Ricorso n. 96 del 12 dicembre 2008 (Regione Basilicata)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 12 dicembre 2008 , n. 96
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 12 dicembre 2008 (della Regione Basilicata)
(GU n. 4 del 28-1-2009)
Ricorso della Regione Basilicata, in persona del legale rappresentante,il Presidente della Giunta Regionale, dott. Vito De Filippo, rappresentato e difeso, giusta procura speciale ad litem a margine del presente atto, dall'avv. Valerio Di Giacomo, dell'Ufficio legale e del contenzioso dell'ente, abilitato al patrocinio innanzi alle magistrature superiori, con il quale e' selettivamente domiciliato presso l'Ufficio rappresentanza in Roma, alla via Nizza, n. 56; Nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in carica, on. dott. Silvio Berlusconi; per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale, ai sensi degli artt. 127 della Costituzione, 2, legge costituzionale n. 1 del 9 febbraio 1948 e 32, legge n. 87 dell'11 marzo 1953, dell'art. 3 del decreto-legge n. 154 del 7 ottobre 2008 «Disposizioni urgenti per il contenimento della spesa sanitaria e in materia di regolazioni contabili con le autonomie locali» (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 235 del 7 ottobre 2008), con cui e' stato aggiunto, dopo il comma 6 dell'art. 64 del d.l. n. 112 del 25 giugno 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 6 agosto 2008, il comma 6-bis che dispone «I piani di ridimensionamento delle istituzioni scolastiche, rientranti nelle competenze delle regioni e degli enti locali, devono essere in ogni caso ultimati in tempo utile per assicurare il conseguimento degli obiettivi di razionalizzazione della rete scolastica previsti dal presente comma, gia' a decorrere dall'anno scolastico 2009/2010 e, comunque, non oltre il 30 novembre di ogni anno. Il Presidente del Consiglio dei ministri, con la procedura di cui all'art. 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, diffida le regioni e gli enti locali inadempienti ad adottare, entro quindici giorni, tutti gli atti amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi di ridimensionamento della rete scolastica. Ove le regioni e gli enti locali competenti non adempiano alla predetta diffida, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, nomina un commissario ad acta. Gli eventuali oneri derivanti da tale nomina sono a carico delle regioni e degli enti locali.». M o t i v i I) Violazione dell'art. 117, commi 3 e 6, Costituzione; Il decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154 («Disposizioni urgenti per il contenimento della spesa sanitaria e in materia di regolazioni contabili con le autonomie locali») pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 235 del 7 ottobre 2008, all'art. 3, rubricato «Definizione dei piani di dimensionamento delle istituzioni scolastiche rientranti nelle competenze delle regioni e degli enti locali» dispone: «1. - All'art. 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, dopo il comma 6 e' inserito il seguente: ''6-bis. I piani di ridimensionamento delle istituzioni scolastiche, rientranti nelle competenze delle regioni e degli enti locali, devono essere in ogni caso ultimati in tempo utile per assicurare il conseguimento degli obiettivi di razionalizzazione della rete scolastica previsti dal presente comma, gia' a decorrere dall'anno scolastico 2009/2010 e comunque non oltre il 30 novembre di ogni anno. Il Presidente del Consiglio dei ministri, con la procedura di cui all'art. 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, diffida le regioni e gli enti locali inadempienti ad adottare, entro quindici giorni, tutti gli atti amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi di ridimensionamento della rete scolastica. Ove le regioni e gli enti locali competenti non adempiano alla predetta diffida, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, nomina un commissario ad acta. Gli eventuali oneri derivanti da tale nomina sono a carico delle regioni e degli enti locali''. La norma che si censura collide innanzitutto con l'art. 117, comma 3, Costituzione, secondo cui ''Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: … istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; … Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle regioni la potesta' legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.». Collide, inoltre, con l'art. 117, comma 6, Costituzione, secondo cui «La potesta' regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle regioni. La potesta' regolamentare spetta alle regioni in ogni altra materia. I comuni, le province e le citta' metropolitane hanno potesta' regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite». Come da tempo chiarito da codesta ecc.ma Corte (sentenza 13 gennaio 2004, n. 13) «Nel quadro costituzionale definito dalla riforma del titolo V, la materia istruzione (salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale) forma oggetto di potesta' concorrente (art. 117 comma 3 Costituzione), mentre allo Stato e' riservata soltanto la potesta' legislativa esclusiva in materia di norme generali sull'istruzione, ai sensi dell'art. 117 comma 2 lett. n); e' indubbio, tuttavia, che nel camplesso intreccio, in una stessa materia, di norme generali, principi fondamentali, leggi regionali e determinazioni autonome delle istituzioni scolastiche, rientri nell'ambito di legislazione regionale la