N.   90  RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 agosto 2010.
 
Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 5  agosto  2010  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
 
(GU n. 38 del 22-9-2010) 

    Ricorso del Presidente del  Consiglio  dei  ministri  in  carica,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i
cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma, via dei  Portoghesi  n.
12, contro la Provincia di Bolzano, in  persona  del  Presidente  pro
tempore, per la declaratoria di  incostituzionalita',  e  conseguente
annullamento della legge della provincia  di  Bolzano  n.  6  del  12
maggio 2010 (pubblicata nel BUR  n.  21  del  25  maggio  2010),  con
riguardo alle disposizioni di cui agli  artt.  4,  8,  11  e  33  per
violazione della competenza esclusiva statale ex  art.  117,  secondo
comma, lettera s) della Costituzione, nonche' dell'art. 8,  comma  1,
dello Statuto speciale di autonomia, d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e
cio' in forza e a seguito  della  determinazione  del  Consiglio  dei
ministri del 22 luglio 2010 di impugnare la predetta legge n.  6/2010
della Provincia di Bolzano. 
    La legge della Provincia di Bolzano, n. 6 del 12 maggio 2010, che
disciplina  la  tutela  degli  animali  selvatici,  delle  piante   a
diffusione  spontanea,  dei  loro  habitat,  nonche'  dei  fossili  e
minerali presenta diversi profili di illegittimita' costituzionale. 
    Si premette, in via generale, che, nonostante  la  provincia,  ai
sensi dell'art. 8, comma 1, punti nn. 15 e 16, del d.P.R. n. 670/1972
recante lo Statuto speciale per il  Trentino-Alto  Adige,  abbia  una
potesta' legislativa primaria in materia di caccia e di parchi per la
protezione  della  flora  e  della  fauna,  secondo  una  consolidata
giurisprudenza costituzionale, (cfr. sent. n. 378/2007)  la  potesta'
di disciplinare l'ambiente nella sua interezza e' stata  affidata  in
via esclusiva allo Stato, dall'art. 117, secondo comma,  lettera  s),
della Costituzione, il quale,  come  e'  noto,  parla  di  «ambiente»
(ponendovi accanto la parola  «ecosistema»)  in  termini  generali  e
onnicomprensivi. Ne  consegue  che  spetta  allo  Stato  disciplinare
l'ambiente come una entita' organica, dettare cioe'  delle  norme  di
tutela che  hanno  ad  oggetto  il  tutto  e  le  singole  componenti
considerate come parti del tutto. Ed e' da notare che  la  disciplina
unitaria e complessiva del bene ambiente, inerisce  ad  un  interesse
pubblico di valore costituzionale primario  (sent.  n.  151/1986)  ed
assoluto (sent. n. 210/ 1987) e deve  garantire,  come  prescrive  il
diritto  comunitario,  un  elevato  livello  di  tutela,  come   tale
inderogabile da altre discipline di settore. Inoltre,  la  disciplina
unitaria del bene complessivo ambiente, rimessa in via esclusiva allo
Stato, viene a prevalere su quella  dettata  dalle  regioni  o  dalle
province  autonome,  in  materie  di  competenza   propria,   ed   in
riferimento ad altri  interessi.  Cio'  comporta  che  la  disciplina
ambientale, che scaturisce dall'esercizio di una competenza esclusiva
dello Stato, investendo l'ambiente nel suo complesso, e quindi  anche
in ciascuna sua  parte,  viene  a  funzionare  come  un  limite  alla
disciplina che le regioni e le province  autonome  dettano  in  altre
materie di loro competenza (cfr. sent. n. 380/2007). 
    E'  indubbio,  in  particolare,  che  l'esercizio  dell'attivita'
venatoria  sia  da  ricomprendersi  nella  nozione  di  ambiente   ed
ecosistema, che la Corte costituzionale ha ricostruito nelle sentenze
citate, dal momento che tale  attivita'  incide  sulla  tutela  della
fauna e di conseguenza sull'equilibrio dell'ecosistema. 
    Pertanto, nelle materie oggetto  di  disciplina  della  legge  in
esame  il  legislatore  provinciale,  nell'esercizio  della   propria
competenza  legislativa  piena,  e'  sottoposto  al  rispetto   degli
standard  minimi  ed  uniformi  di  tutela  posti  in  essere   dalla
legislazione nazionale, ex art. 117, secondo comma, lettera s) Cost.,
oltre che al rispetto  della  normativa  comunitaria  di  riferimento
(direttive 79/409/CEE, 92/43/CEE, 88/22/CEE) secondo quanto  disposto
dall'art. 8, comma 1 dello Statuto speciale di autonomia e  dall'art.
