N. 95 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 16 dicembre 2003.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 16 dicembre 2003 (della Provincia autonoma di Trento)
(GU n. 5 del 4-2-2004)

Ricorso della Provincia autonoma di Trento, in persona del
presidente della giunta provinciale pro tempore Lorenzo Dellai,
autorizzato con deliberazione della giunta provinciale 28 novembre
2003, n. 3027 (doc. 1), rappresentata e difesa - come da procura del
2 dicembre 2003, n. rep. 25973 (doc. 2), autenticata dal dott.
Tommaso Sussarellu, ufficiale rogante della provincia - dal prof.
avv. Giandomenico Falcon e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con
domicilio eletto in Roma presso lo studio dell'avv. Manzi, Via
Confalonieri, n. 5;

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 4,
commi da 1, 2, 4 e 5; 5; 6, commi 6, 7 e 8; 48, comma 4; 49, comma 5
del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, Attuazione delle deleghe in
materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge
14 febbraio 2003, n. 30, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 235
del 9 ottobre 2003, suppl. ord. n. 159, per violazione dell'art. 8,
n. 23 e n. 29, dell'art. 9, nn. 2) 4) e 5) e dell'art. 16 dello
statuto di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto
1972, n. 670; delle norme di attuazione dello statuto, e in
particolare dell'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica
28 marzo 1975, n. 471 e degli artt. 2 e 4 del d.lgs. 16 marzo 1992,
n. 266; degli artt. 3 e 117 Cost., in correlazione con l'art. 10
legge cost. n. 3/2001, nei modi e per i profili di seguito
illustrati.

P r e m e s s a

Il d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, oggetto della presente
impugnazione, costituisce esercizio della delega conferita al Governo
dalla legge 14 febbraio 2003, n. 30. Questa legge non conteneva una
specifica clausola di salvaguardia generale delle competenze delle
Province autonome di Trento e di Bolzano o delle autonomie speciali
e, percio', e' stata impugnata da questa provincia con ricorso
n. 44/2003, pendente avanti a codesta Corte.
L'art. 1, comma 3, del d.lgs. n. 276/2003 dispone che «sono fatte
salve le competenze riconosciute alle regioni a statuto speciale ed
alle Province autonome di Trento e di Bolzano dallo statuto e dalle
relative norme di attuazione, anche con riferimento alle disposizioni
del Titolo V, parte seconda, della Costituzione per le parti in cui
sono previste forme di autonomie piu' ampie rispetto a quelle gia'
attribuite», e cio' potrebbe indurre a ritenere che il decreto
legislativo abbia fatto venir meno le ragioni di doglianza avanzate
contro la legge delega.
In realta', pero', specifiche disposizioni del d.lgs. n. 276/2003
si riferiscono, in modo lesivo, anche alla Provincia di Trento, cosi'
smentendo o comunque limitando la clausola di salvaguardia sopra
citata. Per questo motivo si rende necessaria l'impugnazione di
alcune norme del decreto in questione.

F a t t o

La Provincia autonoma di Trento ha potesta' legislativa esclusiva
e potesta' amministrativa in materia di costituzione e funzionamento
di commissioni comunali e provinciali per l'assistenza e
l'orientamento dei lavoratori nel collocamento ed in materia di
addestramento e formazione professionale ai sensi dell'articolo 8,
n. 23 e n. 29, e dell'art. 16 dello statuto ed ha potesta'
legislativa concorrente e potesta' amministrativa in materia di
istruzione elementare e secondaria, di apprendistato, libretti di
lavoro, categorie e qualifiche dei lavoratori, nonche' di
costituzione e funzionamento di commissioni comunali e provinciali di
controllo sul collocamento ai sensi dell'articolo 9, rispettivamente5), e dell'art. 16 dello Statuto.
Le disposizioni statutarie sono state attuate mediante apposite
norme di attuazione dello Statuto. In particolare, l'art. 2, del
decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 471, ha
trasferito alla provincia, tra l'altro, le funzioni legislative ed
amministrative relative al rapporto giuridico di apprendistato (comma
1, lettera a).
