RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 12 dicembre 2008 , n. 96
Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 12 dicembre 2008 (della Regione Basilicata)
 
(GU n. 4 del 28-1-2009) 

   Ricorso   della   Regione   Basilicata,   in  persona  del  legale
rappresentante,il  Presidente  della  Giunta Regionale, dott. Vito De
Filippo,  rappresentato  e difeso, giusta procura speciale ad litem a
margine del presente atto, dall'avv. Valerio Di Giacomo, dell'Ufficio
legale  e  del contenzioso dell'ente, abilitato al patrocinio innanzi
alle   magistrature   superiori,   con  il  quale  e'  selettivamente
domiciliato  presso l'Ufficio rappresentanza in Roma, alla via Nizza,
n. 56;
   Nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in carica,
on.  dott.  Silvio Berlusconi; per la dichiarazione di illegittimita'
costituzionale, ai sensi degli artt. 127 della Costituzione, 2, legge
costituzionale  n. 1  del  9  febbraio 1948 e 32, legge n. 87 dell'11
marzo  1953,  dell'art. 3 del decreto-legge n. 154 del 7 ottobre 2008
«Disposizioni  urgenti per il contenimento della spesa sanitaria e in
materia di regolazioni contabili con le autonomie locali» (pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 235 del 7 ottobre 2008), con cui e' stato
aggiunto,  dopo il comma 6 dell'art. 64 del d.l. n. 112 del 25 giugno
2008,  convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 6 agosto
2008,  il comma 6-bis che dispone «I piani di ridimensionamento delle
istituzioni  scolastiche, rientranti nelle competenze delle regioni e
degli enti locali, devono essere in ogni caso ultimati in tempo utile
per  assicurare il conseguimento degli obiettivi di razionalizzazione
della  rete  scolastica previsti dal presente comma, gia' a decorrere
dall'anno  scolastico 2009/2010 e, comunque, non oltre il 30 novembre
di  ogni  anno.  Il  Presidente  del  Consiglio  dei ministri, con la
procedura  di  cui  all'art.  8,  comma 1, della legge 5 giugno 2003,
n. 131,  su  proposta  del Ministro dell'economia e delle finanze, di
concerto  con  il  Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della
ricerca,  sentito  il Ministro per i rapporti con le regioni, diffida
le regioni e gli enti locali inadempienti ad adottare, entro quindici
giorni,  tutti  gli  atti  amministrativi, organizzativi e gestionali
idonei    a   garantire   il   conseguimento   degli   obiettivi   di
ridimensionamento  della  rete  scolastica. Ove le regioni e gli enti
locali  competenti  non adempiano alla predetta diffida, il Consiglio
dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze,
di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della
ricerca, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, nomina un
commissario  ad  acta.  Gli  eventuali oneri derivanti da tale nomina
sono a carico delle regioni e degli enti locali.».
                             M o t i v i

   I) Violazione dell'art. 117, commi 3 e 6, Costituzione;
   Il decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154 («Disposizioni urgenti per
il  contenimento  della  spesa  sanitaria e in materia di regolazioni
contabili   con  le  autonomie  locali»)  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale   n. 235   del   7  ottobre  2008,  all'art.  3,  rubricato
«Definizione   dei   piani   di   dimensionamento  delle  istituzioni
scolastiche  rientranti  nelle  competenze delle regioni e degli enti
locali» dispone:
     «1.  -  All'art.  64  del  decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge 6 agosto 2008, n. 133,
dopo il comma 6 e' inserito il seguente:
      ''6-bis.   I   piani  di  ridimensionamento  delle  istituzioni
scolastiche,  rientranti  nelle competenze delle regioni e degli enti
locali,  devono  essere  in  ogni  caso  ultimati  in tempo utile per
assicurare  il  conseguimento  degli  obiettivi  di razionalizzazione
della  rete  scolastica previsti dal presente comma, gia' a decorrere
dall'anno scolastico 2009/2010 e comunque non oltre il 30 novembre di
ogni anno. Il Presidente del Consiglio dei ministri, con la procedura
di  cui  all'art.  8,  comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, su
proposta  del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con
il   Ministro  dell'istruzione,  dell'universita'  e  della  ricerca,
sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, diffida le regioni
e  gli  enti  locali inadempienti ad adottare, entro quindici giorni,
tutti  gli  atti  amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a
garantire il conseguimento degli obiettivi di ridimensionamento della
rete  scolastica.  Ove  le  regioni  e gli enti locali competenti non
adempiano  alla  predetta  diffida,  il  Consiglio  dei  ministri, su
proposta  del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con
il   Ministro  dell'istruzione,  dell'universita'  e  della  ricerca,
sentito  il  Ministro  per  i  rapporti  con  le  regioni,  nomina un
commissario  ad  acta.  Gli  eventuali oneri derivanti da tale nomina
sono a carico delle regioni e degli enti locali''.
     La  norma  che  si  censura collide innanzitutto con l'art. 117,
comma  3,  Costituzione,  secondo  cui ''Sono materie di legislazione
concorrente quelle relative a: … istruzione, salva l'autonomia
delle  istituzioni  scolastiche  e  con esclusione della istruzione e
della   formazione   professionale;   …   Nelle   materie   di
legislazione concorrente spetta alle regioni la potesta' legislativa,
salvo  che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata
alla legislazione dello Stato.».
   Collide,  inoltre,  con l'art. 117, comma 6, Costituzione, secondo
cui  «La  potesta'  regolamentare  spetta allo Stato nelle materie di
legislazione  esclusiva,  salva  delega  alle  regioni.  La  potesta'
regolamentare spetta alle regioni in ogni altra materia. I comuni, le
province  e  le  citta' metropolitane hanno potesta' regolamentare in
ordine  alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle
funzioni loro attribuite».
   Come  da  tempo  chiarito  da  codesta  ecc.ma  Corte (sentenza 13
gennaio  2004,  n. 13)  «Nel  quadro  costituzionale  definito  dalla
riforma  del titolo V, la materia istruzione (salva l'autonomia delle
istituzioni  scolastiche  e  con  esclusione della istruzione e della
formazione professionale) forma oggetto di potesta' concorrente (art.