programmazione delle rete scolastica, non potendosi ritenere che il legislatore costituzionale abbia voluto spogliare le regioni di una funzione che era gia' ad esse conferita nella forma della competenza delegata dall'art. 138 d.lgs. n. 112 del 1998.», puntualizzando alla luce di siffatta premessa che «Una volta attribuita l'istruzione alla competenza concorrente, il riparto imposto dall'art. 117 postula che, in tema di programmazione scolastica e di gestione amministrativa del relativo servizio, compito dello Stato sia solo quello di fissare principi. E la distribuzione del personale tra le istituzioni scolastiche, che certamente non e' materia di norme generali sulla istruzione, riservate alla competenza esclusiva dello Stato, in quanto strettamente connessa alla programmazione della rete scolastica, tuttora di competenza regionale, non puo' essere scorporata da questa e innaturalmente riservata per intero allo Stato; sicche', anche in relazione ad essa, la competenza statale non puo' esercitarsi altro che con la determinazione dei principi organizzativi che spetta alle regioni svolgere con una propria disciplina» (cfr. sentt. 7 marzo 2008, n. 50, punto 6 del Considerato in diritto; 29 dicembre 2004, n. 423, punto 8.2. del Considerato in diritto e 26 gennaio 2005, n. 34, secondo cui «Non e' fondata, in riferimento all'art. 117, comma 2, lett. n) Costituzione, la q.l.c. dell'art. 44, comma 1, legge reg. Emilia Romagna 30 giugno 2003 n. 12, il quale stabilisce che il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, approva, tra l'altro, i ''criteri per la definizione dell'organizzazione della rete scolastica, ivi compresi i parametri dimensionali delle istituzioni scolastiche''. Premesso che gia' la normativa antecedente alla riforma del titolo V prevedeva la competenza regionale in materia di dimensionamento delle istituzioni scolastiche, riconoscendo la competenza sulla programmazione scolastica di cui all'art. 138 d.lgs. 31 marzo 1998 n. 112, e dovendosi escludere che il legislatore costituzionale del 2001 abbia voluto spogliare le regioni di una funzione che era gia' ad esse conferita, la disposizione censurata e' riconducibile all'esercizio della competenza legislativa concorrente della regione in materia di istruzione, riguardando in particolare il settore della programmazione scolastica»). Il riferimento della suddetta pronuncia agli artt. 138 e 139 del d.lgs. n. 112 del 31 marzo 1998 - in un assetto costituzionale antecedente alla riforma del titolo V, parte II, della Costituzione, che ha addirittura accentuato l'autonomia delle regioni e degli enti territoriali minori - e' indicativo della competenza, ora anche legislativa, delle regioni concernente, fra l'altro: «a) la programmazione dell'offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale; b) la programmazione, sul piano regionale, nei limiti delle disponibilita' di risorse umane e finanziarie, della rete scolastica, sulla base dei piani provinciali, assicurando il coordinamento con la programmazione di cui alla lettera a); c) la suddivisione, sulla base anche delle proposte degli enti locali interessati, del territorio regionale in ambiti funzionali al miglioramento dell'offerta formativa; » (art. 138 d.lgs. n. 112/1998) e della competenza regolamentare ed amministrativa di province e comuni concernente, anche: «a) l'istituzione, l'aggregazione, la fusione e la soppressione di scuole in attuazione degli strumenti di programmazione; b) la redazione dei piani di organizzazione della rete delle istituzioni scolastiche; c) i servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni con handicap o in situazione di svantaggio; d) il piano di utilizzazione degli edifici e di uso delle attrezzature, d'intesa con le istituzioni scolastiche» (art. 139 d.lgs. n. 112/1998). Non giustifica l'esercizio del potere legislativo statale neanche la competenza trasversale dello Stato relativa alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali: puntualizza, infatti, la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte che «non puo' ritenersi fondato il rilievo secondo cui le suddette norme rinverrebbero un autonomo titolo di legittimazione nella competenza statale in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (art. 117, secondo comma, lettera m), Costituzione). Questa Corte ha, in fatti, piu' volte avuto modo di affermare che l'attribuzione allo Stato della competenza esclusiva e trasversale di cui alla citata disposizione costituzionale si riferisce alla determinazione degli standard strutturali e qualitativi di prestazioni che, concernendo il soddisfacimento di diritti civili e sociali, devono essere garantiti, con carattere di genericita', a tutti gli aventi diritto (tra le tante, le sentenze n. 387 del 2007 e n. 248 del 2006). Le norme in esame, invece, non determinando alcun livello di prestazione, ma prevedendo soltanto meri finanziamenti di spesa, non potrebbero giammai rinvenire la propria legittimazione nel titolo di competenza in esame (sentenza n. 423 del 2004, punto 7.3.1. del Considerato in diritto).» (sent. 7 marzo 2008, n. 50, punto 4 del Considerato in diritto). Il legislatore statale, del resto, aveva esercitato il potere legislativo di competenza con la legge 28 marzo 2003, n. 53 (Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale), a cui ha fatto seguito il d.lgs. 17 ottobre 2005, n. 226 (Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a