Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 18 dicembre 2017 (del Presidente del Consiglio dei ministri).

(GU n. 2 del 2018-01-10)

 

Ricorso ex art. 127 della Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

Contro la Regione Campania, in persona del suo Presidente pro tempore, per la declaratoria della illegittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge della Regione Campania n. 30 del 9 ottobre 2017, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Campania n. 74 del 9 ottobre 2017, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 1° dicembre 2017, per contrasto con gli articoli 117, comma 3, e 120 della Costituzione.

Fatto

In data 9 ottobre 2017 e' stata pubblicata, sul n. 74 del Bollettino Ufficiale della Regione Campania, la legge regionale n. 30 del 9 ottobre 2017, recante «Interventi di lotta al tabagismo per la tutela della salute».

Una delle disposizioni contenute nella detta legge, come meglio si andra' a precisare in prosieguo, eccede dalle competenze regionali ed e' violativa di previsioni costituzionali, nonche' illegittimamente invasiva delle competenze dello Stato; si deve pertanto procedere con il presente atto alla sua impugnazione, affinche' ne sia dichiarata la illegittimita' costituzionale, con conseguente annullamento, sulla base delle seguenti considerazioni in punto di

Diritto

1. La legge della Regione Campania n. 30 del 9 ottobre 2017, «Interventi di lotta al tabagismo per la tutela della salute», con l'art. 2, comma 2, ha deliberato la predisposizione di un Piano regionale triennale per la lotta al tabagismo, attraverso il quale, con il concorso di altri soggetti pubblici e privati, si prevede la realizzazione di una serie di misure finalizzate alla prevenzione, l'assistenza e il supporto alla disassuefazione dal tabagismo, «in accordo con le indicazioni delle Linee guida internazionali e nazionali e con i metodi della medicina basata sulle evidenze, anche riconoscendo il principio di riduzione del danno».

In particolare, i successivi commi 3 e 4 dell'art. 2 della legge che qui si impugna chiariscono che

«3. Il piano per la lotta al tabagismo di cui al comma 2 prevede interventi riguardanti:

a) la prevenzione del tabagismo attraverso la promozione di stili di vita sani e liberi dal fumo nella comunita';

b) l'assistenza ed il supporto alla disassuefazione dal tabagismo, prevedendo l'accesso gratuito ai servizi aziendali per la cura del tabagismo e per smettere di fumare;

c) la valorizzazione dell'ambiente contro l'inquinamento causato dai rifiuti generati dal fumo;

d) il rispetto del divieto di fumare nei luoghi pubblici e di lavoro, prevedendo che, ai fini di tale divieto, si intenda per utente anche il personale dipendente o altrimenti addetto ad attivita' lavorativa;

e) la tutela dei non fumatori;

f) la promozione di servizi, iniziative, progetti locali dedicati presso i Centri territoriali per la disassuefazione dal fumo di tabacco operativi presso le strutture del Servizio sanitario nazionale (SSN).

4. La Regione promuove la definizione di accordi per l'attuazione degli interventi realizzati dalle aziende sanitarie, dagli enti locali e dagli altri soggetti pubblici e privati, in applicazione del piano per la lotta al tabagismo di cui al comma 2».

In tal modo operando, tuttavia, la Regione si pone in evidente contrasto con le attribuzioni del commissario per l'attuazione del piano di rientro dal deficit sanitario, e, conseguentemente, con le disposizioni costituzionali indicate in epigrafe.

2.1. Giova rammentare pregiudizialmente che, a seguito della nota, gravissima e generalizzata situazione di disavanzo in materia sanitaria che affliggeva ed affligge le regioni italiane - che alla spesa sanitaria devono far fronte - con l'art. 1, comma 180 della legge n. 311 del 30 dicembre 2004 (legge finanziaria per l'anno 2005) veniva prevista la possibilita' di stipulare accordi tra le regioni in situazione di sofferenza e i Ministeri della salute e dell'economia e finanze volti ad individuare «gli interventi necessari per il perseguimento dell'equilibrio economico, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza».

2.2. Con la successiva Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005 venivano stabilite le modalita' per il monitoraggio della effettiva realizzazione degli obiettivi di cui agli obblighi assunti dalle regioni con i detti accordi: in particolare, veniva anche prevista una specifica attenzione alla realizzazione degli interventi di cui al Piano nazionale della prevenzione.

2.2. In questo contesto era quindi concluso, in data 13 marzo 2007, un Accordo sul piano di rientro per il triennio 2007-2009 tra la Regione Campania e le amministrazioni statali.

