tributi erariali siano risolte al piu' presto, ora anche
avuto riguardo al contenuto delle sentenze della Corte costituzionale
intervenute nei mesi scorsi", in quanto, "fra le fonti di
finanziamento della spesa, il maggiore gettito deriva dalla
compartecipazione ai tributi erariali, e cio' in particolare in
seguito al venir meno dei trasferimenti statali afferenti alla
sanita' (art. 1, comma 836, legge 296/2006), dal 2007 ,finanziata
totalmente dalla Regione, senza alcun apporto statale".
In conclusione, l'illegittimo depauperamento delle entrate
regionali e' evidente e dovra' - si confida - essere sanzionato da
codesta Ecc.ma Corte costituzionale, proprio perche', nel peculiare
caso della Sardegna, la riduzione delle risorse regionali risulta
illegittima in ragione da inequivoci (e dallo Stato riconosciuti)
dati di fatto e di diritto.
4.- Illegittimita' costituzionale del comma 429 dell'art. 1 della
l. 24 dicembre 2013, n. 147. Il comma 429 dell'art. 1 della legge
impugnata dispone quanto segue: "a seguito delle misure di cui al
comma 427, per gli anni 2015, 2016 e 2017 le regioni e le province
autonome, a valere sui risparmi connessi alle predette misure,
assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a complessivi 344
milioni di euro, mediante gli importi di cui ai commi 449-bis e 454
dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, come modificato
dai commi 497 e 499 del presente articolo. Parimenti, per gli anni
2016 e 2017 gli enti locali, mediante le percentuali recate ai commi
2 e 6 dell'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183, come
modificate dai commi 532 e 534 del presente articolo, assicurano un
contributo di 275 milioni di euro annui per i comuni e di 69 milioni
di euro annui per le province".
Il comma in esame pone un nuovo contributo di finanza pubblica in
capo alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano.
Questo nuovo e ulteriore contributo di finanza pubblica e'
illegittimo e lesivo dell'autonomia finanziaria della ricorrente,
come tutelata dagli artt. 7 e 8 dello Statuto, nonche' violativo del
principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost.
Il contributo di finanza pubblica imposto col comma in esame,
infatti, impone misure restrittive in capo alle Regioni (e in
particolare alla Sardegna), indubbiamente eccessive tenuto conto
della concreta situazione finanziaria degli enti e della loro
capacita' fiscale.
4.1.- Tale assunto poggia su due ordini di considerazioni.
Il primo e' di ordine generale, in quanto concerne la posizione
di tutte le Regioni ad autonomia speciale. Esse, infatti, sono state
nel tempo sottoposte ad una serie sempre crescente di contributi di
finanza pubblica. Senza pretesa di esaustivita', si deve segnalare
che:
- l'art. 20, comma 5, del d. l. n. 98 del 2011, che ha imposto un
contributo di finanza pubblica per "le regioni a statuto speciale e
le province autonome di Trento e Bolzano per 1.000 milioni di euro
per l'anno 2013 e per 2.000 milioni di euro a decorrere dall'anno
2014".
- l'art. 1, comma 8, del d. l. n. 138 del 2011 ha aumentato il
contributo a "2.000 milioni di euro [gia'] a decorrere dall'anno
2012";
- l'art. 28, comma 3, del d. l. n. 201 del 2012 ha imposto
contributi a carico del comparto delle autonomie speciali pari a 860
milioni di Euro l'anno;
- l'art. 35, comma 4, del d. l. n. 1 del 2012 ha aumentato il
contributo di cui all'art. 28, comma 3, di ulteriori 235 milioni di
Euro;
- l'art. 15, comma 22, del d. l. n. 95 del 2012 ha imposto un
ulteriore contributo pari a "900 milioni di euro per l'anno 2012, di
1.800 milioni di euro per l'anno 2013 e di 2.000 milioni di euro per
l'anno 2014 e 2.100 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015",
posto in capo a tutte le Regioni e le Province autonome di Trento e
Bolzano;
l'art. 16, comma 3, del d. l. n. 95 del 2012 ha imposto,
nuovamente alle sole "Regioni a statuto speciale e Province autonome
di Trento e Bolzano assicurano un concorso alla finanza pubblica per
l'importo complessivo di 600 milioni di euro per l'anno 2012, 1.200
milioni di euro per l'anno 2013 e 1.500 milioni di euro per l'anno
2014 e 1.575 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015".
A queste previsioni, poi, debbono aggiungersi le innumerevoli
misure restrittive alla spesa di tutte le Regioni, disseminate nei
decreti legge recanti le manovre correttive di finanza pubblica (d.
l. n. 112 del 2008; d. l. n. 78 del 2009; d. l. n. 78 del 2010; d. l.
n. 98 del 2011; d. l. n. 138 del 2011; d. l. n. 95 del 2012; d. l. n.
1 del 2012, etc.).