norma dell'art. 2 della legge 28 marzo 2003, n. 53). E' anche il caso di evidenziare, ai fini di una compiuta ricostruzione della volonta' del legislatore riforma costituzionale, che proprio a proposito della materia «istruzione» di competenza legislativa concorrente delle regioni, in occasione dei lavori parlamentari, in Senato fu accolto dal Governo, senza votazione, l'ordine del giorno 9.4809.5 Biscardi ed altri, ove si affermava che «nella fissazione dei principi fondamentali in materia di istruzione la legislazione statale debba comunque stabilire i seguenti punti essenziali in armonia con l'art. 33 Costituzione; a) liberta' di insegnamento; b) stato giuridico e carriera dei docenti; criteri e procedure nazionali di concorso e di assunzione; d) formulazione del piano di studio e delle discipline», quasi a tracciare una mappatura delle tematiche entro cui contenere la formulazione dei principi fondamentali di competenza statale in materia di istruzione. Delineato il quadro di riferimento costituzionale circa l'ambito di competenza legislativa e regolamentare nella materia «istruzione», e' possibile asserire che la norma censurata interviene in materia di competenza legislativa concorrente delle regioni con evidente norma di dettaglio, sanzionando la mancata adozione, nei termini indicati, dei piani di ridimensionamento delle istituzioni scolastiche rientranti nelle competenze delle regioni e degli enti locali, con la previsione e definizione, a seguito di diffida e decorso dei termini assegnati, delle modalita' di esercizio di poteri sostitutivi da parte del Governo, affidati ad un commissario ad acta di nomina governativa per l'esercizio dei poteri occorrenti all'adozione di «tutti gli atti amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi di ridimensionamento della rete scolastica», quindi, con sostanziale estromissione delle competenze normative, regolamentari, programmatorie ed amministrative attestate in capo alle regioni e di quelle amministrative e gestionali di competenza dell'autonomie locali. Il Governo, in tal guisa, con l'esercizio del potere di legiferazione d'urgenza, non solo e non tanto ha supplito il Parlamento nella determinazione dei principi generali, ma, piuttosto, ha esautorato la regione dalla determinazione legislativa nella materia dell'istruzione rimessa alla sua potesta' legislativa concorrente e, segnatamente, in tema di programmazione e pianificazione delle esigenze delle istituzioni e della rete scolastica e, addirittura, in ordine alla determinazione dei poteri di controllo dell'operato degli enti locali; segnatamente nella definizione dei procedimenti di controllo e di attivazione di eventuali poteri sostitutivi per il caso di tardivo esercizio delle competenze degli enti locali in materia, compresa la potesta' programmatoria loro attribuita (v. artt. 138 e 139 d.lgs. n. 112/ 1998). Insomma, il Governo, ipotizzando pretestuosamente la mancata adozione dei piani di ridimensionamento della istituzione scolastica di competenza delle autonomie locali, norma un puntuale iter procedimentale idoneo ad attivare un potere di controllo sostitutivo che interessa tutte le funzioni correlate agli obiettivi di ridimensionamento scolastico, privando le regioni della potesta' di legiferare e regolamentare la ridetta materia di legislazione concorrente: segnatamente, le regioni sono esautorate dall'esercizio della loro potesta' legislativa concorrente in materia di «istruzione» e correlata potesta' regolamentare e programmatoria e, perfino, in ordine alla normazione ed attuazione dei controlli ed all'esercizio del potere sostitutivo sugli enti locali compresi nel territorio regionale. II) Violazione dell'art. 118 Costituzione. Come innanzi evidenziato, secondo la norma che si censura, il ritardo delle regioni in ordine alla pianificazione del ridimensionamento delle istituzioni scolastiche viene sanzionato, con il totale spoglio delle sue competenze legislative, regolamentari ed amministrative garantite loro ed agli enti locali dalla Costituzione. Per le ragioni evidenziate devono intendersi violate anche le disposizioni dei primi due commi dell'art. 118 della Costituzione, secondo il quale «Le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a province, citta' metropolitane, regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza. I comuni, le province e le citta' metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze». Il potere sostitutivo arrogatosi pretestuosamente dal Governo (addirittura al di fuori dei casi previsti dall'art. 120 Costituzione) e, per esso, attribuito all'organo straordinario dallo stesso nominato in ordine all'adozione di «tutti gli atti amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi di ridimensionamento della rete scolastica», stride con la norma costituzionale che, in forza dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza, assegna alle autonomie locali le funzioni amministrative loro attribuite o conferite «con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze». III) Violazione del principio di leale collaborazione fra Stato e regioni, art. 120, Costituzione. Nonostante il riferimento (fittizio ed inappropriato al caso di specie) all'art. 8, comma 1, legge n. 131/2003 - secondo cui «Nei casi e per le finalita' previsti dall'art. 120, secondo comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle regioni o degli enti locali assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento.» - la norma che si censura realizza una sostanziale esautorazione delle regioni dall'esercizio di poteri normativi (legislativi e regolamentari) e di poteri di controllo ed amministrativi, in materia riservata alla loro competenza legislativa concorrente, violando anche l'art. 120 Costituzione ed il principio di leale collaborazione fra Stato e Regioni, sotto un duplice profilo: I) applica un meccanismo di attivazione di poteri sostitutivi (normativi, amministrativi e gestionali) attribuiti al Governo statale al di fuori delle ipotesi tassativamente contemplate dall'art. 120 Costituzione - tutte esplicative dell'esigenza di tutela dell'unita' nazionale e costituenti esclusivo ambito di legittimo esercizio del suddetto potere di controllo statale, vale a dire in «caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumita' e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unita' giuridica o dell'unita' economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali.» - sostanziando un ulteriore ed illegittimo limite alla potesta' legislativa concorrente delle regioni, piuttoso che confinare il suddetto potere di controllo sostitutivo, legittimamente ed ortodossamente, a situazioni di «concorso di competenze» tra Stato ed autonomie locali, come desumibile dalla circostanza che i predetti presupposti di legittimo esercizio del potere di sostituzione ex art. 120 Costituzione si identificano con i limiti generali esterni al potere legislativo, statale e regionale, esclusivo o concorrente (ad es. ex art. 117 comma 1 con riferimento ai ''vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali'') e con i limiti esterni al potere legislativo regionale derivanti da potesta' legislativa esclusiva dello Stato (ad es. riguardo all'«ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale» di cui all'art. 117, comma 2, lett. h), Costituzione e riguardo alla «tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali» di cui all'art. 117, comma 2, lett. m), Costituzione), giammai come limiti interni alla potesta' legislativa concorrente delle regioni; II) realizza un alternativa procedimento di attivazione dei poteri sostitutivi avendo cura di eliminare ogni riferimento ai poteri di iniziativa e partecipazione degli organi di governo regionale e locale cioe' «iniziativa delle regioni o degli enti locali, … sentito l'organo interessato, … Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della regione interessata al provvedimento». Come insegna codesta ecc.ma Corte (cfr. sent. 19 luglio 2004 n. 240) «Perche' possa ritenersi legittima la previsione del potere di sostituzione dello Stato alle regioni e' infatti necessario che l'esercizio dei poteri sostitutivi sia previsto e disciplinato dalla legge, la quale deve altresi' definirne i presupposti sostanziali e procedurali; che la sostituzione riguardi il compimento di atti o attivita' prive di discrezionalita' nell'an; che il potere sostitutivo sia esercitato da un organo di Governo o sulla base di una decisione di questo; che la legge predisponga congrue garanzie procedimentali, in conformita' al principio di leale collaborazione.». Le condizioni suddette valgono anche in ordine al potere sostitutivo delle regioni, in materie di loro competenza, esclusiva o concorrente, a fronte dell'inerzia degli enti locali, con l'unica variante che il suo esercizio dev'essere esercitato da organi di governo delle regioni o sulla base di loro decisioni (Corte cost. sentt. 16 luglio 2004, n. 227; 14 maggio 2004, n. 140; 11 giugno 2004, n. 172; 27 gennaio 2004, n. 43). Nella fattispecie il potere sostitutivo configurato dalla norma che si censura: a) non e' conforme alle ipotesi considerate dalla legge che ne disciplina presupposti e procedimento (art. 120 Costituzione e legge n. 131/2003); b) si riferisce ad una serie indeterminata di atti, indipendentemente, dunque, dal loro carattere discrezionale o meno; c) e' concepito in deroga alla stessa richiamata previsione dell'art. 8, comma 1, della legge n. 131/2003, avendo eliminato ogni strumento idoneo ad attuare il principio di leale collaborazione fra Stato e regioni; d) esautora gli organi di governo regionale dall'esercizio di poteri sostitutivi allorche' le inadempienze siano imputabili ad enti locali nell'adozione di atti di loro competenza. In riferimento all'eventuale esercizio del potere sostitutivo del commissario ad acta di nomina governativa nell'adozione di atti inerenti alla competenza di enti locali e, comunque, in materia di competenza legislativa concorrente delle regioni, la citata sent. n. 240/2004, pur riferendosi ad un assetto costituzionale previgente all'emanazione della legge n. 131/2003, aveva l'accortezza di puntualizzare che «Se pero' si riconosce che l'attivita' di monitoraggio e di vigilanza spetta allo Stato, non puo' poi negarsi che il compito di individuare inadempienze tali da non consentire il regolare svolgimento della campagna di produzione lattiero-casearia e di invitare le amministrazioni interessate ad adottare i necessari provvedimenti rientri appieno in quelle stesse funzioni della cui attribuzione al Commissario straordinario la ricorrente non dubita. Lesiva della posizione costituzionale delle regioni avrebbe potuto essere la previsione della sostituzione alle amministrazioni regionali, da parte del Commissario straordinario, decorso il termine di trenta giorni per l'adozione dei provvedimenti di