Con il decreto del Presidente della Repubblica n. 197 del 1980 e'
stato delegato alle province l'esercizio delle funzioni
amministrative locali relative alla vigilanza e tutela del lavoro che
gia' non spettassero alle province (art. 3, comma 1, in combinazione
con l'art. 3, comma 1, n. 12 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 474 del 1975), nonche' l'esercizio delle funzioni in
materia di vigilanza per l'applicazione delle norme relative alla
previdenza e alle assicurazioni sociali (art. 3, del comma 1, in
collegamento con l'art. 3, comma 1, n. 11 del decreto del Presidente
della Repubblica n. 474 del 1975). Cio', espressamente, «al fine di
realizzare un organico sistema di ispezione del lavoro nelle province
di Trento e di Bolzano». Conseguentemente, gia' l'art. 4 del decreto
del Presidente della Repubblica n. 197 del 1980 aveva soppresso
l'ispettorato regionale del lavoro, e trasferito alle province di
Trento e di Bolzano gli Ispettorati provinciali del lavoro.
La competenza provinciale in materia di collocamento ha trovato
sviluppo prima con le norme di attuazione di cui al decreto del
Presidente della Repubblica n. 280 del 1974, poi con quelle del
decreto legislativo 21 settembre 1995, n. 430, il quale, introducendo
l'art. 9-bis nel predetto decreto, ha delegato alle Province autonome
di Trento e Bolzano «l'esercizio delle funzioni amministrative
attribuite all'ufficio regionale e agli uffici provinciali del lavoro
e della massima occupazione di Trento e Bolzano, nonche' alle sezioni
circoscrizionali per l'impiego ricadenti nei rispettivi territori»: e
cio', analogamente a quanto disposto per le funzioni ispettive, «al
fine di realizzare nelle Province di Trento e Bolzano un organico
sistema di servizi per l'impiego».
Come si vede, la Provincia di Trento ha da tempo una competenza
non solo teorica ma attivamente esercitata sia in materia di
formazione professionale e apprendistato, sia in materia di funzioni
ispettive per il lavoro, sia in materia di servizi per l'impiego.
Fino al 2001 tali competenze erano in parte proprie, in parte
delegate, con delega che aveva comunque nettissimo e riconosciuto
carattere di completamento organico. Del resto, anche alle regioni
ordinarie era stato riconosciuto, gia' prima del 2001, un ruolo
importante nella materia del mercato del lavoro, in virtu' della
legge n. 59/1997 e del successivo d.lgs. n. 469/1997, al fine di
«superare la dissociazione tra le funzioni relative al collocamento e
alle politiche attive del lavoro - di spettanza statale - e le
funzioni in materia di formazione del lavoro di competenza regionale»
(sent. Corte costituzionale n. 125/2003, punto 2 del Diritto).
Tutte le competenze provinciali concorrenti e quelle stesse
storicamente «delegate», comunque, risultano oggi inquadrate nella
piu' ampia competenza concorrente in materia di tutela e sicurezza
del lavoro prevista dall'art. 117, comma terzo, della Costituzione,
applicabile in parte qua alla Provincia di Trento ai sensi
dell'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. E' inoltre da notare
che, rientrando la formazione professionale nell'art. 117, quarto
comma, Cost., la potesta' primaria della Provincia di Trento in
materia non deve piu' ritenersi soggetta ai limiti delle norme
fondamentali delle riforme economico-sociali e dei principi generali
dell'ordinamento giuridico, ma solo ai limiti di cui all'art. 117,
comma 1.
E' in tale situazione che e' intervenuta la legge 14 febbraio
2003, n. 30, con la quale il Parlamento ha delegato il Governo ad
operare una complessiva riorganizzazione degli strumenti di
intervento in materia di mercato del lavoro, quali stabiliti dalla
precedente legislazione.