117 comma 3 Costituzione), mentre allo Stato e' riservata soltanto la
potesta'   legislativa   esclusiva   in  materia  di  norme  generali
sull'istruzione,  ai  sensi  dell'art.  117  comma  2  lett.  n);  e'
indubbio,  tuttavia,  che  nel  camplesso  intreccio,  in  una stessa
materia,  di norme generali, principi fondamentali, leggi regionali e
determinazioni   autonome   delle  istituzioni  scolastiche,  rientri
nell'ambito  di  legislazione  regionale la programmazione delle rete
scolastica,  non potendosi ritenere che il legislatore costituzionale
abbia  voluto  spogliare  le  regioni di una funzione che era gia' ad
esse  conferita  nella  forma della competenza delegata dall'art. 138
d.lgs.  n. 112  del  1998.»,  puntualizzando  alla  luce  di siffatta
premessa  che  «Una  volta  attribuita  l'istruzione  alla competenza
concorrente, il riparto imposto dall'art. 117 postula che, in tema di
programmazione  scolastica  e di gestione amministrativa del relativo
servizio,  compito dello Stato sia solo quello di fissare principi. E
la  distribuzione  del  personale tra le istituzioni scolastiche, che
certamente  non  e'  materia  di  norme  generali  sulla  istruzione,
riservate   alla   competenza   esclusiva   dello  Stato,  in  quanto
strettamente  connessa  alla  programmazione  della  rete scolastica,
tuttora di competenza regionale, non puo' essere scorporata da questa
e  innaturalmente  riservata per intero allo Stato; sicche', anche in
relazione  ad  essa, la competenza statale non puo' esercitarsi altro
che  con la determinazione dei principi organizzativi che spetta alle
regioni  svolgere  con  una  propria disciplina» (cfr. sentt. 7 marzo
2008,  n. 50,  punto  6 del Considerato in diritto; 29 dicembre 2004,
n. 423,  punto  8.2.  del  Considerato  in diritto e 26 gennaio 2005,
n. 34,  secondo  cui  «Non  e'  fondata, in riferimento all'art. 117,
comma  2,  lett.  n)  Costituzione,  la q.l.c. dell'art. 44, comma 1,
legge  reg.  Emilia Romagna 30 giugno 2003 n. 12, il quale stabilisce
che  il  Consiglio  regionale,  su  proposta  della Giunta regionale,
approva,    tra    l'altro,    i   ''criteri   per   la   definizione
dell'organizzazione  della  rete scolastica, ivi compresi i parametri
dimensionali  delle  istituzioni  scolastiche''. Premesso che gia' la
normativa   antecedente  alla  riforma  del  titolo  V  prevedeva  la
competenza  regionale in materia di dimensionamento delle istituzioni
scolastiche,   riconoscendo   la   competenza   sulla  programmazione
scolastica  di  cui  all'art.  138  d.lgs.  31  marzo  1998 n. 112, e
dovendosi  escludere che il legislatore costituzionale del 2001 abbia
voluto  spogliare  le  regioni  di  una funzione che era gia' ad esse
conferita,  la  disposizione censurata e' riconducibile all'esercizio
della  competenza legislativa concorrente della regione in materia di
istruzione,    riguardando    in   particolare   il   settore   della
programmazione scolastica»).
   Il  riferimento  della suddetta pronuncia agli artt. 138 e 139 del
d.lgs.  n. 112  del  31  marzo  1998  -  in un assetto costituzionale
antecedente  alla riforma del titolo V, parte II, della Costituzione,
che  ha addirittura accentuato l'autonomia delle regioni e degli enti
territoriali  minori  -  e'  indicativo  della  competenza, ora anche
legislativa,   delle   regioni   concernente,  fra  l'altro:  «a)  la
programmazione  dell'offerta  formativa  integrata  tra  istruzione e
formazione  professionale; b) la programmazione, sul piano regionale,
nei limiti delle disponibilita' di risorse umane e finanziarie, della
rete  scolastica,  sulla  base  dei piani provinciali, assicurando il
coordinamento  con  la  programmazione  di cui alla lettera a); c) la
suddivisione,  sulla  base  anche  delle  proposte  degli enti locali
interessati,   del  territorio  regionale  in  ambiti  funzionali  al
miglioramento dell'offerta formativa; » (art. 138 d.lgs. n. 112/1998)
e  della  competenza  regolamentare  ed  amministrativa di province e
comuni  concernente,  anche:  «a)  l'istituzione,  l'aggregazione, la
fusione  e la soppressione di scuole in attuazione degli strumenti di
programmazione;  b)  la  redazione  dei piani di organizzazione della
rete   delle  istituzioni  scolastiche;  c)  i  servizi  di  supporto
organizzativo  del servizio di istruzione per gli alunni con handicap
o  in  situazione  di  svantaggio; d) il piano di utilizzazione degli
edifici  e  di  uso  delle  attrezzature, d'intesa con le istituzioni
scolastiche» (art. 139 d.lgs. n. 112/1998).
   Non  giustifica l'esercizio del potere legislativo statale neanche
la  competenza  trasversale  dello Stato relativa alla determinazione
dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili
e  sociali: puntualizza, infatti, la giurisprudenza di codesta ecc.ma
Corte  che  «non  puo'  ritenersi  fondato  il rilievo secondo cui le
suddette  norme  rinverrebbero  un  autonomo titolo di legittimazione
nella  competenza  statale  in  materia di determinazione dei livelli
essenziali  delle  prestazioni concernenti i diritti civili e sociali
che  devono  essere  garantiti su tutto il territorio nazionale (art.
117, secondo comma, lettera m), Costituzione).
   Questa  Corte ha, in fatti, piu' volte avuto modo di affermare che
l'attribuzione allo Stato della competenza esclusiva e trasversale di
cui   alla  citata  disposizione  costituzionale  si  riferisce  alla
determinazione   degli   standard   strutturali   e   qualitativi  di
prestazioni  che,  concernendo il soddisfacimento di diritti civili e
sociali,  devono  essere  garantiti,  con carattere di genericita', a
tutti gli aventi diritto (tra le tante, le sentenze n. 387 del 2007 e
n. 248  del  2006). Le norme in esame, invece, non determinando alcun
livello  di prestazione, ma prevedendo soltanto meri finanziamenti di
spesa, non potrebbero giammai rinvenire la propria legittimazione nel
titolo di competenza in esame (sentenza n. 423 del 2004, punto 7.3.1.
del Considerato in diritto).» (sent. 7 marzo 2008, n. 50, punto 4 del
Considerato in diritto).