loro competenza»: in definitiva, la decisione presupponeva poteri di vigilanza dello Stato, insussistenti nell'attuale assetto costituzionale in materia di competenza legislativa, ancorche' concorrente, delle regioni. L'attribuzione al commissario ad acta del potere di adozione di atti rientranti nella competenza di regioni ed enti locali, dunque, realizza, appunto, quella lesiva «previsione della sostituzione alle amministrazioni regionali, da parte del Commissario straordinario, decorso il termine di trenta giorni per l'adozione dei provvedimenti di loro competenza». Invero, gia' nella precedente sentenza del 1° ottobre 2003, n. 303 codesta ecc.ma Corte aveva riconosciuto «ai principi di sussidiarieta' e adeguatezza una valenza squisitamente procedimentale, poiche' l'esigenza di esercizio unitario che consente di attrarre, insieme alla funzione amministrativa, anche quella legislativa, puo' aspirare a superare il vaglio di legittimita' costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita' concertative» ed aveva avuto premura di evidenziare che «l'inversione della tecnica di riparto della potesta' legislativa, operata dalla riforma costituzionale del 2001, dovrebbe portare (in linea generale) ad escludere la possibilita' di dettare norme supplettive statali nelle materie di legislazione concorrente». Ai denunciati vizi di costituzionalita' della norma sottopposta al giudizio di codesta ecc.ma Corte, se ne aggiungono altri, per violazioni di ulteriori norme e principi costituzionali, strettamente connessi alle violazioni innanzi censurate, di seguito esposti. III) Violazione dell'art. 77, comma 2, Costituzione; anche mediatamente per la violazione degli artt. 12, comma 1, lett. a) e 5, comma 3, legge n. 400 del 23 agosto 1988 e dell'art. 1, comma 4, legge n. 131 del 5 giugno 2003. A) La disposizione oggetto di impugnativa costituzionale e' contenuta in un decreto-legge, vale a dire in un atto governativo avente forza di legge, la cui adozione, tuttavia, non si giustifica in base ai criteri di straordinarieta', necessita' ed urgenza che l'art. 77, comma 2, Costituzione pone quale inderogabile condizione all'eccezionale esercizio del potere legislativo da parte del Governo, stabilendo che «in casi straordinari di necessita' e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilita', provvedimenti provvisori con forza di legge,». Nella fattispecie la disposizione che si impugna e' inserita in un decreto-legge che s'intitola «Disposizioni urgenti per il contenimento della spesa sanitaria e in materia di regolazioni contabili con le autonomie locali», il quale e' emanato sulla base della seguente premessa: «Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione; Ritenuta la straordinaria necessita' ed urgenza di adottare disposizioni in materia di gestione commissariale delle regioni che non rispettino gli adempimenti previsti dai piani di rientro dai deficit sanitari, al fine di assicurare il risanamento, il riequilibrio economico-finanziario e la riorganizzazione del sistema sanitario regionale, anche sotto il profilo amministrativo e contabile, tali da tutelare l'unita' economica e i livelli essenziali delle prestazioni; Ritenuta, altresi' la straordinaria necessita' ed urgenza di adottare disposizioni in materia di contabilita' degli enti locali per consentire l'ordinaria gestione contabile in considerazione della scadenza del termine per l'approvazione del bilancio di assestamento dei medesimi enti; Ravvisata, infine, la necessita' e l'urgenza di provvedere alla riprogrammazione delle risorse di cui alla delibera CIPE del 30 settembre 2008, per consentire l'accelerazione dell'utilizzo delle risorse medesime, in funzione degli interventi previsti dalla stessa delibera e del relativo possibile differente utilizzo anche per spese di natura corrente; ». Senza alcun aggancio logico e plausibile con le ragioni di contenimento della spesa sanitaria e con le altre - invero del tutto genericamente ed apoditticamente (senza neanche chiarire quale sia la ragione della straordinaria necessita' ed urgenza) indicate nell'illustrata premessa - di ordinaria gestione contabile degli enti locali e di riprogrammazione delle risorse di cui alla delibera CIPE del 30 settembre 2002, la norma che si censura configura in capo allo Stato un potere sostitutivo delle regioni e delle autonomie locali in materia di piani di ridimensionamento delle istituzioni scolastiche rientranti nelle loro competenze, da ultimare in tempo utile per assicurare il conseguimento degli obiettivi di razionalizzazione della rete scolastica a decorrere dal prossimo anno scolastico 2009/2010 (quindi nemmeno in riferimento al corrente anno) e, comunque, «a regime», non oltre il 30 novembre di ogni successivo anno. La norma interviene in tema di piani di ridimensionamento delle istituzioni scolastiche, innestandosi come un corpo estraneo in un articolato normativo sorretto da ragioni di straordinaria necessita' ed urgenza (invero, indicate in modo affatto evanescente) tuttavia, riferite a differenti materie ed oggetti, come si evince dal titolo del decreto-legge e come si legge nello stesso preambolo espressivo delle presunte situazioni straordinarie di necessita' ed urgenza, a conferma della evidente carenza dei presupposti fattuali a cui l'art. 77, comma 2, Costituzione condiziona il legittimo esercizio del potere legislativo da parte del Governo. L'evidente estraneita' del contenuto