Come sopra accennato, essa e' stata impugnata dalla ricorrente
provincia nelle disposizioni che incidono sulle competenze
provinciali sopra indicate, ed in particolare nell'art. 1 (relativo
ai servizi per l'impiego) e nell'art. 2 (relativo al riordino dei
contratti a contenuto formativo).
La legge n. 30/2003 e' ora attuata dal d.lgs. n. 276/2003, che
costituisce un ampio intervento nella materia del mercato del lavoro,
composto di ben ottantasei articoli. Tuttavia, tale decreto non da'
attuazione a tutti i criteri di cui agli artt. 1 e 2 della legge
n. 30/2003 (che, peraltro, prevedevano «uno o piu' decreti
legislativi») ma, d'altro canto, contiene norme non ricanducibili ad
alcuna norma di delega.
In particolare, il d.lgs. n. 276/2003, dopo un primo titolo
recante Disposizioni generali, contiene un secondo titolo
sull'Organizzazione e disciplina del mercato del lavoro, un terzo
titolo su Somministrazione di lavoro, appalto di servizi, distacco,
un quarto titolo recante Disposizioni in materia di gruppi di impresa
e trasferimento d'azienda, un quinto titolo sulle Tipologie
contrattuali a orario ridotto, modulato o flessibile, un sesto titolo
su apprendistato e contratto di inserimento, un settimo titolo su
Tipologie contrattuali a progetto e occasionali, un titolo ottavo
sulle Procedure di certificazione ed un titolo nono, recante
Disposizioni transitorie e finali.
Come gia' accennato, specifiche disposizioni del d.lgs.
n. 276/2003 si riferiscono, in modo lesivo, anche alla Provincia di
Trento, cosi' smentendo la clausola di salvaguardia di cui
all'art. 1, comma 3, del decreto. Esse risultano percio'
costituzionalmente illegittime per i seguenti motivi di

Diritto

1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 1, 2, 4 e
5, dell'art. 5 e dell'art. 6, comma 6, nella parte in cui limita il
potere autorizzatorio regionale alle attivita' svolte «con esclusivo
riferimento al proprio territorio».
L'art. 4 disciplina le autorizzazioni da rilasciare alle Agenzie
per il lavoro. Che la disciplina delle autorizzazioni sia rivolta
alle province autonome risulta dall'art. 4, comma 4 («Le Agenzie
autorizzate comunicano alla autorita' concedente, nonche' alle
regioni e alle province autonome competenti, gli spostamenti di sede,
l'apertura delle filiali o succursali, la cessazione della attivita'
ed hanno inoltre l'obbligo di fornire alla autorita' concedente tutte
le informazioni da questa richieste»), e dall'art. 6, comma 6
(«L'autorizzazione allo svolgimento delle attivita' di cui
all'art. 2, comma 1, lettere b), c), d), puo' essere concessa dalle
regioni e dallo province autonome con esclusivo riferimento al
proprio territorio e previo accertamento della sussistenza dei
requisiti di cui agli articoli 4 e 5, fatta eccezione per il
requisito di cui all'art. 5, comma 4, lettera b)»). Da queste
disposizioni risulta chiaramente che i commi 1 e 2 dell'art. 4
intendono attribuire al Ministero del lavoro funzioni amministrative
(di tenuta dell'albo delle agenzie per il lavoro e di rilascio
dell'autorizzazione) anche in relazione alla Provincia di Trento.
Cio' implica violazione dell'art. 4, comma 1, d.lgs. n. 266/1992,
ai sensi del quale «nelle materie di competenza propria della regione
o delle province autonome la legge non puo' attribuire agli organi
statali funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, di
polizia amministrativa e di accertamento di violazioni
amministrative, diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo
statuto speciale e le relative norme di attuazione»: e le funzioni di
cui all'art. d.lgs. n. 276/2003 non rientrano tra quelle attribuite
allo Stato dai d.P.R. n. 689/1973, n. 280/1974 e n. 471/1975.
