Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il  20  settembre  2011  (della  Regione  autonoma  della
Sardegna). 
 
 
(GU n. 46 del 2.11.2011)
 
    Ricorso della Regione Autonoma  della  Sardegna  (codice  fiscale
80002870923),  in  persona  del  Presidente  pro  tempore  dott.  Ugo
Cappellacci, rappresentata e difesa, in virtu' di procura  a  margine
del presente atto e  di  deliberazione  della  Giunta  della  Regione
Autonoma della Sardegna n. 37/17 del 6 settembre 2011,  dagli  avv.ti
Tiziana  Ledda  (codice  fiscale ...,   PEC   -   Posta
Elettronica  Certificata  ...)   e   prof. Massimo  Luciani  (codice  fiscale  ...,  PEC  -   Posta
Elettronica    Certificata   ...), elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in  Roma,  Via
Bocca di Leone, n. 78; 
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, in  persona  del
Presidente pro  tempore,  per  la  dichiarazione  dell'illegittimita'
costituzionale dell'art. 20, commi 2, 2-bis, 2-ter, 2-quater, 3, 5  e
17-bis del decreto-legge  6  luglio  2011,  n.  98,  convertito,  con
modificazioni, in legge 15  luglio  2011,  n.  111,  e  ulteriormente
modificato con decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138. 
    1. - Debbono essere qui riassunte le vicende  delle  disposizioni
oggetto del presente ricorso. 
    1.1. - L'art. 20 (rubricato «Nuovo patto di  stabilita'  interno:
parametri di virtuosita'») del decreto-legge 6 luglio  2011,  n.  98,
pubblicato in G.U. 6 luglio 2011, n. 155,  originariamente  disponeva
quanto segue: 
    «1. A decorrere dall'anno 2012  le  modalita'  di  raggiungimento
degli obiettivi di finanza pubblica delle singole regioni, esclusa la
componente sanitaria, delle province autonome di Trento e di  Bolzano
e degli enti locali del territorio, possono essere concordate tra  lo
Stato e le regioni e le province autonome, previo accordo concluso in
sede di Consiglio delle autonomie locali e ove non  istituito  con  i
rappresentanti dell'ANCI e dell'UPI regionali. Le predette  modalita'
si conformano a criteri europei  con  riferimento  all'individuazione
delle entrate e delle spese da considerare nel saldo  valido  per  il
patto di stabilita'  interno.  Le  regioni  e  le  province  autonome
rispondono nei confronti  dello  Stato  del  mancato  rispetto  degli
obiettivi di cui al primo periodo,  attraverso  un  maggior  concorso
delle stesse nell'anno successivo in misura pari alla differenza  tra
l'obiettivo  complessivo  e  il  risultato  complessivo   conseguito.
Restano ferme le vigenti sanzioni a carico  degli  enti  responsabili
del mancato rispetto degli obiettivi del patto di stabilita'  interno
e il monitoraggio a livello centrale, nonche' il  termine  perentorio
del  31  ottobre  per  la  comunicazione  della  rimodulazione  degli
obiettivi. Il presente comma non si applica alle regioni che  in  uno
dei tre anni precedenti siano  risultate  inadempienti  al  patto  di
stabilita' ed alle regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit
sanitari. La Conferenza permanente per il coordinamento della finanza
pubblica,  con  il  supporto  tecnico   della   Commissione   tecnica
paritetica  per  l'attuazione  del  federalismo   fiscale,   monitora
l'applicazione  del  presente  comma.  Con   decreto   del   Ministro
dell'economia e delle finanze, d'intesa con la  Conferenza  Unificata
di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,
da adottare entro il 30 novembre 2011, sono  stabilite  le  modalita'
per l'attuazione del presente comma. 
    2.  Ai  fini  di  ripartire   l'ammontare   del   concorso   alla
realizzazione  degli  obiettivi  di  finanza  pubblica   fissati,   a
decorrere dall'anno 2013, dal comma 5, nonche' dall'articolo  14  del
decreto-legge n. 78 del 2010, convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge n. 122 del 2010, tra gli enti del singolo livello di Governo, i
predetti enti sono ripartiti con decreto del Ministro dell'economia e
delle finanze, di concerto con il  Ministro  dell'interno  e  con  il
Ministro per gli affari regionali e  per  la  coesione  territoriale,
d'intesa con la  Conferenza  unificata  di  cui  all'articolo  8  del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in quattro classi,  sulla
base dei seguenti parametri di virtuosita': a) rispetto del patto  di
stabilita' interno nel triennio precedente; b) rapporto tra spesa  in
conto capitale, finanziata con risorse proprie, e spesa corrente;  c)
incidenza della spesa del personale sulla spesa complessiva dell'ente
e numero dei dipendenti in rapporto alla  popolazione  residente;  d)
situazione finanziaria dell'ente, anche in riferimento all'evoluzione
della  stessa  nell'ultimo  triennio;  e)  misura  del  ricorso  alle
anticipazioni del proprio tesoriere; f) livello della spesa per  auto
di servizio nel triennio precedente; g) numero di sedi  e  uffici  di
rappresentanza in Italia e all'estero; h) autonomia  finanziaria;  i)
tasso di copertura dei costi dei servizi a  domanda  individuale;  1)
rapporto di corrispondenza  tra  trasferimenti  statali  o  quote  di
gettito devoluto  e  maggiori  entrate  da  effettiva  partecipazione
all'azione di contrasto all'evasione fiscale. 
    3. Gli enti  che,  in  esito  a  quanto  previsto  dal  comma  2,
risultano collocati nella classe piu' virtuosa, fermo l'obiettivo del
comparto,  non  concorrono  alla  realizzazione  degli  obiettivi  di
finanza pubblica fissati, a decorrere dall'anno 2013,  dal  comma  5,
nonche' dall'articolo 14 del decreto-legge n. 78 del 2010.  Gli  enti
locali di cui al primo  periodo  conseguono  l'obiettivo  strutturale
realizzando un saldo finanziario pari a zero. Le regioni  di  cui  al
primo periodo  conseguono  un  obiettivo  pari  a  quello  risultante
dall'applicazione alle spese finali medie 2007-2009 della percentuale
annua di riduzione stabilita per il calcolo dell'obiettivo  2011  dal
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con  modificazioni,
dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Le spese finali medie  di  cui  al
periodo precedente sono quelle definite dall'articolo 1 commi  128  e
129 della legge 13 dicembre 2010, n. 220. Inoltre, il contributo  dei
predetti enti alla manovra per l'anno 2012 puo'  essere  ridotto  con
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa  con  la
Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, in modo tale che non derivino effetti  negativi,
in termini di indebitamento  netto  e  fabbisogno,  superiori  a  200
milioni di euro. 
    4. Fino alla entrata in vigore di un nuovo  patto  di  stabilita'
interno fondato, nel rispetto dei principi del federalismo fiscale di
cui all'articolo 17, comma 1, lettera c), della legge 5 maggio  2009,
n. 42, sui saldi, sulla virtuosita' degli enti e sulla  riferibilita'
delle regole a criteri  europei  con  riferimento  all'individuazione
delle entrate e delle spese  valide  per  il  patto,  fermo  restando
quanto previsto  dal  comma  3,  ai  fini  della  tutela  dell'unita'
economica  della  Repubblica  le  misure  previste  per  l'anno  2013
dall'articolo 14, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010,  n.  78,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, si
intendono estese anche agli anni 2014 e successivi. 
    5. Ai medesimi fini di cui al comma 4, le  regioni,  le  province
autonome di  Trento  e  di  Bolzano,  le  province  e  i  comuni  con
popolazione superiore a  5.000  abitanti,  alla  realizzazione  degli
obiettivi di  finanza  pubblica,  per  gli  anni  2013  e  successivi
concorrono con le seguenti ulteriori misure in termini di  fabbisogno
e di indebitamento netto: 
        a) le regioni a statuto ordinario per 800 milioni di euro per
l'anno 2013 e per 1.600 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014; 
        b) le regioni a statuto speciale e le  province  autonome  di
Trento e Bolzano per 1.000 milioni di euro  per  l'anno  2013  e  per
2.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014; 
        c) le province per 400 milioni di euro per l'anno 2013 e  per
800 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014; 
        d) i comuni per 1.000 milioni di euro per l'anno 2013 e 2.000
milioni di euro a decorrere dall'anno 2014. 
    6. Nei confronti  degli  enti  locali  che,  in  esito  a  quanto
previsto dal comma 2, risultano collocati nella classe piu' virtuosa,
nonche' nella classe immediatamente successiva per  virtuosita',  non
si applica, per gli anni 2013 e successivi, quanto previsto dai commi
7 e 8. 
    7. Il fondo sperimentale di  riequilibrio,  come  determinato  ai
sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, e
il fondo perequativo, come determinato ai sensi dell'articolo 13  del
medesimo decreto legislativo n.  23  del  2011,  ed  i  trasferimenti
erariali, comprensivi della compartecipazione Irpef, dovuti ai comuni
della Regione siciliana e della  regione  Sardegna  sono  ridotti  di
1.000 milioni di euro per l'anno 2013 e  di  2.000  milioni  di  euro
annui per gli anni  2014  e  successivi.  Con  decreto  del  Ministro
dell'interno, di concerto  con  il  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali,
da adottare entro il  30  giugno  2012,  e'  stabilita  la  riduzione
complessiva da apportare, rispettivamente, a carico dei comuni  delle
regioni a statuto ordinario e a carico dei  comuni  della  Sicilia  e
della  Sardegna.  Il  fondo  sperimentale   di   riequilibrio,   come
determinato ai sensi  dell'articolo  21  del  decreto  legislativo  6
maggio 2011, n. 68, il fondo perequativo, come determinato  ai  sensi
dell'articolo 23 del medesimo decreto legislativo n. 68 del 2011,  ed
i trasferimenti erariali, comprensivi della compartecipazione  Irpef,
dovuti alle province della Regione siciliana e della regione Sardegna
sono ridotti di 400 milioni di euro per l'anno 2013 e di 800  milioni
di euro annui per  gli  anni  2014  e  successivi.  Con  decreto  del
Ministro dell'interno, di concerto con il  Ministro  dell'economia  e
delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-citta'  ed  autonomie
locali, da emanare entro il 30 giugno 2012, e' stabilita la riduzione
complessiva da apportare, rispettivamente, a  carico  delle  province
delle regioni a statuto ordinario e a  carico  delle  province  della
Sicilia e della Sardegna. Gli importi di cui al presente  comma  sono
rideterminati, nel  limite  massimo  del  cinquanta  per  cento,  con
decreto del  Ministro  dell'interno,  di  concerto  con  il  Ministro
dell'economia  e  delle   finanze,   d'intesa   con   la   Conferenza
Stato-citta' ed autonomie locali, per effetto  dell'applicazione  del
comma 6. 
    8. La riduzione dei  trasferimenti  erariali,  comprensivi  della
compartecipazione Irpef per gli enti locali della Regione siciliana e
della   regione   Sardegna   e'   ripartita   secondo   un   criterio
proporzionale. 
    9. Al comma 7 dell'articolo 76 del decreto-legge 25 giugno  2008,
n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 2008, n. 133, dopo
il primo periodo sono inseriti i seguenti: "Ai fini del computo della
percentuale di cui  al  periodo  precedente  si  calcolano  le  spese
sostenute anche  dalle  societa'  a  partecipazione  pubblica  locale
totale o di controllo che sono titolari  di  affidamento  diretto  di
servizi pubblici locali senza  gara,  ovvero  che  svolgono  funzioni
volte a soddisfare esigenze di interesse  generale  aventi  carattere
non industriale, ne' commerciale, ovvero che svolgono  attivita'  nei
confronti della  pubblica  amministrazione  a  supporto  di  funzioni
amministrative di natura pubblicistica. La  disposizione  di  cui  al
precedente periodo non si applica alle societa'  quotate  su  mercati
regolamentari". 
    10. All'articolo 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220, dopo  il
comma 111, e' inserito il seguente: "111-bis. I contratti di servizio
e gli altri atti posti in essere dalle regioni e  dagli  enti  locali
che si configurano elusivi  delle  regole  del  patto  di  stabilita'
interno sono nulli". 
    11. Le disposizioni di cui al comma 10, si applicano ai contratti
di servizio e agli atti posti in essere dopo l'entrata in vigore  del
presente decreto. 
