N. 91 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 14 novembre 2005.

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 14 novembre 2005 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)

(GU n. 49 del 7-12-2005)



Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso per mandato ex lege dall'Avvocatura generale
dello Stato, presso i cui uffici ha il proprio domicilio in Roma, via
dei Portoghesi n. 12, ricorrente;

Contro la Regione Valle d'Aosta, in persona del presidente della
giunta regionale attualmente in carica, resistente, per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 26 della
legge regionale 5 agosto 2005, n. 19, recante modificazioni alla
legge regionale 20 giugno 1996, n. 12 - legge regionale in materia di
lavori pubblici, pubblicata nel B.U.R., n. 36 del 6 settembre 2005.
Nell'esercizio della propria competenza legislativa esclusiva la
Regione Valle d'Aosta ha provveduto ad emanare sin dal 1996 una
disciplina organica e generale in materia di lavori pubblici di
interesse regionale.
Detta legge e' stata gia' oggetto di ripetute modifiche, da
ultimo e recentemente con legge regionale 20 gennaio 2005, n. 1.
Con ulteriore provvedimento legislativo di modifica, questa
volta di natura assai articolata e diffusa, la regione e'
ulteriormente intervenuta a novellare l'intera materia, dettando
appunto con la legge n. 19/2005 una serie di disposizioni correttive
ed integrative della disciplina vigente.
Tra le disposizioni novellatrici della legge n. 19/2005 si pone
l'art. 26, il quale ha integralmente sostituito l'art. 25 della legge
n. 12/1996 e ha dettato nuova completa disciplina per l'affidamento
dei lavori pubblici regionali mediante procedura ristretta.
La nuova norma distingue tra lavori di importo superiore a Euro
1.200.000, per l'affidamento dei quali possono concorrere tutti i
soggetti che ne abbiano fatto richiesta e che abbiano i requisiti
richiesti dal bando, e lavori di importo pari o inferiore a Euro
1.200.000, per l'affidamento dei quali l'amministrazione
aggiudicatrice puo' (deve?) restringere gli inviti ad un numero di
candidati compreso tra cinque e ventuno, numero che deve
preventivamente essere fissato dal bando di gara.
Si tratta della nota «forchetta», consentita dalle norme
comunitarie ed invece non prevista dalla legge quadro nazionale in
materia di lavori pubblici, ispirata a criteri di massima
concorrenza.
Se dunque per gli appalti di valore pari o inferiore alla soglia
degli Euro 1.200.000 i candidati qualificati sono in numero superiore
a quello previsto dal bando e collocato all'interno della
«forchetta», l'art. 25 della legge regionale, come modificato
dall'art. 26 della legge n. 19/2005, detta i criteri cui deve
attenersi l'amministrazione aggiudicatrice per operare la selezione
di ingresso alla licitazione.
Dispone infatti la norma che un terzo dei concorrenti da
invitare alla licitazione privata venga sorteggiato pubblicamente, e
che i restanti due terzi siano scelti sulla base di tre criteri
concorrenti, cui attribuire punteggio sulla base di modalita' la cui
definizione e' demandata a successiva deliberazione della giunta
regionale.
I criteri previsti dal nuovo art. 26 sono: a) la migliore
idoneita' economico-finanziaria, determinata in base alla cifra
d'affari in lavori realizzata nel quinquennio precedente l'anno di
pubblicazione del bando di gara; b) la migliore idoneita' tipologica,
determinata in base alla classifica di qualificazione riportata
dall'attestato SOA e riferita alla categoria di lavorazione indicata
come prevalente dal bando di gara; c) la migliore idoneita' di
localizzazione, determinata sia in «valore assoluto» sia in relazione
all'organico, cioe' come rapporto tra numero totale dei dipendenti e
numero dei dipendenti iscritti presso la sede regionale della cassa
edile.
Come si vede, dei tre criteri cui affidare la selezione dei
candidati da invitare a presentare offerta alla licitazione privata,
due rispondono a criteri oggettivi di natura tecnico-economica gia'
recepiti e dalle norme comunitarie in materia di qualificazione e
dalle norme nazionali (d.P.R. 20 febbraio 2000 n. 34), mentre il
terzo risponde ad una logica esclusivamente territoriale, premiando
il concorrente che dispone di un maggior numero di dipendenti locali.
Sennonche', cosi' disponendo, la legge regionale prevede un
trattamento differenziato ratione loci, e viene ad integrare uno
strumento che crea di fatto una «barriera discriminatoria» a danno
dei soggetti non localizzati nel territorio regionale.
E quindi per questo specifico aspetto, la norma in esame si
presenta illegittima in primo luogo relativamente ai limiti ed ai
principi del proprio Statuto, che all'art. 2 impone alla potesta'
legislativa esclusiva il limite del rispetto della Costituzione e
degli obblighi internazionali.
Inoltre, la stessa norma, pur in un ambito indiscutibilmente
rimesso alla potesta' legislativa esclusiva della regione, si
presenta illegittima sia sotto il profilo del mancato rispetto dei
principi e delle norme costituzionali in materia di uguaglianza e
parita' di trattamento (art. 3 Cost.) nonche' in materia di libera
circolazione di persone e cose e di liberta' del lavoro (art. 120
Cost.), sia sotto il profilo della violazione delle norme e delle
regole comunitarie (art. 117 della Costituzione in relazione ai
principi del Trattato CEE sulla tutela della concorrenza, sulla
libera circolazione e sulla liberta' di stabilimento).