Ne' l'attribuzione delle funzioni di tenuta dell'albo e di
rilascio dell'autorizzazione potrebbe giustificarsi sulla base di
presunte esigenze unitarie. Nel sistema dei rapporti fra Stato e
province autonome, le esigenze unitarie vanno soddisfatte o in via
legislativa, ai sensi dell'art. 2 d.lgs. n. 266/1992, o con
l'esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento di cui
all'art. 3 d.lgs. n. 266/1992 (qualora questa si ritenga
sopravvissuta alla legge cost. n. 3/2001).
Comunque, ad abundantiam, pare evidente che non esistono esigenze
unitarie che impongano una gestione centralizzata delle funzioni
amministrative in questione, dato che la verifica dell'esistenza dei
requisiti delle agenzie (che, tra l'altro, costituisce attivita' di
puro riscontro dei parametri di legge) e la tenuta dell'albo possono
essere svolte adeguatamente dalle regioni e dalle province (o,
eventualmente, dagli enti locali da queste individuati), nel rispetto
dei principi fondamentali statali e delle proprie norme di dettaglio.
Al contrario, la necessita' di rivolgersi al centro per ottenere
l'autorizzazione di cui all'art. 4 costituisce una inutile
complicazione per le agenzie. Ne' puo' essere obbiettato che la
competenza statale all'autorizzazione sia resa necessaria dal fatto
che essa debba valere per l'intero territorio nazionale, dato che e'
anzi caratteristico dei sistemi decentrati che i provvedimenti
assunti da ciascuno degli enti territoriali competenti sia
riconosciuto dagli altri come se fosse proprio: e, del resto, proprio
a cio' serve l'opera unificatrice delle regole che lo Stato compie
dettando i principi fondamentali.
Tra i principi fondamentali di un sistema decentrato vi e', in
primo luogo, quello della validita' nazionale delle autorizzazioni
concesse. Si tratta d'altronde di un principio che non ha nulla di
speciale, ed opera gia' nell'ordinamento in una pluralita' di
situazioni, sia nel sistema regionale (si pensi ai titoli di
formazione professionale) sia al di fuori di esso: nessuno ha mai
supposto, ad esempio, che la patente di guida rilasciata da una
autorita' locale non valga percio' al di fuori della circoscrizione
di questa.
Peraltro, se anche si ritenesse esistente un'esigenza unitaria e
se anche si ritenesse che essa non si debba esprimere nei modi di cui
all'art. 3 d.lgs. n. 266/1992, i commi 1 e 2 dell'art. 4 sarebbero
comunque illegittimi, in base ai principi di cui alla sent.
n. 303/2003, perche' la provincia non e' chiamata a dare l'intesa nel
momento dell'esercizio della funzione amministrativa.
La lesione della competenza provinciale non viene certo meno per
il fatto che - tranne per quanto riguarda l'attivita' di
somministrazione - l'art. 6, comma 6, prevede che «l'autorizzazione
allo svolgimento delle attivita' di cui all'art. 2 comma 1, lettere
b), c), d), puo' essere concessa dalle regioni o dalle province
autonome con esclusivo riferimento al proprio territorio e previo
accertamento della sussistenza dei requisiti di cui agli articoli 4 e
5, fatta eccezione per il requisito di cui all'art. 5, comma 4,
lettera b)», cioe' del requisito che «l'attivita' interessi un ambito
distribuito sull'intero territorio nazionale comunque non inferiore a
quattro regioni».
Infatti, l'art. 6, comma 6, attribuisce alla provincia una
competenza autorizzatoria non solo limitata nell'oggetto (riferendosi
alle attivita' di intermediazione, ricerca e selezione del personale
e supporto alla ricollocazione professionale), ma soprattutto
limitata in relazione ai soggetti autorizzabili, che sono i soggetti
che operino esclusivamente sul territorio provinciale.
