Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 3 marzo 2016 (del Presidente del Consiglio dei ministri).

(GU n. 13 del 2016-03-30)

Ricorso per il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12 

contro la Regione Calabria, in persona del Presidente della Giunta p.t, per la declaratoria di incostituzionalita' della legge regionale n. 40 del 31 dicembre 2015, pubblicata nel B.U.R. n. 96 del 31 dicembre 2015, avente ad oggetto "Modifiche e integrazioni alla legge regionale 16 aprile 2002, n. 19 (Norme per la tutela, governo ed uso del territorio - legge urbanistica della Calabria)", giusta delibera del Consiglio dei Ministri 26 febbraio 2016. 

La legge della regione Calabria 31 dicembre 2015 n. 40 reca incisive modifiche alla legge urbanistica regionale del 2002; fra quelle che concernono la tutela dell'ambiente e del paesaggio, presentano profili di incostituzionalita' gli art 5, 12, 13 e 14, secondo quanto andiamo a dedurre in dettaglio. 

1. L'articolo 5, comma 1, lettera b), sostituisce il comma 7 dell'art. 13 della legge regionale n. 19 del 2002, riguardante le conferenze di copianificazione per la formazione, l'aggiornamento e la variazione dei piani territoriali delle regioni, province, comuni. 

La nuova disposizione prevede che: "La conferenza di pianificazione si conclude con l'acquisizione dei pareri preliminari e delle osservazioni formulati dagli enti e dai soggetti che per legge sono chiamati ad esprimere parere vincolante e, comunque, non oltre il termine di novanta giorni, decorso il quale gli stessi si intendono acquisiti, secondo quanto disposto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi). L'amministrazione procedente assicura la pubblicita' degli esiti della concertazione". 

La norma e' illegittima: 

a) nella parte in cui si applica ai piani territoriali della Regione e quindi anche al piano territoriale regionale con valenza di piano paesaggistico, in quanto contrasta con gli articoli 135, 143 e 156 del d.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e paesaggistici) che prevedono la necessaria partecipazione dello Stato, mediante l'elaborazione congiunta della pianificazione paesaggistica relativa alle aree e agli immobili sottoposti ai vincolo paesaggistico, e pertanto viola l'articolo 117, comma 2, lettera s) della Costituzione; 

b) nella parte in cui omette di prevedere, in sede di formazione, variazione e aggiornamento di tutti i piani territoriali, un raccordo con la pianificazione paesaggistica congiunta, assicurando il ruolo decisionale autonomo proprio del Ministero competente; la mancata (o non adeguata) partecipazione degli organi ministeriali al procedimento di conformazione ed adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della

pianificazione paesaggistica, contrasta con l'articolo 145 d.lgs. n. 42/2004 e, quindi, con l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., che riserva allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di paesaggio. 

A conferma della fondatezza della censura, possiamo richiamare la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, quale espressa - da ultimo - con la sentenza 17/4/2015, n. 64: "Costituisce, infatti, affermazione costante - su cui si fonda il principio della gerarchia degli, strumenti di pianificazione dei diversi livelli territoriali, dettato dall'evocato art. 145, comma 5, del d.lgs. n. 42 del 2004 (sentenze n. 197 del 2014, n. 193 del 2010 e n. 272 del 2009) - quella secondo cui l'impronta unitaria della pianificazione paesaggistica «e' assunta a valore imprescindibile, non derogabile dal legislatore regionale in quanto espressione di un intervento teso a stabilire una metodologia uniforme nel rispetto della legislazione di tutela dei beni culturali e paesaggistici sull'intero territorio nazionale» (sentenza n. 182 del 2006). Al contrario, la generale esclusione o la previsione di una mera partecipazione degli organi ministeriali nei procedimenti di adozione delle varianti, nella sostanza, viene a degradare la tutela paesaggistica da valore unitario prevalente e a concertazione rigorosamente necessaria, in mera esigenza urbanistica (sentenza n. 437 del 2008) impone che la Regione adotti la propria disciplina di conformazione «assicurando la partecipazione degli organi ministeriali al procedimento medesimo» (sentenze n. 211 del 2013 e n. 235 del 2011)". 

In forza di tale statuizione e' stata, poi, dichiarata incostituzionale una legge della Regione Abruzzo che conteneva disposizioni di pianificazione paesaggistica regionale del tipo di quella della Regione Calabria in esame. 

