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N. 95 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 22 ottobre 2009. |
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Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 22 ottobre 2009 (della Regione Marche).
(GU n. 48 del 2-12-2009) |
Ricorso della Regione Marche, in persona del Presidente pro
tempore della Giunta regionale, a cio' autorizzato con deliberazioni
della Giunta regionale n. 1345 del 7 settembre 2009 e n. 1518 del 28
settembre 2009 (docc. 1 e 2), rappresentato e difeso dall'avv. prof.
Stefano Grassi ed elettivamente domiciliato presso lo studio di
quest'ultimo in Roma, piazza Barberini n. 12, come da procura
speciale per atto del notaio Sabatini di Ancona, n. rep. 49474 del 15
settembre 2009 (doc. 3 );
Contro lo Stato, in persona del Presidente del Consiglio dei
ministri pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita'
costituzionale della legge 3 agosto 2009, n. 117 (Distacco dei Comuni
di Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabili, San Leo, Sant'Agata
Feltria e Talamello dalla Regione Marche e loro aggregazione alla
Regione Emilia-Romagna, nell'ambito della Provincia di Rimini, ai
sensi dell'art. 132, secondo comma, della Costituzione), pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale 14 agosto 2009, n. 188, per violazione
dell'art. 132, secondo comma, della Costituzione, nonche' del
principio di leale collaborazione cosi' come elaborato nella
giurisprudenza della Corte costituzionale.
P r e m e s s e
1. - La legge 3 agosto 2009, n. 117, ha disposto il distacco
dalla Regione Marche dei Comuni di Casteldelci, Maiolo, Novafeltria,
Pennabili, San Leo, Sant'Agata Feltria e Talamello e la loro
aggregazione alla Regione Emilia-Romagna, nell'ambito della Provincia
di Rimini, in attuazione di quanto disposto dall'art. 132, secondo
comma, Cost.
La formula di promulgazione utilizzata e' quella prevista per le
comuni leggi ordinarie, secondo la quale «La Camera dei deputati ed
il Senato della Repubblica hanno approvato; il Presidente della
Repubblica promulga». La legge non utilizza la formula espressamente
prevista dall'art. 46, comma 3, della legge n. 352 del 1970 per le
leggi atipiche di cui all'art. 132, secondo comma, Cost., secondo la
quale «La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica, a
seguito del risultato favorevole al referendum indetto in data ...,
hanno approvato; il Presidente della Repubblica promulga».
Il testo della legge impugnata e' costituito da soli tre
articoli: l'art. 1, che dispone il distacco-aggregazione dei sette
comuni in questione, limitandosi a precisare che cio' avviene «in
considerazione della loro particolare collocazione territoriale e dei
peculiari legami storici, economici e culturali con i comuni
limitrofi della medesima provincia [di Rimini]»; l'art. 2, che
prevede una specifica disciplina sostanziale e procedimentale, con
fissazione di termini perentori assai brevi, per gli adempimenti
amministrativi necessari all'attuazione in concreto del
distacco-aggregazione; l'art. 3, che stabilisce la data di entrata in
vigore della legge nel giorno successivo a quello della sua
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, in considerazione - come
espressamente dichiarato dalla relatrice Dal Lago nella sua relazione
all'Assemblea della Camera dei deputati - «dell'urgenza, che
sussisteva al momento in cui e' stato definito il testo base, di
consentire l'entrata in vigore del provvedimento in tempo utile per
le prossime elezioni amministrative, che comunque sara' tempo utile
per le prossime elezioni regionali del 2010».
La legge, come accennato e come esplicitamente emerge dalla sua
stessa intitolazione, costituisce attuazione della previsione
costituzionale contenuta nell'art. 132, secondo comma, Cost., secondo
la quale «si puo', con l'approvazione della maggioranza delle
popolazioni della provincia o delle province interessate e del comune
o dei comuni interessati espressa tramite referendum e con legge
della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che
province e comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una
regione ed aggregati ad un'altra».
Si tratta in assoluto della prima legge di questo genere in tutta
la storia repubblicana.
2. - Il procedimento di formazione della legge impugnata, in
attuazione di quanto dispongono gli artt. 41 e ss. della legge n. 352
del 1970, ha avuto inizio con la richiesta di referendum formulata
dai sette comuni interessati con distinte delibere adottate tra il
marzo e l'aprile 2006 e dichiarata legittima con ordinanza
dell'Ufficio centrale per il referendum del 27 giugno 2006.
Il referendum e' stato indetto con decreto del Presidente della
Repubblica del 25 settembre successivo e si e' svolto nei giorni 17 e
18 dicembre 2006.
Come risulta dal comunicato della Presidenza del Consiglio dei
ministri, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 28 dicembre
2006, al referendum ha partecipato la maggioranza degli aventi
diritto al voto e il risultato e' stato favorevole al distacco
territoriale dei sette comuni dalla Regione Marche e alla loro
aggregazione alla Regione Emilia-Romagna.
Successivamente alla proclamazione dei risultati del referendum,
il Governo, con nota del Ministro per gli affari regionali del marzo
2007 (doc. 4), ha provveduto ad investire i Presidenti delle Giunte
regionali delle Marche e dell'Emilia-Romagna del compito di
richiedere ai rispettivi Consigli regionali il parere previsto
dall'art. 132, secondo comma, Cost., allegando alla nota lo schema di
disegno di legge predisposto dal Ministro dell'interno e poi
formalmente presentato il 17 aprile 2007 - ai sensi dell'art. 45,
comma 4, della legge n. 352 del 1970 - alla Camera dei deputati (XV
Legislatura - A.C. 2527), con l'esplicita segnalazione, nella
relazione di accompagnamento, che i Consigli regionali non si erano
ancora espressi (doc. 5).
Il disegno di legge, assegnato alla I Commissione permanente
della Camera, non e' mai stato esaminato prima della fine della
Legislatura ed e' decaduto con la scadenza della stessa il 28 aprile
2008.
3. - Nel frattempo, le due regioni interessate hanno avviato le
loro procedure interne per la formulazione del parere.
L'Assemblea legislativa dell'Emilia-Romagna, dopo una prima
risoluzione approvata il 3 aprile 2007 (doc. 6), nella quale si
esprimeva parere positivo rispetto alla richiesta dei sette comuni,
con deliberazione del 14 novembre 2007 pubblicata nel B.U.R., parte
II, n. 175 del 5 dicembre 2007 (doc. 7), conformemente alla proposta
della Giunta regionale di cui alla delibera adottata l'8 ottobre
2007, n. 1475 (doc. 8), ha espresso parere favorevole al
distacco-aggregazione, pur precisando espressamente «con la
considerazione della delicatezza e complessita' della situazione
generale che richiede un'equilibrata valutazione della richiesta di
aggregazione oggetto del parere, alla luce del contesto generale e
dell'iniziativa di revisione costituzionale in corso di approvazione
in Parlamento».
L'Assemblea legislativa delle Marche, dal canto suo, ricevuta la
proposta di deliberazione del parere in senso non favorevole adottata
dalla Giunta regionale con delibera del 25 febbraio 2008, n. 230
(doc. 9), dopo accurata istruttoria svolta dalla I Commissione
consiliare permanente, acquisito il parere favorevole alla proposta
della Giunta da parte del Consiglio delle autonomie locali espresso
in data 7 marzo 2008 (doc. 10), con deliberazione n. 84 del 17 marzo
2008 pubblicata nel B.U.R. n. 33 del 3 aprile 2008 (doc. 11), ha
espresso parere non favorevole al distacco-aggregazione dei sette
comuni, precisando di prendere «atto della particolarissima
situazione territoriale dei comuni dell'Alta Valmarecchia cosi' come
meglio dettagliata in narrativa ma nella considerazione che la
Regione deve comunque tenere conto degli interessi dell'intera
collettivita' regionale coinvolta nella proposta di modifica
territoriale».
In particolare, a sostegno della posizione contraria della
Regione Marche, l'Assemblea legislativa ha sviluppato un'ampia e
variegata serie di considerazioni poste nelle premesse del citato
parere, tra le quali spiccano senz'altro, per la peculiare attinenza
alla situazione economica, sociale, culturale, territoriale e
politico-istituzionale della Regione Marche, almeno le seguenti:
quella secondo la quale «il parere dei Consigli regionali
interessati assume una particolare rilevanza alla luce della sentenza
della Corte costituzionale 28 ottobre 2004, n. 334, con la quale la
Corte nel pronunciarsi sulla legittimita' dell'art. 42, secondo
comma, della legge n. 352/1970 ha sottolineato come la fase di
audizione dei Consigli delle regioni coinvolti consenta l'emersione e
la valutazione degli interessi locali contrapposti, con cio'
risultando contemperati sia il diritto di autodeterminazione del
singolo comune, sia la tutela dell'espressione della volonta', anche
di segno contrario alla variazione territoriale, della collettivita'
regionale, coinvolta nella proposta di modifica territoriale»;
quella secondo la quale - pur prendendosi atto delle ragioni
poste a fondamento dell'istanza di modifica territoriale, ossia delle
ragioni «di integrazione economica e sociale, di localizzazione delle
reti di trasporto pubblico locale e comunicazione e di senso di
appartenenza materiale al contesto territoriale che governa la vita
quotidiana della popolazione» - sono «maggiormente opportune,
efficaci ed economiche azioni programmatorie sul territorio
interessato ed interventi concordati fra i vari enti locali della
Valle del Marecchia e le regioni interessate, piuttosto che distacchi
territoriali di alcuni comuni da una regione all'altra»;
quella secondo la quale «proprio per favorire l'aggregazione
economica e sociale dei territori della Bassa (Emilia-Romagna) ed
Alta (Marche) Valmarecchia, e' stato sottoscritto in data l° marzo
2007 uno specifico protocollo d'intesa tra i Presidenti delle due
regioni e delle due province interessate, allo scopo di avviare a
soluzione i problemi sollevati dalle popolazioni e dalle
amministrazioni locali interessate» (doc. 12);
quella secondo la quale «tra i comuni interessati al distacco
territoriale e gli altri enti locali marchigiani e la Regione Marche
si sono consolidati nel tempo positivi rapporti di collaborazione
interistituzionale che e' opportuno mantenere»;
quella che pone in evidenza «comunque l'esigenza primaria di
mantenimento dell'attuale assetto territoriale, sociale e culturale,
nonche' dell'immagine unitaria della Regione, della quale i comuni
interessati rappresentano una parte significativa, pur prendendo atto
della particolarissima situazione territoriale dei comuni dell'Alta
Valmarecchia».