2.3. La Regione non rispettava tuttavia gli impegni assunti nell'Accordo.

Pertanto il Governo, avvalendosi dei poteri sostitutivi previsti dall'art. 4, comma 2, del decreto-legge 1 ottobre 2007, n. 159 (1) , con delibera del 24 luglio 2009 procedeva alla nomina di un commissario ad acta per la puntuale attuazione del piano di rientro.

2.4. A seguito del protrarsi dello stato di commissariamento - per il mancato completo realizzarsi degli obiettivi cui e' legata la cessazione dello stato di emergenza - e in forza della successione di varie disposizioni regolanti la materia, in forza della delibera del Consiglio dei ministri del 10 luglio 2017 riveste attualmente il ruolo di commissario ad acta il Presidente pro tempore della Regione Campania, il cui compito e' dunque costituito dall'attuazione del piano di rientro, come da ultimo aggiornato - secondo le previsioni dell'art. 2, commi 88 e 88-bis della legge n. 191 del 23 dicembre 2009 (legge finanziaria per l'anno 2010), nei termini di cui alla lettera b) della detta delibera - a seguito del vigente decreto del commissario pro-tempore n. 14 del 1° marzo 2017.

2.5. Orbene, tra i compiti demandati al commissario dal provvedimento adottato in data 10 luglio 2017 dal Consiglio dei ministri (punto XXV della delibera) sono ricompresi la «riorganizzazione e potenziamento delle attivita' di prevenzione in tutta la Regione Campania».

Appare dunque di immediata evidenza che gli interventi previsti dalla legge regionale che oggi si impugna, a prescindere dalla circostanza che essi, nel merito, confliggano (come sembra) o meno con quanto previsto dal vigente piano di rientro, vanno in ogni caso ad incidere sulla competenza del commissario.

Non sembra revocabile in dubbio che e' solo il commissario, e non la Regione, attraverso i meccanismi cui si intende dar vita con la legge che qui si impugna, che ha competenza a provvedere in un settore certamente rientrante nel piu' generale campo delle «attivita' di prevenzione».

La norma in discorso - anche per le sue puntuali previsioni e la sua immediata operativita' - non puo' non interferire:

per un verso, con l'attivita' del commissario, che invece dovrebbe provvedere in via diretta, nell'ambito delle competenze conferitegli, in una visione complessiva degli interventi volti al perseguimento del fondamentale obiettivo del raggiungimento dell'equilibrio economico, facendo salva la erogazione dei livelli essenziali di Assistenza-LEA con consapevole gestione delle limitate risorse economiche disponibili;

per altro verso, in ultima analisi, con la stessa attivita' degli organi costituiti con il decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (il tavolo di verifica degli adempimenti; il comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza), essenziali per una attenta gestione della spesa di competenza regionale nel settore sanitario ai fini di un troppo atteso risanamento; organi che potrebbero incontrare difficolta' nel valutare, e ancor di piu' nell'incidere, ove necessario, su interventi sottratti alla competenza del commissario e in grado di influenzare negativamente la loro attivita' di monitoraggio e controllo sull'operato del commissario.

2.6. Ne' sembra sufficiente a superare il dubbio di costituzionalita' la previsione dell'art. 9 della legge che si impugna, norma di chiusura che, al primo comma, prevede che «le disposizioni della presente legge si applicano in quanto compatibili con le previsioni del piano di rientro dal disavanzo sanitario della Regione e con quelle dei programmi operativi di cui all'articolo 2, comma 88 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - finanziaria 2010) e con le funzioni attribuite al commissario ad acta per la prosecuzione del piano di rientro dal disavanzo sanitario».

Trattasi infatti di previsione del tutto generica, e comunque non idonea a limitare una interferenza con l'attivita' commissariale che viene ad esistenza ex se per la sola previsione di iniziative di prevenzione alternative a quelle di competenza del commissario.

Piu' in generale, d'altronde, non puo' sfuggire la singolarita' di un intervento normativo attraverso il quale la Regione tende ad appropriarsi nuovamente di competenze trasferite ad un commissario straordinario istituito proprio in conseguenza di una gestione non efficiente della spesa sanitaria da parte dell'ente territoriale stesso.

3. L'art. 2 della legge della Regione Campania n. 30 del 9 ottobre 2017 appare pertanto invasivo delle competenze statali, e deve essere dichiarato incostituzionale, per le seguenti considerazioni in punto di diritto.

3.1. La norma viola in primo luogo la previsione dell'art. 120 della Costituzione, a mente del quale (comma 2) «il Governo puo' sostituirsi a organi delle Regioni, delle Citta' metropolitane, delle Province e dei comuni in caso di mancato rispetto ... quando lo richiedono la tutela della unita' giuridica o dell'unita' economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili le sociali».