Il principio della gerarchia degli strumenti di pianificazione dei diversi livelli territoriali costituisce uno dei cardini della legislazione nella materia e nella delimitazione delle competenze fra lo Stato e le Regioni; in tal senso si vedano, fra le tante, Corte Cost. 18/ 7/ 2013, n. 211, gia' richiamata nella senta 64/ 2015, che - a beneficio del legislatore regionale - e' opportuno riportare nei suoi punti essenziali: "E' costituzionalmente illegittimo - per contrasto con 1' art. 117, secondo comma, lett. s), Cost. e con gli artt. 135, 143, 145, comma 5, e 156 del D.Lgs. n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) -l' art. 2 della legge della Regione Abruzzo 28 agosto 2012, n. 46, in quanto stabilisce un iter procedimentale di coordinamento della pianificazione paesaggistica con gli altri strumenti di pianificazione che si rivela non conforme ai principi stabiliti dal legislatore statale. La censurata normativa disciplina due distinte ipotesi nelle quali le previsioni proposte negli strumenti di pianificazione delle amministrazioni locali, rispettivamente, si limitano ad un mero recepimento del Piano Regionale Paesistico (PRP) ovvero si configurano come variante al predetto Piano. In entrambe le ipotesi e' palesemente esclusa ogni forma di partecipazione di qualsivoglia organismo ministeriale al procedimento di conformazione ed adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della pianificazione paesaggistica, in evidente contrasto con la normativa statale interposta (art. 145, comma 5, del Codice) la quale, in linea con le prerogative riservate allo Stato dalla disposizione costituzionale evocata a parametro, specificamente impone che la Regione adotti la propria disciplina assicurando la partecipazione degli organi ministeriali al relativo procedimento. La circostanza che non risulti ancora adottato un PRP adeguato alle disposizioni del Codice finisce per rendere ancor piu' acuta la vulnerazione delle prerogative statali, considerato che, in relazione a quelle che saranno le concrete previsioni dello stesso piano, dovranno poi essere verosimilmente ridisciplinate, dalla legge regionale, le procedure di adeguamento degli altri strumenti di pianificazione.' (in termini, Corte Cost. 22/7/2011, n. 235, ecc). 

2.1 L'articolo 12, comma 1, lettera k), inserisce all'art. 26 della legge regionale n. 19 del 2002 il comma 12 bis, secondo il quale "L'eventuale accertato contrasto del PTCP alla legge o al QTR a valenza paesaggistica e' disciplinato nelle forme e con le modalita' previste dall'articolo 73". 

L'articolo 13, comma 1, della legge regionale oggetto di censura sostituisce l'art. 27 della legge reg. n. 19 del 2002, prevedendo che "L'eventuale accertato contrasto del PSC alla legge o agli strumenti di pianificazione sovraordinata vigente e' disciplinato nelle forme e con le modalita' previste dall'articolo 73". 

Tali disposizioni, nella parte in cui rinviano "alle modalita' previste dall'art. 73", non prevedono il coinvolgimento dei competenti organi ministeriali nell'esame della conformita' degli strumenti attuativi alle disposizioni del QTR con valenza di piano paesaggistico. 

Analogamente, l'articolo 14, che introduce gli articoli 27-ter e 27- quater nella legge n. 19 del 2002, detta disposizioni al fine di semplificare la pianificazione territoriale, omettendo di considerare la necessita' della partecipazione del Ministero dei beni e delle attivita' culturali e del turismo alla procedura di adeguamento degli strumenti paesaggistici alla pianificazione paesaggistica regionale. 

Le tre disposizioni censurate contrastano tutte, singolarmente e nella loro coordinata lettura, con l'art. 145, comma 5, del d.lgs. n. 42/2004, che e' espressione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di paesaggio, e pertanto violano l'articolo 117, comma 2, lettera s) della Costituzione. 

2.2 I principi richiamati nel precedente paragrafo intervengono a sostegno anche della rilevata incostituzionalita' delle disposizioni da ultimo menzionate; segnatamente, i principi della gerarchia delle fonti nella materia e della necessaria partecipazione (in funzione principale e non eventuale o non solo sussidiaria) degli organi statali nella formazione dei piani e degli strumenti operativi nella materia, quali affermati dalle sentenze sopra richiamate, in particolare dalle sent. 64/2015 e 211/2013. 

