Ricorso n. 93 del 5-11 dicembre 2003 (Regione Toscana)
N. 93 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 - 11 dicembre 2003.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria l'11 dicembre 2003 (della Regione Toscana)
(GU n. 5 del 4-2-2004)
Ricorso della Regione Toscana, in persona del presidente pro
tempore, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 1211
del 24 novembre 2003, rappresentato e difeso, per mandato in calce al
presente atto, dagli avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni e presso
lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via del
Viminale n. 43;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 3,
secondo comma; 4; 6, sesto, settimo ed ottavo comma; art. 48, quarto
comma; 49, quinto comma; 50, terzo comma; 54; 55; 60; 70 e 71 del
decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276, per violazione degli
articoli 76, 97, 117 e 118 della Costituzione.
Nel supplemento n. 159 alla Gazzetta Ufficiale del 9 ottobre 2003
n. 235 e' stato pubblicato il decreto legislativo n. 276/2003,
recante «Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato
del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30».
La Regione Toscana ha impugnato la legge delega n. 30/2003
(artt. 1, primo comma, secondo comma lett. a), lett. b) punti 2 e 3,
lett. d), lett. e), lett. f), lett. l), lett. o); art. 2; art. 7;
art. 8 primo comma, secondo comma lett. g) e terzo comma), per
violazione degli articoli 76, 117 e 118 della Costituzione, eccependo
in particolare la violazione della competenza costituzionale delle
Regioni in materia di tutela e sicurezza del lavoro nonche' di
istruzione e di formazione professionale. Nella materia «tutela e
sicurezza del lavoro» rientra infatti la dimensione amministrativa
delle funzioni pubbliche attinenti al lavoro. L'espressione del terzo
comma dell'art. 117 Cost. e' dunque riferita alle politiche attive
del lavoro al mercato del lavoro e quindi ai servizi per l'impiego,
alle agenzie di mediazione e di lavoro interinale, alla tutela delle
fasce deboli, agli ammortizzatori sociali, agli incentivi
all'occupazione.
Le disposizioni ora impugnate, nell'attuare la suddetta delega,
non rispettano le attribuzioni regionali nelle citate materie (tutela
e sicurezza del lavoro; istruzione e formazione professionale) e sono
pertanto costituzionalmente illegittime per i seguenti motivi di
Diritto
1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, secondo comma,
per contrasto con gli articoli 117 e 118 Cost.
La disposizione in esame, laddove stabilisce che resta fermo il
mantenimento alle province delle funzioni amministrative loro
attribuite dal decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 in tema
di mercato del lavoro, appare incostituzionale in quanto, in base al
combinato disposto dell'art. 118, secondo comma e dell'art. 117,
terzo e quarto comma Cost., e' illegittima l'allocazione diretta agli
enti locali di funzioni amministrative con legge statale nelle
materie regionali. Poiche' il mercato del lavoro rientra nella tutela
e sicurezza del lavoro, compete alle Regioni con propria legge
operare l'allocazione delle funzioni amministrative in capo agli enti
locali, ovviamente nel rispetto dei criteri stabiliti dall'art. 118
Cost.
D'altra parte l'art. 117 secondo comma lett. p) assegna alla
competenza statale la sola determinazione delle «funzioni
fondamentali» degli enti locali, tra cui non rientrano i compiti in
questione.
2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4 per contrasto con
gli artt. 117 e 118 Cost.
La disposizione prevede l'istituzione presso il Ministero del
lavoro e delle politiche sociali di un apposito albo delle agenzie
per il lavoro, ove vengono iscritti, se in possesso dei requisiti
giuridici e finanziari stabiliti dal successivo art. 5, gli operatori
pubblici e privati autorizzati a svolgere le attivita' di
somministrazione di lavoro, di intermediazione, di ricerca e
selezione del personale, di supporto alla ricollocazione
professionale.
L'autorizzazione e' rilasciata dal Ministro del lavoro e delle
politiche sociali. Con tale autorizzazione dunque lo Stato abilita
gli operatori - denominati agenzie per il lavoro - allo svolgimento
delle sopra indicate attivita' di somministrazione di lavoro, di
intermediazione, di ricerca e selezione del personale, di supporto
alla ricollocazione professionale. La disciplina in esame attiene
alla materia della tutela e sicurezza del lavoro, soggetta, ai sensi
dell'art. 117 terzo comma Cost., alla potesta' legislativa
concorrente Stato-Regioni. Pertanto allo Stato compete la sola
determinazione dei principi fondamentali, mentre alle Regioni spetta
dettare la regolamentazione della materia ivi comprese le procedure
autorizzative.
Percio' il legislatore statale avrebbe dovuto limitarsi a
prevedere la necessita' di un regime autorizzativo, nonche' a
stabilire i requisiti giuridici e finanziari necessari per poter
svolgere le attivita' in questione, in modo da garantire
l'uniformita' di trattamento su tutto il territorio nazionale.
Ma, una volta disciplinati detti aspetti, la normativa sulle
procedure di autorizzazione, sul rilascio della medesima, sulla
gestione dell'albo avrebbe dovuto essere rimessa al legislatore
regionale.
La disposizione impugnata, invece, introduce un meccanismo di
autorizzazione accentrato e, quindi, normato e gestito dallo Stato,
mentre, in considerazione della potesta' concorrente, spetta alle
Regioni la disciplina legislativa e, nei termini di tale disciplina,
la concreta gestione delle attivita' amministrative di
autorizzazione.