La nomina dei commissari ad acta di cui si discorre e' appunto volta a tale ultima tutela, oltre che, piu' in generale, alla tutela del diritto alla salute (art. 32 Cost.).

Dunque evidente, come visto fin qui, e' la almeno potenziale intrusione nei poteri del commissario che si realizza con la legge regionale che si impugna.

Invero, come insegna la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, al fine di assicurare contemporaneamente l'unita' economica della Repubblica e i livelli essenziali delle prestazioni concernenti il diritto fondamentale alla salute, «il Governo puo' nominare un commissario ad acta, le cui funzioni, come definite nel mandato conferitogli e come specificate dai programmi operativi (ex art. 2, comma 88, della legge n. 191 del 2009), pur avendo carattere amministrativo e non legislativo (sentenza n. 361 del 2010), devono restare, fino all'esaurimento dei compiti commissariali, al riparo da ogni interferenza degli organi regionali - anche qualora questi agissero per via legislativa - pena la violazione dell'art. 120, secondo comma, Cost. (ex plurimis, sentenze n. 278 e n. 110 del 2014, n. 228, n. 219, n. 180 e n. 28 del 2013 e gia' n. 78 del 2011). L'illegittimita' costituzionale della legge regionale sussiste anche quando l'interferenza e' meramente potenziale e, dunque, a prescindere dal verificarsi di un contrasto diretto con i poteri del commissario incaricato di attuare il piano di rientro (sentenza n. 110 del 2014)» (Corte Cost., sentenza n.14 del 19 gennaio 2017).

Alla Regione non e' dunque consentito alcun intervento nelle materie rientranti nella competenza commissariale, quale, come nel caso, quella della prevenzione e della lotta al tabagismo, che rientra nelle piu' generali «attivita' di prevenzione» demandate al commissario ad acta, in un contesto tuttavia piu' ampio, organico e non parcellizzato, destinato ad un'opera di razionalizzazione della spesa pubblica.

L'attivita' della Regione rischierebbe infatti di ostacolare - anche nella ipotetica individuazione di tagli alla spesa e non di aggravio della stessa - quella dell'organo straordinario, essendo del tutto disarmonica rispetto alle scelte commissariali (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 226 del 15 dicembre 2016).

Di qui l'evidente violazione dell'art. 120 della Costituzione e la inevitabilita' di una declaratoria di illegittimita' della legge impugnata.

3.2. L'art. 2 della legge della Regione Campania n. 30 del 9 ottobre 2017 e' altresi' palesemente violativo della previsione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione, nella parte in cui rimette alla competenza legislativa concorrente (con obbligo, quindi, per le Regioni di attenersi ai principi fondamentali, rimessi alla legislazione statale), tra le altre, la materia della «tutela della salute» e del «coordinamento della finanza pubblica», avuto riguardo - come norme interposte - ai commi 80 (2) e 95 (3) dell'art. 2 della legge n. 191 del 2009, quali disposizioni che pongono il divieto di interferire con il piano di rientro e il mandato commissariale.

E, invero, la predisposizione del Piano regionale triennale per la lotta al tabagismo ivi contemplato e gli interventi in quella sede previsti incidono sulla organizzazione sanitaria trascurando i vincoli posti dal piano di rientro del deficit sanitario e i relativi programmi operativi, e appaiono pregiudizievoli degli obiettivi in quella sede individuati, in contrasto con il chiaro disposto del citato comma 95 che preclude alla Regione ogni iniziativa che sia «di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro».

Anche sul punto soccorre la recente giurisprudenza di codesto ecc.mo Consesso, che, nella gia' richiamata sentenza n. 14/2017, chiarisce che «costituisce un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica quanto stabilito dall'art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, per cui sono vincolanti, per le regioni che li abbiano sottoscritti, gli accordi previsti dall'art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)", finalizzati al contenimento della spesa sanitaria e al ripianamento dei debiti (da ultimo, sentenza n. 227 del 2015)» (sentenza n. 266 del 2016)".