    12. All'articolo 1, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, dopo il
comma 111-bis e' inserito il seguente: "111-ter. Qualora  le  Sezioni
giurisdizionali regionali della Corte  dei  conti  accertino  che  il
rispetto del patto di stabilita' interno  e'  stato  artificiosamente
conseguito mediante una non  corretta  imputazione  delle  entrate  o
delle uscite  ai  pertinenti  capitoli  di  bilancio  o  altre  forme
elusive, le stesse irrogano, agli amministratori che hanno  posto  in
essere atti elusivi delle regole del patto di stabilita' interno,  la
condanna ad una sanzione pecuniaria fino ad un massimo di dieci volte
l'indennita'  di  carica  percepita   al   momento   di   commissione
dell'elusione e, al responsabile del servizio  economico-finanziario,
una  sanzione  pecuniaria  fino  a  3  mensilita'   del   trattamento
retributivo, al netto degli oneri fiscali e previdenziali". 
    13. All'articolo 14, comma 32, del decreto-legge 31 maggio  2010,
n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010,  n.
122, l'ultimo periodo e' soppresso. 
    14. Ai fini del coordinamento della finanza pubblica, le  regioni
tenute a conformarsi a decisioni della  Corte  costituzionale,  anche
con riferimento  all'attivita'  di  enti  strumentali  o  dipendenti,
comunicano, entro tre mesi dalla pubblicazione della decisione  nella
Gazzetta Ufficiale, alla Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  -
Dipartimento per gli affari regionali, tutte le attivita' intraprese,
gli  atti  giuridici  posti  in  essere  e  le  spese  affrontate   o
preventivate ai fini dell'esecuzione. 
    15. In caso di mancata o non esatta conformazione alle  decisioni
di cui al comma 14, il  Governo,  su  proposta  del  Ministro  per  i
rapporti con le regioni e per la coesione  territoriale,  sentito  il
Presidente della  regione  interessata,  esercita,  in  presenza  dei
presupposti, il potere sostitutivo di cui all'articolo  120,  secondo
comma, della Costituzione, secondo le procedure di cui all'articolo 8
della legge 5 giugno 2003, n. 131. 
    16.  A  decorrere  dalla  data  di  entrata   in   vigore   delle
disposizioni che prevedono, in attuazione della legge 5 maggio  2009,
n. 42, la soppressione dei trasferimenti statali in favore degli enti
locali, le disposizioni che prevedono sanzioni, recuperi, riduzioni o
limitazioni  a  valere  sui  predetti  trasferimenti  erariali,  sono
riferite anche alle risorse spettanti a valere sul fondo sperimentale
di riequilibrio di cui al  comma  3  dell'  articolo  2  del  decreto
legislativo 14 marzo 2011, n. 23 e di cui all'articolo 21 del decreto
legislativo 6 maggio 2011, n. 68 e,  successivamente,  a  valere  sul
fondo perequativo di cui all'articolo 13 della legge 5  maggio  2009,
n. 42. In caso di incapienza dei predetti fondi gli enti locali  sono
tenuti a versare  all'entrata  del  bilancio  dello  Stato  le  somme
residue. 
    17. All'articolo 78, comma 6, del decreto-legge 25  giugno  2008,
n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008,  n.
133, l'ultimo periodo e' sostituito dal seguente: "Tutte  le  entrate
del comune di competenza dell'anno 2008 e dei  successivi  anni  sono
attribuite alla gestione corrente  di  Roma  Capitale,  ivi  comprese
quelle riferibili ad atti e fatti antecedenti all'anno 2008,  purche'
accertate successivamente al 31 dicembre 2007"». 
    1.2. - In sede di conversione del decreto-legge,  avvenuta,  come
noto, in tempi ridottissimi, la Vª Commissione permanente del Senato,
su proposta del Relatore on. Picchetto Fratin, nella seduta  notturna
del 13 luglio 2011 ha comunque ritenuto di approvare l'emendamento n.
20.1000, presentato dallo stesso Relatore. 
    L'emendamento  ha  significativamente  modificato  il  testo  del
decreto-legge. 
    In primo luogo sono state modificate le modalita'  attraverso  le
quali gli Enti territoriali saranno  suddivisi  in  categorie  e,  di
conseguenza, onerati della partecipazione  al  raggiungimento  di  un
particolare obiettivo di finanza pubblica. 
    In secondo luogo sono state eliminate le norme  che  erano  state
originariamente previste per i Comuni delle Regioni autonome  Sicilia
e Sardegna. 
    Infine, e' stato introdotto un ultimo comma, il quale ha disposto
la riduzione del fondo destinato ai  rimborsi  e  alle  compensazioni
delle imposte. 
    1.3. - Di conseguenza, nella formulazione risultante dalla  legge
di conversione, l'art. 20 del d.l. n.  98  del  2011  dispone  quanto
segue: 
    «1. A decorrere dall'anno 2012  le  modalita'  di  raggiungimento
degli obiettivi di finanza pubblica delle singole regioni, esclusa la
componente sanitaria, delle province autonome di Trento e di  Bolzano
e degli enti locali del territorio, possono essere concordate tra  lo
Stato e le regioni e le province autonome, previo accordo concluso in
sede di Consiglio delle autonomie locali e ove non  istituito  con  i
rappresentanti dell'ANCI e dell'UPI regionali. Le predette  modalita'
si conformano a criteri europei  con  riferimento  all'individuazione
delle entrate e delle spese da considerare nel saldo  valido  per  il
patto di stabilita'  interno.  Le  regioni  e  le  province  autonome
rispondono nei confronti  dello  Stato  del  mancato  rispetto  degli
obiettivi di cui al primo periodo,  attraverso  un  maggior  concorso
delle stesse nell'anno successivo in misura pari alla differenza  tra
l'obiettivo  complessivo  e  il  risultato  complessivo   conseguito.
Restano ferme le vigenti sanzioni a carico  degli  enti  responsabili
del mancato rispetto degli obiettivi del patto di stabilita'  interno
e il monitoraggio a livello centrale, nonche' il  termine  perentorio
del  31  ottobre  per  la  comunicazione  della  rimodulazione  degli
obiettivi.  La  Conferenza  permanente  per  il  coordinamento  della
finanza pubblica, con il supporto tecnico della  Commissione  tecnica
paritetica  per  l'attuazione  del  federalismo   fiscale,   monitora
l'applicazione  del  presente  comma.  Con   decreto   del   Ministro
dell'economia e delle finanze, d'intesa con la  Conferenza  Unificata
di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,
da adottare entro il 30 novembre 2011, sono  stabilite  le  modalita'
per l'attuazione del  presente  comma,  nonche'  le  modalita'  e  le
condizioni per l'eventuale esclusione dall'ambito di applicazione del
presente comma delle regioni che in uno dei tre anni precedenti siano
risultate  inadempienti  al  patto  di  stabilita'  e  delle  regioni
sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari. 
    2.  Ai  fini  di  ripartire   l'ammontare   del   concorso   alla
realizzazione  degli  obiettivi  di  finanza  pubblica   fissati,   a
decorrere dall'anno 2013, dal comma 5, nonche' dall'articolo  14  del
decreto-legge n. 78 del 2010, convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge n. 122 del 2010, tra gli enti del singolo livello di governo, i
predetti enti sono ripartiti con decreto del Ministro dell'economia e
delle finanze, di concerto con il  Ministro  dell'interno  e  con  il
Ministro per gli affari regionali e  per  la  coesione  territoriale,
d'intesa con la  Conferenza  unificata  di  cui  all'articolo  8  del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in quattro classi,  sulla
base dei seguenti parametri di virtuosita': 
        a) prioritaria considerazione  della  convergenza  tra  spesa
storica e costi e fabbisogni standard; 
        b) rispetto del patto di stabilita' interno; 
        c) incidenza della spesa del personale sulla  spesa  corrente
dell'ente in relazione al numero  dei  dipendenti  in  rapporto  alla
popolazione  residente,  alle  funzioni   svolte   anche   attraverso
esternalizzazioni nonche' all'ampiezza del territorio; la valutazione
del predetto parametro tiene conto del suo  valore  all'inizio  della
legislatura o consiliatura e delle sue  variazioni  nel  corso  delle
stesse affini dell'applicazione del comma 2-ter; 
        d) autonomia finanziaria; 
        e) equilibrio di parte corrente; 
        f) tasso  di  copertura  dei  costi  dei  servizi  a  domanda
individuale per gli enti locali; 
        g)  rapporto  tra  gli  introiti   derivanti   dall'effettiva
partecipazione all'azione  di  contrasto  all'evasione  fiscale  e  i
tributi erariali, per le regioni; 
        h) effettiva partecipazione degli enti locali  all'azione  di
contrasto all'evasione fiscale; 
        i) rapporto tra le  entrate  di  parte  corrente  riscosse  e
accertate; 
        l) operazione di dismissione di partecipazioni societarie nel
rispetto della normativa vigente. 
    2-bis. A decorrere dalla determinazione  dei  livelli  essenziali
delle prestazioni e dalla definizione degli obiettivi di servizio cui
devono tendere gli enti territoriali  nell'esercizio  delle  funzioni
riconducibili  ai  livelli  essenziali  delle  prestazioni  e   delle
funzioni fondamentali, tra i parametri di virtuosita' di cui al comma
2 sono compresi indicatori quantitativi e qualitativi  relativi  agli
output  dei  servizi  resi,  anche  utilizzando  come  parametro   di
riferimento realta' rappresentative dell'offerta di  prestazioni  con
il miglior rapporto qualita-costi. 
    2-ter. Il decreto di cui al comma 2 individua un coefficiente  di
correzione connesso alla dinamica nel miglioramento conseguito  dalle
singole amministrazioni rispetto  alle  precedenti  con  riguardo  ai
parametri di cui al citato comma 2. 
    2-quater. All'articolo 14 del decreto-legge 31  maggio  2010,  n.
78, convertito, con modificazioni, dalla legge  30  luglio  2010,  n.
122,  il  comma  31  e'  sostituito  dal  seguente:  "31.  Il  limite
demografico minimo che  l'insieme  dei  comuni  che  sono  tenuti  ad
esercitare  le  funzioni  fondamentali  in   forma   associata   deve
raggiungere e' fissato in 5.000 abitanti o nel quadruplo  del  numero
degli abitanti del comune demograficamente piu'  piccolo  tra  quelli
associati.   I   comuni   assicurano   comunque   il    completamento
dell'attuazione delle disposizioni di cui ai commi da  26  a  30  del
presente articolo: a) entro il  31  dicembre  2011  con  riguardo  ad
almeno due  delle  funzioni  fondamentali  loro  spettanti,  da  essi
individuate tra quelle di cui all'articolo 21, comma 3, della legge 5
maggio 2009, n. 42; b) entro il 31  dicembre  2012  con  riguardo  ad
almeno  quattro  funzioni  fondamentali  loro  spettanti,   da   essi
individuate tra quelle di cui all'articolo 21, comma 3, della  citata
legge n. 42 del 2009; e) entro il 31 dicembre  2013  con  riguardo  a
tutte  le  sei  funzioni  fondamentali  loro   spettanti   ai   sensi
dell'articolo 21, comma 3, della citata legge n. 42 del 2009". 
    3. Gli enti  che,  in  esito  a  quanto  previsto  dal  comma  2,
risultano collocati nella classe piu' virtuosa, fermo l'obiettivo del
comparto,  non  concorrono  alla  realizzazione  degli  obiettivi  di
finanza pubblica fissati, a decorrere dall'anno 2013,  dal  comma  5,
nonche' dall'articolo  14  del  decreto-legge  n.  78  del  2010.  Le
disposizioni del  primo  periodo  si  applicano  per  le  province  a
decorrere dall'anno 2012. Gli enti locali di  cui  al  primo  periodo
conseguono l'obiettivo strutturale realizzando un  saldo  finanziario
pari a zero. Le regioni di cui ai primi  due  periodi  conseguono  un
obiettivo pari  a  quello  risultante  dall'applicazione  alle  spese
finali medie 2007-2009 della percentuale annua di riduzione stabilita
per il calcolo dell'obiettivo 2011 dal decreto-legge 25 giugno  2008,
n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008,  n.
133. Le spese finali medie di cui al periodo precedente  sono  quelle
definite dall'articolo 1 commi 128 e  129  della  legge  13  dicembre
2010, n. 220. Inoltre, il contributo dei predetti enti  alla  manovra
per l'anno 2012 e' ridotto con decreto del Ministro  dell'economia  e
delle  finanze,  d'intesa  con  la  Conferenza   unificata   di   cui
all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto  1997,  n.  281,  in
modo  tale  che  non  derivino  effetti  negativi,  in   termini   di
indebitamento netto e fabbisogno, superiori a 200 milioni di euro. 