Il secondo ordine di considerazioni concerne la specifica
situazione della Regione Sardegna. Per non tediare l'Ecc.ma Corte, e'
sufficiente rinviare a quanto gia' detto nei precedenti motivi di
ricorso (sub 2. e sub 3), al fine di dimostrare che la Regione soffre
un pregiudizio finanziario insostenibile a causa dell'inadeguatezza
del previgente regime delle entrate erariali e a causa dell'inerzia
dello Stato nel dare completa esecuzione alle previsioni del nuovo
regime delle entrate, di cui al novellato art. 8 dello Statuto.
4.2.- Se alle misure restrittive gia' disposte in precedenza si
aggiungono, oggi, i 344 milioni di euro di contributo di finanza
pubblica posto dal comma qui in esame, appare evidente il denunciato
vulnus all'autonomia finanziaria regionale.
La ricorrente non ignora che, secondo la giurisprudenza di
codesta Ecc.ma Corte costituzionale, l'imposizione alle Regioni di
contenimenti "transitori" delle spese non contrasta, di per se', con
la Costituzione e con le attribuzioni statutarie delle autonomie
speciali. D'altra parte, tuttavia, la giurisprudenza costituzionale
insegna pure che il detto vulnus all'autonomia finanziaria delle
Regioni deve essere apprezzato attraverso la valutazione della
complessiva disponibilita' di risorse per l'assicurazione dei fini
istituzionali confidati alle Regioni, sicche' l'illegittimita' di
singole disposizioni, come quella impugnata, appare evidente se
misurata nei piu' ampio contesto degli interventi legislativi che
pregiudicano, tutte insieme, l'autonomia finanziaria regionale, gia'
sofferente (cfr. sentt. nn. 284 del 2009, 326 del 2010, 232 del 2011,
148 del 2012).
4.3. Quanto osservato per i vincoli alla finanza regionale vale -
ovviamente - anche per i limiti all'autonomia finanziaria degli enti
territoriali, anch'essi colpiti dall'ultimo periodo del comma in
esame. A tal proposito basti qui osservare che:
- il comparto degli enti territoriali (comuni e province) e'
stato soggetto a prelievi analoghi a quelli che hanno colpito le
Regioni (cfr., per tutti, gli artt. 20 del d. l. n. 98 del 2011 e 28
del d. l. n. 201 del 2011);
- per le ragioni gia' indicate circa la storia recente
dell'autonomia finanziaria regionale sarda, particolarmente vessati
dalle manovre di finanza pubblica sono gli enti locali sardi;
- la lesione all'autonomia finanziaria degli enti territoriali
ridonda nella lesione di quella regionale, dato che la Regione e'
chiamata ad integrare le dotazioni finanziarie degli enti locali o a
svolgere le funzioni pubbliche da questi non piu' gestibili.
Si deve, poi, considerare che la "materia della finanza locale,
per la Regione sarda, e' devoluta alla competenza legislativa
esclusiva della Regione in forza dell'art. 3, lettera b), del
relativo statuto speciale" (Corte cost., sent. n. 275 del 2007). Di
conseguenza, l'illegittima e arbitraria imposizione di misure
restrittive in danno degli enti locali sardi si risolve nell'indebita
violazione della competenza legislativa esclusiva della ricorrente
nelle materie "finanza locale" e "ordinamento degli enti locali",
attribuita alla Regione dell'art. 3, comma 1, lett. b), dello
Statuto. Anche l'ultimo periodo del comma in esame, dunque, deve
essere annullato da codesta Ecc.ma Corte costituzionale.
4.4.- Codesta Ecc.ma Corte costituzionale, come si e' accennato,
ha sovente affermato che lo Stato non puo' imporre alle Regioni
misure restrittive con durata illimitata nel tempo, pena
l'illegittima lesione dell'autonomia finanziaria delle Regioni
medesime.
Nella sent. n. 82 del 2007 e' stato afferrato che le "limitazioni
indirette all'autonomia di spesa degli enti" possono darsi solamente
"in via transitoria e in vista degli specifici obiettivi di
riequilibrio della finanza pubblica perseguiti dal legislatore
statale", mentre sono illegittime le misure restrittive poste a tempo
indeterminato. Nella sent. n. 193 del 2012, poi, codesta Ecc.ma Corte
costituzionale ha ricordato che "possono essere ritenute principi
fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica, ai
sensi del terzo comma dell'art. 117 Cost., le norme che «si limitino
a porre obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica, intesi nel
senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non
generale, della spesa corrente e non prevedano in modo esaustivo
strumenti o modalita' per il perseguimento dei suddetti obiettivi»
(sentenza n. 148 del 2012; conformi, ex plurimis, sentenze n. 232 del
2011 e n. 326 del 2010)".
A questo proposito, se e' vero che il contributo di finanza
pubblica richiesto dal comma in esame e' limitato ad un triennio (ma,
si badi, anche il 2014 e' inciso dalla legge impugnata, come dimostra
il comma 526, del quale si dice appresso, sub par. 7), deve anche
considerarsi che, come esposto supra, sub par. 4.2., le Regioni sono
sottoposte da diversi anni (almeno dal 2010) a contributi di finanza
pubblica sempre crescenti (alcuni dei quali, per inciso, non hanno
limiti di tempo, ma sono imposti con una durata indefinita).
