N. 9 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 30 gennaio 2003.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 30 gennaio 2003 (della Provincia autonoma di Trento)
(GU n. 8 del 26-2-2003)

Ricorso della Provincia autonoma di Trento, in persona del
presidente della giunta provinciale pro tempore, autorizzato con
deliberazione della giunta provinciale n. 48 del 17 gennaio 2003
(all. 1), rappresentata e difesa - come da procura speciale del 17
gennaio 2003, n. 25788 di rep., rogata dal dott. Tommaso Sussarellu
in qualita' di ufficiale rogante della provincia stessa (all. 2) -
dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv. Luigi Manzi
di Roma, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell'avv.
Manzi, via Confalonieri n. 5;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2,
del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, come convertito dalla
legge 22 novembre 2002, n. 266, conversione in legge, con
modificazioni, del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, recante
disposizioni urgenti in materia di emersione del lavoro sommerso e di
rapporti di lavoro a tempo parziale, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale - Serie generale - n. 275 del 23 novembre 2002; per
violazione:
dell'art. 8, nn. 1, 5 e 6, 11, 13, 14, 15, 16, 17, 21,
dell'art. 9, nn. 4, 5, 9 e 10, nonche' dell'art. 16 del d.P.R.
31 agosto 1972, n. 670;
delle norme di attuazione dello statuto speciale, ed in
particolare del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 280, del d.P.R. 26 gennaio
1980, n. 197, dell'art. 15, comma 2, d.P.R. n. 526/1987 nonche' degli
articoli 2 e 4 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266;
dell'art. 117, commi 3 e 4, della Costituzione, in
connessione con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3;
del principio di leale collaborazione e dell'art. 2 d.lgs.
n. 281 del 1997, per i profili e nei modi di seguito illustrati.

F a t t o

L'art. 1, comma 2, del qui impugnato decreto-legge 25 settembre
2002, n. 210, convertito con legge 22 novembre 2002, n. 266, ha
sostituito l'art. 1-bis della legge 18 ottobre 2001, n. 383, con un
nuovo art. 1-bis, disciplinante la c.d. procura di "emersione
progressiva" del lavoro sommerso.
Secondo tale disposizione, gli imprenditori possono presentare un
"piano individuale di emersione" al fine di adeguarsi "agli obblighi
previsti dalla normativa vigente per l'esercizio dell'attivita',
relativamente a materie diverse da quella fiscale e retributiva",
nonche' "agli obblighi previsti dai contratti collettivi nazionali di
lavoro in materia di trattamento economico" (comma 2, lett. a e b).
Il piano (che deve indicare "il numero e la remunerazione dei
lavoratori che si intende regolarizzare": lett. c) va presentato al
Comitato per il lavoro e l'emersione del sommerso (CLES), istituito
presso ciascuna direzione provinciale del lavoro (che svolge le
funzioni di segreteria) e composto di 16 membri otto dei quali sono
designati da otto diversi organismi e soggetti pubblici (Ministero
lavoro, Ministero ambiente, INPS, INAIL ASL, comune, regione,
prefettura) e otto dai sindacati dei datori di lavoro e dei
prestatori di lavoro. Tutti i membri sono nominati dal prefetto (in
provincia di Trento la competenza spetterebbe al Commissario del
Governo).
I CLES cosi' costituiti hanno il compito di "valutare le proposte
di progressivo adeguamento agli obblighi di legge diversi da quelli
fiscali e previdenziali formulando eventuali proposte di modifica",
di "valutare la fattibilita' tecnica dei contenuti del piano di
emersione", di "definire, nel rispetto degli obblighi di legge,
temporanee modalita' di adeguamento per ciascuna materia da
regolarizzare", infine di "verificare la conformita' del piano di
emersione ai minimi contrattuali contenuti negli accordi sindacali di
cui al comma 2" (comma 5).
Se le "proposte per il progressivo adeguamento ... coinvolgono
interessi urbanistici e ambientali, il CLES sottopone il piano al
parere del comune competente "il quale esprime un "parere vincolante"
(comma 5-bis).