In tal senso, tra le tante, soccorre anche Corte costituzionale, n. 227 dell'11 novembre 2015, che ribadisce che «l'autonomia legislativa concorrente delle regioni nella materia della tutela della salute, in particolare nell'ambito della gestione del servizio sanitario, puo' incontrare limiti imposti dalle esigenze della finanza pubblica al fine di contenere i disavanzi del settore sanitario (sentenza n. 193 del 2007). In particolare, e' stato ripetutamente affermato che costituisce un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica quanto stabilito dall'art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, per cui sono vincolanti, per le regioni che li abbiano sottoscritti, gli accordi di cui all'art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2005), finalizzati al contenimento della spesa sanitaria e al ripianamento dei debiti (ex plurimis, sentenze n. 278, n. 110 e n. 85 del 2014, n. 180 e n. 104 del 2013). Tali accordi assicurano, da un lato, la partecipazione delle regioni alla definizione dei percorsi di risanamento dei disavanzi nel settore sanitario e, dall'altro, escludono che la Regione possa poi adottare unilateralmente misure - amministrative o normative - con incompatibili (sentenza n. 51 del 2013)».

Conclusivamente, la norma censurata e' viziata anche sotto questo profilo, e dovra' essere dichiarata incostituzionale.

(1) «4. Commissari ad acta per le regioni inadempienti. 1. Qualora nel procedimento di verifica e monitoraggio dei singoli piani di rientro, effettuato dal tavolo di verifica degli adempimenti e dal comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, di cui rispettivamente agli articoli 12 e 9 dell'Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005, con le modalita' previste dagli accordi sottoscritti ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, si prefiguri il mancato rispetto da parte della regione degli adempimenti previsti dai medesimi piani, in relazione alla realizzabilita' degli equilibri finanziari nella dimensione e nei tempi ivi programmati, in funzione degli interventi di risanamento, riequilibrio economico-finanziario e di riorganizzazione del sistema sanitario regionale, anche sotto il profilo amministrativo e contabile, tale da mettere in pericolo la tutela dell'unita' economica e dei livelli essenziali delle prestazioni, ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, il Presidente del Consiglio dei ministri, con la procedura di cui all'articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, diffida la regione ad adottare entro quindici giorni tutti gli atti normativi, amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi previsti nel piano. 2. Ove la regione non adempia alla diffida di cui al comma 1, ovvero gli atti e le azioni posti in essere, valutati dai predetti tavolo e comitato, risultino inidonei o insufficienti al raggiungimento degli obiettivi programmati, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, nomina un commissario ad acta per l'intero periodo di vigenza del singolo piano di rientro. Al fine di assicurare la puntuale attuazione del piano di rientro, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, puo' nominare, anche dopo l'inizio della gestione commissariale, uno o piu' subcommissari di qualificate e comprovate professionalita' ed esperienza in materia di gestione sanitaria, con il compito di affiancare il commissario ad acta nella predisposizione dei provvedimenti da assumere inesecuzione dell'incarico commissariale. I subcommissari svolgono attivita' a supporto dell'azione del commissario, essendo il loro mandato vincolato alla realizzazione di alcuni o di tutti gli obiettivi affidati al commissario con il mandato commissariale. Il commissario puo' avvalersi dei subcommissari anche quali soggetti attuatori e puo' motivatamente disporre, nei confronti dei direttori generali delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e delle aziende ospedaliere universitarie, fermo restando il trattamento economico in godimento, la sospensione dalle funzioni in atto, che possono essere affidate a un soggetto attuatore, e l'assegnazione ad altro incarico fino alla durata massima del commissariamento ovvero alla naturale scadenza del rapporto con l'ente del servizio sanitario. Gli eventuali oneri derivanti dalla gestione commissariale sono a carico della regione interessata, che mette altresi' a disposizione del commissario e dei subcommissari il personale, gli uffici e i mezzi necessari all'espletamento dell'incarico. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sono determinati i compensi degli organi della gestione commissariale. Le regioni provvedono ai predetti adempimenti utilizzando le risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente. 2-bis. I crediti interessati dalle procedure di accertamento e riconciliazione del debito pregresso al 31 dicembre 2005, attivate dalle regioni nell'ambito dei piani di rientro dai deficit sanitari di cui all'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, per i quali sia stata fatta la richiesta ai creditori della comunicazione di informazioni, entro un termine definito, sui crediti vantati dai medesimi, si prescrivono in cinque anni dalla data in cui sono maturati, e comunque non prima di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, qualora, alla scadenza del termine fissato, non sia pervenuta la comunicazione richiesta. A decorrere dal termine per la predetta comunicazione, i crediti di cui al presente comma non producono interessi».