Di fatto, dunque, anche l'imposizione in esame puo' essere
considerata come parte di un contributo di finanza pubblica che e'
circoscritto nel tempo solo apparentemente, ma in realta' elude il
divieto di temporaneita' delle misure restrittive di finanza
pubblica. Di conseguenza, il comma in esame e' anch'esso illegittimo,
per violazione degli artt. 7 e 8 dello Statuto e 119 Cost., che
tutelano l'autonomia finanziaria della ricorrente.
4.5.- Infine, anche il comma qui in esame risulta violativo
dell'art. 81 Cost.
Attraverso l'imposizione di continui, ripetuti e di fatto
indefiniti contributi di finanza pubblica in capo alle Regioni, lo
Stato viene ad eludere il principio di equilibrio tra le entrate e le
spese dei bilanci pubblici (art. 81, comma 1, Cost.). Lo Stato,
infatti, ottiene l'equilibrio finanziario a copertura delle sue spese
solo attraverso un sostanzioso finanziamento ottenuto forzosamente
dalle Regioni.
Inoltre, l'imposizione di continui contributi finanziari in capo
alle Regioni determina anche l'elusione del principio di effettiva
copertura delle spese (art. 81, comma 3, Cost.) disposte dal
legislatore, copertura che viene disposta solo formalmente, mentre
sono le Regioni che finanziano gli interventi statali disposti dalla
legge impugnata.
5.- Illegittimita' costituzionale del comma 499 dell'art. 1 della
l. 24 dicembre 2013, n. 147. Il comma in esame ha novellato l'art. 1,
comma 454, della l. n. 228 del 2012 (legge di stabilita' per il
2013). Il tenore testuale della disposizione impugnata e' il
seguente: "Al comma 454 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012,
n. 228, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo periodo, la parola: «2016» e' sostituita dalla
seguente: «2017» e le parole: «di competenza finanziaria e» sono
soppresse;
b) al primo periodo, la lettera d) e' sostituita dalla seguente:
«d) degli importi indicati nella seguente tabella:
=================================================================
| Regione o Provincia | | (in milioni di |
| autonoma | Importo | euro) |
+===========================+===============+===================+
| | Anno 2014 | Anni 2015-2017 |
+---------------------------+---------------+-------------------+
| Trentino-Alto Adige | 2 | 3 |
+---------------------------+---------------+-------------------+
|Provincia autonoma Bolzano | 26 | 35 |
+---------------------------+---------------+-------------------+
| Provincia autonoma Trento | 25 | 34 |
+---------------------------+---------------+-------------------+
| Friuli- Venezia Giulia | 56 | 75 |
+---------------------------+---------------+-------------------+
| Valle d'Aosta | 7 | 9 |
+---------------------------+---------------+-------------------+
| Sicilia | 133 | 178 |
+---------------------------+---------------+-------------------+
| Sardegna | 51 | 69 |
+---------------------------+---------------+-------------------+
| Totale RSS | 300 | 403 |
+---------------------------+---------------+-------------------+
c) al primo periodo, dopo la lettera d) e' inserita la seguente:
«d-bis) degli ulteriori contributi disposti a carico delle autonomie
speciali»;
d) al secondo periodo, le parole da: «Il complesso delle spese
finali» fino a: «ai sensi del presente comma» sono soppresse".
Per comprendere i profili d'illegittimita' del comma in esame e'
necessario riportare la precedente versione del comma 454 dell'art. 1
della l. n. 228 del 2012, prima della novellazione apportata dalla
legge qui impugnata. Esso prevedeva che le Regioni a statuto speciale
concordano "l'obiettivo in termini di competenza finanziaria e di
competenza eurocompatibile [ossia il contenuto dell'accordo sul patto
di stabilita' interno], determinato riducendo il complesso delle
spese finali in termini di competenza eurocompatibile risultante dal
consuntivo 2011: a) degli importi indicati per il 2013 nella tabella
di cui all'articolo 32, comma 10, della legge 12 novembre 2011, n.
183; b) del contributo previsto dall'articolo 28, comma 3, del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 [...] come rideterminato
dall'articolo 35, comma 4, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1
[...] e dall'articolo 4, comma 11, del decreto-legge 2 marzo 2012, n.
16 [...] c) degli importi indicati nel decreto del Ministero
dell'economia e delle finanze, relativi al 2013, 2014, 2015 e 2016,
emanato in attuazione dell'articolo 16, comma 3, del decreto-legge 6
luglio 2012, n. 95 [...] d) degli ulteriori contributi disposti a
carico delle autonomie speciali".
Gli effetti della novellazione recata dalla l. n. 147 del 2013
sono presto detti: i margini disponibili per le Autonomie speciali e
per il MEF per determinare il contenuto dell'accordo sul patto di
stabilita' interno si riducono ulteriormente, stante l'imposizione di
nuovi, maggiori oneri di finanza pubblica a carico delle Regioni e
delle Province Autonome (per la Sardegna: ulteriori 51 milioni di
Euro per il 2014, che diventano 69 per il triennio successivo).