4. - Il 29 aprile 2008, data di avvio della XVI Legislatura, sono
state presentate alla Camera dei deputati due proposte di legge di
iniziativa parlamentare (n. 63 e n. 177 - docc. 13 e 14), volte a
riattivare il procedimento legislativo interrottosi con la decadenza,
per fine Legislatura, del precedente e gia' richiamato disegno di
legge presentato dal Ministro dell'interno. Quasi contestualmente, il
21 maggio 2008, e' stato presentato al Senato un analogo disegno di
legge di iniziativa parlamentare (n. 628 - doc. 15), finalizzato al
medesimo scopo e integralmente riproduttivo del d.d.l. n. 1351 gia'
presentato al Senato nella Legislatura precedente.
In via preliminare. giova porre in rilievo che nessuna delle
relazioni di accompagnamento ai suddetti progetti di legge si e'
preoccupata di fare anche il minimo accenno al parere sfavorevole
gia' deliberato dall'Assemblea legislativa della Regione Marche.
La I Commissione permanente della Camera dei deputati ha deciso
di avviare l'esame delle citate proposte di legge nella seduta del 19
novembre 2008 e, in considerazione della pendenza dell'analogo
disegno di legge presso l'altro ramo del Parlamento, ha attivato la
procedura di intesa tra i Presidenti di Camera e Senato prevista
dagli artt. 78 del regolamento della Camera e 51, comma 3, del
regolamento del Senato.
Intervenuta tale intesa, l'esame in sede referente delle due
proposte di legge presso la I Commissione permanente della Camera dei
deputati ha avuto sostanzialmente inizio nella seduta del 13 gennaio
2009 e si e' concluso nella seduta del 29 aprile 2009.
Il dato piu' rilevante ai fini del presente giudizio e che emerge
in termini evidenti dai resoconti del lavori della Commissione e' che
il parere contrario dell'Assemblea legislativa della Regione Marche -
nel quale, lo si ricorda, si trovava espressa la posizione
istituzionale della regione in relazione alla vicenda del distacco
dei sette comuni della Valmarecchia - non solo non e' stato fatto
oggetto di esplicito esame e della dovuta ponderazione in relazione
ai suoi specifici contenuti ma, nei pochissimi casi in cui e' stato
formalmente richiamato, e' stato addirittura «liquidato» come dato
del tutto trascurabile e non meritevole di alcun approfondimento,
risultando assai piu' rilevante e decisiva la posizione favorevole
espressa dagli enti (Regione Emilia-Romagna e Provincia di Rimini)
destinatari dell'aggregazione.
La Commissione, in buona sostanza, si e' limitata ad una mera
«presa d'atto» della avvenuta formale acquisizione agli atti del
procedimento del parere regionale prescritto dall'art. 132, secondo
comma, Cost.
Al riguardo, si possono richiamare alcuni dati assai
significativi.
Nella seduta del 13 gennaio 2009, la presidente Santelli,
nell'introdurre l'esame delle proposte di legge, si limita a dare
atto dell'intervenuta espressione dei pareri delle due regioni
interessate, senza nemmeno fare cenno alla contrarieta' del parere
della Regione Marche. Tale «cenno» e' fatto poi, subito dopo, dalla
relatrice Dal Lago, la quale, pero', omette del tutto di riferire
sulle ragioni sostanziali poste a sostegno della posizione della
Regione Marche, dando invece specifico rilievo al solo parere
favorevole della regione di aggregazione.
Su questa medesima linea di orientamento si esprime
esplicitamente l'on. Bernini Bovicelli nel corso della seduta del 27
gennaio 2009, rilevando che «la' dove si registra un'opposizione al
distacco- aggregazione, questa viene da organi amministrativi
territoriali, i quali non rappresentano effettivamente la volonta'
della popolazione di riferimento. Si e' di fatto, cioe', creata una
discrasia tra la volonta' della popolazione manifestata con i
referendum e la volonta' dei rappresentanti politici di quella
popolazione», aggiungendo poi che «nell'ambito dell'esame delle
proposte di legge per la revisione dell'art. 132 della Costituzione,
si dovrebbe riflettere sull'opportunita' di chiarire che per
popolazione interessata o prevalentemente interessata si deve
intendere quella destinataria dell'aggregazione, e non quella di
provenienza del distacco».
Nei soli due passaggi dell'intero esame da parte della
Commissione in cui vengono in qualche modo evocate, almeno in parte,
le ragioni sostanziali del parere contrario della Regione Marche,
queste vengono assunte in modo palesemente incompleto,
«reinterpretate» in termini soggettivi e «liquidate» in maniera del
tutto sbrigativa. Cosi' l'on. Stracquadanio, nella seduta del 13
gennaio 2009, rileva che «le motivazioni del parere contrario della
Regione Marche vanno cercate nel timore che, a causa della
diminuzione di popolazione, la Provincia di Pesaro e Urbino abbia a
rimetterci nei trasferimenti erariali»; analogamente, l'on Pini,
nella seduta dell'11 febbraio 2009, osserva che «il parere della
Regione Marche e' negativo, ma le premesse sono tutte in positivo;
quindi, il parere negativo viene dato per motivi prettamente politici
- cosi' e' scritto - ossia di opportunita' politica, non per ragioni
di rispetto del principio di autodeterminazione».
Infine, risulta assai rilevante il parere reso dalla Commissione
parlamentare per le questioni regionali nella seduta del 25 febbraio
2009. Il parere e' favorevole, ma nella sua premessa la Commissione
introduce una importante precisazione: «Considerato che il Consiglio
regionale delle Marche ha espresso parere contrario al distacco
mentre la Regione Emilia-Romagna ha reso parere favorevole,
ravvisandosi pertanto l'opportunita' di una valutazione del merito di
tali pronunciamenti nel corso dell'esame del provvedimento». Di una
qualche attuazione di tale raccomandazione nei lavori della I
Commissione permanente non v'e' traccia; la relatrice Dal Lago, nella
seduta conclusiva del 29 aprile 2009, si limita a «ricordare» «che il
parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali e'
favorevole».
5. - Il testo unificato approvato dalla Commissione e' dunque
passato all'esame dell'Assemblea della Camera dei deputati, che lo ha
discusso e approvato nelle sedute del 4 e 6 maggio 2009. Neppure in
questa sede, pero', la posizione costituzionale della Regione Marche
e' stata ritenuta meritevole di alcuna considerazione specifica, dal
momento che il parere dell'Assemblea legislativa contrario al
distacco dei sette comuni della Valmarecchia ha ricevuto il medesimo
trattamento di pressoche' totale «indifferenza» gia' riservato ad
esso nei lavori della I Commissione.
Anche in questo caso non mancano dati assai significativi.
Innanzitutto, va rilevato che nel c.d. «fascicolo d'Assemblea»,
contrassegnato dal n. 63-177-A (doc. 16) e posto a disposizione di
tutti i deputati, risultano inclusi i pareri delle due Commissioni
competenti in sede consultiva e, ovviamente, il testo unificato del
progetto di legge approvato dalla Commissione in sede referente,
mentre sono assenti i due fondamentali atti costituzionalmente
necessari ai sensi dell'art. 132, secondo comma, Cost., ossia i
pareri delle Assemblee legislative delle regioni interessate dalla
procedura di distacco-aggregazione.
In secondo luogo, si segnalano gli interventi di deputati che
dimostrano una considerazione meramente «cartolare» dei pareri delle
regioni, quasi che la norma costituzionale imponesse la semplice
formale «acquisizione» di tali documenti agli atti del procedimento a
prescindere da qualunque loro contenuto. Nella seduta del 4 maggio
2009 la relatrice Dal Lago, nella sua relazione orale, si limita a
far presente che «quanto ai pareri delle due regioni interessate il
Consiglio regionale delle Marche ha reso il proprio parere in senso
contrario al distacco con la deliberazione n. 84 del 17 marzo 2008,
mentre la Regione Emilia-Romagna si e' espressa in senso favorevole
alla aggregazione con la determinazione dell'assemblea legislativa
del 14 novembre 2007». La stessa relatrice, in riferimento al parere
della Commissione parlamentare per le questioni regionali (la quale,
come si e' gia' posto in rilievo, aveva espressamente ravvisato
l'opportunita' di una valutazione del merito dei due pareri regionali
nel corso dell'esame del provvedimento), si limita a dichiarare che
il suddetto parere «era semplicemente e completamente favorevole».
Anche l'on. Zaccaria, che pure si sofferma a lungo sul problema
della necessita' di motivazione per le leggi attuative dell'art. 132,
secondo comma, Cost., richiama laconicamente le «corrette
considerazioni illustrate dalla relatrice (i referendum che si sono
svolti e i pareri che sono stati espressi)».