   Il  legislatore  statale,  del  resto,  aveva esercitato il potere
legislativo  di  competenza con la legge 28 marzo 2003, n. 53 (Delega
al  Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e
dei  livelli  essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e
formazione  professionale),  a  cui  ha  fatto  seguito  il d.lgs. 17
ottobre  2005,  n. 226  (Norme  generali  e  livelli essenziali delle
prestazioni  relativi  al  secondo  ciclo  del  sistema  educativo di
istruzione  e  formazione,  a  norma dell'art. 2 della legge 28 marzo
2003, n. 53).
   E'  anche  il  caso  di  evidenziare,  ai  fini  di  una  compiuta
ricostruzione  della volonta' del legislatore riforma costituzionale,
che  proprio  a  proposito  della  materia «istruzione» di competenza
legislativa  concorrente  delle  regioni,  in  occasione  dei  lavori
parlamentari,  in  Senato  fu  accolto  dal Governo, senza votazione,
l'ordine  del giorno 9.4809.5 Biscardi ed altri, ove si affermava che
«nella  fissazione dei principi fondamentali in materia di istruzione
la  legislazione  statale  debba  comunque stabilire i seguenti punti
essenziali  in  armonia  con  l'art.  33 Costituzione; a) liberta' di
insegnamento;  b)  stato  giuridico e carriera dei docenti; criteri e
procedure  nazionali di concorso e di assunzione; d) formulazione del
piano  di studio e delle discipline», quasi a tracciare una mappatura
delle  tematiche  entro  cui  contenere  la formulazione dei principi
fondamentali di competenza statale in materia di istruzione.
   Delineato  il  quadro di riferimento costituzionale circa l'ambito
di competenza legislativa e regolamentare nella materia «istruzione»,
e' possibile asserire che la norma censurata interviene in materia di
competenza  legislativa  concorrente delle regioni con evidente norma
di  dettaglio, sanzionando la mancata adozione, nei termini indicati,
dei   piani   di   ridimensionamento  delle  istituzioni  scolastiche
rientranti nelle competenze delle regioni e degli enti locali, con la
previsione  e definizione, a seguito di diffida e decorso dei termini
assegnati,  delle  modalita'  di  esercizio  di poteri sostitutivi da
parte  del  Governo,  affidati  ad  un  commissario ad acta di nomina
governativa  per  l'esercizio  dei  poteri occorrenti all'adozione di
«tutti  gli  atti amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a
garantire il conseguimento degli obiettivi di ridimensionamento della
rete   scolastica»,   quindi,  con  sostanziale  estromissione  delle
competenze normative, regolamentari, programmatorie ed amministrative
attestate   in  capo  alle  regioni  e  di  quelle  amministrative  e
gestionali di competenza dell'autonomie locali.
   Il   Governo,   in  tal  guisa,  con  l'esercizio  del  potere  di
legiferazione  d'urgenza,  non  solo  e  non  tanto  ha  supplito  il
Parlamento nella determinazione dei principi generali, ma, piuttosto,
ha  esautorato  la  regione  dalla  determinazione  legislativa nella
materia   dell'istruzione   rimessa  alla  sua  potesta'  legislativa
concorrente   e,   segnatamente,   in   tema   di   programmazione  e
pianificazione   delle   esigenze  delle  istituzioni  e  della  rete
scolastica  e,  addirittura, in ordine alla determinazione dei poteri
di  controllo  dell'operato  degli  enti  locali;  segnatamente nella
definizione  dei  procedimenti  di  controllo  e  di  attivazione  di
eventuali  poteri  sostitutivi per il caso di tardivo esercizio delle
competenze  degli  enti  locali  in  materia,  compresa  la  potesta'
programmatoria  loro  attribuita  (v.  artt. 138 e 139 d.lgs. n. 112/
1998).
   Insomma,  il  Governo,  ipotizzando  pretestuosamente  la  mancata
adozione  dei piani di ridimensionamento della istituzione scolastica
di   competenza  delle  autonomie  locali,  norma  un  puntuale  iter
procedimentale  idoneo ad attivare un potere di controllo sostitutivo
che   interessa   tutte  le  funzioni  correlate  agli  obiettivi  di
ridimensionamento  scolastico,  privando le regioni della potesta' di
legiferare   e  regolamentare  la  ridetta  materia  di  legislazione
concorrente:  segnatamente, le regioni sono esautorate dall'esercizio
della   loro   potesta'   legislativa   concorrente   in  materia  di
«istruzione»  e  correlata potesta' regolamentare e programmatoria e,
perfino,  in  ordine  alla  normazione ed attuazione dei controlli ed
all'esercizio  del  potere sostitutivo sugli enti locali compresi nel
territorio regionale.
   II) Violazione dell'art. 118 Costituzione.
   Come  innanzi  evidenziato,  secondo  la  norma che si censura, il
ritardo   delle   regioni   in   ordine   alla   pianificazione   del
ridimensionamento delle istituzioni scolastiche viene sanzionato, con
il  totale spoglio delle sue competenze legislative, regolamentari ed
amministrative garantite loro ed agli enti locali dalla Costituzione.
   Per  le  ragioni  evidenziate  devono  intendersi violate anche le
disposizioni  dei  primi  due commi dell'art. 118 della Costituzione,
secondo  il  quale  «Le  funzioni  amministrative  sono attribuite ai
comuni   salvo  che,  per  assicurarne  l'esercizio  unitario,  siano
conferite  a  province,  citta' metropolitane, regioni e Stato, sulla
base dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza.
   I  comuni,  le province e le citta' metropolitane sono titolari di
funzioni  amministrative  proprie  e  di  quelle  conferite con legge
statale o regionale, secondo le rispettive competenze».
   Il  potere  sostitutivo  arrogatosi  pretestuosamente  dal Governo
(addirittura   al   di   fuori   dei   casi  previsti  dall'art.  120
Costituzione)  e, per esso, attribuito all'organo straordinario dallo
stesso   nominato   in   ordine   all'adozione  di  «tutti  gli  atti
amministrativi,  organizzativi  e  gestionali  idonei  a garantire il
conseguimento   degli   obiettivi  di  ridimensionamento  della  rete
scolastica»,  stride  con  la  norma costituzionale che, in forza dei
principi  di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza, assegna
alle  autonomie  locali  le funzioni amministrative loro attribuite o
conferite  «con  legge  statale  o  regionale,  secondo le rispettive
competenze».
   III)  Violazione del principio di leale collaborazione fra Stato e
regioni, art. 120, Costituzione.