Inoltre, la norma e' del tutto irragionevole in quanto la
provincia non potrebbe autorizzare anche agenzie che, in ipotesi,
ricerchino in loco personale per un'impresa avente sede in altra
regione: ma non si vede quale sia l'esigenza unitaria che rende
necessaria la competenza statale per autorizzare agenzie che, come e'
naturale per il tipo di attivita' svolta, collaborino con soggetti
situati anche in altre regioni. Essa e' irragionevole anche perche',
tenuto conto dell'art. 5, comma 4, lettera b), sembra esserci un
«vuoto» nella disciplina statale, nel senso che, se una agenzia
volesse operare in due regioni, non vi potrebbe essere autorizzazione
statale ne' provinciale.
Tale previsione e' comunque il complemento dell'altra, qui
contestata, che riserva allo Stato le autorizzazioni «generali». Ed
anzi, il limitato riconoscimento della competenza regionale e
provinciale mostra piu' concretamente l'illegittimita' e
l'irrazionalita' della maggiore competenza statale. Ne risulta
evidente, infatti, che ai fini della autorizzazione locale la
provincia procede alla verifica degli stessi requisiti: sicche'
resistenza di piu' apparati amministrativi dello Stato e della
provincia risulta completamente duplicativa e smentisce qualunque
profilo «unitario» dell'attivita' statale.
La distinzione tra le autorizzazioni «nazionali» di competenza
statale e quelle «locali» di competenza regionale e'
costituzionalmente illegittima, ma sia consentito di osservare anche
che essa traduce una concezione arcaica dell'organizzazione pubblica,
superata nella Costituzione sia dal principio di sussidiarieta' di
cui all'art. 118 che dal principio di articolazione della Repubblica
di cui all'art. 114 della Costituzione. Nelle materie provinciali
l'amministrazione provinciale non e' l'amministrazione di cio' che
interessa solo alla provincia, ma e' l'amministrazione della
Repubblica in tale materia.
Ne risulta che anche l'art. 6, comma 6, e' affetto da
illegittimita' costituzionale nella parte in cui limita il potere
autorizzatorio provinciale alle attivita' svolte «con esclusivo
riferimento al proprio territorio».
Dunque, i commi 1 e 2 dell'art. 4 violano l'art. 16 Statuto e le
norme di attuazione sopra indicate, fra le quali in particolare
l'art. 4, comma 1, d.lgs. n. 266/1992.
Venendo alle altre disposizioni, alcune di queste non sono
specificamente collegate alla competenza autorizzatoria statale. Si
tratta del gia' citato art. 4, comma 4, e dell'art. 5 (che fissa i
Requisiti giuridici e finanziari per l'iscrizione all'albo). Essi
dettano norme destinate ad applicarsi immediatamente anche nella
Provincia di Trento (anche l'art. 5 deve ritenersi rivolto alla
Provincia di Trento, visto lo stretto legame con l'art. 4). Cio'
implica, innanzi tutto, violazione dell'art. 2 d.lgs. n. 266/1992,
che sancisce - come noto - un regime di separazione fra leggi statali
e leggi provinciali.
Inoltre, l'art. 4, comma 4, e l'art. 5 contengono norme di
dettaglio in materia di tutela del lavoro e di formazione (dato che
le attivita' autorizzate comprendono anche la formazione: v. l'art. 2
d.lgs. n. 276/2003), e percio' violano l'art. 8, n. 23 e n. 29, e
l'art. 9 n. 4) e 5) dello Statuto e l'art. 117, comma 3 e 4, Cost.,
in correlazione con l'art. 10 della legge cost. n. 3/2001.