Ancora, sotto altro profilo, vengono in rilievo gli interventi di
deputati che mostrano di considerare unicamente il parere favorevole
della Regione Emilia-Romagna, omettendo qualunque riferimento alla
posizione contraria espressa dalla Regione Marche. Sempre nella
seduta del 4 maggio 2009, l'on. Marchioni afferma che «l'altro
elemento che, infatti, dimostra cio' che sto affermando e' il parere
positivo della regione e della provincia che accoglieranno i 7
comuni. E' l'unico caso in cui, a fronte di una richiesta dei comuni
di passaggio da una regione ad un'altra, vi e' un parere positivo da
parte della provincia e della regione che devono accoglierli, proprio
perche' si riconosce questo senso profondo di identita' che non lede,
in alcun modo, anche coloro che dovranno ridefinire le proprie
politiche territoriali per accogliere i sette comuni». L'on.
Pizzolante, ancor piu' significativamente, ripercorrendo l'intero
iter procedimentale, dimentica del tutto la Regione Marche e afferma:
«Ci sono stati il pronunciamento dei consigli comunali, il consenso
plebiscitario dei cittadini attraverso il referendum, i pareri
unanimi della Regione Emilia-Romagna e della Provincia di Rimini,
favorevoli ad accogliere questa comunita' facendosi carico di tutte
le conseguenti problematiche amministrative e politiche». Ancora, 1'
on. Stucchi parla di «unanimita' dei consensi», mentre l'on. Gozi
«ricorda» «il parere favorevole della Regione Emilia-Romagna e
dell'ANCI».
Va osservato, infine, analogamente a quanto si e' gia' fatto
osservare per i lavori della Commissione, che anche in Assemblea i
pur scarsissimi richiami alla posizione contraria della Regione
Marche risultano quali reinterpretazioni soggettive - parziali e
quasi «casuali» - delle ragioni poste a sostegno del parere negativo
e giammai potrebbero essere configurate come manifestazioni
istituzionalmente corrette della doverosa presa in considerazione,
all'interno del procedimento di formazione della legge nazionale, del
punto di vista espresso dalla regione e imposto dall'art. 132,
secondo comma, Cost.
In tal senso si colloca l'affermazione dell'on. Gozi secondo la
quale «la Regione Marche ha espresso il proprio parere di competenza,
mettendo cosi' in condizione l'attuale Parlamento di decidere, e pure
esprimendo un parere non favorevole la stessa Regione Marche ha dato
atto della particolarissima situazione territoriale dell'alta
Valmarecchia». Ma ancor piu' significativa e' la considerazione, del
tutto parziale e strumentale, del parere dell'Assemblea legislativa
delle Marche che viene evidenziata nell'intervento dell'on. Vassallo
nella seduta del 6 maggio 2009, laddove quest'ultimo afferma: «Oggi
su questa richiesta abbiamo l'opportunita' di decidere per un "si" o
per un "no", ma e' importante ricordare che nelle stesse motivazioni
dei due Consigli regionali, quelli delle Marche e
dell'Emilia-Romagna, viene riconosciuta in maniera molto puntuale e
chiara l'esistenza di ragioni che giustificano la richiesta. Si dice,
in particolare, non nel parere del Consiglio regionale
dell'Emilia-Romagna, ma in quello delle Marche, che l'area della
Valmarecchia fa riferimento istituzionale-amministrativo alla Regione
Marche, ma gravita prevalentemente per i suoi rapporti di carattere
economico, per la gestione dei bacini e delle reti dei principali
servizi, a cominciare da quello sanitario e scolastico, e per le sue
comunicazioni infrastrutturali, con il contiguo territorio
cesenate-riminese. Si fa, poi, riferimento al fatto che questi comuni
hanno flussi migratori interni molto intensi con la parte riminese
con la quale richiedono di essere riaccorpati, hanno reti di
trasporto pubblico che li collegano e anche un senso di appartenenza
che li accomuna. Esistono, dunque, tutte le motivazioni per
giustificare, in questo caso specifico, e nell'autonomia che e'
attribuita alla legge statale, la scelta di consentire alla domanda
molto forte e sentita che ci e' stata posta dalle popolazioni
attraverso il referendum».
In termini del tutto analoghi, si pone da ultimo il breve cenno
dell'on. Mantini, il quale, sempre nella seduta del 6 maggio 2009, si
limita a richiamare il fatto che «vi sono stati dei pareri - in
alcuni casi, soprattutto quelli della Regione Marche, perplessi e
anche negativi, preoccupati per il depotenziamento della Provincia di
Pesaro, che e' gia' piuttosto debole dal punto di vista del numero di
abitanti, quindi pareri con luci ed ombre - ma si ricorda che questo
procedimento, previsto dall'art. 132 della Costituzione, affida ai
referendum una funzione consultiva e alla legge la valutazione per
intero di queste scelte».
6. - Il 7 maggio 2009 il testo legislativo approvato dalla Camera
dei deputati e' stato trasmesso alla Presidenza del Senato della
Repubblica e il giorno stesso annunciato nella seduta dell'Assemblea.
Il disegno di legge, contrassegnato come A.S. 1552 (doc. 17), in
data 12 maggio 2009 e' stato assegnato, in sede referente, alla I
Commissione permanente, la quale ne ha iniziato l'esame nella seduta
del successivo 26 maggio.
Anche in questo caso, nello stampato ufficiale del Senato della
Repubblica contenente il disegno di legge non si trova traccia dei
pareri dei Consigli regionali espressi ai sensi dell'art. 132,
secondo comma. Cost.
Nel corso dei lavori della Commissione, della posizione espressa
sulla proposta di distacco-aggregazione da parte dell'Assemblea
legislativa della Regione Marche viene dato conto, peraltro in
termini assai superficiali, solo dal relatore Ceccanti, il quale si
limita a rilevare che «la Regione Marche ha espresso un parere non
favorevole al distacco, in quanto deve comunque tenere conto degli
interessi dell'intera comunita' regionale coinvolta nella proposta di
modifica territoriale; tuttavia, ha preso atto della particolarissima
situazione territoriale e dei legami che i comuni dell'Alta
Valmarecchia hanno con la restante parte della Valle collocata nel
territorio della Regione Emilia-Romagna».
Significativa della vera e propria «indifferenza» istituzionale
nei confronti della Regione Marche e' anche l'intervento del
sottosegretario Davico, in rappresentanza del Governo, il quale
«ricorda che sono all'esame del Parlamento diverse proposte di
distacco e di nuova aggregazione in un quadro variegato di
situazioni, esplicitate in un prospetto che consegna alla
Commissione. Sottolinea che la proposta di cui si tratta non presenta
profili problematici e non coinvolge questioni di ordine
costituzionale, come sarebbe nel caso di passaggio di comuni da una
regione a statuto ordinario a una regione ad autonomia speciale. Si
tratta di riconoscere giuridicamente una situazione di fatto che
sotto il profilo economico e culturale gia' attualmente caratterizza
i comuni richiedenti come appartenenti alla Romagna».
Anche nel corso dell'iter procedimentale presso il Senato e'
stato reso, in data 16 giugno 2009 (doc. 18) il parere della
Commissione parlamentare per le questioni regionali, che si e'
espressa in termini identici al parere del 25 febbraio, con la gia'
menzionata raccomandazione circa «l'opportunita' di una valutazione
del merito» dei pareri regionali, particolarmente di quello contrario
al distacco espresso dalla Regione Marche, «nel corso dell'esame del
provvedimento». Del menzionato parere e della relativa
raccomandazione di opportunita' nei lavori della I Commissione
permanente del Senato non si trova pero' alcuna traccia.
Nella seduta dell'8 luglio la Commissione ha convenuto di
richiedere l'assegnazione in sede deliberante, al fine di accelerare
l' iter legislativo. Il disegno di legge e' stato dunque
definitivamente approvato in Commissione nella seduta del 29 luglio
2009 e accompagnato, altresi', dall'approvazione di un ordine del
giorno (doc. 19), che - secondo quanto affermato dal relatore
Ceccanti - «tiene conto anche dei pareri espressi in senso favorevole
dalla Regione Emilia-Romagna e in senso contrario dalla Regione
Marche, anche se non sulla base di osservazioni particolarmente
ostative».
Il testo dell'ordine del giorno cosi' recita: «Il Senato della
Repubblica premesso che l'approvazione del disegno di legge
riguardante il distacco di alcuni Comuni dalla Regione Marche e la
loro aggregazione alla Regione Emilia-Romagna, nell'ambito della
Provincia di Rimini, costituisce la prima applicazione del principio
costituzionale sancito dall'articolo 132, comma secondo; il disegno
di legge n. 1552 stabilisce che entro un anno dall'entrata in vigore
della legge ogni procedura, atto ed affare amministrativo dello Stato
e degli enti locali sia attribuito alle competenze dei rispettivi
organi e uffici nell'ambito della Provincia di Rimini o della Regione
Emilia-Romagna e che entro centottanta giorni vengano rideterminate
le tabelle delle relative circoscrizioni dei collegi elettorali;
impegna il Governo a procedere alla immediata nomina del Commissario
e a dare senza indugio le opportune istruzioni affinche' i due
termini (rispettivamente un anno - per l'Amministrazione periferica
dello Stato e per gli enti locali - e centottanta giorni - per i
collegi elettorali) vengano assolutamente rispettati; a dare costanti
e opportune informazioni ai cittadini affinche' il passaggio delle
competenze determini il minor disagio possibile; a monitorare
attraverso i prefetti delle province interessate la progressiva
compiuta applicazione della legge».