Ne' puo' ritenersi legittima l'allocazione della funzione in capo
allo Stato in nome del principio di sussidiarieta': in primo luogo
infatti, come ha chiarito la Corte costituzionale nella sentenza
n. 303/2003, quando si intendano attrarre allo Stato funzioni
amministrative in sussidiarieta', il titolo del legiferare deve
essere reso evidente in maniera esplicita, perche' la sussidiarieta'
deroga al normale riparto delle competenze stabilito nell'art. 117
Cost., mentre tale regola non e' rispettata nel caso in esame.
Inoltre nella stessa sentenza n. 303/2003 la Corte costituzionale
ha chiarito che quando lo Stato intenda attrarre a se stesso funzioni
attinenti a materie regionali, deve comunque procedere con una scelta
che non sia irragionevole e che sia frutto di accordo con le Regioni.
Nel caso in esame non sono rispettate neanche tali due
condizioni: l'impugnata disposizione accentra a livello centrale la
funzione, senza una particolare esigenza che renda razionale la
scelta e, inoltre, non e' prevista l'intesa con le Regioni, intesa
che, secondo l'insegnamento della Corte costituzionale, costituisce
il presupposto indispensabile per il superamento del vaglio di
legittimita' costituzionale della legge statale che allochi in capo
allo Stato funzioni rientranti in materie di competenza regionale.
Il comma quinto dell'impugnato art. 4 e' incostituzionale anche
perche' prevede che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali
disciplinera' con proprio decreto le modalita' della richiesta di
autorizzazione, i criteri per la verifica del corretto andamento
delle attivita' svolte, i criteri e le modalita' di revoca
dell'autorizzazione nonche' ogni altro profilo relativo alla
organizzazione e alle modalita' di funzionamento dell'albo delle
agenzie per il lavoro. Tale previsione contrasta con l'art. 117 sesto
comma della Costituzione: per il suo contenuto infatti l'emanando
decreto e' un atto di natura regolamentare che e' precluso allo Stato
emanare in una materia non rientrante, come quella in esame, tra
quelle riservate in via esclusiva allo Stato.
3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 6, sesto, settimo ed
ottavo comma per contrasto con gli articoli 97, 117 e 118 Cost.
Il sesto comma dell'art. 6 prevede che l'autorizzazione per lo
svolgimento delle attivita' di intermediazione, ricerca e selezione
del personale, supporto alla ricollocazione professionale possa
essere rilasciata dalle Regioni con esclusivo riferimento al proprio
territorio; il settimo comma disciplina il procedimento con cui le
Regioni rilasciano detta autorizzazione che determina l'iscrizione in
una sezione speciale dell'albo nazionale; l'ottavo comma dispone che
il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, d'intesa con la
Conferenza unificata, determina le modalita' di costituzione della
sezione regionale dell'albo.
Le disposizioni si presentano incostituzionali.
Infatti, per i motivi rilevati al precedente punto, il rilascio
dell'autorizzazione, nel rispetto dei principi posti dal legislatore
statale, avrebbe dovuto essere attribuito alla competenza legislativa
ed amministrativa della Regione, vertendosi nella materia di tutela e
sicurezza del lavoro, soggetta alla potesta' legislativa concorrente.
Invece alle Regioni e' attribuita la possibilita' di rilasciare
solo una autorizzazione regionale che costituisce un mero doppione di
quella rilasciata dallo Stato. Infatti il rilascio delle due
autorizzazioni e' subordinato al possesso dei medesimi requisiti.
La norma contrasta dunque anche con l'art. 97 Cost. e quindi con
il principio di buona amministrazione, perche' duplica senza alcuna
ragionevolezza i provvedimenti amministrativi: non si comprende
infatti il senso di due regimi autorizzativi - uno statale ed uno
regionale - a fronte del possesso di uguali requisiti richiesti.
Il sesto comma e' altresi' incostituzionale perche', in ogni
caso, circoscrive l'autorizzazione regionale solo alle attivita' di
intermediazione, ricerca, selezione del personale e supporto alla
ricollocazione, escludendo quindi ogni possibile autorizzazione
regionale per le attivita' di somministrazione del lavoro che sono
quindi unicamente riservate allo Stato: tale esclusione non appare
legittima in quanto anche l'autorizzazione allo svolgimento
dell'attivita' di somministrazione riguarda l'esercizio delle
politiche attive del lavoro, di competenza regionale.
Le censure sopra esposte appaiono assorbenti: in ogni caso, in
denegata ipotesi in cui fosse ritenuto conforme a Costituzione il
meccanismo della doppia autorizzazione prevista dal legislatore
delegato, sarebbe comunque incostituzionale il settimo comma
dell'articolo in esame che disciplina nel dettaglio la procedura per
il rilascio dell'autorizzazione regionale. Tale disciplina dovrebbe
infatti essere normata unicamente dal legislatore regionale nel
rispetto dei soli principi fissati a livello statale.
Il comma ottavo si pone poi in contrasto anche con l'art. 117
sesto comma Costituzione, perche' l'emanando decreto ministeriale ivi
previsto ha natura regolamentare ed e' quindi inammissibile nella
materia in esame che non e' in via esclusiva riservata allo Stato.
4. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 48, comma quarto,
per contrasto con gli artt. 117 e 118 Cost.
L'art. 48 disciplina il contratto di apprendistato per
l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione.