Alle dette pronunzie puo' aggiungersi, in termini puntuali, Corte Cost. 11/7/2014, n 197: "E' incostituzionale l'art. 34 1. reg. Piemonte 25 marzo 2013 n. 3, che sostituisce l'art. 17, 2° comma, 1. reg. Piemonte 5 dicembre 1977 n. 56, nella parte in cui non prevedeva la partecipazione degli organi del ministero per i beni e le attivita' culturali al procedimento di conformazione agli strumenti di pianificazione territoriale e paesaggistica delle varianti al piano regolatore generale comunale e intercomunale."; nonche' altre sentenze (peraltro, richiamate nelle sentenze da ultimo citate ma che riteniamo utili, a fini di completezza della difesa, riportare nei loro tratti rilevanti): Corte Cost. 29/10/2009, n. 272 ["E' costituzionalmente illegittimo l'art. 8, comma 2, lettera b), della L.R. 23 ottobre 2007, n. 34, della Regione Liguria, laddove prevede che spetti al Piano del parco l'individuazione degli "interventi da assoggettare o meno al nulla osta di cui all'art. 21 della legge regionale n. 12 del 1995", nonche' le ipotesi in cui lo stesso nulla osta possa essere acquisito mediante autocertificazione di un tecnico a cio' abilitato. 

E' infatti inibito alle Regioni introdurre disposizioni che violino il principio della "gerarchia" degli strumenti di pianificazione dei diversi livelli territoriali, espresso dall'art. 145 del D.Lgs. n."42 del 2004, oltre che l' art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. in materia di "conservazione ambientale e paesaggistica" o, comunque, determinino un minor rigore di protezione ambientale, poiche' la tutela apprestata dallo Stato, nell'esercizio della sua competenza esclusiva in materia di tutela dell'ambiente, viene a funzionare come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano nelle materie di loro competenza." (in termini, Corte Cost. 30/5/2008, n. 180, ecc.)] e Corte Cost. 5/5/2006, n. 182 ["E' costituzionalmente illegittimo 1' art. 34, comma 3, della L.R. 3 gennaio 2005, n. 1, Regione Toscana, nella parte in cui stabilisce che sia il piano strutturale del Comune a indicare le aree in cui la realizzazione degli interventi non e' soggetta all' autorizzazione paesaggistica di cui all' art. 87 della legge regionale, anziche' il piano regionale paesaggistico con specifica considerazione dei valori paesaggistici. Infatti, l'impronta unitaria della pianificazione paesaggistica, assunta a valore imprescindibile, non derogabile dal legislatore regionale, non consente che le decisioni operative concernenti il paesaggio siano trasferite alla dimensione pianificatoria comunale poiche' cio' si porrebbe in contraddizione con il sistema di organizzazione delle competenze delineato dalla legge statale a tutela del paesaggio, che costituisce un livello uniforme di tutela, non derogabile dalla Regione, nell'ambito di una materia a legislazione esclusiva statale, ma anche della legislazione di principio nelle materie concorrenti del governo del territorio e della valorizzazione dei beni culturali." (v. anche Corte Cost. 23/12/2008, n. 437)]. 

3. Gli articoli 12, comma 1, lettera i), e 13, comma 1, sono censurabili di incostituzionalita' anche sotto un altro profilo. 

L'articolo 26 della 1.r. n. 19/2002, modificato dall'art. 12 della 1.r. n. 40/2015, disciplina la formazione ed approvazione del Piano territoriale di coordinamento provinciale, prevedendo che lo stesso sia sottoposto alla valutazione ambientale strategica da parte del Settore Urbanistica del Dipartimento Ambiente e Territorio della Regione. Nel caso di parere favorevole, la Provincia «predispone il PTCP, completo di tutti gli elaborati prescritti, che e' definitivamente approvato dal consiglio provinciale» (comma 9). Nel caso contrario, ai sensi del comma 10 dell'articolo 26 della legge regionale 19/2002, come sostituito dall'articolo 12, comma 1, lett. i) della legge regionale 40/2015, si prevede che «ove si riscontri grave ed immotivata incoerenza derivante dal mancato recepimento delle osservazioni e prescrizioni emanate in sede di Conferenza di pianificazione sul Documento Preliminare e sullo svolgimento delle consultazioni ai sensi del D.Lgs. n. 152/2006 e dell' articolo 24 del Reg. reg. n. 3/2008, il Settore Urbanistica del Dipartimento Ambiente e Territorio ne da' comunicazione alla Provincia affinche', entro i successivi trenta giorni, la stessa possa ristabilire gli elementi di coerenza necessari e trasmettere il piano cosi' adeguato, al fine dell'acquisizione del parere definitivo entro il successivo termine perentorio di trenta giorni, decorso il quale detto parere si intende acquisito, ai sensi della legge n. 241/1990». 