   Nonostante  il  riferimento  (fittizio ed inappropriato al caso di
specie)  all'art.  8,  comma  1, legge n. 131/2003 - secondo cui «Nei
casi  e per le finalita' previsti dall'art. 120, secondo comma, della
Costituzione,  il  Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta
del  Ministro  competente  per  materia,  anche  su  iniziativa delle
regioni  o  degli enti locali assegna all'ente interessato un congruo
termine  per  adottare  i  provvedimenti  dovuti o necessari; decorso
inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo
interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del
Consiglio  dei  ministri,  adotta  i  provvedimenti  necessari, anche
normativi  ovvero  nomina  un apposito commissario. Alla riunione del
Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale
della  Regione  interessata  al  provvedimento.»  -  la  norma che si
censura   realizza   una   sostanziale  esautorazione  delle  regioni
dall'esercizio di poteri normativi (legislativi e regolamentari) e di
poteri di controllo ed amministrativi, in materia riservata alla loro
competenza   legislativa   concorrente,  violando  anche  l'art.  120
Costituzione  ed  il  principio  di  leale collaborazione fra Stato e
Regioni, sotto un duplice profilo:
     I)  applica  un  meccanismo di attivazione di poteri sostitutivi
(normativi,   amministrativi  e  gestionali)  attribuiti  al  Governo
statale   al   di  fuori  delle  ipotesi  tassativamente  contemplate
dall'art.  120  Costituzione  -  tutte  esplicative  dell'esigenza di
tutela  dell'unita'  nazionale  e  costituenti  esclusivo  ambito  di
legittimo  esercizio del suddetto potere di controllo statale, vale a
dire  in «caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali
o   della   normativa   comunitaria  oppure  di  pericolo  grave  per
l'incolumita' e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la
tutela dell'unita' giuridica o dell'unita' economica e in particolare
la  tutela  dei  livelli  essenziali  delle prestazioni concernenti i
diritti  civili  e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei
governi  locali.»  -  sostanziando un ulteriore ed illegittimo limite
alla  potesta'  legislativa  concorrente  delle regioni, piuttoso che
confinare il suddetto potere di controllo sostitutivo, legittimamente
ed ortodossamente, a situazioni di «concorso di competenze» tra Stato
ed autonomie locali, come desumibile dalla circostanza che i predetti
presupposti di legittimo esercizio del potere di sostituzione ex art.
120  Costituzione  si  identificano  con i limiti generali esterni al
potere  legislativo, statale e regionale, esclusivo o concorrente (ad
es.  ex  art.  117  comma 1  con  riferimento  ai ''vincoli derivanti
dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali'') e con
i  limiti  esterni  al  potere  legislativo  regionale  derivanti  da
potesta'   legislativa   esclusiva   dello  Stato  (ad  es.  riguardo
all'«ordine   pubblico  e  sicurezza,  ad  esclusione  della  polizia
amministrativa  locale»  di  cui  all'art.  117,  comma  2, lett. h),
Costituzione  e  riguardo  alla  «tutela dei livelli essenziali delle
prestazioni  concernenti  i diritti civili e sociali» di cui all'art.
117,  comma  2,  lett. m), Costituzione), giammai come limiti interni
alla potesta' legislativa concorrente delle regioni;
     II)  realizza  un  alternativa  procedimento  di attivazione dei
poteri  sostitutivi  avendo  cura  di  eliminare  ogni riferimento ai
poteri  di  iniziativa  e  partecipazione  degli  organi  di  governo
regionale  e  locale  cioe'  «iniziativa  delle  regioni o degli enti
locali, … sentito l'organo interessato, … Alla riunione
del  Consiglio  dei  ministri  partecipa  il  Presidente della Giunta
regionale della regione interessata al provvedimento».
   Come  insegna  codesta  ecc.ma  Corte  (cfr.  sent. 19 luglio 2004
n. 240)  «Perche'  possa ritenersi legittima la previsione del potere
di  sostituzione  dello  Stato alle regioni e' infatti necessario che
l'esercizio  dei poteri sostitutivi sia previsto e disciplinato dalla
legge,  la  quale deve altresi' definirne i presupposti sostanziali e
procedurali;  che  la  sostituzione  riguardi il compimento di atti o
attivita'   prive   di   discrezionalita'   nell'an;  che  il  potere
sostitutivo  sia  esercitato  da un organo di Governo o sulla base di
una  decisione  di  questo; che la legge predisponga congrue garanzie
procedimentali,    in    conformita'    al    principio    di   leale
collaborazione.».
   Le   condizioni   suddette  valgono  anche  in  ordine  al  potere
sostitutivo delle regioni, in materie di loro competenza, esclusiva o
concorrente,  a  fronte  dell'inerzia  degli enti locali, con l'unica
variante  che  il  suo  esercizio  dev'essere esercitato da organi di
governo  delle  regioni  o  sulla base di loro decisioni (Corte cost.
sentt.  16  luglio  2004,  n. 227;  14 maggio 2004, n. 140; 11 giugno
2004, n. 172; 27 gennaio 2004, n. 43).
   Nella  fattispecie  il  potere sostitutivo configurato dalla norma
che  si  censura:  a)  non e' conforme alle ipotesi considerate dalla
legge   che  ne  disciplina  presupposti  e  procedimento  (art.  120
Costituzione  e  legge  n. 131/2003);  b)  si  riferisce ad una serie
indeterminata  di atti, indipendentemente, dunque, dal loro carattere
discrezionale   o  meno;  c)  e'  concepito  in  deroga  alla  stessa
richiamata  previsione dell'art. 8, comma 1, della legge n. 131/2003,
avendo  eliminato  ogni  strumento  idoneo ad attuare il principio di
leale  collaborazione  fra Stato e regioni; d) esautora gli organi di
governo  regionale  dall'esercizio di poteri sostitutivi allorche' le
inadempienze siano imputabili ad enti locali nell'adozione di atti di
loro competenza.
   In  riferimento all'eventuale esercizio del potere sostitutivo del
commissario  ad  acta  di  nomina  governativa  nell'adozione di atti
inerenti  alla  competenza  di enti locali e, comunque, in materia di
competenza  legislativa  concorrente  delle  regioni, la citata sent.
n. 240/2004,  pur riferendosi ad un assetto costituzionale previgente
all'emanazione   della   legge  n. 131/2003,  aveva  l'accortezza  di
puntualizzare   che   «Se  pero'  si  riconosce  che  l'attivita'  di
monitoraggio  e  di vigilanza spetta allo Stato, non puo' poi negarsi
che  il compito di individuare inadempienze tali da non consentire il
regolare svolgimento della campagna di produzione lattiero-casearia e
di  invitare  le  amministrazioni interessate ad adottare i necessari
provvedimenti  rientri  appieno  in  quelle stesse funzioni della cui
attribuzione  al  Commissario straordinario la ricorrente non dubita.
