Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 31 gennaio 2018 (del Presidente del Consiglio dei ministri).

(GU n. 10 del 2018-03-07)

 

Ricorso ex art. 127 della Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

Contro la Regione Basilicata, in persona del Presidente in carica, con sede a Potenza (85100), viale Vincenzo Verrastro n. 4; Per la declaratoria della illegittimita' costituzionale degli articoli 1 e 6, comma 3, della legge della Regione Basilicata 30 novembre 2017, n. 32, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Basilicata n. 47 del 30 novembre 2017, giusta deliberazione del Consiglio dei ministri assunta nella seduta del giorno 19 gennaio 2018.

Premessa

La legge della Regione Basilicata 30 novembre 2017, n. 32, intitolata «Fibromialgia ed encefalomielite mialgica benigna quali patologie rare», definisce le malattie di cui al titolo quali «patologie rare» (art. 1) e stabilisce che la spesa relativa ai provvedimenti da adottare per farvi fronte «rientra tra quelle che la Regione gia' sostiene per le malattie rare» (art. 6, comma 3): tali norme sono costituzionalmente illegittime perche' violano sia l'art. 117, comma 3, della Costituzione - contrastando con il principio fondamentale in materia di tutela della salute che riserva alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato la individuazione e qualificazione delle patologie rare -sia lo stesso principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione - introducendo elementi di disparita' di trattamento tra cittadini a seconda della regione di residenza.

La legge e, segnatamente, le disposizioni indicate in epigrafe, vengono pertanto impugnate con il presente ricorso ex art. 127 Cost. affinche' ne sia dichiarata la illegittimita' costituzionale e ne sia pronunciato il conseguente annullamento per i seguenti

Motivi di diritto

1. Com'e' noto, l'art. 59, comma 50, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 stabili' che «Al fine di assicurare una maggiore equita' del sistema della partecipazione alla spesa sanitaria e delle relative esenzioni, nonche' di evitare l'utilizzazione impropria dei diversi regimi di erogazione delle prestazioni sanitarie», il Governo era delegato ad emanare, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o piu' decreti legislativi di riordino, con decorrenza 1° maggio 1998, della partecipazione alla spesa e delle esenzioni, nel rispetto, tra l'altro, del seguente principio e criterio direttivo:

«l'esenzione per patologie prevede la revisione delle forme morbose che danno diritto all'esenzione delle correlate prestazioni di assistenza sanitaria, farmaceutica e specialistica, ivi comprese quelle di alta specializzazione in particolare quando trattasi di condizioni croniche e/ o invalidanti; specifiche forme di tutela sono garantite alle patologie rare e ai farmaci orfani. All'attuazione delle disposizioni del decreto legislativo si provvede con regolamento del Ministro della sanita' ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400» (lett. f).

In attuazione della delega e del principio di cui alla disposizione teste' citata e' stato emanato il decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124 il quale, all'art. 5, ha stabilito che con regolamenti del Ministro della sanita', da emanarsi ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, «sono individuate, rispettivamente: a) le condizioni di malattia croniche o invalidanti; b) le malattie rare. Le condizioni e malattie di cui alle lettere a) e b) danno diritto all'esenzione dalla partecipazione per le prestazioni di assistenza sanitaria indicate dai medesimi regolamenti. Nell'individuare le condizioni di malattia, il Ministro della sanita' tiene conto della gravita' clinica, del grado di invalidita', nonche' della onerosita' della quota di partecipazione derivante dal costo del relativo trattamento» (comma 1).

In base a quanto previsto, in parte qua, dal decreto legislativo delegato sono stati poi adottati i decreti ministeriali 28 maggio 1999, n. 329 e il decreti ministeriale 18 maggio 2001, n. 279 i quali individuano, elencandole, rispettivamente, le malattie croniche e invalidanti e quelle rare che danno diritto all'esenzione dalla partecipazione al costo per le correlate prestazioni sanitarie incluse nei livelli essenziali di assistenza: tra le patologie rare non figura, allo stato, ne' la fibromialgia ne' l'encefalomielite mialgica benigna.