    4. Fino alla entrata in vigore di un nuovo  patto  di  stabilita'
interno fondato, nel rispetto dei principi del federalismo fiscale di
cui all'articolo 17, comma 1, lettera c), della legge 5 maggio  2009,
n. 42, sui saldi, sulla virtuosita' degli enti e sulla  riferibilita'
delle regole a criteri  europei  con  riferimento  all'individuazione
delle entrate e delle spese  valide  per  il  patto,  fermo  restando
quanto previsto  dal  comma  3,  ai  fini  della  tutela  dell'unita'
economica  della  Repubblica  le  misure  previste  per  l'anno  2013
dall'articolo 14, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010,  n.  78,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, si
intendono estese anche agli anni 2014 e successivi. 
    5. Ai medesimi fini di cui al comma 4, le  regioni,  le  province
autonome di  Trento  e  di  Bolzano,  le  province  e  i  comuni  con
popolazione superiore a  5.000  abitanti,  alla  realizzazione  degli
obiettivi di  finanza  pubblica,  per  gli  anni  2013  e  successivi
concorrono con le seguenti ulteriori misure in termini di  fabbisogno
e di indebitamento netto: 
        a) le regioni a statuto ordinario per 800 milioni di euro per
l'anno 2013 e per 1.600 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014; 
        b) le regioni a statuto speciale e le  province  autonome  di
Trento e Bolzano per 1.000 milioni di euro  per  l'anno  2013  e  per
2.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014; 
        c) le province per 400 milioni di euro per l'anno 2013 e  per
800 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014; 
        d) i comuni per 1.000 milioni di euro per l'anno 2013 e 2.000
milioni di euro a decorrere dall'anno 2014. 
    6. 
    7. 
    8. [abrogati]. 
    9. Al comma 7 dell'articolo 76 del decreto-legge 25 giugno  2008,
n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 2008, n. 133, dopo
il primo periodo sono inseriti i seguenti: "Ai fini del computo della
percentuale di cui  al  periodo  precedente  si  calcolano  le  spese
sostenute anche  dalle  societa'  a  partecipazione  pubblica  locale
totale o di controllo che sono titolari  di  affidamento  diretto  di
servizi pubblici locali senza  gara,  ovvero  che  svolgono  funzioni
volte a soddisfare esigenze di interesse  generale  aventi  carattere
non industriale, ne' commerciale, ovvero che svolgono  attivita'  nei
confronti della  pubblica  amministrazione  a  supporto  di  funzioni
amministrative di natura pubblicistica. La  disposizione  di  cui  al
precedente periodo non si applica alle societa'  quotate  su  mercati
regolamentari". 
    10. All'articolo 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220, dopo  il
comma 111, e' inserito il seguente: "111-bis. I contratti di servizio
e gli altri atti posti in essere dalle regioni e  dagli  enti  locali
che si configurano elusivi  delle  regole  del  patto  di  stabilita'
interno sono nulli". 
    11. Le disposizioni di cui al comma 10, si applicano ai contratti
di servizio e agli atti posti in essere dopo l'entrata in vigore  del
presente decreto. 
    12. All'articolo 1, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, dopo il
comma 111-bis e' inserito il seguente: "111-ter. Qualora  le  Sezioni
giurisdizionali regionali della Corte  dei  conti  accertino  che  il
rispetto del patto di stabilita' interno  e'  stato  artificiosamente
conseguito mediante una non  corretta  imputazione  delle  entrate  o
delle uscite  ai  pertinenti  capitoli  di  bilancio  o  altre  forme
elusive, le stesse irrogano, agli amministratori che hanno  posto  in
essere atti elusivi delle regole del patto di stabilita' interno,  la
condanna ad una sanzione pecuniaria fino ad un massimo di dieci volte
l'indennita'  di  carica  percepita   al   momento   di   commissione
dell'elusione e, al responsabile del servizio  economico-finanziario,
una  sanzione  pecuniaria  fino  a  3  mensilita'   del   trattamento
retributivo, al netto degli oneri fiscali e previdenziali". 
    13. All'articolo 14, comma 32, del decreto-legge 31 maggio  2010,
n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010,  n.
122, l'ultimo periodo e' soppresso. 
    14. Ai fini del coordinamento della finanza pubblica, le  regioni
tenute a conformarsi a decisioni della  Corte  costituzionale,  anche
con riferimento  all'attivita'  di  enti  strumentali  o  dipendenti,
comunicano, entro tre mesi dalla pubblicazione della decisione  nella
Gazzetta Ufficiale, alla Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri  -
Dipartimento per gli affari regionali, tutte le attivita' intraprese,
gli  atti  giuridici  posti  in  essere  e  le  spese  affrontate   o
preventivate ai fini dell'esecuzione. 
    15. In caso di mancata o non esatta conformazione alle  decisioni
di cui al comma 14, il  Governo,  su  proposta  del  Ministro  per  i
rapporti con le regioni e per la coesione  territoriale,  sentito  il
Presidente della  regione  interessata,  esercita,  in  presenza  dei
presupposti, il potere sostitutivo di cui all'articolo  120,  secondo
comma, della Costituzione, secondo le procedure di cui all'articolo 8
della legge 5 giugno 2003, n. 131. 
    16.  A  decorrere  dalla  data  di  entrata   in   vigore   delle
disposizioni che prevedono, in attuazione della legge 5 maggio  2009,
n. 42, la soppressione dei trasferimenti statali in favore degli enti
locali, le disposizioni che prevedono sanzioni, recuperi, riduzioni o
limitazioni  a  valere  sui  predetti  trasferimenti  erariali,  sono
riferite anche alle risorse spettanti a valere sul fondo sperimentale
di riequilibrio di cui al  comma  3  dell'  articolo  2  del  decreto
legislativo 14 marzo 2011, n. 23 e di cui all'articolo 21 del decreto
legislativo 6 maggio 2011, n. 68 e,  successivamente,  a  valere  sul
fondo perequativo di cui all'articolo 13 della legge 5  maggio  2009,
n. 42. In caso di incapienza dei predetti fondi gli enti locali  sono
tenuti a versare  all'entrata  del  bilancio  dello  Stato  le  somme
residue. 
    17. All'articolo 78, comma 6, del decreto-legge 25  giugno  2008,
n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008,  n.
133, l'ultimo periodo e' sostituito dal seguente: "Tutte  le  entrate
del comune di competenza dell'anno 2008 e dei  successivi  anni  sono
attribuite alla gestione corrente  di  Roma  Capitale,  ivi  comprese
quelle riferibili ad atti e fatti antecedenti all'anno 2008,  purche'
accertate successivamente al 31 dicembre 2007". 
    17-bis. Le risorse destinate, a legislazione vigente, ai rimborsi
e alle compensazioni relativi alle imposte sono ridotte  dell'importo
di 700 milioni di euro per l'anno 2013 e di  1.400  milioni  di  euro
annui a decorrere dall'anno 2014». 
    1.4. - Si deve pero' aggiungere che il  decreto-legge  13  agosto
2011,  n.  138,  non  ancora  convertito  in  legge,  ha   introdotto
ulteriori,   secondarie   (ancorche'   ulteriormente    peggiorative)
modifiche al testo del decreto n. 98 del  2011,  come  convertito  in
legge. 
    In particolare l'art.  1,  comma  8,  ha  apportato  le  seguenti
modificazioni al comma 5 dell'art. 20: 
        «a) nell'alinea, le parole: "per gli anni 2013 e successivi",
sono sostituite dalle seguenti: "per gli anni 2012 e successivi"; 
        b) alla lettera a), le parole: "per 800 milioni di  euro  per
l'anno 2013 e" sono soppresse; nella medesima lettera, le parole:  "a
decorrere  dall'anno  2014",  sono  sostituite  dalle  seguenti:   "a
decorrere dall'anno 2012"; 
        c) alla lettera b), le parole: "per 1.000 milioni di euro per
l'anno 2013 e" sono soppresse; nella medesima lettera, le parole:  "a
decorrere  dall'anno  2014",  sono  sostituite  dalle  seguenti:   "a
decorrere dall'anno 2012"; 
        d) alla lettera c), le parole: "per 400 milioni di  euro  per
l'anno 2013", sono sostituite dalle seguenti:  "per  700  milioni  di
euro  per  l'anno  2012";  nella  medesima  lettera,  le  parole:  "a
decorrere  dall'anno  2014",  sono  sostituite  dalle  seguenti:   "a
decorrere dall'anno 2013"; 
        e) alla lettera d), le parole: "per 1.000 milioni di euro per
l'anno 2013" sono sostituite dalle seguenti: "per  1.700  milioni  di
euro  per  l'anno  2012";  nella  medesima  lettera,  le  parole:  "a
decorrere  dall'anno  2014",  sono  sostituite  dalle  seguenti:   "a
decorrere dall'anno 2013"». 
    L'art. 1, comma 9, del d.l. n. 138 del 2011 ha poi  apportato  le
seguenti modificazioni all'art. 20 qui impugnato: 
        «a) al comma 2, le parole: "a decorrere dall'anno 2013", sono
sostituite dalle seguenti: "a decorrere dall'anno 2012"; 
        b) al comma 3, le parole: "a decorrere dall'anno 2013",  sono
sostituite dalle seguenti: "a decorrere dall'anno 2012"; nel medesimo
comma, il secondo periodo e' soppresso; nel medesimo comma, al  terzo
periodo sostituire le parole "di cui a  primi  due  periodi"  con  le
seguenti: "di cui al primo periodo"». 
    Il testo allo stato  (precariamente,  risultando  esso  anche  da
disposizioni di un decreto-legge) vigente dell'art. 20 del d.l. n. 98
del 2011 e' dunque il seguente: 
    «1. A decorrere dall'anno 2012  le  modalita'  di  raggiungimento
degli obiettivi di finanza pubblica delle singole regioni, esclusa la
componente sanitaria, delle province autonome di Trento e di  Bolzano
e degli enti locali del territorio, possono essere concordate tra  lo
Stato e le regioni e le province autonome, previo accordo concluso in
sede di Consiglio delle autonomie locali e ove non  istituito  con  i
rappresentanti dell'ANCI e dell'UPI regionali. Le predette  modalita'
si conformano a criteri europei  con  riferimento  all'individuazione
delle entrate e delle spese da considerare nel saldo  valido  per  il
patto di stabilita'  interno.  Le  regioni  e  le  province  autonome
rispondono nei confronti  dello  Stato  del  mancato  rispetto  degli
obiettivi di cui al primo periodo,  attraverso  un  maggior  concorso
delle stesse nell'anno successivo in misura pari alla differenza  tra
l'obiettivo  complessivo  e  il  risultato  complessivo   conseguito.
Restano ferme le vigenti sanzioni a carico  degli  enti  responsabili
del mancato rispetto degli obiettivi del patto di stabilita'  interno
e il monitoraggio a livello centrale, nonche' il  termine  perentorio
del  31  ottobre  per  la  comunicazione  della  rimodulazione  degli
obiettivi.  La  Conferenza  permanente  per  il  coordinamento  della
finanza pubblica, con il supporto tecnico della  Commissione  tecnica
paritetica  per  l'attuazione  del  federalismo   fiscale,   monitora
l'applicazione  del  presente  comma.  Con   decreto   del   Ministro
dell'economia e delle finanze, d'intesa con la  Conferenza  Unificata
di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,
da adottare entro il 30 novembre 2011, sono  stabilite  le  modalita'
per l'attuazione del  presente  comma,  nonche'  le  modalita'  e  le
condizioni per l'eventuale esclusione dall'ambito di applicazione del
presente comma delle regioni che in uno dei tre anni precedenti siano
risultate  inadempienti  al  patto  di  stabilita'  e  delle  regioni
sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari. 