Lesiva  della  posizione  costituzionale delle regioni avrebbe potuto
essere   la   previsione   della  sostituzione  alle  amministrazioni
regionali, da parte del Commissario straordinario, decorso il termine
di   trenta   giorni   per   l'adozione  dei  provvedimenti  di  loro
competenza»:  in  definitiva,  la  decisione  presupponeva  poteri di
vigilanza    dello    Stato,   insussistenti   nell'attuale   assetto
costituzionale   in  materia  di  competenza  legislativa,  ancorche'
concorrente, delle regioni.
   L'attribuzione  al  commissario  ad acta del potere di adozione di
atti  rientranti  nella competenza di regioni ed enti locali, dunque,
realizza,  appunto, quella lesiva «previsione della sostituzione alle
amministrazioni  regionali,  da  parte del Commissario straordinario,
decorso  il termine di trenta giorni per l'adozione dei provvedimenti
di loro competenza».
   Invero, gia' nella precedente sentenza del 1° ottobre 2003, n. 303
codesta   ecc.ma   Corte   aveva   riconosciuto   «ai   principi   di
sussidiarieta'    e    adeguatezza    una    valenza    squisitamente
procedimentale, poiche' l'esigenza di esercizio unitario che consente
di  attrarre,  insieme  alla  funzione  amministrativa,  anche quella
legislativa,  puo'  aspirare  a  superare  il  vaglio di legittimita'
costituzionale  solo  in  presenza di una disciplina che prefiguri un
iter  in cui assumano il dovuto risalto le attivita' concertative» ed
aveva avuto premura di evidenziare che «l'inversione della tecnica di
riparto   della   potesta'   legislativa,   operata   dalla   riforma
costituzionale  del  2001,  dovrebbe  portare  (in linea generale) ad
escludere  la possibilita' di dettare norme supplettive statali nelle
materie di legislazione concorrente».
   Ai denunciati vizi di costituzionalita' della norma sottopposta al
giudizio  di  codesta  ecc.ma  Corte,  se  ne  aggiungono  altri, per
violazioni di ulteriori norme e principi costituzionali, strettamente
connessi alle violazioni innanzi censurate, di seguito esposti.
   III)   Violazione  dell'art.  77,  comma  2,  Costituzione;  anche
mediatamente per la violazione degli artt. 12, comma 1, lett. a) e 5,
comma  3,  legge  n. 400  del  23 agosto 1988 e dell'art. 1, comma 4,
legge n. 131 del 5 giugno 2003.
   A)  La  disposizione  oggetto  di  impugnativa  costituzionale  e'
contenuta  in  un  decreto-legge,  vale a dire in un atto governativo
avente  forza  di legge, la cui adozione, tuttavia, non si giustifica
in  base  ai  criteri  di straordinarieta', necessita' ed urgenza che
l'art.  77,  comma 2, Costituzione pone quale inderogabile condizione
all'eccezionale   esercizio  del  potere  legislativo  da  parte  del
Governo,  stabilendo  che  «in  casi  straordinari  di  necessita'  e
d'urgenza,   il   Governo   adotta,  sotto  la  sua  responsabilita',
provvedimenti provvisori con forza di legge,».
   Nella fattispecie la disposizione che si impugna e' inserita in un
decreto-legge   che   s'intitola   «Disposizioni   urgenti   per   il
contenimento  della  spesa  sanitaria  e  in  materia  di regolazioni
contabili  con  le  autonomie locali», il quale e' emanato sulla base
della   seguente   premessa:  «Visti  gli  articoli  77  e  87  della
Costituzione;
   Ritenuta  la  straordinaria  necessita'  ed  urgenza  di  adottare
disposizioni  in  materia di gestione commissariale delle regioni che
non  rispettino  gli  adempimenti  previsti  dai piani di rientro dai
deficit   sanitari,   al   fine  di  assicurare  il  risanamento,  il
riequilibrio  economico-finanziario e la riorganizzazione del sistema
sanitario   regionale,   anche  sotto  il  profilo  amministrativo  e
contabile, tali da tutelare l'unita' economica e i livelli essenziali
delle prestazioni;
   Ritenuta,  altresi'  la  straordinaria  necessita'  ed  urgenza di
adottare  disposizioni  in  materia di contabilita' degli enti locali
per consentire l'ordinaria gestione contabile in considerazione della
scadenza  del termine per l'approvazione del bilancio di assestamento
dei medesimi enti;
   Ravvisata,  infine,  la  necessita' e l'urgenza di provvedere alla
riprogrammazione  delle  risorse  di  cui  alla  delibera CIPE del 30
settembre  2008,  per  consentire l'accelerazione dell'utilizzo delle
risorse  medesime, in funzione degli interventi previsti dalla stessa
delibera e del relativo possibile differente utilizzo anche per spese
di natura corrente; ».
   Senza  alcun  aggancio  logico  e  plausibile  con  le  ragioni di
contenimento  della spesa sanitaria e con le altre - invero del tutto
genericamente ed apoditticamente (senza neanche chiarire quale sia la
ragione   della   straordinaria   necessita'   ed  urgenza)  indicate
nell'illustrata premessa - di ordinaria gestione contabile degli enti
locali  e di riprogrammazione delle risorse di cui alla delibera CIPE
del 30 settembre 2002, la norma che si censura configura in capo allo
Stato un potere sostitutivo delle regioni e delle autonomie locali in
materia  di  piani di ridimensionamento delle istituzioni scolastiche
rientranti  nelle  loro  competenze,  da  ultimare in tempo utile per
assicurare  il  conseguimento  degli  obiettivi  di razionalizzazione
della  rete  scolastica  a  decorrere  dal  prossimo  anno scolastico
2009/2010  (quindi  nemmeno  in  riferimento  al  corrente  anno)  e,
comunque,  «a  regime»,  non  oltre il 30 novembre di ogni successivo
anno.
   La  norma  interviene  in tema di piani di ridimensionamento delle
istituzioni  scolastiche,  innestandosi  come un corpo estraneo in un
articolato  normativo sorretto da ragioni di straordinaria necessita'
ed  urgenza  (invero, indicate in modo affatto evanescente) tuttavia,
riferite  a  differenti materie ed oggetti, come si evince dal titolo
del  decreto-legge  e come si legge nello stesso preambolo espressivo
delle  presunte  situazioni straordinarie di necessita' ed urgenza, a
conferma della evidente carenza dei presupposti fattuali a cui l'art.