(2) «80. Per la regione sottoposta ad un piano di rientro resta fermo l'obbligo del mantenimento, per l'intera durata del piano delle maggiorazioni dell'aliquota dell'imposta regionale sulle attivita' produttive e dell'addizionale regionale all'IRPEF ove scattate automaticamente ai sensi dell'articolo 1, comma 174 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, come da ultimo modificato dal comma 76 del presente articolo. A decorrere dal 2013 alle regioni che presentano, in ciascuno degli anni dell'ultimo biennio di esecuzione del Piano di rientro, ovvero del programma operativo di prosecuzione dello stesso , verificato dai competenti Tavoli tecnici di cui agli articoli 9 e 12 dell'Intesa 23 marzo 2005, sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento di Bolzano, pubblicata nel supplemento ordinario n. 83 alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005, un disavanzo sanitario, di competenza del singolo esercizio e prima delle coperture, decrescente e inferiore al gettito derivante dalla massimizzazione delle predette aliquote, e' consentita la riduzione delle predette maggiorazioni, ovvero la destinazione del relativo gettito a finalita' extrasanitarie riguardanti lo svolgimento di servizi pubblici essenziali e l'attuazione delle disposizioni di cui al decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, in misura tale da garantire al finanziamento del Servizio sanitario regionale un gettito pari al valore medio annuo del disavanzo sanitario registrato nel medesimo biennio. Alle regioni che presentano, in ciascuno degli anni dell'ultimo triennio, un disavanzo sanitario, di competenza del singolo esercizio e prima delle coperture, inferiore, ma non decrescente, rispetto al gettito derivante dalla massimizzazione delle predette aliquote, e' consentita la riduzione delle predette maggiorazioni, ovvero la destinazione del relativo gettito a finalita' extrasanitarie riguardanti lo svolgimento di servizi pubblici essenziali e l'attuazione delle disposizioni di cui al decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, in misura tale da garantire al finanziamento del Servizio sanitario regionale un gettito pari al valore massimo annuo del disavanzo sanitario registrato nel medesimo triennio.

Le predette riduzioni o destinazione a finalita' extrasanitarie sono consentite previa verifica positiva dei medesimi Tavoli e in presenza di un Programma operativo 2013-2015 approvato dai citati Tavoli, ferma restando l'efficacia degli eventuali provvedimenti di riduzione delle aliquote dell'addizionale regionale all'IRPEF e dell'IRAP secondo le vigenti disposizioni. Resta fermo quanto previsto dal presente comma incaso di risultati quantitativamente migliori e quanto previsto dal comma 86 in caso di determinazione di un disavanzo sanitario maggiore di quello programmato e coperto. Gli interventi individuati dal piano sono vincolanti per la regione, che e' obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro. A tale scopo, qualora in corso di attuazione del piano o dei programmi operativi di cui al comma 88, gli ordinari organi di attuazione del piano o il commissario ad acta rinvengano ostacoli derivanti da provvedimenti legislativi regionali, li trasmettono al Consiglio regionale, indicandone puntualmente i motivi di contrasto con il Piano di rientro o con i programmi operativi. Il Consiglio regionale, entro i successivi sessanta giorni, apporta le necessarie modifiche alle leggi regionali in contrasto, o le sospende, o le abroga. Qualora il Consiglio regionale non provveda ad apportare le necessarie modifiche legislative entro i termini indicati, ovvero vi provveda in modo parziale o comunque tale da non rimuovere gli ostacoli all'attuazione del piano o dei programmi operativi, il Consiglio dei Ministri adotta, ai sensi dell'articolo 120 della Costituzione, le necessarie misure, anche normative, per il superamento dei predetti ostacoli. Resta fermo quanto previsto all'articolo 1, comma 796, lettera b) ottavo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in merito alla possibilita', qualora sia verificato che il rispetto degli obiettivi intermedi sia stato conseguito con risultati quantitativamente migliori, di riduzione delle aliquote fiscali dell'esercizio successivo per la quota corrispondente al miglior risultato ottenuto: analoga misura di attuazione si puo' applicare anche al blocco del turn over e al divieto di effettuare spese non obbligatorie in presenza delle medesime condizioni di attuazione del piano».

(3) «95. Gli interventi individuati dal piano di rientro sono vincolanti per la regione, che e' obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro».

 

P. Q. M.

Si chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimo, e conseguentemente annullare, per i motivi sopra specificati, l'art. 2 della legge della Regione Campania n. 30 del 9 ottobre 2017, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Campania n. 74 del 9 ottobre 2017, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 1° dicembre 2017, per contrasto con gli articoli 117, comma 3, Cost. e 120 della Costituzione;

Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno:

1. estratto della delibera del Consiglio dei ministri 1° dicembre 2017;

2. copia della legge regionale impugnata;

3. rapporto del Dipartimento degli affari regionali.

 

Roma, 6 dicembre 2017

L'avvocato dello Stato: Salvatorelli

 

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