Il quarto comma prevede che la regolamentazione dei profili
formativi dell'apprendistato suddetto e' rimessa alle Regioni
d'intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del
Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, sentite
le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro
comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale, nel
rispetto dei seguenti criteri e principi direttivi:
a) definizione della qualifica professionale; b) previsione
di un monte ore di formazione esterna od interna alla azienda,
congruo al conseguimento della qualifica professionale; c) rinvio ai
contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale,
territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di
lavoro comparativamente piu' rappresentative per la determinazione,
anche all'interno degli enti bilaterali, delle modalita' di
erogazione della formazione aziendale nel rispetto degli standard
generali fissati dalle regioni; d) riconoscimento, sulla base dei
risultati conseguiti all'interno del percorso di formazione, della
qualifica professionale ai fini contrattuali; e) registrazione della
formazione effettuata nel libretto formativo; f) presenza di un
tutore aziendale con formazione e competenze adeguate.
La disposizione che si impugna e' lesiva delle attribuzioni
regionali in materia di istruzione e formazione professionale,
rientrante nella potesta' legislativa residuale delle Regioni ai
sensi dell'arte. 117 quarto comma Cost.
Pertanto in tale materia la Regione deve rispettare la
Costituzione nonche' i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario
e dagli obblighi internazionali; pertanto non e' conforme a
Costituzione assoggettare la regolamentazione regionale dei profili
formativi dell'apprendistato ne' alla prevista obbligatoria intesa
con i Ministri del lavoro e dell'istruzione, ne' ai criteri e
principi direttivi che la norma predetermina.
Anche ove si ritenga di dover ricondurre la disciplina
dell'apprendistato in questione alle politiche attive del lavoro
inquadrabile quindi nella tutela e sicurezza del lavoro di competenza
concorrente delle Regioni, la norma sarebbe parimenti
incostituzionale per due profili.
In primo luogo perche' non e' ammissibile condizionare
l'esercizio della potesta' legislativa regionale chiamata a dettare
la regolamentazione dei profili formativi dell'apprendistato -
all'intesa con i Ministri: gli accordi e le intese infatti non
possono limitare, vincolare ed esautorare il legislatore ne' statale
ne' regionale, in quanto l'ordine costituzionale delle competenze
legislative e' indisponibile e non puo' dipendere da accordi (Corte
cost. 24 aprile 1996 n. 126; n. 437/2001).
In secondo luogo risulta lesiva della competenza regionale la
previsione contenuta nella lettera c) del comma qui contestato, che
impone il rinvio da parte della regolamentazione regionale ai
contratti collettivi per la determinazione delle modalita' di
erogazione della formazione aziendale. Tale rinvio non appare
giustificato ne' il medesimo e' preposto a garantire i livelli
essenziali delle prestazioni.
5. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 49, quinto comma,
per contrasto con gli articoli 117 e 118 Cost.
L'art. 49 disciplina l'apprendistato professionalizzante,
finalizzato al conseguimento di una qualificazione attraverso una
formazione sul lavoro e l'acquisizione di competenze di base.
Il comma quinto stabilisce che la regolamentazione dei profili
formativi di detto apprendistato e' rimessa alle Regioni d'intesa con
le associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente
piu' rappresentative sul piano regionale e nel rispetto dei seguenti
criteri e principi direttivi: a) previsione di un monte ore di
formazione esterna od interna alla azienda, di almeno centoventi ore
per anno, per l'acquisizione di competenze di base e
tecnico-professionali; b) rinvio ai contratti collettivi di lavoro
stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da
associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu'
rappresentative per la determinazione, anche all'interno degli enti
bilaterali, delle modalita' di erogazione e della articolazione della
formazione esterna e interna alle singole aziende, anche in relazione
alla capacita' formativa interna rispetto a quella offerta dai
soggetti esterni; c) riconoscimento, sulla base dei risultati
conseguiti all'interno del percorso di formazione, della qualifica
professionale ai fini contrattuali; d) registrazione della formazione
effettuata nel libretto formativo; e) presenza di un tutore aziendale
con formazione e competenze adeguate.
Anche in tale fattispecie, come in quella esaminata al precedente
punto, vengono in rilievo le competenze regionali in materia di
istruzione e formazione professionale attribuite alla potesta'
legislativa residuale regionale ai sensi dell'art. 117 quarto comma
Cost., con la conseguenza che non sono ammissibili i principi ed i
criteri direttivi imposti al legislatore regionale, ne'
l'obbligatoria intesa con le associazioni dei datori e prestatori di
lavoro.
In denegata ipotesi, anche in tal caso, come per il precedente
art. 48 quarto comma, si contesta la previsione dell'intesa, in
quanto pone un vincolo al legislatore regionale proposto a
regolamentare i profili professionali dell'apprendistato in
questione; il vincolo in tal caso appare ancora piu' invasivo
rispetto al precedente art. 48, in quanto e' imposta l'intesa non
gia' con i Ministri competenti, ma con le associazioni dei datori e
prestatori di lavoro.
Altresi' lesiva delle attribuzioni regionali appare anche in tal
caso la previsione della lettera b) del comma qui impugnato, perche'
il rinvio obbligatorio ai contratti collettivi non appare
giustificato ne' il medesimo e' preposto a garantire i livelli
essenziali delle prestazioni che possono legittimare l'intervento
statale.
6. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 50, terzo comma, per
contrasto con gli artt. 117 e 118 Cost.
L'art. 50 disciplina l'apprendistato per l'acquisizione di un
diploma o per percorsi di alta formazione. Il terzo comma dispone che
la regolamentazione e la durata dell'apprendistato in questione sono
rimessi alle Regioni, per i soli profili che attengono alla
formazione, in accordo con le associazioni territoriali dei datori di
lavoro e dei prestatori di lavoro, le universita' e le altre
istituzioni formative.