Sotto questo secondo aspetto, non vale certo a giustificazione la
considerazione del fatto che la norma qui censurata si riferisce ad
appalti di valore non significativo ai fini dell'applicazione delle
direttive comunitarie, in quanto - come piu' volte la giurisprudenza
della Corte di Giustizia CEE ha ricordato - indipendentemente dal
campo di azione delle direttive non possono essere lesi i diritti ed
i principi che discendono direttamente dal Trattato.
Il Trattato CE, infatti, nel Titolo VI della parte terza
(artt. 2, 3, 4, 39 ss. e 81 ss.) disciplina la tutela della
concorrenza come situazione conseguente alla parita' di accesso e di
libera prestazione nel mercato degli operatori economici che non
devono essere discriminati in base alla loro nazionalita' e alla
ubicazione territoriale dell'azienda. La liberta' di «stabilimento»
ivi menzionata, in particolare, rientra tra le c.d. quattro liberta',
essendo riconducibile a quella di libera circolazione dei servizi, a
salvaguardia della quale non possono essere accettate l'esistenza o
la creazione di barriere geografiche possano compartimentare il
mercato e creare inaccettabili distinzioni al suo interno.
Peraltro, si tratta qui di fare richiamo a principi che la
Regione Valle d'Aosta dovrebbe ormai ben conoscere, dato che la Corte
costituzionale li ha dettati proprio nel censurare un precedente
legislativo della stessa regione in materia di qualificazione delle
imprese, laddove il sistema di qualificazione introdotto dalle norme
regionali sui lavori pubblici aveva generato un sistema ad effetto
discriminatorio e penalizzante a danno delle imprese localizzate al
di fuori del territorio regionale. In quella occasione la Corte
costituzionale ebbe ad affermare come «richiedere, per la
partecipazione alle gare d'appalto, la sussistenza di
un'organizzazione aziendale stabile sul territorio regionale equivale
a discriminare le imprese sulla base di un elemento di localizzazione
territoriale, contrario al principio di eguaglianza nonche' al
principio in base al quale la regione non puo' adottare provvedimenti
che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone
e delle cose fra le regioni», e quindi la stessa Corte ebbe ad
enunciare il «divieto, per i legislatori regionali, di frapporre
barriere di carattere protezionistico alla prestazione, nel proprio
ambito territoriale, di servizi di carattere territoriale, di servizi
di carattere imprenditoriale da parte di soggetti ubicati in
qualsiasi parte del territorio nazionale (nonche', in base ai
principi di diritto comunitario sulla liberta' di prestazione di
servizi, in qualsiasi Paese dell'Unione europea)». (Corte cost. 26
giugno 2001 n. 207).
Detto divieto, dunque, limita anche le regioni a statuto speciale
e cio' e' tanto piu' vero in quanto si consideri che la previsione
normativa impugnata, crea un ingiusto sistema protezionistico per
nulla giustificato con ragioni di efficienza ed economicita'.
Basti considerare che l'art. 25 della legge regionale sui lavori
pubblici n. 12/1996, nel testo modificato dalla norma che qui si
censura, oltre a prevedere un indice discriminatorio del tutto
indefinito ed irragionevole (come l'idoneita' di localizzazione «in
valore assoluto»), consente l'attribuzione di un punteggio che
differenzia i concorrenti sulla scorta della regionalita' del proprio
personale, in palese contrasto con il principio della parita' di
trattamento di situazioni identiche e di uniformita' di disciplina e
di trattamento nei confronti degli operatori economici su tutto il
territorio nazionale.
Cio' significa che un candidato a presentare offerta ad una gara
ristretta per l'affidamento di lavori pubblici regionali potrebbe non
essere ammesso alla licitazione per il solo fatto che il proprio
personale dipendente non e' iscritto alla locale cassa edile (oppure
che ne e' iscritta una percentuale di dipendenti inferiore alla
percentuale di altro candidato).
E questa regola, oltre a non rispondere ad alcuna esigenza di
concorrenzialita', e a non essere fondata su alcuna ragione tecnica,
come s'e' detto, urta pure contro il principio di imparzialita',
efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97
Cost.).
E poiche' le regioni (siano esse a statuto speciale oppure no),
nell'esercizio della potesta' legislativa di cui sono titolari (in
via esclusiva, concorrente o residuale), incontrano in ogni caso il
limite dei principi della Costituzione, dell'ordinamento giuridico e
delle norme fondamentali dell'ordinamento statale e comunitario, tra
le quali sono senza dubbio da comprendere quelle poc'anzi enunciate,
non v'e' dubbio che la disposizione qui impugnata leda il complesso
di norme e principi che invece avrebbe dovuto rispettare.

P. Q. M.
Impugna ex art. 15 dello statuto speciale per la Valle d'Aosta la
norma in epigrafe indicata e conclude affinche' l'art. 25 della legge
regionale 5 agosto 2005, n. 19 (che ha modificato, sostituendolo,
l'art. 26 della legge regionale Valle d'Aosta n. 12/1996) sia
dichiarato costituzionalmente illegittimo per contrasto con l'art. 2
dello statuto, con gli articoli 3, 97, 117 primo comma, e 120 della
Costituzione, nonche' - ove occorra - perche' confliggente con i
principi comunitari in materia di libera concorrenza, libera
circolazione e liberta' di stabilimento (artt. 2, 3, 4, 39 e segg.,
81 e segg. del Trattato CEE).
Roma, addi' 2 novembre 2005
L'Avvocato dello Stato: Marco Corsini



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