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N. 91 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 13 luglio 2006. |
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Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 13 luglio 2006 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 38 del 20-9-2006) |
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato presso la quale ha il proprio
domicilio in via dei Portoghesi 12, Roma;
Contro la Regione autonoma Sardegna, in persona del presidente
per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale della legge
regionale 11 maggio 2006, n. 4, Disposizioni varie in materia di
entrate, riqualificazione della spesa, politiche sociali e di
sviluppo (B.U.R. n. 15 del 13 maggio 2006), negli articoli 2, 3 e 4.
Della legge regionale non e' indicata la base costituzionale.
Si deve, pertanto, procedere per ipotesi, per ritornare
sull'argomento quando la regione avra' dato le precisazioni del caso.
Si prenderanno, pertanto, in esame le possibili basi
costituzionali, per poi verificare se la potesta' legislativa, nella
ipotesi della sua sussistenza, sia stata esercitata correttamente.
Si dovra', naturalmente, partire dallo Statuto regionale,
precisamente dall'art. 8, lett. i).
Vi sono disciplinate le entrate della regione.
Le prime sette, tra quelle elencate, sono derivate.
Dopo i canoni per le concessioni idroelettriche, nella lett. i),
sono indicate le «imposte e tasse sul turismo e gli altri tributi
propri che la regione ha facolta' di istituire con legge in armonia
con i principi del sistema tributario dello Stato».
L'attribuzione, dunque, e' duplice: diretta, per le imposte e
tasse sul turismo; indiretta per gli altri tributi, in quanto
presuppone che la regione abbia la facolta' di istituirli, facolta'
che non viene attribuita direttamente dalla norma statutaria, ma che
deve trovare la sua fonte in norme apposite.
Se poi nell'art. 8, lett. i) si dovesse vedere l'attribuzione
diretta di potesta' amministrativa anche per altre imposte, sarebbero
violati i principi del sistema tributario dello Stato, come si vedra'
in seguito.
Sono richiamate anche le tasse sul turismo, insieme alle imposte.
Dalla formulazione si ricava che il potere impositivo della
regione investe i servizi turistici, vale a dire quelle prestazioni
un favore del turista durante la sua permanenza nella regione.
Se ne ha una conferma nelle norme corrispondenti di altri Statuti
speciali, quale, ad esempio, quello della Regione Trentino-Alto
Adige, nel quale (art. 72) l'imposta analoga e' indicata come «di
soggiorno, cura e turismo».
A questa imposta, in linea di principio, sono soggetti anche i
residenti in regione quando assumono la veste di turisti, quando, ad
esempio, passano le loro vacanze in una struttura turistica fuori del
comune di residenza.
L'art. 8 dello Statuto non puo', pertanto, rappresentare la base
costituzionale di nessuna delle norme impugnate perche' nessuna di
esse, come si vedra' in seguito, e' riconducibile al turismo, secondo
la nozione tradizionale in campo tributario.
Per comodita' espositiva gli artt. 2 e 3 saranno esaminati
separatamente dall'art. 4.
Art. 2.
Sono colpite le plusvalenze dei fabbricati adibiti a seconde
case.
La plusvalenza (art. 2.5) e' costituita dalla differenza tra il
prezzo o il corrispettivo di cessione ed il prezzo di acquisto o il
costo di costruzione del bene ceduto, con le altre detrazioni che vi
sono indicate.
L'imposta e' dovuta solo per i fabbricati situati entro tre
chilometri dalla linea di battigia, destinati ad abitazione.
Soggetto passivo e' l'alienante a titolo oneroso avente domicilio
fiscale fuori dal territorio regionale o avente domicilio fiscale in
Sardegna da meno di ventiquattro mesi.
Sono previste alcune esclusioni (non si tratta di esenzioni, ma
di esclusioni, nel senso che si e' fuori dalla sfera impositiva per
l'assenza del presupposto), sia di natura oggettiva (fondata sulla
ubicazione dei fabbricati oltre i tre chilometri dalla costa o per la
loro utilizzazione, in quanto adibiti ad uso diverso dall'abitazione
o ad abitazione del cedente o del coniuge per la maggiore parte del
periodo intercorso tra l'acquisto, o la costruzione, e la cessione.),
sia di natura soggettiva, per la qualita' del cedente (i nati in
Sardegna e i rispettivi coniugi).