In base al comma 8 poi, il CLES ha il compito di approvare il
piano individuale di emersione "nell'ambito delle linee generali
definite dal CIPE"; e nell'esercizio di tale competenza ha ovviamente
il potere di respingere il piano o di concordare modifiche che ne
consentano l'approvazione (comma 9). L'approvazione "comporta,
esclusivamente per le violazioni oggetto di regolarizzazione, la
sospensione, gia' nel corso dell'istruttoria finalizzata
all'approvazione del piano stesso, di eventuali ispezioni e verifiche
da parte degli organi di controllo e vigilanza nei confronti del
datore di lavoro che ha presentato il piano" (comma 15).
Infine, si prevede (comma 10) che "le autorita' competenti,
previa verifica della avvenuta attuazione del piano, rilasciano le
relative autorizzazioni entro sessanta giorni" e che "l'adeguamento o
la regolarizzazione si considerano, a tutti gli effetti, come
avvenuti tempestivamente e determinano l'estinzione dei reati
contravvenzionali e delle sanzioni connesse alla violazione dei
predetti obblighi".
Come si vede, la disciplina in questione interviene in diverse
materie di competenza della Provincia autonoma di Trento. Poiche' la
regolarizzazione riguarda gli "obblighi previsti dalla normativa
vigente per l'esercizio dell'attivita', relativamente a materie
diverse da quella fiscale e retributiva", senz'altro la legge in
oggetto "tocca" le materie dell'urbanistica, dell'ambiente e
dell'igiene e sanita'. In esse la Provincia autonoma di Trento ha
competenza primaria o concorrente, ai sensi dell'art. 8, nn. 5, 6,
11, 13, 14, 15, 16, 17, 21, e dell'art. 9, nn. 9 e 10. Del resto,
che l'art. 1-bis, legge n. 383/2001 riguardi l'urbanistica e
l'ambiente e' espressamente confermato dal comma 5-bis, che menziona
appunto tali materie.
La regolarizzazione prevista, pero', dovrebbe riguardare anche
gli obblighi previsti in materia di sicurezza sul lavoro. Anche
questa materia e' di competenza provinciale, sia ai sensi dell'art.
1, comma 2, d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, norme di attuazione dello
statuto per la regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene e
sanita' (in base al quale nelle attribuzioni trasferite alle Province
"sono comprese anche l'igiene e medicina del lavoro, nonche' la
prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie
professionali") sia, ora, ai sensi dell'art. 117, comma 3, Cost., che
attribuisce alla competenza concorrente delle regioni ordinarie (e
delle regioni speciali, se questa norma sia piu' favorevole, in
virtu' della nota clausola di cui all'art. 10, legge costituzionale
n. 3/2001) la materia "tutela e sicurezza del lavoro". A questa
stregua, tra l'altro, deve considerarsi non piu' operante l'art. 3,
n. 12), del medesimo d.P.R. n. 474, il quale manteneva ferme le
competenze statali in relazione "alla vigilanza e tutela del lavoro".
Alla materia "tutela del lavoro", e dunque alla competenza
provinciale, si puo' ascrivere anche quella norma del decreto-legge
n. 210/2002 che prevede l'adeguamento del trattamento economico dei
lavoratori.
Inoltre, poiche' l'art. 1, comma 2, d.l. n. 210/2002 attiene in
generale alla regolarizzazione dei lavoratori, esso incide su altre
materie di competenza provinciale, cioe' su quelle di cui all'art. 9,
n. 4 ("apprendistato; libretti di lavoro; categorie e qualifiche dei
lavoratori"), e n. 5 ("costituzione e funzionamento di commissioni
comunali e provinciali di controllo sul collocamento") dello Statuto.
Se poi si guarda alle norme impugnate dal punto di vista delle
attivita' oggetto della regolarizzazione, si puo' constatare come la
legge parli genericamente di attivita' di impresa: ora, poiche'
questa comprende l'attivita' industriale, commerciale e agricola e
poiche' queste tre materie ricadono ormai tutte nell'art. 117, comma
4, Cost., ne risulta che, anche da questo punto di vista, la legge
impugnata interviene in materie di piena potesta' provinciale.