    2.  Ai  fini  di  ripartire   l'ammontare   del   concorso   alla
realizzazione  degli  obiettivi  di  finanza  pubblica   fissati,   a
decorrere dall'anno 2012, dal comma 5, nonche' dall'articolo  14  del
decreto-legge n. 78 del 2010, convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge n. 122 del 2010, tra gli enti del singolo livello di Governo, i
predetti enti sono ripartiti con decreto del Ministro dell'economia e
delle finanze, di concerto con il  Ministro  dell'interno  e  con  il
Ministro per gli affari regionali e  per  la  coesione  territoriale,
d'intesa con la  Conferenza  unificata  di  cui  all'articolo  8  del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in quattro classi,  sulla
base dei seguenti parametri di virtuosita': 
        a) prioritaria considerazione  della  convergenza  tra  spesa
storica e costi e fabbisogni standard; 
        b) rispetto del patto di stabilita' interno; 
        c) incidenza della spesa del personale sulla  spesa  corrente
dell'ente in relazione al numero  dei  dipendenti  in  rapporto  alla
popolazione  residente,  alle  funzioni   svolte   anche   attraverso
esternalizzazioni nonche' all'ampiezza del territorio; la valutazione
del predetto parametro tiene conto del suo  valore  all'inizio  della
legislatura o consiliatura e delle sue  variazioni  nel  corso  delle
stesse ai fini dell'applicazione del comma 2-ter; 
        d) autonomia finanziaria; 
        e) equilibrio di parte corrente; 
        f) tasso  di  copertura  dei  costi  dei  servizi  a  domanda
individuale per gli enti locali; 
        g)  rapporto  tra  gli  introiti   derivanti   dall'effettiva
partecipazione all'azione  di  contrasto  all'evasione  fiscale  e  i
tributi erariali, per le regioni; 
        h) effettiva partecipazione degli enti locali  all'azione  di
contrasto all'evasione fiscale; 
        i) rapporto tra le  entrate  di  parte  corrente  riscosse  e
accertate; 
        l) operazione di dismissione di partecipazioni societarie nel
rispetto della normativa vigente. 
    2-bis. A decorrere dalla determinazione  dei  livelli  essenziali
delle prestazioni e dalla definizione degli obiettivi di servizio cui
devono tendere gli enti territoriali  nell'esercizio  delle  funzioni
riconducibili  ai  livelli  essenziali  delle  prestazioni  e   delle
funzioni fondamentali, tra i parametri di virtuosita' di cui al comma
2 sono compresi indicatori quantitativi e qualitativi  relativi  agli
output  dei  servizi  resi,  anche  utilizzando  come  parametro   di
riferimento realta' rappresentative dell'offerta di  prestazioni  con
il miglior rapporto qualita-costi. 
    2-ter. Il decreto di cui al comma 2 individua un coefficiente  di
correzione connesso alla dinamica nel miglioramento conseguito  dalle
singole amministrazioni rispetto  alle  precedenti  con  riguardo  ai
parametri di cui al citato comma 2. 
    2-quater. All'articolo 14 del decreto-legge 31  maggio  2010,  n.
78, convertito, con modificazioni, dalla legge  30  luglio  2010,  n.
122,  il  comma  31  e'  sostituito  dal  seguente:  "31.  Il  limite
demografico minimo che  l'insieme  dei  comuni  che  sono  tenuti  ad
esercitare  le  funzioni  fondamentali  in   forma   associata   deve
raggiungere e' fissato in 5.000 abitanti o nel quadruplo  del  numero
degli abitanti del comune demograficamente piu'  piccolo  tra  quelli
associati.   I   comuni   assicurano   comunque   il    completamento
dell'attuazione delle disposizioni di cui ai commi da  26  a  30  del
presente articolo: 
        a) entro il 31 dicembre 2011 con riguardo ad almeno due delle
funzioni fondamentali loro spettanti, da essi individuate tra  quelle
di cui all'articolo 21, comma 3, della legge 5 maggio 2009, n. 42; 
        b) entro il 31 dicembre 2012 con riguardo ad  almeno  quattro
funzioni fondamentali loro spettanti, da essi individuate tra  quelle
di cui all'articolo 21, comma 3, della citata legge n. 42 del 2009; 
        c) entro il 31 dicembre 2013 con  riguardo  a  tutte  le  sei
funzioni fondamentali loro spettanti ai sensi dell'articolo 21, comma
3, della citata legge n. 42 del 2009". 
    3. Gli enti  che,  in  esito  a  quanto  previsto  dal  comma  2,
risultano collocati nella classe piu' virtuosa, fermo l'obiettivo del
comparto,  non  concorrono  alla  realizzazione  degli  obiettivi  di
finanza pubblica fissati, a decorrere dall'anno 2012,  dal  comma  5,
nonche' dall'articolo 14 del decreto-legge n. 78 del 2010.  Gli  enti
locali di cui al primo  periodo  conseguono  l'obiettivo  strutturale
realizzando un saldo finanziario pari a zero. Le regioni  di  cui  al
primo periodo  conseguono  un  obiettivo  pari  a  quello  risultante
dall'applicazione alle spese finali medie 2007-2009 della percentuale
annua di riduzione stabilita per il calcolo dell'obiettivo  2011  dal
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con  modificazioni,
dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Le spese finali medie  di  cui  al
periodo precedente sono quelle definite dall'articolo 1 commi  128  e
129 della legge 13 dicembre 2010, n. 220. Inoltre, il contributo  dei
predetti enti alla manovra per l'anno 2012 e' ridotto con decreto del
Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa  con  la  Conferenza
unificata di cui all'articolo 8 del  decreto  legislativo  28  agosto
1997, n. 281, in modo tale che  non  derivino  effetti  negativi,  in
termini di indebitamento netto e fabbisogno, superiori a 200  milioni
di euro. 
    4. Fino alla entrata in vigore di un nuovo  patto  di  stabilita'
interno fondato, nel rispetto dei principi del federalismo fiscale di
cui all'articolo 17, comma 1, lettera c), della legge 5 maggio  2009,
n. 42, sui saldi, sulla virtuosita' degli enti e sulla  riferibilita'
delle regole a criteri  europei  con  riferimento  all'individuazione
delle entrate e delle spese  valide  per  il  patto,  fermo  restando
quanto previsto  dal  comma  3,  ai  fini  della  tutela  dell'unita'
economica  della  Repubblica  le  misure  previste  per  l'anno  2013
dall'articolo 14, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010,  n.  78,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, si
intendono estese anche agli anni 2014 e successivi. 
    5. Ai medesimi fini di cui al comma 4, le  regioni,  le  province
autonome di  Trento  e  di  Bolzano,  le  province  e  i  comuni  con
popolazione superiore a  5.000  abitanti,  alla  realizzazione  degli
obiettivi di  finanza  pubblica,  per  gli  anni  2012  e  successivi
concorrono con le seguenti ulteriori misure in termini di  fabbisogno
e di indebitamento netto: 
        a) le regioni a statuto ordinario per 1.600 milioni di euro a
decorrere dall'anno 2012; 
        b) le regioni a statuto speciale e le  province  autonome  di
Trento e Bolzano per 2.000 milioni  di  euro  a  decorrere  dall'anno
2012; 
        c) le province per 700 milioni di euro per l'anno 2012 e  per
800 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013; 
        d) i comuni per 1.700 milioni di euro per l'anno 2012 e 2.000
milioni di euro a decorrere dall'anno 2013. 
    6. 
    7. 
    8. [abrogati]. 
    9. Al comma 7 dell'articolo 76 del decreto-legge 25 giugno  2008,
n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008,  n.
133, dopo il primo periodo sono inseriti i  seguenti:  "Ai  fini  del
computo della percentuale di cui al periodo precedente  si  calcolano
le spese sostenute anche dalle  societa'  a  partecipazione  pubblica
locale totale o di controllo che sono titolari di affidamento diretto
di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che  svolgono  funzioni
volte a soddisfare esigenze di interesse  generale  aventi  carattere
non industriale, ne' commerciale, ovvero che svolgono  attivita'  nei
confronti della  pubblica  amministrazione  a  supporto  di  funzioni
amministrative di natura pubblicistica. La  disposizione  di  cui  al
precedente periodo non si applica alle societa'  quotate  su  mercati
regolamentari". 
    10. All'articolo 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220, dopo  il
comma 111, e' inserito il seguente: "111-bis. I contratti di servizio
e gli altri atti posti in essere dalle regioni e  dagli  enti  locali
che si configurano elusivi  delle  regole  del  patto  di  stabilita'
interno sono nulli". 
    11. Le disposizioni di cui al comma 10, si applicano ai contratti
di servizio e agli atti posti in essere dopo l'entrata in vigore  del
presente decreto. 
    12. All'articolo 1, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, dopo il
comma 111-bis e' inserito il seguente: "111-ter. Qualora  le  Sezioni
giurisdizionali regionali della Corte  dei  conti  accertino  che  il
rispetto del patto di stabilita' interno  e'  stato  artificiosamente
conseguito mediante una non  corretta  imputazione  delle  entrate  o
delle uscite  ai  pertinenti  capitoli  di  bilancio  o  altre  forme
elusive, le stesse irrogano, agli amministratori che hanno  posto  in
essere atti elusivi delle regole del patto di stabilita' interno,  la
condanna ad una sanzione pecuniaria fino ad un massimo di dieci volte
l'indennita'  di  carica  percepita   al   momento   di   commissione
dell'elusione e, al responsabile del servizio  economico-finanziario,
una  sanzione  pecuniaria  fino  a  3  mensilita'   del   trattamento
retributivo, al netto degli oneri fiscali e previdenziali". 
    13. All'articolo 14, comma 32, del decreto-legge 31 maggio  2010,
n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010,  n.
122, l'ultimo periodo e' soppresso. 
    14. Ai fini del coordinamento della finanza pubblica, le  regioni
tenute a conformarsi a decisioni della  Corte  costituzionale,  anche
con riferimento  all'attivita'  di  enti  strumentali  o  dipendenti,
comunicano, entro tre mesi dalla pubblicazione della decisione  nella
Gazzetta Ufficiale, alla Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  -
Dipartimento per gli affari regionali, tutte le attivita' intraprese,
gli  atti  giuridici  posti  in  essere  e  le  spese  affrontate   o
preventivate ai fini dell'esecuzione. 
    15. In caso di mancata o non esatta conformazione alle  decisioni
di cui al comma 14, il  Governo,  su  proposta  del  Ministro  per  i
rapporti con le regioni e per la coesione  territoriale,  sentito  il
Presidente della  regione  interessata,  esercita,  in  presenza  dei
presupposti, il potere sostitutivo di cui all'articolo  120,  secondo
comma, della Costituzione, secondo le procedure di cui all'articolo 8
della legge 5 giugno 2003, n. 131. 
    16.  A  decorrere  dalla  data  di  entrata   in   vigore   delle
disposizioni che prevedono, in attuazione della legge 5 maggio  2009,
n. 42, la soppressione dei trasferimenti statali in favore degli enti
locali, le disposizioni che prevedono sanzioni, recuperi, riduzioni o
limitazioni  a  valere  sui  predetti  trasferimenti  erariali,  sono
riferite anche alle risorse spettanti a valere sul fondo sperimentale
di riequilibrio di  cui  al  comma  3  dell'articolo  2  del  decreto
legislativo 14 marzo 2011, n. 23 e di cui all'articolo 21 del decreto
legislativo 6 maggio 2011, n. 68 e,  successivamente,  a  valere  sul
fondo perequativo di cui all'articolo 13 della legge 5  maggio  2009,
n. 42. In caso di incapienza dei predetti fondi gli enti locali  sono
tenuti a versare  all'entrata  del  bilancio  dello  Stato  le  somme
residue. 
    17. All'articolo 78, comma 6, del decreto-legge 25  giugno  2008,
n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008,  n.
133, l'ultimo periodo e' sostituito dal seguente: "Tutte  le  entrate
del comune di competenza dell'anno 2008 e dei  successivi  anni  sono
attribuite alla gestione corrente  di  Roma  Capitale,  ivi  comprese
quelle riferibili ad atti e fatti antecedenti all'anno 2008,  purche'
accertate successivamente al 31 dicembre 2007". 
    17-bis. Le risorse destinate, a legislazione vigente, ai rimborsi
e alle compensazioni relativi alle imposte sono ridotte  dell'importo
di 700 milioni di euro per l'anno 2013 e di  1.400  milioni  di  euro
annui a decorrere dall'anno 2014». 
    1.5. - Le disposizioni richiamate del decreto n. 138 del 2011 non
modificano elementi  strutturali  dell'intervento  della  manovra  di
finanza pubblica varata con il d.l. n. 98  del  2011  sulle  economie
degli Enti territoriali, ma  incidono  su  alcuni  dati  quantitativi
della manovra e ne anticipano temporalmente gli effetti, spostando  i
termini di entrata in vigore delle singole misure rispettivamente dal
2013 al 2012 e dal 2014 al 2013. 