della norma impugnata rispetto alla materia ed alle ragioni di straordinaria necessita' ed urgenza figuranti nel titolo e nel preambolo del d.l. n. 2008, sono tali da porre un'evidente violazione del parametro costituzionale, anche mediatamente in ragione della violazione della norma di cui all'art. 15, comma 3, legge n. 400/1988, secondo cui «I decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo». Nessuno di siffatti caratteri si attaglia alla censurata norma del decreto-legge. Mancano ragioni e contenuti dispositivi che ne impongono un'immediata attuazione e, in ogni caso, assolutamente non v'e' omogeneita' del contenuto della censurata norma con le richiamate ragioni di urgenza, anche a prescindere dalla corrispondenza al titolo del decreto-legge, riferito a tutt'altro oggetto. Come insegna codesta ecc.ma Corte costituzionale (sentenze 30 aprile 2008, n. 128 e 23 maggio 2007, n. 171), «L'utilizzazione del decreto-legge non puo' essere sostenuta dall'apodittica enunciazione dell'esistenza delle ragioni di necessita' e di urgenza, ne' puo' esaurirsi nella constatazione della ragionevolezza della disciplina che e' stata introdotta. Di conseguenza, e' costituzionalmente illegittima la norma che si connota per la sua evidente estraneita' rispetto alla materia disciplinata dalle altre disposizioni del decreto-legge in cui e' inserita e in ordine alla quale la relazione al disegno di legge di conversione del decreto giustifica la modifica, ma non rende ragione dell'esistenza della necessita' ed urgenza di intervenire sulla norma.»). Si puntualizza nel richiamato precedente di codesta ecc.ma Corte (n. 171 del 2007) che «Il difetto dei requisiti del ''caso straordinario di necessita' e d'urgenza'' che legittimano l'emanazione del decreto-legge, una volta intervenuta la conversione, si traduce in un vizio in procedendo della relativa legge, suscettibile di sindacato da parte della Corte costituzionale, sia perche' ritenere che la legge di conversione sani in ogni caso i vizi del decreto comporterebbe l'attribuzione in concreto al legislatore ordinario del potere di alterare il riparto costituzionale delle competenze del Parlamento e del Governo quanto alla produzione delle fonti primarie, sia perche' le disposizioni della legge di conversione in quanto tali non possono essere valutate, sotto il profilo della legittimita' costituzionale, autonomamente da quelle del decreto stesso, in considerazione del rilievo che l'immediata efficacia del decreto-legge condiziona l'attivita' del Parlamento, che si trova a compiere le proprie valutazioni e a deliberare con riguardo ad una situazione modificata da norme poste da un organo cui di regola, quale titolare dei potere esecutivo, non spetta emanare disposizioni aventi efficacia di legge.» (v. gia' sentenza n. 29/1995). B) Nell'occasione il Governo ricorrendo allo strumento del decreto- legge, con il pretesto di una (insussistente) straordinaria necessita' ed urgenza, ha precluso una preventiva, democratica e serena riflessione in seno alla istituzionale sede parlamentare, allo scopo di affidare a se' medesimo, immediatamente e senza una compiuta ponderazione idonea a consentire il confronto anche con le istanze rappresentative delle autonomie locali, un controllo sostitutivo sull'operato delle regioni e delle autonomie locali, espropriate, come innanzi illustrato, delle competenze legislative, regolamentari ed amministrative loro assegnate dalle norme costituzionali innanzi citate. Ha assegnato, infatti, al Presidente del Consiglio dei ministri, mediante la procedura di cui all'art. 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, il potere di diffidare «le regioni e gli enti locali inadempienti ad adottare, entro quindici giorni, tutti gli atti amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi di ridimensionamento della rete scolastica» prevedendo in caso di perdurante inadempimento delle regioni e gli enti locali competenti che «il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, nomini un commissario ad acta». In definitiva, con l'inappropriato strumento del decreto-legge il Governo ha disciplinato procedimenti di controllo sostitutivo di regioni ed enti locali (persino in deroga a quelli ordinariamente previsti dalla stessa legge n. 131/2003, art. 8) che, in ragione del riferimento ai successivi anni scolastici, a decorrere dal prossimo 2009/2010, sono destinati a divenire meccanismo di controllo, per cosi' dire, «a regime», vale a dire del tutto ordinario e assolutamente non straordinario. La norma censurata ed impugnata viola, dunque, direttamente il parametro costituzionale sotto l'evidenziato profilo dell'estromissione delle istanze rappresentative delle autonomie legali attraverso il ricorso alla forma legislativa del decreto-legge ed ancora, mediatamente, perche' viola la norma di cui all'art. 5, lett. a) legge n. 400/1988, secondo cui «La Conferenza viene consultata: a) sulle linee generali dell'attivita' normativa che interessa direttamente le regioni e sulla determinazione degli obiettivi di programmazione economica nazionale e della politica finanziaria e di bilancio, salve le ulteriori attribuzioni previste in base al comma 7 del presente articolo; ». Non di meno viola la norma costituzionale anche mediante la violazione della interposta norma di cui all'art. 1, comma 4, della legge n. 131/2003, come modificato prima dall'art. 1 della legge 28 maggio 2004, n. 140 