Il successivo articolo 13, comma 1, della legge regionale 40/2015 sostituisce l'articolo 27 della legge regionale n 19/2002. Tale norma, ai fini della formazione e approvazione del piano strutturale comunale, prevede al comma 11 che «ove si riscontri grave ed immotivata incoerenza con gli strumenti sovraordinati, derivante dal mancato recepimento delle osservazioni e prescrizioni emanate in sede di conferenza di pianificazione sul Documento preliminare e sullo svolgimento delle consultazioni ai sensi del D.Lgs. n. 152/2006, e del Reg. reg. n. 3/2008, il Settore Urbanistica del Dipartimento Ambiente e Territorio, la Provincia e la Citta' metropolitana ne danno comunicazione affinche' il Comune, entro i successivi trenta giorni, possa ristabilire gli elementi di coerenza necessari e trasmettere il piano, cosi' adeguato, al fine dell'acquisizione del parere definitivo entro il successivo termine perentorio di trenta giorni, decorso il quale si intendono acquisiti, ai sensi della legge n. 241/1990». 

La valutazione ambientale strategica e' un procedimento amministrativo finalizzato ad integrare considerazioni di natura ambientale nell'ambito della elaborazione e adozione di strumenti di pianificazione e programmazione che possono avere effetti significativi sull'ambiente, con lo scopo di assicurare un «elevato livello di protezione dell'ambiente e di contribuire all'integrazione di considerazioni ambientali all'atto dell'elaborazione e dell'adozione di piani e programmi al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile» (articolo 1 della Direttiva 2001/42/CE concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente) 

La Direttiva 2001/42/CE, all'articolo 8 dispone che «in fase di preparazione del piano o del programma e prima della sua adozione o dell'avvio della relativa procedura legislativa si prendono in considerazione il rapporto ambientale redatto ai sensi dell'articolo 5, i pareri espressi ai sensi dell'articolo 6 nonche' i risultati di ogni consultazione transfrontaliera avviata ai sensi dell' articolo 7». L'articolo 9 prevede che «gli Stati membri assicurano che, quando viene adottato un piano o un programma, le autorita' di cui all'articolo 6, paragrafo 3, il pubblico e tutti gli Stati membri consultati ai sensi dell'articolo 7 ne siano informati e che venga messo a loro disposizione: a) il piano o il programma adottato; b) una dichiarazione di sintesi in cui si illustra in che modo le considerazioni ambientali sono state integrate nel piano o programma e come si e' tenuto conto» ai sensi dell'articolo 8, del rapporto ambientale redatto ai sensi dell'articolo 5, dei pareri espressi ai sensi dell'articolo 6 e dei risultati delle consultazioni avviate ai sensi dell'articolo 7, nonche' le ragioni per le quali e' stato scelto il piano o il programma adottato, alla luce delle alternative possibili che erano state individuate, e c) le misure adottate in merito al monitoraggio ai sensi dell'articolo 10.». In particolare, nella dichiarazione di sintesi sono illustrate le modalita' in base alle quali le considerazioni ambientali sono state integrate nel piano programma, mentre nel rapporto ambientale sono individuati, descritti e valutati gli effetti significativi che l'attuazione del piano o del programma potrebbe avere sull'ambiente nonche' le ragionevoli alternative alla luce degli obiettivi e dell'ambito territoriale del piano o del programma (documenti imprescindibili di natura tecnica). 

Il diritto europeo, dunque, impone agli Stati membri di prevedere che le risultanze della VAS siano acquisite in forma espressa, dovendo assicurare alle autorita' interessate agli effetti sull'ambiente dei piani e dei programmi, tutta la documentazione prevista dall'articolo 9 della direttiva. 