In sede di approvazione definitiva del testo legislativo, va
menzionata anche l'apodittica affermazione dell'altro relatore
Saltamartini, il quale osserva conclusivamente che «questa proposta
di distacco e' stata sottoposta a referendum presso le popolazioni
interessate e tiene conto dei pareri espressi dalle Regioni
Emilia-Romagna e Marche; quest'ultima, come ha ricordato il collega
Ceccanti, ha espresso parere contrario».
Da ultimo, merita di essere segnalato, per l'assenza di
qualsivoglia riferimento ai pareri dei Consigli regionali prescritti
dall'art. 132, secondo comma, Cost., il messaggio con il quale il
Presidente del Senato ha attestato l'approvazione del disegno di
legge con la seguente formula: «Attesto che la 1ª Commissione
permanente (Affari costituzionali, affari della Presidenza del
Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della
Pubblica amministrazione), il 29 luglio 2009, ha approvato il
seguente disegno di legge, gia' approvato dalla Camera dei deputati
in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge
d'iniziativa dei deputati Pizzolante, Marchioni e Stracquadanio:
Pini, Paolini e Raisi» (doc. 20).
7. - La Regione Marche, con le due deliberazioni della Giunta
indicate in epigrafe, ha espresso la volonta' di impugnare davanti a
questa Corte la legge 3 agosto 2009, n. 117, perche'
costituzionalmente illegittima e lesiva della posizione istituzionale
che la Costituzione riconosce e garantisce alla stessa regione
ricorrente, per le seguenti ragioni di
D i r i t t o
8. - Con il presente atto la Regione Marche impugna la legge n.
117 del 2009, per violazione:
a) dell'art. 132, secondo comma, Cost., in quanto il parere
espresso dall'Assemblea legislativa della Regione Marche il 17 marzo
2008, pure documentalmente acquisito alla procedura parlamentare, non
e' stato effettivamente oggetto di una considerazione sostanziale
nell'ambito della valutazione che ha avuto luogo in tale sede,
risultante da atti ufficiali e conoscibili, come invece richiede la
norma costituzionale piu' sopra menzionata;
b) del principio di leale collaborazione, il quale, secondo
il costante insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, deve
informare le relazioni tra tutti i soggetti istituzionali, poiche' la
acquisizione meramente formale ed esteriore del parere del Consiglio
regionale, senza che quest'ultimo venga messo nelle condizioni di
conoscere le ragioni che hanno spinto le Camere a discostarsi dal
punto di vista dal medesimo espresso, determina la conseguenza
secondo la quale il parere del Consiglio regionale non viene
considerato in alcun modo, in spregio al rispetto reciproco che deve
informare le relazioni tra i soggetti istituzionali cui spettano
poteri riconosciuti dalla Costituzione.
9. - Prima di entrare nel merito delle specifiche censure mosse
all'atto normativo qui in discussione, questa difesa ritiene di dover
fornire alcune precisazioni preliminari.
I rilievi di legittimita' costituzionale mossi alla legge n. 117
del 2009, infatti, sono rilievi di carattere procedimentale. Quella
che si richiede e' infatti una declaratoria di invalidita' della
legge dal punto di vista formale. E' dunque opportuno soffermarsi
brevemente sul regime di rilevabilita' dei vizi formali, cosi' come
messo a punto dalla peraltro ben nota giurisprudenza di questa Corte
costituzionale sul tema.
Al riguardo, deve essere richiamata innanzi tutto la sent. n. 3
del 1957, nella quale si afferma che «non e' a dubitare, che le
violazioni delle norme strumentali per il processo formativo della
legge nelle sue varie specie (artt. 70, 76, 77 Costituzione), al pari
delle norme di carattere sostanziale contenute nella Costituzione,
siano suscettibili di sindacato costituzionale». Questo assunto cosi'
chiaro e perentorio non sara' mai piu' smentito dalla giurisprudenza
successiva (si veda, ad es., la nota sent. n. 9 del 1959, nonche',
tra le altre, la sent. n. 391 del 1995 e la sent. n. 226 del 1999,
spec. par. 3 del Considerato in diritto, ove si afferma che la fase
del procedimento legislativo «e' soggetta al controllo di
costituzionalita' attraverso la verifica dell'esistenza dei vizi
tipici delle leggi, compresi quelli procedimentali»), la quale
ammette peraltro - ai fini del giudizio sui vizi procedimentali delle
leggi - la natura parametrica dei regolamenti parlamentari, almeno
nei casi in cui essi siano a contenuto «costituzionalmente vincolato»
(cosi' A. Manzella, Art. 64, in Commentario della Costituzione a cura
di G. Branca, Bologna-Roma, Zanichelli - il Foro italiano, 1986, 36),
o che, comunque, rappresentino la «traduzione operativa» di norme
costituzionali sul procedimento legislativo.
Il quadro sinteticamente richiamato appare sufficiente per il
caso di specie.
La Regione Marche, infatti, lamenta l'esistenza di un vizio
formale nella approvazione della legge n. 117 del 2009 derivante
dalla esclusiva violazione di una norma di rango costituzionale,
ossia l'art. 132, secondo comma, Cost., piu' sopra indicato, nonche'
dal principio costituzionale di leale collaborazione cosi' come
elaborato dalla giurisprudenza di questa Corte.
10. - Illegittimita' costituzionale della legge 3 agosto 2009, n.
117, per violazione dell'art. 132, secondo comma, Cost.
10.1 - Ai sensi dell'art. 132, secondo comma, Cost., «si puo',
con l'approvazione della maggioranza delle popolazioni della
provincia o delle province interessate e del comune o dei comuni
interessati espressa mediante referendum e con legge della
Repubblica, sentiti i consigli regionali, consentire che province e
comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una regione ed
aggregati ad un'altra».
Tale disposizione costituzionale, come riconosciuto dalla
dottrina, configura l'ipotesi di una legge atipica, rinforzata per
procedimento (cfr., ad es., L. Ferraro, Art. 131 - Art. 132, in
Commentario della Costituzione a cura di R. Bifulco, A. Celotto, M.
Olivetti, vol. III, Milano, Wolter-Kluwer Italia Giuridica - UTET
giuridica, 2006). Tra gli aggravamenti procedurali, qui interessa
specificamente la prescrizione di acquisire il parere dei Consigli
regionali interessati dal fenomeno di distacco-aggregazione.
Si tratta, come e' del tutto evidente, di una norma eccezionale
nel contesto costituzionale italiano, nel quale non sono
ordinariamente previsti strumenti collaborativi stabili tra le
assemblee rappresentative dei diversi enti che, ai sensi dell'art.
114 Cost., compongono la Repubblica.
La ragione della eccezionalita' della prescrizione e' agevolmente
individuabile nella circostanza secondo la quale la Costituzione
costituisce la procedura in questione «quale crocevia tra le istanze
delle popolazioni locali e quelle istituzionali» (L. Ferraro, Art.
131 - Art.132, cit.), al fine di far interloquire, in vista della
decisione da adottare, quelle frazioni del corpo elettorale
direttamente interessate dalla operazione di distacco-aggregazione,
le assemblee rappresentative delle collettivita' regionali «di
partenza» e «di destinazione», nonche' le istituzioni della
rappresentanza politica nazionale.
Prendendo le mosse da tale premessa, e' del tutto evidente che le
finalita' della norma costituzionale qui presa in considerazione
verrebbero del tutto frustrate ove si ritenesse che i vincoli
procedimentali ivi prescritti possano ritenersi rispettati - e le
relative finalita' possano essere soddisfatte - dalla acquisizione
meramente formale e documentale dei pareri dei consigli regionali
interessati senza che: a) questi vengano effettivamente e
sostanzialmente presi in considerazione nell'ambito della procedura
decisionale presso le Camere; b) vengano resi conoscibili
all'esterno, ed in particolare al consiglio regionale che ha espresso
il parere, le ragioni per le quali ciascuna Camera abbia ritenuto di
discostarsi dai contenuti di quest' ultimo.
E' dunque evidente che la disposizione contenuta nel secondo
comma dell'art. 132 Cost. deve essere interpretata nel senso di
ritenere necessario quanto appena indicato sub a e sub b.
10.2 - La giurisprudenza costituzionale che e' intervenuta
sull'art. 132, secondo comma, Cost., non fa che corroborare le
conclusioni appena raggiunte.
Al riguardo, rileva soprattutto la sent. n. 334 del 2004, nella
quale questa Corte, nel dichiarare l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 42, secondo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352
(Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa
legislativa del popolo), «nella parte in cui prescrive che la
richiesta di referendum per il distacco di una provincia o di un
comune da una regione e l'aggregazione ad altra regione deve essere
corredata - oltre che delle deliberazioni, identiche nell'oggetto,
rispettivamente dei consigli provinciali e dei consigli comunali
delle province e dei comuni di cui si propone il distacco - anche
delle deliberazioni, identiche nell'oggetto, "di tanti consigli
provinciali o di tanti consigli comunali che rappresentino almeno un
terzo della restante popolazione della regione dalla quale e'
proposto il distacco delle province o dei comuni predetti" e "di
tanti consigli provinciali o di tanti consigli comunali che
rappresentino almeno un terzo della popolazione della regione alla
quale si propone che le province o i comuni siano aggregati"», ha
riconosciuto ai pronunciamenti delle Assemblee legislative delle
regioni interessate dal distacco-aggregazione l'imprescindibile
valore sistemico consistente nel portare all'interno del procedimento
il punto di vista delle altre popolazioni non direttamente coinvolte
da tale operazione.