    Da cio' consegue che sulla sussistenza dei vizi  di  legittimita'
costituzionale che appresso - si confida  -  saranno  dimostrati  non
potra' incidere l'eventuale mancata conversione, in toto o pro parte,
del d.l. n. 138 del 2011,  sicche'  le  argomentazioni  che  appresso
saranno svolte resteranno comunque pertinenti. 
    2. - Le disposizioni oggi  impugnate  irrompono  in  un  contesto
normativo nel quale, per quanto specificamente  riguarda  la  Regione
Sardegna, campeggia l'art. 1, comma  834,  della  legge  27  dicembre
2006, n. 296,  che  ha  modificato  alcune  delle  disposizioni  piu'
qualificanti del Titolo III dello Statuto,  recate  dall'art.  8,  in
materia di fonti delle entrate regionali. 
    In base alle  disposizioni  cosi'  novellate,  le  entrate  della
Regione Sardegna derivano «a) dai  sette  decimi  del  gettito  delle
imposte sul reddito delle persone fisiche e sul reddito delle persone
giuridiche riscosse nel territorio della regione; b) dai nove  decimi
del gettito delle imposte sul bollo,  di  registro,  ipotecarie,  sul
consumo  dell'energia  elettrica  e  delle  tasse  sulle  concessioni
governative percette nel territorio  della  regione;  c)  dai  cinque
decimi delle imposte  sulle  successioni  e  donazioni  riscosse  nel
territorio  della  regione;  d)  dai  nove  decimi  dell'imposta   di
fabbricazione su tutti i prodotti che ne siano gravati, percetta  nel
territorio della regione; e) dai  nove  decimi  della  quota  fiscale
dell'imposta erariale di consumo relativa ai  prodotti  dei  monopoli
dei tabacchi consumati nella regione; f) dai nove decimi del  gettito
dell'imposta sul valore aggiunto generata sul territorio regionale da
determinare sulla base dei consumi regionali delle famiglie  rilevati
annualmente  dall'ISTAT;   g)   dai   canoni   per   le   concessioni
idroelettriche; h) da imposte e tasse sul turismo e da altri  tributi
propri che la regione ha facolta' di istituire con legge  in  armonia
con i principi del sistema tributario dello  Stato;  i)  dai  redditi
derivanti dal  proprio  patrimonio  e  dal  proprio  demanio;  l)  da
contributi straordinari dello Stato per particolari  piani  di  opere
pubbliche e di trasformazione fondiaria; m) dai sette decimi di tutte
le entrate erariali, dirette o  indirette,  comunque  denominate,  ad
eccezione di quelle di spettanza di altri enti pubblici». 
    L'art.  8  dello  Statuto,  nella  sua  formulazione  originaria,
disponeva invece che le entrate  della  Regione  fossero  costituite:
«dai nove decimi del gettito delle imposte erariali sui terreni e sui
fabbricati situati nel territorio della Regione  e  dell'imposta  sui
redditi agrari dei terreni situati nello stesso territorio; dai  nove
decimi dell'imposta di ricchezza mobile riscossa nel territorio della
Regione; dai nove decimi del gettito  delle  tasse  di  bollo,  sulla
manomorta,  in  surrogazione  del  registro  e   del   bollo,   sulle
concessioni governative,  dell'imposta  ipotecaria,  dell'imposta  di
fabbricazione  del  gas  e  dell'energia  elettrica,   percette   nel
territorio  della  Regione;  dai  nove  decimi  della  quota  fiscale
dell'imposta erariale di consumo relativa ai  prodotti  dei  monopoli
del tabacchi consumati  nella  Regione;  da  una  quota  dell'imposta
generale sull'entrata  di  competenza  dello  Stato,  riscossa  nella
Regione, da determinarsi preventivamente per ciascun anno finanziario
d'accordo fra  lo  Stato  e  la  Regione,  in  relazione  alle  spese
necessarie ad adempiere le funzioni normali della Regione; dai canoni
per le concessioni idroelettriche; dai contributi di miglioria  ed  a
spese per opere determinate, da imposte e  tasse  sul  turismo  e  da
altri tributi propri, che la Regione ha  facolta'  di  istituire  con
legge, in armonia coi principi del sistema tributario dello Stato; da
redditi patrimoniali; da  contributi  straordinari  dello  Stato  per
particolari piani di opere pubbliche e di trasformazioni fondiarie». 
    Le misure previste dalle nuove disposizioni statutarie non  hanno
avuto ancora piena e corretta esecuzione  per  la  colpevole  inerzia
dello Stato, inerzia che la Regione Sardegna ha gia' censurato con il
ricorso (per conflitto di attribuzione) iscritto al  n.  8  del  Reg.
Confl. Enti 2011. Proprio quelle previsioni, pero', sono di  centrale
importanza anche nella presente controversia, in una  con  gli  altri
parametri che verranno appresso richiamati. 
    L'art. 20, commi 2, 2-bis, 2-ter, 2-quater, 3,  5  e  17-bis  del
decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, in
legge  15  luglio  2011,  n.  111,  e  ulteriormente  modificato  con
decreto-legge  13  agosto  2011,  n.  138,  e'   incostituzionale   e
gravemente lesivo delle attribuzioni  della  Regione  Autonoma  della
Sardegna, per i seguenti 
 
                             M o t i v i 
 
    1. - Violazione dell'art. 8 della legge cost. 26  febbraio  1948,
n. 3, recante «Statuto speciale per  la  Sardegna»,  come  da  ultimo
modificato (ai sensi dell'art. 54 dello Statuto  medesimo)  dall'art.
1, comma 834, della legge n. 296 del 2006, anche in riferimento  agli
artt. 1, 3, 4, 5 e 7 del medesimo Statuto e agli artt. 3, 5, 116, 117
e 119 della Costituzione. 
    1.1.  -  L'illegittimita'   costituzionale   delle   disposizioni
impugnate puo' essere pianamente intesa se solo si  pone  mente  alla
vicenda che di recente ha interessato l'art. 8 della legge  cost.  26
febbraio 1948, n. 3, recante  «Statuto  speciale  per  la  Sardegna».
Esso, infatti, e' stato, da ultimo,  modificato  dall'art.  1,  comma
834, della legge n. 296 del  2006,  che  ha  radicalmente  mutato  il
regime delle entrate e della finanza regionali. 
    Come gia' si e' riportato in narrativa, l'art.  8  dello  Statuto
della Regione Autonoma della Sardegna (hinc inde: Regione Sardegna  o
Sardegna) prevedeva in origine che le entrate della  Regione  fossero
costituite: «dai nove decimi del gettito delle imposte  erariali  sui
terreni e sui fabbricati  situati  nel  territorio  della  Regione  e
dell'imposta sui redditi agrari  dei  terreni  situati  nello  stesso
territorio; dai nove decimi dell'imposta di ricchezza mobile riscossa
nel territorio della Regione; dai nove decimi del gettito delle tasse
di bollo, sulla manomorta, in surrogazione del registro e del  bollo,
sulle concessioni governative, dell'imposta ipotecaria,  dell'imposta
di fabbricazione del  gas  e  dell'energia  elettrica,  percette  nel
territorio  della  Regione;  dai  nove  decimi  della  quota  fiscale
dell'imposta erariale di consumo relativa ai  prodotti  dei  monopoli
del tabacchi consumati  nella  Regione;  da  una  quota  dell'imposta
generale sull'entrata  di  competenza  dello  Stato,  riscossa  nella
Regione, da determinarsi preventivamente per ciascun anno finanziario
d'accordo fra  lo  Stato  e  la  Regione,  in  relazione  alle  spese
necessarie ad adempiere le funzioni normali della Regione; dai canoni
per le concessioni idroelettriche; dai contributi di miglioria  ed  a
spese per opere determinate, da imposte e  tasse  sul  turismo  e  da
altri tributi propri, che la Regione ha  facolta'  di  istituire  con
legge, in armonia coi principi del sistema tributario dello Stato; da
redditi patrimoniali; da  contributi  straordinari  dello  Stato  per
particolari piani di opere pubbliche e di trasformazioni fondiarie». 
    E'  necessario  ricordare   che   gia'   codesta   Ecc.ma   Corte
costituzionale, nella sent. n. 80 del 1987, aveva rilevato che  «dopo
l'attuazione della riforma tributaria del 1972  (che  soppresse  gran
parte delle imposte indicate dall'art. 8 dello Statuto sardo), l'art.
12 della legge 9 ottobre 1971, n. 825 (in previsione del rinnovamento
normativo della materia tributaria non statale) conferi'  al  Governo
apposita delega, diretta ad emanare,  nel  rispetto  dei  principi  e
delle procedure stabiliti dagli  Statuti  speciali  d'intesa  con  le
regioni ad autonomia differenziata - norme ordinarie per assicurare a
ciascuna regione entrate complessivamente non inferiori al gettito  o
alla  compartecipazione  al  gettito  dei  tributi   soppressi,   con
incrementi cronologicamente graduati». 
    Tale ordinamento transitorio si  e'  mantenuto,  per  la  Regione
Sardegna, fino all'approvazione della legge n. 122 del 1983,  il  cui
art. 1 riformulo' proprio l'art. 8 dello Statuto al fine di  adeguare
le entrate regionali al nuovo sistema  tributario.  In  virtu'  della
citata novella, le risorse della Sardegna risultarono costituite  «a)
dai sette decimi del gettito delle imposte sul reddito delle  persone
fisiche  e  sul  reddito  delle  persone  giuridiche   riscosse   nel
territorio della regione;  b)  dai  nove  decimi  del  gettito  delle
imposte sul bollo, di registro, ipotecarie, sul consumo  dell'energia
elettrica e delle tasse sulle concessioni  governative  percette  nel
territorio della regione; c) dai cinque decimi  delle  imposte  sulle
successioni e donazioni riscosse nel territorio della regione; d) dai
sette decimi del gettito delle ritenute alla fonte di cui all'art. 23
del decreto del Presidente della Repubblica  29  settembre  1973,  n.
600, operate da imprese industriali e commerciali che hanno  la  sede
centrale nella regione [...]; e)  dai  nove  decimi  dell'imposta  di
fabbricazione su tutti i prodotti che ne siano gravati, percetta  nel
territorio della regione; f) dai  nove  decimi  della  quota  fiscale
dell'imposta erariale di consumo relativa ai  prodotti  dei  monopoli
dei tabacchi consumati nella regione; g) da  una  quota  dell'imposta
sul valore aggiunto riscossa nel territorio della  regione  [...]  da
determinarsi preventivamente per ciascun  anno  finanziario  d'intesa
fra lo Stato e la regione, in  relazione  alle  spese  necessarie  ad
adempiere le funzioni normali della regione; h)  dai  canoni  per  le
concessioni idroelettriche; i) da imposte e tasse sul  turismo  e  da
altri tributi propri che la regione  ha  facolta'  di  istituire  con
legge in armonia con i principi del sistema tributario  dello  Stato;
l) dai  redditi  derivanti  dal  proprio  patrimonio  e  dal  proprio
demanio; m) da contributi straordinari dello  Stato  per  particolari
piani di opere pubbliche e di trasformazione fondiaria». 
    Tale riforma, pur funzionale  all'adeguamento  dello  Statuto  al
mutato quadro generale della fiscalita', ben presto si  rivelava  non
risolutiva,  in  quanto  insufficiente  per  rapporto  all'evoluzione
complessiva della realta' economico-finanziaria del Paese. Di  questo
e' testimonianza il carteggio intervenuto tra il Ragioniere  Generale
dello Stato e la medesima Regione tra l'agosto  e  il  settembre  del
2005, relativamente alla misura delle entrate di  maggiore  rilevanza
per  le  finanze  regionali:  la  compartecipazione  all'imposta  sul
reddito e la compartecipazione all'I.V.A. 
    Con nota del 3 agosto  2005,  prot.  n.  0102482,  il  Ragioniere
Generale  rappresentava  di   aver   presentato   una   proposta   di
quantificazione delle quote di compartecipazione I.V.A.  «nell'attesa
che  si  proceda  alla  revisione  dell'ordinamento  finanziario  che
consenta di trasformare la compartecipazione IVA da quota variabile a
quota fissa», e che tale proposta era stata predisposta «abbandonando
[...]  il  criterio  incrementale  del  tasso  di   inflazione   che,
comportando nel tempo la progressiva svalutazione  in  termini  reali
del cespite regionale, ha di fatto svilito lo strumento  di  garanzia
previsto  dallo  Statuto,  che  mirava  a  consentire  il  tempestivo
adeguamento delle entrate regionali alle mutevoli necessita' di spesa
derivanti dall'espletamento delle funzioni normali della Regione». 
