|
N. 94 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 10 agosto 2006. |
|
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 10 agosto 2006 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 38 del 20-9-2006) |
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale ha il domicilio
in via dei Portoghesi n. 12;
Contro la Provincia autonoma di Bolzano, in persona del suo
presidente, per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale
della legge provinciale 26 maggio 2006, n. 4, La gestione dei rifiuti
e tutela del suolo (B.U. n. 24/I-II del 13 giugno 2006) negli
articoli 3, 5, 7, 19, 20 e 24.
Nella legge non e' indicata la fonte costituzionale della
potesta' legislativa esercitata dalla provincia. L'indicazione
sarebbe stata senz'altro utile tenuto conto della materia
disciplinata.
Codesta Corte ha chiarito che la materia dei rifiuti rientra
nella tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, che l'art. 17, secondo
comma, lett. s) della Costituzione ha assegnato alla legislazione
esclusiva dello Stato.
Codesta Corte ha ugualmente chiarito che «la tutela
dell'ambiente» non e' configurabile come competenza statale
circoscritta e delimitata. Essa costituisce un «valore»,
costituzionalmente garantito, a carattere trasversale, che incrocia
materie diverse, attribuite alla legislazione regionale (tra le
altre, sent. n. 407/02).
La materia sulla quale incide la legge provinciale, almeno nelle
norme che vengono impugnate, dovrebbe essere la tutela della salute,
che lo Statuto regionale (art. 9, n. 10 d.P.R. n. 670 del 1972)
attribuisce alla potesta' legislativa delle province, ma «nei limiti
indicati dall'art. 5», vale a dire «nei limiti del precedente
articolo («in armonia con la Costituzione e i principi
dell'ordinamento giuridico della Repubblica e con il rispetto degli
obblighi internazionali e degli interessi nazionali») e dei principi
stabiliti dalle leggi dello Stato».
Articoli 3, lett. w), n. 1) e 5.1, lett. b).
Nell' art. 3, lett. w), n. 1 sono classificati come materia prima
secondaria i rottami ferrosi e non ferrosi derivanti da operazioni di
recupero rispondenti a determinate specifiche nazionali ed
internazionali.
Nell' art. 5.1, lett. b), e' previsto che al materiali e alle
sostanze che «gia' presentino le caratteristiche delle materie prime
secondarie» non si applica la normativa sui rifiuti a condizione che
il detentore non se ne disfi, non abbia l'intenzione o non abbia
l'obbligo di disfarsene.
Con lettera n. 2005/4051 C(2005)2364 del 5 luglio 2005 la
Commissione CE ha contestato all'Italia diverse violazioni della
direttiva 75/442/CEE, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE.
Una prima violazione e' stata vista nell'art. 1, commi 25, 26, 27
e 29 della legge n. 308 del 2004, per i quali i rottami ferrosi e non
ferrosi, anche provenienti dall'estero, sono considerati materie
prime secondarie e, in quanto tali, sottoposte al regime delle
materie prime e non a quello dei rifiuti.
Ha ritenuto la Commissione che «queste esclusioni, che hanno per
effetto la non applicabilita' delle disposizioni sulla gestione dei
rifiuti di cui alla direttiva, e' contraria alla direttiva stessa,
che non puo' essere derogata da una norma di diritto interno, e che
non prevede alcuna esclusione dal suo ambito di applicazione per i
rottami derivanti come scarti di lavorazione oppure originati da
cicli produttivi o di consumo e riutilizzabili nell'industria
siderurgica o metallurgica».
E' subentrata la direttiva 2006/12/CE che definisce rifiuto
qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate
nell'allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o
l'obbligo di disfarsi (art. 1.1 lett. a).
Art. 7.1, lett. b).
Esclude dall'applicazione della legge le terre e le rocce di
scavo ed i residui della lavorazione della pietra non contaminati,
destinati all'effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati
e macinati.
Nell'allegato I alla direttiva 2006/12/CE, redatto ai sensi
dell'art. 1.2, sono classificati rifiuti i «residui provenienti
dall'estrazione e dalla preparazione delle materie prime (ad esempio
residui provenienti da attivita' minerarie)».
L' art. 7.1, lett. b) che, come si e' gia' rilevato, esclude
dall'applicazione della normativa provinciale sui rifiuti «le terre e
le rocce da scavo», se destinati alle utilizzazioni elencate,
contrasta, pertanto, anche esso con la normativa comunitaria.