Le fasi successive alla «mera presentazione della richiesta di
referendum» - ed in particolare, per quel che qui interessa, la
deliberazione dei Consigli regionali e la deliberazione legislativa
delle Camere - infatti, secondo la menzionata decisione di questa
Corte, sono volte a fornire «congrua tutela» alle «valutazioni di
tali altre popolazioni».
In particolare, nella sent. n. 334 del 2004 si legge che
«proprio» la fase «dell'audizione dei consigli delle regioni
coinvolte (...) consente l'emersione e la valutazione degli interessi
locali contrapposti (o anche non integralmente concordanti con quelli
espressi attraverso la soluzione della rigida alternativa propria
dell'istituto referendario)».
La conclusione e' netta, e di sicuro rilievo per la questione di
legittimita' costituzionale che in questa sede la Corte si trova ad
affrontare: «L'acquisizione e l'esame dei pareri dei consigli
regionali» non possono che avere «sicura incidenza ai fini
dell'eventuale approvazione della legge di modifica territoriale»
(cfr. par. 2.1 del Considerato in diritto).
Ora, posto che il parere dei Consigli regionali richiesto
dall'art. 132, secondo comma, Cost. e' meramente obbligatorio e non
certo vincolante (ne', del resto questa difesa intende sostenere
diversamente), la sua «sicura incidenza» sulla «eventuale
approvazione della legge di modifica territoriale» non puo' che
consistere nella necessita': a) che esso sia sostanzialmente ed
espressamente preso in considerazione; b) che di tale considerazione
sia dato adeguato riscontro negli atti formali che caratterizzano il
procedimento legislativo o che eventualmente lo accompagnino.
10.3. - E' significativo che l'art.132, secondo comma richieda un
pronunciamento non tanto della Giunta regionale, ossia
dell'istituzione che rappresenta la regione-ente, bensi' del
Consiglio: dell'istituzione, cioe', che si pone quale istanza di
raccordo tra la regione-ente e la regione-comunita', e nella quale e'
garantita quella rappresentanza ulteriore rispetto alla maggioranza
politica che sola e' in grado di assicurare l'emersione del
pluralismo. Il parere reso, ai sensi dell'art. 132 Cost., dai
Consigli regionali e' dunque chiamato non ad essere mera espressione
della maggioranza politica, ma ad essere adottato con il concorso
partecipativo delle differenti anime e dei differenti punti di vista
che popolano il pluralismo regionale. Di talche' l'Assemblea
rappresentativa non e' chiamata semplicemente ad esprimersi in
relazione ad una scelta «netta», imperniata sull'alternativa
«favorevole-non favorevole», ma a proporre e ad argomentare punti di
vista articolati che possano, insieme a tutti gli altri elementi,
costituire la base per le deliberazioni che le Camere riterranno di
dover adottare.
Di questo spirito si e' resa perfetta interprete l'Assemblea
legislativa della Regione Marche, sottoponendo alle Camere un parere
articolato nel quale, accanto agli argomenti sfavorevoli al
distacco-aggregazione, in conclusione ritenuti prevalenti, si
rilevavano anche elementi che militavano in senso inverso.
Ora, e' del tutto evidente che la finalita' della norma
costituzionale - volta, come si e' mostrato, a veicolare il piu'
possibile tutte le anime del pluralismo regionale, tramite il parere
del relativo Consiglio, nell'ambito della procedura parlamentare di
approvazione della legge di variazione territoriale - verrebbe del
tutto frustrata ove il parere regionale non venisse effettivamente
considerato tra gli elementi in grado di spingere le Assemblee
rappresentative nazionali ad adottare le loro determinazioni al
riguardo.
Cio' e' invece quanto accaduto nella presente vicenda.
10.4. - Si puo' essere anche sottolineare come all'interno delle
Camere, nel corso dell'iter di approvazione della legge n. 117 del
2009, sia maturato un punto di vista non dissimile da quello appena
esposto.
La Commissione parlamentare per le questioni regionale, pur dando
parere favorevole, aveva precisato che, in ragione della circostanza
secondo la quale «il Consiglio regionale delle Marche ha espresso
parere contrario al distacco», si ravvisa «l'opportunita' di una
valutazione del merito di tali pronunciamenti nel corso dell'esame
del provvedimento». Il che non e' avvenuto nel seguito del
procedimento.
10.5. - La legge n. 117 del 2009 ed il procedimento che ha
condotto alla sua approvazione non rispettano affatto le prescrizioni
della norma contenuta nell'art. 132, secondo comma, Cost., cosi' come
appena ricostruita.
Da nessun atto formale, infatti, risultano in alcun modo
conoscibili i motivi che hanno indotto le due Camere a discostarsi
dal parere espresso dall'Assemblea legislativa della Regione Marche:
ne' dalla formula di promulgazione, del tutto identica a quella delle
ordinarie leggi approvate in base agli artt. 70 e segg. della
Costituzione; ne' dal messaggio del Presidente del ramo del
Parlamento che ha deliberato per ultimo; ne' dal testo approvato
dalle Camere; ne' da un atto separato, ma adottato contestualmente
alla approvazione della legge; ne', infine, dalle relazioni delle
Commissioni in sede referente.
Dai lavori parlamentari, inoltre, emerge con tutta chiarezza che
il «silenzio», sul piano formale, appena rilevato e' un perfetto
«specchio» di quanto accaduto, sul piano sostanziale, nelle aule
delle due Camere.
Invero, come osservato nelle premesse, il parere contrario
dell'Assemblea legislativa della Regione Marche non solo non e' stato
fatto oggetto di esplicito esame e della dovuta ponderazione in
relazione ai suoi specifici contenuti ma, nei pochissimi casi in cui
e' stato formalmente richiamato, e' stato addirittura «liquidato»
come dato del tutto trascurabile e non meritevole di alcun
approfondimento, ovvero sono state tenute esclusivamente in conto
quelle parti in cui il Consiglio regionale aveva rilevato l'esistenza
di alcune ragioni di fondo a sostegno dell'operazione di
distacco-aggregazione.
10.6. - Come e' noto, il nostro ordinamento non prevede un
generale obbligo di motivazione delle leggi e la giurisprudenza di
questa Corte ha in piu' di una occasione ribadito tale affermazione,
evidenziando pero' come l'inesistenza di quest'obbligo possa soffrire
alcune eccezioni, in relazione ad alcuni specifici aspetti.
Qui rileva, in particolare, la sentenza n. 14 del 1964, la quale
afferma che «di norma, non e' necessario che l'atto legislativo sia
motivato, recando la legge in se', nel sistema che costituisce, nel
contenuto e nel carattere dei suoi comandi, la giustificazione e le
ragioni della propria apparizione nel mondo del diritto» (punto 3 del
Considerato in diritto).
Tale assenza di un obbligo di motivare le leggi e' dunque
chiaramente ricostruita come una situazione che caratterizza non la
totalita', ma la normalita' dei casi. Dunque, non esclude che - a
causa di norme costituzionali speciali - questo obbligo sussista in
singoli e specifici casi.
La violazione di tale obbligo, del resto, e' stata talvolta
sanzionata con una declaratoria di illegittimita' costituzionale
della legge dalla stessa Corte (si veda, al riguardo, la sent. n. 54
del 1962, nella quale il vizio invalidante viene individuato nella
mancanza, nell'atto normativo oggetto del giudizio, di ogni
«indicazione (...) di dati attraverso i quali si manifestino in
qualche modo i fini di utilita' sociale e i criteri ai quali all'uopo
la legge stessa si sarebbe ispirata»).
L'art. 132, secondo comma, Cost. rappresenta evidentemente
l'esempio di una norma costituzionale che disciplina un procedimento
atipico, il quale - tra le peculiarita' che puo' vantare rispetto al
procedimento tipico - prevede la necessita' di sentire i Consigli
regionali e dunque, di render conto dei motivi per i quali,
eventualmente, si sia ritenuto di non uniformarsi al punto di vista
da questi ultimi espresso.
Sul punto pare importante una precisazione.
Cio' che e' necessario perche' sia rispettato l'art. 132, secondo
comma, Cost., non e' genericamente, la indicazione dei motivi per i
quali si procede alla operazione di distacco-aggregazione bensi',
specificamente, la indicazione delle ragioni per le quali le Camere
non abbiano ritenuto di poter condividere i punti di vista espressi
dai Consigli regionali e, dunque, si siano (eventualmente)
determinate in senso contrario rispetto ai pareri acquisiti.
Posto che la normativa speciale - rispetto a quella che regola il
comune e ordinario procedimento legislativo - e' caratterizzata dalla
acquisizione dei menzionati pareri, e' solo ed esclusivamente in
ragione di questi che si giustifica l'esistenza dell'onere di
motivazione. Quest'ultimo e' soddisfatto sol che sia presente la
esposizione delle ragioni che hanno spinto a decisioni contrastanti
con il parere dei Consigli, senza che sia necessaria una piu'
generale indicazione dei «motivi» della legge; e d'altra parte, pur
presenti questi ultimi, tale onere non puo' ritenersi soddisfatto ove
invece manchi la prima.
Cio', peraltro, e' precisamente quanto si e' verificato nella
vicenda de qua.
L'art. 1 della legge impugnata, infatti, che dispone il
distacco-aggregazione dei sette comuni in questione, afferma che cio'
avviene «in considerazione della loro particolare collocazione
territoriale e dei peculiari legami storici, economici e culturali
con i comuni limitrofi della medesima provincia [di Rimini]». Si
tratta di una precisazione da un lato non necessaria e dall'altro non
in grado di soddisfare quanto richiesto dalla norma costituzionale
che in questa sede si invoca a parametro. Le parole piu' sopra
riportate, infatti, indicano i generali motivi che stanno alla base
della deliberazione legislativa, senza pero' confrontarsi - e rendere
ragione di tale confronto - con gli argomenti proposti nel parere
regionale.