E percio', del tutto coerentemente, neppure il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 - recante «Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza» - il quale, all'Allegato 7, contiene l'elenco delle malattie rare esentate dalla partecipazione al costo, menziona come tali le patologie sopra indicate.

2. Dal complesso di tali disposizioni risulta dunque evidente che il potere di individuare e qualificare, per quanto qui specificamente interessa, le patologie rare spetta, in via esclusiva, allo Stato e che tale potere viene in concreto esercitato dal Ministro della Sanita' - ora dal Ministro della Salute - il quale vi provvede con propri decreti aventi natura regolamentare.

La legge statale determina cosi' un principio fondamentale in materia di tutela della salute che, nel riservare allo Stato la potesta' di individuazione delle malattie rare, risulta perfettamente ragionevole e comprensibile ove si consideri che la qualificazione di una patologia come rara dipende da valutazioni di ordine epidemiologico demandate ad organismi tecnico-scientifici e rispetto alle quali il profilo regionale/localistico e' privo di qualsiasi rilevanza.

Piu' precisamente, vengono a tal fine in considerazione, in primo luogo, la scarsa frequenza della malattia a livello nazionale - frequenza riferita al limite di prevalenza di 5 casi per 10.000 abitanti stabilito in sede europea - e, poi, la gravita' clinica della patologia - sulla quale incide anche la difficolta' della diagnosi - nonche' il grado «di invalidita' che la malattia comporta anche in ragione dell'assenza di terapie specifiche: condizioni che, al momento, non ricorrono nel caso della fibromialgia e dell'encefalomielite mialgica benigna.

Quel che e' certo e' che se una patologia puo' essere, alla luce dei criteri sopra indicati, definita come rara, come tale essa dev'essere dichiarata - con d.m. - a livello nazionale: cosi' come, per converso, e' altrettanto certo che una patologia non puo' essere riconosciuta rara, singulatim, dall'una o dall'altra Regione, con tutte le conseguenze che da una siffatta qualificazione derivano.

Anzi, a ben vedere, la decisione circa il carattere - diffuso o raro - di una certa malattia si colloca addirittura in un momento logicamente anteriore e preliminare rispetto alla stessa determinazione - di sicura competenza statale (art. 117, comma 2, lett. m) Cost. e art. 1, comma 2, decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502) - dei livelli essenziali ed uniformi di assistenza sanitaria.

E dunque, anche ammettendo che singole Regioni - purche' non sottoposte a piano di rientro dal disavanzo sanitario - possano - con atti ad efficacia limitata al rispettivo territorio - estendere l'esenzione dalla partecipazione al costo delle correlate prestazioni sanitarie a soggetti affetti da malattie non comprese nell'elenco di cui all'Allegato 7 al citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui LEA, intuitive esigenze di coordinamento in materia sanitaria e, ancor prima, di rispetto del principio di eguaglianza, escludono nel modo piu' assoluto la possibilita' di ipotizzare l'esistenza di un potere delle regioni di qualificare come rara l'una o l'altra patologia.

La rarita' di una malattia puo' essere infatti unicamente dichiarata dallo Stato - e, per esso, dal Ministero della Salute, quale Dicastero istituzionalmente preposto alla definizione unitaria degli indirizzi in materia di tutela della salute umana e, quindi, di prevenzione, cura e riabilitazione dalle malattie - sulla base dei criteri all'uopo stabiliti dall'Organizzazione Mondiale della Sanita', dagli enti e dagli istituti nazionali competenti in materia (in primis, dall'Istituto Superiore di Sanita', al cui interno opera, com'e' noto, il Centro Nazionale Malattie Rare) nonche' dalla comunita' scientifica.