Come si vede, non c'e' nessun rapporto con il turismo.
L'imposta colpisce quelle che sono indicate come seconde case,
anche se non sono state mai utilizzate e se il proprietario non ha
mai passato le sue vacanze in Sardegna.
Un sardo o un residente in Sardegna non e', invece, soggetto
all'imposta anche se nella seconda casa trascorre le sue vacanze al
mare come turista.
La mancanza di rapporto con il turismo non potrebbe essere piu'
evidente.
L'imposta, secondo le distinzioni tradizionali, e' diretta
perche' colpisce un valore capitale e non un consumo.
E' anche reale, perche' colpisce la cosa, senza dare rilievo alla
posizione personale contribuente.
E' bene prevenire un possibile equivoco.
La condizione personale del soggetto e' rilevante solo per
l'individuazione delle sfera impositiva, vale a dire per accertare
quando l'imposta e' applicabile.
Una volta individuata questa sfera, la posizione personale non ha
nessun rilievo nella liquidazione dell'imposta.
Da qui la sua realita'.
Per questi suoi caratteri l'imposta non puo' sicuramente essere
considerata sul turismo.
Si e' presa in considerazione solo l'ipotesi prevista nella lett.
a) del comma. Per quella sotto la lett. b) le questioni si propongono
in termini analoghi.
Dalla lett. b) si desume che soggetti all'imposta sono i titolari
del diritto di proprieta' o di altro diritto reale sui fabbricati (si
deve, intendere, di godimento) non, dunque, chi ne ha solo il
possesso (se ne trova la conferma nel comma 8, secondo il quale il
debito sorge alla data dell'atto di cessione).
Art. 3.
L'imposta e' sulle seconde case ad uso turistico.
I fabbricati alla quale l'imposta si riferisce ed i soggetti sono
gli stessi dell'art. 2.
Sul presupposto la legge e' un po' equivoca: al comma 2 indica il
possesso dei fabbricati; al comma 3 indica come soggetti il
proprietario o il titolare di diritto reale sugli stessi di
usufrutto, uso abitazione. Non e' chiaro chi dovrebbe pagare
l'imposta nel caso in cui possessore sia chi non e' titolare del
diritto corrispondente.
La questione, peraltro, puo' essere trascurata.
L'imposta e' annuale, commisurata alle dimensioni del fabbricato;
colpisce, dunque, il valore di godimento dell'immobile.
L'imposta ha, pertanto, dal punto di vista che ora interessa,
caratteri analoghi a quella sulle plusvalenze. Anche essa non puo'
essere ricondotta tra le imposte sul turismo.
Per entrambe la base costituzionale non puo' essere trovata
nell'art. 8, lett. i) dello Statuto regionale.
La base costituzionale non puo', peraltro, essere trovata nemmeno
negli artt. 117 e 119 Cost., in relazione all'art. 10 della legge
costituzionale n. 3 del 2001.
In caso contrario, la potesta' legislativa sarebbe essere
riconosciuta a tutte le regioni a statuto ordinario, con incidenza
corrispondente sul sistema tributario nazionale.
Codesta Corte ha da tempo messo in evidenza, e in piu' di
un'occasione, che per l'attuazione del disegno costituzionale
delineato nell'art. 119 e' necessario l'intervento integrativo del
legislatore statale, anche per la definizione di una disciplina
transitoria, che consenta il passaggio ordinato dal sistema attuale
al nuovo sistema (in particolare sentenze n. 7 e n. 241 del 2004).
Codesta Corte, in particolare, ha rilevato come, al contrario di
quanto si verifica in altre sfere normative, i principi fondamentali
per una legislazione tributaria regionale siano oggi assenti «perche'
"incorporati,, per cosi' dire, in un sistema di tributi
sostanzialmente governati dallo Stato» (sent. n. 37/2004).
In altre parole, non si possono desumere i principi fondamentali
per un sistema tributario nuovo dalle leggi del sistema precedente,
fondato su principi del tutto diversi.
Da cio' consegue - sono sempre parole di codesta Corte - che «non
e' ammissibile, in materia tributaria, una piena esplicazione di
potesta' regionali in carenza della fondamentale legislazione di
coordinamento dettata dal Parlamento nazionale».