    Con nota del 2  settembre  2005,  prot.  n.  0112371,  ancora  il
Ragioniere Generale rappresentava che  «il  gettito  IRPEF  regionale
[...]  registra  una  crescita,   nell'arco   temporale   considerato
[1991-2003],  pari  all'1,9%,  avallando,  pertanto,  la  tesi  della
Regione circa l'anomalo trend dell'IRPEF regionale rispetto a  quello
nazionale». 
    E'  proprio  in   considerazione   della   palese   insufficienza
(esplicitamente riconosciuta  dallo  Stato)  del  quadro  finanziario
delle entrate regionali che si e' addivenuti  alla  seconda  modifica
dell'art. 8 dello Statuto, intervenuta, come si e'  gia'  detto,  nel
2006, con la quale - fra l'altro  -  si  e'  aggiunto  il  canale  di
finanziamento relativo ai «sette decimi di tutte le entrate erariali,
dirette o indirette, comunque denominate, ad eccezione di  quelle  di
spettanza di altri enti pubblici» e - per l'appunto in coerenza con i
rilievi sopra  riportati  -  si  e'  introdotta  la  quota  fissa  di
compartecipazione all'I.V.A. maturata  nella  Regione  Sardegna  (v.,
rispettivamente,  lett.  m)  e  J)  dell'art.  8,  comma   1,   nella
formulazione vigente). 
    Risulta dunque per tabulas, sia  dalla  posizione  assunta  dallo
Stato nell'interlocuzione con la Regione,  sia  (e  soprattutto)  dal
contenuto normativo della novella statutaria del 2006, che il  regime
delle entrate della Regione Sardegna e' stato ritenuto inadeguato  al
corretto assolvimento dei compiti istituzionali di questa, tanto vero
che si e' ritenuto indispensabile modificarlo, onde tener conto delle
nuove condizioni fattuali e normative. Come la  Regione  Sardegna  ha
lamentato nel gia' menzionato ricorso  iscritto  al  n.  8  del  Reg.
Confl. Enti 2011, lo Stato, dopo  aver  riconosciuto  l'inadeguatezza
del vecchio regime, si e' illegittimamente sottratto al  procedimento
necessario per dare esecuzione al nuovo, arrecando  un  nuovo  vulnus
all'autonomia regionale. Ora al danno si unisce la beffa, perche'  la
Regione Sardegna, il cui regime delle entrate e' stato esplicitamente
ritenuto inadeguato, e' assoggettata al generale  regime  premiale  e
sanzionatorio, connesso al  rispetto  del  patto  di  stabilita',  in
ragione di criteri palesemente irragionevoli se applicati ad un  Ente
che - si ripete - e' tuttora in attesa dell'ottenimento delle risorse
cui ha statutariamente diritto. Non aver  tenuto  alcun  conto  della
specificita' della condizione (anche normativa!) in cui oggi si trova
la Regione Sardegna vizia in radice le disposizioni impugnate. Tanto,
si confida, verra' subito dimostrato. 
    1.2. - Preliminarmente, peraltro, e' opportuno precisare  che  la
violazione dell'art. 8 dello Statuto di autonomia puo' e deve  essere
censurata, sebbene l'art. 8 di tale Statuto sia stato modificato  con
legge ordinaria, ai sensi del successivo art. 54. 
    La  qualita'   di   parametri   dei   giudizi   di   legittimita'
costituzionale,  invero,  deve   essere   riconosciuta   anche   alle
disposizioni del Titolo III dello  Statuto  speciale  della  Sardegna
che, ai sensi dell'art. 54, comma 5, dello Statuto medesimo,  possono
essere modificate con legge ordinaria, previo parere  della  Regione.
Tali disposizioni, infatti, sebbene sottoposte a quello che e'  stato
definito un  processo  di  «decostituzionalizzazione»  (come  codesta
Ecc.ma Corte ha affermato nella sent. n. 70 del 1987),  costituiscono
pur sempre precetti che il legislatore statale  deve  rispettare,  in
quanto il procedimento di modificazione  della  norma  statutaria  e'
comunque «assistito da una garanzia  del  tutto  peculiare  a  favore
della Regione sarda», sicche' la legge statale non puo'  derogare  la
norma  in  questione,  ma  puo'  solo  modificarla  con  lo  speciale
procedimento di cui all'art. 54 dello Statuto (cosi' ancora  la  cit.
sent. n. 70 del 1987, cui adde le pur meno dirette affermazioni della
sent. n. 215 del 1996). 
    1.3. - Cio' precisato, va osservato che  nelle  disposizioni  qui
impugnate la partecipazione degli Enti territoriali al  perseguimento
degli obiettivi di finanza  pubblica  avviene  previa  divisione  dei
medesimi  in  quattro  classi  di  merito,  disposta  da  un  decreto
interministeriale sulla  base  dei  criteri  stabiliti  dal  comma  2
dell'art. 20. I criteri stabiliti dal d.l. n. 98 del  2011  sono  del
tutto incongruenti con la modifica statutaria intervenuta  nel  2006,
della quale - come gia' detto - non tengono alcun  conto.  Ne  deriva
una grave lesione dell'autonomia della Regione Sardegna. 
    In particolare va rilevato quanto segue. 
    i) Il criterio di  cui  alla  lett.  a),  convergenza  tra  spesa
storica e costi e fabbisogni standard, pone la Regione Sardegna sullo
stesso piano degli altri Enti territoriali. Cio'  appare  doppiamente
lesivo dell'autonomia della ricorrente. 
    Anzitutto, e' lo stesso criterio generale del costo standard  che
risulta inapplicabile alla Regione Sardegna, le cui spese, in ragione
dell'insularita', sono caratterizzate da una curva dei costi  diversa
da quella ordinaria. Non tenendo conto di questo dato il  legislatore
statale ha violato, all'un tempo, l'art. 3  della  Costituzione,  pei
profili  dell'indebita  equiparazione  fra   situazioni   diverse   e
dell'irragionevolezza delle sue scelte, e gli artt.  5,  116,  117  e
119,  che  garantiscono  l'autonomia  della  Regione  Sardegna,   con
particolare riferimento (quanto all'art. 116) alla sua specialita'  e
(quanto  all'art.  119)  alla  sua  autonomia  finanziaria.  Violato,
altresi', e' lo Statuto di  autonomia,  con  particolare  riferimento
agli artt. 1 (che costituisce la Sardegna in Regione autonoma), 3,  4
e 5  (che  elencano  le  funzioni  regionali,  il  cui  esercizio  e'
palesemente pregiudicato dall'adozione del criterio ora descritto)  e
7 (che riconosce l'autonomia finanziaria della Regione). 
    Specificamente violato, pero', e' il gia'  piu'  volte  ricordato
art. 8 dello Statuto. Esso,  infatti,  e'  stato  modificato  proprio
perche' si e'  constatata  l'inadeguatezza  delle  entrate  regionali
rispetto alle spese necessarie per l'assolvimento delle funzioni, con
la conseguenza che e' la stessa norma statutaria (che il d.l.  n.  98
avrebbe dovuto  rispettare)  a  presuppone  che  la  spesa  regionale
dovesse essere finanziata con un maggiore  ammontare  delle  entrate.
Ora, aver imposto alla Regione  Sardegna  la  convergenza  sui  costi
standard senza alcun adattamento alle condizioni peculiari dell'ente,
connesse all'insularita' (si  ripete),  ma  anche  e  soprattutto  al
regime normativo dettato dallo  Statuto,  e'  violativo  dell'art.  8
dello Statuto e - di bel nuovo - irragionevole. 
    ii) Anche il criterio di cui alla lett. b), rispetto del patto di
stabilita' interno, e' illegittimo. E' ovvio che la Regione  Sardegna
non puo' essere sottratta al rispetto del patto  di  stabilita',  ne'
essa lo pretende. Nondimeno,  e'  ben  diversa  la  condizione  delle
Regioni  che  posseggono  risorse  adeguate  all'assolvimento   delle
funzioni istituzionali e quella  delle  Regioni  che,  per  esplicito
riconoscimento  statutario,  tali  risorse  non  posseggono  (sicche'
possono essere costrette a ricorrere all'indebitamento). Una volta di
piu', la mancata  considerazione  della  peculiare  situazione  della
Regione Sardegna risulta violativa di tutti i parametri  invocati  al
precedente numero. 
    Si aggiunga che  la  riconosciuta  (dall'art.  8  dello  Statuto)
indisponibilita'  delle  risorse  necessarie  all'assolvimento  delle
funzioni (che le disposizioni impugnate non considerano  minimamente)
impedira' alla  Sardegna  di  competere  con  le  altre  Regioni  per
aspirare ad essere inserita nelle classi di merito piu' alte  tra  le
quattro che  saranno  individuate  (a  meno  di  non  sacrificare  le
funzioni ad essa assegnate, il  che,  chiaramente,  e'  inesigibile).
Tanto, ancora una volta, si risolve de plano in una violazione  degli
artt. 3 (pel profilo dell'irragionevolezza, ma anche della parita' di
trattamento  con  le  altre  Regioni)  5,  116,  117  e   119   della
Costituzione (pel profilo della garanzia dell'autonomia della Regione
Sardegna, con particolare riferimento alla sua specialita'),  1  (pel
profilo della costituzione della Sardegna in Regione autonoma), 3,  4
e 5 (pel profilo del riconoscimento delle funzioni regionali), 7 (pel
profilo del riconoscimento dell'autonomia finanziaria della  Regione)
e 8 (pel  profilo  della  mancata  considerazione  del  nuovo  regime
finanziario  della  Regione,  che  avrebbe  imposto  un   trattamento
differenziato della ricorrente) dello Statuto di autonomia. 
    Su questo punto soccorre un'ulteriore notazione. L'art. 1,  comma
132, della legge n. 220 del 2010 (legge di stabilita'  per  il  2011)
prevede che gli Enti ad autonomia speciale possano concordare con  il
Ministero dell'economia e delle finanze il livello complessivo  delle
spese e dei pagamenti relativi al  patto  di  stabilita'  per  l'anno
2011. Risulta, peraltro, ancora in vigore,  in  forza  della  proroga
stabilita dal comma 2 dell'art. 77-ter del d.l. n. 112 del  2008,  la
sperimentazione introdotta dall'art. 1, comma 656, della legge n. 296
del 2006, «finalizzata ad assumere, quale base di riferimento per  il
patto di stabilita' interno, il saldo finanziario». 
    Come gia' ricordato,  la  questione  dell'accordo  sul  patto  di
stabilita' per il 2011 tra la Regione e il Ministero dell'economia  e
delle finanze e' oggetto del ricorso pendente innanzi codesta  Ecc.ma
Corte costituzionale (e iscritto al n. 8 del Reg. Conf.  Enti  2011),
per lo specifico profilo  dell'illegittimo  rifiuto  da  parte  dello
Stato  di  riconoscere  alla  Regione  Sardegna  le  entrate  cui  ha
statutariamente diritto.  Allo  stato,  comunque,  l'indisponibilita'
delle maggiori somme attribuite alla  Regione  Sardegna  dall'art.  8
dello Statuto ha come effetto che la Regione non possiede  tutti  gli
strumenti cui avrebbe diritto per l'utile osservanza dei  vincoli  di
patto. Cosa, questa, particolarmente grave ove il rispetto del  patto
fosse valutato solamente  sulla  base  del  saldo  finanziario,  come
richiede il sopra citato art. 1, comma 656, della legge  n.  296  del
2006. Il vizio sopra lamentato trova dunque un'ulteriore conferma. 
    iii) Il criterio  di  cui  alla  lett.  d)  del  comma  2,  ossia
l'autonomia finanziaria dell'ente, sarebbe, di per se',  ragionevole.
