N. 92 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 1 ottobre 2004.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 1° ottobre 2004 (della Regione Friuli-Venezia Giulia)
(GU n. 40 del 13-10-2004)

Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del
presidente della giunta regionale pro tempore Riccardo Illy,
autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 2044 del
29 luglio 2004 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da mandato a
margine del presente atto, dall'avv. prot. Giandomenico Falcon di
Padova, con domicilio eletto in Roma presso l'Ufficio di
rappresentanza della regione, piazza Colonna 355;

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge 27 luglio
2004 n. 186, Conversione in legge, con modificazioni, del
decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, recante disposizioni urgenti
per grantire la funzionalita' di taluni settori della pubblica
amministrazione. Disposizioni per la rideterminazione di deleghe
legislative e altre disposizioni connesse, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale n. 175 del 28 luglio 2004 - supplemento ordinario n. 131,
in relazione all'art. 1, comma 2, e alla modifica dell'art. 6, comma
1, delcreto-legge n. 136/2004, per violazione:
della legge costituzionale n. 1 del 1963 e delle relative
norme di attuazione;
degli artt. 3, 117 e 118 della Costituzione, in relazione
all'art. 10 legge costituzionale n. 3 del 2001;
del principio di leale collaborazione tra lo Stato e le
regioni, per i motivi e in relazione ai profili di seguito esposti.

F a t t o

Il presente ricorso porta ancora all'attenzione di codesta Corte
una vicenda gia' oggetto di due giudizi: il primo e' stato instaurato
- con ricorso notificato in data 27 luglio 2004 - avverso l'art. 6
del decreto-legge oggetto della legge di conversione qui impugnata
(il n. 136/2004, il quale consente, a certe condizioni, di
prescindere dall'intesa con la regione richiesta dall'art. 8 legge
n. 84/1994 per la nomina del presidente dell'Autorita' portuale); il
secondo e' stato instaurato, piu' di recente, mediante il conflitto
di attribuzioni promosso contro l'atto di nomina - ai presunti sensi
del decreto-legge - del presidente dell'Autorita' portuale di
Trieste.
Avendo gia' esposto nei precedenti ricorsi le vicende di fatto
che hanno originato il contenzioso fra Regione Friuli-Venezia Giulia
e Stato in relazione alla nomina del presidente dell'Autorita'
portuale di Trieste, sia consentito qui di ricordare solo gli
ulteriori sviluppi, rinviando per il resto ai ricorsi sopra citati.
Il 15 luglio 2004 il Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti procedeva alla nomina della dott.ssa Marina Monassi a
presidente dell'Autorita' portuale di Trieste (doc. 2).
Pochi giorni dopo il decreto-legge n. 136/2004 - sulla cui base
era stata asseritamente fatta la nomina - veniva convertito dalla qui
impugnata legge 27 luglio 2004, n. 186, eppero' con profonde
modificazioni proprio in relazione alle procedure di nomina dei
presidenti degli enti portuali.
Infatti, l'art. 6 del decreto-legge veniva sostituito, ed ora
l'art. 8, comma 1-bis, legge n. 84/1994 prevede che, «esperite le
procedure di cui al comma 1, qualora entro trenta giorni non si
raggiunga l'intesa con la regione interessata, il Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti indica il prescelto nell'ambito di una
terna formulata a tale fine dal presidente della giunta regionale,
tenendo conto anche delle indicazioni degli enti locali e delle
camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura
interessati» (enfasi aggiunta). La disposizione stabilisce poi che,
«ove il presidente della giunta regionale non provveda
all'indicazione della terna entro trenta giorni dalla richiesta allo
scopo indirizzatagli dal ministro delle infrastrutture e dei
trasporti, questi chiede al Presidente del Consiglio dei Ministri di
sottoporre la questione al Consiglio dei ministri, che provvede con
deliberazione motivata».