5.1.- Cio' considerato, il comma in esame risulta illegittimo per
due ordini di profili, separati ma connessi.
In primo luogo, debbono essere qui rinnovate le censure mosse al
comma 122 dell'art. 1 della legge impugnata (cfr. par. 2.5., che qui,
per ragioni di economia processuale, interamente si richiama): la
modificazione (peraltro peggiorativa per gli interessi della
ricorrente) della regolamentazione del patto di stabilita' interno
doveva accompagnarsi allo (anzi, doveva essere preceduta dallo)
adeguamento del patto di stabilita' per la Regione Sardegna alla
riforma delle entrate regionali intervenuta con la modifica dell'art.
8 dello Statuto.
Non avendo cosi' operato, lo Stato ha violato gli artt. 7 e 8
dello Statuto sardo, che tutelano l'autonomia finanziaria regionale
attraverso il riconoscimento della disponibilita' delle quote di
compartecipazione alle entrate erariali, nonche' l'art. 119 Cost.,
che riconosce l'autonomia finanziaria delle Regioni.
L'art. 8 dello Statuto, infatti, e' stato novellato al fine di
rimediare alle evidenti carenze della finanza regionale, riscontrate
in primo luogo proprio dalla Ragioneria Generale dello Stato. Stante
la pervicace inerzia dello Stato nel negare alla Regione la
possibilita' di utilizzo delle risorse (anche, ma non solo, in
termini di espansione della capacita' di spesa regionale),
l'ulteriore irrigidimento della finanza regionale (sia per il tramite
delle regole del patto di stabilita' che attraverso ulteriori
contributi di finanza pubblica) si risolve in una evidente e grave
violazione dell'autonomia finanziaria della Regione ricorrente.
Inoltre, come gia' si e' detto in precedenza (specie sub par. 2 e
sub par. 3) l'indisponibilita' dei fondi spettanti alla Regione ai
sensi dell'art. 8 dello Statuto rende impossibile o eccessivamente
oneroso per la Regione lo svolgimento delle funzioni pubbliche e dei
servizi (anche essenziali, come quelli sanitari) assegnatile dalla
Costituzione (artt. 117 e 119 Cost.), dallo Statuto (artt. 3, 4, 5 e
6), dalle leggi dello Stato (per tutte valga il riferimento ai commi
836 sgg. dell'art. 1 della l. n. 296 del 2006, che hanno operato gli
ultimi - in ordine di tempo - trasferimenti di funzioni a carico del
bilancio regionale). Di conseguenza anche quei parametri (artt. 3, 4,
5 e 6 dello Statuto e 117 Cost.) sono tutti violati dal comma
impugnato.
Infine e' violato anche l'art. 81 Cost. perche' l'impossibilita'
di utilizzare le anzidette risorse per lo svolgimento delle funzioni
pubbliche confidate alla Regione determina - come gia' si e' detto -
l'incontrollato accumularsi di avanzi di bilancio (dovuti al blocco
degli impegni di spesa) e di ingenti residui passivi (dovuti al
blocco dei pagamenti regionali), sicche', a causa del mancato
adeguamento del patto di stabilita' regionale, il bilancio della
Sardegna anno per anno si allontana dal principio di veridicita'.
5.2.- In secondo luogo, si deve tenere in debito conto il fatto
che, come gia' osservato sopra, la nuova disciplina del patto di
stabilita' e' peggiorativa per le gia' depresse finanze regionali.
Anche in questo caso, dunque, e' necessario rilevare che
l'imposizione di nuovi oneri in capo alla ricorrente, a fronte dei
gia' vigenti contributi di finanza pubblica e della particolare
situazione finanziaria della Regione Sardegna, che ancora attende la
compiuta esecuzione del novellato art. 8 dello Statuto, appare
un'arbitraria e irragionevole compressione dell'autonomia finanziaria
regionale. Tanto si risolve, ancora una volta, nella violazione degli
artt. 7 e 8 dello Statuto e 119 Cost., anche in relazione al
principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.
Inoltre, si deve nuovamente denunciare la violazione dell'art. 81
Cost., ma per un ulteriore profilo. Come gia' si e' detto in
precedenza, attraverso l'imposizione di continui, ripetuti e di fatto
indefiniti contributi di finanza pubblica in capo alle Regioni, lo
Stato viene ad eludere il principio di equilibrio tra le entrate e le
spese dei bilanci pubblici (art. 81, comma 1, Cost.). Lo Stato,
infatti, ottiene l'equilibrio finanziario a copertura delle sue spese
solo attraverso un sostanzioso finanziamento ottenuto forzosamente
dalle Regioni. Inoltre, l'imposizione di continui contributi
finanziari in capo alle Regioni determina anche l'elusione del
principio di effettiva copertura delle spese (art. 81, comma 3,
Cost.) disposte dal legislatore, copertura che viene disposta solo
formalmente, mentre sono le Regioni che finanziano gli interventi
statali disposti dalla legge impugnata.