77,  comma  2,  Costituzione  condiziona  il  legittimo esercizio del
potere legislativo da parte del Governo.
   L'evidente   estraneita'   del  contenuto  della  norma  impugnata
rispetto  alla materia ed alle ragioni di straordinaria necessita' ed
urgenza  figuranti  nel titolo e nel preambolo del d.l. n. 2008, sono
tali  da  porre  un'evidente violazione del parametro costituzionale,
anche  mediatamente  in  ragione  della violazione della norma di cui
all'art.  15,  comma  3,  legge  n. 400/1988,  secondo cui «I decreti
devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto
deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo».
   Nessuno di siffatti caratteri si attaglia alla censurata norma del
decreto-legge.
   Mancano   ragioni   e   contenuti  dispositivi  che  ne  impongono
un'immediata  attuazione  e,  in  ogni  caso,  assolutamente non v'e'
omogeneita'  del  contenuto  della  censurata norma con le richiamate
ragioni  di  urgenza,  anche  a  prescindere  dalla corrispondenza al
titolo del decreto-legge, riferito a tutt'altro oggetto.
   Come  insegna  codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale (sentenze 30
aprile  2008,  n. 128 e 23 maggio 2007, n. 171), «L'utilizzazione del
decreto-legge  non puo' essere sostenuta dall'apodittica enunciazione
dell'esistenza  delle  ragioni  di  necessita' e di urgenza, ne' puo'
esaurirsi  nella  constatazione della ragionevolezza della disciplina
che  e'  stata  introdotta.  Di  conseguenza,  e'  costituzionalmente
illegittima  la  norma che si connota per la sua evidente estraneita'
rispetto  alla  materia  disciplinata  dalle  altre  disposizioni del
decreto-legge  in cui e' inserita e in ordine alla quale la relazione
al  disegno  di  legge  di  conversione  del  decreto  giustifica  la
modifica,  ma  non  rende  ragione dell'esistenza della necessita' ed
urgenza di intervenire sulla norma.»).
   Si  puntualizza  nel richiamato precedente di codesta ecc.ma Corte
(n.   171  del  2007)  che  «Il  difetto  dei  requisiti  del  ''caso
straordinario   di   necessita'   e   d'urgenza''   che   legittimano
l'emanazione del decreto-legge, una volta intervenuta la conversione,
si   traduce   in  un  vizio  in  procedendo  della  relativa  legge,
suscettibile  di  sindacato  da parte della Corte costituzionale, sia
perche' ritenere che la legge di conversione sani in ogni caso i vizi
del  decreto  comporterebbe l'attribuzione in concreto al legislatore
ordinario  del  potere  di  alterare  il riparto costituzionale delle
competenze  del Parlamento e del Governo quanto alla produzione delle
fonti   primarie,   sia   perche'  le  disposizioni  della  legge  di
conversione  in  quanto  tali  non  possono essere valutate, sotto il
profilo  della  legittimita'  costituzionale, autonomamente da quelle
del  decreto  stesso,  in  considerazione del rilievo che l'immediata
efficacia  del  decreto-legge  condiziona l'attivita' del Parlamento,
che  si  trova  a  compiere le proprie valutazioni e a deliberare con
riguardo ad una situazione modificata da norme poste da un organo cui
di  regola,  quale  titolare dei potere esecutivo, non spetta emanare
disposizioni   aventi   efficacia   di   legge.»  (v.  gia'  sentenza
n. 29/1995).
   B)   Nell'occasione  il  Governo  ricorrendo  allo  strumento  del
decreto-  legge, con il pretesto di una (insussistente) straordinaria
necessita'  ed  urgenza,  ha  precluso  una preventiva, democratica e
serena riflessione in seno alla istituzionale sede parlamentare, allo
scopo di affidare a se' medesimo, immediatamente e senza una compiuta
ponderazione  idonea  a  consentire il confronto anche con le istanze
rappresentative  delle  autonomie  locali,  un  controllo sostitutivo
sull'operato  delle  regioni  e  delle autonomie locali, espropriate,
come  innanzi illustrato, delle competenze legislative, regolamentari
ed  amministrative  loro assegnate dalle norme costituzionali innanzi
citate.
   Ha  assegnato,  infatti, al Presidente del Consiglio dei ministri,
mediante  la  procedura  di  cui  all'art.  8, comma 1, della legge 5
giugno  2003,  n. 131, su proposta del Ministro dell'economia e delle
finanze,    di    concerto    con    il   Ministro   dell'istruzione,
dell'universita'  e della ricerca, sentito il Ministro per i rapporti
con  le regioni, il potere di diffidare «le regioni e gli enti locali
inadempienti  ad  adottare,  entro  quindici  giorni,  tutti gli atti
amministrativi,  organizzativi  e  gestionali  idonei  a garantire il
conseguimento   degli   obiettivi  di  ridimensionamento  della  rete
scolastica»  prevedendo  in  caso  di  perdurante inadempimento delle
regioni  e gli enti locali competenti che «il Consiglio dei ministri,
su  proposta  del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto
con  il  Ministro  dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca,
sentito  il  Ministro  per  i  rapporti  con  le  regioni,  nomini un
commissario ad acta».
   In  definitiva, con l'inappropriato strumento del decreto-legge il
Governo  ha  disciplinato  procedimenti  di  controllo sostitutivo di
regioni  ed  enti  locali  (persino in deroga a quelli ordinariamente
previsti  dalla stessa legge n. 131/2003, art. 8) che, in ragione del
riferimento  ai  successivi anni scolastici, a decorrere dal prossimo
2009/2010,  sono  destinati  a  divenire meccanismo di controllo, per
cosi'   dire,   «a  regime»,  vale  a  dire  del  tutto  ordinario  e
assolutamente non straordinario.
   La  norma  censurata  ed  impugnata viola, dunque, direttamente il
parametro      costituzionale     sotto     l'evidenziato     profilo
dell'estromissione  delle  istanze  rappresentative  delle  autonomie
legali attraverso il ricorso alla forma legislativa del decreto-legge
ed  ancora,  mediatamente,  perche' viola la norma di cui all'art. 5,
lett.   a)  legge  n. 400/1988,  secondo  cui  «La  Conferenza  viene
consultata:  a)  sulle  linee  generali  dell'attivita' normativa che
interessa  direttamente  le  regioni  e  sulla  determinazione  degli
obiettivi  di  programmazione  economica  nazionale  e della politica
finanziaria  e  di bilancio, salve le ulteriori attribuzioni previste
in base al comma 7 del presente articolo; ».