E' pertanto assolutamente inconcepibile che l'una o l'altra Regione o Provincia autonoma si surroghino allo Stato nella qualificazione come rara dell'una o dell'altra patologia arrogandosi in tal modo un potere che loro non compete e pervenendo cosi', nei fatti, al risultato di un inammissibile riconoscimento del carattere di malattia rara ... a macchia di leopardo!.

Soprattutto se tale riconoscimento non e' fondato su criteri ed evidenze di carattere scientifico-epidemiologico o su specifiche acquisizioni tecnico-scientifiche verificate e validate da parte degli organismi competenti, ma si basa su valutazioni discrezionali di ordine politico-sanitario per loro natura essenzialmente variabili e mutevoli.

In assenza di (conformi) determinazioni assunte a livello nazionale, interventi legislativi regionali del genere, asseritamente posti in essere nell'esercizio della competenza legislativa concorrente della quale le Regioni godono in materia di tutela della salute, sono percio' costituzionalmente risolvendosi eo ipso nell'introduzione di una disciplina differenziata (e, di riflesso, discriminatoria) per singole regioni.

3. Non pare percio' fuor di luogo ricordare a questo proposito che codesta Ecc.ma Corte con le sentenze nn. 282 del 2002 e 338 del 2003 ha gia' avuto modo di affermare che interventi legislativi volti ad incidere su scelte proprie dell'arte medica non sono ammissibili ove nascano da pure valutazioni di discrezionalita' politica e non prevedano «l'elaborazione di indirizzi fondati sulla verifica dello stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite, tramite istituzioni e organismi - di norma nazionali o sovranazionali - a cio' deputati» ne' costituiscano «il risultato di una siffatta verifica», dato l'essenziale rilievo che, a questi fini, rivestono gli organi tecnico-scientifici.

Come evidenziato nell'occasione da codesta Corte, «a indirizzi e indicazioni di tal natura alludono del resto talune norme di legge che configurano in capo a organi statali compiti di "adozione di norme, linee guida e prescrizioni tecniche di natura igienico-sanitaria" (art. 114, comma 1, lettera b, del decreto legislativo n. 112 del 1998; art. 47-ter, comma 1, lettera b, del decreto legislativo n. 300 del 1999), o di "approvazione di manuali e tecniche" (art. 114, comma 1, lettera d, del decreto legislativo n. 112 del 1998), o di "indirizzi generali e coordinamento in materia di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione delle malattie umane" (art. 47-ter, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 300 del 1999): norme che, indipendentemente dall'attualita' del riparto di funzioni che esse realizzavano nel quadro dell'assetto costituzionale dei rapporti fra Stato e Regioni precedente alla legge costituzionale n. 3 del 2001, concorrono tuttora a configurare i principi fondamentali della materie» (cosi' la sentenza n. 282/2002).

Codesta Ecc.ma Corte ha poi aggiunto che sono proprio tali determinazioni assunte a livello nazionale che, garantendo condizioni di fondamentale uguaglianza su tutto il territorio nazionale, evitano che si introduca una disciplina differenziata, sul punto, per ogni singola regione: la previsione legislativa non puo' quindi che essere rimessa allo Stato e non alle singole legislazioni regionali e provinciali, le quali, altrimenti, creano una differente regolamentazione all'interno del territorio nazionale (in questi termini la sentenza n. 338/2003).

Tali principi - specificamente affermati con riferimento a leggi regionali intese a limitare o vietare il ricorso a determinate pratiche terapeutiche - ad avviso di questo Patrocinio ben si attagliano, anche in considerazione della loro valenza generale, pure alla presente fattispecie nella quale si discute della legittimita' di una legge regionale che, in assenza di qualsiasi valido fondamento scientifico ed epidemiologico ma, come si ha motivo di supporre, unicamente sulla base di una scelta di carattere politico, pretende di qualificare come rara una determinata patologia.