117, primo comma, Cost. 
    Sulla base di queste premesse sono censurabili, in violazione dei
vincoli posti al legislatore provinciale dal suindicato art. 8, comma
1  dello  Statuto,  nonche'  in  quanto  invasive  della   competenza
esclusiva statale di cui all'art. 117,  comma  2,  lettera  s)  della
Costituzione, le disposizioni della legge in esame che non  recano  i
necessari richiami alle norme statali di settore di cui alla legge n.
157/1992 recante «Norme  per  la  protezione  della  Fauna  selvatica
omeoterma e per il  prelievo  venatorio»  e  al  D.P.R.  n.  357/1997
recante «Regolamento recante  attuazione  della  direttiva  92/43/CEE
relativa alla conservazione degli habitat  naturali  e  seminaturali,
nonche' della flora e della fauna selvatiche». Tale mancato  richiamo
alle  definizioni  recate   dalla   normativa   statale   rende   non
univocamente interpretabili le disposizioni riguardanti le azioni, le
specie e i luoghi  oggetto  delle  previste  attivita'  di  tutela  e
conservazione. 
    In particolare: 
        1. la norma contenuta nell'art. 4, rubricato «Specie  animali
integralmente protette», ricorre a nozioni non coincidenti con quelle
utilizzate nella normativa statale e  comunitaria  (nello  specifico,
quelle  previste  dalla  Direttiva  92/43/CEE   e   dalla   Direttiva
79/409/CEE  e  dalle  relative  norme  di  recepimento  statale   che
prevedono «specie  protette  e  particolarmente  protette»).  Analoga
osservazione va formulata con riguardo all'art.  8.  In  relazione  a
tale ultima norma si rileva in particolare, con riferimento al  comma
4, che detta disposizione consente ai proprietari e ad altri soggetti
la raccolta  senza  limitazioni  dei  funghi  e  di  specie  vegetali
parzialmente protette. La norma  statale  di  riferimento,  contenuta
nell'art. 4, comma 1, della legge n.  352/1993,  pone  invece  limiti
derogabili solo  subordinatamente  a  determinate  condizioni.  Detta
norma statale,  dettata  a  tutela  dell'ecosistema,  deve  ritenersi
vincolante anche per la Provincia di Bolzano in quanto pone  standard
minimi di tutela in materia ambientale; 
        2. la disposizione contenuta  nell'art.  11,  concernente  la
concessione, da parte del responsabile della ripartizione provinciale
Natura e Paesaggio, di deroghe alle disposizioni  previste  dall'art.
4, comma 5 e dall'art. 7, comma 4,  risulta  non  conforme  a  quanto
disposto dall'art. 11, comma 1, del d.P.R. n. 357/1997, in quanto  le
deroghe alla cattura  di  specie  riferibili  all'allegato  IV  della
direttiva, ovvero allegato D del d.P.R. n. 357/1997, devono  in  ogni
caso essere autorizzate dal Ministero dell'ambiente.  Infatti  alcune
popolazioni delle specie elencate all'allegato D, ovvero allegato  IV
della Direttiva 92/43/CEE, presentano areali  piuttosto  frammentati,
sicche' la loro conservazione dipende dalla gestione delle  eventuali
deroghe al loro prelievo a livello nazionale, atteso fra l'altro  che
la fauna selvatica e' come noto patrimonio indisponibile dello Stato.
Di conseguenza, una gestione a livello provinciale non garantisce che
vengano tenute in debita considerazione esigenze  che  riguardano  la
situazione della specie sull'intero territorio nazionale. Inoltre, il
comma 2 del medesimo articolo, che dispone  l'invio  della  relazione
informativa alle  Autorita'  competenti,  non  prevede  l'obbligo  di
corredarla di quanto, invece, espressamente specificato dall'art.  16
della direttiva habitat. Infatti, il  rapporto  sulle  catture  o  le
uccisioni accidentali delle specie faunistiche elencate nell'allegato
D,  lettera  a)  del  d.P.R.  n.  357/1997  devono  essere  trasmesse
annualmente al Ministero dell'ambiente, cosi' come previsto dal  art.