Infine, e' da tenere presente che l'art. 9-bis d.P.R. 22 marzo
1974, n. 280 (aggiunto dal d.lgs. n. 430/1995), ha "delegato alle
Province autonome di Trento e Bolzano, l'esercizio delle funzioni
amministrative attribuite all'ufficio regionale e agli uffici
provinciali del lavoro e della massima occupazione di Trento e
Bolzano nonche' alle sezioni circoscrizionali per l'impiego ricadenti
nei rispettivi territori", trasferendo alle province i relativi
uffici e prevedendo che esse disciplinino con legge l'organizzazione
delle funzioni delegate. Dunque, in provincia di Trento il CLES
dovrebbe essere istituito presso il competente servizio provinciale:
e sotto questo profilo la legge statale interferisce anche nella
materia dell'organizzazione provinciale di cui all'art. 8, n. 1,
dello statuto.
L'art. 1, comma 2, d.l. n. 210 non contiene una clausola di
salvaguardia delle competenze provinciali e cio', unitamente al tono
generale della disciplina, induce a ritenere che esso intenda
applicarsi direttamente anche nella provincia di Trento. D'altra
parte, le province autonome non sono neppure espressamente menzionate
dalle norme impugnate e cio' lascia spazio anche ad una possibile
"interpretazione adeguatrice", in virtu' della quale - secondo l'art.
2 d.lgs. n. 266/1992 - l'art. 1, comma 2, non sarebbe immediatamente
applicabile nel territorio provinciale ma farebbe sorgere meri
obblighi di adeguamento nella misura in cui concreti i limiti dei
diversi tipi di potesta' legislativa provinciale: cioe', dopo la
legge costituzionale n. 3/2001, nella misura in cui la legge
n. 266/2002 esprima principi fondamentali nelle materie di competenza
concorrente.
Naturalmente qualora ad avviso di codesta Corte costituzionale la
disposizione impugnata fosse da intendere in questi termini
verrebbero meno le ragioni di doglianza esposte nel presente ricorso.
Qualora, invece, la disciplina di cui all'art. 1, comma 2, d.l.
n. 210/2002 sia ritenuta applicabile nella provincia di Trento, essa
risulta ad avviso della ricorrente provincia costituzionalmente
illegittima per i seguenti motivi di

D i r i t t o

1. - Illegittimita' per violazione delle competenze legislative
della Provincia autonoma di Trento.
Come sopra illustrato, l'art. 1-bis della legge n. 383 del 2001,
come introdotto dall'art. 1, comma 2, del decreto-legge n. 210/2002,
disciplina in modo dettagliato una procedura di regolarizzazione che
da un lato rientra di per se stessa nella materia tutela del lavoro,
oggetto di potesta' legislativa concorrente della provincia,
dall'altro riferimento ad obblighi facenti capo a materie di
competenza provinciale primaria o concorrente.
Esso interviene in modo fortemente derogatorio nelle diverse
materie sopra indicate, rimettendo in toto la decisione sull'avvenuto
adeguamento, da parte dell'imprenditore, ad obblighi facenti capo a
importanti materie di competenza provinciale (salvo il parere
vincolante dei comuni - da esprimere pero' entro trenta giorni - in
materia di urbanistica e di ambiente), ad un organo che non si
caratterizza come organo provinciale, la cui composizione e' inoltre
interamente e dettagliatamente determinata dalla legge statale: cioe'
al CLES, che per di piu' dovrebbe essere nominato dal Commissario del
Governo presso la provincia stessa.
Si tratta, ad avviso della ricorrente provincia, in relazione ad
essa di una vera mostruosita' giuridica. In primo luogo, e'
arbitrario l'affidamento di funzioni amministrative nelle materie
provinciali ad un organo, il CLES, che o addirittura e' un organo
estraneo alla provincia (come lascerebbe pensare il potere di nomina
affidato ad un organo statale, con la conseguenza della totale
invasione delle funzioni legislative ed amministrative provinciali),
o e' istituito come organo provinciale, con la conseguenza comunque
della violazione della potesta' legislativa in materia di
organizzazione provinciale, oltre che nelle materie incise
dall'intervento, e con la ulteriore assurdita' giuridica della nomina
da parte di un organo statale.