e, successivamente, dall'art. 4 della legge 27 dicembre 2004, n. 306 secondo cui: «In sede di prima applicazione, per orientare l'iniziativa legislativa dello Stato e delle Regioni fino all'entrata in vigore delle leggi con le quali il Parlamento definira' i nuovi principi fondamentali, il Governo e' delegato ad adottare, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con i Ministri interessati, uno o piu' decreti legislativi meramente ricognitivi dei principi fondamentali che si traggono dalle leggi vigenti, nelle materie previste dall'art. 117, terzo comma, della Costituzione, attenendosi ai principi della esclusivita', adeguatezza, chiarezza, proporzionalita' ed omogeneita' e indicando, in ciascun decreto, gli ambiti normativi che non vi sono compresi. Gli schemi dei decreti, dopo l'acquisizione del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata: “Conferenza Stato-Regioni”, sono trasmessi alle Camere per l'acquisizione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, compreso quello della Commissione parlamentare per le questioni regionali, da rendersi entro sessanta giorni dall'assegnazione alle Commissioni medesime. Acquisiti tali pareri, il Governo ritrasmette i testi, con le proprie osservazioni e con le eventuali modificazioni, alla Conferenza Stato-Regioni ed alle Camere per il parere definitivo, da rendersi, rispettivamente, entro trenta e sessanta giorni dalla trasmissione dei testi medesimi. Il parere parlamentare definitivo e' reso dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali. Gli schemi di decreto legislativo sono esaminati rilevando se in essi non siano indicati alcuni dei principi fondamentali ovvero se vi siano disposizioni che abbiano un contenuto innovativo dei principi fondamentali, e non meramente ricognitivo ai sensi del presente comma, ovvero si riferiscano a norme vigenti che non abbiano la natura di principio fondamentale. In tal caso il Governo puo' omettere quelle disposizioni dal decreto legislativo, oppure le puo' modificare in conformita' alle indicazioni contenute nel parere o, altrimenti, deve trasmettere ai Presidenti delle Camere e al Presidente della Commissione parlamentare per le questioni regionali una relazione nella quale sono indicate le specifiche motivazioni di difformita' dal parere parlamentare». La norma interessa ai fini del presente ricorso sotto il duplice profilo del coinvolgimento necessario della Conferenza Stato-Regioni nel procedimento di definizione dei principi generali in materie di legislazione concorrente tra Stato e Regioni e del riferimento alle leggi emanate dal Parlamento come strumento di definizione dei nuovi principi generali in materia di legislazione concorrente. Con l'adozione del decreto-legge, strumento che preclude l'immediata partecipazione della Conferenza Stato-Regioni e che non si presta alla definizione, preventivamente sottoposta al vaglio del predetto organo, dei principi generali, il Governo e' intervenuto in materia di legislazione concorrente; delle due l'una: o non e' intervenuto in materia per porre principi generali, dunque, violando l'art. 117 Costituzione, comma 3, oppure ha inteso porre un principio generale e, pertanto, violando l'art. 1 comma 4, legge n. 131/2003 sotto entrambi i profili illustrati. Occorre infine segnalare che persino in sede di definizione del «piano programmatico di interventi volti ad una maggiore razionalizzazione dell'utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, che conferiscano una maggiore efficacia ed efficienza al sistema scolastico» di cui all'art. 64, comma 3, del d.l. 25 giugno 2008, convertito con modifiche nella legge 6 agosto 2008, n. 133, e' previsto l'obbligatorio parere della Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali, unificata per le materie e i compiti di interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunita' montane, con la Conferenza Stato-Regioni. Nessuna partecipazione della suddetta conferenza si prevede in occasione dell'espletamento del sanzionatorio potere di controllo sostitutivo attribuito al Governo dello Stato. Violazione del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione. Come illustrato, la norma che si censura attribuisce uno spropositato potere sostitutivo all'organo di nomina governativa a fronte del mero inadempimento del piano di ridimensionamento delle istituzioni scolastiche, evidenziando anche l'irragionevole e spropositato utilizzo dello strumento legislativo del decreto-legge - si ribadisce - per eludere il confronto nella sede parlamentare e con le istanze rappresentative di regioni ed autonomie locali. Utilizzo irragionevole e spropositato per porre, s'e' detto, una disciplina destinata ad operare in deroga alla stessa legge n. 131/2001 ed «a regime», cioe' in riferimento ad anni scolastici successivi a decorrere da quello venturo 2009/2010. La norma censurata si rivela pretestuosa, spropositata ed irragionevole anche per il suo contenuto: infatti, mentre, per un verso, presuppone l'inadempimento delle regioni e degli enti locali in ordine ai «I piani di ridimensionamento delle istituzioni scolastiche, rientranti nelle competenze delle regioni e degli enti locali», poi, d'altro canto, estende il contenuto della diffida e, quindi del potere sostitutivo a «tutti gli atti amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi di ridimensionamento della rete scolastica», non meglio precisati e specificati, ma genericamente