Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 13 ottobre 2015  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri).
 
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(GU n. 47 del 2015-11-25)

    Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato
e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso i cui Uffici  in
Roma, via dei Portoghesi 12,  e'  domiciliato,  nei  confronti  della
Regione  Basilicata,  in  persona   del   suo   Presidente   per   la
dichiarazione della illegittimita' costituzionale dell' art. 1  della
legge regionale 13 agosto 2015, n. 35, recante «Disposizioni  urgenti
inerenti misure di salvaguardia ambientale in materia di gestione del
ciclo dei rifiuti» nella parte in cui ha sostituito i  commi  6  e  8
dell'articolo 42 della legge regionale 18 agosto 2014, n. 26  (B.U.R.
n. 34 del 14 agosto 2015).
    La legge regionale  in  esame,  che  reca  «disposizioni  urgenti
inerenti misure di salvaguardia ambientale in materia di gestione del
ciclo dei rifiuti» risulta censurabile, relativamente alle  norme  di
seguito indicate per i motivi di seguito specificati.
    1) L'articolo 1 della legge in esame  sostituisce  l'articolo  42
(Misure di salvaguardia ambientale in materia di gestione  del  ciclo
dei rifiuti) della legge  regionale  n.  26/2014,  il  cui  comma  6,
nell'attuale   formulazione,   dispone   che   «nelle   more    della
realizzazione, adeguamento e/o messa in esercizio  dell'impiantistica
di trattamento programmata e' possibile smaltire presso le discariche
autorizzate ed in esercizio i rifiuti solidi urbani  non  pericolosi,
previo trito-vagliatura e  biostabilizzazione  anche  parziale  degli
stessi», mentre il successivo  comma  8,  nell'attuale  formulazione,
prevede che «le disposizioni di cui al presente articolo  restano  in
vigore fino all'approvazione del Nuovo Piano regionale dei Rifiuti  e
comunque non oltre il 31 agosto 2016».
    La norma regionale in esame consente, quindi, il conferimento  in
discarica  dei  rifiuti  solidi  urbani   che   abbiano   subito   un
pretrattamento  costituito  da  una  separazione  meccanica  mediante
trito-vagliatura ed una biostabilizzazione anche solo parziale  della
frazione organica, ponendosi in contrasto con la normativa statale di
settore di cui al decreto legislativo 13  gennaio  2003,  n.  36,  di
attuazione della Direttiva discariche 1999/31/CE, che all'articolo  7
vieta il conferimento in discarica dei rifiuti non trattati,  eccetto
quelli  per  i  quali  sia  dimostrato  che  il  trattamento  non  e'
necessario e, al successivo articolo 17, comma  1,  prevede  che  «le
discariche gia' autorizzate  alla  data  di  entrata  in  vigore  del
presente decreto possono continuare a ricevere, fino al  31  dicembre
2006, i  rifiuti  per  cui  sono  state  autorizzate».  Si  noti,  al
riguardo, che il  termine  del  31  dicembre  2006  e'  stato  infine
prorogato al 31 dicembre 2009 (art. 5, comma 1-bis, del decreto-legge
30 dicembre 2008, n. 208).
    Si rammenta che le  disposizioni  dell'articolo  42  della  legge
regionale n. 26/2014 sono state oggetto  di  impugnativa,  nel  testo
originario, in quanto, ai commi 4 e 5, permettevano, fino  alla  data
31 luglio 2015, il  conferimento  in  discarica  dei  rifiuti  solidi
urbani «previo trattamento parziale degli stessi». Tali  disposizioni
sono state dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale, con  la
sentenza n. 180/2015, in quanto  consentivano  la  «prosecuzione  del
conferimento in  discarica  di  rifiuti  non  trattati»  -  anche  in
considerazione del fatto che in alcun modo era  stata  illustrata  la
valenza della «parzialita'» del trattamento - ben  oltre  il  termine
previsto dalla legge statale, riducendosi cosi' il livello di  tutela
dell'ambiente stabilito da quest'ultima, in violazione dell'art. 117,
secondo comma, lettera s), Cost.
    L'attuale formulazione dei commi 6 e  8  dell'articolo  42  della
legge regionale n. 26/2014, come modificati  dalla  legge  in  esame,
appare censurabile per analoghi motivi. Tali  disposizioni,  infatti,
consentono la prosecuzione del conferimento in discarica fino  al  31
agosto 2016 dei rifiuti «previo trito-vagliatura e biostabilizzazione
anche parziale degli stessi». Si tratta di una norma che,  nonostante
la specificazione di cosa  debba  intendersi  per  «trattamento»  dei
rifiuti - non presente nella precedente formulazione dell'art. 42  de
quo  -  determina  la  medesima  riduzione  del  livello  di   tutela
dell'ambiente gia' sanzionata dalla citata  sent.  n.  180/2015,  per
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s),  Cost.  Cio'  in
quanto  in  tale  circostanza,  come  nella   precedente,   la   mera
«parzialita'» del pretrattamento dei  rifiuti  impedisce  che  questi
ultimi possano essere considerati correttamente «trattati».
    Il  processo  di  biostabilizzazione  della  frazione   organica,
infatti, consiste in trattamenti svolti in impianti  industriali  che
trasformano  la  sostanza  organica  prima  che  questa  finisca   in
discarica, eliminando il rischio che tale naturale trasformazione  si