La nuova normativa rafforza (anche se ad avviso della regione non
in modo compiutamente corrispondente alle regole costituzionali, come
si illustrera' al punto 3 del presente ricorso) il ruolo della
regione nella procedure di nomina: ma ad essa viene sottratta proprio
la vicenda del porto di Trieste. Infatti, con l'art. 1, comma 2,
dellalegge di conversione vengono «fatti salvi gli effetti degli atti
compiuti ai sensi dell'art. 8, comma 1-bis, della legge 28 gennaio
1994, n. 84, introdotto dall'art. 6 del decreto-legge 28 maggio 2004,
n. 136, fino alla data di entrata in vigore della presente legge».
Di fatto, l'unico provvedimento di nomina compiuto dal Ministro
ai sensi del decreto-legge n. 136/2004, prima della sua conversione
in legge, e' quello del Presidente dell'Autorita' portuale di
Trieste. Dunque, lo Stato ha utilizzato il decreto-legge n. 136/2004
che reca una disciplina apparentemente generale, solo per superare
l'espresso dissenso della Regione Friuli-Venezia Giulia sulla nomina
del presidente dell'Autorita' portuale, e poi, una volta compiuta la
nomina, ha modificato la norma introdotta, premurandosi di far salva
la nomina stessa, pur senza espressamente nominarla.
Il nuovo art. 6, decreto-legge n. 136/2004 e l'art. 1, comma 2,
legge n. 186/2004 risultano, pero', lesivi delle competenze
costituzionali della Regione Friuli-Venezia Giulia per le seguenti
ragioni di

D i r i t t o

1. - Illeggittimita' derivata dell'art. 1, comma 2, legge
n. 186/2004.
Come sopra esposto, l'art. 1, comma 2, legge n. 186/2004 fa
«salvi gli effetti degi atti compiuti ai sensi dell'art. 8, comma
1-bis della legge 28 gennaio 1994, n. 84, introdotto dall'art. 6 del
decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, fino alla data di entrata in
vigore della presente legge».
Tenendo fermi gli effetti degli atti adottati ai sensi di una
norma incostituzionale (cioe', l'art. 8, comma 1-bis
legge n. 84/1994), la norma di sanatoria qui impugnata risulta
affetta dai medesimi vizi di costituzionalita', che vengono qui
esposti in termini corrispondenti alle censure formulate nel ricorso
proposto contro l'art. 6 decreto-legge n. 136/2004, che tale norma ha
introdotto.
Premessa. La situazione giuridica dopo la legge regionale 24
maggio 2004, n. 17 e il decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136.
Come detto in narrativa, la Regione Friuli-Venezia Giulia ha
esercitato la potesta' legislativa che la Costituzione le attribuisce
in materia di porti nel quadro dei principi fondamentali stabiliti
dalla legge statale, mantenendo nell'essenziale i principi stabiliti
dall'art. 8 della legge n. 84 del 1994 - la terna ed eventualmente la
seconda terna proposta dagli enti locali, la successiva intesa tra
regione e Stato per l'individuazione del Presidente - ma assumendo su
di se' (la regione ritiene in applicazione del principio di
sussidiarieta' di cui all'art. 118 Cost.) la responsabilita' della
procedura ed il compito della nomina, attuativa dell'intesa raggiunta
con il Ministero.
Pur rispettandone - si ritiene-i principi fondamentali, la
regione ha dunque dato alla nomina del Presidente del porto di
Trieste una disciplina autonoma e speciale, che ha determinato (salva
ovviamente la verifica della sua legittimita' costituzionale da parte
di codesta ecc.ma Corte costituzionale, dinanzi alla quale, come
ricordato, il Governo ha gia' deliberato l'impugnazione) la
cessazione dell'applicazione, sul punto, della legge n. 84 del 1994.
Il decreto-legge n. 136, qui impugnato, interviene a precisare un
elemento della procedura prevista dalla legge n. 84 del 1994 - una
procedura che attualmente non trova applicazione nella regione. Di
qui l'interrogativo se si debba intendere che la disciplina prevista
dal citato decreto-legge per l'ipotesi della mancata intesa sia
destinata ad applicarsi anche con riferimento al Porto di Trieste.
Tuttavia, anche qualora la risposta da darsi al quesito fosse
negativa (il comma 1-bis espressamente si riferisce alle «procedure
di cui al comma 1», ovvero a quelle della stessa legge n. 84), la
ricorrente regione ritiene di avere comunque interesse al presente
ricorso: e' evidente infatti che l'eventuale accoglimento della
questione di legittimita' costituzionale della legge regionale gia'
prospettata dal Governo tornerebbe in ogni modo a rendere applicabile
anche al porto di Trieste la disciplina generale, e dunque la
disposizione qui impugnata.