ed universalmente richiamati, per affidarne tutti i poteri di adozione ad «un commissario ad acta», ed addossandone «Gli eventuali oneri derivanti da tale nomina …, a carico delle regioni e degli enti locali», con evidente maggior esborso di danaro pubblico ed evidente collisione con le preannunciate ragioni di «contenimento della spesa sanitaria e in materia di regolazioni contabili con le autonomie locali». Restano inesplicati ed inesplicabili i nessi tra i contenuti della censurata disposizione, idonei a sostanziare un generale esproprio dei poteri assegnati alle autonomie locali in materia di istruzione, anche se con imprecisato riferimento a generici «obiettivi di, ridimensionamento della rete scolastica», con le ragioni di «straordinaria necessita' ed urgenza … in materia di gestione commissariale delle regioni che non rispettino gli adempimenti previsti dai piani di rientro dai deficit sanitari, al fine di assicurare il risanamento, il riequilibrio economico-finanziario e la riorganizzazione del sistema sanitario regionale, anche sotto il profilo amministrativo e contabile, tali da tutelare l'unita' economica e i livelli essenziali delle prestazioni; … in materia di contabilita' degli enti locali per consentire l'ordinaria gestione contabile in considerazione della scadenza del termine per l'approvazione del bilancio di assestamento dei medesimi enti; … di provvedere alla riprogrammazione delle risorse di cui alla delibera CIPE del 30 settembre 2008, per consentire l'accelerazione dell'utilizzo delle risorse medesime, in funzione degli interventi previsti dalla stessa delibera e del relativo possibile differente utilizzo anche per spese di natura corrente; ». Occorre, infine, evidenziare che presupponendo il (pretestuoso) esercizio del controllo sostitutivo dello Stato un inadempimento delle regioni e degli enti locali in ordine all'adozione dei «piani di ridimensionamento delle istituzioni scolastiche, rientranti nelle competenze delle regioni e degli enti locali», si determinerebbe la spropositata ed irragionevole conseguenza, in ragione della vigenza dell'art. 138, comma 1, lett. b) d.lgs. n. 117/1998 - secondo cui «Ai sensi dell'art. 118, secondo comma, della Costituzione, sono delegate alle regioni le seguenti funzioni amministrative: … b) la programmazione, sul piano regionale, nei limiti delle disponibilita' di risorse umane e finanziarie, della rete scolastica, sulla base dei piani provinciali, assicurando il coordinamento con la programmazione di cui alla lettera a)», sicche' l'adozione dei piani provinciali costituisce un prius autonomo rispetto alla programmazione regionale (cfr. ad es. Tribunale amministrativo regionaleSardegna Cagliari, sez. I, 22 aprile 2004, n. 547) - di esautorare le incolpevoli regioni dall'esercizio dei loro poteri di programmazione e da tutti gli atti di competenza riconducibili al generico obiettivo di ridimensionamento della rete scolastica, anche allorquando ritardino l'adozione della programmazione di competenza a causa di ritardi invece addebitabili agli enti territoriali minori. A prescindere dal pericoloso innesco di una carica di conflittualita' nei rapporti fra regioni ed enti locali, idonei a minare la leale collaborazione ed il buon andamento dell'amministrazione. In definitiva, il principio di ragionevolezza sotteso all'art. 3 della Costituzione e' violato: a) per l'incomprensibile ed insussistente nesso tra il contenuto della norma censurata e le predette finalita', anche a prescindere da valutazioni di straordinaria necessita' ed urgenza; b) per lo spropositato potere di diffida e controllo sostitutivo generalizzato, esteso a tutti i poteri di regioni ed enti locali in materia di istruzione, in ordine all'obiettivo, non meglio specificato, di ridimensionamento della rete scolastica, a fronte della mancata adozione del piano di ridimensionamento delle istituzioni scolastiche; c) l'aggiuntivo esborso di danaro pubblico a fronte dei dichiarati obiettivi di contenimento della spesa pubblica, del resto riferiti a materie ed esigenze estranee all'oggetto della norma censurata; d) per l'irrazionale esautorazione delle regioni dai poteri di competenza anche quando l'inadempimento sia invero imputabile ad inadempienze a monte di enti locali.
P. Q. M. Per le ragioni esposte voglia l'ecc.ma Corte costituzionale adita, contrariis reiectis, dichiarazione l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3 del decreto-legge n. 154 del 7 ottobre 2008 «Disposizioni urgenti per il contenimento della spesa sanitaria e in materia di regolazioni contabili con le autonomie locali», ai sensi degli artt. 127 Costituzione, 2, legge cost. n. 1 del 9 febbraio 1948 e 32 legge n. 87 dell'11 marzo 1953, per violazione delle indicate norme e principi costituzionali. Offre in comunicazione i seguenti documenti: I) Copia di estratto della Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 195 del 7 ottobre 2008; II) D.G.R. 1666 del 22 ottobre 2008 di richiesta del parere al consiglio regionale; III) delibera del C.R. della Basilicata, n. 463 del 18 novembre 2008 che rilascia parere favorevole; IV) D.G.R. n. 1904 del 25 novembre 2008 di autorizzazione alla costituzione in giudizio. Ai sensi del d.lgs. n. 115/2002 il sottoscritto avvocato dichiara che il presente giudizio e' esente da ogni imposta, giusta previsione dell'art. 21 legge 11 marzo 1953 n. 87. Potenza, addi' 15 ottobre 2008 L'avvocato: Valerio Di Giacomo