Quanto all'art. 4, comma 5, secondo cui «il Ministro del lavoro e
delle politiche sociali, con decreto da emanare entro trenta giorni
dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo,
stabilisce le modalita' della presentazione della richiesta di
autorizzazione di cui al comma 2, i criteri per la verifica del
corretto andamento della attivita' svolta cui e' subordinato il
rilascio della autorizzazione a tempo indeterminato, i criteri e le
modalita' di revoca della autorizzazione, nonche' ogni altro profilo
relativo alla organizzazione e alle modalita' di funzionamento
dell'albo delle agenzie per il lavoro», esso prevede un potere
statale sostanzialmente regolamentare, in violazione dell'art. 117,
comma 6, Cost. e dell'art. 2 d.lgs. n. 266/1992 (dal quale risulta
che solo gli atti legislativi possono intervenire nelle materie
provinciali). Che per determinare il carattere normativo di un atto
debba usarsi un criterio «sostanziale» sembra evidente - pena la
vanificazione o il facile aggiramento della norma costituzionale - ed
e' comunque confermato dalla sentenza di codesta Corte costituzionale
n. 88/2003, punto 3 del Diritto, che lo ha espressamente utilizzato.
Comunque, la disposizione viola anche le norme statutarie appena
indicate e l'art. 117, comma 3 e 4, Cost. perche' rimette al Ministro
di dettare una disciplina sicuramente di dettaglio, di competenza
provinciale.
Inoltre, la previsione di poteri regolamentari ministeriali viola
l'art. 76, perche' essi non sono specificamente previsti dalla
delega. Il Parlamento ha delegato un potere legislativo al Governo e
questo non puo' a sua volta delegare un potere normativo attuativo ad
un Ministro delegata potestas non potest delegari. In questo modo,
fra l'altro, si elude il principio per cui il potere regolamentare
dei Ministri richiede una specifica base legislativa e si consente
l'elusione del termine fissato per la delega. Il vizio si traduce in
lesione delle prerogative della provincia, che e' costretta ad
esercitare le proprie competenze in un quadro incostituzionale.
Per completezza si osserva che tutte le norme sopra indicate
violano anche l'art. 76, dato che la legge n. 30/2003 aveva delegato
il Governo a dettare «principi fondamentali» (art. 1, comma 1) nel
«rispetto delle competenze previste dalla legge costituzionale
18 ottobre 2001, n. 3» (comma 2, lettera b) n. 1).
2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 7 e 8.
L'art. 6, comma 7, disciplina la procedura di rilascio
dell'autorizzazione da parte delle regioni (e, deve ritenersi, delle
province autonome), ponendo, in materie di competenza provinciale,
(tutela del lavoro e formazione) norme di dettaglio destinato ad
applicarsi immediatamente nella Provincia di Trento. Cio' implica
violazione dell'art. 2 d.lgs. n. 266/1992, dell'art. 8, n. 23 e
n. 29, e dell'art. 9, nn. 4) e 5) dello Statuto e dell'art. 117,
comma 3 e 4, Cost. in correlazione con l'art. 10, legge cost.
n. 3/2001.
L'art. 6, comma 8, prevede un potere ministeriale sostanzialmente
regolamentare (seppur da esercitare su intesa della Conferenza
unificata) in materia di competenza provinciale, al fine di definire
«le modalita' di costituzione della apposita sezione regionale
dell'albo di cui all'art. 4, comma 1 e delle procedure ad essa
connesse». Sono dunque violati l'art. 117, sesto comma, Cost. e
l'art. 2 d.lgs. n. 266/1992, come gia' illustrato in relazione
all'art. 4, comma 5.
Inoltre, la previsione di poteri regolamentari ministeriali viola
l'art. 76, perche' essi non sono specificamente previsti dalla
delega: anche su cio' si puo' rinviare alle considerazioni svolte in
relazione all'art. 4, comma 5.
3. - Illegittimita' costituzionale degli artt. 48, comma 4, e 49,
comma 5.
Il Titolo VI del d.lgs. n. 276/2003 disciplina l'Apprendistato e
contratto di inserimento. L'art. 47 prevede tre tipologie di
apprendistato, cosi' descritte:
«a) contratto di apprendistato per l'espletamento del
diritto-dovere di istruzione e formazione;
b) contratto di apprendistato professionalizzante per il
conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul
lavoro e un apprendimento tecnico-professionale;
c) contratto di apprendistato per l'acquisizione di un
diploma o per percorsi di alta formazione».