10.7. - Se non e' previsto un generalizzato obbligo di
motivazione delle leggi, non esistono nemmeno specifiche prescrizioni
che disciplinino le modalita' in cui tale motivazione deve essere
resa nei casi in cui essa e' necessaria.
Di qui l'insussistenza della necessita' di ottemperare a
formalita' specifiche per adempiere all'obbligo di motivazione. Ma e'
sufficiente e necessario che le ragioni per le quali le Camere
abbiano ritenuto di adottare una decisione difforme dal parere
consiliare siano espresse ed esteriorizzate in qualche atto formale
caratterizzato da un regime di pubblicita'.
L'obbligo di motivazione, nei rari casi in cui deve ritenersi
sussistente nel nostro ordinamento, puo' dunque essere assolto in una
pluralita' di modi. Ma la vicenda che da' origine al presente
giudizio si caratterizza per la totale assenza di atti formali dai
quali sia possibile non solo comprendere le ragioni che hanno indotto
le Camere ad adottare una determinazione che si discostava dai
contenuti espressi nel parere reso dall'Assemblea legislativa della
Regione Marche. Manca qualsiasi elemento o indicazione nell'atto
legislativo, da cui piu' semplicemente si possa evincere che il
parere regionale sia stato effettivamente e sostanzialmente preso in
considerazione nell'ambito dei lavori parlamentari che hanno condotto
alla approvazione della legge n. 117 del 2009.
Come accennato in narrativa, infatti, manca ogni riferimento ai
pareri dei Consigli regionali obbligatori ai sensi dell'art. 132,
secondo comma, Cost., sia nella formula di promulgazione da parte del
Presidente della Repubblica. E' stata utilizzata quella prevista per
le comuni leggi ordinarie («La Camera dei deputati ed il Senato della
Repubblica hanno approvato; il Presidente della Repubblica
promulga»), anziche' quella espressamente contemplata dall'art. 46,
comma 3, della legge n. 352 del 1970 per le leggi atipiche di cui
all'art. 132, secondo comma, Cost., («La Camera dei deputati ed il
Senato della Repubblica, a seguito del risultato favorevole al
referendum indetto in data ..., hanno approvato; il Presidente della
Repubblica promulga»).
Nessun richiamo al parere del Consiglio della Regione Marche nel
messaggio per il cui tramite il Presidente del Senato ha attestato
l'approvazione definitiva del disegno di legge.
In esso, infatti, si legge: «Attesto che la 1ª Commissione
permanente (Affari costituzionali, affari della Presidenza del
Consiglio e dell'Interno, ordinamento generale dello Stato e della
Pubblica amministrazione), il 29 luglio 2009, ha approvato il
seguente disegno di legge, gia' approvato dalla Camera dei deputati
in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge
d'iniziativa dei deputati Pizzolante, Marchioni e Stracquadanio;
Pini, Paolini e Raisi».
Difetta ogni anche pur sintetico riferimento non solo ai motivi
che hanno indotto le Camere a respingere i rilievi critici nei
confronti dell'operazione di distacco-aggregazione sollevati
dall'Assemblea legislativa della Regione Marche ma anche alla
semplice circostanza secondo la quale tale parere (congiuntamente a
quello del Consiglio regionale dell'Emilia-Romagna, invece
favorevole) sia stato effettivamente preso in considerazione
nell'ambito dei lavori parlamentari.
I citati motivi, inoltre, non sono desumibili neanche dal testo
della legge esitata dalle Camere, come pure - seguendo il modello
fatto proprio dalla gia' menzionata sentenza di questa Corte n. 54
del 1962 - sarebbe stato lecito attendersi.
E' vero che nell'art. 1 della legge impugnata si legge che i
sette comuni interessati vengono fatti oggetto dell'operazione di
distacco-aggregazione «in considerazione della loro particolare
collocazione territoriale e dei peculiari legami storici, economici e
culturali con i comuni limitrofi della medesima provincia [di
Rimini]».
Cio' non deve pero' trarre in inganno.
Quel che l'art. 132, secondo comma, Cost., richiede, in virtu'
della sua particolarita' procedimentale, non e' una generica
indicazione dei motivi che hanno sostenuto l'approvazione della legge
di variazione territoriale. Piuttosto, la necessarieta' del parere
dei Consigli regionali comporta che le Camere, dopo aver dedicato una
espressa considerazione a tale parere, rendano conoscibili le
specifiche ragioni in forza delle quali esse si siano eventualmente
determinate in senso difforme rispetto ai punti di vista espressi
dalle regioni interessate.
Sarebbe dunque stato necessario fare riferimento non gia', del
tutto genericamente, alle vicende storico-culturali che
caratterizzano i territori in questione, ma - piu' specificamente -
alla ritenuta impraticabilita' o insufficienza delle soluzioni
alternative che l'Assemblea legislativa della Regione Marche aveva
indicato come preferibili ed aveva affermato - oltretutto - di aver
gia' provveduto a mettere in atto per venire incontro alle esigenze
dei comuni interessati.
Il menzionato passo della legge oggetto del presente giudizio non
e' dunque in grado di renderla immune dai vizi di illegittimita'
costituzionale che qui vengono denunciati.
Ancora, neanche le relazioni delle Commissioni in sede referente,
del resto, valgono a colmare questa lacuna. Come gia' accennato nelle
premesse, nel corso della seduta di Assemblea del 4 maggio 2009, la
relatrice Dal Lago, nella sua relazione orale, si limita a far
presente che «quanto ai pareri delle due regioni interessate il
Consiglio regionale delle Marche ha reso il proprio parere in senso
contrario al distacco con la deliberazione n. 84 del 17 marzo 2008,
mentre la Regione Emilia-Romagna si e' espressa in senso favorevole
alla aggregazione con la determinazione dell'Assemblea legislativa
del 14 novembre 2007». Si prende atto, dunque, dell'esistenza di un
parere contrario esitato da parte di uno dei Consigli regionali
interessati, ma non ci si preoccupa minimamente di affrontare nel
merito i pur importanti rilievi sostanziali che - come evidenziato
nella parte «in fatto» del presente ricorso - esso aveva mosso nei
confronti dell'operazione di distacco-aggregazione.
Ancora, in nessuna delle relazioni di accompagnamento ai progetti
di legge che hanno dato avvio alla procedura parlamentare di
approvazione della legge n. 117 del 2009 e' contenuto il minimo
accenno al parere sfavorevole gia' deliberato dal Consiglio della
Regione Marche.
Infine, ci si sarebbe potuti aspettare la presenza di tale
motivazione in un atto non legislativo, approvato da ciascuna Camera,
o anche da una sola di esse, congiuntamente o successivamente alla
approvazione del progetto di legge. Cosi' non e' stato, nonostante -
in particolare al Senato - non sia mancata l'occasione.
Come si e' gia' avuto modo di mettere in evidenza in narrativa,
infatti, in occasione della approvazione definitiva da parte della
Commissione senatoriale competente, quest'ultima ha anche approvato
un ordine del giorno (doc. 18), che - secondo quanto affermato dal
relatore Ceccanti - sarebbe risultato volto a tenere «conto anche dei
pareri espressi in senso favorevole dalla Regione Emilia-Romagna e in
senso contrario dalla Regione Marche, anche se non sulla base di
osservazioni particolarmente ostative».
Ebbene, leggendo il testo dell'ordine del giorno, non e' in alcun
modo possibile individuare alcun passaggio in cui si sarebbe «tenuto
conto» del parere della Consiglio regionale delle Marche. Cio' non
solo - ovviamente - nella parte dispositiva dell'atto approvato dalla
Commissione, ma anche nelle premesse, le quali cosi' recitano: «Il
Senato della Repubblica, premesso che l'approvazione del disegno di
legge riguardante il distacco di alcuni comuni dalla Regione Marche e
la loro aggregazione alla Regione Emilia-Romagna, nell'ambito della
Provincia di Rimini, costituisce la prima applicazione del principio
costituzionale sancito dall'art. 132, secondo comma; il disegno di
legge n. 1552 stabilisce che entro un anno dall'entrata in vigore
della legge ogni procedura, atto ed affare amministrativo dello Stato
e degli enti locali sia attribuito alle competenze dei rispettivi
organi e uffici nell'ambito della Provincia di Rimini o della Regione
Emilia-Romagna e che entro centottanta giorni vengano rideterminate
le tabelle delle relative circoscrizioni dei collegi elettorali;
impegna il Governo (...)». Anche in questo caso, come si vede, in
nessun modo viene preso in considerazione il parere reso
dall'Assemblea legislativa della Regione Marche, nonostante le
contrarie dichiarazioni del relatore.
10.8. - Come gia' accennato nelle pagine che precedono, la
Regione Marche e' convinta che - quand'anche si dovesse ritenere che
la norma contenuta nell'art. 132, secondo comma, Cost., non implichi
la necessita' di esternare, mediante un atto formale caratterizzato
da un regime di pubblicita', le ragioni per le quali le Camere si
sono determinate in senso difforme dai pareri resi dai Consigli
regionali ai sensi della sopra citata disposizione costituzionale -
la medesima norma, comunque, imponga almeno che le motivazioni che
sostengono i pareri negativi eventualmente resi dalle Assemblee
rappresentative delle regioni debbano effettivamente essere presi in
considerazione nell'ambito dei lavori parlamentari.