Violazione dell'art. 117, comma 3, e dell'art. 118 Cost., in
collegamento con l'art. 10 legge cost. n. 3/2001, in relazione
all'eventuale ripristino anche nella regione Friuli-Venezia Giulia
della competenza ministeriale alla nomina.
La giurisprudenza costituzionale ha chiarito che, nelle materie
regionali, la legge statale puo' assegnare allo Stato (e regolare)
solo funzioni amministrative che debbano essere esercitate
unitariamente, nel rispetto dei principi di proporzionalita' e
ragionevolezza, e che tale attribuzione di funzioni dovrebbe essere
frutto di un accordo con le regioni. In mancanza di procedure di
concertazione in sede legislativa, «l'esigenza di esercizio unitario
che consente di attrarre, insieme alla funzione amministrativa, anche
quella legislativa, puo' aspirare a superare il vaglio di
legittimita' costituzionale solo in presenza di una disciplina che
prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita'
concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che
devono essere condotte in base al principio di lealta» (sent.
n. 303/2003, punto 2.2 del Diritto, v. anche la sent. n. 6/2004,
punto 7 del Diritto).
Con l'art. 6, decreto-legge n. 136/2004, lo Stato - oltre a
«declassare» l'intesa prevista dall'art. 8, comma 1, legge
n. 84/1994, frastormandola da forte a debole - ha anche ribadito la
competenza ministeriale.
Ora, come visto, la Regione Friuli-Venezia Giulia, con la propria
specifica legislazione, e precisamente con la legge regionale
n. 17/2004, ha attribuito al presidente della regione il compito
della nomina del presidente dell'Autorita' portuale di Trieste: e
cio' in applicazione dell'art. 118 Cost., che attribuisce all'ente
titolare della competenza legislativa il potere di allocazione delle
funzioni amministrative.
Naturalmente, la legge regionale ha conservato il potere di
codeterminazione del Ministro delle infrastrutture, in considerazione
del principio fondamentale espresso dalla legge n. 84 del 1994,
tenendo percio' ferma la necessaria intesa preventiva. Risulta ad
avviso della regione evidente che la nomina del presidente
dell'Autorita' portuale non e' una funzione che possa richiedere un
necessario esercizio centrale per essere svolta in modo adeguato. Al
contrario, il principio di sussidiarieta' e di proporzionalita' sono
senz'altro soddisfatti da una nomina regionale alla quale lo Stato
dia il suo consenso; ed anzi, il principio di adeguatezza, pure
stabilito dall'art. 118 Cost., rende evidentemente preferibile che le
valutazioni base partano dalla realta' locale, del resto secondo un
criterio gia' insito nella stessa legge n. 84 per la formulazione
delle «terne» di partenza: criterio che non v'e' ragione di non far
valere anche per la competenza regionale.
Si badi che la titolarita' statale o regionale del potere di
nomina involge anche la complessiva responsabilita' del procedimento
di nomina: nel caso dell'Autorita' portuale di Trieste, il blocco
della procedura e' dipeso dal fatto che il Ministro ha, in prima
battuta, accettato un'unica designazione dagli enti locali e, in
seguito, non ha sollecitato la designazione della terna.
Dunque, qualora si ritenga che l'art. 6 decreto-legge n. 136/2004
ripristini il potere ministeriale di nomina, abrogando l'art. 9 legge
regionale n. 17/2004, esso risulta illegittimo (in relazione alla
Regione Friuli-Venezia Giulia) per violazione dell'art. 118, commi 1
e 2, Cost., alla luce delle sentt. n. 303/2003 e n. 6/2004 di codesta
Corte.
Violazione dell'art. 117, 3° comma, e dell'art. 118 Cost., in
collegamento con l'art. 10, legge cost. n. 3/2001, e del principio di
leale collaborazione, in relazione alla possibilita' di procedere a
nomina senza intesa della regione.