L'art. 48 disciplina il primo tipo di apprendistato. Il comma 4
stabilisce che «la regolamentazione dei profili formativi
dell'apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di
istruzione e formazione e' rimessa alle Regioni e alle Province
autonome di Trento e Bolzano, d'intesa con il Ministero del lavoro e
delle politiche sociali e del Ministero dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca, sentite le associazioni dei datori
di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente piu'
rappresentative sul piano nazionale, nel rispetto dei seguenti
criteri e principi direttivi .... c) rinvio ai contratti collettivi
di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da
associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu'
rappresentative per la determinazione, anche all'interno degli enti
bilaterali, delle modalita' di erogazione della formazione aziendale
nel rispetto degli standard generali fissati dalle regioni
competenti».
Anche questa disposizione, dunque, si rivolge alle province
autonome, cosi' smentendo la clausola di salvaguardia di cui
all'art. 1, comma 3, d.lgs. n. 276/2003.
L'art. 48 interviene in materia di formazione professionale,
spettante alla competenza primaria della provincia ai sensi
dell'art. 8, n. 29, Statuto e dell'art. 117, comma 4, e dell'art. 10
della legge cost. n. 3/2001. Essa risulta percio' illegittima, sia in
quanto vorrebbe dettare principi vincolanti per la provincia in
materia di piena competenza provinciale (non ravvisandosi titoli
costituzionali specifici che giustifichino l'intervento statale) sia
perche' vorrebbe vincolare l'esercizio della potesta' legislativa
provinciale all'intesa con i Ministeri. Quest'ultima norma sarebbe
poi illegittima anche se si attribuisse alla materia carattere
concorrente. Infatti, il vincolare la legge ad intese con soggetti
terzi stravolge i principi sull'esercizio della funzione legislativa,
che appartiene agli organi rappresentativi e non puo' essere
condizionata ad assensi esterni se non vi e' una espressa
disposizione costituzionale.
Inoltre, e' in particolare illegittimo il criterio di cui alla
lettera c), sopra citata, che vorrebbe limitare la potesta'
legislativa provinciale al compito di dettare standard. Al contrario,
spetta semmai alla legge provinciale di definire lo spazio che in
ipotesi essa intenda affidare alle parti sociali, in applicazione di
un principio di sussidiarieta' orizzontale.
L'art. 49 e' dedicato all'apprendistato professionalizzante. In
base al comma 5, «la regolamentazione dei profili formativi
dell'apprendistato professionalizzante e' rimessa alle Regioni e alle
Province autonome di Trento e Bolzano, d'intesa con le associazioni
dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu'
rappresentative sul piano regionale e nel rispetto dei seguenti
criteri e principi direttivi ... b) rinvio ai contratti collettivi di
lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da
associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu'
rappresentative per la determinazione, anche all'interno degli enti
bilaterali, delle modalita' di erogazione e della articolazione della
formazione».
Come si vede, anche questa disposizione si rivolge alle province
autonome, derogando alla clausola di salvaguardia di cui all'art. 1,
comma 3, d.lgs. n. 276/2003.
Si tratta di una disciplina simile a quella di cui all'art. 48:
cambiano i soggetti chiamati all'intesa con la provincia ma restano i
profili di illegittimita' sopra illustrati (aggravati dalla
circostanza che il rinvio al contratti collettivi non implica il
rispetto degli standard generali fissati dalle regioni), ai quali si
puo' rinviare.


P. Q. M.
Chiede voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il
ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale degli articoli
4, comma 1, 2, 4 e 5; 5; 6, comma 6, 7 e 8; 48, comma 4; 49, comma 5
del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, nelle parti e per i profili
indicati nel presente ricorso.
Padova-Roma, addi' 5 dicembre 2003
Prof. avv. Giandomenico Falcon - Avv. Luigi Manzi

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