8, comma 4 del medesimo decreto; 
        3. l'art. 22, rubricato «Valutazione d'incidenza»,  al  comma
6, prevede che le misure compensative  necessarie  per  garantire  la
coerenza globale della rete  ecologica  europea  Natura  2000,  siano
comunicate  alla  DG  Ambiente  della   Commissione   europea.   Tale
comunicazione, cosi' come previsto dal d.P.R. n.  357/1997,  art.  5,
commi 9 e 10 e collegato art. 13, deve avvenire per  il  tramite  del
Ministero dell'ambiente e non direttamente  ad  opera  dell'Autorita'
provinciale. Cosi' come affermato dalla  Corte  costituzionale  nella
sentenza n. 378/2007, in base al principio sancito dai commi terzo  e
quinto  dell'art.  117  Cost.,  che  attribuiscono  allo   Stato   la
competenza a disciplinare i rapporti delle regioni e  delle  province
autonome  con  l'Unione  europea  e  a  definire  le   procedure   di
partecipazione delle stesse, nelle materie di loro  competenza,  alla
formazione  degli  atti  comunitari,  spetta  allo  Stato,  ai  sensi
dell'art. 5 della legge 5 giugno 2003, n.  131  (che  attribuisce  al
Ministro dell'ambiente il compito di  rappresentare  l'Italia  presso
gli organismi della Comunita' europea in materia  di  ambiente  e  di
patrimonio culturale), il potere di interloquire con  la  Commissione
europea; 
        4.  infine,  l'art.   33,   comma   3,   dispone   che,   per
l'abbattimento di determinate specie nelle  oasi  di  protezione  per
particolari motivi, l'Assessore provinciale competente in materia  di
caccia si avvalga dei pareri  dell'Osservatorio  faunistico  e  della
ripartizione provinciale natura e paesaggi. Tale disposizione si pone
in contrasto con gli articoli 7 e 19 della legge n. 157/1992 che, per
le specie elencate negli  allegati  dal  II  al  IV  della  Direttiva
92/43/CEE, prevede il  parere  dell'Istituto  nazionale  della  fauna
selvatica, ora ISPRA. 
    In proposito  si  rileva  come  la  piu'  recente  giurisprudenza
costituzionale sul tema della caccia  abbia  ribadito  la  permanenza
della sussistenza delle  prerogative  statali  di  regolazione  delle
specie cacciabili anche nel caso  in  cui  lo  statuto  regionale  (o
provinciale, come nel caso in oggetto) annoveri la materia tra quelle
di  propria  competenza  (sent.  233/2010):   «La   norma   regionale
impugnata, sebbene sia riconducibile alla materia "caccia"  spettante
alla competenza legislativa  primaria  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia ai sensi  dell'art.  4  del  relativo  statuto  di  autonomia,
nell'individuare  le  specie  cacciabili  sul  territorio  regionale,
incide  in  un  ambito  attribuito  alla  competenza  esclusiva   del
legislatore  statale.  Cio'  risulta  confermato  dall'art.  7  della
direttiva n. 79/409/CEE, secondo cui "In funzione del loro livello di
popolazione,  della  distribuzione  geografica   e   del   tasso   di
riproduzione in tutta la Comunita' le specie  elencate  nell'allegato
II possono  essere  oggetto  di  atti  di  caccia  nel  quadro  della
legislazione nazionale"». 
    In attuazione della menzionata normativa, l'art. 18  della  legge
n. 157 del 1992 contempla appositi elenchi nei quali sono individuate
le specie cacciabili, i relativi periodi in cui ne e' autorizzato  il
prelievo venatorio,  nonche'  i  procedimenti  diretti  a  consentire
eventuali modifiche a tali previsioni. 
    Ne consegue che lo stesso art. 18 garantisce, nel rispetto  degli
obblighi comunitari contenuti nella direttiva n. 79/409/CEE, standard
minimi e  uniformi  di  tutela  della  fauna  sull'intero  territorio
nazionale e, pertanto, ha natura di  norma  fondamentale  di  riforma
economico-sociale, in quanto indica il nucleo minimo di  salvaguardia
della  fauna  selvatica  il  cui  rispetto  deve  essere   assicurato
sull'intero territorio nazionale e, quindi, anche  nell'ambito  delle
regioni a statuto speciale (sentenze n. 227 del 2003  e  n.  536  del
2002). 