E' pacifico che la norma impugnata rientra in una materia in cui
la Regione Friuli-Venezia Giulia ha potesta' legislativa, salva la
determinazione dei principi fondamentali da parte dello Stato.
Non puo' essere dubbio che, entro il proprio ambito di
applicazione, l'art. 6 rende facoltativa l'intesa prima obbligatoria
ai sensi dell'art. 8, comma 1, legge n. 84/1994. Si e' visto che, in
base alla giurisprudenza costituzionale, nel caso in cui lo Stato
eserciti una funzione amministrativa in materia regionale, e'
necessaria l'intesa con le regioni o la regione specificamente
interessata.
Si tratta di un'intesa forte: cio' risulta dall'insieme delle
considerazioni svolte dalla Corte costituzionale e anche dalla sent.
n. 6 del 2004, che ha considerato legittima la norma statale
impugnata perche' prevedeva «un'intesa "forte", nel senso che il suo
mancato raggiungimento costituisce ostacolo insuperabile alla
conclusione del procedimento» (punto 7 del Diritto). Ma la stessa
sent. n. 303/2003 ha ritenuto che la mancanza dell'intesa per la
individuazione e la localizzazione delle «grandi opere» da inserire
nel programma comporta l'inefficacia del programma nella regione
interessata. E tali concetti sono stati puntualmente confermati dalla
recentissima sentenza n. 233 del 2004, con riferimento alla decisione
di realizzazione e alla approvazione del progetto preliminare della
Metropolitana di Bologna, per la quale codesta ecc.ma Corte ha
confermato la necessita' dell'intesa regionale.
Comunque, se anche potesse essere concepibile che, in casi
particolari, il coinvolgimento della Regione nell'esercizio
«unitario» delle funzioni amministrative assuma forme meno intense
rispetto a quelle dell'intesa «forte», il caso della nomina dei
presidenti delle Autorita' portuali non potrebbe costituire uno di
quei casi particolari.
Da un lato, infatti, non si puo' ipotizzare che, per casi di
questo genere, l'intesa risulti impossibile. Trattandosi di una
nomina, e' evidente che, se le parti ispirano il proprio
comportamento al principio di leale cooperazione, esse dovranno
necessariamente giungere ad un accordo su una persona fra le tre (o,
eventualmente, le ulteriori tre) proposte dagli enti locali. Seppur
in riferimento ad un caso diverso (si trattava di un conflitto fra
C.S.M. e Ministro della giustizia in relazione ad un «concerto» che
il Ministro doveva dare ad una commissione del C.S.M.), codesta Corte
ha avuto occasione di precisare in modo analitico cosa si intenda per
leale collaborazione in occasione di un procedimento di nomina (v. la
sent. n. 379 del 1992, punto 7 del Diritto).
E' opportuno, inoltre, ricordare che lo Statonon rimane
sprovvisto di tutela in caso di intesa «forte», perche' anche la
regione deve comportarsi rispettando il principio della leale
collaborazione, per cui, di fronte ad un'inerzia regionale o ad un
diniego di intesa incongruamente notivato, lo stato potrebbe attivare
gli opportuni rimedi giurisdizionali davanti a codesta ecc.ma Corte.
Dall'altro lato, la previsione di meccanismi alternativi
all'intesa potrebbe giustificarsi quando alle esigenze di tutela
dellautonomia costituzionale della regione si contrapponessero
preminenti esiegenze di rango costituzionale, nel senso che il
mancato esercizio della funzione «accentrata» ex art. 118 Cost.
nuoccia gravemente ad interessi di rango costituzionale: ma non e'
certo questo il caso della mancata nomina del presidente
dell'autorita' portuale. Da un lato, infatti, l'art. 9, comma 1,
lettera b) legge n. 84/1994 assegna la funzione di vice-presidente al
comandante del porto sede dell'autorita' portuale e l'art. 9, comma
4, stabilendo che «per la validita' delle sedute e' richiesta la
presenza della meta' piu' uno dei compnenti in prima convocazione e
di un terzo dei medesimi in seconda convocazione», consente il
funzionamento del comitato portuale anche senza il presidente ed i
membri da esso nominati.