Anche tale norma, come i precedenti artt. 48 e 49, appare lesiva
delle attribuzioni residuali regionali in materia di istruzione e
formazione professionale, perche' vincola il legislatore e
l'amministrazione regionale all'accordo con le associazioni
territoriali dei datori e prestatori di lavoro, le universita' e le
altre istituzioni formative.
La imposizione di detto accordo e' parimenti lesiva delle
attribuzioni regionali anche nella ipotesi in cui si ritenga che
l'istituto rientri nella tutela e sicurezza del lavoro e quindi in
materia concorrente, in quanto, come sopra rilevato, la potesta'
legislativa regionale non puo' essere vincolata da obbligatorie
intese con i soggetti operanti nel settore.
7. - Illegittimita' costituzionale degli artt. 54 e 55 per
contrasto con gli artt. 76, 117 e 118 Cost.
Gli articoli qui contestati disciplinano il contratto di
inserimento, diretto a realizzare l'inserimento o il reinserimento
nel mercato del lavoro di determinate categorie di persone, mediante
un progetto individuale di inserimento finalizzato a garantire
l'adeguamento delle competenze professionali del lavoratore ad un
determinato contesto lavorativo.
In sostanza tale contratto sostituisce il precedente contratto di
formazione lavoro, in relazione al quale, per gli aspetti attinenti
la formazione professionale, era indubbia la competenza regionale che
e' stata regolarmente esercitata.
Gli artt. 54 e 55, invece, non prevedono alcuna competenza
regionale, neppure per quanto attiene al progetto individuale di
inserimento che ha un contenuto prettamente formativo. Tale
esclusione regionale non e' sopperita neanche da forme di intesa con
le Regioni.
Percio' le impugnate disposizioni si pongono in contrasto con
l'art. 117 Cost. perche' violano la competenza residuale riservata
alle Regioni in materia di formazione professionale (art. 117, quarto
comma), nonche' la competenza concorrente in materia di tutela e
sicurezza del lavoro (art. 117, terzo comma, Cost.), posto che la
disciplina del progetto di inserimento e' riconducibile oltre che
alla formazione professionale, anche alle politiche attive del
lavoro.
L'art. 55 impugnato appare ulteriormente lesivo per la
disposizione contenuta nel terzo comma, il quale stabilisce che, ove
entro cinque mesi dalla data di entrata in vigore del decreto non sia
intervenuta la determinazione da parte del Contratto collettivo
nazionale delle modalita' di definizione dei piani individuali di
inserimento, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali convoca
le parti per raggiungere l'accordo e, in mancanza, provvede con suo
decreto.
Anche tale previsione, ignorando completamente le Regioni, appare
lesiva delle attribuzioni regionali in materia di formazione
professionale, nonche' degli interventi di politica attiva del
lavoro.
Inoltre la disposizione in esame contrasta con la legge delega:
l'art. 2, lett. h) della legge n. 30/2003 ha infatti previsto che i
contenuti dell'attivita' formativa (la quale, come gia' rilevato,
comprende anche i contratti di inserimento), in difetto di accordo
con le associazioni, avrebbero dovuto essere determinati dalle
Regioni d'intesa con il Ministro e non gia' unilateralmente dal
Ministro, come invece stabilisce la norma qui contestata.
Percio' l'art. 55, terzo comma, e' incostituzionale anche perell'art. 76 della Costituzione, vizio che la Regione e'
legittimata ad eccepire in quanto determina una lesione delle proprie
attribuzioni costituzionali.
8. - Illegittimita' costituzionale degli artt. 60, 70 e 71 per
contrasto con gli artt. 117 e 118 Cost.
L'art. 60 disciplina i tirocini estivi di orientamento, promossi
durante le vacanze estive per adolescenti o giovani iscritti
all'universita' o ad un istituto scolastico, con fini orientativi e
di addestramento pratico.
I tirocini in questione, quindi, come le borse di studio e gli
stages, rappresentano misure volte a favorire e promuovere
l'occupazione dei giovani e percio' rientrano nelle politiche attive
del lavoro, la cui disciplina, nel rispetto dei principi
fondamentali, e' di competenza regionale perche' attinente alla
materia, concorrente, della tutela e sicurezza del lavoro.
La disposizione in esame, invece, non prevede alcuno spazio per
il legislatore regionale, ne' alcun coinvolgimento delle Regioni
nello svolgimento delle funzioni amministrative connesse con i
tirocini di orientamento.
Analogo rilievo viene formulato nei confronti degli artt. 70 e 71
che disciplinano le prestazioni di lavoro accessorio, prevedendo
anche i soggetti che possono svolgere tali attivita'.
Anche in questa ipotesi, dunque, la normativa ha ad oggetto non
gia' la disciplina del contratto e del rapporto di lavoro, ma misure
di promozione del lavoro che, in quanto tali, rientrano nella
potesta' legislativa concorrente regionale.
Anche gli artt. 70 e 71, invece, in totale violazione di detta
potesta', non prevedono alcuno spazio per il legislatore regionale
ne' un intervento regionale nello svolgimento delle correlate
funzioni amministrative.
P. Q. M.
Si chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare
l'illegittimita' costituzionale degli articoli 3, secondo comma; 4; 6
sesto, settimo ed ottavo comma; 48, quarto comma; 49, quinto comma;
50, terzo comma; 54; 55; 60; 70 e 71 del decreto legislativo 10
settembre 2003, n. 276 per i motivi esposti nel presente ricorso.