Le norme impugnate sono costituzionalmente illegittime anche da
altri punti di vista subordinati, vale a dire anche se si ritenesse
che, ai sensi dell' art. 1.3 della legge n. 131/2003, si potessero
desumere i principi fondamentali sul coordinamento del sistema
tributario dalla legislazione tuttora in vigore.
Andrebbero, pertanto, identificati questi principi per verificare
se la normativa regionale vi si sia adeguata.
Le plusvalenze immobiliari per la cessione di immobili a titolo
oneroso sono gia' colpite dall'imposta statale (art. 67.1, lett.b)
d.P.R. n. 917/l986).
In mancanza di una norma statale che lo consenta, la regione puo'
colpire la stessa materia gia' tassata dallo Stato in base ad una sua
legge?
Sorge una questione di doppia imposizione, da risolversi ai sensi
dell'art. 53 Cost.
Come codesta Corte ha gia' chiarito da tempo, nell'art. 53 Cost.
trova applicazione nel settore tributario il principio di
uguaglianza, sancito dall'art. 3.
La domanda da porsi e', pertanto, se, una volta individuata una
certa situazione come indice ragionevole di capacita' contributiva,
siano applicabili contemporaneamente piu' imposte, introdotte da piu'
enti impositori, tra quelli indicati nell'art. 119 Cost.
In parole diverse: lo stesso indice di capacita' contributiva
puo' giustificare la sovrapposizione di piu' imposte?
La risposta dovrebbe essere negativa.
Nell'ordinamento statale, come e' stato strutturato sino ad oggi,
ogni imposta ha avuto un suo presupposto autonomo. Tra due o piu'
presupposti possono essere riscontrabili connessioni o vicinanze piu'
o meno accentuate, ma le imposte hanno sempre colpito materie
tassabili diverse. Questa distinzione, pertanto, deve ritenersi, gia'
di per se', un principio generale, dal quale la legislazione
regionale si e', invece, discostata.
Nei casi che si stanno esaminando la questione assume aspetti
ancora piu' preoccupanti.
Sugli stessi fabbricati verrebbero ad incidere una serie di
imposte: l'imposta statale, gia' richiamata, e quella regionale
prevista nell'art. 2 impugnato, che colpiscono entrambe lo stesso
valore capitale; ma anche l'ICI comunale e l'imposta regionale
introdotta con l'art. 3 che colpiscono il valore di godimento.
Quattro imposte finirebbero col gravare sullo stesso bene, anche
se preso in considerazione da due diversi punti di vista economici.
In caso di risposta affermativa, potrebbe prospettarsi la
eventualita' che intervenga successivamente anche un'imposta
provinciale.
Una situazione del genere finirebbe con il pregiudicare anche le
possibilita' di politica economica dello Stato, della quale uno degli
strumenti principali e' quello tributario.
Se questo primo ostacolo costituzionale fosse ritenuto
superabile, se ne presenterebbe un altro. Ai sensi dell'art. 67.1,
lett. b) d.P.R. n. 917/1986 le plusvalenze immobiliari sono tassabili
a condizione che la cessione intervenga a non piu' di cinque anni
dall'acquisto o dalla costruzione, esclusi gli immobili acquistati
per successione o donazione e gli altri casi che vi sono indicati.
Per chi non svolge l'attivita' professionalmente, si richiedono
condizioni che facciano presumere un intento speculativo.
L'immobile e' una forma di investimento stabile. Con il suo
acquisto si va incontro a piu' oneri tributari: si impiegano risorse,
gia' al netto di imposte dovute per la loro produzione; si scontano
le imposte di registro, catastale e di trascrizione; il reddito e'
soggetto all'imposta statale personale; e' dovuta l'ICI.
La plusvalenza e' stata dichiarata tassabile solo se realizzata
in un termine breve. Per tempi piu' lunghi l'intento speculativo e'
da escludersi (come va escluso in caso di successione e negli altri
casi), e non si giustifica che chi ha fatto un investimento duraturo
debba scontare un'imposta per l'incremento dei valori di mercato al
quale lui stesso ha contribuito.
La fissazione del termine del quinquennio si dovrebbe, pertanto,
considerare anche esso principio fondamentale, al quale la norma
regionale non si e' attenuta.
Considerazioni analoghe valgono per l'imposta regionale sulle
seconde case ad uso turistico (art. 3 della legge regionale).
L'imposta e' determinata in base alla superficie del fabbricato,
senza tenere conto del loro valore.