6.- Illegittimita' costituzionale del comma 508 dell'art. 1 della
l. 24 dicembre 2013, n. 147. Il comma 508 dell'art. 1 della legge
impugnata prevede che, "al fine di assicurare il concorso delle
regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di
Bolzano all'equilibrio dei bilanci e alla sostenibilita' del debito
pubblico, in attuazione dell'articolo 97, primo comma, della
Costituzione, le nuove e maggiori entrate erariali derivanti dal
decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni,
dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e dal decreto-legge 6 dicembre
2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre
2011, n. 214, sono riservate all'Erario, per un periodo di cinque
anni a decorrere dal 1° gennaio 2014, per essere interamente
destinate alla copertura degli oneri per servizio del debito
pubblico, al fine di garantire la riduzione del debito pubblico
stesso nella misura e nei tempi stabiliti dal Trattato sulla
stabilita', sul coordinamento e sulla governance nell'Unione
economica e monetaria, fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012, ratificato
ai sensi della legge 23 luglio 2012, n. 114. Con apposito decreto del
Ministero dell'economia e delle finanze, sentiti i Presidenti delle
giunte regionali interessati, da adottare entro sessanta giorni dalla
data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le
modalita' di individuazione del maggior gettito, attraverso separata
contabilizzazione".
Il comma riportato riserva all'erario, per un periodo di cinque
anni, le maggiori entrate derivanti dall'applicazione delle manovre
di finanza pubblica dell'agosto e del dicembre del 2011.
6.1.- In questo modo, le disposizioni censurate acquisiscono alla
disponibilita' dello Stato maggiori entrate che dovrebbero essere di
sicura spettanza regionale, quanto meno in notevole misura, in ragion
del regime di compartecipazione alle entrate di cui all'art. 8 dello
Statuto sardo.
Quanto al d. l. n. 201 del 2011, solo a titolo di esempio, sono
maggiori entrate compartecipate dalla ricorrente quelle derivanti: i)
dall'esclusione e/o rimodulazione del credito d'imposta per le
societa' commerciali (art. 9); dall'emersione di "base imponibile"
per le attivita' soggette a IVA (art. 10, commi da 1 a 7 e da 9 a 13,
e art. 11); iii) dall'applicazione di misure sanzionatone per il
recupero di crediti non versati al fisco (art. 10, commi 8,
13-quater, 13-decies, lett. b), e c)); iv) dalla rimodulazione delle
aliquote sulle accise per gli idrocarburi (art. 15); vi) dalle
disposizioni per la tassazione di auto di lusso, imbarcazioni ed
aerei (art. 16); vii) dall'aumento delle aliquote IVA (art. 18);
viii) dalle disposizioni in materia di imposta di bollo su conti
correnti, titoli, strumenti e prodotti finanziari nonche' sui valori
c.d. "scudati" e sulle attivita' finanziarie e immobiliari detenute
all'estero (art. 19).
Quanto al d. l. n. 138 del 2011, l'art. 2 determina maggiori
entrate soggette a regime di compartecipazione in virtu' delle
seguenti misure fiscali: i) introduzione di un contributo di
solidarieta' sui redditi eccedenti € 300.000,00; incremento
dell'I.V.A.; introduzione di nuove forme di giochi pubblici e
lotterie istantanee; recupero dell'evasione fiscale; aumento delle
aliquote sui redditi da capitale. Maggiori entrate sono dovute anche
dall'anticipazione delle riduzioni di alcune esenzioni fiscali, di
cui all'art. 1, comma 6, del d. l. n. 138 del 2011.
Cio' considerato, la disposizione in esame e' violativa dell'art.
8 dello Statuto, perche' il legislatore statale non puo', in assenza
di disposizioni statutarie che consentano l'istituzione di riserve
erariali, escludere la ricorrente dalla compartecipazione alle
entrate erariali che le spetta ai sensi dell'art. 8 dello Statuto.
Di conseguenza, e' violato anche l'art. 7 dello Statuto, che
riconosce e tutela l'autonomia finanziaria della Regione ricorrente,
compromessa dalla sottrazione delle risorse spettanti alla Regione in
forza di una precisa clausola statutaria.
6.2.- La questione della riserva all'erario delle maggiori
entrate derivanti dal recupero dell'evasione fiscale e' stata
scrutinata nella recente sent. n. 241 del 2012. In quel caso la
Regione Sardegna, ricorrente ora come allora, aveva impugnato proprio
l'art. 2, comma 36, del d. l. n. 138 del 2011, che gia' riservava
allo Stato le maggiori entrate derivanti proprio dal d. l. n. 138 del
2011 (in pratica, quella disposizione produceva effetti in tutto
analoghi a quella oggi gravata).
Sul punto codesto Ecc.mo Collegio ha affermato che "in mancanza
di riserve statutarie in favore dello Stato, deve osservarsi che la
normativa impugnata non e' conforme allo statuto speciale. Infatti,
le complessive maggiori entrate derivanti dall'attivita' di contrasto
dell'evasione fiscale costituiscono «entrate tributarie» che
l'evocato art. 8 dello statuto speciale attribuisce alla Regione
autonoma (se riscosse o percette nel suo territorio), secondo le
quote fisse indicate nello stesso articolo con riguardo ai diversi
tributi oggetto di tale attivita'".