Firenze - Roma, addi' 5 dicembre 2003
Avv. Lucia Bora - Avv. Fabio Lorenzoni
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria l'11 dicembre 2003 (della Regione Toscana)
(GU n. 5 del 4-2-2004)
Ricorso della Regione Toscana, in persona del presidente pro
tempore, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 1211
del 24 novembre 2003, rappresentato e difeso, per mandato in calce al
presente atto, dagli avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni e presso
lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via del
Viminale n. 43;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 3,
secondo comma; 4; 6, sesto, settimo ed ottavo comma; art. 48, quarto
comma; 49, quinto comma; 50, terzo comma; 54; 55; 60; 70 e 71 del
decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276, per violazione degli
articoli 76, 97, 117 e 118 della Costituzione.
Nel supplemento n. 159 alla Gazzetta Ufficiale del 9 ottobre 2003
n. 235 e' stato pubblicato il decreto legislativo n. 276/2003,
recante «Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato
del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30».
La Regione Toscana ha impugnato la legge delega n. 30/2003
(artt. 1, primo comma, secondo comma lett. a), lett. b) punti 2 e 3,
lett. d), lett. e), lett. f), lett. l), lett. o); art. 2; art. 7;
art. 8 primo comma, secondo comma lett. g) e terzo comma), per
violazione degli articoli 76, 117 e 118 della Costituzione, eccependo
in particolare la violazione della competenza costituzionale delle
Regioni in materia di tutela e sicurezza del lavoro nonche' di
istruzione e di formazione professionale. Nella materia «tutela e
sicurezza del lavoro» rientra infatti la dimensione amministrativa
delle funzioni pubbliche attinenti al lavoro. L'espressione del terzo
comma dell'art. 117 Cost. e' dunque riferita alle politiche attive
del lavoro al mercato del lavoro e quindi ai servizi per l'impiego,
alle agenzie di mediazione e di lavoro interinale, alla tutela delle
fasce deboli, agli ammortizzatori sociali, agli incentivi
all'occupazione.
Le disposizioni ora impugnate, nell'attuare la suddetta delega,
non rispettano le attribuzioni regionali nelle citate materie (tutela
e sicurezza del lavoro; istruzione e formazione professionale) e sono
pertanto costituzionalmente illegittime per i seguenti motivi di
Diritto
1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, secondo comma,
per contrasto con gli articoli 117 e 118 Cost.
La disposizione in esame, laddove stabilisce che resta fermo il
mantenimento alle province delle funzioni amministrative loro
attribuite dal decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 in tema
di mercato del lavoro, appare incostituzionale in quanto, in base al
combinato disposto dell'art. 118, secondo comma e dell'art. 117,
terzo e quarto comma Cost., e' illegittima l'allocazione diretta agli
enti locali di funzioni amministrative con legge statale nelle
materie regionali. Poiche' il mercato del lavoro rientra nella tutela
e sicurezza del lavoro, compete alle Regioni con propria legge
operare l'allocazione delle funzioni amministrative in capo agli enti
locali, ovviamente nel rispetto dei criteri stabiliti dall'art. 118
Cost.
D'altra parte l'art. 117 secondo comma lett. p) assegna alla
competenza statale la sola determinazione delle «funzioni
fondamentali» degli enti locali, tra cui non rientrano i compiti in
questione.
2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4 per contrasto con
gli artt. 117 e 118 Cost.
La disposizione prevede l'istituzione presso il Ministero del
lavoro e delle politiche sociali di un apposito albo delle agenzie
per il lavoro, ove vengono iscritti, se in possesso dei requisiti
giuridici e finanziari stabiliti dal successivo art. 5, gli operatori
pubblici e privati autorizzati a svolgere le attivita' di
somministrazione di lavoro, di intermediazione, di ricerca e
selezione del personale, di supporto alla ricollocazione
professionale.
L'autorizzazione e' rilasciata dal Ministro del lavoro e delle
politiche sociali. Con tale autorizzazione dunque lo Stato abilita
gli operatori - denominati agenzie per il lavoro - allo svolgimento
delle sopra indicate attivita' di somministrazione di lavoro, di
intermediazione, di ricerca e selezione del personale, di supporto
alla ricollocazione professionale. La disciplina in esame attiene
alla materia della tutela e sicurezza del lavoro, soggetta, ai sensi
dell'art. 117 terzo comma Cost., alla potesta' legislativa
concorrente Stato-Regioni. Pertanto allo Stato compete la sola
determinazione dei principi fondamentali, mentre alle Regioni spetta
dettare la regolamentazione della materia ivi comprese le procedure
autorizzative.
Percio' il legislatore statale avrebbe dovuto limitarsi a
prevedere la necessita' di un regime autorizzativo, nonche' a
stabilire i requisiti giuridici e finanziari necessari per poter
svolgere le attivita' in questione, in modo da garantire
l'uniformita' di trattamento su tutto il territorio nazionale.
Ma, una volta disciplinati detti aspetti, la normativa sulle
procedure di autorizzazione, sul rilascio della medesima, sulla
gestione dell'albo avrebbe dovuto essere rimessa al legislatore
regionale.
La disposizione impugnata, invece, introduce un meccanismo di
autorizzazione accentrato e, quindi, normato e gestito dallo Stato,
mentre, in considerazione della potesta' concorrente, spetta alle
Regioni la disciplina legislativa e, nei termini di tale disciplina,
la concreta gestione delle attivita' amministrative di
autorizzazione.