In secondo luogo, tale organo esautora le autorita' che secondo
lo statuto e le leggi provinciali sono competenti nelle diverse
materie coinvolte nell'intervento. Una volta approvato (dal CLES) ed
attuato il piano, infatti, le autorita' competenti sono tenuto a
rilasciare le relative autorizzazioni e si produce l'estinzione non
solo dei reati ma di tutte le sanzioni (v. l'art. 1-bis legge
n. 383/2001, comma 10).
Dunque, la normativa di cui all'art. 1-bis viola chiaramente le
competenze legislative garantite alla provincia dallo statuto,
nonche' dall'art. 117, commi 3 e 4, Cost., sia sotto il profilo
dell'autonomia nella fissazione della disciplina, sia sotto il
profilo della diretta incidenza nell'ordinamento provinciale.
Sotto il primo profilo, infatti, la legislazione provinciale e'
soggetta a diversi limiti a seconda che la materia considerata
rientri nella potesta' primaria ai sensi dell'art. 117, comma 4,
Cost., ovvero nella potesta' primaria ai sensi dell'art. 8 dello
statuto, ovvero della potesta' concorrente ai sensi dell'art. 9 dello
statuto o del comma 3 dell'art. 117 Cost.
Nel primo caso, infatti, la Provincia autonoma di Trento e'
soggetta solo al limite della Costituzione e degli obblighi
internazionali e comunitari (v. l'art. 117, comma 1, Cost.,
applicabile ex art. 10, legge costituzionale n. 3/2001), nel secondo
anche al limite delle norme fondamentali delle riforme economiche e
sociali, mente nelle materie di potesta' concorrente si aggiunge il
limite dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi statali.
Ora, in ogni modo il solo principio fondamentale ricavabile dalla
normativa statale e' quello che consente l'emersione del lavoro
sommerso attraverso il progressivo adeguamento a determinati
obblighi, e tale principio, inerente alla materia tutela del lavoro,
vincola anche la ricorrente provincia. Per il resto, si tratta invece
di disposizioni di dettaglio, che rientrano nella sola ed esclusiva
potesta' della ricorrente provincia. Di qui un evidente contrasto con
lo statuto speciale, sia in se' che come "integrato" dal nuovo titolo
V.
Non meno evidente e' poi che la pretesa di dettare in materia di
competenza provinciale norme non solo di dettaglio ma autoapplicative
e direttamente operanti viola l'art. 2 del d.lgs. 16 marzo 1992,
n. 266, a termini del quale le disposizioni di legge statale non si
applicano direttamente ma determinano l'obbligo della provincia
stesso di adeguare la propria legislazione, nella misura in cui tale
adeguamento sia dovuto in relazione ai limiti propri della potesta'
legislativa provinciale, come sopra esposti.
2. - Illegittimita' per violazione delle competenze
amministrative della Provincia autonoma di Trento.
Il nuovo art. 1-bis legge n. 383/2001 attribuisce la competenza
all'approvazione del piano di emersione ad un organismo da istituire
presso un ufficio gia' trasferito alla provincia e la cui nomina
spetta al prefetto (cioe', al Commissario del Governo).
Le decisioni prese vincolano le autorita' competenti in materia,
che devono solo verificare l'avvenuta attuazione del piano (comma
10); ma gia' l'istruttoria finalizzata all'approvazione del piano
sospende le ispezioni e verifiche da parte degli organi competenti.
Si noti poi che il comma 1 attribuisce le funzioni di segreteria dei
CLES alle direzioni provinciali del lavoro, che nella provincia di
Trento non esistono (per effetto del gia' citato art. 9-bis d.P.R. 22
marzo 1974, n. 280), per cui tali funzioni dovrebbero, essere
assicurate dal competente servizio provinciale.