In tale ottica le disposizioni comunitarie sono state interpretate ed attuate, oltre che dal Legislatore nazionale con il d.legs. 42/2004, anche dalla giurisprudenza; si vedano, fra le piu' significative, Cons. Stato, sez. IV, 21/8/2013, n 4200: "La c.d. valutazione ambientale strategica (vas) e' la valutazione delle conseguenze ambientali di piani e programmi al fine ultimo di assicurare lo sviluppo sostenibile di un territorio sotto il profilo ambientale; si tratta, quindi, di una procedura finalizzata precipuamente a mettere in rilievo le possibili cause di un degrado ambientale derivanti dall'adozione di piani e programmi interessanti il territorio, introdotta dalla direttiva comunitaria 2001/42/Ce, che prevede appunto la sua applicazione a piani e programmi produttivi di effetti significativi sull'ambiente."; Cons. giust. amm. sic., sez. giurisdiz., 27/9/2012, n 811: "La valutazione ambientale strategica (Vas) delle opere pubbliche, prevista dalla direttiva Ce 27 giugno 2001 n. 42, e' volta a garantire che gli effetti sull'ambiente di determinati piani e programmi siano considerati durante l'elaborazione e prima dell'adozione degli stessi, tanto al fine di anticipare nella fase di pianificazione e programmazione quella valutazione di compatibilita' ambientale che, se effettuata, come avviene per la Via, sulle singole realizzazioni progettuali, non consentirebbe di compiere un'effettiva valutazione comparativa." 

Sull'importanza della VAS si veda anche la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE [v. sent. 22/9/2011, n 295/10: "La valutazione ambientale effettuata a norma della dir. 85/337/Cee (concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati) non dispensa dall'obbligo di procedere alla valutazione ambientale strategica prevista dalla dir. 2001/42 concernente la valutazione degli effetti di taluni piani programmi sull'ambiente."] e la dottrina in materia [S. Amorosino, La valutazione ambientale strategica dei piani territoriali ed urbanistici e il silenzio assenso di cui al nuovo art. 17bis L. n. 241/1990, in Urbanistica e appalti, 2015, 12, 1246: "Tra tutti i piani la cui realizzazione determina effetti sui sistemi ambientali quelli territoriali ed urbanistici sono i piu' "pesanti" per la molteplicita' delle loro previsioni di trasformazione del territorio e la vastita' degli ambiti spaziali interessati. Per "governare" la complessita' dei rapporti tra VAS e pianificazioni urbanistiche e' indispensabile, fin dall'inizio, l'intersezione tra il procedimento di elaborazione del piano e quello di valutazione dei possibili effetti sull'ambiente: ad ogni fase di elaborazione del piano, preliminare e definitiva, deve corrispondere, "a corrente alternata", una speculare valutazione strategica."]. 

A livello nazionale, si deve rilevare che l'articolo 17-bis, comma 4, della legge 241/1990 prevede che il silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche non si applica nei casi in cui "disposizioni del diritto dell'Unione europea richiedano l'adozione di provvedimenti espressi"; e l'art. 20, comma 4, stessa legge sancisce che: "4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l'immigrazione, l' asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumita', ai casi in cui la normativa comunitaria impone l'adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell'amministrazione come rigetto dell'istanza, nonche' agli atti e procedimenti individuati con uno o piu' decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti." 

La procedura di valutazione ambientale strategica, che e' preliminare all'adozione di un piano, richiede che l'autorita' competente - chiamata a compiere l'attivita' di valutazione ambientale - offra idonee garanzie di competenza tecnica e di specializzazione in materia ambientale che, ai sensi delle norme europee e nazionali sopra richiamate, devono essere rilasciate con un apposito parere espresso. 