Ne' puo' ritenersi legittima l'allocazione della funzione in capo
allo Stato in nome del principio di sussidiarieta': in primo luogo
infatti, come ha chiarito la Corte costituzionale nella sentenza
n. 303/2003, quando si intendano attrarre allo Stato funzioni
amministrative in sussidiarieta', il titolo del legiferare deve
essere reso evidente in maniera esplicita, perche' la sussidiarieta'
deroga al normale riparto delle competenze stabilito nell'art. 117
Cost., mentre tale regola non e' rispettata nel caso in esame.
Inoltre nella stessa sentenza n. 303/2003 la Corte costituzionale
ha chiarito che quando lo Stato intenda attrarre a se stesso funzioni
attinenti a materie regionali, deve comunque procedere con una scelta
che non sia irragionevole e che sia frutto di accordo con le Regioni.
Nel caso in esame non sono rispettate neanche tali due
condizioni: l'impugnata disposizione accentra a livello centrale la
funzione, senza una particolare esigenza che renda razionale la
scelta e, inoltre, non e' prevista l'intesa con le Regioni, intesa
che, secondo l'insegnamento della Corte costituzionale, costituisce
il presupposto indispensabile per il superamento del vaglio di
legittimita' costituzionale della legge statale che allochi in capo
allo Stato funzioni rientranti in materie di competenza regionale.
Il comma quinto dell'impugnato art. 4 e' incostituzionale anche
perche' prevede che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali
disciplinera' con proprio decreto le modalita' della richiesta di
autorizzazione, i criteri per la verifica del corretto andamento
delle attivita' svolte, i criteri e le modalita' di revoca
dell'autorizzazione nonche' ogni altro profilo relativo alla
organizzazione e alle modalita' di funzionamento dell'albo delle
agenzie per il lavoro. Tale previsione contrasta con l'art. 117 sesto
comma della Costituzione: per il suo contenuto infatti l'emanando
decreto e' un atto di natura regolamentare che e' precluso allo Stato
emanare in una materia non rientrante, come quella in esame, tra
quelle riservate in via esclusiva allo Stato.
3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 6, sesto, settimo ed
ottavo comma per contrasto con gli articoli 97, 117 e 118 Cost.
Il sesto comma dell'art. 6 prevede che l'autorizzazione per lo
svolgimento delle attivita' di intermediazione, ricerca e selezione
del personale, supporto alla ricollocazione professionale possa
essere rilasciata dalle Regioni con esclusivo riferimento al proprio
territorio; il settimo comma disciplina il procedimento con cui le
Regioni rilasciano detta autorizzazione che determina l'iscrizione in
una sezione speciale dell'albo nazionale; l'ottavo comma dispone che
il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, d'intesa con la
Conferenza unificata, determina le modalita' di costituzione della
sezione regionale dell'albo.
Le disposizioni si presentano incostituzionali.
Infatti, per i motivi rilevati al precedente punto, il rilascio
dell'autorizzazione, nel rispetto dei principi posti dal legislatore
statale, avrebbe dovuto essere attribuito alla competenza legislativa
ed amministrativa della Regione, vertendosi nella materia di tutela e
sicurezza del lavoro, soggetta alla potesta' legislativa concorrente.
Invece alle Regioni e' attribuita la possibilita' di rilasciare
solo una autorizzazione regionale che costituisce un mero doppione di
quella rilasciata dallo Stato. Infatti il rilascio delle due
autorizzazioni e' subordinato al possesso dei medesimi requisiti.
La norma contrasta dunque anche con l'art. 97 Cost. e quindi con
il principio di buona amministrazione, perche' duplica senza alcuna
ragionevolezza i provvedimenti amministrativi: non si comprende
infatti il senso di due regimi autorizzativi - uno statale ed uno
regionale - a fronte del possesso di uguali requisiti richiesti.
Il sesto comma e' altresi' incostituzionale perche', in ogni
caso, circoscrive l'autorizzazione regionale solo alle attivita' di
intermediazione, ricerca, selezione del personale e supporto alla
ricollocazione, escludendo quindi ogni possibile autorizzazione
regionale per le attivita' di somministrazione del lavoro che sono
quindi unicamente riservate allo Stato: tale esclusione non appare
legittima in quanto anche l'autorizzazione allo svolgimento
dell'attivita' di somministrazione riguarda l'esercizio delle
politiche attive del lavoro, di competenza regionale.
Le censure sopra esposte appaiono assorbenti: in ogni caso, in
denegata ipotesi in cui fosse ritenuto conforme a Costituzione il
meccanismo della doppia autorizzazione prevista dal legislatore
delegato, sarebbe comunque incostituzionale il settimo comma
dell'articolo in esame che disciplina nel dettaglio la procedura per
il rilascio dell'autorizzazione regionale. Tale disciplina dovrebbe
infatti essere normata unicamente dal legislatore regionale nel
rispetto dei soli principi fissati a livello statale.
Il comma ottavo si pone poi in contrasto anche con l'art. 117
sesto comma Costituzione, perche' l'emanando decreto ministeriale ivi
previsto ha natura regolamentare ed e' quindi inammissibile nella
materia in esame che non e' in via esclusiva riservata allo Stato.
4. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 48, comma quarto,
per contrasto con gli artt. 117 e 118 Cost.
L'art. 48 disciplina il contratto di apprendistato per
l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione.