Nondimeno, nel caso specifico della Sardegna,  per  le  ragioni  piu'
volte indicate, finisce per essere illogico, atteso  che  la  vicenda
dell'art. 8 dello Statuto dimostra come la Regione non avesse (e  non
abbia, visto che alla novella statutaria  non  si  e'  data  piena  e
corretta esecuzione) alcuna possibilita' di esercitare  correttamente
la  propria  autonomia  finanziaria,  a  causa   della   riconosciuta
insufficienza delle risorse. Anche qui,  dunque,  abbiamo  violazione
degli artt. 3 (pei profili dell'irragionevolezza e  della  disparita'
di trattamento) 5, 116, 117 e 119  della  Costituzione  (pel  profilo
della garanzia dell'autonomia della Regione Sardegna, con particolare
riferimento alla sua specialita' e alla sua autonomia finanziaria), 1
(pel profilo della costituzione della Sardegna in Regione  autonoma),
3, 4 e 5 (pel profilo del riconoscimento delle funzioni regionali), 7
(pel profilo  del  riconoscimento  dell'autonomia  finanziaria  della
Regione) e 8 (pel profilo  della  mancata  considerazione  del  nuovo
regime finanziario della Regione, che avrebbe imposto un  trattamento
differenziato della ricorrente) dello Statuto di autonomia. 
    iv) Il criterio di cui alla lett. e), ossia l'equilibrio di parte
corrente nel bilancio dell'Ente, e' anch'esso irragionevole in quanto
non considera che l'equilibrio della spesa  corrente  della  Sardegna
puo' essere conseguito solamente attraverso la piena entrata a regime
del nuovo sistema di compartecipazione alle entrate erariali disposto
dall'art. 8 dello Statuto, che - come detto - lo  stesso  legislatore
statale ha ritenuto essenziale. Anche  in  questo  caso,  la  mancata
considerazione  della  specificita'  della  ricorrente  determina  la
violazione dei parametri piu' volte invocati (che qui  si  danno  per
interamente richiamati). 
    1.4. - Illegittimi sono anche i commi 2-bis e 2-ter dell'art. 20,
i quali fissano ulteriori indicatori che il decreto interministeriale
di classificazione degli Enti territoriali in fasce di merito  dovra'
rispettare. Essi, invero, stabiliscono criteri connessi alla qualita'
dei servizi (il comma 2-bis) o  al  miglioramento  dei  paradigmi  di
virtuosita' di cui al  comma  2  (il  comma  2-ter)  che  la  Regione
Sardegna non e' in grado di osservare  con  le  medesime  chances  di
successo delle altre  Regioni,  a  causa,  ancora  una  volta,  della
conclamata insufficienza delle risorse attribuite.  Ne  derivano,  di
bel  nuovo,  irragionevolezza  e  disparita'  di   trattamento   (nei
confronti  delle  altre  Regioni)  e  violazione  dei  gia'  invocati
parametri costituzionali e statutari che tutelano  l'autonomia  della
Regione. 
    1.5. - Illegittimo e' anche il comma 3 dell'art. 20, a tenor  del
quale «Gli enti che  [...]  risultano  collocati  nella  classe  piu'
virtuosa,  fermo  l'obiettivo  del  comparto,  non  concorrono   alla
realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica». Questa previsione
genera un pregiudizio supplementare per  la  Regione  Sardegna,  che,
svantaggiata rispetto alle altre - per  le  ragioni  gia'  esposte  -
nella  «competizione»  per  la   classificazione   ai   primi   posti
dell'elenco della virtuosita',  ha  molte  minori  chances  di  poter
ottenere  il  beneficio  di  sottrarsi  agli  oneri   connessi   alla
«realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica». 
    Ne risultano violati, conseguentemente, tutti  i  parametri  gia'
ripetutamente invocati in  precedenza,  e  cioe'  gli  artt.  3  (pei
profili dell'irragionevolezza e della disparita' di  trattamento)  5,
116, 117  e  119  della  Costituzione  (pel  profilo  della  garanzia
dell'autonomia della Regione Sardegna,  con  particolare  riferimento
alla sua specialita'  e  alla  sua  autonomia  finanziaria),  1  (pel
profilo della costituzione della Sardegna in Regione autonoma), 3,  4
e  5  (pel  profilo  del  riconoscimento  delle  funzioni  regionali,
pregiudicate dall'assoggettamento ad una competizione unfair), 7 (pel
profilo   del   riconoscimento   dell'autonomia   finanziaria   della
finanziario  della  Regione,  che  avrebbe  imposto  un   trattamento
differenziato della ricorrente) dello Statuto di autonomia. 
    1.6. - Il comma 5  dell'art.  20  fissa  l'obiettivo  di  finanza
pubblica a decorrere dal 2012: per le  Regioni  a  statuto  ordinario
sono disposte nuove economie per € 1.600 milioni (lett. a));  per  le
Regioni a statuto  speciale  e  le  province  autonome  di  Trento  e
Bolzano, invece, i nuovi oneri ammontano a €2.000 milioni (lett. b)). 
    Cosi' disponendo si violano, ancora una volta, i  parametri  gia'
invocati. In particolare, vale quanto segue. 
    i) E' violato l'art. 8 dello Statuto della  Sardegna,  in  quanto
l'apporto della Regione e' equiparato a quello delle altre  autonomie
speciali,  sebbene  lo  Statuto  abbia  previsto  un   nuovo   regime
finanziario delle entrate regionali, ben piu'  favorevole  di  quello
precedente (ne' rileva, ovviamente, che  ad  esso  non  si  sia  data
ancora esecuzione, che'  questo,  semmai,  e'  un  vulnus  aggiuntivo
arrecato dallo  Stato).  L'aumento  delle  entrate  conseguente  alla
riforma del 2006, lo si deve ripetere, non deriva da un irragionevole
capriccio della Regione,  bensi'  dalla  necessita'  di  adeguare  il
quadro  statutario  alla  mutata  realta'  economico-finanziaria   di
riferimento. Cio' rende ancor piu'  evidente  l'illegittimita'  della
disposizione  impugnata,   che   (anche   penalizzando   un   ricorso
all'indebitamento che la  riconosciuta  insufficienza  delle  risorse
puo' rendere necessario) compromette l'autonomia regionale annullando
la riforma del 2006 e pretermettendone la ratio, che  era  quella  di
bilanciare una situazione finanziaria  regionale  di  per  se  stessa
insostenibile (e adesso vieppiu' aggravatasi). 
    ii) Nuovamente violato e' l'art. 8 dello Statuto, in relazione al
principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. Questo perche' il
livello delle economie regionali definito  in  ragione  del  comma  5
dell'art. 20 risulta incoerente con la  novella  statutaria,  con  la
conseguenza che la disposizione impugnata risulta  censurabile  anche
in riferimento al principio  di  ragionevolezza  di  cui  all'art.  3
Cost.,    per    l'intima    contraddittorieta'    che    l'affligge.
Contraddittorieta' che anche in questo caso ridonda in lesione  della
sfera di autonomia regionale,  in  ragione  del  pregiudizio  che  la
Regione Sardegna subisce a causa della mancata  considerazione  delle
novellate previsioni statutarie nella fissazione degli  obiettivi  di
finanza pubblica assegnati alle Regioni a statuto speciale. 
    iii) violati sono anche gli artt. 3, 4, 5, 7 e 8  dello  Statuto,
nonche' gli artt. 5, 116, 117, e 119 Cost. Questo perche' la  novella
statutaria del 2006 ha disposto un incremento delle  entrate  la  cui
funzione  era  ed  e'  quella  di   rimediare   ad   una   conclamata
insufficienza  del  quadro  finanziario  previgente,  inadeguato   al
soddisfacimento delle esigenze regionali sul versante delle  funzioni
statutariamente attribuite. Nel corso degli anni,  infatti,  come  e'
naturale, l'onere economico derivante dalle funzioni  conferite  alla
Regione, a partire da quelle conferite in via esclusiva  dall'art.  3
dello  Statuto,  si  e'  fatto  piu'  consistente,  anche   a   causa
dell'esigenza di garantire standard sempre piu' elevati  di  qualita'
dei servizi pubblici e del generale aumento dei costi, come  la  gia'
ricordata Nota del 3 agosto  2005  della  Ragioneria  Generale  dello
Stato ha constatato, prendendo atto  delle  «mutevoli  necessita'  di
spesa  derivanti  dall'espletamento  delle  funzioni  normali   della
Regione» (si badi: normali, sicche' non e' qui questione del rapporto
tra  funzioni  «nuove»  e  loro  copertura  con  risorse  altrettanto
«nuove»!). Quando la legge n. 296 del 2006 ha  modificato  il  quadro
finanziario  aumentando  le  entrate  disponibili  per   la   Regione
Sardegna, pertanto, non ha fatto altro che adeguare tale quadro delle
entrate alle necessita' delle spese. Del che, ora,  il  decreto-legge
impugnato non tiene alcun conto. 
    iv) Violato e' altresi' il principio del finanziamento  integrale
delle funzioni (definito non  a  caso  «principio-cardine  del  nuovo
sistema finanziario» in dottrina)  di  cui  all'art.  119  Cost.,  in
quanto la manovra imposta alle autonomie  speciali,  e  dunque  anche
alla Regione Sardegna, con gli effetti sopra descritti sul regime  di
compartecipazione alle entrate  di  cui  all'art.  8  dello  Statuto,
impedisce che la Regione abbia a disposizione, come  dovrebbe  essere
in  ossequio  a  detto  principio,  risorse  idonee   a   «finanziare
integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite» (come  stabilito
dall'art. 119, comma 3, Cost.) e  che  l'Ente  possa  adempiere  alle
proprie   funzioni   senza    essere    condizionato    da    vincoli
eterodeterminati alla  capacita'  di  spesa,  specie  una  volta  che
l'insufficienza delle risorse in essere e' stata  riconosciuta  anche
normativamente. 
    La necessita' di una tale conclusione alla luce del principio  di
ragionevolezza, del resto, e' stata riconosciuta  da  codesta  Ecc.ma
Corte costituzionale, ad esempio, gia' nella sent. n. 245  del  1984,
nella quale e' stata dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  di
alcune  disposizioni  della  Legge  finanziaria  per  il   1984   che
imponevano alle Regioni oneri di vario  genere  senza  corrispondente
attribuzione di risorse. 
    Le   Regioni   ricorrenti   lamentavano   in   particolare,    in
quell'occasione, che l'art. 7, comma  13,  della  Legge  finanziaria,
«comporterebbe oneri a carico dei loro bilanci, senza assegnare  alle
Regioni le somme occorrenti per farvi fronte». Codesta  Ecc.ma  Corte
costituzionale ha  ritenuto  necessario  «rileggere  la  motivazione»
svolta dalla sentenza n.  307  del  1983,  ricordando  che  «gia'  in
quell'occasione, la Corte ha  ritenuto  che  l'imporre  alle  Regioni
obblighi del genere contrasti anzitutto con cio' che la  Costituzione
prescrive nel secondo comma  dell'art.  119,  ossia  che  le  Regioni
dispongano di "tributi  propri"  (oltre  che  di  "quote  di  tributi
erariali"), per fronteggiare autonomamente "le  spese  necessarie  ad
adempiere le loro funzioni normali"»  e  che  le  Regioni  posseggono
«autonomia finanziaria considerata sul versante delle uscite». 
    Non  basta.  Deve  ancora  essere  ricordato  che   all'atto   di
riformare, per le ragioni piu' volte sopra indicate, l'art.  8  dello
Statuto onde  permettere  alla  Sardegna  di  esercitare  le  proprie
funzioni, il legislatore ha ulteriormente  ampliato  il  catalogo  di
tali funzioni. La stessa legge n. 296 del 2006, infatti, all'art.  1,
comma 836, ha  previsto  che  «dall'anno  2007  la  regione  Sardegna
provvede al finanziamento del  fabbisogno  complessivo  del  Servizio
sanitario nazionale sul proprio  territorio  senza  alcun  apporto  a
carico del bilancio dello Stato» e al comma 837 ha disposto che «alla
regione Sardegna sono trasferite le funzioni  relative  al  trasporto
pubblico locale (Ferrovie Sardegna e Ferrovie Meridionali Sarde) e le
funzioni relative alla continuita' territoriale [...]». 
    Tanto sta ad indicare che il legislatore statale, se da una parte
ha  riconosciuto  alla  Sardegna,   com'era   necessario   a   fronte
dell'analisi (formulata - come si e' visto - dalla stessa  Ragioneria
Generale dello Stato) dell'andamento storico dei conti  regionali,  i
nuovi canali di finanziamento  necessari  per  lo  svolgimento  delle
funzioni,  dall'altra  ha  immediatamente   aggravato   il   bilancio
regionale imponendo all'Ente l'intera responsabilita' di  due  tra  i
servizi pubblici piu' onerosi: la sanita' e il trasporto. 