Dall'altro lato, qualora gia' non operasse tale disposizione, non
vi sarebbe in ogni modo alcuna necessita' operativa di provvedere
unilateralmente alla nomina del presidente, dal monento che le
necessita' immediate potrebbero essere soddisfatte attraverso la
nomina di un commissario straordinario, nomina che codesta ecc.ma
Corte ha ritenuto possibile qualora sia effettuata in ragione
dell'urgenza una volta che siano lealmente avviate le trattative per
l'intesa (sent. n. 27 del 2004).
Se non si vuole rendere apparente la «tutela compensativa»
riconosciuta dalla Corte costituzionale, attraverso l'intesa, alle
regioni in caso di alterazione della ripartizione costituzionale
delle competenze legislative, occorre limitare al massimo i casi in
cui si puo' rinunciare all'intesa: la nomina del Presidente di un
ente pubblico e' un tipico caso in cui all'intesa si deve mantenere
carattere forte, per le ragioni appena viste.
Dunque, l'art. 6 decreto-legge n. 136/2004 lede la sfera
costituzionale di competenza regionale perche' non solo diminuisce la
tutela dell'autonomia regionale rispetto alla norma previgente (il
che gia' potrebbe considerarsi contrastante con l'art. 5 Cost.) ma
opera questa deminutio dopo che la Regione Friuli-Venezia Giulia e'
stata dotata di competenza costituzionale in materia di porti,
competenza costituzionale che, anche alla luce della giusrisprudenza
cosituzionale, puo' essere derogata (sotto il profilo
dell'allocazione e della regolazione delle funzioni amministrative)
solo prevedendo un'intesa «forte» con la regione (e, come detto
rispettando i principi di ragionevolezza e proporzionalita'
nell'applicazione (dell'art. 118, commma 1).
Pertanto, l'art. 6 decreto-legge n. 136/04 viola gli artt. 117,
comma 3, e 118, commi 1 e 2, Cost. ed il principio di leale
collaborazione, alla luce delle sentt. n. 303/2003, n. 6/2004 e
n. 233/2004 della Corte costituzionale.
In subordine al punto 2): violazione dell'art. 117, comma 3, e
dell'art. 118 Cost., in collegamento con l'art. 10 legge cost.
n. 3/2001, e del principio di leale rollaborazione, in quanto si
prevede che il conflitto venga risolto con la semplice prevalenza di
una delle parti.
La disposizione qui impugnata prevede che, in caso di mancata
intesa, sia competente a provvedere il Consiglio dei ministri.
La ricorrente regione desidera sottolineare che non si tratta qui
di una questione che possa coinvolgere l'indirizzo politico o le
massime scelte di governo, ma semplicemente della nomina del migliore
titolare dell'Autorita' portuale.
In situazioni di questa natura, non vi sono interessi
costituzionali preminenti che possano richiedere che - in caso di
mancata intesa tra la regione e lo Stato, e nella denegata ipotesi
che si ritenga legittimo che possa provvedersi in assenza dell'intesa
- la decisione venga affidata al Governo, anziche' ad una istanza che
equilibratamente rappresenti le esigenze delle due parti.
Infatti, e' di immediata evidenza che il Consiglio dei ministri
non rappresenta certo una istanza «neutra», o realmente equidistante
tra la regione e il Ministro con il quale l'intesa avrebbe dovuto
essere raggiunta, ma rappresenta piuttosto un'istanza dello stesso
segno del Ministro stesso, che non solo partecipa alla riunione, ma
vi assume la parte del proponente della deliberazione.
Si noti che la parita' tra lo Stato e regione nella procedura
sostitutiva dell'intesa non viene ripristinata dalla possibilita'
data alla regione di impugnare per conflitto la determinazione del
Governo: essendo evidente che altro e' una procedura amministrativa
di paritario esame nel merito della questione, altro un sindacato
successivo di legittimita' sul rispetto del principio di leale
collaborazione.
La disposizione in questione risulta dunque costituzionalmente
illegittima perche', in presenza di interessi costituzionali di pari
dignita', e di natura tale da non mettere in gioco l'indirizzo
politico del Governo, stabilisce che in caso di mancata intesa sia
chiamato semplicemente a decidere il Governo, anziche' stabilire sedi
e procedure di decisione che siano sostanzialmente neutre ed
equidistanti rispetto alle parti che non hanno raggiunto l'intesa.