Poiche' l'imposta grava su tutti i fabbricati situati entro tre
chilometri dalla linea di battigia marina, ad un immobile di pregio
elevato, situato in zona amena in prima linea di fronte al mare,
viene ad essere applicata la stessa imposta alla quale e' soggetto un
altro, di pari estensione, di qualita' inferiore, situato in una zona
non felice, privo della vista e di accesso agevole al mare, pur
avendo valori di godimento non comparabili.
La tassazione in base ai valori catastali, come avviene per
l'imposta statale e per l'ICI, andrebbe comunque considerata come
principio fondamentale in quanto consente di colpire valori medi,
determinati per zone omogenee in rapporto analogo con i valori di
mercato e, in ogni caso, variabili a secondo del pregio degli
immobili.
Le due norme tributarie regionali non sono nemmeno in coerenza
tra di loro.
L'imposta sulle plusvalenze (art.2) e' legata ai valori di
mercato; quella sulle seconde case, ad un giudizio estimativo
aprioristico e rigido della regione, del tutto svincolato dai valori
correnti determinati in base al criterio catastale, che sembra
condizionato solo dalle sue esigenze finanziarie.
E' un dato di esperienza ricorrente che mano a mano che ci si
allontana dalla spiaggia i vincoli urbanistici diventano meno rigidi
ed i fabbricati aumentano in altezza.
Non e' facile, pertanto, giustificare perche' per una villa con
vista ed accesso diretti sul mare, in mezzo al verde, in posizione
sopraelevata, di 100 metri quadrati, sia dovuta un'imposta minore di
quella per un appartamento di 105 metri quadrati, situato in un
fabbricato a tre chilometri dalla spiaggia, al piano terra ed in una
zona senza vista.
Una imposta del genere, inoltre, legata come e' al godimento
dell'immobile, piuttosto che alla regione dovrebbe essere
eventualmente lasciata all'Ente locale che deve fornire i servizi.
Sui profili di illegittimita' costituzionale delle singole norme
ci si e' soffermati anche se si confida che non saranno rilevanti per
la ragione che le regioni non possono assumere iniziative in materia
tributaria prima che intervenga quella legislazione statale che
codesta Corte ha gia' dichiarato indispensabile.
Le norme impugnate risultano illegittime anche ai sensi
dell'art. 117, primo comma, Cost.
Questo motivo di illegittimita' costituzionale non e' collegato
alla base costituzionale che le norme hanno nel diritto interno.
Andrebbe rilevato anche se codesta Corte ritenesse che trovino
fondamento nello Statuto regionale.
L' art. 12 del Trattato CE vieta ogni discriminazione effettuata
in base alla nazionalita'.
«Si deve rilevare... che, secondo la giurisprudenza della Corte,
le norme relative alla parita' di trattamento vietano non soltanto le
discriminazioni palesi in base alla cittadinanza, ma anche qualsiasi
discriminazione dissimulata che, basandosi su altri criteri di
distinzione, pervenga di fatto al medesimo risultato (sentenza
12 febbraio 1974, Sotgiu, punto 11 della motivazione, causa 152/73,
Racc. pag. 153)».
Si e' trascritto dalla sentenza della Corte di Giustizia 8 maggio
1990, Biehl, causa C-175/88, punto 13.
In quell'occasione la Corte, decidendo un caso in cui era in
discussione una norma sul rimborso di imposta, ha affermato che «..
il criterio che ricollega alla residenza nel territorio nazionale
l'eventuale rimborso dell'imposta versata per eccesso, sebbene si
applichi indipendentemente dalla cittadinanza del contribuente
interessato, rischia di danneggiare in particolare i contribuenti
cittadini di altri Stati membri, giacche' saranno spesso questi
ultimi a lasciare il paese o a stabilirvisi durante l'anno».
Le norme in esame violano, pertanto, anche i principi
dell'ordinamento comunitario con entrambi i criteri adottati per
l'applicazione dell'imposta: non essere nati in Sardegna, che attiene
direttamente alla cittadinanza; avere il domicilio fiscale fuori del
territorio nazionale, che attiene alla residenza.
Entrambe le norme, in quanto determinano la loro sfera impositiva
con criteri discriminatori che danneggiano i cittadini comunitari,
vengono a risultare costituzionalmente illegittime anche ai sensi
dell'art. 117, primo comma, Cost.
Art. 4.