Sulla normativa comunitaria richiamata la Corte di giustizia si
e' espressa piu' di una volta, dichiarando:
la direttiva 75/442 non suggerisce alcun criterio
determinante per individuare la volonta' del detentore di disfarsi di
una sostanza o di un materiale, per cui e' lasciato agli Stati membri
di scegliere le modalita' di prova (sentenza 15 giugno 2000, cause
riunite C-418/1997 e C-419/1997, ARCO Chemie Nederland, n. 41);
non puo' costituire prova della volonta' di disfarsi di una
sostanza o di un prodotto l'esecuzione di una operazione di
smaltimento o di recupero riportata negli allegati II A e II B della
direttiva, poiche' la definizione come rifiuto deve essere
preventiva, in quanto solo sul suo presupposto le operazioni
successive possono essere qualificate come smaltimento o recupero di
rifiuto (sentenza 11 novembre 2004, C-457/02, Niselli, n. 36);
la nozione di rifiuti va interpretata con criteri estensivi;
un materiale derivante da un processo di fabbricazione o di
estrazione, che non e' principalmente destinato a produrlo, puo'
costituire un sottoprodotto e non un residuo quando la sua
utilizzazione non sia solo eventuale, ma certa, senza previa
trasformazione, e avvenga nel corso del processo di produzione
(sentenza 18 aprile 2002, C-9/00, Palin Granit, n. 37 e sentenza
Niselli cit.).
Le norme provinciali impugnate sono, pertanto, in contrasto con
la normativa comunitaria richiamata, secondo l'interpretazione che la
Corte di giustizia ne ha gia' dato, e quindi costituzionalmente
illegittime ai sensi dell'art. 117, primo comma, Cost.
Come si e' rilevato, l'intervento legislativo della provincia
puo' avere come base statutaria solo l'art. 9, n. 10, d.P.R. n. 670
del 1972, che impone la «armonia con i principi dell'ordinamento
giuridico della Repubblica».
I principi fondamentali, che limitano la legislazione concorrente
delle regioni a statuto ordinario ai sensi dell'art. 117, terzo
comma, Cost., costituiscono per la Provincia di Bolzano il limite
imposto dalla Statuto regionale, la cui violazione comporta la
illegittimita' costituzionale delle norme.
E' da questo punto di vista normativo che vanno esaminate le
norme seguenti.
Art. 19. 3, lett. b).
Ai sensi dell'art. 193, comma 4, d.lgs. n. 152/2006 le
disposizioni di cui al comma 1 non sono applicabili «al trasporto dei
rifiuti urbani effettuato da soggetto che gestisce il servizio
pubblico, ne' ai trasporti di rifiuti non pericolosi effettuati dal
produttore dei rifiuti stessi».
La norma costituisce un principio fondamentale.
La legge provinciale non si e' attenuta escludendo nella lett. b)
l'applicabilita' delle disposizioni di cui al comma 1 ai trasporti di
rifiuti speciali che non eccedano i 30 chilogrammi o i 30 litri al
giorno, effettuati dal produttori dei rifiuti stessi, senza
distinguere tra rifiuti pericolosi e non pericolosi.
In questo modo l'esenzione e' stata estesa anche ai primi, in
violazione di uno dei principi fondamentali posti in materia dalla
legge statale.
Da qui la sua illegittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 9,
primo comma, dello Statuto, se non ai sensi dell'art. 117, terzo
comma, Cost.
Art. 20.
Nel primo comma viene ribadita la necessita' della iscrizione
all'Albo nazionale gestori ambientali, previsto dall'art. 212 d.lgs.
n. 152/2006, dove sono anche fissate le condizioni richieste.
Queste condizioni non possono che essere uniformi su tutto il
territorio nazionale poiche' la diversa dislocazione territoriale non
giustifica una riduzione delle garanzie, rivolte alla tutela
dell'ambiente e della salute.
La norma statale richiamata costituisce, pertanto, anche essa
principio fondamentale.
Il secondo comma dell'art. 20 consente alla giunta, in deroga
alla disciplina statale, di prevedere discipline semplificate «ossia
l'esenzione dall'obbligo di iscrizione».
La illegittimita' costituzionale e' di tutta evidenza sempre ai
sensi dell'art. 9, primo comma, dello Statuto.
Art. 24.
Nel primo comma e' previsto che, una volta presentata la domanda
di collaudo ed autorizzazione dell'impianto, l'impianto stesso si
intende autorizzato «a partire dalla data di attivazione indicata
nella richiesta stessa».
Entro i 90 giorni successivi alla messa in esercizio
dell'impianto va accertata la regolarita' dell'impianto e rilasciata
l'autorizzazione (comma 2).
In pratica, viene prevista una autorizzazione provvisoria della
quale il richiedente puo' usufruire prima di qualsiasi accertamento,
con la conseguenza che per 90 giorni puo' essere messo in esercizio
un impianto che non sara' poi autorizzato perche' non regolare.
L'art. 208 d.lgs. n. 152/2006 disciplina l'autorizzazione unica
per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero rifiuti e ad essa
va sicuramente riconosciuto il carattere di principio fondamentale.
Non e' prevista nessuna autorizzazione provvisoria e, tanto meno,
l'esercizio provvisorio a seguito della semplice domanda.
La norma provinciale impugnata e', pertanto, illegittima sempre
per violazione dell'art. 9, primo comma, dello Statuto.
P. Q. M.
Si conclude perche' le norme impugnate siano dichiarate
costituzionalmente illegittime.
Si produce l'estratto della deliberazione del Consiglio dei
ministri 4 agosto 2006.
Roma, addi' 8 agosto 2006
Il vice Avvocato generale dello Stato: Glauco Nori
|