In ulteriore subordine al punto 2): violazione dell'art. 117,
terzo comma, e dell'art. 118 Cost., in collegamento con l'art. 10,
legge cost. n. 3/2001, e del principio di leale collaborazione, in
quanto si prevede che il semplice passaggio di trenta giorni consenta
la sostituzione del Governo all'intesa.
Come visto sopra, la norma impugnata consente di prescindere
dall'intesa, con delibera del Consiglio dei ministri, «esperite le
procedure di cui al comma 1, qualora entro trenta giorni non si
raggiunga l'intesa con la regione interessata».
In pratica, si puo' sottoporre la questione al Consiglio dei
ministri dopo trenta giorni dal ricevimento della terna di candidati
(o della seconda terna di candidati, richiesta dal Ministro) o dopo
trenta giorni dalla scadenza del termine per le designazioni (tre
mesi prima della scadenza del mandato del mandato del Presidente, per
la prima terna).
Dunque, l'art. 6 non richiede altro, al fine di consentire la
procedura sostitutiva dell'accordo con la regione, che il passaggio
dei trenta giorni. Sembra dunque evidente che esso viola le
competenze costituzionali della regione ed il principio della leale
collaborazione, perche', anche in caso di intesa «debole», lo Stato
puo' decidere unilateralmente solo dopo aver cercato l'accordo con
«reiterate trattative» (secondo l'esperssione ricorrente nella
giurisprudenza costituzionale) e qualora, in sostanza, sia il mancato
atteggiamento collaborativo della regione a bloccare il procedimento.
L'art. 6, invece, sembra dare allo Stato il potere di decidere
unilateralmente anche in assenza dei presupposti richiesti dal
principio di leale collaborazione.
Ne risulta la violazione dell'art. 117, terzo comma, e dell'art.
118 Cost., in collegamento con l'art. 10 legge cost. n. 3/2001, e del
principio di leale collaborazione.
Si noti che la portata lesiva dell'art. 1, comma 2, legge
n. 186/2004 resterebbe se anche esso fosse interpretato non nel senso
di far salvi gli effetti degli atti compiuti fino all'entrata in
vigore della legge stessa ma nel senso di far salvi fino all'entrata
in vigore della legge stessa gli effetti degli adottati ai sensi
dell'art. 6 decreto-legge n. 136/2004 nella sua formulazione
originale.
Tale interpretazione, pure possibile secondo la lettera della
disposizione, comporterebbe una lesione quantitativamente minore,
dato che a partire dall'entrata in vigore della legge di conversione
dovrebbe essere avviata la nuova procedura. Ma, a parte il fatto che
cio' non risulta per nulla accaduto, permarrebbe comunque la lesione
derivante dalla salvezza, sia pure temporalmente limitata, della
nomina in assenza della intesa regionale ed anzi in presenza di
espressa e motivata opposizione della regione.
2. - Illegittimita' dell'art. 1, comma 2, per violazione
dell'art. 3 Cost. ed eccesso di potere legislativo.
Come illustrato in questo ricorso e, piu' ampiamente, in quelli
proposti contro l'art. 6 decreto-legge n. 136/2004 e contro l'atto di
nomina della dott.ssa Monassi, sia l'art. 6 in questione sia l'art.
1, comma 2, che fa salvi gli effetti degli atti adottati ai sensi di
esso, hanno la forma di una norma generale ed astratta, idonea a
disciplinare potenzialmente qualsiasi autorita' portuale e qualsiasi
nomina effettuata in applicazione del decreto-legge n. 136/2004.
In realta', la sequenza dei fatti esposti analiticamente nei
precedenti ricorsi dimostra in modo chiaro che lo Stato ha utilizzato
il decreto-legge n. 136/2004 solo per superare l'espresso dissenso
della regione Friuli-Venezia Giulia sulla nomina del presidente
dell'Autorita' portuale di Trieste, e poi, una volta compiuta la
nomina, ha modificato la norma introdotta, facendo pero' salva, pur
senza espressamente nominarla, la nomina appena effettuata.