Il quarto comma prevede che la regolamentazione dei profili
formativi dell'apprendistato suddetto e' rimessa alle Regioni
d'intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del
Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, sentite
le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro
comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale, nel
rispetto dei seguenti criteri e principi direttivi:
a) definizione della qualifica professionale; b) previsione
di un monte ore di formazione esterna od interna alla azienda,
congruo al conseguimento della qualifica professionale; c) rinvio ai
contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale,
territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di
lavoro comparativamente piu' rappresentative per la determinazione,
anche all'interno degli enti bilaterali, delle modalita' di
erogazione della formazione aziendale nel rispetto degli standard
generali fissati dalle regioni; d) riconoscimento, sulla base dei
risultati conseguiti all'interno del percorso di formazione, della
qualifica professionale ai fini contrattuali; e) registrazione della
formazione effettuata nel libretto formativo; f) presenza di un
tutore aziendale con formazione e competenze adeguate.
La disposizione che si impugna e' lesiva delle attribuzioni
regionali in materia di istruzione e formazione professionale,
rientrante nella potesta' legislativa residuale delle Regioni ai
sensi dell'arte. 117 quarto comma Cost.
Pertanto in tale materia la Regione deve rispettare la
Costituzione nonche' i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario
e dagli obblighi internazionali; pertanto non e' conforme a
Costituzione assoggettare la regolamentazione regionale dei profili
formativi dell'apprendistato ne' alla prevista obbligatoria intesa
con i Ministri del lavoro e dell'istruzione, ne' ai criteri e
principi direttivi che la norma predetermina.
Anche ove si ritenga di dover ricondurre la disciplina
dell'apprendistato in questione alle politiche attive del lavoro
inquadrabile quindi nella tutela e sicurezza del lavoro di competenza
concorrente delle Regioni, la norma sarebbe parimenti
incostituzionale per due profili.
In primo luogo perche' non e' ammissibile condizionare
l'esercizio della potesta' legislativa regionale chiamata a dettare
la regolamentazione dei profili formativi dell'apprendistato -
all'intesa con i Ministri: gli accordi e le intese infatti non
possono limitare, vincolare ed esautorare il legislatore ne' statale
ne' regionale, in quanto l'ordine costituzionale delle competenze
legislative e' indisponibile e non puo' dipendere da accordi (Corte
cost. 24 aprile 1996 n. 126; n. 437/2001).
In secondo luogo risulta lesiva della competenza regionale la
previsione contenuta nella lettera c) del comma qui contestato, che
impone il rinvio da parte della regolamentazione regionale ai
contratti collettivi per la determinazione delle modalita' di
erogazione della formazione aziendale. Tale rinvio non appare
giustificato ne' il medesimo e' preposto a garantire i livelli
essenziali delle prestazioni.
5. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 49, quinto comma,
per contrasto con gli articoli 117 e 118 Cost.
L'art. 49 disciplina l'apprendistato professionalizzante,
finalizzato al conseguimento di una qualificazione attraverso una
formazione sul lavoro e l'acquisizione di competenze di base.
Il comma quinto stabilisce che la regolamentazione dei profili
formativi di detto apprendistato e' rimessa alle Regioni d'intesa con
le associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente
piu' rappresentative sul piano regionale e nel rispetto dei seguenti
criteri e principi direttivi: a) previsione di un monte ore di
formazione esterna od interna alla azienda, di almeno centoventi ore
per anno, per l'acquisizione di competenze di base e
tecnico-professionali; b) rinvio ai contratti collettivi di lavoro
stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da
associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu'
rappresentative per la determinazione, anche all'interno degli enti
bilaterali, delle modalita' di erogazione e della articolazione della
formazione esterna e interna alle singole aziende, anche in relazione
alla capacita' formativa interna rispetto a quella offerta dai
soggetti esterni; c) riconoscimento, sulla base dei risultati
conseguiti all'interno del percorso di formazione, della qualifica
professionale ai fini contrattuali; d) registrazione della formazione
effettuata nel libretto formativo; e) presenza di un tutore aziendale
con formazione e competenze adeguate.
Anche in tale fattispecie, come in quella esaminata al precedente
punto, vengono in rilievo le competenze regionali in materia di
istruzione e formazione professionale attribuite alla potesta'
legislativa residuale regionale ai sensi dell'art. 117 quarto comma
Cost., con la conseguenza che non sono ammissibili i principi ed i
criteri direttivi imposti al legislatore regionale, ne'
l'obbligatoria intesa con le associazioni dei datori e prestatori di
lavoro.
In denegata ipotesi, anche in tal caso, come per il precedente
art. 48 quarto comma, si contesta la previsione dell'intesa, in
quanto pone un vincolo al legislatore regionale proposto a
regolamentare i profili professionali dell'apprendistato in
questione; il vincolo in tal caso appare ancora piu' invasivo
rispetto al precedente art. 48, in quanto e' imposta l'intesa non
gia' con i Ministri competenti, ma con le associazioni dei datori e
prestatori di lavoro.
Altresi' lesiva delle attribuzioni regionali appare anche in tal
caso la previsione della lettera b) del comma qui impugnato, perche'
il rinvio obbligatorio ai contratti collettivi non appare
giustificato ne' il medesimo e' preposto a garantire i livelli
essenziali delle prestazioni che possono legittimare l'intervento
statale.
6. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 50, terzo comma, per
contrasto con gli artt. 117 e 118 Cost.
L'art. 50 disciplina l'apprendistato per l'acquisizione di un
diploma o per percorsi di alta formazione. Il terzo comma dispone che
la regolamentazione e la durata dell'apprendistato in questione sono
rimessi alle Regioni, per i soli profili che attengono alla
formazione, in accordo con le associazioni territoriali dei datori di
lavoro e dei prestatori di lavoro, le universita' e le altre
istituzioni formative.