    Appaiono dunque evidente i profili di  incostituzionalita'  delle
disposizioni denunciate. 
    Per un ormai consolidato orientamento di questa Corte in  materia
di ambiente, «la lettera s)  dell'art.  117,  secondo  comma,  Cost.,
esprime una  esigenza  unitaria  per  cio'  che  concerne  la  tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema, ponendo un limite agli interventi  a
livello regionale che possono pregiudicare gli equilibri  ambientali»
(Corte cost., sentenza 4 luglio 2003, n. 226); ed ancora  «la  tutela
dell'ambiente, piu' che una materia in senso stretto, rappresenta  un
compito nell'esercizio del quale lo  Stato  conserva  il  compito  di
dettare standard di protezione uniformi validi in tutte le regioni  e
non derogabili da queste» (Corte cost. n. 407 del 2002 ; Corte  cost.
n. 222 del 2003).  Dalle  pronunce  richiamate,  nonche'  dai  lavori
preparatori relativi alla lettera s) del nuovo art.  117,  si  evince
chiaramente come  l'intento  del  legislatore  sia  stato  quello  di
riservare allo Stato il potere di fissare standard di tutela uniformi
sull'intero territorio nazionale. 
    La giurisprudenza di questa Corte ha,  anche  di  recente  (Corte
cost.  n.  225  del  2009),  ribadito   come   la   materia   «tutela
dell'ambiente» abbia un contenuto allo  stesso  tempo  oggettivo,  in
quanto riferito ad un bene, «l'ambiente» (Corte cost. n. 367; n.  378
del 2007; n. 12 del 2009), e finalistico, perche' tende alla migliore
conservazione del bene stesso (Corte cost. n. 104 del 2008; n. 10, n.
30 e n. 220 del 2009). In ragione di cio', sono affidate  allo  Stato
la tutela e la conservazione dell'ambiente, mediante la fissazione di
livelli «adeguati e non riducibili di tutela» (Corte cost. n. 61  del
2009) e sebbene alle regioni  sia  riconosciuta  la  possibilita'  di
esercitare le proprie competenze, dirette essenzialmente  a  regolare
la  fruizione  dell'ambiente,  detta  attivita'  deve  svolgersi  nel
rispetto dei livelli  di  tutela  fissati  dalla  disciplina  statale
(Corte cost. n. 62 e n. 214  del  2008),  evitando  compromissioni  o
alterazioni dell'ambiente stesso. 
    E proprio in questo senso e' stato affermato  che  la  competenza
statale,  allorche'  sia  espressione  della  tutela   dell'ambiente,
costituisce «limite» all'esercizio delle competenze regionali  (Corte
cost. n. 180 e n. 437 del 2008; Corte cost. n. 164 del 2009). 
    La  competenza  riconosciuta  alle  regioni  (ed  alle   province
autonome), nelle materie ad esse riservate, alla  cura  di  interessi
funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali, non puo'
dunque estendersi sino al punto di andare a derogare i limiti  minimi
dettati dallo Stato. 
    Emerge da quanto precede, in conclusione, la censurabilita' della
disciplina impugnata sotto un duplice profilo: da una parte, intanto,
l'utilizzo di nozioni non coincidenti  con  quelle  utilizzate  dalla
normativa statale e comunitaria e la previsione di deroghe,  rispetto
a  quelli  che  sono  i  limiti  imposti  dalla  disciplina  statale,
vanificano l'esigenza di una  tutela  uniforme  minima  per  l'intero
territorio  nazionale;  dall'altra,   l'attribuzione   ad   autorita'
provinciali di competenze ed attivita' che dovrebbero  invece  essere
riservate ad  organi  statali,  rende  impossibile  garantire  quella
uniformita' di tutela che sarebbe altrimenti raggiungibile. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Chiede  che  la  Corte   voglia   dichiarare   costituzionalmente
illegittime e quindi annullare, le  disposizioni  della  legge  della
Provincia di Bolzano sopra richiamate. 
    Si depositano, in copia, i seguenti atti: 
        1) delibera del C.d.m. in data 22 luglio 2010; 
        2) legge della Provincia di Bolzano n. 6 del 12 maggio 2010. 
    Con salvezza di ulteriori produzioni. 
        Roma, addi' 22 luglio 2010 
 
               L'Avvocato dello Stato: Vittorio Russo 
 
 
 

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