Peraltro, l'istituto del silenzio-assenso in materie sensibili (qual e' indubbiamente quella paesaggistica e ambientale) e' avversato e, comunque, ridimensionato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia; si vedano, in proposito, CG 28 febbraio 1991, in C-360/87 Commissione c/ Repubblica italiana; CG 28 febbraio 1991, in C-131/88, Commissione c/ Germania; CG 19 settembre 2000, in C-287/98, Linster; CG 19 giugno 2001, in C-200/00 Commissione c/ Regno del Belgio; CG 10 giugno 2004 in C-87/02; con quest'ultima sentenza, la Corte (pur non censurando direttamente un'ipotesi di silenzio-assenso in materia ambientale) ha espresso il principio secondo cui "una decisione con la quale l'autorita' competente consideri che le caratteristiche di un progetto non richiedano che esso sia sottoposto ad una valutazione dell'impatto ambientale deve contenere o essere accompagnata da tutti gli elementi che consentano di controllare che essa e' fondata su una previa verifica adeguata, effettuata secondo i requisiti posti dalla direttiva 85/37". 

Anche la Corte Costituzionale si e' espressa piu' volte sull'incompatibilita' tra silenzio-assenso e tutela degli interessi sensibili. 

Significative sono le sentenze 1/ 7/1992, n. 307, e 27/ 4/1993, n. 194, che hanno dichiarato incostituzionali leggi regionali ove era previsto che lo stoccaggio provvisorio di rifiuti tossici e nocivi potesse essere effettuato senza autorizzazione specifica al verificarsi di alcune condizioni e in forza del meccanismo del silenzio-assenso; si legge in quelle pronunzie che e' da escludere "la possibilita' di un'autorizzazione implicita o tacita e il ricorso all'istituto del silenzio-assenso proprio perche' si impone la tutela della salute e dell'ambiente, che sono beni costituzionalmente garantiti e protetti (artt. 32 e 9 della Costituzione)" (v. anche Corte cost. 12/2/1996, n. 26; 27/41993, n. 194; 13/11/1992 n. 437; 9-10/31988, n. 302). 

Richiamiamo, ancora, la sentenza 9/7/2014, n. 209, ove la Corte ha censurato una legge della regione Campania di disciplina degli scarichi in fognatura, che prevedeva un temine di sessanta giorni per la decisione sulla domanda di autorizzazione, scaduto il quale l'autorizzazione si intendeva provvisoriamente concessa per sessanta giorni, salvo revoca, dichiarando l'illegittimita' della norma per violazione dell'art. 117, comma 2, lett. s), Cost., non solo perche' determinava livelli di tutela ambientale inferiori rispetto a quelli previsti dalla legge statale ma, anche, per violazione dell'art. 20, comma 4, L. n. 241/1990, "che esclude l' applicabilita' del "silenzio-assenso" alla materia ambientale". 

Importante e', infine, la sentenza 10/10/1992, n. 393, che ha dichiarato incostituzionale l'art. 16, L. 17 febbraio 1992, n. 179, nella parte in cui prevedeva la formazione per silenzio-assenso del programma integrato di intervento, osservando che la semplificazione non puo' incidere sul contenuto essenziale dell'attivita' amministrativa e che il silenzio-assenso non e' estendibile a piacere, a fronte dell'esigenza che l'amministrazione eserciti effettivamente il potere discrezionale affidatole dalla legge. 

Pertanto, le disposizioni regionali indicate, nell'introdurre l'istituto del silenzio assenso in materia di valutazione ambientale strategica, violano l'articolo 117, primo comma e secondo comma, lett. s), Cost., per contrasto con la Direttiva 2001/42/CE e con gli art. 17-bis, comma 4, e 20, comma 4, della legge 241/1990. 

P.Q.M.

Tanto premesso e considerato, giusta delibera del Consiglio dei Ministri in data 26/02/2016, 

Si chiede che la Corte Costituzionale adita voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli artt. 5, 12, 13 e 14 (nelle parti e nei termini sopra esposti) della legge della Regione Calabria n. 40 del 31 dicembre 2015, pubblicata nel B.U.R. n. 96 del 31 dicembre 2015, per violazione dell'articolo 117, comma 2, lettera s) della Costituzione, anche per contrasto con gli articoli 135, 143 e 156 del d.lgs. n. 42/2004, e per violazione dell'articolo 117, primo comma e secondo comma, lett. s), della Costituzione, per contrasto con la Direttiva 2001/42/CE e con gli art 17-bis, comma 4, e 20, comma 4, della legge 241/1990.

Si produrra' copia della delibera del Consiglio dei Ministri. 

Roma, 27 febbraio 2016 

L'Avvocato dello Stato: Giuseppe Albenzio

 

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