E' agevole mostrare come neanche questa sia pur «minima»
condizione si sia verificata.
10.9. - Sono facilmente rilevabili alcuni dati che depongono
inequivocabilmente in direzione opposta.
Innanzi tutto, nessuno degli atti formali disponibili - e gia' in
precedenza richiamati - menziona l'avvenuta considerazione dei punti
di vista espressi dall'Assemblea legislativa della Regione Marche.
Cio' vale per l'atto di promulgazione esitato dal Presidente della
Repubblica, per il messaggio del Presidente del Senato con cui e'
stata attestata l'approvazione della proposta di legge, nonche' per
le relazioni delle Commissioni in sede referente e per quelle di
accompagnamento ai progetti di legge da cui le Camere hanno preso le
mosse.
D'altra parte, al di la' delle attestazioni formali contenute nel
messaggio del Presidente del Senato, non si riesce in alcun modo a
reperire la prova dell'avvenuta «presa in considerazione» delle
ragioni sottoposte all'attenzione del Parlamento da parte del
Consiglio regionale delle Marche. Anzi, la lettura della
documentazione concernente i lavori parlamentari fornisce indicazioni
di segno assolutamente contrario.
Si puo' rilevare, innanzi tutto, come dal resoconto dei lavori
della Commissione competente della Camera dei deputati in sede
referente, come evidenziato piu' diffusamente nella parte narrativa
del presente atto, il parere contrario del Consiglio regionale delle
Marche e' stato semplicemente «menzionato» in alcuni passaggi del
procedimento ma anche questi richiami sono stati soltanto formali: il
parere e' stato «liquidato» come dato del tutto trascurabile e non
meritevole di alcun approfondimento.
Ne' in senso contrario possono essere invocate le dichiarazioni
dell'on. Stracquadanio e dell'on Pini (rispettivamente nelle sedute
del 13 gennaio e del giorno 11 febbraio 2008), i quali hanno ritenuto
di poter individuare le «vere» ragioni del parere negativo esitato
dall'Assemblea legislativa marchigiana «nel timore che, a causa della
diminuzione di popolazione, la Provincia di Pesaro e Urbino abbia a
rimetterci nei trasferimenti erariali» (Stracquadanio) e in non
meglio precisati «motivi prettamente politici» (Pini).
E' infatti evidente che, cosi' facendo, i due deputati non hanno
contribuito in alcun modo a far si' che l'onere di considerare
«sostanzialmente» le ragioni proposte dal Consiglio della Regione
Marche fosse assolto. Non sono state compiute valutazioni sul merito
di dette ragioni, ma sono state citate le presunte «vere» ragioni del
parere negativo, al di la' e senza alcuna considerazione di quelle
che risultavano dal testo di quest'ultimo.
Considerazioni non dissimili valgono anche per quel che concerne
il successivo esame in Assemblea. Neppure in questa sede, infatti, il
punto di vista espresso dall'Assemblea legislativa della Regione
Marche e' stato ritenuto meritevole di alcuna considerazione
specifica. Il primo rilievo che puo' essere svolto in questa sede al
riguardo - e rinviando ancora una volta alla narrativa per quel che
concerne una descrizione piu' dettagliata degli accadimenti rilevanti
- e' che sovente nel dibattito l'unico parere regionale richiamato e'
quello - favorevole - della Regione Emilia-Romagna. In questo senso,
si vedano, ad esempio, gli interventi dei deputati Marchioni,
Pizzolante e Gozi citati nelle premesse del presente ricorso.
In altre circostanze il parere dell'Assemblea delle Marche viene
solo menzionato, evocato, senza pero' essere preso in considerazione
nella sua parte motiva. Cosi' accade, ad esempio, nella relazione
dell'on. Dal Lago e nell'intervento dell'on. Zaccaria (anche questi
richiamati nelle premesse).
Ancora, talvolta il senso del parere regionale viene del tutto
travisato (si veda l'intervento dell'on. Stucchi, il quale discorre
di «unanimita' di consensi»), o comunque fatto oggetto di una
considerazione del tutto parziale. Cio' accade, ad esempio, in quegli
interventi che fanno leva sul riconoscimento, contenuto nel parere
del Consiglio della Regione Marche, dell'esistenza di ragioni non
peregrine alla base dell'operazione di distacco-aggregazione, senza
pero' neanche menzionare quella parte del parere in cui invece sono
illustrate le ragioni - ritenute dal Consiglio regionale di maggior
peso rispetto a quelle di segno opposto - contrarie alla suddetta
operazione. Al riguardo, si puo' ancora una volta rinviare alle
premesse del presente ricorso, ove viene integralmente riportato il
brano dell'intervento dell'on. Vassallo rilevante in questa sede.
10.10. - L'esame dei lavori del Senato conduce ad analoghe
conclusioni.
Nel corso dei lavori in Commissione nella sede referente, solo il
relatore sen. Ceccanti richiama il parere negativo dell'Assemblea
marchigiana. Anche in questo caso, pero', in termini solo formali e
senza dar conto in alcun modo delle ragioni che hanno sostenuto tale
parere, come mostra la citazione testuale piu' sopra riportata.
Evidente la sottovalutazione del parere non favorevole della regione
anche nelle parole del sottosegretario Davico, in rappresentanza del
Governo, il quale afferma che «la proposta di cui si tratta non
presenta profili problematici». Ovviamente, anche in questo caso
manca ogni riferimento al parere della Regione Marche.
Quanto ai lavori della Commissione in sede deliberante, gli unici
riferimenti al parere regionale sono reperibili in un intervento del
sen. Ceccanti e in quanto affermato dal sen. Saltamartini in
occasione della approvazione definitiva.
Il primo afferma che l'ordine del giorno (doc. 18) approvato
congiuntamente al progetto di legge «tiene conto anche dei pareri
espressi in senso favorevole dalla Regione Emilia-Romagna e in senso
contrario dalla Regione Marche, anche se non sulla base di
osservazioni particolarmente ostative». Si e' gia' mostrato piu'
sopra come tali parole non corrispondono a quanto risulta dal parere
del Consiglio regionale.
Il secondo, invece, si limita alla apodittica e non argomentata
affermazione secondo la quale «questa proposta di distacco e' stata
sottoposta a referendum presso le popolazioni interessate e tiene
conto dei pareri espressi dalle Regioni Emilia-Romagna e Marche;
quest'ultima, come ha ricordato il collega Ceccanti, ha espresso
parere contrario». E' evidente che queste parole forzano la
ricostruzione del modo in cui si e' svolto il procedimento.
10.11. - In sintesi, riguardo alla mancata «presa in
considerazione», da parte delle Assemblee parlamentari, del punto di
vista espresso dal Consiglio della regione ricorrente, e' possibile
osservare quanto segue.
Le ragioni reperibili nel parere negativo dell'Assemblea
regionale erano le seguenti:
a) quella secondo la quale - pur prendendosi atto delle
ragioni poste a fondamento dell'istanza di modifica territoriale,
ossia delle ragioni «di integrazione economica e sociale, di
localizzazione delle reti di trasporto pubblico locale e
comunicazione e di senso di appartenenza materiale al contesto
territoriale che governa la vita quotidiana della popolazione» - sono
«maggiormente opportune, efficaci ed economiche azioni programmatorie
sul territorio interessato ed interventi concordati fra i vari enti
locali della Valle del Marecchia e le regioni interessate, piuttosto
che distacchi territoriali di alcuni comuni da una regione
all'altra»;
b) quella secondo la quale «proprio per favorire
l'aggregazione economica e sociale dei territori della Bassa
(Emilia-Romagna) ed Alta (Marche) Valmarecchia, e' stato sottoscritto
in data 1° marzo 2007 uno specifico protocollo d'intesa tra i
Presidenti delle due regioni e delle due province interessate, allo
scopo di avviare a soluzione i problemi sollevati dalle popolazioni e
dalle amministrazioni locali interessate» (doc. 12);
c) quella secondo la quale «tra i comuni interessati al
distacco territoriale e gli altri enti locali marchigiani e la
Regione Marche si sono consolidati nel tempo positivi rapporti di
collaborazione interistituzionale che e' opportuno mantenere»;
d) quella che pone in evidenza «comunque l'esigenza primaria
di mantenimento dell'attuale assetto territoriale, sociale e
culturale nonche' dell' immagine unitaria della regione, della quale
i comuni interessati rappresentano una parte significativa, pur
prendendo atto della particolarissima situazione territoriale dei
comuni dell'Alta Valmarecchia».
Il Consiglio regionale delle Marche, dunque, aveva riconosciuto
l'esistenza di ragioni plausibili per il distacco-aggregazione (sub
a), ritenendo pero' preferibili, in quanto piu' efficaci ed anche
piu' economiche, azioni di diverso tipo (sub a) ed evidenziando
altresi' di avere gia' intrapreso specifiche iniziative in tal senso
d'intesa con la Regione Emilia-Romagna (sub b). Inoltre, il parere
citato propone all'attenzione delle Camere due ulteriori ragioni
contrarie al distacco-aggregazione: l'esistenza di «positivi rapporti
di collaborazione interistituzionale che e' opportuno mantenere» (sub
d) e l' «esigenza primaria» di garantire l' «immagine unitaria della
Regione» (sub d).
Ebbene, dal resoconto svolto nelle premesse del presente atto e
richiamato sommariamente piu' sopra, emerge chiaramente che nessuna
di queste ragioni e' stata oggetto della benche' minima
considerazione nello svolgimento dell'intero iter legislativo. Il che
non puo' che deporre decisamente per l'accoglimento della questione
di legittimita' costituzionale proposta nel presente giudizio.