Sia consentito ricordare che il decreto-legge. n. 136/2004 e'
stato adottato non solo dopo la mancata intesa sul presidente
dell'Autorita' portuale di Trieste ma due giorni dopo la
pubblicazione della legge regionale n. 17/2004 (avvenuta il 26 maggio
2004), che attribuisce il potere di nomina al presidente della
regione, d'intesa con il Ministro. Dopo pochi giorni (3 giugno 2004),
il Consiglio dei ministri autorizzava il Ministro a procedere alla
contestata nomina, in asserita applicazione della nuova norma. Il 15
luglio veniva compiuta la nomina ed il 27 luglio veniva promulgata la
legge qui impugnata. Questa fa salvi genericamente gli effetti degli
atti compiuti ai sensi dell'art. 6 decreto-legge n. 136/2004 ma era a
tutti perfettamente noto che l'unico atto in questione era la nomina
della dott.ssa Monassi.
Ora, la sequenza degli atti mostra oltre ogni ragionevole dubbio
che - al di la' della sua formulazione in termini generali - la norma
di cui all'art. 1, comma 2, legge n. 186/2004 non e' stata adottata
per far salvi in generale gli effetti degli atti adottati medio
tempore, ma solo per far salva (ovviamente in relazione al
sopraggiungere della diversa disciplina della legge di conversione, e
fermi restando gli effetti della pronuncia che codesta ecc.ma Corte
vorra' assumere nello specifico giudizio pendente davanti ad essa) la
nomina della dott.ssa Monassi.
Si tratta di un uso distorto del potere legislativo, che viola il
principio d'eguaglianza di cui all'art. 3, comma 1, Cost. in quanto
lo Stato ha di fatto (tramite il decreto-legge e poi la legge
n. 186/2004) creato una procedura ad hoc per un caso specifico, e in
danno della Regione Friuli-Venezia Giulia.
Il riferimento, in epigrafe, all'eccesso di potere legislativo
non implica un'assimilazione del potere legislativo, di regola libero
nel fine, al potere amministrativo, discrezionale; cio' che si
intende e' che, in questo caso, la violazione del principio di
eguaglianza puo' essere accertata solo con l'uso di metodi analoghi a
quelli impiegati nel sindacato sull'eccesso di potere, cioe'
attraverso l'esame della sequenza degli atti e fatti verificatisi.
Del resto, e' ben noto che codesta Corte ha impiegato i metodi tipici
dei giudici amministrativi nel giudizio sulle varie figure di
irragionevolezza delle leggi.
Ne' e' possibile obiettare che una legge relativa ad un caso
specifico non e' di per se' incostituzionale: in questo caso, non
sussiste alcuna ragionevole giustificazione a supporto del «diritto
particolare» creato per la dott.ssa Monassi, e per la particolare
situazione di svantaggio assegnata alla regione; l'unica
(illegittima) «giustificazione» e' il tentativo di sottrarre la
nomina in questione alla necessita' dell'intesa con la Regione
Friuli-Venezia Giulia.
Percio' l'art. 1, comma 2, oltre a violare l'art. 3 Cost.,
risulta affetto anche da tutti i vizi denunciati nel giudizio
relativo all'atto di nomina, fatto salvo dalla norma qui impugnata.
Sia consentito, per non appesantire il presente atto, rinviare su
questo punto al ricorso per conflitto di attribuzioni presentato
contro la delibera del Consiglio dei ministri 3 giugno 2004 ed il
decreto ministeriale 15 luglio 2004.
Naturalmente, anche per questo vizio vale l'ultima considerazione
svolta nel punto 1, relativa alla possibile interpretazione
alternativa dell'art. 1, comma 2.
3. - Specifico profilo di illegittimita' del nuovo art. 6, comma
1, decreto-legge. n. 136/2004, ove inteso nel senso della perdurante
competenza ministeriale all'atto finale di nomina.