Anche tale norma, come i precedenti artt. 48 e 49, appare lesiva
delle attribuzioni residuali regionali in materia di istruzione e
formazione professionale, perche' vincola il legislatore e
l'amministrazione regionale all'accordo con le associazioni
territoriali dei datori e prestatori di lavoro, le universita' e le
altre istituzioni formative.
La imposizione di detto accordo e' parimenti lesiva delle
attribuzioni regionali anche nella ipotesi in cui si ritenga che
l'istituto rientri nella tutela e sicurezza del lavoro e quindi in
materia concorrente, in quanto, come sopra rilevato, la potesta'
legislativa regionale non puo' essere vincolata da obbligatorie
intese con i soggetti operanti nel settore.
7. - Illegittimita' costituzionale degli artt. 54 e 55 per
contrasto con gli artt. 76, 117 e 118 Cost.
Gli articoli qui contestati disciplinano il contratto di
inserimento, diretto a realizzare l'inserimento o il reinserimento
nel mercato del lavoro di determinate categorie di persone, mediante
un progetto individuale di inserimento finalizzato a garantire
l'adeguamento delle competenze professionali del lavoratore ad un
determinato contesto lavorativo.
In sostanza tale contratto sostituisce il precedente contratto di
formazione lavoro, in relazione al quale, per gli aspetti attinenti
la formazione professionale, era indubbia la competenza regionale che
e' stata regolarmente esercitata.
Gli artt. 54 e 55, invece, non prevedono alcuna competenza
regionale, neppure per quanto attiene al progetto individuale di
inserimento che ha un contenuto prettamente formativo. Tale
esclusione regionale non e' sopperita neanche da forme di intesa con
le Regioni.
Percio' le impugnate disposizioni si pongono in contrasto con
l'art. 117 Cost. perche' violano la competenza residuale riservata
alle Regioni in materia di formazione professionale (art. 117, quarto
comma), nonche' la competenza concorrente in materia di tutela e
sicurezza del lavoro (art. 117, terzo comma, Cost.), posto che la
disciplina del progetto di inserimento e' riconducibile oltre che
alla formazione professionale, anche alle politiche attive del
lavoro.
L'art. 55 impugnato appare ulteriormente lesivo per la
disposizione contenuta nel terzo comma, il quale stabilisce che, ove
entro cinque mesi dalla data di entrata in vigore del decreto non sia
intervenuta la determinazione da parte del Contratto collettivo
nazionale delle modalita' di definizione dei piani individuali di
inserimento, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali convoca
le parti per raggiungere l'accordo e, in mancanza, provvede con suo
decreto.
Anche tale previsione, ignorando completamente le Regioni, appare
lesiva delle attribuzioni regionali in materia di formazione
professionale, nonche' degli interventi di politica attiva del
lavoro.
Inoltre la disposizione in esame contrasta con la legge delega:
l'art. 2, lett. h) della legge n. 30/2003 ha infatti previsto che i
contenuti dell'attivita' formativa (la quale, come gia' rilevato,
comprende anche i contratti di inserimento), in difetto di accordo
con le associazioni, avrebbero dovuto essere determinati dalle
Regioni d'intesa con il Ministro e non gia' unilateralmente dal
Ministro, come invece stabilisce la norma qui contestata.
Percio' l'art. 55, terzo comma, e' incostituzionale anche perell'art. 76 della Costituzione, vizio che la Regione e'
legittimata ad eccepire in quanto determina una lesione delle proprie
attribuzioni costituzionali.
8. - Illegittimita' costituzionale degli artt. 60, 70 e 71 per
contrasto con gli artt. 117 e 118 Cost.
L'art. 60 disciplina i tirocini estivi di orientamento, promossi
durante le vacanze estive per adolescenti o giovani iscritti
all'universita' o ad un istituto scolastico, con fini orientativi e
di addestramento pratico.
I tirocini in questione, quindi, come le borse di studio e gli
stages, rappresentano misure volte a favorire e promuovere
l'occupazione dei giovani e percio' rientrano nelle politiche attive
del lavoro, la cui disciplina, nel rispetto dei principi
fondamentali, e' di competenza regionale perche' attinente alla
materia, concorrente, della tutela e sicurezza del lavoro.
La disposizione in esame, invece, non prevede alcuno spazio per
il legislatore regionale, ne' alcun coinvolgimento delle Regioni
nello svolgimento delle funzioni amministrative connesse con i
tirocini di orientamento.
Analogo rilievo viene formulato nei confronti degli artt. 70 e 71
che disciplinano le prestazioni di lavoro accessorio, prevedendo
anche i soggetti che possono svolgere tali attivita'.
Anche in questa ipotesi, dunque, la normativa ha ad oggetto non
gia' la disciplina del contratto e del rapporto di lavoro, ma misure
di promozione del lavoro che, in quanto tali, rientrano nella
potesta' legislativa concorrente regionale.
Anche gli artt. 70 e 71, invece, in totale violazione di detta
potesta', non prevedono alcuno spazio per il legislatore regionale
ne' un intervento regionale nello svolgimento delle correlate
funzioni amministrative.
P. Q. M.
Si chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare
l'illegittimita' costituzionale degli articoli 3, secondo comma; 4; 6
sesto, settimo ed ottavo comma; 48, quarto comma; 49, quinto comma;
50, terzo comma; 54; 55; 60; 70 e 71 del decreto legislativo 10
settembre 2003, n. 276 per i motivi esposti nel presente ricorso.
Firenze - Roma, addi' 5 dicembre 2003
Avv. Lucia Bora - Avv. Fabio Lorenzoni