L'imposta e' definita come imposta regionale sugli aeromobili e
le unita' da diporto.
Il presupposto non corrisponde alla definizione.
E' dovuta, infatti, per lo scalo negli aerodromi del territorio
regionale e per lo scalo nei porti, negli approdi e nei punti di
ormeggio ubicati nel territorio regionale delle unita' da diporto.
Ne sono soggetti la persona fisica o giuridica avente domicilio
fiscale fuori del territorio regionale che assume l'esercizio
dell'aeromobile o dell'unita' da diporto.
Che l'imposta non attenga al bene, ma all'operazione di scalo
e' confermato nel comma 4, ai sensi del quale per gli aeromobili
l'imposta e' dovuta per ogni scalo, mentre sulle imbarcazioni da
diporto e' dovuta annualmente.
Anche questa imposta non puo' essere considerata sul turismo
perche' la ragione dello scalo e' del tutto irrilevante cosicche'
sara' dovuta anche se il viaggio sia fatto per ragione di affari.
La sua base costituzionale non puo' essere trovata, pertanto,
nell'art. 8 dello Statuto per le ragioni gia' esposte.
Per come e' strutturata, la definizione come imposta viene ad
essere impropria.
Ammesso che possa rientrare tra le prestazioni imposte, previste
nell'art. 24 Cost., si presenterebbe piuttosto come tassa.
Per i soggetti non sembra necessario integrare quanto si e' gia'
detto: decisivo e' il domicilio fiscale.
Le societa' che hanno la loro sede in Sardegna e coloro che vi
risiedono sono esclusi.
Il fatto che non siano presi in considerazione i nati in Sardegna
dipende, presumibilmente, dalle difficolta' applicative che ne
sarebbero derivate.
Per rendere piu' agevole l'esposizione, degli aeromobili e delle
unita' da diporto si trattera' separatamente.
Gli aeromobili, come noto, costituiscono uno degli indici, e tra
i piu' significativi, del reddito dei soggetti che ne giustificano
l'accertamento (art. 38 d.P.R. n. 600/1973).
Il loro possesso, pertanto, e' indice di reddito. Per diventare
materia tassabile dovrebbero esser presi in considerazione in quanto
tali.
L'imposta regionale si applica, invece, solo per il loro scalo
all'interno del territorio sardo quindi, si deve presumere, per il
fatto che vengono utilizzati gli impianti degli aerodromi. Se ne ha
una conferma nel fatto che se l'aeromobile non atterra negli
aeroporti sardi nessuna imposta e' dovuta e che, ai sensi del
comma 4, l'imposta va commisurata alle capacita' di trasporto ed e'
dovuta per ogni scalo.
Una imposta (o, meglio, tassa) di questo genere dovrebbe essere
in favore di chi ha a carico l'onere di manutenzione e gestione degli
impianti aeroportuali, che vengono utilizzati nello scalo.
Questi soggetti, peraltro, hanno gia' la possibilita' di rifarsi
su chi esercita l'aeromobile attraverso il pagamento dei diritti
aeroportuali, o diritto per l'uso degli aeroporti (legge
n. 324/1976).
Anche in questo caso si e' di fronte ad una duplicazione di
imposta di tutta evidenza.
In pratica la regione, non potendo tassare direttamente il bene,
si e' voluta riservare un'imposta prendendo come presupposto
un'operazione per la quale l'operatore gia' deve effettuare un
pagamento remunerativo dei servizi che utilizza, servizi che, e'
utile richiamarlo, vengono resi secondo criteri imprenditoriali di
mercato, quindi con margine di utile.
Una volta che anche per questa imposta fossero superate le
difficolta' costituzionali che derivano dalla mancata attuazione
dell'art. 119 Cost., ci si dovrebbe domandare se, cosi' come e'
concepita, sia conforme ai principi fondamentali del sistema
tributario, ammesso che questi siano effettivamente rilevabili.
Presupposto di imposta non e' la proprieta' o il possesso del
bene, ma solo l'utilizzo di impianti situati all'interno della
regione, utilizzazione per la quale il soggetto gia' paga un
corrispettivo che ne copre integralmente il costo.
La domanda da porsi sarebbe questa: se costituisca capacita'
contributiva, ai sensi dell'art. 53 Cost., lo svolgimento di
un'operazione per la quale, comunque lo si voglia definire, si paga
un prezzo che copre il costo del servizio reso, con margine di utile.