   Non  di  meno  viola  la  norma  costituzionale  anche mediante la
violazione  della  interposta norma di cui all'art. 1, comma 4, della
legge  n. 131/2003,  come modificato prima dall'art. 1 della legge 28
maggio  2004,  n. 140  e, successivamente, dall'art. 4 della legge 27
dicembre  2004,  n. 306  secondo cui: «In sede di prima applicazione,
per  orientare  l'iniziativa  legislativa dello Stato e delle Regioni
fino  all'entrata  in  vigore  delle leggi con le quali il Parlamento
definira'  i  nuovi  principi fondamentali, il Governo e' delegato ad
adottare,  entro  tre  anni  dalla  data  di  entrata in vigore della
presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri
di   concerto   con  i  Ministri  interessati,  uno  o  piu'  decreti
legislativi  meramente  ricognitivi  dei principi fondamentali che si
traggono  dalle  leggi vigenti, nelle materie previste dall'art. 117,
terzo  comma,  della  Costituzione,  attenendosi  ai  principi  della
esclusivita', adeguatezza, chiarezza, proporzionalita' ed omogeneita'
e indicando, in ciascun decreto, gli ambiti normativi che non vi sono
compresi.  Gli  schemi  dei  decreti,  dopo l'acquisizione del parere
della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e
le  Province  autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata:
“Conferenza  Stato-Regioni”,  sono  trasmessi alle Camere
per  l'acquisizione  del parere da parte delle competenti Commissioni
parlamentari,  compreso  quello della Commissione parlamentare per le
questioni    regionali,    da    rendersi   entro   sessanta   giorni
dall'assegnazione  alle  Commissioni medesime. Acquisiti tali pareri,
il  Governo ritrasmette i testi, con le proprie osservazioni e con le
eventuali modificazioni, alla Conferenza Stato-Regioni ed alle Camere
per  il parere definitivo, da rendersi, rispettivamente, entro trenta
e  sessanta  giorni  dalla trasmissione dei testi medesimi. Il parere
parlamentare definitivo e' reso dalla Commissione parlamentare per le
questioni regionali. Gli schemi di decreto legislativo sono esaminati
rilevando   se  in  essi  non  siano  indicati  alcuni  dei  principi
fondamentali ovvero se vi siano disposizioni che abbiano un contenuto
innovativo  dei principi fondamentali, e non meramente ricognitivo ai
sensi  del  presente comma, ovvero si riferiscano a norme vigenti che
non  abbiano  la  natura  di  principio  fondamentale. In tal caso il
Governo  puo'  omettere  quelle disposizioni dal decreto legislativo,
oppure  le  puo' modificare in conformita' alle indicazioni contenute
nel parere o, altrimenti, deve trasmettere ai Presidenti delle Camere
e  al  Presidente  della  Commissione  parlamentare  per le questioni
regionali  una  relazione  nella  quale  sono  indicate le specifiche
motivazioni di difformita' dal parere parlamentare».
   La  norma  interessa ai fini del presente ricorso sotto il duplice
profilo  del coinvolgimento necessario della Conferenza Stato-Regioni
nel  procedimento  di definizione dei principi generali in materie di
legislazione  concorrente  tra Stato e Regioni e del riferimento alle
leggi  emanate dal Parlamento come strumento di definizione dei nuovi
principi generali in materia di legislazione concorrente.
   Con   l'adozione   del   decreto-legge,   strumento  che  preclude
l'immediata  partecipazione  della Conferenza Stato-Regioni e che non
si  presta alla definizione, preventivamente sottoposta al vaglio del
predetto  organo, dei principi generali, il Governo e' intervenuto in
materia  di  legislazione  concorrente;  delle  due  l'una:  o non e'
intervenuto  in materia per porre principi generali, dunque, violando
l'art. 117 Costituzione, comma 3, oppure ha inteso porre un principio
generale  e,  pertanto,  violando l'art. 1 comma 4, legge n. 131/2003
sotto entrambi i profili illustrati.
   Occorre  infine  segnalare  che persino in sede di definizione del
«piano   programmatico   di   interventi   volti   ad   una  maggiore
razionalizzazione  dell'utilizzo  delle  risorse  umane e strumentali
disponibili, che conferiscano una maggiore efficacia ed efficienza al
sistema  scolastico»  di cui all'art. 64, comma 3, del d.l. 25 giugno
2008,  convertito con modifiche nella legge 6 agosto 2008, n. 133, e'
previsto  l'obbligatorio  parere  della  Conferenza  Stato-citta'  ed
autonomie  locali,  unificata per le materie e i compiti di interesse
comune  delle  regioni,  delle province, dei comuni e delle comunita'
montane, con la Conferenza Stato-Regioni.
   Nessuna  partecipazione  della  suddetta  conferenza si prevede in
occasione  dell'espletamento  del  sanzionatorio  potere di controllo
sostitutivo attribuito al Governo dello Stato.
   Violazione del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della
Costituzione.
   Come   illustrato,   la  norma  che  si  censura  attribuisce  uno
spropositato  potere  sostitutivo  all'organo di nomina governativa a
fronte  del  mero  inadempimento del piano di ridimensionamento delle
istituzioni   scolastiche,   evidenziando   anche  l'irragionevole  e
spropositato utilizzo dello strumento legislativo del decreto-legge -
si ribadisce - per eludere il confronto nella sede parlamentare e con
le istanze rappresentative di regioni ed autonomie locali.
   Utilizzo  irragionevole  e spropositato per porre, s'e' detto, una
disciplina   destinata   ad  operare  in  deroga  alla  stessa  legge
n. 131/2001  ed  «a  regime», cioe' in riferimento ad anni scolastici
successivi a decorrere da quello venturo 2009/2010.
   La   norma   censurata  si  rivela  pretestuosa,  spropositata  ed
irragionevole  anche  per  il  suo contenuto: infatti, mentre, per un
verso,  presuppone  l'inadempimento delle regioni e degli enti locali
in   ordine  ai  «I  piani  di  ridimensionamento  delle  istituzioni
scolastiche,  rientranti  nelle competenze delle regioni e degli enti
locali»,  poi,  d'altro  canto, estende il contenuto della diffida e,
quindi  del  potere  sostitutivo  a  «tutti  gli atti amministrativi,
organizzativi  e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli
obiettivi  di  ridimensionamento  della  rete scolastica», non meglio
precisati   e   specificati,   ma   genericamente  ed  universalmente
richiamati,   per  affidarne  tutti  i  poteri  di  adozione  ad  «un
commissario  ad acta», ed addossandone «Gli eventuali oneri derivanti
da tale nomina …, a carico delle regioni e degli enti locali»,
con   evidente   maggior  esborso  di  danaro  pubblico  ed  evidente
collisione  con le preannunciate ragioni di «contenimento della spesa
sanitaria  e  in  materia  di  regolazioni contabili con le autonomie
locali».