4. Completezza di esposizione impone peraltro di evidenziare che il Consiglio Superiore di Sanita', nella seduta del 14 settembre 2015, con specifico riferimento all'eventuale inclusione della fibromialgia tra le malattie croniche e invalidanti - e non, si badi bene, tra quelle rare - soggette a tutela ai sensi del decreto legislativo n. 124/1998, ha ritenuto necessario «attendere che siano definiti i cut-off - vale a dire le soglie: n.d.r. - attraverso studi idonei».

Lo stesso organo ha poi istituito un gruppo di lavoro, denominato «Progetto Fibromialgia», il quale ha elaborato una «Proposta progettuale per la definizione dei cut-off della fibromialgia» attualmente all'esame del Ministro della salute: non e' pertanto escluso che, in prospettiva, sulla base delle risultanze anche di tale Progetto, possa addivenirsi all'inclusione della fibromialgia nell'elenco nazionale delle malattie croniche e invalidanti.

Tant'e' vero che con una recente risoluzione approvata dalla XII^ Commissione della Camera dei deputati il 15 novembre 2017 si e' impegnato il Governo ad assumere iniziative per includere le malattie di cui trattasi tra quelle croniche rientranti tra i nuovi LEA.

5. Per queste ragioni la legge regionale all'esame, riconoscendo, nel titolo nonche' nella rubrica e nell'art. 1, comma 1, la fibromialgia e l'encefalomielite mialgica benigna quali patologie rare, eccede palesemente dalle competenze regionali e viola frontalmente il principio fondamentale stabilito dalle leggi statali citate secondo cui, come s'e' detto, il potere di individuare e qualificare le patologie rare spetta in via esclusiva allo Stato e, per esso, al Ministro della Salute il quale, sino ad ora, non ha ritenuto che quelle malattie presentino le caratteristiche per essere definite rare.

L'art. 1 citato - nonche' l'art. 6, comma 3, che, come s'e' detto, in base alla qualificazione operata stabilisce che la spesa relativa ai provvedimenti da adottare per fare fronte alle suddette patologie rientra tra quelle che la Regione gia' sostiene per le malattie rare - violano dunque, e ad un tempo, l'art. 117, comma 3, della Costituzione, contrastando con principi fondamentali in materia di tutela della salute stabiliti da leggi dello Stato, e l'art. 3 della Carta fondamentale, riservando, anche a prescindere dall'esenzione dal ticket, una «condizione sanitaria» differenziata ai soggetti affetti da fibromialgia ovvero da encefalomielite mialgica benigna residenti nella regione Basilicata rispetto a tutti gli altri cittadini affetti dalle stesse malattie ma residenti in altre regioni, i quali ne risultano, di riflesso e per converso, discriminati.

 

P.Q.M.

Chiede che codesta Ecc.ma Corte voglia dichiarare costituzionalmente illegittimi, e conseguentemente annullare, per i motivi sopra rispettivamente indicati ed illustrati, gli articoli 1 e 6, comma 3, della legge della Regione Basilicata 30 novembre 2017, n. 32, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Basilicata n. 47 del 30 novembre 2017, giusta deliberazione del Consiglio dei ministri assunta nella seduta del giorno 19 gennaio 2018.

Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno i seguenti atti e documenti:

1. attestazione relativa alla approvazione, da parte del Consiglio dei ministri nella riunione del giorno 19 gennaio 2018, della determinazione di impugnare gli articoli 1 e 6, comma 3, della legge della Regione Basilicata 30 novembre 2017, n. 32, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Basilicata n. 47 del 30 novembre 2017, giusta deliberazione del Consiglio dei ministri assunta nella seduta del giorno 19 gennaio 2018;

2. copia della legge regionale impugnata pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Basilicata n. 47 del 30 novembre 2017.

Con riserva di illustrare e sviluppare in prosieguo i motivi di ricorso anche alla luce delle difese avversarie.   

 

Roma, 29 gennaio 2018    

Il vice Avvocato generale dello Stato: Mariani

 

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