La risposta non potra' essere che negativa.
Oggetto possibile di imposta potrebbe essere, a tutto concedere,
il bene di per se', in quanto, ad esempio, considerato di lusso, ma
in questo caso l'imposta dovrebbe essere a carico di tutti, anche di
quelli che hanno il domicilio fiscale nella regione, perche' quel
carattere non ha nessun condizionamento territoriale.
La utilizzazione del mezzo non puo' costituire indice di
capacita' contributiva aggiuntiva perche' e' contro ogni principio di
ragionevolezza l'ipotesi che venga acquistato un aeromobile per non
utilizzarlo.
Se nella utilizzazione si usufruisce di servizi, o si applica una
tassa o si prevedono dei prezzi determinati con criteri di mercato.
E' contro ogni principio che possano essere previsti entrambi.
Argomenti analoghi valgono per le imbarcazioni da diporto.
Per esse l'imposta e' dovuta annualmente (comma 4). Questo
significa che basta fare scalo in Sardegna una sola volta per pagare
l'intera imposta, valida si' per tutto l'anno, ma dovuta per l'intero
anche se lo scalo dura una sola notte.
L'effetto e' che, piu' si utilizzano le strutture portuali,
minore, proporzionalmente e' l'onere dell'imposta che, in questo
modo, viene ad avere carattere regressivo.
La tariffa e' poi articolata in modo tale che passando da una
lunghezza di m. 19,99 a 20 l'imposta viene maggiorata di mille euro,
da m. 23,99 a 24 di duemila, da 29,99 a 30 di cinquemila.
Il carattere regressivo dell'imposta trova la sua migliore
espressione nel comma 5 dell'art. 4 per il quale non sono soggette
all'imposta le unita' da diporto che sostano tutto l'anno nelle
strutture portuali regionali.
In altre parole, l'imposta non e' dovuta da chi utilizza al
massimo le strutture portuali.
L'imposta, piu' che a colpire una capacita' contributiva, sembra
rivolta a penalizzare chi utilizza i porti sardi solo saltuariamente.
La norma e', peraltro, illegittima anche da un diverso punto di
vista.
L'art. 4.2 lett. b) prende in considerazione lo scalo, oltre che
nei porti, negli approdi e nei punti di ormeggio.
Salvo che codesta Corte non ne fissi una interpretazione diversa,
stando alla sua formulazione, e' considerato imponibile lo scalo
anche se effettuato in zona non attrezzata, in uno specchio di mare
ridossato, dove l'ormeggio sia effettuato a terra, utilizzando la
struttura naturale della spiaggia.
Il mare non e' bene della regione ed e' soggetto solo al potere
statale entro i limiti del mare territoriale.
La regione, pertanto, avrebbe individuato come presupposto di
imposta l'utilizzo di un bene naturale, sul quale non puo' esercitare
poteri, che di per se' non e' indice di nessuna specifica capacita'
contributiva, senza che siano in qualsiasi modo interessate opere
dell'uomo, tanto meno eseguite dalla regione stessa, il cui uso possa
comportare il pagamento di una tassa.
I criteri seguiti dalle nome regionali impugnate sono contrari ai
principi ai quali si ispira il sistema tributario attuale.
Di conseguenza verrebbero a risultare costituzionalmente
illegittime anche se se ne volesse vedere la base nell'art. 8, lett.
i) dello Statuto, che impone il rispetto dei principi del sistema
tributario dello Stato.
Si e' gia' visto, peraltro, come lo Statuto regionale non sia un
valido supporto delle norme e come non possano esserlo gli artt. 117
e 119 Cost., attraverso l'art. l0 della legge costituzionale n. 3 del
2001: perche' la regione non poteva istituire imposte proprie prima
che le leggi statali dessero attuazione all'art. 119 e perche', in
ogni caso, avrebbe dovuto rispettare i principi fondamentali
desumibili dall'ordinamento tributario.
Le norme impugnate, infine, anche a volerle esaminare di per se',
indipendentemente dalla base costituzionale, hanno dato all'imposta
una struttura del tutto irragionevole.
P. Q. M.
Si conclude perche' le norme impugnate siano dichiarate
costituzionalmente illegittime.
Si produce estratto della deliberazione del Consiglio dei
ministri 7 luglio 2006.
Il vice Avvocato generale dello Stato: Glauco Nori
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