Sulla base di tali considerazioni, codesta Ecc.ma Corte
costituzionale, con la sent. n. 241 del 2012, ha ritenuto non fondata
la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 36,
del d. l. n. 138 del 2011, per via dell'inapplicabilita' alla Regione
autonoma Sardegna della normativa denunciata", dovuta al fatto che
l'art. 19-bis del d. l. n. 138 del 2011 reca una c.d. "clausola di
salvaguardia" in favore delle Regioni speciali. In particolare, si
osservo' che "occorre muovere dall'interpretazione dell'art. 19-bis
del decreto-legge n. 138 del 2011 [...], il quale, nel disciplinare,
in via generale, il rapporto tra tale decreto e gli enti ad autonomia
differenziata, dispone che: «L'attuazione delle disposizioni del
presente decreto nelle regioni a statuto speciale e nelle province
autonome di Trento e Bolzano avviene nel rispetto dei loro statuti e
delle relative norme di attuazione".
La legge impugnata, pero', non reca alcuna clausola di
salvaguardia delle attribuzioni statutarie delle Autonomie speciali.
Di conseguenza, non v'e' modo di evitare od escludere la lesione
delle competenze statutarie della ricorrente.
6.3.- Una volta di piu', poi, si deve censurare la violazione
dell'art. 81 Cost. Anche attraverso l'indebita previsione
d'illegittime riserve erariali lo Stato elude il principio di
equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci pubblici (art. 81,
comma 1, Cost.), dato che la copertura delle sue spese e' ottenuta
attraverso un prelievo illegittimo sulle finanze regionali.
6.4.- Inoltre, anche questa misura restrittiva di carattere
finanziario, determinando un aggravamento insostenibile della finanza
regionale (per le ragioni gia' osservate sub par. 2 e sub par. 3),
impedisce alla Regione di esercitare le funzioni pubbliche
confidatele dagli artt. 3, 4, 5 e 6 dello Statuto, 117 Cost. e dalle
leggi dello Stato. Anche questi parametri, dunque, sono
specificamente violati dal comma in esame.
7.- Illegittimita' costituzionale dei commi 526 e 527 dell'art. 1
della l. 24 dicembre 2013, n. 147. Seguendo l'ordine numerico dei
commi impugnati, si dovrebbe ora trattare del comma 511 dell'art. 1
della legge impugnata. Ivi si prevede che "Le disposizioni di cui ai
commi 508, 510 e 526 cessano di avere applicazione qualora vengano
raggiunte intese, entro il 30 giugno 2014, tra lo Stato e ciascuna
autonomia speciale in merito all'adozione di interventi diversi, in
grado di concorrere in misura corrispondente al conseguimento degli
obiettivi di finanza pubblica per il periodo considerato nei medesimi
commi 508, 510 e 526". Per comodita' d'esposizione, dunque, dato che
il comma 511 rimanda al successivo comma 526, conviene invertire
l'ordine di trattazione ed enunciare subito i motivi d'impugnazione
di quest'ultima disposizione (in una con quella di cui al comma 527).
7.1.- Il comma 526 dell'art. 1 della legge impugnata stabilisce
che, "per l'anno 2014, con le procedere previste dall'articolo 27
della legge 5 maggio 2009, n. 42, le regioni a statuto speciale e le
province autonome di Trento e di Bolzano assicurano un ulteriore
concorso alla finanza pubblica per l'importo complessivo di 240
milioni di euro. Fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui
al predetto articolo 27, l'importo del concorso complessivo di cui al
primo periodo del presente comma e' accantonato, a valere sulle quote
di compartecipazione ai tributi erariali, secondo gli importi
indicati, per ciascuna regione a statuto speciale e provincia
autonoma, nella tabella seguente:
=============================================================
| |Accantonamenti anno 2014 (in |
| Regioni a statuto speciale | migliaia di euro) |
+=============================+=============================+
| Valle d'Aosta | 5.540 |
+-----------------------------+-----------------------------+
| Provincia autonoma Bolzano | 22.818 |
+-----------------------------+-----------------------------+
| Provincia autonoma Trento | 19.913 |
+-----------------------------+-----------------------------+
| Friuli-Venezia Giulia | 44.445 |
+-----------------------------+-----------------------------+
| Sicilia | 106.161 |
+-----------------------------+-----------------------------+
| Sardegna | 41.123 |
+-----------------------------+-----------------------------+
| Totale | 240.000" |
+-----------------------------+-----------------------------+
Il comma in esame, nel determinare accantonamenti a valere sulle
quote di compartecipazione alle entrate erariali di spettanza delle
Regioni a statuto speciale, determina un nuovo e ulteriore contributo
di finanza pubblica in capo alle autonomie speciali.