Dunque e' evidente l'interferenza della disciplina in questione
sullo svolgimento delle funzioni amministrative di competenza della
Provincia autonoma di Trento nelle diverse materie interessate dalla
legge. Da un lato vi e' addirittura esercizio diretto di funzioni
amministrative, attraverso la nomina del CLES, e la stessa attivita'
del CLES ove esso debba considerarsi organo statale (secondo del
resto la provenienza della maggior parte dei suoi elementi);
dall'altro vi e' il vincolo di contenuto all'esercizio delle funzioni
provinciali, che deriverebbe dall'attivita' dello stesso CLES.
In entrambi i casi, in particolare, e' violato l'art. 4, comma 1,
d.lgs. n. 266/1992, in base al quale "nelle materie di competenza
propria della regione o delle province autonome la legge non puo'
attribuire agli organi statali funzioni amministrative, comprese
quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di
violazioni amministrative, diverse da quelle spettanti allo Stato
secondo lo statuto speciale e le relative norme di attuazione".
3. - Violazione della competenza provinciale in materia di
funzioni comunali.
Nell'ambito del procedimento, poi, come visto, sono attribuite
competenze direttamente ai comuni (art. 1-bis legge n. 383/2001,
comma 5-bis) ed al CIPE (comma 8).
La previsione del parere vincolante comunale viola l'art. 15,
comma 2, d.P.R. n. 526/1987, secondo cui "al trasferimento ai comuni
di funzioni amministrative rientranti nelle materie di competenza
della Regione o delle Province si provvede, rispettivamente, con
legge regionale e provinciale". Tale disposizione infatti riserva
alla legge provinciale l'attribuzione di funzioni ai comuni nelle
materie provinciali.
4. - Violazione del principio di leale collaborazione per mancato
coinvolgimento delle autonomie regionali nel procedimento
legislativo.
A quanto risulta, ne' in sede di adozione del decreto-legge ne'
in sede di adozione del disegno di legge di conversione ne'
nell'esame parlamentare di tale disegno le autonomie regionali sono
state consultate attraverso la Conferenza Stato-Regioni. Poiche',
come visto, la disciplina qui impugnata riguarda materie di
competenza regionale, tale mancato coinvolgimento lede il principio
di leale collaborazione, espressamente menzionato ora nel titolo V
della Costituzione.
In particolare, risulta violato l'art. 2, comma 3, d.lgs.
n. 281/1997, in base al quale "la Conferenza Stato-Regioni e'
obbligatoriamente sentita in ordine agli schemi di disegni di legge e
di decreto legislativo o di regolamento del Governo nelle materie di
competenza delle regioni o delle province autonome di Trento e di
Bolzano". Ne' si puo' obiettare che, nel caso di specie, la
consultazione non era possibile, dato che l'art. 2, comma 5, d.lgs.
n. 281 disciplina espressamente i casi di urgenza: "quando il
Presidente del Consiglio dei ministri dichiara che ragioni di urgenza
non consentono la consultazione preventiva, la Conferenza
Stato-Regioni e' consultata successivamente ed il Governo tiene conto
dei suoi pareri: a) in sede di esame parlamentare dei disegni di
legge o delle leggi di conversione dei decreti-legge". Dunque, la
mancata consultazione della Conferenza risulta comunque illegittima.
Si tenga presente, per comprendere l'importanza del principio di
leale collaborazione nel nuovo titolo V, anche il modo in cui esso
viene concretato dall'art. 11 legge Cost. n. 3/2001.
La circostanza che non sia ancora stata realizzata la speciale
composizione integrata della commissione parlamentare per le
questioni regionali non toglie che il principio di partecipazione
regionale al procedimento legislativo delle leggi statali ordinarie,
quando queste intervengono in materia di competenza concorrente, ha
ora espresso riconoscimento costituzionale.