Come accennato la legge n. 186/2004 ha modificato l'art. 6
decreto-legge. n. 136/2004, e dunque l'art. 8, comma 1-bis, legge
n. 84/1994. Ora questa norma dispone che, «esperite le procedure di
cui al comma 1, qualora entro trenta giorni non si raggiunga l'intesa
con la regione interessata, il Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti indica il prescelto nell'ambito di una terna formulata a
tale fine dal presidente della giunta regionale, tenendo conto anche
delle indicazioni degli enti locali e delle camere di commercio,
industria, artigianato e agricoltura interessati»; si aggiunge poi
che, «ove il presidente della giunta regionale non provveda
all'indicazione della terna entro trenta giorni dalla richiesta allo
scopo indirizzatagli dal Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti, questi chiede al Presidente del Consiglio dei ministri di
sottoporre la questione al Consiglio dei ministri, che provvede con
deliberazione motivata».
In sostanza, fra il «fallimento» delle procedure di cui al comma
1 e la possibilita' di sottoporre la questione al Consiglio dei
ministri si inserisce un'ulteriore fase, nell'ambito della quale il
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti «indica il prescelto»
nell'ambito di una terna formulata a tal fine dal presidente della
giunta regionale.
Tale norma restituisce un ruolo rilevante alla regione, rispetto
alla precedente formulazione del decreto-legge, e per questo aspetto
«migliorativo» essa non forma ovviamente oggetto di impugnazione.
Viene qui invece in rilievo un particolare profilo di lesivita'.
In primo luogo, pero', occorre formulare, anche per il nuovo
art. 6 decreto-legge n. 136/2004, le considerazioni relative ai
rapporti fra la legge regionale n. 17/2004 e l'art. 6 originario, nel
senso della ritenuta non applicabilita' della disciplina generale al
porto di Trieste, e dell'interesse della Regione Friuli-Venezia
Giulia a contestare comunque tale disciplina, tenendo conto del fatto
che la legge regionale e' stata impugnata dal Governo. Si rinvia,
dunque, alla «premessa» riportata all'interno del motivo n. 1 del
presente ricorso.
Un ulteriore rinvio deve essere fatto per l'esposizione del
profilo di illegittimita' anche del nuovo art. 6, decreto-legge
n. 136/2004. Esso, infatti, mantenendo in capo al Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti il potere di nomina (anziche'
attribuirlo alla regione, d'intesa con il Ministro), perpetua la
«Violazione dell'art. 117, terzo comma, e dell'art. 118 Cost., in
collegamento con l'art. 10 legge costituzionale n. 3/2001, in
relazione all'eventuale ripristino anche nella Regione Friuli-Venezia
Giulia della competenza ministeriale alla nomina», illustrata sempre
all'interno del motivo n. 1 del presente ricorso. Diversamente
potrebbe dirsi solo se si intendesse l'espressione secondo la quale
il Ministro «indica il prescelto» all'interno della terna formulata
dal presidente della regione come implicito riconoscimento che la
competenza alla nomina del prescelto spetta poi al presidente della
regione. In questo caso, infatti, l'indicazione da parte del Ministro
non sarebbe altro che l'espressione dell'intesa del Ministro stesso
(intesa prevista anche dalla legge regionale n. 17 del 2004) su uno
dei tre nomi per i quali e' gia' dato il gradimento della regione.
Tale ipotesi corrisponde, ad avviso della regione, ad un corretto
criterio interpretativo, volto a dare significato alle specifiche
espressioni usate dal legislatore. Nessuna difficolta', infatti, vi
sarebbe stata per il legislatore a prescrivere semplicemente - se
tale fosse stata la sua volonta' - che il Ministro procede alla
nomina nell'ambito della terna formulata dalla regione. Se invece il
legislatore ha stabilito che il Ministro «indica il prescelto»,
sembra doversene coerentemente concludere che tale indicazione sia
data ad un diverso organo competente, il quale nel sistema
costituzionale non potrebbe che essere identificato nel presidente
della regione stessa: del resto secondo quanto specificamente
prevede, per il Friuli-Venezia Giulia, la legge regionale n. 17 del
2004.


P. Q. M.
Chiede voglia codesta ecc.ma Corte costituzinale dichiarare
costituzionalmente illegittima la legge 27 luglio 2004, n. 186, in
relazione all'art. 1, comma 2, e alla modifica dell'art. 6, comma 1,
decreto-legge n. 136/2004, nelle parti, sotto i profili e per le
ragioni illustrate nel ricorso.
Prof. avv.: Giandomenico falcon
Padova, addi' 21 settembre 2004.

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