Di conseguenza, ancora una volta la norma in esame e' illegittima
per violazione degli artt. 7 e 8 dello Statuto e 119 Cost., anche in
relazione al principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., in
quanto lo Stato ha imposto un onere di finanza pubblica arbitrario e
irragionevole, sia in ragione delle previgenti misure restrittive,
sia perche' la Regione Sardegna tuttora attende la compiuta
esecuzione dell'art. 8 dello Statuto, a piu' di quattro anni dalla
data prevista di entrata a regime della riforma delle entrate
regionali.
Gli artt. 7 e 8 dello Statuto e 119 Cost. sono violati perche' lo
Stato, reiterando nel tempo contributi di finanza pubblica in capo
alla Regione sempre piu' onerosi, ha eluso il divieto di
temporaneita' delle misure finanziarie restrittive gravanti sulle
autonomie speciali, cosi' perpetrando una grave lesione
dell'autonomia finanziaria delle Regioni stesse.
Violati sono anche gli artt. 3, 4, 5 e 6 dello Statuto, in
relazione agli artt. 7 e 8 dello Statuto e 117 Cost., in quanto
l'onere imposto alla ricorrente, in ragione dell'emergenza
finanziaria" (Corte cost., sent. n. 95 del 2013) che grava sulla
Regione Sardegna, e' idoneo ad impedire alla Regione l'esecuzione
delle funzioni pubbliche confidate alla ricorrente dalla Costituzione
e dallo Statuto.
L'art. 8 dello Statuto, si deve ripetere una volta di piu', e'
stato novellato al fine di rimediare alle evidenti carenze della
finanza regionale, riscontrate in primo luogo proprio dalla
Ragioneria Generale dello Stato. Stante la pervicace inerzia dello
Stato nel negare alla Regione la possibilita' di utilizzo delle nuove
risorse (pur al netto, si ripete, dei sacrifici comunque imposti a
tutte le autonomie speciali), l'ulteriore irrigidimento della finanza
regionale (sia per il tramite delle regole del patto di stabilita'
che attraverso ulteriori contributi di finanza pubblica) si risolve
in una evidente e grave violazione dell'autonomia finanziaria della
Regione ricorrente.
Ancora di conseguenza, l'indisponibilita' dei fondi spettanti
alla Regione ai sensi dell'art. 8 dello Statuto rende impossibile o
eccessivamente oneroso per la Regione lo svolgimento delle funzioni
pubbliche e dei servizi (anche essenziali, come quelli sanitari)
assegnatile dalla Costituzione (artt. 117 e 119 Cost.), dallo Statuto
(artt. 3, 4, 5 e 6), dalle leggi dello Stato (per tutte valga il
riferimento ai commi 836 sgg. dell'art. 1 della l. n. 296 del 2006,
che hanno operato gli ultimi - in ordine di tempo - trasferimenti di
funzioni a carico del bilancio regionale). Di conseguenza anche quei
parametri (artt. 3, 4, 5 e 6 dello Statuto e 117 Cost.) sono tutti
violati dai commi impugnati (per una precisa esposizione della
condizione economico finanziaria della Regione ricorrente e
dell'impatto delle ulteriori misure restrittive di finanza pubblica,
si rimanda ancora una volta alla piu' diffusa esposizione menzionata
sub par. 2 e sub par. 3).
7.2.- Ne' vale ad escludere la lesivita' del comma 526 quanto
previsto al successivo comma 527, ove si stabilisce che "gli importi
indicati per ciascuna regione a statuto speciale e provincia autonoma
nella tabella di cui al comma 526 possono essere modificati, a
invarianza di concorso complessivo alla finanza pubblica, mediante
accordo da sancire, entro il 31 gennaio 2014, in sede di Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano. Tale riparto e' recepito con
successivo decreto del Ministero dell'economia e delle finanze".
La modificazione del contributo imposto alla Regione ricorrente
(peraltro solo eventuale) farebbe permanere un onere comunque
insostenibile per la finanza regionale, in ragione dei numerosi
contributi di finanza pubblica imposti dallo Stato alle Regioni a
partire (almeno) dal 2010 (esposti sopra, sub par. 3) e, soprattutto,
in ragione del fatto che la Regione ancora non riesce a beneficiare,
per colpevole inerzia statale, dell'adeguamento delle sue entrate e
della relativa capacita' di spesa alla novellazione dell'art. 8 dello
Statuto.
Di conseguenza, dato che il comma 527 non puo' escludere in alcun
modo la lesione dell'autonomia finanziaria della ricorrente, esso
stesso e' violativo degli artt. 7 e 8 dello Statuto e dell'art. 119
Cost., che tutelano e riconoscono l'autonomia finanziaria della
ricorrente.
7.3.- Anche i commi qui in esame, poi, sono violativi dell'art.
81 Cost. Trattasi, come si e' potuto vedere, di disposizioni che
impongono nuovi contributi di finanza pubblica in capo alle Regioni,
mediante i quali lo Stato aggira (e dunque viola) il principio di
equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci pubblici (art. 81,
comma 1, Cost.), ribaltando sulle Regioni il conseguimento
dell'equilibrio di bilancio che dovrebbe conseguire con mezzi propri.