Del resto, e' da sottolineare che codesta Corte costituzionale
gia' nella sent. n. 398 del 1998 (punto 16 del Diritto) ha annullato
una norma legislativa statale incidente sulle competenze regionali
per mancato coinvolgimento delle regioni nel procedimento
legislativo.
5. - Illegittimita' dell'art. 1, comma 2, del decreto-legge 25
settembre 2002, n. 210, per il caso che venga riferito a materia
delegata alla Provincia autonoma di Trento.
Come si e' gia' visto, l'art. 9-bis d.P.R. 22 marzo 1974, n. 280
(aggiunto dal d.lgs. n. 430/1995), ha "delegato alle Province
autonome di Trento e Bolzano, l'esercizio delle funzioni
amministrative attribuite all'ufficio regionale e agli uffici
provinciali del lavoro e della massima occupazione di Trento e
Bolzano nonche' alle sezioni circoscrizionali per l'impiego ricadenti
nei rispettivi territori", trasferendo alle province i relativi
uffici e prevedendo che esse disciplinino con legge l'organizzazione
delle funzioni delegate.
Si potrebbe dunque ipotizzare che le norme impugnate riguardino
non materie di competenza propria della Provincia autonoma di Trento
ma una materia delegata.
A parere della provincia questa interpretazione non e' corretta,
in quanto le norme impugnate intervengono in materie (indicate nella
parte in Fatto) proprie della provincia ai sensi dello statuto
speciale o, ora, rientranti nell'art. 117, commi 3 e 4, Cost., ne' il
carattere proprio delle funzioni puo' essere smentito dalla
circostanza che il CLES debba essere istituito presso uffici gia'
titolari di funzioni delegate: funzioni del resto che, comunque, non
rientrano nelle materie di cui all'art. 117, comma 2, per cui
anch'esse devono ormai considerarsi di competenza propria della
provincia.
Inoltre, si puo' osservare che l'art. 1-bis legge n. 383/2001 non
attribuisce funzioni propriamente alle direzioni provinciali del
lavoro, ma ad un organo istituito presso le direzioni, composto di
membri designati dai soggetti piu' vari e nominati dal prefetto.
Le direzioni provinciali del lavoro, dunque, piu' che titolari
della funzione appaiono come i supporti organizzativi dei CLES.
Comunque, se anche si volesse far ricadere l'art. 1-bis legge
n. 383/2001 nel regime di cui all'art. 9-bis d.P.R. 22 mazzo 1974,
n. 280, si porrebbe con evidenza il problema della compatibilita'
della disciplina analitica statale con quanto disposto dallo stesso
art. 9-bis, comma 3, secondo cui "le province disciplinano con legge
l'organizzazione delle funzioni delegate". Con la delega le norme di
attuazione affidano all'autonomia provinciale la disciplina
organizzativa della funzione: il che appare poco compatibile con una
normativa statale che dispone l'obbligatoria creazione, la precisa
composizione e la competenza statale alla nomina del CLES.
Ne' si puo' porre in dubbio l'impugnabilita' della norma statale
per violazione dell'art. 9-bis d.P.R. n. 280/1974: da un lato le
norme di attuazione hanno, come noto, competenza riservata e separata
rispetto alle leggi ordinarie statali, dall'altro la delega di cui
all'art. 9-bis ha senz'altro carattere "organico", avendo il "fine di
realizzare nelle Province di Trento e Bolzano un organico sistema di
servizi per l'impiego".

P. Q. M.
La Provincia autonoma di Trento, come sopra rappresentata e
difesa, chiede;
Voglia l'eccellentissima Corte costituzionale dichiarare
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2, del
decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, come convertito dalla legge
22 novembre 2002, n. 266, conversione in legge, con modificazioni,
del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, recante disposizioni
urgenti in materia di emersione del lavoro sommerso e di rapporti di
lavoro a tempo parziale, nella parte in cui esso si applichi alla
ricorrente provincia senza salvaguardarne l'autonomia costituzionale,
per i motivi e profili illustrati nel presente ricorso.
Padova-Roma, addi' 17 gennaio 2003
Avv. prof. Giandomenico Falcon - Avv. Luigi Manzi

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