   Restano inesplicati ed inesplicabili i nessi tra i contenuti della
censurata  disposizione,  idonei  a sostanziare un generale esproprio
dei  poteri assegnati alle autonomie locali in materia di istruzione,
anche  se  con  imprecisato  riferimento  a  generici  «obiettivi di,
ridimensionamento   della   rete   scolastica»,  con  le  ragioni  di
«straordinaria  necessita' ed urgenza … in materia di gestione
commissariale  delle  regioni  che  non  rispettino  gli  adempimenti
previsti  dai  piani  di  rientro  dai  deficit  sanitari, al fine di
assicurare il risanamento, il riequilibrio economico-finanziario e la
riorganizzazione  del  sistema  sanitario  regionale,  anche sotto il
profilo   amministrativo  e  contabile,  tali  da  tutelare  l'unita'
economica  e  i  livelli  essenziali  delle  prestazioni; … in
materia  di contabilita' degli enti locali per consentire l'ordinaria
gestione  contabile  in considerazione della scadenza del termine per
l'approvazione  del  bilancio  di  assestamento  dei  medesimi  enti;
…  di  provvedere  alla  riprogrammazione delle risorse di cui
alla   delibera   CIPE   del   30   settembre  2008,  per  consentire
l'accelerazione  dell'utilizzo  delle  risorse  medesime, in funzione
degli  interventi  previsti  dalla  stessa  delibera  e  del relativo
possibile differente utilizzo anche per spese di natura corrente; ».
   Occorre,  infine,  evidenziare  che presupponendo il (pretestuoso)
esercizio  del  controllo  sostitutivo  dello  Stato un inadempimento
delle  regioni  e degli enti locali in ordine all'adozione dei «piani
di  ridimensionamento delle istituzioni scolastiche, rientranti nelle
competenze  delle  regioni e degli enti locali», si determinerebbe la
spropositata  ed  irragionevole conseguenza, in ragione della vigenza
dell'art. 138, comma 1, lett. b) d.lgs. n. 117/1998 - secondo cui «Ai
sensi dell'art. 118, secondo comma, della Costituzione, sono delegate
alle regioni le seguenti funzioni amministrative: …
   b)  la  programmazione,  sul  piano  regionale,  nei  limiti delle
disponibilita' di risorse umane e finanziarie, della rete scolastica,
sulla base dei piani provinciali, assicurando il coordinamento con la
programmazione  di cui alla lettera a)», sicche' l'adozione dei piani
provinciali    costituisce    un   prius   autonomo   rispetto   alla
programmazione   regionale  (cfr.  ad  es.  Tribunale  amministrativo
regionaleSardegna  Cagliari,  sez.  I,  22  aprile 2004, n. 547) - di
esautorare  le  incolpevoli regioni dall'esercizio dei loro poteri di
programmazione  e  da  tutti  gli atti di competenza riconducibili al
generico  obiettivo di ridimensionamento della rete scolastica, anche
allorquando ritardino l'adozione della programmazione di competenza a
causa di ritardi invece addebitabili agli enti territoriali minori.
   A   prescindere   dal   pericoloso   innesco   di  una  carica  di
conflittualita'  nei  rapporti  fra  regioni ed enti locali, idonei a
minare    la    leale    collaborazione    ed   il   buon   andamento
dell'amministrazione.
   In  definitiva,  il principio di ragionevolezza sotteso all'art. 3
della   Costituzione   e'   violato:   a)  per  l'incomprensibile  ed
insussistente  nesso  tra  il  contenuto  della  norma censurata e le
predette   finalita',   anche   a   prescindere   da  valutazioni  di
straordinaria necessita' ed urgenza; b) per lo spropositato potere di
diffida  e  controllo  sostitutivo  generalizzato,  esteso  a tutti i
poteri  di regioni ed enti locali in materia di istruzione, in ordine
all'obiettivo,  non  meglio  specificato,  di ridimensionamento della
rete  scolastica,  a  fronte  della  mancata  adozione  del  piano di
ridimensionamento  delle  istituzioni  scolastiche;  c)  l'aggiuntivo
esborso  di  danaro  pubblico  a  fronte  dei dichiarati obiettivi di
contenimento  della  spesa  pubblica, del resto riferiti a materie ed
esigenze   estranee   all'oggetto   della  norma  censurata;  d)  per
l'irrazionale  esautorazione  delle  regioni dai poteri di competenza
anche  quando l'inadempimento sia invero imputabile ad inadempienze a
monte di enti locali.

        
      
                              P. Q. M.

   Per le ragioni esposte voglia l'ecc.ma Corte costituzionale adita,
contrariis  reiectis,  dichiarazione  l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 3 del decreto-legge n. 154 del 7 ottobre 2008 «Disposizioni
urgenti  per  il  contenimento  della spesa sanitaria e in materia di
regolazioni  contabili con le autonomie locali», ai sensi degli artt.
127  Costituzione, 2, legge cost. n. 1 del 9 febbraio 1948 e 32 legge
n. 87  dell'11  marzo  1953,  per  violazione  delle indicate norme e
principi costituzionali.
   Offre in comunicazione i seguenti documenti:
     I)  Copia  di estratto della Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana n. 195 del 7 ottobre 2008;
     II)  D.G.R.  1666 del 22 ottobre 2008 di richiesta del parere al
consiglio regionale;
     III)  delibera del C.R. della Basilicata, n. 463 del 18 novembre
2008 che rilascia parere favorevole;
     IV)  D.G.R.  n. 1904 del 25 novembre 2008 di autorizzazione alla
costituzione in giudizio.
   Ai  sensi del d.lgs. n. 115/2002 il sottoscritto avvocato dichiara
che il presente giudizio e' esente da ogni imposta, giusta previsione
dell'art. 21 legge 11 marzo 1953 n. 87.
     Potenza, addi' 15 ottobre 2008
                   L'avvocato: Valerio Di Giacomo

        

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