8.- Illegittimita' costituzionale del comma 511 dell'art. 1 della
l. 24 dicembre 2013, n. 147. Il comma 511 dell'art. 1 della legge
impugnata prevede che "le disposizioni di cui ai commi 508, 510 e 526
cessano di avere applicazione qualora vengano raggiunte intese, entro
il 30 giugno 2014, tra lo Stato e ciascuna autonomia speciale in
merito all'adozione di interventi diversi, in grado di concorrere in
misura corrispondente al conseguimento degli obiettivi di finanza
pubblica per il periodo considerato nei medesimi commi 508, 510 e
526".
Quest'ultimo comma consente alle Regioni di concordare strumenti
alternativi per contribuire agli obiettivi di finanza pubblica
stabiliti ai commi 508, 510 e 526 dell'art. 1 della legge impugnata.
Non rileva, in questa sede, il comma 510, dato che esso concerne
la sola Regione Valle d'Aosta ("In applicazione dell' articolo 8
della legge 26 novembre 1981, n. 690, per la regione Valle d'Aosta si
provvede per ciascun esercizio finanziario all'individuazione del
maggior gettito con decreto del Ministro dell'economia e delle
finanze d'intesa con il Presidente della giunta regionale. In caso di
mancata intesa entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore
del decreto del Ministero dell'economia e delle «finanze di cui al
comma 508, e fino alla conclusione dell'intesa stessa, per la regione
Valle d'Aosta si provvede in via amministrativa con i medesimi
criteri individuati per le altre autonomie speciali").
I commi 508 e 526, come si e' gia' detto, invece, sono
radicalmente illegittimi. Il primo perche' riserva allo Stato somme
che, in virtu' dell'art. 8 dello Statuto, dovrebbero essere
compartecipate dalla Regione Sardegna. Il secondo perche' sottopone
la ricorrente ad un ulteriore contributo di finanza pubblica
irragionevole, arbitrario e insopportabile per le casse regionali,
sostanzialmente elusivo dell'obbligo di limitazione temporale delle
misure restrittive per la finanza regionale.
La Regione impugna, col presente atto, anche i sopra citati commi
508 e 526, sicche' l'annullamento di quelle disposizioni renderebbe
privo di contenuto precettivo il comma 511, qui in esame.
Quest'ultimo, dunque, solo per estremo tuziorismo viene qui
censurato, sulla base della facile constatazione che esso presuppone
comunque che la ricorrente, seppure in modalita' diverse, debba
sopportare l'illegittimo e rovinoso onere finanziario dei commi 508 e
526 dell'art. 1 della legge impugnata.
Di conseguenza, appare evidente che anche il comma 511 e'
illegittimo, afflitto com'e' dagli stessi vizi dei commi 508 e 526,
che debbono essere qui, una volta di piu', brevemente ricordati:
- e' violato l'art. 8 dello Statuto, perche' il comma in esame
consente allo Stato di trattenere, seppure in modalita' alternative,
l'equivalente delle riserve erariali disposte al comma 508 dell'art.
1 della legge impugnata, in violazione della menzionata disposizione
statutaria che esclude in radice la legittimita' di riserve erariali;
- sono violati gli artt. 7 e 8 dello Statuto e 119 Cost., anche
in relazione al principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.,
dato che la Regione e' chiamata a sostenere un contributo di finanza
pubblica che, lo si ripete, appare arbitrario, irragionevole, elusivo
dell'obbligo di durata limitata delle misure restrittive per gli enti
territoriali e insopportabile per le finanze regionali, sia perche'
si situa a valle di numerosi, ingenti oneri finanziari posti in capo
alle Regioni negli ultimi anni, sia perche' lo Stato non ha ancora
dato compiuta esecuzione all'art. 8 dello Statuto, come novellato
dalla l. n. 296 del 2006;
- e' violato l'art. 81 Cost., perche', una volta di piu', lo
Stato non adempie all'obbligo di perseguire l'equilibrio di bilancio
e di disporre coperture adeguate per le proprie spese, trasferendo
tale incombenza sulle Regioni, vessate dagli oneri finanziari di cui
ai commi 508 e 526 dell'art. 1 della legge impugnata.
Inoltre, le misure restrittive di carattere finanziario oggetto
del presente comma, determinando anch'esse un aggravamento
insostenibile della finanza regionale (per le ragioni gia' osservate
sub par. 2 e sub par. 3), impediscono alla Regione di esercitare le
funzioni pubbliche confidate alla Regione dagli artt. 3, 4, 5 e 6
dello Statuto, 117 Cost. e dalle leggi dello Stato. Anche questi
parametri, dunque, sono specificamente violati dal comma in esame.
P.Q.M.
Chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento
del presente ricorso, voglia dichiarare l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 119, 122, 142, 429, 499, 508, 511,
526 e 527 della l. 27 dicembre 2013, n. 147, recante "Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge di stabilita' 2014)", pubbl. in G.U. 27 dicembre 2013, n. 302,
S.O. n. 87.
Cagliari - Roma, 21 febbraio 2013
Avv. Ledda - Avv. Prof. Luciani