10.12. - Infine, nel senso appena indicato, risulta dirimente, a
giudizio della ricorrente, la seguente considerazione.
Anche ove si volesse ritenere che la mera «conoscenza» (o,
addirittura, «presunzione di conoscenza») del parere da parte dei
componenti delle Assemblee parlamentari sia sufficiente a dimostrare
che questi ultimi abbiano effettivamente - sia pure nel loro «foro
interno» - tenuto conto delle ragioni del Consiglio regionale delle
Marche, e' agevole mostrare che tale ipotesi non puo' comunque
essersi verificata.
Non puo' non essere determinante, al riguardo, la circostanza,
gia' segnalata nella parte «in fatto» del presente ricorso, secondo
la quale nel c.d. «fascicolo d'Assemblea», contrassegnato dal n.
63-177-A (doc. 16) e posto a disposizione di tutti i membri della
Camera dei deputati ai fini dell'esame e dell'approvazione del testo
legislativo, risultano inclusi i pareri delle due Commissioni
competenti in sede consultiva e, ovviamente, il testo unificato del
progetto di legge approvato dalla Commissione in sede referente,
mentre risultano assenti i due fondamentali atti costituzionalmente
necessari ai sensi dell'art. 132, secondo comma, Cost., ossia i
pareri delle regioni interessate dalla procedura di
distacco-aggregazione.
D'altra parte, anche presso il Senato della Repubblica, lo
stampato n. 1552 (doc. 17) - recante il testo del disegno di legge
approvato dalla Camera dei deputati - non contiene neppure la
menzione dei pareri espressi dalle Assemblee legislative delle due
regioni.
Non stupisce, insomma, che - come mostrato piu' sopra - gli
argomenti proposti dal parere dell'Assemblea legislativa della
Regione Marche non siano stati oggetto di considerazione nel
dibattito parlamentare. Come risulta chiaramente dalla documentazione
ora richiamata, i deputati (e i senatori della I Commissione
permanente) non sono stati neanche messi in condizione di conoscere
il parere mediante una lettura diretta. Non potevano certo, dunque,
formarsi alcuna specifica opinione al riguardo.
11. - Illegittimita' costituzionale delle legge 3 agosto 2009, n.
117, per violazione del principio di leale collaborazione.
11.1. - La legge n. 117 del 2009, in questa sede impugnata, e'
costituzionalmente illegittima anche per violazione del principio di
leale collaborazione cosi' come elaborato nella giurisprudenza
costituzionale.
Al riguardo, la ricorrente ritiene opportuno avvertire di essere
consapevole che - secondo il costante insegnamento di questa Corte -
non sono previste forma di necessaria interlocuzione, da parte delle
Camere, con gli enti degli ordinamenti regionali in occasione dello
svolgimento della funzione legislativa (si vedano, ex multis, sent.
n. 272 del 2005 e sent. n. 196 del 2004).
La ricorrente e' pero' altrettanto consapevole dell'affermazione
- anch'essa ben radicata nella giurisprudenza di questa Corte - della
«pervasivita'» del principio di leale collaborazione, il quale impone
che le relazioni tra i soggetti istituzionali (intercorrano esse
nell'ambito di un livello di Governo, o tra i diversi livelli di
Governo che insieme compongono la Repubblica) siano sempre improntate
al reciproco rispetto e considerazione (cfr., ad es. sent. n. 149 del
2007, e sent. n. 470 del 1988, nella quale si evidenzia che il
principio di leale cooperazione «deve necessariamente caratterizzare
i rapporti tra organi statali e regionali»).
Tale principio, se certo non e' in grado, in generale, di fondare
un obbligo di interlocuzione nell'ambito dell'esercizio normale della
funzione legislativa, secondo quanto appena ricordato, e' pero'
assolutamente determinante per definire gli obblighi che gravano in
capo alle Camere nell'ambito della speciale procedura disciplinata
dall'art. 132, secondo comma, Cost.
Come ha in piu' di una occasione riconosciuto questa stessa
Corte, infatti, il principio di leale collaborazione «per la sua
elasticita' consente di avere riguardo alla peculiarita' delle
singole situazioni» (sent. n. 26 del 2008; sent. n. 50 del 2005). Da
cio' si ricava che - se ordinariamente le Camere non possono
ritenersi gravate di alcun obbligo di facere nei confronti di organi
regionali - dinanzi alla «peculiarita'» della «statuizione» contenuta
nell'art. 132, secondo comma, Cost., consistente (per quel che qui
interessa) nella necessaria partecipazione, sia pure nella forma di
un parere meramente obbligatorio e non certo vincolante, dei Consigli
regionali interessati, non si puo' fare a meno di ritenere che il
«rispetto» e la «considerazione» di chi ha reso il parere comportino
necessariamente che tale atto sia espressamente esaminato e che il
soggetto istituzionale che lo ha reso sia messo nelle condizioni di
conoscere le ragioni in virtu' delle quali le Camere si siano
eventualmente determinate in senso difforme.
Da questo punto di vista, non puo' non essere richiamato ad
esempio l'art. 138 del regolamento del Senato, nel quale si prevedono
specifiche modalita' di relazione interistituzionale allorche'
debbano essere esaminati «voti» delle regioni. La disposizione cosi'
stabilisce: «1. I voti presentati dalle regioni vengono comunicati
all'Assemblea e trasmessi alla Commissione competente per materia.
L'esame in Commissione puo' concludersi con una relazione al Senato o
con una risoluzione che inviti il Governo a provvedere. 2. I voti, se
hanno attinenza a disegni di legge gia' assegnati a Commissioni, sono
inviati alle Commissioni stesse e discussi congiuntamente ai disegni
di legge».
Da quanto si e' dettagliatamente esposto nelle premesse del
presente ricorso, dell'applicazione di questa disciplina nel corso
dell'iter legislativo presso il Senato non e' rinvenibile alcun
riscontro, cosicche' quelle pur minime garanzie di «considerazione»
esplicita della posizione istituzionale delle regioni ivi contemplate
sono risultate del tutto frustrate.
Del resto, sotto un piu' limitato profilo, rappresenta
affermazione ricorrente nella giurisprudenza costituzionale - tanto
da costituirne ormai una acquisizione largamente consolidata - che il
minimum che deve caratterizzare, in virtu' del principio di leale
collaborazione, le relazioni tra i soggetti che, a vario titolo,
intervengono in un medesimo ciclo funzionale, consiste
nell'assolvimento di semplici - ma, come dimostra il caso di specie,
non per questo meno importanti - oneri di mutua informazione.
Sul punto, si veda, ad es., la sent. n. 359 del 1985, ove si
evidenzia che la «piu' elementare e generale espressione» del
principio di leale collaborazione «sta nell'imposizione del dovere di
mutua informazione» (al riguardo, si vedano inoltre, tra le tante,
anche la sent. n. 93 del 1997, la sent. n. 618 del 1988 e la sent. n.
153 del 1986).
Se, dunque, da questo punto di vista, il principio di leale
collaborazione esige, in generale, che i soggetti istituzionali la
cui attivita' entri in contatto nell'ambito di un medesimo ciclo
funzionale siano tenuti, quantomeno, ad uno scambio di informazioni,
cio' comporta, nel caso qui in discussione, che le Camere (o almeno
quella che ha approvato per ultima il progetto di legge) avrebbero
dovuto portare direttamente a conoscenza della Regione Marche, con un
proprio atto formale a questa destinato, le risultanze dell'esplicita
considerazione del parere espresso dall'Assemblea legislativa della
regione e le ragioni per le quali avevano ritenuto di determinarsi in
senso contrario rispetto ai contenuti dell'atto regionale.
La ricorrente, tuttavia, nel prospettare la presente censura di
legittimita' costituzionale, ritiene che - viste le assolute
peculiarita' che caratterizzano il procedimento di cui all'art. 132,
secondo comma, Cost., il quale «straordinariamente» impone alle
Camere di interloquire con altri enti in vista dell'esercizio della
propria funzione legislativa - l'obbligo di leale collaborazione
nella vicenda in questione potesse essere soddisfatto non gia'
necessariamente nel modo appena accennato, ma anche semplicemente
dall'esistenza della possibilita', per il Consiglio regionale,
di «informarsi» circa l'avvenuta espressa considerazione del proprio
parere da parte delle due Camere e di venire a conoscenza dei motivi
posti a sostegno della decisione parlamentare di segno contrario, per
mezzo di atti formali dotati di una adeguata pubblicita'. E tale
possibilita', per quanto si e' ampiamente documentato, e' venuta del
tutto a mancare nel procedimento legislativo che ha condotto
all'approvazione della legge impugnata.
Per tutte le ragioni appena esposte, non puo' che concludersi che
il richiamato principio di «reciproco rispetto e considerazione» tra
gli organi istituzionali - e dunque il principio di leale
collaborazione - debba ritenersi senz'altro violato ove, in presenza
di una norma costituzionale speciale, quale quella da ultimo citata,
che impone l'espressione del parere dei Consigli regionali
interessati, non si consenta a questi ultimi di rendersi consapevoli
- mediante atti formali - dell'avvenuta considerazione di tale atto
da parte dei due rami del Parlamento e dei motivi che abbiano
sostenuto l'adozione della legge di variazione territoriale
nonostante la contrastante posizione espressa dalla regione.
P. Q. M.
Si chiede che questa ecc.ma Corte costituzionale dichiari
l'illegittimita' costituzionale della legge 3 agosto 2009, n. 117.
Firenze-Roma, addi' 12 ottobre 2009
Avv. prof. Stefano Grassi
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