realizzi nell'ambiente  tipico  della  discarica  producendo  cattivi
odori, metano e soprattutto percolati che, drenando dalla  discarica,
potrebbero raggiungere la falda acquifera ed i  terreni  sottostanti.
All'esito di questi  trattamenti  la  sostanza  organica  e'  appunto
stabilizzata in quanto non piu' putrescibile.
    Sul punto, la Commissione europea, con il parere  motivato  prot.
n. 9026 del 1° giugno 2012,  ha  fornito  chiarimenti  sui  contenuti
minimi essenziali che le attivita' di  trattamento  devono  osservare
per essere conformi al dettato comunitario, evidenziando che:
        a) «il trattamento dei rifiuti destinati  a  discariche  deve
consistere in processi che, oltre a modificare le caratteristiche dei
rifiuti allo scopo di ridurne il volume o la natura pericolosa  e  di
facilitarne il trasporto, e favorirne il recupero,  abbiano  altresi'
l'effetto di evitare o ridurne il  piu'  possibile  le  ripercussioni
negative  sull'ambiente  e  la  salute  umana»  (art.  1,   direttiva
1999/31/CE);
        b) «un trattamento che consiste nella mera  compressione  e/o
triturazione dei rifiuti indifferenziati da destinare a  discarica  e
che non includa una adeguata selezione  delle  diverse  frazioni  dei
rifiuti  e  una  qualche  forma  di  stabilizzazione  della  frazione
organica dei rifiuti stessi, non e' tale da evitare o ridurre il piu'
possibile le ripercussioni negative sull'ambiente e la salute umana».
    Il generico riferimento alla «parzialita'»  del  trattamento  dei
rifiuti, nella presente formulazione  dell'art.  42  della  legge  n.
26/2014,  cosi'  come  nella   precedente   stesura,   impedisce   di
individuare un  qualsiasi  standard  minimo  richiesto  ai  fini  del
conferimento in discarica.  La  mera  «parzialita'»  del  trattamento
determina, analogamente a quanto avveniva con la precedente  versione
della norma de  qua,  la  strutturale  impossibilita'  di  conseguire
l'obiettivo di evitare o ridurre il piu' possibile  le  ripercussioni
negative sull'ambiente e la salute umana. Di fatto, se il trattamento
e in particolare  la  biostabilizzazione  e'  solo  parziale,  appare
evidente che non e' stato ridotto, il piu' possibile, il  rischio  di
danni all'ambiente e alla salute umana.
    Le disposizioni regionali esaminate risultano in contrasto, oltre
che con la normativa statale, con  quanto  previsto  dalla  Direttiva
discariche 1999/31/CE, nonche' con i principi generali elaborati  sul
punto dalla  Corte  di  giustizia  dell'Unione  europea  in  numerose
pronunce; al riguardo si evidenzia la sentenza 15 ottobre 2014  nella
causa C-323/13, Commissione europea contro  Repubblica  italiana.  In
tale sentenza viene  precisato  che,  dall'art.  13  della  direttiva
2008/98: «discende che gli Stati membri hanno l'obbligo,  per  quanto
riguarda i rifiuti da sottoporre a trattamento, di prendere le misure
necessarie affinche' solo i rifiuti gia' trattati vengano collocati a
discarica».
    Per questi motivi le norme contenute nell'art. 42, commi 6  e  8,
della legge regionale n.  26/2014  come  sostituito  dall'articolo  1
della legge regionale in esame, violano sia l'articolo 117,  comma  1
della Costituzione, che impone, anche alle Regioni, il  rispetto  dei
vincoli comunitari nell'esercizio  del  potere  legislativo,  nonche'
l'articolo 117, comma 2, lettera s) della Costituzione,  che  riserva
allo  Stato  la  competenza   esclusiva   sin   materia   di   tutela
dell'ambiente.
    2) Si evidenzia, inoltre, la violazione dell'art. 136  Cost.,  in
riferimento alla sent. n. 180/2015  della  Corte  Costituzionale.  Le
disposizioni in  esame,  riproducendo  nella  sostanza  il  contenuto
normativo dell'art. 42, commi  4  e  5,  della  legge  della  Regione
Basilicata n. 26 del 2014, dichiarato costituzionalmente  illegittimo
con sentenza n. 180 del 2015, dalla Corte costituzionale, determinano
una violazione  sia  dell'art.  136  Cost.,  che  del  principio  del
rispetto  del  giudicato  costituzionale  in   esso   sancito.   Come
affermato, tra le altre, dalla sent. n. 245 del  2012  «il  giudicato
costituzionale e' violato non solo quando il  legislatore  emana  una
norma che costituisce una mera riproduzione di quella  gia'  ritenuta
lesiva della Costituzione, ma anche laddove la nuova disciplina  miri
a  «perseguire  e  raggiungere,  "anche  se  indirettamente",   esiti
corrispondenti» (sentenze n. 223 del 1983, n. 88 del 1966 e n. 73 del
1963)». Il che, per le  ragioni  sopra  illustrate,  e'  precisamente
quanto accaduto nel presente caso.

 
                              P. Q. M.
 
    Si conclude, perche' le disposizioni  regionali  impugnate  siano
dichiarate costituzionalmente illegittime.
    Si producono:
        estratto della delibera del  Consiglio  dei  ministri  del  5
otttobre 2015;
        relazione, allegata alla medesima delibera, del  Dipartimento
per gli Affari regionali, il turismo e lo sport;
        Legge regionale n. 35 del 2015.
          Roma, addi' 8 ottobre 2015
 
                 L'Avvocato dello Stato: Palatiello
 

 

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