    L'art. 20, comma 5, del d.l. n. 98 del 2011, una volta  di  piu',
non tiene il minimo conto della specificita' sarda  e  delle  vicende
normative ora ricordate, cosi' confermandosi la sua  irragionevolezza
e la violazione dei gia' invocati parametri fondativi  dell'autonomia
regionale, con particolare riferimento all'art. 119, comma 2,  Cost.,
che  fissa  il  principio  del  necessario  equilibrio  tra  funzioni
assegnate e relative risorse economiche. 
    v) Sono ancora violati gli artt. 3, 4, 5, 7  e  8  dello  Statuto
della Sardegna e gli artt. 116, 117 e 119 Cost., anche  in  relazione
al principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., in quanto per le
cinque  Regioni  ad  autonomia  speciale  (ancorche'   specificamente
tutelate dall'art. 116 Cost. e dai rispettivi Statuti) e' fissato  un
onere estremamente piu' gravoso di quello invece addossato alle altre
quindici Regioni  a  statuto  ordinario,  senza  che  le  misure  ivi
contenute  siano  parametrate  ad  indicatori  obiettivi,  quali   la
ricchezza prodotta nella singola Regione o la popolazione  residente.
Tale intervento, dunque, si rivela vessatorio per tutte le Regioni  a
statuto  speciale,  chiamate  a  sopportare  un  onere   che,   cosi'
(irragionevolmente)  maggiore  rispetto  alle   Regioni   a   statuto
ordinario, si risolve in una compressione  ingiustificata  e  in  una
grave lesione dell'autonomia  finanziaria  delle  Regioni  a  statuto
speciale. 
    Particolarmente grave e  odiosa,  pero',  e'  la  violazione  per
quanto riguarda la specifica situazione della  Regione  Sardegna.  E'
infatti vanificata addirittura ex ante l'entrata a regime  del  nuovo
sistema di compartecipazione  della  Regione  Sardegna  alle  entrate
erariali, in quanto  le  maggiori  economie  richieste  alla  Regione
necessariamente si  traducono  nell'annullamento  del  beneficio  che
l'art. 8 dello Statuto avrebbe dovuto produrre. 
    Al contrario, logica avrebbe voluto che, al  fine  conciliare  la
doverosa osservanza dell'art. 8 dello Statuto sardo con la tenuta dei
saldi  della  finanza  pubblica  nazionale,  il  legislatore   avesse
distribuito su stesso e sulle altre Regioni,  in  maniera  equa,  gli
oneri conseguenti. 
    E' quanto ha  fatto,  per  una  fattispecie,  ma  in  ragione  di
analoghe esigenze, il disegno di legge approvato dal Senato in data 7
settembre 2011 recante «Conversione in legge, con modificazioni,  del
decreto-legge 13  agosto  2011,  n.  138,  recante  ulteriori  misure
urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo.  Delega
al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio
degli  uffici  giudiziari»  (A.S.  n.  2887).  Tra  le  modificazioni
inserite dal Senato  vi  e'  la  seguente:  «Dopo  l'articolo  5,  e'
inserito  il  seguente:  "Art.  5-bis.  -  (Sviluppo  delle   regioni
dell'obiettivo convergenza e  realizzazione  del  Piano  Sud).  -  1.
[Omissis]. 2. Al fine  di  salvaguardare  gli  equilibri  di  finanza
pubblica, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze,  di
concerto con il Ministro per i rapporti  con  le  regioni  e  per  la
coesione territoriale e di intesa con la Conferenza permanente per  i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento  e
di Bolzano da adottare entro il  30  settembre  di  ogni  anno,  sono
stabiliti i limiti finanziari per l'attuazione del comma  1,  nonche'
le modalita' di attribuzione allo Stato ed alle restanti regioni  dei
relativi maggiori oneri, garantendo in  ogni  caso  il  rispetto  dei
tetti complessivi, fissati dalla legge per il concorso dello Stato  e
delle predette regioni alla realizzazione degli obiettivi di  finanza
pubblica per l'anno di riferimento"». 
    La  comparazione  tra  i   due   modelli   normativi   testimonia
l'irragionevolezza dell'art. 20, comma 5, del d.l. n. 98 del 2011, il
quale, come si e' detto, vanifica gli  effetti  che  l'art.  8  dello
Statuto sardo avrebbe dovuto produrre. Tanto si risolve,  ancora  una
volta, nella violazione degli artt. 3, 4, 5,  7  e  8  dello  Statuto
speciale della Sardegna e degli artt. 116, 117 e 119 Cost.,  anche  e
soprattutto in  relazione  al  principio  di  ragionevolezza  di  cui
all'art. 3 Cost. 
    vi) Sono ancora violati gli artt. 3, 4, 5, 7 e  8  dello  Statuto
speciale della Sardegna e gli artt. 116, 117 e 119  Cost.,  anche  in
relazione al principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.,  in
quanto la creazione di  uno  pseudo-comparto  composto  da  tutte  le
autonomie regionali accomuna in un'unica voce realta' diversissime in
punto di fatto (localizzazione  geografica,  condizione  di  sviluppo
economico, popolazione residente) e di diritto  (basta  pensare  alla
diversa condizione delle Regioni speciali  assicurata  dall'art.  116
Cost. e dai relativi Statuti). 
    A questo proposito, non potra' certo sfuggire  a  codesta  Ecc.ma
Corte costituzionale che nemmeno le  condizioni  di  autonomia  delle
Regioni a statuto speciale e delle  Province  di  Trento  e  Bolzano,
previste dai rispettivi Statuti, per quanto  ispirate  alla  medesima
ratio di un maggiore ambito di autogoverno,  coincidono.  Per  quanto
riguarda specificamente l'autonomia  finanziaria,  esse  non  possono
certamente essere accomunate e confuse sic et simpliciter, come  pure
fa la disposizione impugnata (sia sufficiente, a questo proposito, il
confronto tra gli artt. 36 sgg. dello Statuto della Sicilia, l'art. 8
dello Statuto sardo, l'art. 12 dello Statuto della Valle d'Aosta, gli
artt. 48 sgg. dello Statuto del Friuli-Venezia Giulia, gli  artt.  69
sgg. - in particolare 75 - dello Statuto del Trentino-Alto Adige). 
    Non  tenendo  conto  di  queste  singole  specificita',   ed   in
particolare del diverso  regime  di  compartecipazione  alle  entrate
erariali fissato per ciascun Ente dal rispettivo Statuto, il comma  5
ha accomunato e livellato quello  che,  invece,  andava  comparato  e
differenziato. Tale violazione del principio di ragionevolezza  e  di
eguaglianza di cui all'art.  3  Cost.  si  riverbera  necessariamente
sull'attuazione del regime di compartecipazione alle entrate previsto
dall'art. 8 dello Statuto della Sardegna, sull'autonomia  finanziaria
della Regione garantita dall'art. 7 dello  Statuto  e  dall'art.  119
Cost., sulla capacita' della Sardegna  di  far  fronte  agli  impegni
derivanti dall'esercizio delle competenze e delle funzioni attribuite
dallo Statuto. 
    1.5. - Il comma 17-bis dell'art. 20, infine,  riduce  le  risorse
destinate ai rimborsi e alle compensazioni relativi alle imposte  per
un ammontare di € 700 milioni per l'anno 2013 e di    1.400  milioni
annui  a  partire  dal  2014.  Anche  in  questo  caso   la   mancata
considerazione della  specificita'  della  condizione  della  Regione
Sardegna vizia la previsione impugnata,  in  riferimento  a  tutti  i
parametri e ai profili sopra evidenziati, che debbono intendersi  qui
pienamente richiamati. 
    2. - Violazione dell'art. 3, comma 1, lett. b), della legge cost.
26 febbraio 1948, n. 3, recante «Statuto speciale per  la  Sardegna».
L'art. 2-quater del d.l. n. 98 del 2011 stabilisce che  «All'articolo
14  del  decreto-legge  31  maggio  2010,  n.  78,  convertito,   con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122,  il  comma  31  e'
sostituito dal  seguente:  "31.  Il  limite  demografico  minimo  che
l'insieme dei comuni  che  sono  tenuti  ad  esercitare  le  funzioni
fondamentali in forma associata deve raggiungere e' fissato in  5.000
abitanti o  nel  quadruplo  del  numero  degli  abitanti  del  comune
demograficamente  piu'  piccolo  tra  quelli  associati.   I   comuni
assicurano   comunque   il   completamento   dell'attuazione    delle
disposizioni di cui ai commi da 26 a 30 del presente articolo: 
        a) entro il 31 dicembre 2011 con riguardo ad almeno due delle
funzioni fondamentali loro spettanti, da essi individuate tra  quelle
di cui all'articolo 21, comma 3, della legge 5 maggio 2009, n. 42; 
        b) entro il 31 dicembre 2012 con riguardo ad  almeno  quattro
funzioni fondamentali loro spettanti, da essi individuate tra  quelle
di cui all'articolo 21, comma 3, della citata legge n. 42 del 2009; 
        c) entro il 31 dicembre 2013 con  riguardo  a  tutte  le  sei
funzioni fondamentali loro spettanti ai sensi dell'articolo 21, comma
3, della citata legge n. 42 del 2009"». 
    E' agevole constatare il palmare contrasto di  queste  previsioni
con le norme che garantiscono alla  Regione  Sardegna  una  sfera  di
autonomia legislativa esclusiva. Dispone, infatti, l'art. 3, comma 1,
lett.  b),  dello  Statuto  di  autonomia  che  «In  armonia  con  la
Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica
e col  rispetto  degli  obblighi  internazionali  e  degli  interessi
nazionali,   nonche'   delle   norme   fondamentali   delle   riforme
economico-sociali  della   Repubblica,   la   Regione   ha   potesta'
legislativa nelle seguenti materie: [...] b) ordinamento  degli  enti
locali e delle relative circoscrizioni». 
    L'autoritativa  e  unilaterale  determinazione,  da  parte  dello
Stato,  del  livello  demografico  della  c.d.  intercomunalita'   e'
violativa della  previsione  statutaria,  che  riserva  alla  Regione
l'ordinamento degli enti locali. Ne' si  potrebbe  obiettare  che  la
norma impugnata appartenga a  quelle  «fondamentali»  delle  «riforme
economico-sociali della Repubblica», poiche' essa  entra  in  estremo
dettaglio nell'ordinamento degli enti locali, senza che cio'  risulti
necessario  per  la  realizzazione  degli   obiettivi   di   maggiore
efficienza perseguiti dal legislatore statale (ben si sarebbe  potuto
e dovuto lasciare alla Regione il potere di determinare le  modalita'
di   concreta   attuazione   del   principio   dell'intercomunalita',
adattandole alle variegate realta' locali). 
    3. - Per mero tuziorismo e' sin d'ora da precisare, infine, che -
come del resto gia' indicato - il testo del d.l. n. 98 del  2011  che
qui si impugna e' quello risultante  dalle  modificazioni  introdotte
sia dalla legge di conversione che dal d.l. n. 138 del  2011.  Tanto,
perche' e' questo il testo, allo stato vigente.  Poiche',  pero',  le
modificazioni introdotte dal d.l. n. 138  del  2011  non  toccano  la
sostanza dell'originario  tenore  delle  disposizioni  censurate,  ma
incidono solo su elementi temporali (le  decorrenze)  o  quantitative
(gli ammontari), ne viene  che  l'eventuale  mancata  conversione  in
legge (in tutto o nella parte che interessa) del d.l. n. 138 del 2011
non potrebbe incidere sul presente  ricorso,  per  ragioni  identiche
(ancorche'  speculari)  a  quelle  ripetutamente  messe  in  luce  in
giurisprudenza (v., ad es., le sentt. nn. 326  del  2010  e  232  del
2011), allorche' si e' osservato  che  la  normativa  dettata  da  un
decreto-legge non e' stabilizzata nell'ordinamento,  ma  puo'  essere
oggetto  di  immediata  censura,  che  si  estende  alla   legge   di
conversione che non modifichi la sostanza normativa delle  previsioni
del decreto. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale voglia  dichiarare
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 20, commi 2, 2-bis,  2-ter,
2-quater, 3, 5 e 17-bis del  decreto-legge  6  luglio  2011,  n.  98,
convertito, con modificazioni, in legge 15 luglio  2011,  n.  111,  e
ulteriormente modificato con decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138. 
        Roma-Cagliari, 12 settembre 2011 
 
                   Avv. Ledda - Avv. Prof. Luciani 
 

 

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